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Lorenzo de` Medici: Il Trionfo di Bacco e Arianna
Lorenzo de’ Medici: Il Trionfo di Bacco e Arianna Bacco e Arianna, dipinto di Tiziano1, 1520-23 ca “Il trionfo di Bacco e Arianna” è il più famoso dei Canti Carnascialeschi (canzoni a ballo composte per allietare le feste di Carnevale) di Lorenzo de’ Medici, espressione di motivi comuni e diffusi nella cultura del tempo. Nel dipinto di Tiziano la principessa cretese Arianna, sulla spiaggia di Nasso, si aggira disperata per la partenza di Teseo, salutando la nave dell'amato che è partita e si intravede sullo sfondo. Improvvisamente la sua attenzione è attirata dalla variopinta processione che le si fa incontro: un carro trainato da ghepardi avanza seguito da satiri, fanciulle, animali e fauni. È il corteo trionfale di Bacco che, dal carro, balza incontro alla fanciulla della quale si è immediatamente innamorato. 1 Il componimento fonde tono popolaresco e motivi colti, classici (= greci e latini). Da un lato, infatti, è stato composto per una festa popolare, il Carnevale del 1490: per questo i versi sono facili e cantabili, il ritmo ben scandito, il linguaggio semplice e immediato; dall’altro lato è classicheggiante la scelta dei personaggi: poesia descrive il trionfo di un carro mascherato, quello di Bacco, antica divinità del vino e dell’ebbrezza, accompagnato dal suo seguito mitologico, in cui spiccano Arianna, Sileno, Mida, ninfe e satiri. Lo stesso motivo centrale, l’invito al “carpe diem”, al “cogliere l’attimo”, trova la sua espressione più celebre già nell’autore latino Orazio2. Nelle strofe centrali del Trionfo, non riportate sul libro di testo, seguono Bacco e Arianna i satiri, che, eccitati dal vino, ballano e tendono agguati alle ninfe, le quali non sfuggono gli approcci amorosi, suonando e cantando liete. Con loro c’è anche Sileno, vecchio satiro grasso e ubriaco al punto di non poter camminare e di non riuscire neanche a stare con la schiena dritta in groppa all’asino che lo trasporta. Ultimo del corteo viene Mida, che trasforma in oro ciò che tocca: ma – è la riflessione dell’autore a questo punto – a che serve avere ricchezze se non ci si accontenta? Ecco che di nuovo ritorna il motivo centrale: chi vive senza assaporare i piaceri dell’oggi, sperando sempre nel domani, è destinato all’infelicità (oggi sian giovani e vecchi,/ lieti ognun, femmine e maschi). 2 In una delle sue poesie più famose, il poeta latino invita l’amata Leuconoe a non chiedere (perché non è concesso saperlo) quale futuro gli dèi abbiano stabilito per loro due. Meglio è, dice Orazio, accettare quello che verrà, “perché breve è il nostro/ cammino, e anche ora, mentre/ parliamo, il tempo/ è già in fuga, come se ci odiasse!”. Da qui l’esortazione finale: “Cogli l’attimo (in latino ‘carpe diem’)/ fidati il meno possibile del domani”. Ninfe e satiro, dipinto di William-Adolphe Bouguereau, 1873 ca Approfondimenti Elementi colti: i personaggi mitologici Arianna: si narra che Arianna, figlia di Minosse re di Creta, si innamorò di Teseo quando egli giunse sull’isola per uccidere il Minotauro, il mostro mezzo uomo e mezzo toro rinchiuso nel labirinto. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Compiuta l’impresa, la giovane fuggì con l’eroe e gli altri ateniesi verso Atene, ma Teseo la abbandonò dormiente sull'isola di Nasso. Qui il dio Dioniso (“Bacco” per i Romani) la vide e volle sposarla. Sileno: vecchio bonario e perennemente ubriaco, era il precettore di Bacco, raffigurato con orecchie, zoccoli e coda di cavallo. Il mito ne faceva il sapiente e il maestro per eccellenza fra gli dei, del quale erano note la saggezza e la virtù profetica. Difficile però riusciva ottenere le sue profezie, che egli dava solo in stato di ebbrezza. Mida: mitico re della Frigia, ricevette da Bacco il dono di trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse, come premio per aver ritrovato e ricondotto al dio il suo precettore Sileno, che si era perso mentre vagava ubriaco nei boschi. Il re, però, si accorse presto che in tal modo non poteva neppure sfamarsi, in quanto tutti i cibi che toccava diventavano istantaneamente d'oro. Rendendosi conto che la sua cupidigia lo avrebbe portato alla morte, implorò Bacco di togliergli tale potere. Il dio, impietosito dal pentimento del re, ne esaudì la richiesta. Secondo un altro mito, Mida fu successivamente giudice in una gara musicale tra Pan e Apollo: quest’ultimo, uscito sconfitto, punì il re affibbiandogli un paio di orecchie d'asino. Ninfe: divinità minori della natura, con le sembianze di bellissime fanciulle eternamente giovani. Satiri: divinità minori che vivevano per lo più nel bosco, circondati da una natura selvaggia: qui cacciavano, danzavano e suonavano la zampogna, quando non perseguitavano le ninfe. Esseri lascivi e maliziosi, avevano corpo e membra umane, ma orecchie, coda e talvolta zoccoli di capra, capelli arruffati e naso rincagnato. Elementi colti: il “carpe diem” A partire da Orazio, il tema del “carpe diem” è stato riproposto più volte nella nostra cultura e di recente ha ispirato il film di Peter Weir L'attimo fuggente. Guarda su Youtube una scena del film: https://www.youtube.com/watch?v=lB89UdHVqyI Se la consapevolezza del trascorrere inesorabile del tempo e della vita che fugge viene risolta positivamente da Orazio e da Lorenzo de’ Medici, lasciando solo sullo sfondo un velo di malinconia, altrove dà vita a racconti pieni di pessimismo. Il più significativo, ed anche il più famoso sin dall’antichità, è l’episodio di Cleobi e Bitone: un giorno, poiché ad Argo si celebrava la festa in onore di Era, la madre dei due giovani doveva essere trasportata al santuario con un carro, ma i buoi erano lontano, nei campi; allora Cleobi e Bitone si misero sotto al giogo e tirarono il carro su cui viaggiava la madre fino al tempio; dopodiché, al cospetto della folla dei fedeli, incontrarono la morte più bella. Mentre gli Argivi li felicitavano per la loro robustezza e le Argive invidiavano la loro madre che aveva figli simili, quest’ultima, al colmo della gioia, chiese alla dea Era per Cleobi e Bitone, che tanto l’avevano onorata, la cosa più bella che potesse toccare a un uomo: i due giovani si addormentarono nel tempio e non si svegliarono più, sorpresi dalla morte nel sonno. Del resto, l’antica leggenda narra anche che quando Mida catturò Sileno, gli domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tacque; ma alla fine, costretto dal re, se ne uscì tra stridule risa in queste parole: "Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te irraggiungibile: non essere nato. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto". Elementi popolari: il Carnevale Lotta tra Carnevale e Quaresima, dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, 1559 ca. La parola “Carnevale” deriva dal latino “carnem levare” ("eliminare la carne", in riferimento alla pratica di astenersi dal mangiare carne dal primo giorno di Quaresima fino al giovedì santo prima della Pasqua). Il periodo carnevalesco coincide più o meno con l'inizio dell'anno agricolo, un indizio che permette di collegare direttamente il Carnevale alle feste greche in onore di Dionisio. Caratteristica fondamentale della festa è la celebrazione del travestimento, attraverso cui si prendono in giro i valori dominanti, l’autorità del potere e delle leggi, insomma l’ordine costituito, senza metterlo davvero in discussione: il servo si traveste da padrone, l’uomo da donna, i poveri si addobbano da re; tutti nascondono la propria identità sotto una maschera. Finito il tempo del Carnevale, però, questo “mondo alla rovescia” torna esattamente come prima.