...

4. Omomorfismi tra strutture algebriche

by user

on
Category: Documents
36

views

Report

Comments

Transcript

4. Omomorfismi tra strutture algebriche
4. Omomorfismi tra strutture algebriche
Se A e B sono due insiemi (senza alcuna struttura algebrica), per spostarci da A a B utilizziamo
semplicemente le applicazioni da A a B.
Se invece A e B sono due strutture algebriche dello stesso tipo (ad esempio sono due gruppi, due
anelli o due K-spazi vettoriali) le applicazioni ”significative” che ci fanno di passare da A a B sono
quelle che ”conservano” l’operazione (o le operazioni) delle due strutture algebriche. Cosa significa ?
Considerati in A due elementi, possiamo procedere in due modi: o eseguire l’operazione tra essi e
considerare poi l’immagine in B del risultato, oppure considerare l’immagine in B dei due elementi
ed eseguirne poi l’operazione in B. Diremo che l’applicazione ”conserva l’operazione” se otterremo
lo stesso risultato. Tali applicazioni sono chiamate omomorfismi. Eccone la definizione formale, a
partire dai gruppi.
Definizione 1. Siano (G, ∗) e (H, ·) due gruppi e sia f : G → H un’applicazione.
omomorfismo di gruppi se risulta verificata la seguente condizione:
f è detta
f (a1) · f (a2) = f (a1 ∗ a2), ∀ a1, a2 ∈ G.
Nella definizione precedente abbiamo messo in evidenza (usando simboli diversi) il fatto che i due
gruppi hanno operazioni diverse [ciò che è ovvio, essendo i due gruppi diversi tra loro]. Nel seguito,
per non appesantire le notazioni, indicheremo nello stesso modo le due operazioni, pur continuando
ad assumere che possano essere diverse.
R , ·) e
Facciamo subito un esempio, forse inatteso, di omomorfismo. Consideriamo i due gruppi (R
R, +) e l’applicazione log : R + → R che associa ad ogni reale positivo x il suo logaritmo naturale
(R
log(x). Poichè, come noto,
+
log(x y) = log(x) + log(y), ∀ x, y ∈ R ,
+
allora log è un omomorfismo tra i due gruppi. Si tratta poi di un omomorfismo biiettivo. Infatti
l’applicazione log è invertibile, con inversa la funzione esponenziale:
x
+
exp : R → R tale che exp(x) = e , ∀ x ∈ R .
x+y
Si noti che anche exp è un omomorfismo. Infatti e
x
y
= e e , cioè
exp(x + y) = exp(x) exp(y), ∀ x, y ∈ R .
Osservazione 1. Un omomorfismo di gruppi f : (G, ∗) → (H, ·) trasforma l’elemento neutro e di
G nell’elemento neutro e di H. Infatti si ha:
f (e) = f (e ∗ e) = f (e) · f (e),
f (e) = f (e) · e ,
da cui f (e) · f (e) = f (e) · e . Cancellando f (e), si ottiene f (e) = e .
Inoltre f trasforma il reciproco di un elemento nel reciproco della sua immagine, cioè
f (a ) = f (a) ,
dove a è il reciproco di a e f (a) è il reciproco di f (a). Infatti si ha:
e = f (e) = f (a ∗ a ) = f (a) · f (a )
e, ovviamente, f (a) · f (a) = e .
f (a ) = f (a) .
Pertanto f (a) · f (a ) = f (a) · f (a) e quindi, cancellando f (a),
Con riferimento all’omomorfismo log sopra considerato, si noti che log(1) = 0 e che, ∀ x > 0,
−1
log(x ) = −log(x).
Diamo ora la definizione di omomorfismo tra anelli e di omomorfismo tra spazi vettoriali. Qui, per
non appesantire le notazioni abbiamo denotato con lo stesso simbolo le analoghe operazioni delle due
strutture algebriche.
Definizione 2. Siano (A, +, ·) e (B, +, ·) due anelli e sia f : A → B un’applicazione. f è detta
48
G. CAMPANELLA
APPUNTI DI ALGEBRA PER INFORMATICA
omomorfismo di anelli se risultano verificate le seguenti condizioni:
f (a1) + f (a2) = f (a1 + a2), f (a1) f (a2) = f (a1 a2), ∀ a1, a2 ∈ A.
Definizione 3. Siano V e W due K-spazi vettoriali e sia f : V → W un’applicazione. f è detta
omomorfismo di K-spazi vettoriali se risultano verificate le seguenti condizioni:
f (v 1) + f (v 2) = f (v 1 + v 2), c f (v) = f (c v), ∀ v 1, v 2, v ∈ V, ∀ c ∈ K.
Gli omomorfismi tra K-spazi vettoriali vengono tradizionalmente chiamati applicazioni lineari [e
ci atterremo, nei capitoli successivi, a questa abitudine].
Definizione 4. Ogni omomorfismo biiettivo tra due gruppi (o due anelli o due K-spazi vettoriali)
viene chiamato isomorfismo. Due gruppi G, H (o due anelli o due spazi vettoriali) sono detti isomorfi
se esiste tra essi un isomorfismo; in tal caso si scrive G ∼
= H.
Se i due gruppi (anelli o spazi vettoriali) coincidono tra loro, l’isomorfismo prende nome di automorfismo.
Un omomorfismo iniettivo prende il nome di monomorfismo mentre un omomorfismo suriettivo
prende il nome di epimorfismo. Infine, un omomorfismo di un gruppo (anello o spazio vettoriale)
in sé prende il nome di endomorfismo. Un endomorfismo tra spazi vettoriali viene anche chiamato
operatore lineare.
R, +) ∼
R + , ·). Si noti poi che l’applicazione identica
Ad esempio, per quanto sopra osservato, (R
= (R
stabilisce sempre un automorfismo di ogni gruppo (anello o spazio vettoriale) in sé. L’inclusione
canonica di un sottogruppo in un gruppo è un monomorfismo. Lo stesso è vero per l’inclusione
canonica di sottoanelli o sottospazi vettoriali.
Verifichiamo ora che la composizione di omomorfismi è un omomorfismo e che l’applicazione inversa
di un isomorfismo è un isomorfismo.
Proposizione 1. (i) Se f : G → G e g : G → G sono omomorfismi di gruppi, anche
l’applicazione g ◦ f : G → G è un omomorfismo di gruppi.
(ii) Se f : G → G è un isomorfismo di gruppi, l’applicazione inversa f
(e quindi un isomorfismo).
−1
: G → G è un omomorfismo
Verificare che gli stessi risultati valgono per anelli e spazi vettoriali.
Dim. (i) Utilizzeremo per i tre gruppi la notazione moltiplicativa [ma si intende che le operazioni
dei tre gruppi non sono necessariamente le stesse]. Per ogni x, y ∈ G, va verificato che
(g ◦ f )(x y) = (g ◦ f )(x) (g ◦ f )(y).
Infatti: (g ◦ f )(x y) = g(f (x y)) = g(f (x) f (y)) = g(f (x)) g(f (y)) = (g ◦ f )(x) (g ◦ f )(y).
(ii) Bisogna verificare che
f (a b ) = f (a ) · f (b ), ∀ a , b ∈ G .
−1
−1
−1
Sia a = f (a ), b = f (b ), c = f (a b ). Allora
−1
−1
−1
f (a) = a , f (b) = b , f (c) = a b .
Poiché f è un omomorfismo iniettivo e f (c) = a b = f (a)f (b) = f (ab), allora c = ab, cioè, come
−1
−1
−1
richiesto, f (a b ) = f (a ) · f (b ).
Se f : A → A è un isomorfismo di anelli, da quanto precede si ha che f : A → A è un
isomorfismo tra i gruppi additivi (A , +) e (V, +). Con le stesse considerazioni svolte sopra si
verifica poi che
−1
f (a b ) = f (a ) · f (b ) ∀ a , b ∈ A .
−1
−1
−1
Infine, se f : V → V è un isomorfismo di K-spazi vettoriali, f
(V , +) e (A , +) e va solo verificato che
−1
è un isomorfismo tra i gruppi
f (c v ) = c f (v ), ∀ c ∈ K, ∀ v ∈ V .
−1
−1
Se infatti f (v ) = v e f (c v ) = w, bisogna verificare che c v = w. Si ha:
−1
−1
f (c v) = c f (v) = c v = f (w)
CAP. 2.4
OMOMORFISMI TRA STRUTTURE ALGEBRICHE
49
e quindi, essendo f iniettiva, c v = w, cioè c f (v ) = f (c v ).
−1
−1
Si noti che la proposizione precedente ci permette di concludere che l’essere isomorfi è una relazione
di equivalenza nell’insieme dei gruppi (o degli anelli o degli spazi vettoriali).
La teoria dei gruppi si occupa di studiare quelle proprietà dei gruppi che sono invarianti per
isomorfismo, cioè che, valendo per un gruppo, valgono per ogni gruppo ad esso isomorfo. Lo stesso
vale per la teoria degli anelli e la teoria degli spazi vettoriali.
Ogni omomorfismo tra due strutture algebriche definisce due importanti sottostrutture algebriche
dello stesso tipo: nucleo ed immagine dell’omomorfismo. Prima di introdurle ci serve un criterio per
riconoscere quando un sottoinsieme di una data struttura algebrica è una sua sottostruttura (dello
stesso tipo). Cominciamo dai gruppi [per i quali utilizziamo la notazione astratta (cfr. Osserv.1.1)].
Proposizione 2. Sia (G, ·) un gruppo e sia H un sottoinsieme non vuoto di G. Risulta:


 h1 h2 ∈ H, ∀ h1, h2 ∈ H;
1G ∈ H;
H è un sottogruppo di G ⇐⇒

 −1
h ∈ H, ∀ h ∈ H.
Dim. L’implicazione ( =⇒ ) è evidente, perché H è un gruppo, rispetto all’operazione · (ristretta
ad H).
Proviamo l’implicazione (⇐=). Dalla prima delle tre condizioni segue che in H è definita la stessa
operazione di G. Inoltre tale operazione ammette elemento neutro ed inverso di ogni elemento, in
base alle altre due condizioni. L’associatività vale in H, in quanto vale in G. Pertanto H è un
sottogruppo di G.
Osservazione 2. Possiamo riscrivere le tre condizioni di Prop. 2 nella seguente ”forma compatta”
−1
H H ⊆ H; 1G ∈ H; H ⊆ H.
Si osservi poi che se l’operazione del gruppo G è indicata in forma additiva (cioè con +), le tre
condizioni della precedente proposizione diventano:
h1 + h2 ∈ H, ∀ h1, h2 ∈ H; 0G ∈ H; −h ∈ H, ∀ h ∈ H.
In forma compatta quindi si scrivono nella forma:
H + H ⊆ H; 0G ∈ H; −H ⊆ H.
Le tre condizioni di Prop. 2 possono essere riunificate in un’unica condizione.
Proposizione 3. Sia (G, ·) un gruppo e sia H un sottoinsieme non vuoto di G. Risulta:
−1
H è un sottogruppo di G ⇐⇒ h1 h2
[ovvero, in forma compatta, H H
−1
∈ H, ∀ h1, h2 ∈ H.
⊆ H].
Dim. L’implicazione ( =⇒ ) è evidente, perché H è un gruppo. Proviamo l’implicazione (⇐=).
−1
−1
−1
Scelto h ∈ H, allora h h ∈ H, cioè 1G ∈ H. Per ogni h ∈ H, 1G h ∈ H, cioè h ∈ H. Infine,
−1 −1
−1
siano h1, h2 ∈ H: allora h2 ∈ H e dunque h1(h2 ) ∈ H, cioè h1 h2 ∈ H.
Osservazione 3. Per un gruppo (G, +) (espresso cioè in notazione additiva) la Prop. 3 si enuncia
nella forma:
H è un sottogruppo di (G, +) ⇐⇒ h1 − h2 ∈ H, ∀ h1, h2 ∈ H ⇐⇒ H − H ⊆ H.
Proposizione 4. Sia (A, +, ·) un anello e sia B un sottoinsieme non vuoto di A. Risulta:
B è un sottoanello di A ⇐⇒ b1 − b2 ∈ B, b1 b2 ∈ B, ∀ b1, b2 ∈ B.
[ovvero, in forma compatta, ⇐⇒ B − B ∈ B e B B ⊆ B].
50
G. CAMPANELLA
APPUNTI DI ALGEBRA PER INFORMATICA
Dim. ( =⇒ ) L’implicazione è evidente. Verifichiamo l’implicazione (⇐=). La prima condizione
equivale a dire che (B, +) è un sottogruppo di (A, +); la seconda che in B è definita l’operazione
di moltiplicazione (indotta da quella in A). La proprietà associativa e le distributive valgono in B
in quanto già valevano in A.
Proposizione 5. Sia V un K-spazio vettoriale e sia W un sottoinsieme non vuoto di V . Risulta:
W è un K-sottospazio vettoriale di V ⇐⇒ w1 − w2 ∈ W, aw ∈ W, ∀ w1, w2, w ∈ W, ∀ a ∈ K.
Dim. La prima condizione equivale a dire che (W, +) è un sottogruppo di (V, +); la seconda che
in W è definita la moltiplicazione per uno scalare (indotta da quella in V ). Gli assiomi di spazio
vettoriale valgono in W in quanto valgono in V .
Osservazione 4. Si osserva subito che le due condizioni della proposizione precedente possono
essere riunite in un’unica condizione:
W è un K-sottospazio vettoriale di V ⇐⇒ a1w1 + a2w2 ∈ W, ∀ w1, w2 ∈ W, ∀ a1, a2 ∈ K.
Ora veniamo alla definizione di nucleo ed immagine di un omomorfismo.
dai gruppi.
Al solito, cominciamo
Definizione 5. Siano (G, ·) e (G , ·) due gruppi e sia f : G → G un omomorfismo. Si chiama
nucleo di f la controimmagine (in G) dell’elemento neutro di G , cioè l’insieme
−1
f (1G ) = {a ∈ G | f (a) = 1G },
che viene tradizionalmente denotato Ker(f ) (o Ker f ) [da ”kernel” =nucleo].
[Si noti che, se G è espresso in notazione additiva, Ker(f ) = f (0G ) = {a ∈ G | f (a) = 0G }].
−1
Si chiama immagine di f l’immagine insiemistica Im(f ) (o Im f ), cioè l’insieme
Im(f ) = {f (a), ∀ a ∈ G}.
Proveremo ora che Ker(f ) è un sottogruppo di G mentre Im(f ) è un sottogruppo di G . Poi
verificheremo che il nucleo è collegato all’iniettività dell’omomorfismo.
Proposizione 6. Se f : (G, ·) → (G , ·) è un omomorfismo di gruppi, Ker(f ) è un sottogruppo di
(G, ·) e Im(f ) è un sottogruppo di (G , ·).
Dim. Dalla Prop. 2, per dimostrare che Ker(f ) è un sottogruppo di G basta verificare che
−1
ab
∈ Ker(f ), ∀ a, b ∈ Ker(f ).
−1
−1
−1
Infatti, se f (a) = f (b) = 1G , allora f (a b ) = f (a) f (b ) = f (a) f (b)
−1
= 1G (1G )
= 1G .
Analogamente, per provare che Im(f ) è un sottogruppo di G basta verificare che,
−1
f (a) f (b)
−1
Infatti f (a) f (b)
−1
∈ Im(f ), ∀ f (a), f (b) ∈ Im(f ).
−1
−1
= f (a) f (b ) = f (a b ) e ovviamente f (a b ) ∈ Im(f ).
Proposizione 7. Sia f : (G, ·) → (G , ·) un omomorfismo di gruppi. Risulta:
f è iniettivo (cioè un monomorfismo) ⇐⇒ Ker(f ) = {1G }.
f è suriettivo (cioè un epimorfismo) ⇐⇒ Im(f ) = G .
Dim. La seconda affermazione è una definizione insiemistica. Dimostriamo la prima.
Se f è iniettivo e a ∈ Ker(f ), f (a) = 1G = f (1G ). Ne segue che a = 1G , cioè Ker(f ) = {1G }.
−1
−1
−1
Viceversa, sia Ker(f ) = {1G } e sia f (a) = f (b). Allora 1G = f (a) f (b) = f (a) f (b ) = f (ab ).
CAP. 2.4
−1
Dunque ab
OMOMORFISMI TRA STRUTTURE ALGEBRICHE
−1
∈ Ker(f ), da cui ab
51
= 1G e quindi a = b.
Per anelli e spazi vettoriali, le due proposizioni precedenti continuano a sussistere, con analoghe
dimostrazioni. Esplicitiamo la definizione di nucleo e immagine nei due casi.
Sia f : (A, +, ·) → (B, +, ·) un omomorfismo di anelli. Si chiamano rispettivamente nucleo di f
ed immagine di f gli insiemi
Ker(f ) = {a ∈ A | f (a) = 0B },
Im(f ) = {f (a), ∀ a ∈ A}.
Lasciamo allo studente la verifica dei seguenti fatti:
Ker(f ) è un sottoanello di A; Im(f ) è un sottoanello di B;
f è un omomorfismo iniettivo ⇐⇒ Ker(f ) = {0A };
f è un omomorfismo suriettivo ⇐⇒ Im(f ) = B.
Analogamente, sia f : V → W un omomorfismo di K-spazi vettoriali. Si chiamano rispettivamente
nucleo di f ed immagine di f gli insiemi
Ker(f ) = {v ∈ V | f (v) = 0W },
Im(f ) = {f (v), ∀ v ∈ V }.
Si verifichi che:
Ker(f ) è un K-sottospazio vettoriale di V ;
Im(f ) è un K-sottospazio vettoriale di W ;
f è un omomorfismo iniettivo ⇐⇒ Ker(f ) = {0V };
f è un omomorfismo suriettivo ⇐⇒ Im(f ) = W .
ESERCIZI PROPOSTI
2.4.1. Sia
vettoriale di
R ) | a = a = a = a = 0}. Verificare se L è un R -sottospazio
L = {A ∈ M (R
R
R ).
M (R ) e se è un sottoanello di M (R
n ≥ 2 e sia f : M (K) → M (K) l’applicazione che ad ogni matrice A ∈ M (K)
3
3
12
13
21
31
3
2.4.2. Sia
n
n
n−1
associa la matrice ottenuta da A privandola degli elementi dell’ultima riga e dell’ultima colonna.
Verificare che f è un omomorfismo di K-spazi vettoriali e determinarne nucleo ed immagine. È
vero che f è un omomorfismo di anelli ?
2.4.3. Sia τ una fissata permutazione di S n. Sia f : S n → S n l’applicazione cosı̀ definita:
−1
f (σ) = τ σ τ , ∀ σ ∈ S n.
Verificare che f è un automorfismo di S n [è detto automorfismo di coniugio (relativo a τ )].
2.4.4. Sia n ≥ 2 e sia π : Z → Z n l’applicazione cosı̀ definita:
π(a) = a, ∀ a ∈ Z .
Verificare che π è un omomorfismo di anelli e determinare Ker(π). π è detta proiezione canonica
di Z sull’anello quoziente Z n.
R ) tale che
2.4.5. L’applicazione f : R → M2(R
t 0
ϕ(t) =
, ∀ t ∈ R,
0 t
è un omomorfismo di spazi vettoriali o di anelli ? In caso affermativo, calcolarne nucleo ed immagine.
2.4.6. Sia f : V → W un omomorfismo di K-spazi vettoriali.
−1
(i) Se W1 è un sottospazio vettoriale di W , verificare che f (W1) è un sottospazio vettoriale di V .
(ii) Se V1 è un sottospazio vettoriale di V , verificare che f (V1) è un sottospazio vettoriale di W .
2.4.7. Sia ∂ : K[X] → K[X] l’applicazione di derivazione, cosı̀ definita:
∀P =
n
ai X ∈ K[X],
i
i=0
2
∂P = a1 + 2 a2X + 3 a3X + ... + n anX
n−1
[se K = R , ∂P è l’usuale derivata prima del polinomio P ].
(i) Verificare che ∂ è un omomorfismo di K-spazi vettoriali ma non un omomorfismo di anelli.
52
G. CAMPANELLA
APPUNTI DI ALGEBRA PER INFORMATICA
(ii) Posto K = R , calcolare Im ∂.
(iii) Posto K = R , calcolare Ker ∂.
2.4.8. In
R)
M (R
2
si consideri il sottoinsieme
R ) (A)11 = 0}
H = {A ∈ M2(R
[si ricorda che (A)11 denota l’elemento a11 della matrice A]. Verificare che H è un R -sottospazio
R ) e che è nucleo di un opportuno omomorfismo ϕ : M2(R
R) → R .
vettoriale di M2(R
Fly UP