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ORIZZONTE DI SENSO ORIZZONTE DI SENSO
Istituto Comprensivo
“Santo Stino di Livenza”
Via F.lli Martina, 20 - CAP 30029; Telefono 0421 310254 - Fax 0421 312332
Codice Scuola VEIC86300V - C.F. 92034990272
e-mail: [email protected] - pec: [email protected]
PREMESSA ALLA STESURA DEL CURRICOLO
VERTICALE D’ISTITUTO
a.s. 2012/2013
ORIZZONTE DI SENSO
FUNZIONI STRUMENTALI:
Ceccarelli Eleonora
Imbesi Rosaria
Pellizzon Lucia
1
INTRODUZIONE
“La scuola predispone il Curricolo, all'interno del Piano dell'offerta formativa, nel rispetto delle
finalità, dei traguardi di competenza e degli obiettivi di apprendimento posti dalle Indicazioni”1.
Il curricolo verticale è un progetto che si articola attraverso i “Campi di Esperienza” nella Scuola
dell’Infanzia e attraverso le discipline nella scuola Primaria e Secondaria di I° grado.
Esso delinea, dalla Scuola dell’Infanzia alla Scuola Secondaria di I° grado, un percorso formativo
unitario, graduale e coerente, costruito dai docenti con un orizzonte di senso e che risponde alla
richiesta di “senso” che viene dagli alunni. La verticalità de curricolo favorisce una “positiva”
comunicazione tra i diversi ordini di scuola e consente un clima di benessere psicofisico, che è alla base di ogni condizione di apprendimento - insegnamento.
Il percorso curricolare muove dai soggetti dell’apprendimento, con particolare ascolto ai loro
bisogni e motivazioni, atteggiamenti, affettività, fasi di sviluppo, conoscenza delle esperienze
formative precedenti, e fa riferimento al tessuto familiare, sociale, culturale ed economico.
Un curricolo costruito man mano e sempre in fieri, progettato come si progetta un viaggio,
indicando il mezzo di trasporto, l’occorrente da portarsi dietro e conoscendo bene la meta.
L’importante alla fine è che il percorso sia adeguato alla situazione della classe e/o degli alunni,
nonché al contesto e, soprattutto, verificato nel corso degli anni per appurare se ha consentito di
raggiungere le competenze previste dalle Indicazioni.
L’elaborazione di un curricolo verticale non può prescindere dall’introduzione nella nostra scuola
di metodologie innovative e stimolanti, che puntino sull’osservazione diretta e sulla scoperta,
superando le tradizionali attività di informazione-memorizzazione dei contenuti per promuovere
invece la ricerca, la rielaborazione e la riflessione. Non più, quindi, l’insegnamentoapprendimento come una mera trasmissione di nozioni, ma un processo flessibile ed articolato.
L’apprendimento sarà tanto più efficace quanto più coinvolgerà gli allievi nella scoperta e nella
ricerca autonoma per una educazione permanente.
Tutto ciò richiede un notevole sforzo collegiale di progettazione e ricerca, nel quale gli
insegnanti sono chiamati a:
• lavorare in team per dare maggiore incisività agli interventi didattici formulati;
• realizzare in modo ancora più consapevole la continuità tra i diversi ordini di scuola;
• avere spazio per l’autoformazione e l’autoaggiornamento al fine di poter migliorare la
didattica;
• confrontarsi apertamente e alla pari con i colleghi;
• riflettere sul proprio operato per rivedere, reimpostare e correggere il percorso curricolare.
In definitiva, sono chiamati a dar vita ad una comunità educativa.
1
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo , pag. 17.
2
INTERROGATIVI E RIFLESSIONI SUL CURRICOLO VERTICALE
Un orizzonte di senso
La lettura delle Indicazioni nazionali per il curricolo verticale ci ha stimolato, a una riflessione
sul nostro compito educativo in quanto insegnanti per chiarire il senso del nostro operare con gli
alunni, nella scuola.
A tal fine abbiamo cercato di dare una risposta ad alcune domande che sono gli item portanti delle
Nuove Indicazioni.
Il nostro intento era fornire un quadro di riferimento che, una volta discusso, modificato e
condiviso dai docenti, diventi la bussola che orienta l’elaborazione dei curricoli disciplinari
verticali del nostro istituto.
Quale persona?
Viviamo in una società liquida. Questo nostro tempo rifugge ciò che è statico, incapace di
modificarsi ed “è una quotidiana rappresentazione della transitorietà e della fugacità”2.
La nostra società richiede, quindi, una persona con strumenti culturali e competenze volti a
comprendere e a governare uno scenario continuamente mutevole, una persona che pensa, ragiona
ed è capace di decidere con responsabilità etica.
Quando ci riferiamo ad una persona intendiamo significare qualcosa di più rispetto al semplice
concetto di “individuo”, perché la persona presuppone un essere dotato di “personalità”. In essa
vengono comprese non soltanto le qualità proprie di un individuo, come ad esempio, l’impegno,
l’attivismo, la lealtà, oppure, al contrario la passività, la timidezza, la slealtà, ecc.; ma anche
fattori dinamici, quali motivazione, atteggiamento e adattamento all’ambiente, che
si
costruiscono giorno dopo giorno.
La scuola, quindi, ha la funzione di promuovere il valore della persona con “l’originalità del suo
percorso individuale e di relazione”, ponendo il bambino, lo studente “al centro dell’azione
educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei…”3. “Sin dai primi anni di
scolarizzazione è importante che i docenti definiscano le loro proposte in una relazione costante
con i bisogni [..] fondamentali dei bambini e degli adolescenti.”4
Nello stesso tempo la scuola deve promuovere la capacità collaborativa del singolo e il suo
riconoscersi parte di un gruppo, “costruendo la sezione/classe come ambiente d’apprendimento
e di relazioni, ove ha senso impegnarsi e cooperare per ottenere un risultato concreto”5.
Quale alunno?
Le indicazioni ci dicono che “Lo studente al termine del primo ciclo […] è in grado di iniziare ad
affrontare in autonomia e con responsabilità, le situazioni di vita tipiche della propria età,
riflettendo ed esprimendo la propria personalità in tutte le sue dimensioni. Ha consapevolezza
2
Cit. Conversazioni sull’educazione , Bauman-Mazzeo, Ed.Erickson.
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 9.
4
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 9.
5
Cerini, Fonti e riferimenti per le nuove indicazioni.
3
3
delle proprie potenzialità e dei propri limiti, utilizza gli strumenti di conoscenza per comprendere
se stesso e gli altri, per riconoscere ed apprezzare le diverse identità, le tradizioni culturali e
religiose, in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco […], orienta le proprie scelte in modo
consapevole, rispetta le regole condivise, collabora con gli altri per la costruzione del bene
comune esprimendo le proprie personali opinioni e sensibilità. Si impegna per portare a
compimento il lavoro iniziato da solo o insieme ad altri. […] Possiede un patrimonio di
conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di procurarsi
velocemente nuove informazioni ed impegnarsi in nuovi apprendimenti anche in modo autonomo.
Ha cura e rispetto di sé, come presupposto di un sano e corretto stile di vita. Dimostra originalità e
spirito di iniziativa. Si assume le proprie responsabilità, chiede aiuto quando si trova in difficoltà e
sa fornire aiuto a chi lo chiede”6.
Un alunno, quindi, collaborativo – inclusivo – consapevole delle proprie potenzialità e dei propri
limiti, pronto a misurarsi con le difficoltà e le situazioni problematiche. Un alunno che sa
sopportare le frustrazioni della negazione, che è capace di rinunciare a qualcosa per il bene
comune, che comprende il valore delle regole e del rispetto; un alunno responsabile nei confronti
delle conseguenze delle sue azioni verso se stesso, gli altri e verso l’ambiente.
Un alunno in grado di apprendere in contesti diversi, utilizzando le conoscenze e i mezzi che
possiede, capace di mobilitare conoscenze per risolvere situazioni problematiche.
Questo alunno, che prima era un bambino, è entrato alla scuola dell’infanzia con una sua storia e
spesso con un bagaglio già ricco di esperienze. E’ qui che, con il sostegno del docente, svilupperà
le attitudini all’apprendimento e diventerà più forte emotivamente, tanto da raggiungere quei
traguardi di autonomia e consapevolezza di sé, che gli consentiranno di proseguire con tranquillità
il suo percorso scolastico alla scuola primaria.
Quale scuola?
1.
Una scuola che si faccia carico anche di un ruolo educativo
“Insegnare le regole del vivere e del convivere è per la scuola oggi un compito ancor più
ineludibile che nel passato […]. La scuola affianca il compito dell’insegnare ad apprendere a
quello dell’insegnare ad essere […]” 7.
“[…] la scuola deve riscoprire una indispensabile funzione di luogo da vivere, una comunità dove
praticare forme di cittadinanza responsabile”8, sviluppando il senso di appartenenza, incoraggiando l’apprendimento collaborativo tra pari e l’aiuto reciproco, imparando a “rinunciare” a qualcosa per il bene di tutti gli altri (saper rispettare i turni, imparare a dilazionare i desideri, ecc.).
Ecco che le Indicazioni nazionali per il curricolo scommettono su un ambiente di
apprendimento cooperativo, in cui si impara utilizzando il contributo di tutti e si sviluppano
competenze linguistiche nel confronto dialogico.
E qui si fa strada l’esigenza della definizione di un curricolo verticale nell’area socio –
comportamentale, che tenga conto del comportamento sociale e del comportamento di lavoro.
6
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo – “Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione” pag. 16.
7
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 10.
8
Cit. Cerini, Curricolo verticale: un’idea generativa.
4
In questo contesto diventa importante il ruolo della famiglia come soggetto con il quale creare
“un’alleanza ed un sapere comune” intorno all’educazione del bambino/alunno che incontri la
condivisione e la cooperazione sui temi del rispetto delle regole, del senso di responsabilità delle
proprie azioni, dell’ascolto reciproco.
Una scuola che sappia dare una risposta alla richiesta di SENSO che viene dagli
alunni, anche se a livello inconsapevole.
Capire il senso di quel che si apprende permette di usare efficacemente, nei diversi contesti, le
conoscenze e le abilità a disposizione, porta ad approfondire e a sviluppare le informazioni in base
alla necessità: questo è sicuramente un aspetto della competenza.
Ne deriva che, una scuola che sviluppa competenze, intese come “apprendere a fare, ciò che non
si sa fare, facendolo” 9 , non può non dare senso all’attività di conoscenza, allo studio e
all’impegno degli allievi: “Si impara meglio se si coglie il senso e lo scopo di ciò che si fa”.
In una scuola che vuole promuovere competenze e un positivo rapporto con l’apprendimento,
questo deve essere significativo.
2.
Come generare un apprendimento significativo?
L’apprendimento sarà significativo nel momento in cui il bambino/alunno, verrà coinvolto
nelle attività sul piano affettivo e motivazionale, sarà chiamato a imparare confrontandosi con
compiti e situazioni sfidanti, problematiche, in un contesto collaborativo, dialogico cooperativo (Cooperative learning – situazioni laboratoriali, problem solving, ecc.).
Inoltre, i contenuti dovrebbero essere funzionali a far emergere il senso delle disciplina.
L’apprendimento acquisterà valore quando sarà interiorizzato e potrà essere rievocato in momenti
successivi, in modo critico e significativo.
Per generare un apprendimento significativo è necessario:
•
verificare l’esistenza dei prerequisiti per evitare all’alunno insuccesso e demotivazione;
•
che l’argomento sia sempre rapportato alla maturità del bambino – studente, ma che le
richieste si collochino nella sua “fascia di sviluppo prossimale”, per stimolarlo
all’apprendimento più complesso e sostenere la sua autostima;
•
che, partendo dal concreto, la ricerca o la lezione stimolino graduali processi di
concettualizzazione e nessi sempre più ampi tra esperienza quotidiana ed esperienza
scolastica;
•
che gli allievi prendano coscienza dell’interconnessione tra le diverse discipline, la
facciano propria e sappiano trasferire concetti appresi a situazioni analoghe nella vita
quotidiana;
•
che gli studenti operino in un ambiente di apprendimento idoneo, “luogo di scambio, di
confronto di procedimenti, idee, opinioni, soluzioni condivise e anche alternative, in cui
tutti possano esprimere difficoltà incontrate, sensazioni di inadeguatezza e di insuccesso”10.
9
Cit. Cinzia Mion “Corso di aggiornamento sulle Nuove Indicazioni”.
Cit. Claudia Fanti, Didattica/ambiente di apprendimento, in Passa…parole, Homeless Book.
10
5
Quale sapere?
Un sapere che dia competenze strategiche, dove per “strategia” si intende apprendere dagli indizi
reali i comportamenti più utili per quel particolare momento. Nulla di statico. Il sapere deve
essere fluido come la nostra società.
“[…] la nostra conoscenza è in uno stato di rivoluzione permanente […]. Compito
dell’educazione era, e rimarrà, preparare i giovani alla vita, nella realtà in cui sono destinati ad
accedere. Pertanto, per essere preparati hanno bisogno di un’istruzione che sia utile, dei saperi
pratici, concreti, spendibili. Attualmente, per dare un sapere spendibile, la scuola deve
diffondere apertura mentale”11.
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo, nel capitolo ”Cultura, scuola, persona” 12, si ritrova
quanto affermato da Bauman.
“[…] ogni persona si trova nella ricorrente necessità di riorganizzare e reinventare i propri saperi,
le proprie competenze e persino il proprio stesso lavoro. Le tecniche e le conoscenze diventano
obsolete nel volgere di pochi anni […]. Per questo l’obiettivo della scuola è quello di formare
saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale, affinché possa affrontare positivamente
la mutevolezza degli scenari sociali e professionali […]”.
Sarà un sapere della complessità, della parzialità del punto di vista personale, della
multidimensionalità, ma anche un sapere dell’ecologia delle discipline dove per ecologia si
intende la capacità di contestualizzare un fenomeno, di coglierne i tratti essenziali, le connessioni
tra i vari aspetti per giungere all’integrazione tra i saperi.
“[…] la logica binaria della linearità, paradigma della cultura precedente alla complessità, è il
principio riduzionista delle risposte esatte (vero/falso, giusto/sbagliato) che, ricondotto alla scuola
e al suo panorama metodologico, riguarda la particolare modalità di costruire stimoli per gli
allievi affidata agli esercizi, la cui soluzione può contemplare degli “sbagli”[…] di applicazione
della regola data.
Una strategia metodologica impostata al contrario sui problemi, può sfociare invece in “errori”,
che possono essere “recuperati” attraverso l’analisi dei processi mentali che li hanno indotti e che
comunque richiedono una continua riproblematizzazione, come avviene per i problemi attuali del
mondo e del pianeta”13.
Ecco che allora le discipline non sono semplici ripartizioni dello scibile, collegabili solo con
possibili connessioni di natura multidisciplinare, ma delle articolazioni del sapere complesse e
dinamiche, che necessariamente portano alla connessione tra i saperi. Esse non vanno trasmesse
come rigide sequenze di contenuti e procedure separati, ma come “punti di vista sulla realtà” o
“chiavi interpretative” della stessa, capaci di comprendere, mettere in discussione, reimpostare e/o
modificare la realtà.
Esse, vanno reinterpretate spostando la prevalenza delle conoscenze dichiarative (i contenuti)
verso lo sviluppo di conoscenze procedurali, immaginative, rappresentative; in questo modo si
delinea nell’alunno una personale capacità di analisi e di riflessione. Per citare Bruner, “In una
disciplina nulla è più essenziale della sua metodologia e perciò nulla è così importante
11
Cit. Conversazioni sull’educazione, Bauman Zygmut-Mazzeo, Ed.Erickson.
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo- Cultura, scuola, persona, pp. 7- 12.
13
Cinzia Mion, Passa..parole, di Giancarlo Cerini – Homeless Book
12
6
nell’insegnamento della disciplina stessa, come offrire al bambino l’occasione di apprendere tale
metodologia…”.
“[…] L ’attività didattica è orientata alla qualità dell’apprendimento di ciascun alunno e non a una
sequenza lineare, e necessariamente incompleta, di contenuti disciplinari. I docenti in stretta
collaborazione promuovono attività significative nelle quali gli strumenti e i metodi
caratteristici delle discipline si confrontano e si intrecciano tra loro, evitando trattazioni di
argomenti distanti dall’esperienza e frammentati in nozioni da memorizzare […]. Oggi,
inoltre, le stesse fondamenta delle discipline sono caratterizzate da un’intrinseca complessità e da
vaste aree di connessione, che rendono improponibile qualsiasi separazione”14.
Ne deriva che la frammentazione delle discipline e l’accumulo di conoscenze rappresentano un
ostacolo all’apprendimento significativo e al conseguimento di competenze. Si deve piuttosto
tendere ad un’ecologia dei saperi disciplinari e ad un approccio per problemi, che rispetti la
complessità della conoscenza e l’unitarietà dei processi d’apprendimento.
Va quindi rivista anche la modalità di insegnamento delle discipline stesse, dando priorità alla
all’approccio laboratoriale, al legame con l’esperienza, alla riflessione, alla metacognizione e
alla cooperazione.
Il documento non dà indicazioni di accorpamento disciplinare in aree predefinite proprio per “[…]
rafforzare così trasversalità e interconnessioni più ampie e assicurare l’unitarietà del loro
insegnamento..”15.
Le conoscenze disciplinari vanno compiutamente assimilate attraverso l’acquisizione, l’uso critico,
la disponibilità a trasferirle in ambiti, tempi e contesti diversi.
Passare dalle conoscenze disciplinari alle competenze implica:
•
la necessità di integrare la dimensione teorica con quella operativa;
•
lavorare sul sapere cosa;
•
lavorare sul sapere come;
•
la necessità di far interagire saperi dichiarativi e saperi procedurali.
Conoscenza e competenza, quindi, non sono in contrasto, ma si integrano a vicenda.
Va osservato che, il nuovo documento sembra puntare sul maggiore rilievo da dare
all’insegnamento della lingua e della matematica rispetto alle altre discipline. Questo sembrerebbe
cozzare con l’affermazione, che pure è contenuta nel testo, sulla complessità dei saperi e
sull’importanza di un approccio a 360° rispetto alle problematiche da affrontare.
Forse, questa particolare attenzione alla lingua e alla matematica si rivolgono solo all’aspetto della
strumentalità di base che necessariamente tutti devono aver acquisita al meglio, per non essere
emarginati nel percorso scolastico. Inoltre, il concetto di ecologia dei saperi può venire in aiuto
all’insegnante, perché permette di mettere in campo più competenze e più punti di vista rispetto a
un’unica situazione e quindi mobilitare conoscenze e competenze dalle diverse discipline
Attualmente ad esempio è impossibile pensare che discipline come le scienze, la storia o la
geografia non abbiano il loro valore formativo così come l’educazione artistico- musicale.
È inoltre importante porre attenzione e privilegiare quei contenuti che sviluppano obiettivi
trasversali e che vanno, quindi, nella direzione di una ecologia dei saperi, così da abituarsi a
contestualizzare una conoscenza, un evento, osservandolo con sguardi diversi e integrati.
14
15
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 17.
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 17.
7
Quale metodologia?
È evidente che un’azione didattica in cui l’alunno è protagonista attivo, chiamato ad agire e a
risolvere situazioni problematiche, non annovera una pratica meramente trasmissiva. Il
processo di insegnamento – apprendimento richiede una metodologia innovativa:
l’accompagnamento, il quale esclude un percorso basato solo sui contenuti.
Per consentire l’innovazione della pratica didattica, quindi, è fondamentale organizzare un
curricolo implicito (strategie, ambiente…, materiali) che la faciliti e che risponda alle esigenze di
un apprendimento significativo.
L’impostazione del curricolo dovrebbe essere ispirata all’innovazione didattica, tenendo come
punto fermo i traguardi di senso in ordine all’idea di alunno.
Una scuola che miri allo sviluppo di competenze e alla formazione di un alunno autonomo,
collaborativo, intraprendente, attivo di fronte alle situazioni problematiche; una scuola che
rifiuti qualsiasi forma di addestramento e che privilegi la funzione di accompagnamento e di
regista del docente, è una scuola naturalmente rivolta a una didattica laboratoriale.
Nella didattica laboratoriale l’alunno assume un ruolo attivo nell’apprendimento. L’insegnante
diventa il regista della situazione, colui che progetta (in collaborazione con i colleghi) l’insieme
delle attività strutturate, lo spazio di azione per stimolare, sostenere, accompagnare la costruzione
di conoscenze, abilità, atteggiamenti. In questo tipo di didattica si verificano interazioni e scambi
tra allievi, oggetti del sapere e insegnanti, sulla base di scopi e interessi comuni. Uno spazio di
azione nel quale gli allievi hanno modo di fare esperienze significative sul piano cognitivo affettivo - emotivo - interpersonale/sociale. Questo per rispondere alle Indicazioni nazionali per
il curricolo, che parlano di un alunno collaborativo, solidale e inclusivo, capace di discutere con
gli altri e di lavorare in gruppo.
“Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo
il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di
lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare,
realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e può essere attivata
sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per
l’apprendimento” 16.
Non solo. La didattica laboratoriale permette di rispondere anche a un’altra esigenza, sottolineata
più volte nel testo delle Indicazioni nazionali per il curricolo, quella dell’imparare facendo,
mettendosi alla prova. Inoltre, viene rispettato anche il ruolo del docente, che nel testo
ministeriale viene descritto come regista / accompagnatore a sostegno del processo di
apprendimento dell’alunno17.
La didattica laboratoriale risponde anche all’esigenza di un’ecologia delle discipline. Infatti,
permette di affrontare un argomento da più punti di vista e di contestualizzarlo, evita un accumulo
di informazioni e coglie connessioni tra i molteplici ambiti disciplinari.
16
17
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 35.
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, “Docenti”, pag. 23.
8
Quale insegnante?
La relazione educativa è alla base dell’interazione didattica ed è dunque importante per un docente saper stabilire con i suoi allievi un rapporto di empatia, di fiducia e lealtà reciproca.
Pertanto, dovrà lavorare a livello personale su se stesso, per imparare a rispettare il bambino/alunno, ciò che egli è, sente, pensa e dice. Dovrà inoltre riflettere sul senso delle proprie azioni
per prendere consapevolezza del proprio agire e lavorare sui suoi punti deboli per migliorarsi.
L’insegnante, dunque, come professionista che osserva e “riflette sulla pratica educativa” per diventare davvero consapevole di ciò che fa e del perché lo fa in quel determinato modo. Ma non
solo. Nel testo ministeriale l’insegnante viene descritto come regista / accompagnatore a sostegno
del processo di apprendimento dell’alunno18. Per svolgere al meglio questo ruolo, di notevole importanza è la pratica dell’osservazione, fondamentale nella scuola dell’infanzia, ma di grande utilità in ogni ordine di scuola. Osservare gli alunni in situazioni di lavoro, infatti, aiuta a capire difficoltà, bisogni e modalità operative dei singoli e del gruppo, permettendo di intervenire di volta
in volta per ridefinire il percorso in base alle esigenze emerse.
L’osservazione di gruppi spontanei in situazioni non strutturate, o di gruppi costituiti
dall’insegnante in funzione di un compito, consente di comprendere le dinamiche relazionali e di
svolgere un ruolo di mediazione.
Inoltre, “nella relazione educativa, gli insegnanti svolgono una funzione di facilitazione e, nel fare
propria la ricerca dei bambini, li aiutano a pensare e a riflettere meglio, sollecitandoli a osservare,
descrivere, narrare, fare ipotesi, dare e chiedere spiegazioni in contesti cooperativi e di confronto
diffuso”19.
Un apprendistato cognitivo, quindi, che, per citare A. Collins, J. Brown e S. E. Newman, si realizza in quattro fasi fondamentali:
a) modeling: l’apprendista osserva la competenza esperta al lavoro e poi la imita;
b) coaching: il maestro/docente assiste il principiante, ne agevola il lavoro, interviene secondo le
necessità, dirige l’attenzione su un aspetto, fornisce feedback;
c) scaffolding: il maestro/docente fornisce un sostegno in termini di stimoli e risorse, reimposta il
lavoro;
d) l’insegnante diminuisce progressivamente il supporto fornito, per lasciare via via più autonomia.
Le pratiche sopradescritte, però, non devono essere solo individuali, bensì collegiali al fine di realizzare quella comunità professionale auspicata dalle Indicazioni Nazionali e ben definita da
McMillan e Chavis come “la certezza soggettiva che i membri hanno di appartenere e di essere
importanti gli uni per gli altri e per il gruppo e una fiducia condivisa nella possibilità di soddisfare
i propri bisogni come conseguenza del loro essere insieme”. In particolare, grazie alla pratica collegiale dell’osservazione, il progetto educativo potrà evolversi sulla base dei dati raccolti e sarà
realmente rispondente ai bisogni e alle richieste dei bambini/studenti.
18
19
Cit. Indicazioni nazionali per il curricolo, “Docenti”, pag. 23.
Ibidem.
9
Parole chiave delle Indicazioni nazionali per il curricolo
Accompagnamento (ruolo del docente) = ascolto, attenzione, empatia, disponibilità, ecc.; ma
significa anche prendersi cura della conoscenza, dell’imparare a ragionare insieme, utilizzando il
contributo di tutti, stimolando capacità critiche e creative, sviluppando competenze linguistiche
nel confronto dialogico, nella narrazione, affinché lo studente compia scelte autonome e fecon
Ambiente d’apprendimento = luogo fisico o virtuale, ma anche spazio mentale e culturale,
organizzativo ed emotivo/affettivo insieme. Il termine ambiente, dal latino ambire "andare intorno,
circondare", potrebbe dare l'idea degli elementi che delimitano i contorni dello spazio in cui ha
luogo l'apprendimento. Tuttavia, se guardiamo alla conoscenza e al modo in cui si costruisce, non
possiamo prendere in considerazione soltanto lo spazio, ma l'insieme delle componenti presenti
nella situazione in cui vengono messi in atto i processi di apprendimento: gli insegnanti e gli
allievi, gli strumenti culturali, tecnici e simbolici. In tale "spazio d'azione" si verificano interazioni
e scambi tra allievi, oggetti del sapere e insegnanti, sulla base di scopi e interessi condivisi, e gli
allievi hanno modo di fare esperienze significative sul piano cognitivo, affettivo/emotivo.
Apprendimento significativo = apprendimento che si oppone all’apprendimento meccanico e
nasce dalla scoperta. L’apprendimento è significativo quando i contenuti
consolidano in situazioni significative .
si formano e si
Curricolo = insieme delle esperienze che una scuola intenzionalmente progetta e realizza per
l’alunno al fine di conseguire le mete formative desiderate; sintesi progettuale ed operativa delle
condizioni pedagogiche, organizzative e didattiche, nel rispetto degli indirizzi curricolari di
carattere nazionale. Esso propone un corretto equilibrio tra le garanzie di carattere nazionale (le
finalità ed i traguardi di apprendimento validi per tutti) e l’autonomia e la responsabilità delle
singole istituzioni scolastiche sul piano didattico ed organizzativo.
Curricolo esplicito = scelte intenzionali del docente in merito agli obiettivi, ai contenuti e alle
metodologie della propria azione didattica.
Curricolo implicito = l’insieme delle componenti dell’azione formativa della scuola non
oggetto di una progettualità esplicita, da collocare al fianco, ma spesso in contrasto, al "curricolo
esplicito". Le dimensioni implicite hanno una forte valenza educativa in quanto incidono
sul livello profondo dell’esperienza formativa, sui processi di attribuzione di significato e sulla
struttura di personalità del soggetto. Nell’espressione "didattica implicita" possono essere
racchiuse tutte quelle dimensioni che compongono il "setting formativo" entro il quale si
sviluppa l’azione intenzionale del docente; tra di esse si possono richiamare:
•
la gestione dello spazio, in relazione sia alla varietà e alle caratteristiche degli ambienti impiegati nell’azione didattica, sia alla strutturazione dello spazio aula (disposizione dei banchi,
arredi, allestimento di angoli o spazi dedicati, collocazione dei materiali didattici, ….);
•
la gestione del tempo, in rapporto alla successione del processo didattico (discipline, docenti,
modalità di lavoro) e alla strutturazione più o meno distesa o concentrata delle attività didattiche;
10
•
•
•
•
le modalità di raggruppamento degli allievi, nell’alternanza di attività individuali, di coppia, di piccolo gruppo, di grande gruppo;
il grado di strutturazione delle proposte didattiche, in relazione all’autonomia attribuita
agli allievi nella gestione delle diverse attività;
le regole, dichiarate o meno, che strutturano le modalità di relazione e di funzionamento
del gruppo classe;
i canali comunicativi attraverso cui si sviluppa la relazione tra insegnante e allievi, con
particolare riguardo alla comunicazione non verbale e ai tratti prosodici e soprasegmentali
della comunicazione verbale.
curricolo relazionale =
curricolo nel quale la dimensione della relazionalità e del
coinvolgimento vengono considerate qualità essenziali per il successo formativo.
Competenze = ciò che sanno fare gli studenti nella vita quotidiana con quanto hanno imparato a
scuola (OCSE-PISA); capacità di mettere in moto e di coordinare risorse interne (conoscenze,
abilità, disposizioni, motivazioni, interessi) ed esterne disponibili, per affrontare positivamente
compiti o situazioni sfidanti(Pellerey)
Le otto competenze chiave riconosciute come rilevanti su scala europea sono:
• comunicazione nella madrelingua;
• comunicazione nelle lingue straniere;
• competenza matematica e competenza di base in campo scientifico e tecnologico;
• competenza digitale;
• imparare ad imparare;
• competenze sociali e civiche;
• spirito di iniziativa e imprenditorialità;
• consapevolezza ed espressione culturale.
Ecologia delle discipline = modalità di approccio alle discipline scolastiche per problemi. Si
basa su obiettivi trasversali, si orienta sull’esperienza e sulla contestualizzazione ed è finalizzata a
un’integrazione dei saperi. In tale ambito il soggetto è protagonista nella costruzione delle sue
competenze e progettualità, attraverso l’individuazione di strategie.
Mete formative = competenze, mete da perseguire nel processo di insegnamento e
apprendimento.
Il valore della didattica per competenze è definita dalla seguenti mete formative:
- formare cittadini consapevoli, autonomi e responsabili;
- riconoscere gli apprendimenti comunque acquisiti;
- favorire processi formativi efficaci in grado di mobilitare le capacità ed i talenti dei giovani
rendendoli responsabili del proprio cammino formativo e consapevoli dei propri processi di
apprendimento, verso la competenza di “imparare a imparare”;
- caratterizzare in chiave europea il sistema educativo italiano rendendo possibile la mobilità
delle persone nel contesto comunitario;
- favorire la continuità tra formazione, lavoro e vita sociale lungo tutto il corso della vita;
- valorizzare la cultura viva del territorio come risorsa per l’apprendimento;
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- consentire una corresponsabilità educativa da parte delle famiglie e della comunità territoriale.
Nodi disciplinari = i contenuti e i concetti fondamentali di una disciplina, che costituiscono il
sapere minimo per il proseguimento del percorso formativo. Consentono di definire le
connessione tra le discipline. Consentono di motivare l’alunno attraverso la consapevolezza di
quello che già sa, che deve sapere e saper fare.
Traguardi per lo sviluppo delle competenze = All’interno delle Indicazioni nazionali per
il curricolo, i traguardi per lo sviluppo delle competenze relativi ai campi di esperienza e alle
discipline “rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e
didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale
dell’alunno”.
La dicitura “traguardi per lo sviluppo delle competenze” pone l’accento sullo sviluppo come
dinamismo dei processi, attenzione ai percorsi, ai contesti e alle motivazioni.
Il termine “traguardi” indica i livelli ottimali cui tendere, ma all’interno di un processo di sviluppo
dove contano la crescita personale, la maturazione di atteggiamenti positivi verso l’apprendimento,
la curiosità per la ricerca culturale.
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