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LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI IL CIECO NATO

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LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI IL CIECO NATO
LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI
(IV Domenica di Quaresima - Anno A)
IL CIECO NATO: LA LUCE DELLA FEDE1
Spunti per la meditazione personale e per la riflessione agli alunni
Fr. Donato Petti
1. Domenica “Laetare”
La liturgia della IV domenica di Quaresima, denominata “Laetare” (gioire), invita a
rallegrarci: “Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite,
voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione” (cfr Is
66,10-11). Qual è la ragione profonda di questa gioia? Ce lo dice il Vangelo odierno,
nel racconto di un uomo, cieco dalla nascita, nel quale si manifesta la potenza di
Dio.
2. La guarigione del cieco nato: "è così perché si manifestassero in lui le opere
di Dio"
2.1. I discepoli, secondo la mentalità comune del tempo, danno per scontato che la
cecità sia conseguenza di un peccato del cieco o dei suoi genitori. Gesù invece respinge tale pregiudizio e afferma: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché
si manifestassero in lui le opere di Dio" (Gv 9,3). E perciò dichiara solennemente: "Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato… Finché sono nel mondo, sono la luce
del mondo" (Gv 9,5).
2.2. Gesù opera il miracolo per certi aspetti in un modo “rituale”. Prima mescola la
polvere della terra alla saliva e la spalma sugli occhi del cieco. Poi gli ordina di lavarsi nella piscina di Siloe. Dopo essersi lavato, il cieco nato riacquista la vista. I gesti di Gesù alludono alla creazione del primo uomo, che la Bibbia racconta con il
simbolo della terra plasmata e animata dal soffio di Dio (cfr Gn 2,7). "Adamo" infatti
significa "suolo", e il corpo umano in effetti è composto di elementi della terra. Guarendo il cieco, Gesù opera una nuova creazione.
2.3. La guarigione suscita un’accesa discussione, perché Gesù la compie di sabato,
trasgredendo, secondo i farisei, il precetto festivo. Così, alla fine del racconto, Gesù
e il cieco si ritrovano entrambi "cacciati fuori" dai farisei: uno perché ha violato la
legge e l’altro perché, malgrado la guarigione, rimane marchiato come peccatore
dalla nascita.
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Prima lettura: 1 Sam 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a. - Seconda lettura: Ef 5, 8-14. - Vangelo: Gv 9, 1-41.
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Noi e la Parola di Dio
(“Io sono la luce del mondo; chi segue me... avrà la luce della vita” - Gv 8,12).
Gesù rivela la sua divinità
Con il miracolo della guarigione del cieco nato Gesù dimostra la sua divinità e la
conseguente necessità di accogliere la sua persona e il suo messaggio. Infatti, non
solo immediatamente ridà la vista ad un cieco, ma apre i suoi occhi interiori perché
conosca le verità supreme che riguardano la natura di Dio e il destino dell’uomo.
La guarigione fisica del cieco, causa poi della sua fede, diventa un simbolo della
conversione spirituale.
I miracoli come segni
1. Nella prospettiva evangelica, e soprattutto in quella di Giovanni, testimone oculare delle opere di Cristo, i miracoli non sono soltanto “prodigi” che sfuggono alle
leggi della natura. Sono anche - e prima di tutto - “segni” della salvezza messianica,
un invito ad andare oltre la materialità dei gesti che Gesù compie, per scoprire in
essi, con la luce della fede, il dono della liberazione e dell’amore che egli offre ad
ogni uomo.
2. Gesù ridà all’uomo la vista affinché noi possiamo comprendere che soltanto Lui
può darci la luce di cui abbiamo bisogno, per comprendere la piena verità su noi
stessi e sugli altri. Solo Gesù è veramente la nostra luce. Nel Vangelo di San Giovanni Egli dice: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma
avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Il nome della piscina, “Siloe”, significa “mandato”:
e Gesù è colui che è stato mandato dal Padre per la vita del mondo (cfr. Gv 6, 51).
La certezza della fede: “Io sono la luce del mondo” (cfr. Gv 8, 12).
1. La guarigione del cieco ci induce a riflettere sulla nostra fede in Gesù. Il cieco, una
volta guarito, non sa ancora chi è Gesù, ma lo intuisce, e contro l’incredulità dei
Giudei e il timore dei suoi stessi genitori, afferma: “Da che mondo è mondo, non si è
mai sentito che uno abbia aperto gli occhi ad un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non
avrebbe potuto far nulla" (Gv 9, 32-33). Vedendo che difendeva pubblicamente Gesù,
i farisei “lo cacciarono fuori” (Gv 9, 34). Il cieco adesso era libero di seguire Cristo,
ma stava cominciando a pagare il prezzo di essere un discepolo. Gesù andò a cercarlo, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?»” (Gv 9, 35). Qui entriamo al cuore del messaggio evangelico. Il suo cuore è pieno del desiderio di conoscere Colui che l'ha guarito. Domanda: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?” (Gv 9,
36). E qui Gesù si rivela: “Colui che parla con te” (Gv 9, 37). A questo punto, il cieco
guarito adora Gesù e tutto un nuovo mondo si spalanca dinanzi a lui: “Io credo, o
Signore” (Gv 9, 38).
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2. La fede è un cammino graduale. Il racconto evangelico (incredulità dei Giudei e timore dei genitori) ci fa comprendere che la fede spesso è insidiata dal secolarismo,
dall’indifferenza e dall’ignoranza religiosa, da atteggiamenti di aperta ostilità. Pensiamo a tutti i cristiani in difficoltà, oppressi e perseguitati.
Tra la diffidenza e l’ostilità di coloro che lo circondano e lo interrogano increduli, il
cieco nato compie un itinerario che lo conduce gradualmente a scoprire l’identità di
colui che l’ha guarito, a confessare la sua fede in lui come profeta e Figlio di Dio e
finalmente a prostrarsi davanti a lui per adorarlo. Con la luce della fede egli scopre
la sua “nuova” identità.
Riscoprire la luce del battesimo
Il racconto evangelico del «cieco nato» è stato sempre interpretato in prospettiva
battesimale. Come il cieco acquista la luce nell'acqua dell'Inviato così il battezzato
acquista la luce nell'acqua del Battesimo. Il battesimo è la nostra piscina di Siloe, il
passaggio dalle tenebre alla luce, il momento dell’illuminazione. In realtà, la guarigione del cieco dalla nascita è, in un qualche modo, il commento più esplicito alle
parole di Cristo: “Io sono la luce del mondo: chi mi segue... avrà la luce della vita” (Gv 8,
12). La condotta del cristiano deve rendere testimonianza al battesimo ricevuto:
“Un tempo eravate tenebra ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della
luce” (Ef 5,8). E ancora: “Cercate ciò che è gradito al Signore” (Ef 5,10). “Non partecipate
alle opere infruttuose delle tenebre” (Ef 5,11).
Cristo-Pastore e Redentore
Il Salmo responsoriale della quarta domenica di Quaresima ci esorta a volgere lo
sguardo verso Cristo Pastore dell’umanità che offre la vita per le pecore (cfr. Gv
10,11-15). Il buon Pastore è infatti il Redentore del mondo, e tutti coloro, che mediante
la fede, la speranza e l’amore, appartengono al suo ovile, sono condotti per le vie
della fede, anche in mezzo alle prove della vita: “Il Signore è il mio pastore . . . / ad
acque tranquille mi conduce. / Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, / per amore
del suo nome” (Sal 23, 1-3). “Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun
male, perché tu sei con me” (Sal 23, 4).
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