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Tori di transizione nella teoria KAM

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Tori di transizione nella teoria KAM
Enrico Valdinoci
Tori di transizione
nella teoria KAM
Relatore Prof. Luigi Chierchia
*****
0.1
Prologo (motivazioni più o meno fisiche)
Venere gira al contrario.
L’asse di rotazione di un pianeta non è esattamente perpendicolare alla sua orbita, ma possiede un’inclinazione, o obliquità. L’alternarsi delle stagioni è l’effetto
più evidente del valore non nullo dell’inclinazione dell’asse terrestre. Se consideriamo i pianeti del sistema solare noti fin dall’antichità, ovvero Mercurio, Venere,
Terra, Marte, Giove e Saturno, si osserva che i corrispondenti valori di obliquità
spaziano in un intervallo piuttosto ristretto: dal caso di Mercurio, che ha un’obliquità praticamente nulla, a quello di Saturno, il cui asse è inclinato di 26 ◦ rispetto
alla perpendicolare al piano dell’orbita.
Ad eccezione di Venere, il cui asse è inclinato di quasi 180 ◦ : Venere, quindi,
ruota in senso inverso rispetto agli altri pianeti. Si può quindi congetturare 1 che, al
momento della formazione del sistema solare, tutti i pianeti avessero essenzialmente
la stessa obliquità, circa perpendicolare al piano orbitale, e che, in seguito, a causa
di “piccole” perturbazioni dovute alla reciproca influenza tra pianeti e all’attrazione degli altri corpi celesti, l’asse di Venere abbia vagato in maniera disordinata,
fino al ribaltamento completo della sua obliquità.
La teoria KAM2 è un metodo matematico costruttivo e rigoroso per studiare
la stabilità di questi sistemi.
Alcuni sistemi, detti integrabili, hanno una soluzione matematica definita:
sono quindi completamente predicibili. Una perturbazione di questi sistemi può
però essere non risolvibile esplicitamente, e il problema della stabilità può cosı́ diventare particolarmente spinoso – nel rigido mondo deterministico delle equazioni
1
Le considerazioni fisiche qui esposte sono estremamente approssimative. Per maggiori
informazioni cfr. il divulgativo [CTP] e le referenze ivi segnalate.
2
Il nome è in onore dei tre matematici A.N. Kolmogorov, V.I. Arnol’d e J. Moser.
1
di Newton3 compare l’impredicibilità4 : le traiettorie diventano molto sensibili anche alle più piccole variazioni.
La teoria KAM nel caso sopra discusso prenderebbe in considerazione il sistema5 Sole-Venere, che è integrabile, e esaminerebbe poi la perturbazione di questo
sistema dovuta alla presenza di Giove. In effetti, al posto del “vero” Giove viene
considerato un oggetto di massa molto più piccola: se la massa di questo “pseudoGiove” è sufficientemente piccola, alcune strutture geometriche del sistema imperturbato si conservano, garantendo la stabilità del moto in una regione piuttosto
grande. È tuttavia possibile che alcuni moti si svolgano in una regione instabile:
pur essendo vicini a traiettorie stabili, col passare di strani eoni 6 l’asse si potrebbe
lentamente allontanare dalla sua inclinazione originaria.
La costruzione delle regioni stabili avviene grazie a un processo iterativo in cui
l’errore al passo successivo dell’algoritmo è quadratico rispetto a quello del passo
precedente. La costruzione di traiettorie instabili fa uso dei tori coi baffi: si tratta
di tori, invarianti per il moto, dotati di una varietà stabile e una varietà instabile;
queste due varietà sono i baffi del toro. L’esistenza di una catena di tali tori che
3
Se consideriamo l’energia (o hamiltoniana) di un sistema senza attrito H(p, q), con p
e q che variano in sottoinsiemi di RN , le equazioni del moto sono ṗ = −∂q H e q̇ = ∂p H,
dove il punto indica la derivata rispetto al tempo.
4
“L’altro passeggero era il dottor Ian Malcolm, anche lui uno scienziato, per l’esattezza
un matematico.
–Questo parco non può funzionare, a causa della teoria del caos. A guardare bene il
fondo delle cose, tutto è imprevedibile.”
(M. Chrichton & S. Spielberg - Jurassic Park)
“–L’elementare teoria del caos dimostra che ad un certo istante tutti i robot di questo
parco si ribelleranno contro di noi!
–E quando succederà?!?
–Tra 24 ore.
(un robot si alza da un lettino e strangola un tecnico di laboratorio)
–Oh. Ho dimenticato di riportare un 1 in un’addizione.
(Lo scienziato dei Simpson che ha costruito i robot-giocattolo del parco di Grattachecca
& Fichetto)
5
La teoria KAM si occupa dei sistemi senza attrito e si applica quindi a esempi più
generali di quelli planetari. Con queste tecniche è possibile anche trattare problemi di
stabilità relativi agli acceleratori di particelle (cfr. [M78]).
6
“Notiamo che il comportamento delle soluzioni delle equazioni del moto su intervalli
di tempo infiniti ha un rapporto solo indiretto con il problema del moto dei pianeti reali.
Infatti, su un intervallo di tempo dell’ordine del miliardo di anni si risentono fortemente
gli effetti non conservativi piccoli, trascurati nelle equazioni di Newton.”
([ARN], pag. 409)
Per l’investigazione della stabilità per intervalli di tempo finiti si procede più facilmente
con il Teorema della media di Birkhoff.
2
verificano alcune proprietà geometriche dimostra che il sistema non è stabile.
La linea di confine tra la stabilità e l’instabilità è segnata dalla razionalità o
irrazionalità di alcune quantità fisiche. Ciò comporta una notevole imprevedibilità
del sistema, in quanto, dal punto di vista fisico, a causa degli errori di misurazione,
è impossibile distinguere un numero razionale da uno irrazionale.
0.2
Risultati principali
I tre risultati principali di questa tesi sono contenuti nel §8 e nel §9 della Parte II:
(? 1) Il Teorema 8.1 presenta un Teorema KAM sulla conservazione dei tori
parzialmente iperbolici su una superficie ad energia fissata per l’hamiltoniana
H(I, ϕ, p, q) = h(I, pq; µ) + µf (I, ϕ, p, q; µ)
con I in un sottoinsieme di RN −1 , ϕ ∈ TN −1 , p, q ∈ R, |p|, |q| ≤ R, dove µ è
un parametro perturbativo piccolo. Ci riferiremo a p e a q chiamandole, a volte,
“variabili iperboliche”. Le I sono le “azioni”, le ϕ gli “angoli”.
Fissato I0 ∈ RN −1 , l’hamiltoniana
h(I, pq)
(I, ϕ, p, q) ∈ RN −1 × TN −1 × R × R, |p| ≤ R, |q| ≤ R
ammette il toro T ≡ {(I0 , ϕ, 0, 0), ϕ ∈ TN −1 }. come toro invariante.
Se poi I(s) è una curva qualsiasi, con I(0) = I 0 , T è contenuto nella superficie
S ≡ {(I(pq), ϕ, p, q), ϕ ∈ TN −1 , |p| ≤ R, |q| ≤ R}, invariante per tempi brevi, su
cui il moto è:
Φth (I(pq), ϕ, p, q) = I(pq), ϕ + ωt, pe−λt , qeλt
con ω e λ che dipendono solo dal prodotto delle variabili p e q. Il Teorema 8.1
mostra che la maggior parte di questi tori si conservano sotto piccole perturbazioni
e che anche le superfici invarianti si conservano, a patto di scegliere una curva opportuna. Grossolanamente, il Teorema 8.1 asserisce che:
Se l’hamiltoniana H(I, ϕ, p, q) = h(I, pq; µ) + µf (I, ϕ, p, q; µ) è reale analitica,
con h sufficientemente generale, e |µ| è sufficientemente piccolo, allora esiste una
trasformazione canonica C∞ e C∞ −vicina all’identità, analitica nel parametro
µ (oltre che negli angoli e nelle variabili iperboliche), tale che, su un opportuno
insieme di Cantor, la nuova hamiltoniana dipenda solo dalle azioni e dal prodotto
delle variabili iperboliche. Su tale insieme, le frequenze della nuova hamiltoniana
sono vicine alle frequenze dell’hamiltoniana H. Si ottengono infine dei tori invarianti (N − 1)−dimensionali con baffi N −dimensionali. Tali tori
p riempiono la
maggior parte dello spazio a loro disposizione, con densità 1 − O( |µ|).
3
Tale risultato è simile al Lemma 1 di [CG94] (e anche al Teorema 3.1 di [RW97],
che però è a frequenza fissata anzichè ad energia fissata). La strategia dimostrativa
usata è però in parte diversa da [CG94], e si ottengono inoltre alcune proprietà
aggiuntive. Le differenze più rilevanti con [CG94] sono schematizzabili nei seguenti
punti:
• Usiamo le Trasformazioni di Lie al posto delle funzioni generatrici, come in
[RW97].
• Otteniamo una relazione tra la costante di diofantinità γ e la taglia della
perturbazione µ del tipo di quella ottenuta da [N82] e [P82]
p per il Teorema
KAM classico, mostrando che si può prendere γ = O( |µ|). Con questo,
si fa una stima della misura dell’insieme dei tori conservati:
i “buchi” su
p
cui il Teorema non vale sono non più grandi di O( |µ|). Si osserva anche
che questa stima sulla misura dei tori conservati è ottimale, come mostra
l’esempio H(I1 , I2 , ϕ1 , ϕ2 , p, q; µ) = I12 /2 + I2 + pq + µ(cos ϕ1 − 1).
• Seguendo un’idea di [C90], estendiamo in maniera liscia le funzioni definite su
insiemi di Cantor utilizzando le elementari funzioni C ∞ a supporto compatto. Si prova che la composizione delle trasformazioni cosı́ ottenute converge
in metrica C∞ a una trasformazione canonica C∞ −vicina all’identità.
• Si prova la dipendenza analitica dal parametro µ, dovuta a una convergenza
uniforme.
(? 2) Nel Teorema 8.7 viene provato che i tori conservati col Teorema 8.1 esibiscono una proprietà di ostruzione secondo la definizione di [A64]: il flusso di fase di
ogni intorno di un qualsiasi punto del baffo stabile interseca ogni varietà trasversa
al baffo instabile. Questo è fatto nello spirito di [CG94]; ad essere precisi, però, in
[CG94], pur provando l’esistenza di un’orbita instabile, si dimostra una proprietà
di ostruzione apparentemente più debole di quella richiesta nella definizione di
[A64], in quanto non viene dimostrata l’ostruzione per tutte le varietà trasverse,
ma “solo” per quelle parametrizzate dagli angoli. Nel Lemma 8.6 proviamo però
che se l’hamiltoniana è non singolare, tutte le varietà trasverse, a meno di spostarle
un po’ con il flusso di fase, si possono parametrizzare con gli angoli. Ciò permette
di utilizzare il §8 di [CG94] per provare la transizione secondo la definizione di
[A64].
(? 3) Nel §9 proviamo che tutti i sistemi hamiltoniani “quasi-integrabili” posseggono, nelle vicinanze delle risonanze semplici, la geometria descritta 7 nel §8.
Più in dettaglio:
7
Questo, almeno in teoria, costituisce una tecnica per costruire sistemi hamiltoniani
4
Denotiamo con π : R2N −→ RN −1 la proiezione sulle prime N − 1 coordinate
e fissiamo ν ∈ N, ν ≥ 2. Consideriamo il sistema H(I, ϕ) = h(I) + εf (I, ϕ; ε)
¯ = 0. Fissiamo ε0
con h e f sufficientemente generali. Sia I¯ tale che ∂IN h(I)
ν/2
sufficientemente piccolo e γ = O(ε0 ). Allora, ∀ε, 0 < ε < ε0 , esiste una trasformazione canonica (I, ϕ) = Φ(A0 , α0 , p0 , q 0 ) ed un insieme Ωγ ⊆ RN −1 , con densità
ν/2
non minore di 1 − O(ε0 ), tali che per tutti gli (A0 , α0 , p0 , q 0 ) verificanti
π ◦ Φ(A0 , α0 , p0 , q 0 ) ∈ Ωγ
si ha che H ◦ Φ(A0 , α0 , p0 , q 0 ) dipende solo da A0 e dal prodotto di p0 per q 0 .
Si ottengono cosı́ dei tori invarianti (N −1)−dimensionali con baffi N −dimenν/2
sionali, con densità non minore di 1 − O(ε 0 ) sul livello di energia.
La differenza tra il §8 e il §9 è che il modello considerato nel §8 ha due parametri,
come, ad esempio
1
H(J, ψ, p, q) = h(J) + p2 + ε(cos q − 1) + µf (J, ψ, p, q; ε; µ)
2
dove (J, ψ) variano in un sottoinsieme di R N −1 × R, (ψ, q) ∈ TN −1 × S1 , µ è
un parametro piccolo e ε è un parametro qualsiasi (non necessariamente piccolo):
questi sistemi per µ = 0 e ε 6= 0 possiedono separatrici e sono per questo chiamati
in [CG94] a priori instabili. I risultati dimostrati nel §8 valgono per µ sufficientemente piccolo rispetto a ε. Nel §9 si applicano questi risultati ad hamiltoniane del
tipo
H(I, ϕ) = h(I) + εf (I, ϕ; ε)
con I in un sottoinsieme di RN e ϕ ∈ TN . Questi sistemi, che sono completamente
integrabili per ε = 0, vengono definiti in [CG94] a priori stabili. Il §9, quindi, si
propone di esibire la struttura iperbolica dei sistemi a priori stabili nelle vicinanze
delle risonanze semplici.
0.3
Schema della tesi
La tesi è divisa in due parti, più alcune appendici. La prima parte raccoglie i
prerequisiti necessari, molti dei quali noti in letteratura; la seconda si occupa dei
tori di transizione.
con “diffusione di Arnol’d”. Nelle vicinanze delle risonanze semplici si formano catene
di tori iperbolici; se si riuscisse a dimostrare che il baffo instabile di ogni toro di una
catena sufficientemente lunga interseca trasversalmente il baffo stabile del toro successivo,
si proverebbe la diffusione.
5
Parte I
§1 Un sistema è detto completamente integrabile se ammette un’hamiltoniana del
tipo H(I, ϕ) = h(I), con (I, ϕ) ∈ RN × TN , dipendente cioè dalle sole variabili di azione. Il moto è: ΦtH (I0 , ϕ0 ) = (I0 , ϕ0 + ω0 t), avendo denotato ω0 ≡
h0 (I0 ). Se ω0 è razionalmente indipendente l’orbita riempie densamente il toro
I0 ×TN . Nella Proposizione 1.5 si dimostra che se ω 0 è razionalmente dipendente la
traiettoria si avvolge su un toro di dimensione più bassa: se ω 0 verifica r “relazioni
indipendenti”, il moto avviene su un toro di dimensione N − r; la Proposizione 1.6
chiarisce meglio la definizione di “relazione indipendente”.
§2 Nel Teorema 2.12, si prova che ogni trasformazione canonica ammette una funzione generatrice. Da questo risultato segue che il determinante di una matrice
simplettica è uguale a uno. Ciò è dimostrato nel Corollario 2.14, senza utilizzare le forme differenziali, come fa invece [ARN], ma seguendo un’idea di [DAU]
che era stata considerata erronea (cfr. [ARN], pag. 236). Mostro poi che ogni
trasformazione canonica vicina all’identità (P, Q) = Φ(p, q; ε) ammette una funzione generatrice del tipo G(P, q; ε) = P · q + εχ(P, q; ε), e si dà una condizione
necessaria e sufficiente affinchè una trasformazione canonica vicina all’identità sia
un flusso hamiltoniano.
Ci occupiamo poi delle Trasformazioni di Lie, cioè delle trasformazioni canoniche con struttura8 di flusso hamiltoniano. Si fornisce uno sviluppo in serie di
un’hamiltoniana qualsiasi su cui agisce una Trasformata di Lie, dando anche una
stima del resto.
§3 Un vettore ω ∈ RN si dice (γ, τ )-diofantino se |ω · n| ≥ γ/|n| τ , ∀n ∈ ZN − {0}.
Le Proposizioni 3.2 e 3.4 provano che per τ > N − 1 i vettori diofantini hanno
misura piena, mentre per τ < N − 1 non ci sono vettori diofantini. L’Appendice
C applicherà questi risultati per esibire un esempio di una serie di funzioni che
converge su un insieme di misura piena, ma diverge su un insieme denso.
§4 Si presenta il Teorema della media di Birkhoff: assumendo opportune condizioni di non risonanza, un’hamiltoniana quasi integrabile H(I, ϕ) = h(I) +
εf (I, ϕ; ε) può essere trasformata in una “ancora più vicina” all’integrabilità, del
tipo H(y, x) = hk (y) + O(εk+1 ). Questo permette di avere una stima migliore dei
tempi di stabilità, in quanto, per hamiltoniane del tipo H(y, x) = h k (y) + O(εk+1 )
le azioni sono vicine al loro valore iniziale per tempi di ordine ε −k .
8
Tramite i risultati sopra esposti, si può dimostrare che le Trasformazioni di Lie
sono tutte e sole le trasformazioni canoniche vicine all’identità Φ(p, q; ε) verificanti una
condizione di flusso. Esse ammettono una funzione generatrice del tipo G(P, q; ε) =
P · q + εχ(P, q; ε).
6
La tentazione è ora quella di “mandare k all’infinito”: formalmente otterremmo
un’hamiltoniana completamente integrabile, in cui le azioni sono stabili per tempi
infiniti. Tuttavia, tale procedimento è in genere divergente. Una delle cause di
tale divergenza risiede nel fatto che nel procedimento compaiono dei denominatori
che possono diventare molto piccoli 9 al crescere di k. Tale fenomeno è noto come
problema dei piccoli denominatori.
Il Teorema 4.7 è un Teorema della media in presenza di risonanze, in cui le
variabili angolari risonanti andranno pensate come variabili “lente”.
§5 Si dimostra che le hamiltoniane “tipo pendolo” possono essere trasformate,
conservando la struttura canonica, nelle vicinanze dell’equilibrio iperbolico, in hamiltoniane puramente iperboliche, cioè che dipendono solo dal prodotto delle variabili. Inoltre la trasformazione conserva l’esponente di Liapunov. In questo modo, i
rami della separatrice vengono “raddrizzati” in modo da coincidere, nelle vicinanze
dell’origine, con gli assi coordinati. In [CG94] si dimostra questo risultato con un
algoritmo KAM. In questa tesi si procede invece come in [M56], applicando il
metodo dei maggioranti, per provare direttamente che, in questo caso, le serie di
Birkhoff convergono.
§6 Si considera l’hamiltoniana “quasi integrabile” H(I, ϕ) = h(I) + εf (I, ϕ; ε)
con frequenza ω ≡ h0 e si definiscono le condizioni di non degenerazione e non
degenerazione isoenergetica. La Proposizione 6.2 mostra che la non degenerazione
isoenergetica permette di mettere in relazione azioni e frequenze.
Nella Proposizione 6.3 otteniamo una semplice relazione tra la matrice di non
degenerazione isoenergetica e la derivata seconda di una variabile di azione rispetto
alle altre variabili di azione su un livello di energia non singolare 10 .
9
In effetti, non credo che i piccoli denominatori siano l’unica causa della suddetta
divergenza: nell’Appendice E esibirò un modello senza piccoli denominatori le cui serie
di Birkhoff divergono! inoltre, anche nei casi in cui non ci sono piccoli denominatori, la
dimostrazione della (eventuale) convergenza delle serie di Birkhoff può essere non banale,
come nel caso del successivo Teorema 5.1. Nell’Appendice E, inoltre, si fa una stima del
resto del Teorema della media, dalla quale sembra che la divergenza delle serie di Birkhoff
non sia legata esclusivamente ai piccoli denominatori.
10
Precisamente, denotando con il suffisso “tilde” la proiezione sulle prime N − 1 componenti, abbiamo dimostrato il risultato seguente:
Consideriamo l’hamiltoniana h(I) con I ∈ V ⊆ RN e sia ω(I) ≡ h0 (I). Sia N ≥ 2 e
˜ tale che h(I,
˜ IN (I))
˜ = E. Allora
supponiamo ωN 6= 0. Sia IN (I)
00
h
ω
−N −1
det ∂I2˜IN = (−1)N ωN
det
ω 0
7
Parte II
§7 Un toro T si dice toro coi baffi se T è una componente connessa dell’intersezione di due varietà W s e W u invarianti per il flusso di fase Φt e tali che ∀x ∈ W s ,
t−→∞
t−→−∞
dist (Φt (x), T ) −−−−
−→ 0 e ∀x ∈ W u , dist (Φt (x), T ) −−−−
−→ 0.
Un toro di transizione è un toro coi baffi T con la seguente proprietà: il flusso
di fase di un qualsiasi intorno di un qualsiasi punto del baffo in arrivo W s interseca
ogni varietà trasversa al baffo in partenza W u .
Assumiamo che il sistema abbia T1 , . . . , Ti , . . . tori di transizione. Si dice che
essi costituiscono una catena di transizione se il baffo in partenza di T i−1 interseca
trasversalmente il baffo in arrivo di T i .
L’esistenza di una catena di transizione con tori “lontani” mostra l’esistenza
di un orbita instabile.
Un esempio di toro di transizione è il toro coi baffi standard, discusso nell’Appendice F. Il Teorema 7.7 è un criterio di trasversalità per grafici contenuti in un
livello di energia.
§8 Il Teorema 8.1, enunciato per sommi capi a pagina 3, si occupa della conservazione, sotto piccole perturbazioni, dei tori parzialmente iperbolici. Se µ è la
taglia della perturbazione, tali tori
p riempiono la maggior parte dello spazio a loro
disposizione, con densità 1 − O( |µ|).
Ci occupiamo quindi di tori coi baffi in coordinate “normali”: cioè di tori
T1 , . . . , Tn per l’hamiltoniana H(J, ψ, y, x), (J, ψ, y, x) ∈ R N −1 × TN −1 × R × R,
su cui facciamo le seguenti assunzioni:
• Il baffo instabile di ogni toro interseca trasversalmente il baffo stabile del
toro successivo.
• Esiste una trasformazione canonica
Φ : (I, ϕ, p, q) −→ (J, ψ, y, x)
e n funzioni Ii : R −→ RN −1 1 ≤ i ≤ n in modo che
ΦtH (Φ (Ii (pq), ϕ, p, q)) = Φ Ii (pq), ϕ + ωi (pq) t, pe−λi (pq) t , qeλi (pq) t
∀|p|, |q| ≤ R, con ωi (0) diofantino.
• il baffo stabile dell’ i-esimo toro si scrive come grafico trasverso negli angoli,
nei pressi dell’ (i − 1)-esimo toro.
La Proposizione 8.5 afferma che quest’ultima ipotesi è generale; il Teorema 8.1
giustifica invece la seconda assunzione.
8
Il Teorema 8.7 prova che i tori coi baffi in coordinate normali sono di transizione.
§9 Il sistema H(I, ϕ) = h(I) + εf (I, ϕ; ε) possiede generalmente una struttura
iperbolica al primo ordine in ε su un sottoinsieme di densità grande di ogni livello
di energia nelle vicinanze di una risonanza semplice. L’enunciato del Teorema 9.3
è riassunto a pagina 5.
Appendici
Appendice A. Evidenziamo un risultato di algebra lineare, utilizzato nella Proposizione 6.3.
Appendice B. Diamo una stima della dipendenza C n −regolare del flusso di fase
Φt dai dati iniziali, provando che ∀n ∈ N esistono due costanti c n e Gn in modo
che
α X ∂ α ∂
t
Φt (y) −
Φ
(y)
α ≤ cn eGn |t| |ξ − η|
α
∂y y=ξ
∂y
y=η
N
α∈N
|α|≤n
Appendice C. Usiamo i risultati del §3 per dare un esempio di una serie di
funzioni che converge su un insieme di misura piena, ma diverge su un insieme
denso: la serie
X
3
x ∈ R2
(cos n · x)|n|
n∈Z2
converge se x è (γ, 2)-diofantino, ma diverge se x è razionalmente dipendente.
Appendici D–E. Diamo due stime del resto nel Teorema della media di Birkhoff.
La prima stima mostra una crescita del resto come una potenza di 1/ε 0 , ma ε0 va a
zero molto rapidamente al crescere di k. Nella seconda stima, invece, la piccolezza
di ε0 sarà dovuta solo ai piccoli denominatori, ma il resto crescerà fattorialmente 11 .
11
La seconda stima afferma che l’hamiltoniana H(I, ϕ) = h(I) + εf (I, ϕ), con f polinomio trigonometrico nelle ϕ di grado P e con frequenza non risonante fino all’ordine kP ,
viene trasformata mediante l’algoritmo descritto dal Teorema della media in
H(y, x) = hk (y) + εk+1 Rk (y, x; ε)
con
|Rk | ≤
(cP )2(k+1) (k + 1)!
εk+1
0
con ε0 = O γ 2 , essendo c un’opportuna costante e γ la taglia dei piccoli denominatori.
9
Mentre la prima stima è sicuramente eccessiva, dando una divergenza del resto
più che esponenziale a causa della piccolezza di ε 0 , la seconda stima è, in un certo
senso, “sharp”: possiamo costruire un modello senza piccoli denominatori le cui
serie di Birkhoff divergono.12
Appendice F. Ci si occupa del toro standard, provando che è di transizione e
stimando il tempo di diffusione per catene di tori standard a frequenze diofantine.
Si prova, inoltre, più in generale, che i tori T I0 ≡ {(I, ϕ, p, q) ∈ RN −1 × TN −1 ×
R × R, I = I0 , ; p = q = 0} sono di transizione per hamiltoniane del tipo h(I, pq).
Appendice G. Vengono raccolti alcuni lemmi (e alcune loro generalizzazioni)
usati negli algoritmi KAM.
Vorrei salutare e ringraziare tutti i miei compagni di studio. In particolare
Daniele che mi ha insegnato i rudimenti del TEX, e Luca per nn buone ragioni,
l’ultima delle quali è avermi segnalato alcune inesattezze che avevo scritto. Colgo
l’occasione per dire che la probabilità che le cose scritte qui siano giuste è un O(ε),
per cui ringrazio in anticipo chi mi segnalerà errori e imprecisioni.
Dedico questa tesi a Ielma.
12
Consideriamo la perturbazione di un oscillatore armonico unidimensionale: H(I, ϕ) =
ωI +2ε(1−I) cos ϕ, con (I, ϕ) ∈ R×S1 . Un ragionevole modello senza piccoli denominatori
consiste nella seguente equazione funzionale:
u + εf (∂ϕ u, ϕ) = 0
P j
Se consideriamo la serie di Birkhoff della funzione incognita u =
ε uj , si dimostra che
tale serie è divergente, e che la divergenza è fattoriale, come ottenuto nella seconda stima:
|uj | ∼ (j − 1)!.
10
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