Carta e cartone per alimenti: come si stabilisce l`idoneità
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Carta e cartone per alimenti: come si stabilisce l`idoneità
FATTI E TENDENZE Regolamenti per i materiali cellulosici “food contact” Fonte: Amalia Violi per Comieco Rossella Contato Carta e cartone per alimenti: come si stabilisce l’idoneità uello che doveva essere un momento di aggiornamento fra pochi operatori del settore si è tramutato in un vero e proprio convegno tecnico che ha coinvolto una cinquantina di partecipanti, Q Quali requisiti deve possedere un astuccio di carta o cartone per potere essere utilizzato a contatto con gli alimenti? Quali sono i test di laboratorio per verificare tale idoneità? Quali le normative di riferimento? Un recente convegno di Gifasp ha dato una risposta a queste domande, anticipando anche le novità in arrivo nel corso dell’anno. inclusa la stampa specializzata. L’incontro organizzato il 27 gennaio scorso a Milano da Gifasp, Gruppo Italiano Fabbricanti Astucci e Scatole Pieghevoli (gruppo di specializzazione che opera in seno ad Assografici), ha sollevato un notevole interesse, confermando che su carte e cartoni a contatto con gli alimenti c’è molto da dire e soprattutto da imparare. Gli esperti intervenuti alla giornata hanno fatto luce su tematiche quali il quadro normativo di riferimento, i test di laboratorio per la verifica dell’idoneità al contatto alimentare e la compilazione delle dichiarazioni di conformità. Principi generali per gli MCA Se la normativa specifica che regola la carta e il cartone “food contact” non è di recente stata toccata da grossi cambiamenti, gli ultimi regolamenti comunitari riguardanti in generale tutti i materiali a contatto con gli alimenti (MCA) - regolamento “quadro” 1935/2004 e il regolamento 2023/2006 sulle GMP hanno imposto nuovi obblighi anche al settore degli imballaggi di carta e cartone. Francesco Legrenzi dell’Istituto Italiano Imballaggio ha analizzato passo per passo i contenuti del regolamento quadro, che riflette per molti versi (e lo si evince soprattutto dai “consideranda” introduttivi) il regolamento cardine del settore alimentare 178/2002, noto come “food law”. Questo perché le aziende che producono imballaggi vengono considerate parte integrante della filiera alimentare. Nell’articolo 3 del provvedimento vengono definiti i requisiti generali, secondo i quali gli MCA non devono trasferire agli alimenti componenti in quantità tale da: a) costituire un pericolo per la salute Controllo analitico della composizione Alimenti per i quali è prevista la prova di migrazione Alimenti per i quali non è prevista la prova di migrazione Materie fibrose cellulosiche di primo impiego naturali o artificiali Almeno il 75% Almeno il 60% ammesse anche le fibre di riciclo Materie fibrose sintetiche di primo impiego Non più del 20% delle materie fibrose e comunque rispondenti alle norme dei D.M. Non più del 20% delle materie fibrose e comunque rispondenti alle norme dei D.M. Sostanze di carica Massimo 10% Massimo 25% Sostanze ausiliarie Massimo 15% (10% solubili o parzialmente solubili e 5% insolubili) Massimo 15% (10% solubili o parzialmente solubili e 5% insolubili) umana; b) comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari; c) comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche. «La migrazione non è vietata - ha puntualizzato Legrenzi - ma deve essere contenuta entro certi limiti». Ci sono anche situazioni in cui, nonostante il materiale non sia posto a contatto diretto, riesce comunque a trasferire i propri componenti al prodotto alimentare. Pensiamo ad esempio alle merendine confezionate, avvolte singolarmente in un film e poste in una scatola di cartoncino. Il regolamento quadro ne tiene conto: nel suo campo di applicazione sono infatti inclusi materiali e oggetti “di cui si prevede ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni d’impiego normali o prevedibili” (articolo 1 punto c). «Dobbiamo ragionare sul nostro packaging ha sottolineato l’avvocato - e capire se si possono verificare situazioni di contatto». I controlli analitici In Italia carte e cartoni sono regolamentate in modo specifico dal D.M. 21-3-73 (e successivi aggiornamenti), che stabilisce come si valuta l’idoneità “alimentare”. Giovanna Ferrari, Stazione Sperimentale Carta Cartoni e Paste per Carta (SSCCP), ha spiegato che per stabilire l’idoneità di carta e cartone al contatto con gli alimenti bisogna valutare l’inerzia del materiale e la conformità della composizione (liste positive). L’inerzia del materiale si valuta solo verificando la compo- sizione e i requisiti di sicurezza, e non attraverso prove di migrazione globale, che non si prestano assolutamente alla carta, data la sua natura. Una eccezione è rappresentata dalle carte trattate in superficie o accoppiate con materie plastiche, per le quali l’idoneità va verificata attraverso il test di migrazione globale. Il controllo analitico della composizione di carte e cartoni va eseguito su materie fibrose, sostanze di carica e sostanze ausiliarie (vedi tabella), con limiti che tengono conto del tipo di alimento che verrà posto a contatto (la classificazione degli alimenti secondo il loro potere estrattivo è stabilita dal DM 26-04-93 n. 220). Occorre inoltre valutare i requisiti di purezza di carta e cartone, quantificando il contenuto di piombo (≤3 µg/dm2) e policlorobifenili (≤2 µg/dm2). «Nella determinazione dei requisiti di purezza il cartoncino va considerato nel suo insieme, e non solo lo strato a contatto, dal momento che non è interposta una barriera fra gli strati», ha precisato la ricercatrice, ricordando che l’unica eccezione è prevista per i contenitori di cartone multistrato (copertura, centro, retro) di grammatura minima 200 g/m2, per i quali il piombo può essere determinato solo sul retro quando il contatto è previsto con alimenti secchi (camomilla, tè, cereali, frutta e legumi secchi, pasta, sale, zucchero, ecc.). Oltre alle prove viste fin qui, la valutazione dell’idoneità di carta e 12 RI 4 - Marzo 2009 005009RAI0409_012Gifco.indd 12 25-02-2009 12:03:18 FATTI E TENDENZE cartone al “food contact” include il controllo di altre sostanze quali coadiuvanti tecnologici e imbiancanti ottici e i test di migrazione specifica per formaldeide, conservativi, fenoli e cresoli. Test sensoriali Abbiamo anticipato, citando i requisiti generali del regolamento quadro 1935/2004, che i materiali a contatto con gli alimenti non solo non devono rappresentare un pericolo per la salute umana, ma non devono neppure causare un deterioramento del profilo sensoriale degli alimenti. Non esistono disposizioni legislative che fissano limiti o prescrivono metodiche analitiche relativamente al danno sensoriale, ma si può fare riferimento alle norme volontarie UNI EN 1230 e UNI 10192. Valter Rocchelli di IRCPack si è soffermato in particolare sull’analisi olfattiva (UNI 10192 metodo C, “beuta”) e sulla trasmissione di gusto al cioccolato al latte (UNI 10192 metodo E, “test di Robinson”). Nel primo caso si annusa il provino di materiale posto all’interno di una beuta di vetro e si assegna un punteggio (da 0 a 4 in funzione dell’intensità di odore percepito) per confronto con una beuta vuota (entrambe le beute sono rivestite con un foglio di alluminio per impedire il riconoscimento visivo). Nel secondo caso si allestisce invece un test triangolare, ossia con tre campioni composti da cioccolato al latte grattugiato, due dei quali sono stati sottoposti al contatto con il materiale da testare per un certo periodo di tempo mentre il terzo costituisce il “bianco”. Si assaggiano (letteralmente) i campioni di cioccolato e si assegna il punteggio (sempre da 0 a 4) in base alla differenza di gusto percepita. Protocollo di validazione I test sensoriali sopra descritti, unitamente all’identificazione di composti organici mediante GC/ MS, fanno parte del protocollo di validazione messo a punto da Fonte: Simply Boxes, UK Camerino allestito per l’analisi sensoriale (test olfattivo) Rocchelli per verificare il potenziale inquinante di cartoni processati per la stampa. Se i test sensoriali permettono di valutare il rischio di danno organolettico, la gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (GC/MS) è la tecnica analitica di elezione per valutare il rischio di danno tossicologico. Con le analisi GC/MS si ottengono utili informazioni (identità, quantità) sui composti organici presenti nei materiali e sulle potenziali migrazioni (set-off compreso). Non sempre, tuttavia, i composti rilevati risultano identificabili; talvolta accade che nello spettro di massa appaiono dei picchi che testimoniano la presenza di un composto, ma il software dello strumento non è in grado di attribuirli ad alcuna sostanza. «In questi casi non ci sono soluzioni analitiche immediate, ma occorre individuare, attraverso l’analisi di componenti e fasi di processo, dove viene introdotto il composto ignoto - ha detto l’esperto di IRCPack -. Ciò richiede la collaborazione con i produttori di materie prime e i converter». I problemi di identificazione dei composti provenienti dagli imballaggi derivano più frequentemente dai componenti degli inchiostri di stampa. Anche in questo caso Rocchelli ha fatto un appello alla collaborazione, convinto della necessità che i produttori di inchiostri forniscano, magari dietro accordi di segretezza, informazioni sugli additivi, in modo da poter mettere a punto metodi di analisi per la migrazione specifica di eventuali composti non rilevabili dalle analisi di screening. Linee guida GMP e modelli di dichiarazione I test analitici servono a controllare che i materiali prodotti siano idonei all’uso, ma a monte è indispensabile operare secondo le buone pratiche di fabbricazione (GMP), istituendo e rispettando un sistema di assicurazione della qualità appropriato. Dall’agosto 2008 tutto il settore del packaging per alimenti è obbligato a operare secondo GMP, come stabilito dal regolamento 2023/2006. «La norma enuncia principi estremamente generali, senza specificare in che modo applicarli», ha dichiarato Italo Vailati (segreta- rio generale di Giflex che ha preso parte al convegno come referente di Assografici). Nel suo intervento ha offerto una chiave di lettura molto pratica del regolamento, per chiarire cosa devono fare le aziende nel concreto per rispondere agli obblighi da esso introdotti. Brevemente, il relatore ha sottolineato che il regolamento sulle GMP non impone alcun obbligo di certificazione, come non rende obbligatoria la presenza di figure professionali specifiche responsabili dell’assicurazione qualità e del controllo qualità, in aggiunta a quella dell’operatore economico (“business operator”) richiesto dal regolamento quadro 1935/2004. Per dipanare ulteriori dubbi legati all’applicazione del regolamento 2023/2006 occorre pazientare ancora qualche mese: in primavera verranno pubblicate le linee guida elaborate nell’ambito del progetto CAST, nel quale sono coinvolti l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Italiano Imballaggio e le associazioni di categoria che rappresentano i produttori di materie prime e imballaggi e l’industria alimentare. Il progetto, partito alla fine del 2007, porterà alla realizzazione di più linee guida per l’implementazione delle GMP, una per ciascuna classe di materiali (plastica, vetro, poliaccoppiati, carta, metallo, legno, sughero). Il documento sarà disponibile gratuitamente sul sito Internet del Ministero della Salute e diventerà un riferimento importante non solo per le aziende del settore, ma anche per gli organi di controllo. Vailati ha poi parlato di dichiarazioni di conformità, previste sia dalla legislazione italiana (DM 21-3-’73) che da quella europea (regolamento quadro 1935/2004). Per gli imballaggi di carta e cartone la legge non indica in modo dettagliato i contenuti e le modalità di compilazione della dichiarazione di conformità. Possono essere presi come riferimento i modelli proposti dall’Istituto Italiano Imballaggio, disponibili in due versioni in funzione degli alimenti da confezionare (se prevedono o non prevedono prove di migrazione globale). I responsabili del Gifasp attualmente stanno lavorando per integrare questi modelli, soprattutto allo scopo di inserire l’identificazione univoca dell’azienda a cui è destinata la dichiarazione, il prodotto alimentare e la specifica applicazione cui è destinato l’imballo oggetto della dichiarazione. In altri termini, non è assolutamente sufficiente rilasciare una dichiarazione generica senza specificare per quale uso è destinato il materiale. «Dovete chiedere ai vostri clienti che tipo di alimento andrà a contatto e specificarlo nella dichiarazione di conformità - ha detto il referente di Assografici rivolto al pubblico -. Pretendete queste informazioni, perché la responsabilità su quanto dichiarate è vostra». ■ RI 4 - Marzo 2009 13 005009RAI0409_012Gifco.indd 13 25-02-2009 12:03:22