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le sorti e le vesti
ALESSANDRO CAVICCHIA
LE SORTI E LE VESTI
La «Scrittura» alle radici
del messianismo giovanneo
tra re-interpretazione e adempimento:
Sal 22(21) a Qumran e in Giovanni
EDITRICE PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA
Roma 2010
INTRODUZIONE
1. Importanza del tema: le vesti e l’identità contesa
Una veste contesa: ti,noj e;stai, «di chi sarà»? (Gv 19,24). La domanda tra un drappello di soldati che si spartiscono le vesti di un condannato a morte è lasciata senza risposta nel Quarto Vangelo. Si potrebbe trattare di un gesto probabilmente usuale e forse, a prima vista,
di scarso significato. Eppure, la contesa sulle vesti è solo il riflesso di
un conflitto ben più rilevante che è avvenuto intorno all’identità di Gesù Nazareno e si è protratto nella storia della comunità giovannea. È
questa comunità che ha trasmesso il prezioso resoconto del Quarto
Vangelo, dai raffinati contorni letterari e teologici.
In Gv 19,23-24, l’accaduto è commentato mediante la citazione esplicita del Sal 22(21),19, definito come «Scrittura adempiuta», che
presenta un episodio del tutto simile. Come nel vangelo, intorno alla
condizione dell’uomo in fin di vita, è in atto un complesso processo di
discernimento. Ci si può domandare se la vicenda del misterioso orante
del Sal 22(21) sia in grado di illuminare il testo giovanneo.
Su tale sfondo, la presente ricerca ha inteso analizzare il modo in cui
viene utilizzata la Scrittura d’Israele nel Quarto Vangelo nel caso specifico del Sal 22(21),19, citato esplicitamente in Gv 19,23-24, quale
chiave di lettura del messianismo giovanneo. Tale scelta trova il suo
senso nell’elezione di quello che può essere considerato il punto di
vista giovanneo. Infatti, è l’evangelista stesso, sia in modo autonomo,
sia per tradizione, a selezionare dei testi di riferimento da lui denominati «Scrittura adempiuta».
Nel caso del Sal 22(21) si tratta di un testo non considerato «messianico»1 dagli specialisti. Si vuole ripercorrere, per quanto possibile, il
———————
1 La bibliografia sul messianismo è vastissima. Per un iniziale status quaestionis, si
veda H.J. FABRY, «Die Messiaserwartung», 357-365; M. DE JONGE, «Messiah», ABD
6
LE SORTI E LE VESTI
significato della scelta dell’evangelista, approfondendo il senso del
testo citato e di eventuali riletture antiche del Salmo stesso.
Al riguardo, lo sfondo semitico del Vangelo di Giovanni è stato rivalutato dagli studiosi solo in tempi relativamente recenti. Nel XIX secolo
il Quarto Vangelo era stato considerato una composizione greca del II
secolo; al contrario, attualmente, in riferimento ad elementi interni al
vangelo, nonché allo studio dei mss. del Mar Morto, è rivalutata la
componente giudaica, verosimilmente propria del I secolo2. Queste
opposte considerazioni evidenziano l’importanza dell’indagine della
concezione messianica giovannea alla luce della Scrittura d’Israele e
della letteratura extra-biblica inclusa nei secoli intorno al sorgere
dell’era cristiana (II sec. a.C. – I. sec. d.C.).
A livello storico, la contesa sull’identità di Gesù di Nazareth si radica
nella vita e nella fede della comunità giovannea nel suo confronto con
la comunità giudaica ed ellenistica in cui è esistita. La concezione messianica giovannea riguardo Gesù di Nazareth, infatti, si nutre del contesto storico, culturale e religioso in cui è stata prodotta.
2. Gli studi previ
L’uso delle Scritture d’Israele nel Quarto Vangelo è stato approfondito in età antica e nella modernità sin dal XIX secolo. L’interesse degli
studiosi si è concentrato sull’individuazione della forma, dell’origine
delle citazioni, delle tecniche e dell’ermeneutica che sottende l’assunzione della Scrittura3. In questo contesto, la ricerca sull’uso della Scrittura in Giovanni ha portato con sé domande di capitale importanza e di
difficile soluzione. A livello metodologico è emersa con evidenza innanzitutto la questione del rapporto tra esegesi e discipline scientifiche
ausiliarie dell’analisi biblica stessa: come conciliare il rapporto tra esegesi storico-critica ed esegesi teologica, e, in fondo, tra «scienza» e
———————
IV, 777-788; H. LICHTENBERGER, «Messianic Expectations», 9-20. Ispirandoci alle
definizioni di Evans – Flint e Monti, si considera il «messianismo» nel più ampio
contesto delle attese escatologiche come quell’insieme di concezioni che esprimono la
speranza e l’attesa dell’avvento di un tempo in cui Dio instaurerà pace, giustizia, e
prosperità, mediante l’intervento di una o più figure intermediarie, che tra diversi
titoli, sono designate anche come x;yvim', «unto», «messia» appunto. Cf. C.A. EVANS,
«Qumran Messiah», 135; ID., «Messianism», DNTB, 698; C.A. EVANS – P.W. FLINT,
«Introduction», 2-3; L. MONTI, Una comunità alla fine della storia, 21-22.
2 Cf. G.R. BEASLEY-MURRAY, John, liii-lvi; R.E. BROWN, The Gospel, I, lix;
C.S. KEENER, The Gospel of John, I, 170-171.
3 Cf. A. OBERMANN, Die christologische Erfüllung, 3-36.
INTRODUZIONE
7
«fede» in ambito di esegesi biblica? In aggiunta a questa problematica
di ampia portata, il confronto tra diversi corpi letterari ― i diversi testi
biblici ed extra-biblici ―, pone un ulteriore problema, ovvero la necessità di identificare e adottare una specifica metodologia di indagine, che
sia adatta allo scopo.
Ancora, il massiccio uso della Scrittura nel Quarto Vangelo apre alla
questione del rapporto tra lettura ebraica e lettura cristiana dell’Antico,
o Primo Testamento, e della relazione tra le due alleanze. Ciò chiama in
causa anche il rapporto tra le due comunità di fede e rinnova l’accusa
mossa al Quarto Vangelo di una impostazione anti-giudaica di fondo4,
che avrebbe alimentato nel corso della storia l’anti-semitismo culminato nella tragedia della Shoah nel secolo scorso. Sono questioni che sono
collegate anche al rapporto tra la Scrittura e il Vangelo di Giovanni.
Più in dettaglio, l’esegesi del Sal 22(21),19 in Gv 19,24 — che presenta un testo identico a quello della LXX — ha originato una vasta
gamma di interpretazioni: dall’estraneità del Salmo al testo giovanneo,
quale inserzione insignificante (Bultmann, Reim), alla semplice corrispondenza tra il testo del Salmo e gli eventi della passione dal punto di
vista storico (Menken, Brown), o teologico (Barrett, Obermann, Boily),
ed, infine, ad una intensa discussione sul senso simbolico della veste
inconsutile5.
Dunque, ― oltre la narrazione giovannea ― la veste, l’identità del
condannato e la sua «eredità» restano oggetto di contesa: nelle diverse
soluzioni proposte a livello storico e letterario dai ricercatori e a livello
teologico ed esistenziale nella fede e nella speranza di credenti di diverse comunità, Ebrei o Cristiani, come forse nella ricerca di senso dei non
credenti.
3. Un passo ulteriore: ragioni ed originalità del presente studio
Gli studi dedicati all’argomento hanno affrontato molteplici aspetti di
Gv 19,23-24. Essi si sono occupati principalmente del testo giovanneo,
con una minima attenzione al Sal 22(21) ed alla letteratura extra-biblica.
È tuttavia necessario tenere in dovuta considerazione l’interconnessione
e, probabilmente, il vicendevole influsso della Scrittura con la letteratura
extra-biblica: fonti che fino al tempo della stesura del testo giovanneo (le
decadi tra il I ed il II sec. d.C.) non erano ancora chiaramente distinte e
———————
4
5
Si veda la nota 66 nel cap. I.
Cf. infra, cap. I, § 2.
8
LE SORTI E LE VESTI
incluse nei canoni ufficiali di quelle comunità di fede che nello stesso
periodo vivevano un processo di profonda (ri-)definizione.
Oltre a ciò, non è stato approfondito dagli studi precedenti il senso di
Gv 19,24 sullo sfondo della diffusione e dello sviluppo teologico dei
concetti espressi nel v. 19 del Sal 22(21), ma che meritano invece
un’attenzione puntuale: infatti, in particolare nei mss. di Qumran, la
terminologia legata alla sorte ed alle vesti hanno assunto un intenso e
complesso significato teologico. lr"AG, «sorte», è parte della terminologia che veicola la concezione deterministica e dualistica della storia; va
notato che il dualismo è uno dei punti controversi riguardo il contatto
tra i mss. di Qumran ed il Quarto Vangelo6. Inoltre, la simbologia delle
vesti, espressa da molteplici termini, nell’antichità esprime la condizione personale, sociale e religiosa di chi le indossa. Più precisamente per
la presente ricerca è rilevante la concezione della comunità di Qumran
quale nuovo tempio. In alcuni mss., poi, sia la terminologia legata al
lr"AG, «sorte» (cf. CD XX,4.(6); XIII,4.12; 1QS, IX,7.11; 11QMelch II,8),
sia il concetto di «vesti» hanno presentato un certo nesso con passi in
cui sono state riconosciute caratteristiche messianiche in modo più certo (cf. 4Q161 fr. 8-10,25) o, possibile (cf. 4Q381 fr. 15,7-10).
Inoltre, da molti autori il Sal 22(21) è stato considerato scarsamente
presente nel Quarto Vangelo7. In realtà, l’evidenziazione di precise
ricorrenze terminologiche in contesti strutturalmente significativi sia
nel Quarto Vangelo, sia nel Sal 22(21), ha indotto nuove considerazioni
(cf. Sal 22[21],21.23; Gv 1,14.18; [16,25] 17,6.26; 20,17-18).
Questo percorso — per quanto risulta alla luce della presente ricerca
mai affrontato in questo modo — ha permesso un nuovo approccio al
Quarto Vangelo.
4. Metodo e procedimento
Avendo attraversato vari corpi letterari, la ricerca ha richiesto l’adozione di diversi metodi esegetici, determinati soprattutto dagli stessi
———————
6
Cf. J.H. CHARLESWORTH, «A Critical Comparism», 76-106; ID., «A Study in
Shared Symbolism», 106-120; R. BAUCKHAM, «The Qumran Community», 105-115;
J. FREY, «Licht aus den Höhlen?», 117-203.
7 Cf. M.G.V. HOFFMAN, Psalm 22, 420-423. Ringrazio il Prof. Hoffman per la gentile concessione di alcune parti della tesi inviandomi alcuni file in formato pdf, dai
quali traggo la numerazione delle pagine citate. La pubblicazione aggiornata della tesi
è recente e non è stato possibile consultarla, mentre l’abstract e alcune recensioni si
possono consultare dal sito www.crossmarks.com/dissertation/titlepage.htm [accesso:
5.03.2008].
INTRODUZIONE
9
testi analizzati: in particolare si è fatto uso del metodo storico-critico e
strutturale per il Sal 22(21) e per i mss. di Qumran; storico-critico e
narratologico per il Quarto Vangelo. L’analisi filologica, semantica e le
considerazioni a carattere diacronico hanno attraversato tutti i testi considerati.
Al fine di evitare il rischio della «parallelomania» ed individuare invece precisi criteri di contatto, si è tenuto conto delle categorie proprie
dell’approccio intertestuale8.
5. Itinerario della ricerca
Lo studio si articola in 5 capitoli. Nel primo è proposto un ampio status quaestionis della ricerca sull’uso della Scrittura nel vangelo di Giovanni e, più in particolare, sulle interpretazioni del Sal 22(21),19 in Gv
19,23-24, cui segue la definizione del metodo scelto.
Il secondo capitolo sviluppa un’esegesi del Sal 22(TM) e della traduzione della LXX (Sal 21).
Il terzo capitolo identifica ed analizza la diffusione del Sal 22(21) nei
mss. antichi e l’uso della terminologia del v. 19 del Sal 22(21).
La quarta parte approfondisce esegeticamente le significative assonanze terminologiche del Sal 22(21) con il Vangelo di Giovanni.
L’ultimo capitolo, in realtà strettamente unito al precedente, analizza
il preciso contesto della passione giovannea.
Nel saggio che chiude la ricerca si propongono alcune osservazioni a
carattere ermeneutico e teologico, basi per future ricerche.
6. Ringraziamenti
Al termine di questo lavoro, nella letizia di un importante traguardo
raggiunto, sento di volgere il più sentito ringraziamento a tutti coloro
che in tempi differenti hanno contribuito alla mia preparazione e mi
hanno incoraggiato nella ricerca, senza i quali questo lavoro non sarebbe stato possibile. Tra tutti, spiccano certamente i due maestri che hanno saggiamente e pazientemente seguito i singoli passi di questo lungo
percorso, i professori Ugo Vanni, S.J., e Joseph Sievers: in essi ho trovato l’incoraggiamento nei momenti di difficoltà, la prudenza negli
slanci d’entusiasmo, la pazienza nell’ascolto, il rispetto per il percorso
da me proposto, ricevendo inoltre una stimolante critica costruttiva e i
———————
8 Cf. R.B. HAYS, Echoes of Scripture, 29-33; S. GILLMAYR-BUCHER, «Intertextualität», WiBiLex; D. MARKL, «Hab 3», 100.
10
LE SORTI E LE VESTI
suggerimenti necessari alla fondata crescita del lavoro. Viva gratitudine
provo verso tutti e ciascuno dei professori del Pontificio Istituto Biblico
e della Pontificia Università Gregoriana che mi hanno introdotto
nell’esegesi biblica, insegnandomi a nutrire il più profondo rispetto del
testo sacro, ma sapendo introdurre nell’interpretazione la creatività
verificata da un’attenta metodologia, e l’acribia che non uccide, ma
esplicita massimamente le potenzialità semantiche ed epifaniche del
testo. Spero che questa ricerca abbia dato esito in modo pertinente alla
loro fatica, alla loro alta competenza ed alla loro generosa disponibilità.
Desidero menzionare in particolare i proff. James Swetnam, S.J., e Prosper Grech, OSA, che mi hanno introdotto allo studio dello sfondo semitico del NT e dell’ermeneutica cristologica dell’AT nel NT. Ringrazio per i singoli colloqui e contributi i proff. J.-N. Aletti, S.J., G.
Barbiero, S.J., J.L. Ska, S.J., ed il prof. H. Simian-Yofre, S.J. per aver
riletto parti del cap. II sull’esegesi del Sal 22(TM), offrendo preziosi
suggerimenti. Ringrazio tutti coloro che con generosità hanno messo a
disposizione di questa ricerca le loro diverse competenze: mio fratello
P. Sergio Cavicchia, S.J., il dott. Federico Ciavattone, le dott.sse Paola
Falcone e Michela Mecorio, il Sig. Carlo Valentino.
Nell’ambito più personale, il mio pensiero va ai fratelli nella vocazione francescana alla mia famiglia ed agli amici: rivolgo vivo ringraziamento ai Ministri provinciali che hanno permesso e sostenuto questo
lavoro, Ffr. Aldo La Neve e Marino Porcelli. Tutti loro hanno accettato
e assecondato un impegno che ha certamente tolto tempo ed attenzione
alle nostre care relazioni. Grazie di cuore.
CONCLUSIONE GENERALE
Le vesti e l’uomo, la proprietà e l’identità contese
La contesa tra i soldati che si spartiscono le vesti di Gesù nel Quarto Vangelo (cf. Gv 19,24) ha aperto la presente indagine, rimanendo
irrisolta. Elementi importanti sono invece dichiarati intorno ad
un’altra contesa, ben più rilevante e urgente, riguardo l’identità di
Gesù Nazareno, sulla quale, da parte dell’evangelista, è indirizzata
l’attenzione del lettore. Un criterio di discernimento determinante,
secondo la prospettiva del Quarto Vangelo, è dato dalla corrispondenza della scena con un brano scritturistico, definita in termini di «adempimento», che costituisce il dittico tra Gesù Nazareno e l’orante
del Sal 22(21).
Per superare l’impasse degli studi che pure si «contendono» il senso
preciso della pericope, si è proposto lo studio del contesto del Sal
22(21),19 (infra, cap. IV), posto dall’evangelista a commento del brano, lo sviluppo culturale e religioso della terminologia riguardo le vesti
e le sorti, con specifico riferimento ad alcuni significativi mss. di Qumran, per poi tornare nel contesto giovanneo.
Il percorso che ha attraversato tre diversi corpi letterari, si è dimostrato particolarmente ricco e complesso, investendo argomenti di particolare importanza nell’ambito dell’esegesi e della teologia biblica ―
antico e neo-testamentaria ― nonché dello studio dei mss. di Qumran.
Queste conclusioni, quindi, che si diramano da quanto emerso
nell’introduzione e nello sviluppo della ricerca, per la complessità degli
ambiti perlustrati chiedono certamente una progressiva maturazione
anche oltre questa dissertazione.
390
LE SORTI E LE VESTI
1. Il rapporto tra discipline scientifiche ausiliarie dell’esegesi
e teologia biblica
È affascinante l’immagine di Ippolito Romano che vede i Patriarchi
ed i Profeti come i lavoranti «che tessono la bella veste talare, la perfetta tunica di Cristo»1. Sembrerebbe che Ippolito consideri la Scrittura
d’Israele come la veste del Cristo. In questo caso, è già presente tutta la
concezione antica delle vesti, quale mezzo espressivo dell’identità di
chi le indossa. Ed in realtà, è possibile ritrarre il Cristo solo tramite la
Scrittura ebraica e cristiana ed il loro vicendevole rapporto. Ma tanto
quanto le vesti e la tunica del Nazareno sotto la croce, l’identità di
quest’uomo e l’interpretazione della Scrittura che lo riguarda, diventano il luogo di una contesa che si rinnova nei tempi a molteplici livelli.
Proprio nell’ambito del senso della Scrittura e della veste-identità di
Gesù Nazareno, una prima tensione è insita nel processo
dell’interpretazione moderna e contemporanea e riguarda il rapporto tra
discipline scientifiche ausiliarie dell’esegesi e teologia biblica; potremmo forse dire il rapporto tra «scienza e fede» in ambito di ricerca
biblica. Si tratta di un tema assai complesso e di difficile soluzione, con
sedi di analisi probabilmente più adatte della presente. Tuttavia, la problematica irrisolta è riaffiorata nel corso dell’esegesi e distinguere attentamente il livello letterario da quello storico, nonché da quello teologico è stata una tensione spesso presente nel percorso svolto, e non
sempre di facile gestione. Si tratta di un ambito che chiede uno spazio
adeguato e delle scelte metodologiche capaci di riconciliare l’approccio
scientifico e l’approccio teologico, in cui è pure coinvolta la scelta di
fede del lettore-interprete: non credente, oppure di fede ebraica, o cristiana.
Ad esempio, durante lo svolgimento della ricerca, si è incontrata
l’impasse esegetica su Sal 22(TM),22bb, ynIt"ynI[] (let. «mi hai risposto»).
Al di là delle questioni letterarie, diacroniche e di critica textus, forse
una certa difficoltà risiede nell’accettare il capovolgimento di condizione dell’orante, ― che in verità rievoca una struttura «esodica», o
«pasquale» dell’intero Salmo ― ammettendo la presenza della «fede»
sia nel significato del testo, sia nell’eventuale vissuto dell’orante, sia,
infine, nel processo interpretativo. Forse, la ricerca di soluzioni alternative al senso più semplice del testo ― «mi hai risposto», appunto ―
———————
1 HIPPOLYTUS ROMANUS, Demonstratio de Christo et Antichristo, 4 (GCS 1, 6-7;
PG 10, 732, BC); si veda anche EUSEBIUS CAESARIENSIS, Demonstrationis evangelicae, X,8 (PG 22, 784).
CONCLUSIONE GENERALE
391
potrebbe essere il sintomo di tale difficoltà di conciliare, in fondo, approccio storico-critico e teologico. Anche il recente contributo della
Bester sul Sal 22(21),22 sembra manifestare una notevole laboriosità
per ammettere la «coscienza dell’esaudimento» nel significato del testo
e nel vissuto dell’orante2. Questione simile si può forse individuare
nella frase che chiude l’intera composizione in Sal 22(21),32: TM:
hf'[' yKi, LXX: o[ti evpoi,hsen o` ku,rioj, ovvero «il Signore ha agito».
Analoghe riflessioni, con ripercussioni forse più importanti, si possono
certamente proporre riguardo la comunità giovannea e cristiana, in cui è
stato scritto e accolto il Quarto Vangelo, con la proclamazione, tutta di
fede cristiana, dell’adempimento della Scrittura (Gv 19,24: plhrwqh/|,
passivo divino), dell’incarnazione, della risurrezione e, infine, della
messianicità stessa di Gesù Nazareno.
Non si tratta ― sia fugato ogni sospetto ― di ritornare ad una condizione pre-critica3, fondamentalista4, pre- o anti-scientifica5. Piuttosto,
l’ostacolo concreto potrebbe risiedere nel gestire a livello esegetico la
pertinenza dell’intervento divino nella ricostruzione storica di un evento. È chiaro che se riconoscere l’azione divina nella storia, quindi
«ammettere» Dio come «causa» di un evento, o che la «fede» sia la
«motivazione» di un’azione, costituisce un passaggio problematico
nell’applicazione del metodo storico-critico, o «scientifico», essa è
parte essenziale dell’indagine teologica. Si intravede il rischio di cedere
a presupposti di tipo positivistico e di riprodurre processi metodologici
assimilabili al «riduzionismo»6, condizionando inevitabilmente il risultato della ricerca.
Queste questioni irrisolte nell’esegesi contemporanea sono riaffiorate
in diversi punti dell’indagine7, influenzando la spiegazione del testo, al
di là, forse, della correttezza nell’applicazione di una metodologia. Ciò
evidenzia questioni interpretative di natura epistemologica, ermeneutica
filosofica e teologica, presupposte all’applicazione dell’una o dell’altra
———————
2 Il concetto di «coscienza dell’esaudimento», o «esperienza di fede», potrebbero
assolvere il compito di «ponte» tra i due estremi a prima vista inconciliabili tra affermazione di fede ed «invenzione», o «ideologia», verso i quali tende un’impostazione
«positivistica». Cf. D. BESTER, Körperbilder in den Psalmen, 241-244. Si veda la nota
81, nel cap. I.
3 Cf. G. MURA, «Ermeneutica», DISF, 520.
4 Cf. R. FABRIS, «Dalla Dei Verbum», 248.
5 Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia nella
Chiesa, 26; R. FABRIS, «Dalla Dei Verbum», 240.
6 Si veda infra, cap. I, n. 85.
7 Cf. §§ 1.5 e 3.2. nel cap. I; § 1.3.4. nel cap. II; § 2.3.4. nel cap. IV.
392
LE SORTI E LE VESTI
tecnica interpretativa. Pur non potendo essere questo l’ambito di tante e
tali questioni, va tuttavia ribadita l’urgenza di un orientamento della
ricerca biblica in tale direzione, proponendo strumenti concettuali e
metodologici in grado di conciliare e, di più, valorizzare fruttuosamente
il percorso «scientifico» e l’indagine della «fede».
Ricordando, infine, l’immagine di Ippolito Romano e alludendo
all’etimologia di «testo», quale textus (=«tessuto»), «evento storico» e
«fede» sembrano costituire la trama e l’ordito che gli autori sacri hanno
intrecciato nell’unico textus sacro, la Scrittura, ovvero «la bella e perfetta tunica del Cristo»8. Per questo, sarebbe prezioso che anche
nell’esegesi contemporanea si rinnovi l’auspicio dei militi romani, quale voce delle genti: mh. sci,swmen auvto,n, «non scindiamola» (Gv 19,24).
La posta in gioco è sì, l’integrità di senso del testo ma, soprattutto, la
ricerca di senso dell’esistenza umana, il reale contenuto di quel «principio speranza», chiamato «messianismo»9. Si tratta di un ambito delicato e prezioso, dal quale la ricerca biblica non può chiamarsi fuori.
2. Un primo passo della ricerca: dal Quarto Vangelo al Sal 22(21)
Riportando l’attenzione sul brano giovanneo (cf. Gv 19,23-24), al
termine della presente ricerca, sembra possibile ritenere che la scena
della spartizione delle vesti di Gesù Nazareno durante l’esecuzione
della sua condanna a morte, non sia stata arricchita casualmente di dettagli «innocenti» (cf. Gv 19,23-24), che fluiscono innocui al margine
della narrazione. La contesa sulle vesti e sull’identità di Gesù Nazareno
non lascia l’evangelista tra i testimoni indifferenti, ma lo dispone decisamente dalla parte del «credente», che invia al lettore continui segnali
per seguire il medesimo percorso di fede.
Protraendosi sul binario di un doppio livello di lettura, l’ironia giovannea induce a valutare attentamente le vesti di «Gesù Nazareno, Re
dei Giudei», ripartite in «quattro parti», la tunica «inconsutile, dall’alto,
intessuta per intero» (Gv 19,23) assegnata a sorte tra i contendenti. Su
tutta la scena l’evangelista impone, poi, il rimando scritturistico al Sal
22(21),19, ma lascia anche aperto un collegamento con il quadro successivo.
L’approfondimento del contesto scritturistico e culturale-religioso in
cui si radica la fraseologia del Quarto Vangelo è stata la via percorsa
———————
8 HIPPOLYTUS ROMANUS, Demonstratio de Christo et Antichristo, 4 (GCS 1, 6-7;
PG 10, 732, BC).
9 Cf. M. CIMOSA, «Messianismo», NDTB, 938; 952.
CONCLUSIONE GENERALE
393
dalla presente ricerca per tentare di comprendere il senso della descrizione giovannea e le competenze del lettore dell’epoca.
Nel presente tragitto, la Scrittura d’Israele e la Scrittura cristiana,
come pure la parte dei mss. di Qumran analizzati, si sono manifestati
come l’ardito, doloroso e travagliato percorso del popolo giudaico di
compiere un discernimento sul mistero divino nella concretezza della
storia. La vita effettiva con le sue contraddizioni, nella tensione tra i
due poli di sofferenza e morte da una parte, e speranza e vita dall’altra,
attraversati entrambi dalla domanda della fede e dalla domanda morale
sulla responsabilità umana, è l’ambito entro il quale l’avventura degli
autori antichi incontrati — biblici ed extra-biblici — vanno indagando
il senso della loro esistenza. Questo sguardo umano perlustra le vicende
storiche stagliandosi ulteriormente tra la protologia e l’escatologia,
entro i quali il messianismo si presenta come un «principio-speranza»
di realizzazione dell’originario disegno divino.
Questo percorso non si presenta come un’astratta indagine concettuale, quanto piuttosto l’espressione del grido per la concretezza della vita
nei diversi contesti incontrati: sia la prossimità della morte dell’orante,
sia ― verosimilmente ― la scissione che la comunità di Qumran vive
nei confronti del tempio gerosolimitano e la crisi di fede che ne deriva,
sia la morte di Gesù Nazareno, che riecheggia nella fede e nella condizione conflittuale della comunità giovannea. Questi ambienti, storici,
letterari e teologici, rievocano chiaramente l’importanza della fede e
del culto.
Il tema delle «origini», il presente condizionato dalla sofferenza ed il
destino ultimo dell’uomo sono posti sotto complessi processi di discernimento che valorizzano l’appartenenza al Dio dell’alleanza, l’origine
genealogica, la propria condizione concreta, l’agire e la responsabilità
personale. Persino gli avversari, potenze primordiali e nemici reali,
entrano in gioco per dirimere la questione; tutti sembrerebbero alla
ricerca di comprendere l’effettiva qualità e fedeltà del rapporto
dell’uomo con Dio: «lo salvi se si compiace in lui» (Sal 22[21],9). In
questo percorso di discernimento, le «sorti» assumono progressivamente proprio il ruolo di consultazione divina.
In questo quadro generico, il Sal 22(21) nella sua complessità rappresenta una sintesi ed un’apertura di straordinaria potenza espressiva e
singolare intensità. Non stupisce dunque la sua ripresa nell’ambito biblico, extra-biblico e soprattutto cristiano. Nella sua forma finale, esso
incastona la dolorosa vicenda storica del discendente d’Israele, al di là
di riconosciute responsabilità personali, tra la memoria dell’elezione
divina, che ha un concreto risvolto storico nelle vicende di sopravvi-
394
LE SORTI E LE VESTI
venza dei «padri» (cf. Sal 22[21],4-6), e la fiducia che il presente ed il
futuro si aprano a nuovi interventi di Yhwh (cf. Sal 22[21],12.2022.28-32). In questo passaggio, la spartizione delle vesti e l’uso delle
sorti indica il punto infimo della condizione mortale dell’orante, ormai
prossimo alla spoliazione totale, forse senza un erede.
Sal 22(21),19, dunque, richiama l’identità e la condizione sofferente
dell’orante, definite a loro volta mediante un processo di discernimento
e capovolgimento. Come accennato, nel Salmo l’identità e la condizione dell’orante si muovono verso un’apertura straordinaria, entro le sue
relazioni fondanti: con Dio, con i padri, con la madre, con gli avversari
e con i fratelli, aprendo nel contempo universalmente alle nazioni con
una tensione oltre la morte, in specie mediante le generazioni future.
Queste categorie, ben al di là di una concezione individualistica della
sofferenza, hanno offerto gli elementi necessari per determinare la posizione dell’orante nel cosmo, nel momento cruciale di una crisi mortale che si trasforma in vita. Sebbene non sia esplicitato come figura messianica, l’orante si manifesta come un qualificato membro della
discendenza d’Israele, sia in quanto passa da una condizione mortale
alla vita, sia in quanto «manifesta il nome divino», la potenza e la fedeltà all’alleanza del Dio d’Israele, permettendo la continuazione del
culto a Yhwh nella discendenza d’Israele e tra le nazioni, con una propensione a superare la morte.
Oltre le considerazioni a carattere diacronico, nella sua integrità il
Sal 22(21) sembrerebbe ricomporre una struttura che chiameremmo
«esodica», o «pasquale», che include proprio la morte scampata dinanzi
a nemici «primordiali» (cf. vv. 4-6), il «passaggio», il capovolgimento
da una condizione di abbandono e morte ad una di vita ― sia
dell’orante, sia della discendenza d’Israele ― e culto universale a
Yhwh.
3. Le re-interpretazioni del Sal 22(21), le sorti e le vesti (cf. v. 19)
L’ulteriore reperimento di dati nei documenti di Qumran, che ha visto la presenza del Sal 22 nelle Hodayot, ha manifestato una radicalizzazione nella storia degli elementi di salvezza, o di giudizio. Si è notata infatti l’assolutizzazione dualistica dell’elezione divina nella
protologia, nel tempo presente e nell’escatologia, in cui sia la terminologia di lr"AG, «sorte», sia la simbologia delle vesti hanno assunto un
ruolo significativo.
L’approfondimento della concezione di lr"AG, «sorte», nei mss. di
Qumran studiati, ha presentato una intensificazione di significato a
livello teologico, in quanto il termine veicola una concezione determi-
CONCLUSIONE GENERALE
395
nistica e dualistica della storia e del cosmo: è Dio che getta le sorti su
ogni vivente determinando la sua appartenenza alla luce o alle tenebre
(cf. 1QS IV,26).
Una significativa coincidenza con quanto risultato nello studio del
Sal 22(21) è emersa con una espressione di P. Sacchi, che ha definito
lr"AG, «sorte», quale atto con cui Dio determina la posizione
dell’umanità nella storia10. In questo ambito, l’immagine sfocata del
ruolo della responsabilità personale esprime verosimilmente tutta la
fatica di uno sguardo profondo che renda davvero giustizia al dolore,
alla sofferenza ed, infine, all’uomo stesso: nei brani analizzati, il conflitto tra luce e tenebre, nasce dall’unica scaturigine divina, confluendo
e combattendo nella storia come un torrente impetuoso ed attendendo al
termine del percorso una foce in cui trovare un chiaro esito. L’uomo è
gettato nella storia con tutta la fatica di comprendere, egli stesso, la
propria appartenenza (lr"AG) alla luce o alle tenebre, a Dio o a Belial,
alla vita o alla morte, il perché egli si trovi in una o nell’altra parte, e se
tutto dipenda dalla responsabilità personale, o da un imponderabile ed
irreversibile fato divino (di nuovo lr"AG).
È sorprendente come questa concezione sposi la terminologia generazionale ed ereditaria (tAdleAT, «discendenze», rAD, «generazione», !Be,
«figlio», *nHl, «prendere possesso [ereditario]» *yrš, «ereditare»; cf.
1QS III,13.15.19; IV,7.13.24.26; XI,7-8), come se, ormai vivo il senso di
limite dell’appartenenza genealogica, per gli autori di questi testi fosse
necessaria una spiegazione del male e della storia che ne completasse il
senso, scrutando il volere divino. lr"AG, la «sorte», sembrerebbe assolvere al compito tutt’altro che marginale di comporre la tensione tra Urzeit, Endzeit, ed il conflitto nell’eone presente: «origine» e compimento
escatologico si decidono nella condotta e nel discernimento attuale,
legate dal medesimo termine: appunto lr"AG, «sorte».
In questo contesto, l’uso simbolico delle vesti riflette questo medesimo conflitto e lascia agli appartenenti al lr"AG della luce e di Dio una
misura o una «veste di splendore nella luce» (cf. 1QS IV,8) a cui spetta
«tutta la gloria di Adamo» (cf. CD III,20; 1QS IV,23), mentre MalkyReša`, «Re del male», è di «aspetto orribile e tutto il vestito era colorato
ed oscurato dalle tenebre» (cf. 4Q544 I,13). C’è addirittura il sospetto
che la manifattura stessa delle vesti corrisponda all’auto-concezione
della cosiddetta comunità di Qumran, almeno in una fase del suo sviluppo, di essere «tempio» (cf. 1QS VIII,5-9), forse ― in una tradizione
———————
10
Cf. P. SACCHI, Regola della Comunità, 95.
396
LE SORTI E LE VESTI
che non sembrerebbe esclusiva ― in relazione ad un «tempio di Adamo» (cf. 4Q174 III,6).
Da non dimenticare, dunque, che sia le sorti, sia le vesti possono riguardare il senso cultuale, anche perché le sorti sono anche condotte in
un contesto celebrativo per opera dei sacerdoti, come dimostra il brano
delle benedizioni e maledizioni in 1QS II,1b-2a.5 (si veda anche CD
XIII,4.12; 1QS V,3; VI,16.18). In questo contesto, l’attesa messianica è
espressione della fede in Yhwh che porterà a compimento quanto da lui
pre-stabilito (cf. CD XII,23–XIII,1; 1QS IX,7.11). Non si deve trascurare,
poi, che due passi dei mss. di Qumran, in cui è riconosciuto il senso
«messianico» (più sicuro in 4Q161 fr. 8-10,25 e probabile in 4Q381 fr.
15,7-10), riportano una certa connessione alle vesti sebbene in modo
molto lacunoso11.
4. Il Quarto Vangelo sullo sfondo del Sal 22(21)
e dei mss. di Qumran
Lo sfondo religioso-culturale delle vesti e della »sorte», riprese dalla
descrizione giovannea, dunque, lascia intravedere questioni teologiche
di primaria importanza, tanto da contestualizzare il Quarto Vangelo
entro due concezioni alternative riguardo la definizione dell’uomo nel
cosmo, tra elezione della stirpe d’Israele e determinismo dualistico. In
questo contesto, è pure significativo che Flavio Giuseppe consideri la
distinzione delle principali sette giudaiche ― Farisei, Sadducei ed Esseni ― in base alla loro concezione di ei`marme,nh, «fato», termine che
secondo la proposta di Schmidt, tradurrebbe proprio lr"AG12. Le due concezioni ― elezione della stirpe e determinismo dualistico ― potrebbero
essere particolarmente rilevanti per la comprensione del messianismo
giovanneo, individuando la posizione di Gesù Nazareno e della comunità giovannea nella storia e nel cosmo.
Su questo orizzonte, per comprendere la concezione messianica
giovannea, è stata particolarmente illuminante la ricerca delle ricorrenze terminologiche del Sal 22(21) nel Quarto Vangelo e, a livello
tematico, le relazioni fondanti l’identità dell’orante reperite nel Salmo: Dio, i padri della tradizione d’Israele, la madre di Gesù, gli av———————
11
È più incerto il senso di 4Q381, in cui sono possibili due traduzioni: «Io, il tuo
unto ($xyXm) ho compreso», oppure: «Io ho compreso dal tuo discorso (!m +*SyH, +
suff. 2a pers. sg)». Cf. E. SCHULLER, «381. 4QNon-Canonical Psalm B», DJD 11,
102; 104.
12 Cf. JOSEPHUS, A.J., XIII,171-173; XVIII,13-18; ID., B.J., II,162-165 (ed. B.
NIESE, IV,142-143; III,182; VI, 185-186).
CONCLUSIONE GENERALE
397
versari, i fratelli, sembrerebbero tutti coinvolti nella definizione di
Gesù Nazareno, posti tra elezione divina, discendenza carnale e responsabilità personale.
La proposta di riconoscere il Sal 22(21) presente strutturalmente nel
Quarto Vangelo offre pure un contributo prezioso. Vale la pena anche
in questo contesto conclusivo riprendere la terminologia del Salmo che
l’evangelista potrebbe aver ripreso nel prologo, nel discorso di addio e
nella narrazione della risurrezione, tre contesti che sembrerebbero richiamarsi vicendevolmente dal punto di vista narrativo. Ponendo in
evidenza la rivelazione del nome divino da parte dell’orante, definito
nella sua unicità di figlio d’Israele (Sal 21[LXX],21: agg. monogenh,j; v.
23: diÄhge,omai), nel Quarto Vangelo Gesù Nazareno sarebbe compreso
come Unigenito nella stirpe d’Israele e Figlio di Dio (cf. Gv 1,14.18:
monogenh,j; v. 18: evxÄhge,omai). Egli rivela/annunzia in pienezza il nome
di Dio quale «Padre» ed istituisce un culto universale. Al pari del Salmo, nel prologo giovanneo sono valorizzati anche i verbi di percezione
(cf. Sal 22[21],8.18; Gv 1,14.18), l’aspetto conflittuale (cf. Sal
22[21],13.19; Gv 1,5.10-11) e la memoria dei padri, probabilmente
riferentesi all’esperienza dell’Esodo (cf. Sal 22[21],4-6; Gv 1,17-18).
Rispetto a questa rivelazione del mistero divino, nel Quarto Vangelo
l’accoglienza di fede ed il processo di rinascita individuano le disposizioni personali necessarie per la salvezza (cf. Gv 1,12-13; 3,3.16-18).
In brani significativi (cf. Gv 3,3.16-18; 8,31-59), il linguaggio giovanneo, che intreccia categorie genealogiche a concezioni dualistiche,
sembrerebbe far intersecare le due concezioni della storia che individuano la posizione dell’uomo nel cosmo posta tra l’elezione della discendenza abramitica e la selezione predeterminata di una fetta
dell’umanità.
L’evangelista, dunque, sembrerebbe porre la propria concezione salvifica in dialogo con le due rappresentazioni della storia coeve: la sola
elezione della discendenza ed il determinismo dualistico sono considerate entrambe insufficienti rispetto al percorso ed alla scelta di fede
personale. È la conformità del desiderio, della volontà e delle opere alla
volontà del Padre ― dunque la libera disposizione personale ― che
rende davvero «figli», quindi «discendenza di Dio» (cf. Gv 8,39.41.44).
È la fede nel Figlio unigenito che rende partecipi della vita eterna e
questo è un atto libero che prevede un percorso ed una «ri-nascita» per
opera dello Spirito (cf. 3,1-18). I lunghi dialoghi considerati, infine, (cf.
3,1-18; 8,31-59) non supportano davvero una concezione deterministica
e dualistica della storia, proprio perché in essi c’è lo spazio per
l’incontro, il confronto e la persuasione, fino alla decisione personale di
398
LE SORTI E LE VESTI
restare su posizioni differenti e nel conflitto. Si tratta comunque di un
processo che si protrae e che auspica un «passaggio» alla fede in Gesù,
non una concezione dualistica pre-determinata ed immutabile. Su queste basi, cade l’accusa al Quarto Vangelo di veicolare concezioni deterministiche dualistiche ed anti-giudaiche.
Cosiderando i termini presenti nei brani giovannei analizzati secondo
la sequenza del Sal 22(21), si ottiene una sorprendente valorizzazione
strutturale e semantica:
1. yliae, yh;l{a,/ qeo,j mou, «Dio mio» (cf. Sal 22[21],2.3.11.(20) in Gv
20,17);
2. ytid"yxiy,> monogenh,j, «unico» / «unigenito» (cf. Sal 22[21],21 in
Gv 1,14.18);
3. *sPr, * h`ge,omai, «raccontare» / «annunciare» (cf. Sal 22[21],23
in Gv 1,18);
4. ^m.vi, to. o;noma, sou, «il tuo nome» (cf. Sal 22[21],23 in Gv
16,25; 17,6.26);
5. yx'a,l., avdelfo,i mou, «miei fratelli» (cf. Sal 22[21],23 in Gv
20,17);
6. *sPr, *nGD, * avgge,llw, «annunciare» (cf. Sal 22[21],[23].31b.32
in Gv 20,18; 16,25).
Il frasario in comune tra il Sal 22(21) ed il Quarto Vangelo, strutturalmente rilevante in entrambi i testi, sembrerebbe talmente significativo da poter contenere in nuce l’intero kerigma giovanneo, chiaramente
incentrato sul mistero dell’incarnazione e della risurrezione di Gesù
Nazareno. Se esso è intenzionale, l’evidenziazione di questi termini da
parte del’evangelista sembrerebbe rilevare un sorprendente tipo di rapporto che si potrebbe definire un «Nuovo Testamento» strutturalmente
presente in un testo dell’«Antico Testamento», e ciò ad evidenziare
ulteriormente la vicendevole inabitazione e non un conflitto irriducibile. Come accennato, in questo testo della Scrittura ebraica si potrebbe
evidenziare la capacità semantica di portare il messaggio della fede
cristiana. Certamente, la definizione di Gesù Nazareno quale Unigenito
presso il Padre, Logos divino (Parola-Sapienza) che si «attenda» (cf.
Gv 1,14) nella carne delle generazioni d’Israele e che esplicita massimamente il mistero divino, è l’elemento di maggiore criticità nel rapporto con la «Prima Alleanza». Sembrerebbe, tuttavia, chiara l’intenzione dell’evangelista di porre Gesù stesso in continuità con l’esperienza e la tradizione «scritta» d’Israele, quale pienezza della manifestazione divina.
CONCLUSIONE GENERALE
399
L’alta concezione messianica giovannea, che vede in Gesù la pienezza della gloria divina «attendata» nella discendenza di Giacobbe, sembrerebbe pure veicolare la definizione del corpo di Gesù quale «tempio» (cf. Cf. Sir 24,4.8; Gv 1,14.51; Gv 2,21). Tale rappresentazione è
stata considerata come l’«elemento di strutturazione del vangelo giovanneo»13, onnipresente, «direttamente, indirettamente o per via allusiva o simbolica» in ogni capitolo del vangelo giovanneo14, e che intesse
la trama narrativa del Quarto Vangelo15 (Cf. Gv 1,14.51; 2,21; 4,21-26;
7,37-39; 10,36; 14,2-3). Una siffatta definizione messianica nel mistero
dell’incarnazione non dovrebbe disgiungere l’alta considerazione del
popolo d’Israele dalla vicenda di Gesù Nazareno, ancora una volta a
fugare il sospetto di un dualismo etnico: per mezzo di Gesù, è la stessa
stirpe d’Israele a fungere da axis mundi, secondo il disegno divino.
5. Gv 19,23-24: le vesti e l’identità contese
Tornando a Gv 19,23-24, nella contesa sul senso della descrizione
giovannea delle vesti, è proprio la concezione cultuale del corpo di
Gesù che l’evangelista potrebbe richiamare. Si è visto, infatti, che nella
LXX l’espressione te,ssara me,rh è utilizzata prevalentemente in ambito
cultuale, con diverse ricorrenze in riferimento ai quattro lati del tempio,
o parti dei suoi arredi16. Laddove il termine a;rafoj è hapax nella Scrittura, frequentemente l’avverbio a;nwqen veicola un senso eminentemente divino, quale descrizione «spaziale» della rivelazione di Dio, che
imprime uno speciale carattere anche agli elementi che costituiscono e
arredano i luoghi santi: essi sono «dall’alto»17. Infine le scarse ricorrenze di u`fanto,j rimandano unicamente alla fattura degli arredi del tempio
(cf. Es 26[LXX],31; 35,35) e delle vesti sacerdotali (cf. Es 28[LXX],6;
36,10.12.15.29.34; 37,21).
Questi elementi che non sembrano trovare completa giustificazione
né nel semplice interesse storico dell’evangelista, né verso la corrispondenza tra Salmo ed evento, richiedono una direzione interpretativa
———————
13
14
15
16
17
M. NOBILE, «Il Tempio come motivo conduttore», 10.
M.-L. RIGATO, Giovanni, 9.
Cf. M. COLOE, God dwells with us, 3.
Si veda infra, cap. V, § 4.1.1. in particolare la n. 123.
Mediante il termine sono descritte alcune parti dell’arca (cf. Gen 6,16), della
tenda-tempio (Cf. Es 25,21; 38,16.19; 40,19; Nm 4,6.25; 1 Re 7,40), delle vesti sacerdotali (cf. Es 36,27.38); esso indica l’origine del discorso divino nella tenda (cf. Es
25,22; Nm 7,89), e delle benedizioni e maledizioni (cf. Gen 27,39; Gb 3,4; Ger 4,28;
Bar 1,61).
400
LE SORTI E LE VESTI
rivolta al senso cultuale. Ed è proprio l’immagine del corpo-tempio di
Gesù, che nell’economia del Quarto Vangelo si presta maggiormente
ad offrire una spiegazione plausibile di queste precise caratteristiche,
poiché resta incerta, o molto sfumata, l’interpretazione sacerdotale della complessa identità di Gesù Nazareno: «Le vêtement, c’est le
corps»18, ha affermato solennemente Simoens.
Se quanto emerso non è arbitrario, l’esplicita citazione del Sal
22(21),19 in Gv 19,23-24 potrebbe richiamare l’intera composizione
secondo l’assunzione propria dell’evangelista, evocando, in pieno contesto di «abbandono», sofferenza ed in prossimità della morte, la missione propria dell’Unigenito, ovvero la piena manifestazione del nome,
del mistero divino (cf. Sal 22[21],21.23.31-32; Gv 1,14.18; 17,6.26;
20,17-18). Secondo la concezione dell’evangelo, infatti, è l’amore di
Gesù, espresso nella consegna della sua vita, che manifesta la gloria del
Padre (cf. Gv 17,24-26). La sofferenza di Gesù, in questo caso,
tutt’altro che negletta, diventa ancora una volta il luogo che interroga la
condizione dell’uomo dinanzi a Dio, e, nella risposta evangelica, offre,
come deflagrazione, l’esplicitazione massima della gloria divina. Di
conseguenza, l’intero Salmo, nel suo movimento «esodico» e «pasquale» di passaggio e capovolgimento, dall’abbandono-morte alla salvezza-vita, evocato e rivissuto dall’orante ad instaurare il culto universale a
Yhwh, potrebbe essere sintetizzato nella citazione giovannea incastonata nella scena della spartizione delle vesti tra i militi mediante le sorti.
Le vesti di Gesù, allora, indicano l’universalità e l’unità dei credenti,
resi partecipi del culto istituito mediante il suo corpo di Israelita ed
aperto alle Genti. Dunque, l’escatologia attualizzata dell’evangelista
anticipa in modo prolettico alla scena della crocifissione elementi presenti nella piena glorificazione del Cristo, che richiede la libera adesione della fede.
In questo contesto, la dimensione etica ed il processo di ri-nascita
mediante la fede, necessari per avere parte alla vita eterna ed al nuovo
culto, non dimenticati, potrebbero essere espressi dall’evangelista nella
scena successiva in Gv 19,25-27, strutturalmente collegata alla precedente (cf. Gv 19,24). La parola di Gesù che consegna vicendevolmente
il discepolo e la madre esige un’accoglienza che può essere letta in
chiave cristologica. La madre di Gesù soprattutto, ma anche il discepolo, sono i custodi ed i testimoni dell’identità messianica del Crocifisso,
che con la sua morte e risurrezione dona lo Spirito della nuova creazio———————
18
Y. SIMOENS, Le corps Souffrant, 182.
CONCLUSIONE GENERALE
401
ne (cf. Gv 19,30; 20,22). Dunque, dopo l’indizio dell’istituzione del
nuovo culto ad opera del re-messia, il lettore credente è chiamato a
riconoscere se stesso nella scena tra Gesù, la madre ed il discepolo nel
processo di ri-nascita mediante la fede, partecipe del dono dello Spirito,
della vita eterna e del culto istituito da Gesù.
In sintesi, la proposta della presente dissertazione di vedere strettamente uniti la presenza del Sal 22(21) in Gv 1,14.18; 17,6.26; 20,17-18
e la spiegazione di Gv 19,23-24(25-27), riguarda il rapporto di interdipendenza tra la funzione dell’unigenito Figlio di Dio che rivela e partecipa ai credenti il «nome» e la gloria del Padre e la concezione del corpo israelita di Gesù quale «santuario». Si tratta comunque di un ambito
molto complesso che può certamente essere approfondito da future
ricerche, soprattutto in relazione alla funzione teologica di Israele tra le
nazioni ed all’azione rivelatrice del Verbo.
6. Quarto Vangelo e Qumran
In relazione alla ricerca extra-biblica condotta, resta difficile esporsi
sul tipo di relazione identificabile tra la concezione reperita nei mss. di
Qumran analizzati ed il Quarto Vangelo. Tuttavia, proprio in relazione
alla concezione messianico-regale di edificare il tempio in allusione a
Zc 6,12-13 ed al «tempio di Adamo» (cf. Gv 19,2-5.19-22; 4Q161 fr. 810,11.18; 4Q174 III,6; CD III,20; 1QS IV,7-8.23a), unitamente al valore
delle vesti quale simbolo della comunità-tempio ed alla ricorrenza in
alcuni significativi passi forse «messianici»19, sembrerebbe possibile
riconoscere numerose corrispondenze tra i testi studiati. Anche
11QMelch II,8 che abbiamo inteso quale testo messianico, riporta l’atto
di espiazione del MalKy-ceDeq a favore del suo lr"AG. Se non è dimostrabile in modo apodittico una dipendenza diretta tra questa serie di
testi, occorre ritenere la condivisione di un sostrato culturale e religioso
in cui coesistevano queste concezioni. Tuttavia, ciò che sembra particolarmente pertinente è l’innalzamento teologico dell’uso di lr"AG, «sorte»
e la simbologia delle vesti in relazione all’identità personale, posta anche in relazione alla concezione della comunità quale tempio. Nonostante ciò, l’uso della Scrittura da parte di Giovanni sembrerebbe offrire
una scelta di campo, nella quale la Scrittura medesima è eletta tramite
———————
19
In 4Q161 fr. 8-10,17b.18-25, un ms. considerato messianico, e in 4Q381 fr.
15,7-10, l’interpretazione della grafia $xyXm nella r. 7, ha lasciato incerta, ma possibile, l’identificazione di un eventuale «unto» a carattere regale, in relazione alle vesti.
Cf. infra, cap. III, § 5.4.2.
402
LE SORTI E LE VESTI
esplicite formule di «adempimento», rispetto ad altri criteri di discernimento, quali le sorti stesse. Gli elementi extra-biblici, riflessi pure dal
linguaggio dualistico dell’evangelista, non sembrano essere dunque del
tutto elisi, ma vanno riconosciuti come parte del sostrato culturale e
religioso dell’evangelista, ponendosi come sfondo del suo percorso.
7. Quarto Vangelo e Scrittura
Rispetto alle questioni più propriamente ermeneutiche del rapporto
tra Quarto Vangelo e Scrittura, a partire dalla familiarità terminologica
tra il Sal 22(21) ed il Quarto Vangelo e dallo sviluppo di tematiche
inerenti il Salmo medesimo, sembrerebbe plausibile che l’evangelista
abbia conosciuto ed utilizzato l’intero testo. Almeno in questo caso,
dunque, sembrerebbe che l’evangelista non abbia fatto uso, o non si sia
limitato ad una ipotetica composizione di testimonia, né abbia ricevuto
la citazione da una delle sue fonti, ma abbia potuto aver accesso in modo integrale a questo testo della Scrittura, e forse anche alla sua Vorlage ebraica. Oltre alla citazione diretta in Gv 19,23-24, infatti,
l’evangelista potrebbe aver richiamato il Salmo in modo evocativo in
altri significativi passi. Se le corrispondenze strutturali evidenziate non
sono arbitrarie, l’evangelista, del resto come ci si attenderebbe da un
attento lettore dell’epoca, ha saputo cogliere il movimento dell’intero
Salmo, selezionando parti strutturalmente e teologicamente così significative da poter mediare il cuore del messaggio giovanneo.
L’approccio ermeneutico al Sal 22(21) da parte dell’evangelista e la
sua interpretazione messianica non sembrano lasciare emergere un uso
«violento», né tanto meno «distruttivo» del testo. Piuttosto, l’evangelista sembrerebbe esplicitare massimamente le potenzialità espressive
dell’intera composizione, di per sé già molto ricche: se il capovolgimento delle sorti dell’anonimo orante del popolo israelita è soggetto
della rivelazione del nome divino e dell’istituzione di un culto universale, quanto più questo può essere attribuito all’eccellente membro del
popolo individuato nella figura messianica di Gesù Nazareno.
In ambito ermeneutico del rapporto tra vangelo giovanneo e Scrittura, un limite di questa ricerca, che pure apre un ambito di approfondimento, concerne l’uso delle tecniche di assimilazione della Scrittura.
Lo studio di Moo ha ben evidenziato il rapporto tra tecniche ed assiomi
ermeneutici di assunzione: un ambito che merita un adeguato spazio
nelle proposte di paralleli tra il Sal 22(21) ed il Quarto Vangelo è la
verifica delle conosciute tecniche di interpretazione rabbinica, ed in
particolare, tra le altre, la gezerah shawah.
CONCLUSIONE GENERALE
403
Oltre a ciò, confidiamo che questa ricerca abbia dimostrato la fecondità della scelta metodologica di affrontare le radici del messianismo
giovanneo alla luce del rapporto tra Scrittura e Quarto Vangelo. D’altro
canto, va evidenziato che si è analizzata solo in parte la serie di passi
biblici ed extra-biblici su cui verte l’indagine sul messianismo nell’era
anteriore e coeva al primo cristianesimo, in realtà, assai ampia e complessa. In relazione a quanto emerso in questa ricerca, anche questo
ambito può certamente essere approfondito con futuri lavori.
8. Il rapporto tra i due testamenti e le due alleanze
Se accanto al rapporto tra i due Testamenti si pone la questione del
rapporto tra le due alleanze20, su questo punto il presente studio apporta
un significativo contributo. Si tratta dell’evidenziazione di aspetti noti
agli studiosi, quali la portata e le implicazioni dell’ebraicità di Gesù,
ma rimasti ancora poco sviluppati nell’ambito della ricerca e del dialogo ebraico-cristiano, forse a causa del processo di reciproca estraneazione delle due comunità di fede durato secoli, che solo recentemente
incontra una certa inversione di tendenza.
Dal punto di vista della teologia giovannea, sembrerebbe possibile
proporre l’esistenza di una «unica alleanza», in quanto Gesù Nazareno
è entro la discendenza d’Israele, la principale (o reale) contraente
dell’alleanza. Gesù è l’Unigenito, Verbo incarnato nella discendenza
d’Israele, Figlio di Dio, mediante il cui corpo «innalzato», «glorificato», morto e risorto, tutte le nazioni entrano nell’alleanza. In Gesù si
compiono le tendenze universalistiche della fede israelita, espresse pure
nel Sal 22(21), mediante la rivelazione del nome divino e l’istituzione
di un culto universale. Gesù è la gioia di Abramo, in quanto porta a
compimento la promessa universalistica dell’alleanza con la stirpe (cf.
Gv 8,52).
Considerando l’interpretazione proposta dell’assunzione del Sal
22(21) nel Quarto Vangelo, il vero nodo interpretativo si pone nel mistero centrale del Quarto Vangelo e della cristianità, ovvero
l’incarnazione. L’intervento divino nella generazione del discendente
d’Israele (cf. Sal 22[21],10-11) nel Quarto Vangelo assume contorni
inattesi che, come ritiene la Reinhartz, potrebbero coinvolgere il monoteismo ebraico, o, almeno, il modo con cui esso è stato ed è inteso dalla
comunità di fede ebraica e da quella cristiana.
———————
20 «Dire rapporto tra AT e NT significa dire rapporto tra due alleanze»: M. GRILLI,
Quale rapporto tra i due Testamenti?, 9.
404
LE SORTI E LE VESTI
Dal versante cristiano, nella misura in cui si ri-assume l’appartenenza
di Gesù alla stirpe d’Israele ― dato verosimilmente mai messo in discussione in ambito socio-culturale o scientifico, ma forse poco valorizzato ―, è proprio la discendenza del popolo dell’alleanza ad assumere, per mezzo di Gesù stesso, un ruolo di assoluta centralità nella storia:
nel capovolgimento «esodico» e «pasquale», tra abbandono e salvezza,
mediante Gesù Nazareno è la stirpe d’Israele che manifesta il nome
divino tra le Genti, istituitendo un culto universale. Soprattutto in ambito cristiano, entro la pienezza della fede in Gesù, Figlio di Dio, non è
sostenibile nel modo più assoluto alcun processo anti-giudaico, o antisemita. Perfettamente all’opposto, la valorizzazione dell’appartenenza
di Gesù alla stirpe d’Israele può aprire un ambito di ricerca sul versante
della «comunione» con la carne glorificata, ma anche pienamente umana di Gesù. In altri termini, ci si può chiedere cosa voglia dire essere
«consanguinei e concorporei di Cristo»21, se il sangue e la carne, evidentemente umani, di Cristo sono la carne ed il sangue della stirpe
d’Israele. E inoltre, se il cristiano partecipa alla vita divina, non è anche
in comunione con la discendenza d’Israele, della quale Cristo medesimo è membro eccellente?22
A questo punto dell’argomentazione, la proposta della Daly-Denton
riguardo la presenza del Sal 22(21),27 in Gv 6,12, potrebbe essere non
infondata ed anzi molto significativa23. Quale significato può assumere
il discorso del «pane di vita» in Gv 6, così strettamente intrecciato tra
«cibo-sapienza» e «cibo-carne di Gesù», in relazione alla proposta offerta da questa ricerca di interpretazione di Gv 1,14.18 con la concomitanza di Sir 24,8 e Sal 22(21),21.23? L’eredità della vita eterna, la partecipazione alla vita divina per mezzo di Gesù Cristo, nucleo essenziale
della fede cristiana, sembrerebbe passare comunque nella linea genealogica ebraica, in modo non più assolutizzato e fine a sé stesso, ma
strettamente congiunto con un discorso sapienziale e di fede, processo
proprio della libertà e della responsabilità personale. Il credente in Cri———————
21 su,sswmoj kai. su,naimoj Cristou/: CYRILLUS IEROSOLYMITANUS, Catechesis
mystagogica, 4,1 (SC 126bis, 136); in riferimento alla partecipazione alla vita divina,
nello stesso contesto, Cirillo cita 2 Pt 1,4.
22 In un famoso discorso non pubblicato ufficilmente, Pio XI avrebbe affermato:
«La promesse [ad Abramo] se réalize dans le Christ et par le Christ en nous qui sommes les membres de son Corps mystique. Par le Christ et dans le Christ, nous sommes
de la descendence spirituelle d’Abraham […] Nous sommes spirituellement des sémites»; [s.a.], «A propos de l’antisémitisme. Pèlerinage de la Radio catholique belge»,
La Documentation Catholique 38 (1938) 1460.
23 Cf. M. DALY-DENTON, David in the Fourth Gospel, 215-216.
CONCLUSIONE GENERALE
405
sto, che aderisce alla comunione con il suo corpo e sangue, è aperto a
maturare anche la consapevolezza, proprio in forza di questa comunione, di una misterica appartenenza alla stirpe d’Israele.
Anche in chiave mariologica si apre una pista d’indagine nella medesima direzione, in quanto si è visto che la Madre di Gesù ― forse non
inutile ricordarlo, Ebrea anch’ella ― svolge un ruolo importante nel
processo di ri-generazione del discepolo. È auspicabile che sia evitato
un eventuale ritorno alla contrapposizione tra un «antico» Israele, che
ha «resistito» alla fede in Gesù, ed un «vero», o «nuovo» Israele, che vi
aderisce. Sebbene la fede in Gesù sia proclamata prioritaria rispetto alla
discendenza carnale, resta vero che per mezzo di Gesù «la salvezza
viene dai Giudei» (Gv 4,22).
Tutto ciò, ovvero il rapporto tra i due Testamenti e le due alleanze (o
l’unica?), tra Israele e le nazioni, in ambito esegetico, teologico ed ecclesiologico, e nel contesto del dialogo ebraico-cristiano, merita certamente ulteriori approfondimenti.
Sulla base di quanto emerso, per definire il rapporto tra Scrittura
d’Israele e Scrittura cristiana, sembra risultare che il cosiddetto «modello conflittuale»24 sia inappropriato. Pure insufficiente sembrerebbe il
«modello tipologico», nella misura in cui esso introduce nel testo nuovi
significati25. Piuttosto, forse, nell’ambito del «modello promessacompimento» e «storico salvifico»26 sembra pertinente parlare di «sviluppo interno»: si tratta di uno «sviluppo», perché la Scrittura ebraica
medesima, non ancora definitivamente chiusa in un canone al tempo
della stesura del Quarto Vangelo, è in se stessa aperta ad un «compimento», rappresentato in modo emblematico dalla stessa attesa messianica, pur nella sua indefinitezza. Si tratta di uno «sviluppo interno», in
quanto il percorso giovanneo si estende non da esegesi di interi libri,
sul modello dei pesharim, ma da parti interne al testo, e, verosimilmente legate a contenuti e termini di diversi libri della Scrittura. L’esegesi
proposta riguardo la presenza di Sir 24,8 e Sal 22(21),21.23 in Gv
1,14.18 va proprio in questa direzione, in un tema «caldo» in ambito
teologico ed inter-religioso, perché riguarda l’incarnazione della Parola-Sapienza in Gesù Nazareno, l’«unigenito Dio» e «Figlio di Dio»,
entro la discendenza carnale d’Israele.
———————
24
Si vedano le posizioni di Theobald e Klauck nel cap. I, § 1.4. Cf. M. GRILLI,
Quale rapporto tra i due Testamenti?, 27.
25 Cf. M. GRILLI, Quale rapporto tra i due Testamenti?, 40.
26 Cf. M. GRILLI, Quale rapporto tra i due Testamenti?, 53-54; 61-62.
406
LE SORTI E LE VESTI
Se dovessimo proporre una metafora per esprimere il rapporto tra i
due Testamenti (sul piano testuale e scritturistico) e le due alleanze (sul
piano teologico), dal punto di vista giovanneo, parleremmo volentieri di
un modello «embrionale», dove ciò che è contenuto in nuce nella Scrittura d’Israele trova compimento nel Messia Gesù Nazareno e nella
Scrittura cristiana, custodendo il senso di continuità e progressività fino
al raggiungimento della pienezza. Tuttavia, come ogni passaggio d’età
nella vita umana implica una perdita, in questo rapporto di crescita non
mancano fasi di rottura e di distacco. In questo processo è la continuità
a prevalere, tanto quanto l’uomo maturo può dire nello stesso tempo e
con verità, pur nel paradosso e al tempo stesso, di «essere» e di «nonessere-più» il bimbo che è stato27.
Nella stessa dinamica trasformante — dopo il lungo discorrere della
scienza, sia concessa la parola al credente — nell’attesa della piena
realizzazione della salvezza offerta dal Messia Gesù Nazareno, unigenito nella stirpe d’Israele e unigenito Figlio di Dio, possiamo proclamare quanto riecheggia nella comunità giovannea: «ciò che saremo
non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà
manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli
è» (1Gv 3,2).
———————
27 Il concetto di «sviluppo interno», e l’esempio della crescita umana sono emersi
spontaneamente nel corso della ricerca. Tuttavia, ho notato che Vincenzo di Lerin
utilizza i medesimi concetti per descrivere il percorso di approfondimento e di formulazione della Rivelazione in ambito cattolico. A livello teologico, ci sembra che si
possa parlare quindi di una profonda coerenza tra la Rivelazione nella Scrittura, ebraica e cristiana, e nella Tradizione. Cf. VINCENTIUS LIRINENSIS, Commonitorium primum, 23 (PL 50, 667-668).
INDICE GENERALE
INTRODUZIONE .............................................................................................
5
CAPITOLO I: La «Scrittura» nel Quarto Vangelo: Status Quaestionis .........
1. L’assunzione della Scrittura nel Quarto Vangelo ....................................
1.1 Il Quarto Vangelo e le Scritture ebraiche: tra assunzione e rifiuto ...
1.1.1 Bultmann ................................................................................
1.1.2 Dodd .......................................................................................
1.2 Dall’indagine testuale alla questione ermeneutica ............................
1.2.1 Moo ........................................................................................
1.2.2 Menken....................................................................................
1.3 Dai criteri ermeneutici alla teologia ed alla cristologia ....................
1.3.1 Obermann ................................................................................
1.3.2 Hamid-Khani ...........................................................................
1.4 Quale cristologia? Un ritorno all’antitesi tra Giovanni
e la Scrittura ......................................................................................
1.4.1 Theobald..................................................................................
1.4.2 Klauck .....................................................................................
1.5 Considerazioni conclusive: esegesi, criteri ermeneutici
della re-interpretazione della Scrittura, fede .....................................
2. L’interpretazione del Sal 22(21),19 in Gv 19,23-24 ................................
2.1 Il contributo di Aubineau ..................................................................
2.2 Prospettiva diacronica e testuale .......................................................
2.2.1 Bultmann .................................................................................
2.2.2 Brown ......................................................................................
2.2.3 Menken....................................................................................
2.2.4 Una prima valutazione ............................................................
2.3 La prospettiva profetica di adempimentodella Scrittura ..................
2.3.1 Barrett......................................................................................
2.3.2 Obermann ................................................................................
2.3.3 Boily ........................................................................................
2.3.4 Una prima valutazione ............................................................
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44
530
LE SORTI E LE VESTI
2.4 Il significato simbolico della veste inconsutile .................................
2.4.1 L’interpretazione ecclesiologica sull’unità dei credenti..........
2.4.2 Daly-Denton: interpretazione messianico-regale
e tema dell’unità (1 Re 11,29-31)............................................
2.4.3 Fusione di diversi elementi simbolici
(corpo, tempio, regalità, sacerdozio, unità) .............................
2.4.4 L’interpretazione messianico-sacerdotale ...............................
2.4.5 citw,n, la tunica come vita di Gesù, consegnata ......................
2.5 Rilievi conclusivi: ed il Sal 22(21)? .................................................
3. Considerazioni sintetiche e questioni metodologiche ..............................
3.1 Diacronia e sincronia ........................................................................
3.2 Alla ricerca di una metodologia ........................................................
3.2.1 Elementi lessicali in comune tra testo recepito (Prätext)
e testo recipiente ......................................................................
3.2.2 Elementi contestuali: lo sviluppo tematico
nel contesto del testo secondario .............................................
3.2.3 Elementi extra-testuali: il rapporto tra autore e lettore ...........
3.3 La presente ricerca ............................................................................
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65
CAPITOLO II: Sorti sulle vesti. Contesto e significato di Sal 22(21),19
Tradizione biblica .................................................................. 67
1. La versione ebraica del Sal 22,19 (TM) ..................................................
1.1 Sorti sulle vesti: perché? (Sal 22,19) ................................................
1.2 Contesto del Sal 22,19 .....................................................................
1.3 I nemici, l’orante e Dio: protagonisti della spartizione delle vesti ...
1.3.1 L’orante, accerchiato e puntellato
(cf. vv. 13-14.17-18[19]) .........................................................
1.3.2 Il rapporto tra l’orante e Dio (cf. vv. 2.4-6. 10-11) .................
1.3.3 La crisi nella relazione tra l’orante e Dio
(cf. vv. 2-3.7-9.15-16) .............................................................
1.3.4 Soluzione della crisi? ynIt'ynI[]: «mi hai risposto»
(cf. vv. 12.20-22) .....................................................................
1.3.5 Conseguenze dell’esaudimento (cf. vv. 23-32) .......................
1.4 Conclusione: «sorti sulle vesti» o sulla vita? ....................................
2. Le «vesti contese» nel Sal 21(LXX) ........................................................
2.1 Rilievi sulla struttura del Sal 21(LXX),19 ........................................
2.2 L’orante e gli avversari in Sal 21(LXX),18b-19 ...............................
2.3 Il rapporto tra l’orante e Yhwh: dalla crisi alla fiducia
(cf. vv. 2. 22) ....................................................................................
2.3.1 L’orante e Yhwh: una confessione di colpa? (cf. v. 2) ...........
2.3.2 L’esaudimento: una lettura messianica (cf. v. 22)? .................
2.3.3 Le conseguenze dell’esaudimento (cf. vv. 23-32)...................
68
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121
INDICE GENERALE
531
2.4 Considerazioni conclusive ................................................................ 123
3. Conclusione nell’ambito dell’AT ............................................................ 124
CAPITOLO III: Dio getta le sorti su ogni vivente (cf. 1QS IV,26)
Il Sal 22 nella letteratura extra-biblica
ed evoluzione del concetto di lr"AG /klh/roj ............................ 127
1. I manoscritti antichi del Sal 22 ................................................................
1.1 Sal 22 in 4QPsf (4Q88) fr. 1–2 18-25 ...............................................
1.1.1 Sal 22 in 4QPsf (4Q88) fr. 1–2 18-25
nelle teorie dello sviluppo del Salterio ....................................
1.1.2 Il rapporto tra il Sal 22 e gli inni di 4QPsf IX–X ......................
1.2 Sal 22 in 5/6„evPs (5/6„ev 1b fr. 8+9 1-28) ...................................
1.3 Alcune considerazioni conclusive ....................................................
2. Il Sal 22 nelle Hodayot ............................................................................
2.1 Citazioni ed echi del Sal 22 nelle Hodayot .......................................
2.2 L’orante, tra abbandono e sorti divine (Sal 22,19 nelle Hodayot) ....
2.2.1 L’orante, tra le sorti sull’umanità
(*nPl + lr'AG; cf. Sal 22,19; 1QHa XV,37 [VII,34]) .............................
2.2.2 L’orante tra sorti e abbandono
(*nPl + lr'AG; cf. Sal 22,2.19; in 1QHa XI [III],22.25.27) ..........
2.3 La ri-definizione dell’orante nel cosmo:
avversari ammutoliti, non-abbandono, madre, padri .......................
2.3.1 Dio chiude la bocca degli avversari
(cf. Sal 22,14 in 1QHa XIII [V],5-19) .......................................
2.3.2 Alcune similitudini del Sal 22,2.7-11 in 1QHa XII (IV),30-35:
abbandono, luce dell’alleanza, padri-madre ............................
2.4 Elementi conclusivi ..........................................................................
3. Il rapporto tra i manoscritti di Qumran ed il Quarto Vangelo .................
3.1 Le Hodayot, tra il Sal 22 ed il Quarto Vangelo?...............................
3.2 Il dibattito tra Charlesworth e Bauckham .........................................
3.3 Il contributo di Jörg Frey ..................................................................
3.4 Alcune considerazioni ......................................................................
3.4.1 Differenti Sitz im Leben: quale messianismo? ........................
3.4.2 Sintesi e prospettive ................................................................
4. La concezione deterministico-dualistica di lr"AG, «sorte»,
in alcuni manoscritti di Qumran ..............................................................
4.1 lr"AG, «sorte», nella proto-storia e nell’eschaton
secondo la Regola della Comunità ...................................................
4.1.1 lr"AG, «sorte» nella Proto-storia (cf. 1QS I,9b-11a) ...................
4.1.2 lr"AG, la «sorte» nel Trattato dei due spiriti:
un vertice di sintesi teologica (cf. 1QS IV,24.26) ...................
4.1.3 lr"AG, «sorte», nell’inno conclusivo (cf. 1QS XI,7) ...................
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532
LE SORTI E LE VESTI
4.1.4 Considerazioni conclusive: l’elezione divina,
tra predestinazione e discendenza ...........................................
4.1.5 Questioni aperte ......................................................................
4.2 lr"AG, «sorte», nel tempo presente: il discernimento
in attesa del(i) Messia tra predestinazione e responsabilità ..............
4.2.1 Il termine lr"AG, «sorte», nel rito annuale
di appartenenza alla Comunità (cf. 1QS II,1b-2a.5) ...............
4.2.2 lr"AG, «sorte», nel Documento di Damasco
(cf. CD XX,4.[6]; XIII,4.12) .....................................................
4.2.3 lr"AG, il processo di discernimento nell’ordinamento
della comunità-tempio (cf. 1QS IX,7)......................................
4.2.4 Considerazioni conclusive: lr"AG, il discernimento
sacerdotale prima della venuta del «messia» ..........................
4.3 L’espiazione a favore degli «appartenenti» a MalKy-ceDeq
(11QMelch II,8) ................................................................................
4.4 Elementi sintetici: lr"AG, riflesso di una nuova concezione
della «storia d’Israele»? ....................................................................
5. «Veste di splendore nella luce» (1QS IV,8): la simbologia delle vesti ....
5.1 I dati archeologici .............................................................................
5.2 Le norme riguardo le vesti nei testi di Qumran ................................
5.3 La «gloria di Adamo» e la «veste di splendore»,
eredità degli eletti (cf. CD III,20; 1QS IV,8.22b-23a) .......................
5.3.1 La gloria, l’eredità e il tempio di Adamo
nel Documento di Damasco, 4QpPsa e 4QMidrEschata..........
5.3.2 «Misura di splendore» o «veste di splendore»?
(cf. 1QS IV,8)...........................................................................
5.3.3 Rilievi conclusivi: «…per ereditare la gloria di Adamo»
(1QHa IV[XVII],15) ..................................................................
5.4 Le vesti in riferimento a figure messianiche .....................................
5.4.1 4QpIsaa (4Q161) fr. 8-10,25....................................................
5.4.2 4QSalmi apocrifib (4Q381) fr. 15,7-10 ...................................
5.4.3 Sintesi ......................................................................................
5.5 Rilievi conclusivi ..............................................................................
6. Conclusione generale ...............................................................................
174
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216
CAPITOLO IV: Il Sal 22(21) nel Quarto Vangelo: solo un’interpolazione?
Paralleli lessicali e tematici del Sal 22(21)
nel Quarto Vangelo .............................................................. 225
1. Il Sal 22(21) ed il Quarto Vangelo:
solo un’interpolazione insignificante? ..................................................... 226
1.1 Due termini chiave nel prologo giovanneo:
monogenh,j ed *h`ge,omai (cf. Sal 22[21],21.23 in Gv 1,14.18)............ 226
INDICE GENERALE
1.1.1 monogenh,j (cf. Sal 22[21],21 in Gv 1,14.18)...........................
1.1.2 di&h`ge,omai ed evx&hge,omai: la «narrazione del nome divino»
e l’ «esegesi del Padre» (cf. Sal 21[LXX],23; Gv 1,18)..........
1.1.3 Rilievi conclusivi ....................................................................
1.2 L’annuncio ai fratelli (cf. Sal 22[21],23 in Gv 20,17-18) .................
1.2.1 Solo un’assonanza dalle fonti giovannee? ..............................
1.2.2 Considerazioni a carattere intertestuale...................................
1.2.3 Considerazioni a carattere narrativo........................................
1.2.4 Rilievi conclusivi ....................................................................
1.3 Altri riferimenti significativi sullo sfondo del Sal 22(21),23 .........
1.3.1 La manifestazione del nome di Dio
(cf. Sal 22[21]23; Gv 17,6.26) ................................................
1.3.2 L’aperta manifestazione del Padre (cf. Gv 16,25) ..................
1.3.3 L’accento cultuale delle allusioni al Sal 22(21)
in Giovanni ..............................................................................
1.4 Rilievi conclusivi: l’apporto del Sal 22(21) alla comprensione
del prologo giovanneo e della progenie d’Israele .............................
1.4.1 Le corrispondenze strutturali tra il Sal 22(21)
ed il Quarto Vangelo ...............................................................
1.4.2 Il Logos incarnato nella progenie d’Israele
e la rivelazione del nome divino: «Padre» .............................
1.4.3 Il rifiuto del Logos divino ed il percorso di discernimento .....
1.4.4 Tra rivelazione e rifiuto, la rinascita mediante la fede ............
2. Quale posizione nel cosmo? Paralleli tematici tra il Sal 22(21)
ed il Quarto Vangelo ................................................................................
2.1 «Vedere» e «credere»: il discernimento sull’identità
e sulla sofferenza di Gesù Nazareno.................................................
2.1.1 I verbi di percezione nel prologo giovanneo
(cf. Gv 1,14.18) .......................................................................
2.1.2 I verbi di percezione nella preghiera di Gesù
(cf. Gv 17,24) ..........................................................................
2.1.3 I verbi di percezione nella narrazione della passione
(cf. Gv 19,35.37) .....................................................................
2.1.4 I verbi di percezione nella narrazione della risurrezione
(cf. Gv 20,18) ..........................................................................
2.1.5 Rilievi conclusivi ....................................................................
2.2 La generazione materna nel Sal 22(21) ed in Gv 2,1-11 ..................
2.2.1 La relazione tra Gesù, la madre ed i discepoli a Cana
(cf. Gv 2,1-11) .........................................................................
2.2.2 Il dialogo tra Gesù e la madre (cf. Gv 2,4)..............................
2.2.3 La funzione della madre tra i discepoli (cf. Gv 2,4b.5.11) .....
2.2.4 Considerazioni conclusive ......................................................
2.3 «I padri» e gli avversari nel Sal 22(21) ed in Giovanni ....................
533
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272
275
276
277
534
LE SORTI E LE VESTI
2.3.1
2.3.2
2.3.3
2.3.4
Il conflitto nel Sal 22(21) e nel prologo ..................................
«I padri» nel Sal 22(21) e nel prologo ....................................
«I padri» e gli avversari nel Sal 22(21) ed in Gv 8,31-59 .......
Rilievi conclusivi: il Sal 22(21), l’identità giudaica
e la discendenza abramitica .....................................................
2.4 monogenh,j in Sal 22(21),21 e Gv 3,16.18 ..........................................
2.4.1 Paralleli con il Sal 22(21)........................................................
2.4.2 Il linguaggio dualistico di Gv 3,1-21 ......................................
2.4.3 Nicodemo: il dinamismo della fede nel rapporto
tra dualismo e universalità (cf. Gv 3,1-21) ..............................
2.4.4 Rilievi conclusivi ....................................................................
2.5 Rilievi sintetici ..................................................................................
2.5.1 I verbi di percezione ................................................................
2.5.2 Il rapporto con i «padri» e gli avversari ..................................
2.5.3 La generazione materna ..........................................................
2.5.4 Nicodemo, l’Unigenito e la ri-nascita del credente .................
2.5.5 Rilievi teologici .......................................................................
3. Rilievi conclusivi .....................................................................................
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299
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304
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305
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306
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307
309
CAPITOLO V: Le sorti sulle vesti di Gesù Nazareno, Re dei Giudei.
Il messianismo giovanneo tra elezione d’Israele,
dualismo e rinascita alla luce del Sal 22(21)
adempiuto in Gv 19,23-24 .................................................... 311
1. Delimitazione e struttura del testo ...........................................................
1.1 Il piano globale del vangelo ..............................................................
1.2 La delimitazione del brano della passione, morte
e risurrezione di Gesù .......................................................................
1.3 Sal 22(21),19 nei Sinottici ................................................................
1.4 Sal 22(21),19 in Gv 19,24: solo un’inserzione redazionale? ............
1.5 Rilievi a carattere strutturale .............................................................
1.6 Un parallelismo scomposto? .............................................................
1.7 Rilievi conclusivi: ben intessuta nel suo contesto,
Gv 19,23-24 richiede una lettura simbolica......................................
2. L’interpretazione antica della tunica inconsutile (cf. Gv 19,23-24) ........
2.1 Le vesti sacerdotali ...........................................................................
2.1.1 Le vesti sacerdotali nel libro dell’Esodo .................................
2.1.2 Le vesti sacerdotali in Filone Alessandrino
e Flavio Giuseppe ....................................................................
2.2 Il Sal 22(21),19 nei Padri: la veste ed il corpo di Cristo ...................
2.3 Il corpo umano nella concezione antica ............................................
2.4 Rilievi di sintesi ................................................................................
3. Le vesti di Gesù nel Quarto Vangelo .......................................................
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332
336
337
340
INDICE GENERALE
3.1 «Depose le vesti» (cf. Gv 13,4.12) ...................................................
3.2 «Ecco l’uomo» (cf. Gv 19,2.5) .........................................................
3.3 Rilievi conclusivi ..............................................................................
4. Una proposta unificante: le vesti di Gesù, simbolo del corpo-tempio
(cf. Gv 19,23)...........................................................................................
4.1 Gv 19,23 a confronto con la LXX:
fondamento per nuove considerazioni .............................................
4.1.1 «Quattro parti» (te,ssara me,rh) ...............................................
4.1.2 «La tunica» (o` citw,n) .............................................................
4.1.3 «Dall’alto» (evk tw/n a;nwqen) ...................................................
4.1.4 «Intessuta per intero» (u`fanto.j diV o[lou) ...............................
4.1.5 Rilievi conclusivi ....................................................................
4.2 Il linguaggio cultuale nel Quarto Vangelo ........................................
4.2.1 Il Verbo incarnato, «archetipo» del tempio in Gv 1,14 ..........
4.2.2 Il prologo e la passione giovannea ..........................................
4.2.3 Il linguaggio cultuale nella preghiera di Gesù in Gv 17 .........
4.2.4 Il corpo-tempio nel Quarto Vangelo, alcuni spunti .................
4.2.5 Rilievi conclusivi ....................................................................
4.3 Il corpo-tempio di Gesù nella passione giovannea ...........................
4.3.1 Il Nazwrai/oj, edificatore del tempio escatologico ..................
4.3.2 Il tema del giardino edenico (cf. Gv 18,1; 19,41) ...................
4.3.3 La trafittura del costato (cf. Gv 19,34) ....................................
4.3.4 Rilievi di sintesi ......................................................................
4.4 L’adempimento della «Scrittura» (cf. Gv 19,24) ..............................
4.5 La comunità partecipe del nuovo culto ed erede della gloria
(cf. Gv 19,25-27) ..............................................................................
4.5.1 Cana ed il Calvario ..................................................................
4.5.2 La tensione verso il compimento in relazione
all’ «ora» di Gesù ....................................................................
4.5.3 Rilievi conclusivi: la partecipazione al culto istituito
da Gesù ....................................................................................
4.6 Il Sal 22(21) nel Quarto Vangelo e nella scena della passione .........
5. Giovanni e Qumran: sorti, eredità, conoscenza e culto ...........................
5.1 L’uso di klh/roj,«sorte» (lr"AG), nel Quarto Vangelo ..........................
5.2 La concezione di lr"AG, klh/roj,«sorte»,
quale sfondo della scena giovannea..................................................
5.3 MalKy-ceDeq (cf. 11QMelch II,8) e Gesù Nazareno ........................
5.4 Rilievi di sintesi ................................................................................
6. Conclusione .............................................................................................
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386
CONCLUSIONE GENERALE ............................................................................ 391
APPENDICE I: Sinossi delle citazioni dirette ................................................. 411
536
LE SORTI E LE VESTI
APPENDICE II: Sal 22(TM), unità testuale, struttura e movimento del testo ...
1. Unità testuale del Sal 22 ..........................................................................
2. «Movimento» del testo e ripetizioni strutturanti ......................................
2.1 Movimento del testo dei vv. 2-23 .....................................................
2.2 Movimento del testo dei vv. 23-32 ...................................................
3. Uno schema..............................................................................................
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427
428
429
432
435
APPENDICE III: La traduzione di Sal 21(LXX),31b-32 ................................ 441
SIGLE E ABBREVIAZIONI............................................................................... 439
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................. 447
INDICE DEGLI AUTORI .................................................................................. 487
INDICE DELLE FONTI .................................................................................... 495
1. Fonti bibliche ....................................................................................... 495
2. Fonti extra-bibliche .............................................................................. 518
INDICE GENERALE ........................................................................................ 529
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