LA TRAPPOLA di CINZIA BORDON Cristina Maggiorani aveva da
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LA TRAPPOLA di CINZIA BORDON Cristina Maggiorani aveva da
LA TRAPPOLA di CINZIA BORDON Cristina Maggiorani aveva da poco ereditato dalla vecchia zia Amelia una magnifica villa con piscina affacciata sulle vallate della Brianza e, nonostante avesse trascorso ore a frugare in tutti gli angoli della casa, non era ancora riuscita a trovare i preziosissimi gioielli di cui più volte la zia le aveva parlato. Inoltre era molto seccata dalla clausola inserita nel testamento in base alla quale non avrebbe mai potuto licenziare il maggiordomo che da dieci anni viveva e lavorava lì. Aveva quindi deciso di andare ad abitare nella villa e, sebbene potesse permettersi una vita agiata, era insoddisfatta perché non era quel lusso sfrenato che aveva immaginato di godere con la vendita dei gioielli. Cristina a 40 anni era una donna dal corpo perfetto, con corti capelli biondi e occhi neri e profondi. Si riteneva abile a capire l’indole delle persone ed era sicura che Tom, il maggiordomo, sapesse qualcosa. Quando andava a trovare la zia aveva visto l’affetto dell’anziana donna per quell’uomo. Seduta al bordo della piscina, con le belle gambe abbronzate penzolanti nell’acqua, Cristina decise che non aveva altra scelta che sedurlo. Certo, non era proprio il suo tipo, così magro, coi i capelli grigi tagliati cortissimi e gli occhi azzurri e sporgenti. Dall’aspetto, poteva passare benissimo per un sagrestano.Ma ci sarebbe passata sopra. Dopotutto il fine giustifica i mezzi, si diceva Cristina. Tom era soddisfatto. Amelia aveva mantenuto la promessa: nessuno ora avrebbe potuto cacciarlo via da quella bella villa in mezzo al verde. E inoltre finalmente non avrebbe più avuto la sua vocina stridula che ad ogni ora del giorno, e qualche volte anche della notte, lo chiamava perché aveva bisogno di qualcosa. “Tom raccoglimi la forchetta”, “Tom accompagnami dal parrucchiere”, “Tom come mai abbiamo pagato tanto di riscaldamento” e via così, per tutto il giorno. Ogni tanto credeva che sarebbe impazzito. Ma la sua completa dedizione aveva avuto i suoi frutti e negli ultimi anni della vecchiaia Amelia gli si era affezionata molto. Ricordava benissimo il giorno in cui allo stremo delle sue forze gli aveva mostrato il testamento e gli aveva detto: “So quanto hai fatto per me, non posso darti altro che un tetto sulla testa e la dignità del tuo lavoro. Cristina non mi permetterebbe ulteriori lasciti a tuo favore, impugnerebbe il testamento. Ma ti voglio regalare questa magnifica scacchiera intagliata a mano che per me ha un grosso valore affettivo. So che la terrai con cura. Ricorda però che potrai estrarre i pezzi dal cassettino interno solo quando riceverai una lettera che ti dirà di farlo. Me lo prometti?” Tom, aveva promesso, e aveva messo l’enorme e pesante scacchiera in fondo all’armadio della sua stanza senza dare peso alle parole dell’anziana signora. Non aveva mai giocato a scacchi in vita sua e non intendeva cominciare a farlo ora. Il suo rapporto con Cristina era piuttosto freddo e distaccato e perciò fu molto sorpreso quando quella mattina la donna gli chiese di raggiungerla in piscina. “Vieni caro Tom, siediti qui vicino a me” gli disse non appena si avvicinò. Tom era ipnotizzato dalla bellezza di quel magnifico corpo avviluppato in un minuscolo bikini color bronzo. “Sai Tom io credo che tu sappia dove la zia teneva i gioielli - gli disse accarezzandogli una mano languidamente…. - Tu non potresti venderli perché ti denuncerei per coercizione di incapace. Se invece mi dici dove sono potremo girare il mondo insieme. Non sarebbe magnifico?”. Tom assunse un’espressione di sorpresa: “Le assicuro che io non ho proprio idea di dove siano i gioielli. Sono grato a sua zia che mi ha permesso di abitare qui e la ritengo un’enorme fortuna. Ma davvero non mi ha lasciato altro…a parte una scacchiera “ disse quasi tra sé. Cristina si alzò di scatto in piedi “Ma certo li ha nascosti nel cassetto della scacchiera! Ecco dove sono i gioielli. Lo sapevo, lo sapevo!!! Non puoi tenerla tu quella scacchiera! Se non hai un documento ufficiale che dimostri che te l’ha donata la zia, è mia. Dammela subito”. Lo sguardo suadente era scomparso d’incanto e tornò quello duro della Cristina di sempre. Tom andò in camera con la donna al seguito e le diede rassegnato l’oggetto.Cristina la prese a fatica perché era pesante, entrò in camera sua e si chiuse a chiave pregustandosi quel momento. Controllò che le finestre fossero ben chiuse e le tende tirate e posò la scacchiera sul comò. Finalmente, tra poco, sarebbe diventata ricca. Ricca davvero. Con decisione tirò il cassettino laterale della scacchiera che produsse un suono metallico. Improvvisamente un odore intenso invase la stanza togliendole il respiro. Riuscì a trascinarsi sul letto ma in pochi istanti morì soffocata. La polizia, dopo aver ricostruito i fatti, constatò che nel cassettino c’era una boccettina, contenente un gas mortale, che, con un particolare congegno, si era rotta all’apertura del cassetto stesso. La scacchiera era un pezzo d’antiquario acquistata dal padre della zia Amelia in Oriente almeno un secolo prima. Il primo sospettato fu Tom poiché era l’unico a trarre beneficio dalla morte di Cristina. Si scoprì, infatti, che in caso di morte della nipote, senza lasciare eredi, la zia Amelia aveva designato lui come successore. Ma sulla scacchiera non trovarono le impronte di Tom e non c’erano altri indizi per poterlo accusare. Così gli investigatori dedussero che Cristina era solo stata la vittima di un terribile incidente e il caso fu chiuso. Un mese dopo Tom ricevette dal notaio un lettera, era della zia Amelia. Caro Tom, scusa se mi sono servita di te per dare una lezione a quella viscida nipote di mio marito. Ti conosco bene e so che mantieni le promesse. Così le ho fatto spedire dal notaio, a un mese dalla mia morte, l’elenco dettagliato dei beni della casa indicando anche la famigerata scacchiera nella quale ho fatto applicare la trappola che sai. Sono certa che ha funzionato e che lei ha avuto quello che si merita: una bella cicatrice sulla mano che le rimarrà per sempre. I gioielli non sono mai esistiti: li ho inventati solo per aumentare la sua cupidigia! Spero solo non abbiamo sospettato di te, il colpevole, dopotutto, non è sempre il maggiordomo….”. Tom ripose la lettera con un sorriso. “O forse sì?”