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La domanda di assicurazione delle imprese. Risultati dall`Indagine

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La domanda di assicurazione delle imprese. Risultati dall`Indagine
La domanda di assicurazione delle imprese.
Risultati dall’Indagine Ania sull’Assicurazione nelle Piccole
Imprese Italiane
Luigi Guiso
(European University Institute & EIEF)
Fabiano Schivardi
(Università di Cagliari & EIEF)
Sommario
Sebbene esposte a una pluralità di rischi le piccole imprese in Italia ne assicurano solo un sottoinsieme,
mediamente tre su una lista di 10. Poiché le imprese di piccole dimensioni sono detenute da famiglie
che impegnano una quota rilevante del loro patrimonio nell’impresa –il 40 per cento in media - i rischi
di quest’ultima, se non assicurati, si trasferiscono alla famiglia. Usando dati unici raccolti nell’indagine
ANIA, si modella la domanda di assicurazione delle imprese. La scelta di assicurasi è influenzata dalle
preferenze verso il rischio dell’imprenditore e dalla sua capacità di sopportare il rammarico di una
perdita evitabile, nonché dall’entità del rischio percepito di subire e provocare perdite. La fiducia verso
le assicurazioni è un ostacolo importante alla sottoscrizione delle polizze. Quest’ultima è fortemente
influenzata dalla fiducia verso gli intermediari e dal grado di soddisfazione degli assicurati per il servizio
reso dalle assicurazioni. Per accrescere la propensione a ricorrere al mercato assicurativo vengono
discusse due tipi di politiche: le prime mirano a ridurre i costi di intermediazione con provvedimenti
che migliorano il contesto in cui operano le assicurazioni. Le seconde si propongono di accrescere la
fiducia verso le assicurazioni.
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1. Introduzione
Questo lavoro studia le determinanti della domanda di assicurazione delle piccole imprese in Italia. Un
aspetto sorprendente del comportamento delle imprese è che quelle che, sulla base della teoria,
dovrebbero assicurarsi (o assicurarsi di più) non si assicurano (o si assicurano di meno) e quelle che
invece potrebbero non assicurasi si assicurano (o si assicurano di più). Imprese con un azionariato
diffuso e quindi con proprietari dell’impresa che detengono portafogli diversificati – tipicamente le
imprese di grosse dimensioni, quotate in borsa, dovrebbero essere meno sensibili alla necessità di
assicurare i propri rischi. I loro proprietari, proprio perché detengono portafogli diversificati,
dovrebbero essere disposti a lasciare il rischio dentro l’impresa ed evitare di pagare il costo (in termini
di mark up) dell’assicurazione. Viceversa, imprese in cui il rischio di impresa ricade su un singolo
azionista o su un pool ristretto di azionisti – tipicamente le imprese piccole non quotate – dovrebbero
essere più disposte ad assicurare ove possibile il rischio legato al loro business in modo da condividerlo
con altri attraverso il mercato (Gollier 2010). L’evidenza disponibile dipinge una realtà opposta: le
grosse imprese ricorrono ampiamente al mercato assicurativo e annettono anche una notevole
importanza al rischio di impresa e alla protezione da esso. Il puzzle in questo caso – almeno dal punto
di vista di uno schema in cui gli azionisti dell’impresa detengono portafogli diversificati e non vi sono
altre frizioni interne all’impresa – è uno di sovra-assicurazione. Le piccole imprese invece tendono ad
assicurarsi di meno talvolta non partecipando tout court al mercato assicurativo malgrado la struttura
della proprietà porti ad una forte concentrazione del rischio di impresa sulle spalle di pochi. Nonostante
i potenziali rilevanti benefici che potrebbero ricavarne, le piccole imprese si assicurano poco con serie
implicazioni se l’assenza di assicurazione le porta a scelte di investimento più prudenti o, accrescendone
la fragilità, ne limita l’accesso al mercato del credito (un aspetto analizzato da Schivardi, 2010) e la
mancanza di credito ne comprime la crescita.
Per l’importanza che la mancanza di assicurazione riveste questo studio si focalizza sulle piccole
imprese. Infatti se anche le grandi imprese fossero all’apparenza sottoassicurate questo potrebbe
semplicemente riflettere il fatto che sono in grado di sopportare il rischio o perché hanno un
azionariato con portafogli diversificati o perché possono più facilmente auto-assicurasi (ad esempio
perché sono diversificate geograficamente e produttivamente, o perché la dimensione consente di
sopportare eventuali costi fissi di auto-assicurazione); in secondo luogo, le grandi imprese hanno
comunque accesso al mercato dei capitali ed è improbabile che un maggior ricorso all’assicurazione ne
migliorerebbe le condizioni. Questo non è vero per le imprese piccole che spesso incontrano ostacoli
nell’accedere al mercato del credito ( Hubbard, 1998) o lo ottengono a costi elevati, possibilmente come
conseguenza della maggiore rischiosità e per le quali quindi per le quali quindi un maggior ricorso al
mercato assicurativo potrebbe procurare vantaggi.
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A questo fine si fa uso della indagine Ania sul ricorso alle assicurazioni da parte delle imprese (d’ora in
poi AFIS – Survey Ania sulla assicurazione delle imprese) appositamente predisposta per raccogliere
informazioni sul ricorso all’assicurazione da parte delle piccole imprese l’italiane. L’indagine, condotta a
cavallo tra il 2008 e il 2009 su un campione di 2295 imprese fino a 250 addetti, contiene informazioni
dettagliate sul possesso di copertura assicurativa relativamente a una serie di rischi, dettagli sulla
struttura della polizza per le imprese con copertura assicurativa, dati sulla passata esperienza di danni
subiti, organizzazione interna dell’impresa gestione dei rapporti assicurativi oltre a una ricca descrizione
della demografia dell’impresa. Inoltre, poiché le imprese sono state campionate da CERVED, per le
intervistate è possibile ottenere i dati di bilancio direttamente da CERVED.
Nelle piccole imprese spesso proprietà e management coincidono e i tratti del manager sono in genere
decisivi per le scelte effettuate. Inoltre queste imprese hanno di norma natura famigliare e la distinzione
tra famiglia proprietaria e impresa è tenue, per cui le caratteristiche della famiglia si riverberano sulle
scelte dell’impresa (e viceversa). Per tenere conto del ruolo dell’imprenditore e delle interazioni tra
famiglia e impresa in una intervista faccia a faccia sono state raccolte informazioni dettagliate sulle
attitudini al rischio e all’incertezza dell’imprenditore, dati sull’apprezzamento soggettivo sulla rischiosità
dell’impresa e sulle probabilità di subire danni, opinioni sulla fiducia nei confronti delle assicurazioni,
delle banche e degli altri in genere, nonché dati sulla abilità cognitiva dell’imprenditore, alcuni tratti
psicologici come il suo grado di ottimismo e numerose caratteristiche demografiche. Inoltre sono state
raccolte direttamente informazioni sulla famiglia dell’imprenditore – l’allocazione della ricchezza privata
e la sua diversificazione, l’uso di polizze assicurative personali. A nostra conoscenza questa è l’unica
indagine che combina informazioni sull’impresa, l’imprenditore che la possiede e gestisce e la famiglia
di quest’ultimo, consentendo di ottenere una visione dei legami tra rischi di impresa, struttura di
preferenze e caratteristiche dell’imprenditore/manager e rischi finanziari personali.
Coerentemente con questa visione del rapporto tra impresa, imprenditore e famiglia di quest’ultimo,
troviamo che le preferenze verso il rischio e una serie di attitudini dell’imprenditore influenzano la
domanda di assicurazioni delle imprese. La scelta di assicurasi (e quanto) è dall’entità del rischio
percepito dall’imprenditore di subire e provocare perdite, suggerendo che un componente del rischio è
idiosincratica, non osservata dall’assicurazione quindi non riflessa nel premio il che crea selezione
avversa. Le stime indicano che un ostacolo importante alla sottoscrizione di polizze è la fiducia verso le
assicurazioni: un aumento di quest’ultima dai valori del quinto a quelli del novantacinquesimo percentile
accrescerebbe il numero di rischi assicurati del 30% della media campionaria. Una volta che si tiene
conto di preferenze, percezione dei rischi e fiducia altre caratteristiche osservabili dell’imprenditore
quali età, sesso, livello di istruzione – no hanno effetti sulla domanda di assicurazione.
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La diffusione delle assicurazioni è maggiore tra le imprese più grandi, da più tempo sul mercato, con
mercato all’estero e con più stabilimenti, probabilmente perché imprese con queste caratteristiche sono
imprese più complesse e come tali sono anche esposte a più rischi.
Il resto del lavoro segue la seguente trama. Nel paragrafo 2 si presenta l’indagine descrivendo il
campione e il contenuto dei questionari. I paragrafi 3 e 4 contengono una descrizione dei risultati
dell’indagine, focalizzando l’attenzione sul ricordo all’assicurazione da parte delle imprese (paragrafo 3)
e sui risultati dell’intervista all’imprenditore (paragrafo 4). Il paragrafo 5 discute i risultati delle stime
della domanda di assicurazione mentre il paragrafo 6 conclude con una discussione di alcune proposte
di policy per favorire il ricorso al mercato assicurativo.
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2. L’indagine: campione e contento
L’ AFIS è stata condotta su un campione di imprese italiane fino a 250 addetti estratto dalle imprese
presenti CERVED nel 2004 a partire dal totale di quelle fino a 250 addetti e xxxx. L’indagine è stata
condotta tra il mese di ottobre del 2008
e completata nel luglio del 2009; il field ha pertanto
attraversato l’intera crisi finanziaria. Rispetto al target iniziale fissato in 2,300 interviste complete,
l’indagine è stata chiusa con 2,295 interviste. La partecipazione all’indagine comporta la disponibilità a
fornire informazioni sul ricorso al mercato assicurativo e altri dettagli riguardanti l’impresa e la
disponibilità dell’imprenditore/proprietario dell’imprese o del suo amministratore delegato/direttore
generale a partecipare a una intervista faccia a faccia con un intervistatore professionista delegato dalla
società di rilevazione. Il primo tipo di informazione è stato raccolto con un questionario auto
compilato, il secondo con una intervista con metodo CAPI.
Dovuto in parte alle difficoltà che molte imprese hanno dovuto affrontare durante la crisi, è stato più
complesso e difficile del solito ottenere la disponibilità dell’impresa e dell’imprenditore a partecipare
all’indagine. Inoltre, il fatto di intervistare direttamente il proprietario o l’amministrare delegato ha
abbassato il tasso di accettazione delle interviste soprattutto per le imprese nelle classi dimensionali più
elevate ed allungato il tempo del field; in parte per questo motivo è stato necessario rivedere il disegno
campionario per includere un maggior numero di imprese di dimensione più piccola (sotto i 20 addetti).
Pertanto alla fine il campione risulta più sbilanciato verso le imprese più piccole di quello della
popolazione di imprese fino a 250 addetti presenti in CERVED . Il campione finale consiste di 2295
imprese, 98.5% delle quali private, localizzate nel 59% dei casi al nord, 19% al centro e 22% al sud e
isole, controllate nell’85% dei casi da un singolo individuo a da una famiglia e un restante 10% da un
gruppo di persone senza vincoli di parentela.
La Figura 1, panel A mostra la distribuzione del campione per dimensione e per età. Il numero medio di
addetti nel 2007 (anno antecedente l’intervista) è 32 e la mediana 20, con una fat tail a sinistra della
distribuzione; solo il 5% delle imprese ha più di 120 addetti. Il panel B mostra la distribuzione per età
delle imprese nel campione. Nonostante la dimensione contenuta l’età delle imprese non è bassissima:
la media è di 26 anni dalla fondazione e la mediana di 22. C’è però notevole eterogeneità: un 10% delle
imprese ha meno di 5 anni e una altro 10% più di 50 anni, un lasso di tempo coerente con la presenza
in queste imprese del loro fondatore e al massimo del suo immediato successore. Molto poche (l’1%)
hanno una età che eccede i 125 anni e che copre quindi almeno due generazioni lavorative (assumendo
una vita lavorativa di 50 anni) e 5 generazioni riproduttive (se in media si riproduce a 25 anni). Il
fatturato medio è di 18 milioni di euro ma riflette un distribuzione molto asimmetrica, dato che la
mediana è di 2.4 milioni di euro. Non sorprendentemente, età e dimensione sono positivamente
correlate (correlazione del 25%) e coerentemente con il fatto che si tratta di aziende di piccole
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dimensioni, la stragrande maggioranza ha l’attività concentrata in una unica regione (80%) e un unico
stabilimento e solo poche hanno attività all’estero.
La tavola 1 mostra la distribuzione delle imprese nel campione per settore di attività e per natura
giuridica. Un terzo delle imprese campionate operano nel manifatturiero, poco meno di un terzo nel
settore del commercio e un altro terzo nei servizi, inclusi quelli di trasporto. Data la dimensione del
campione la maggioranza delle imprese sono organizzate in forma di Srl (il 58%) o di Snc (il 13.6%);
un 15.5% è organizzato sotto forma di SpA e alcune (33 in totale) sono quotate in borsa.
3. Risultati descrittivi: l’impresa e l’assicurazione
3.1. Gestione del rapporto, consulenza e canale distributivo
In organizzazioni complesse come può essere una grande impresa la gestione dei rischi e dei contratti
assicurativi è di norma demandata a una struttura dedicata che si serve anche di consulenza esterna.
Nelle piccole imprese dell’indagine AFIS nel 50% dei casi la persona responsabile della gestione dei
rapporti con le assicurazioni è il proprietario e nel 46% l’ufficio amministrativo, in pochi casi e solo
nelle imprese più grandi l’ufficio finanza e credito, un riflesso della struttura organizzativa del’impresa
in funzione della dimensione (Tavola 2). Nella stragrande maggioranza dei casi (89%) è la stessa unità
che detiene i rapporti con le banche.
Nei rapporti con le assicurazioni e per la gestione della spesa assicurativa le piccole imprese di norma si
basano sulle proprie informazioni e non ricorrono a un consulente esperto (44.3% dei casi); un terzo
del campione si basa su un consulente sia per la decisione di copertura che per la stipula del contratto
mente circa il 12% fa ricorso alla consulenza esterna solo per decidere quali rischi assicurare e un 14%
solo per la stipula della polizza (Tavola 3). Inoltre, il canale di acquisto privilegiato se decidono di
sottoscrivere una polizza è l’agenzia o l’agente di assicurazione a cui ricorrono il 71% delle imprese,
mentre il 28% acquista tramite broker o consulente e solo una piccola frazione usa il canale bancario.
I dati indicano che le piccole tendono a concentrare i rapporti con poche compagnie. Il 54.3% delle
imprese ha rapporti con una sola compagnia di assicurazione e l’81% non eccede il numero di 2
compagnie. Pochissime intrattengono rapporti con più di 5 compagnie (Figura 3). Questo è in parte un
riflesso della predilezione verso rapporti concentrati in parte una conseguenza del fatto che le piccole
imprese hanno un limitato numero di rischi assicurati come vedremmo di seguito e quindi non
necessitano di ricorrere a operatori specializzati in rischi particolari.
3.2. Il possesso di assicurazione.
La Tavola 4 riporta la quota di imprese che ha sottoscritto una assicurazione per tipologia del rischio
assicurato accanto alla dimensione media delle imprese che hanno sottoscritto la polizza. Per descrivere
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il ricorso delle piccole imprese al mercato assicurativo sono stati individuati 11 diversi rischi assicurabili:
incendio e danni; rischi tecnologici; furto; merci trasportate; credito e cauzioni; copertura export;
business interruption; responsabilità verso terzi e verso i dipendenti; RC prodotto; rischio
ambientale/inquinamento; polizze a vantaggio dei dipendenti. Come illustra la tavola per ciascuno di
questi rischi vi è limitata partecipazione – nel senso che non tutte le imprese si assicurano ma soltanto
una parte di esse. In linea di principio, se l’impresa è soggetta al rischio e se il premio assicurativo non è
troppo distante dal fair value, la maggior parte delle piccole imprese dovrebbero assicurarsi. La ragione
è che la proprietà di queste imprese è estremamente concentrata e rappresenta uno quota molto elevata
della ricchezza dell’imprenditore: pertanto, non assicurando il rischio di impresa l’imprenditore si
espone al rischio di gravi perdite patrimoniali. E se l’imprenditore è avverso al rischio gioverebbe
dall’assicurarsi. Prima facie, la limitata partecipazione può essere evidenza di sottoassicurazione.
Tuttavia, la partecipazione al mercato differisce a seconda della tipologia del rischio. L’86% delle
imprese è coperta contro incendio e danni e la dimensione delle imprese che possiedono questo tipo di
assicurazione è di 33 addetti – in linea con al media del campione. Incendio e danni, oltre ad esser
rischi conosciuti è verosimile che siano anche rischi diffusi, che colpiscono tutte le imprese, ancorché in
misura diversa; è ragionevole quindi che molte, ma non tutte, siano assicurate; più sorprendente è che
bel il 30% delle imprese non ha una copertura contro il furto. E’ difficile infatti pensare a imprese che
non hanno assets da proteggere contro il furto così come è difficile pensare che vi siano imprese che
non hanno rischi che comportino responsabilità verso terzi, eppure il 32% non ha copertura contro
questo tipo di rischio. Viceversa, rischi tecnologici, quelli che investono merci trasportate, la copertura
export e business interruption è verosimile che rilevino soltanto per alcune imprese (imprese di servizio
di norma non hanno merci da trasportare e spesso hanno solo mercato nazionale e non sono esposte a
rischi di investimento all’estero) e ciò spiega i bassi tassi di partecipazione.
Un modo semplice per catturare la diffusione assicurativa tra le imprese è sommare il numero di rischi
assicurati. Questo indicatore ha un range compreso tra 0 (nessun rischio assicurato) e 11 (per una
impresa che possiede una assicurazione contro ciascuno di questi rischi). Il numero modale di rischi
coperti è 3, e riguarda il un quarto delle imprese; il 74% del campione si copre fino a un massimo di 4
rischi e solo il 4% è coperto contro 8 o più rischi.
Per avere una prospettiva sulla mancata assicurazione è stato chiesto alle imprese non assicura di
indicare la ragione limitatamente ai principali sei tipi di rischio (incendio e danni; rischi tecnologici;
furto; RC verso terzi/dipendenti; RC prodotto e RC ambientale). Tra le cause citate dalle imprese per
non assicurasi prevale la percezione di un rischio contenuto (oltre il 70% dei casi); al secondo posto
viene citato il costo dell’assicurazione (sommando sia il fatto che considerano l’assicurazione un
investimento troppo elevato e che il contratto viene percepito come non equo) ma una quota non
trascurabile (circa il 10%) indica il fatto che quel tipo di assicurazione non gli è stato proposto e quindi
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ne ignorano l’esistenza (Tavola 5). Per i rischi poco assicurati come quelli ambientali questo motivo può
contribuire a spiegare una quota significativa della mancata partecipazione al mercato.
La mancata assicurazione può dipendere da una scarsa soddisfazione del prodotto assicurativo. Per
appurare questa possibilità è stato chiesto alle imprese che posseggono almeno una assicurazione di
esprimere il loro grado di soddisfazione riguardo alle polizze stipulate fornendo un giudizio compreso
tra 0 (totalmente insoddisfatte) e 10 (pienamente soddisfatte). Condizionatamente ad assicurasi, le
imprese esprimono un elevato grado di soddisfazione verso la polizza sottoscritta. Il 34% delle imprese
esprime un indice di 8 e l’80% delle imprese assicurate esprime un indice di soddisfazione pari o
superiore a 7; solo il 2% esprime un indice di soddisfazione inferiore a 5 (Figura 4). Ovviamente l’indice
va valutato con cautela perché raccoglie le opinioni delle imprese che partecipano al mercato
assicurativo con almeno una polizza. Quelle non soddisfatte di una particolare assicurazione potrebbero
aver interrotto il rapporto oppure, non aspettandosi una elevata soddisfazione, potrebbero non averlo
mai iniziato; in altre parole, le opinioni sono quelle di una campione selezionato e quindi distorte verso
l’alto.
3.3 Rischio, prevenzione a autoassicurazione
Un modo per valutare la rischiosità dell’impresa è rilevare i rischi sperimentati nel passato;
limitatamente al rischio incendi e danni ai beni e il rischio di danno provocati verso terzi, è stato chiesto
alle imprese del campione di indicare se nei 5 anni precedenti l’intervista l’azienda ha subito incendi o
altri danni e se l’azienda ha causato danni a terzi (o dipendenti). Il 14.7 per cento dei rispondenti ha
subito incendi o danni mentre il 9 percento ha causato danni ai dipendenti (Tavola . Ovviamente la
passata realizzazione non è una misura del rischio prospettico: per alcune l’evento non si è verificato
nell’arco dei 5 anni passati anche se la probabilità dello stesso era elevata. Inoltre, dal punto di vista
della scelta assicurativa più che la frequenza osservata dell’evento conta la percezione della probabilità
che ne ha l’impresa. Per questo è stato chiesto alle imprese, limitamento al rischio incendio e danni e al
rischio di provocare danni a terzi di indicare la probabilità attesa dell’evento. Più precisamente, è stato
chiesto: “Con che probabilità la sua azienda, da qui a un anno, potrebbe subire danni ai fabbricati e/o
macchinari dovuti a incendi, esplosioni, atti vandalici o eventi atmosferici?” E per i rischi verso terzi:
“Con che probabilità la sua azienda, da qui a un anno, potrebbe cagionare danni a terzi (dipendenti,
fornitori, clienti etc.). La distribuzione delle risposte assomiglia, come è ragionevole attendersi, a una
distribuzione beta con parametri   1 e   1 cosicché una elevata quota delle risposte indica una
bassa probabilità dell’evento e solo pochi indicano elevate probabilità. Oltre il 60% delle imprese
indicano un probabilità contenuta, compresa tra l’1 e il 5% sia di subire un danno sia di provocarne uno
a terzi e un rimanente 13 per cento una probabilità tra il 6 e il 10%. Le distribuzioni inoltre sono molto
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simili (Tabella 6) e le risposte sono altamente correlate: le imprese che riportano elevate probabilità di
subire un danno riportano anche probabilità elevate di causarne uno a terzi (correlazione 77%).
Questo potrebbe essere il riflesso di un tratto del rispondente – quelli più ottimisti indicano probabilità
più basse sia di subire che di occasionare danni; oppure riflettere il fatto che quando si subisce un
danno è anche più probabile occasionare danni a terzi perché entrambi promanano dallo stesso evento,
oppure il fatto che alcune imprese sono intrinsecamente più rischiose su entrambi i fronti. La prima
spiegazione non sembra plausibile perché un indice di ottimismo dell’imprenditore (si veda la Sezione
xx) non è correlato con le probabilità di danno. Viceversa queste ultime sono correlate con la frequenza
di danni subiti nel passato e con la frequenza di rischi subiti come mostra la Figura 5.
Oltre ad assicurarsi sul mercato e cautelarsi contro i danni provocati da un evento, si può evitare il
danno limitando ex ante l’insorgere dell’evento oppure accumulando risorse precauzionali per far fronte
al danno ex post attingendo a queste riserve. Queste politiche possono sostituire oppure
complementare il ricorso al mercato. Nel campione di piccole imprese una quota maggioritaria del 55
per cento delle aziende possiede apparecchiature di prevenzione dei rischi di furto e di danno oltre a
quelle eventualmente previste dalle norme vigenti.
Viceversa solo il 27% ha accantonato fondi
precauzionali per far fronte a questi rischi (Figura 6). Poiché meno del 40% delle imprese possiede una
assicurazione contro il furto sarà interessante vedere se l’autoassicurazione e l’accumulo di risparmio
precauzionale sostituiscono o complimentano la scelta di assicurasi sul mercato.
4. Risultati descrittivi: l’imprenditore e la sua famiglia
In imprese di piccole dimensioni le scelte assicurative dell’impresa dipendono sia dei rischi che
l’impresa come tale affronta, sia dalle caratteristiche dell’imprenditore e dai rischi a cui e’ esposta la sua
famiglia. I dati dell’indagine consentiranno di identificare queste diverse determinanti poiché renderà
disponibili informazioni dettagliate sull’impresa e la sua copertura assicurativa, l’imprenditore e le sue
caratteristiche e la famiglia dell’imprenditore. Il lavoro guarderà alle determinati della domanda di
assicurazione distintamente per ciascuno dei rischi a cui l’impresa va soggetta distinguendo tra il
possesso di assicurazione e l’entità’ della copertura assicurativa. Diversamente dalla partecipazione a
altri mercati finanziari, se il funzionamento del mercato assicurativo si discosta dal benchmark di
assicurazione equa, può essere desiderabile anche per un imprenditore avverso al rischio non solo
assicurarsi parzialmente ma anche rinunciare alla assicurazione tout court. Il lavoro cercherà di isolare il
ruolo delle caratteristiche dell’impresa, dell’imprenditore e della sua famiglia sia sul margine estensivo
che su quello intensivo del ricorso al mercato assicurativo.
4.1. L’imprenditore: ruolo e caratteristiche demografiche
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Poiché in una piccola impresa il processo decisionale è verosimilmente molto accentrato le
caratteristiche rilevanti che impregnano le decisioni dell’impresa sono quelle del proprietario
dell’impresa o del suo amministratore delegato, e spesso le due figure coincidono. Pertanto
nell’indagine l’intervista è stata rivolta direttamente a una persona che all’interno dell’azienda ha una
posizione apicale. Infatti, il 53 per cento dei rispondenti è il proprietario dell’impresa mentre un altro 35
per cento è l’amministratore delegato o direttore generale della stessa. In un residuo 12 per cento del
campione l’intervistato è o il presidente o altra figura di spicco (Figura 7). Inoltre, i rispondenti sono
tutti coinvolti con quote rilevanti nella proprietà dell’azienda. La quota media detenuta è del 54% e il 25
per cento detiene più del 90% dell’impresa (Tavola 8). Inoltre, la proprietà dell’impresa assorbe una
quota rilevante del patrimonio della famiglia. Come mostra la Tavola 9A , in rapporto al patrimonio
famigliare il valore dell’impresa di proprietà incide per il 44%. Pertanto questi proprietari detengono un
portafoglio estremamente concentrato sull’impresa famigliare. Se i rischi a cui questa va soggetto non
sono assicurati sul mercato essi si riverberano direttamente sulla ricchezza e il reddito della famiglia e
l’unico buffer a cui attingere sono le altre componenti della ricchezza creando notevole stress alla
famiglia. Se vi sono impedimenti alla possibilità di diversificare il rischio di impresa – ad esempio
perché è rischioso diluire la partecipazione famigliare, o vi sono resistenze culturali a farlo, o
impedimenti ad accedere al credito richiedono che la famiglia proprietaria vi metta molto capitale, gli
incentivi ad assicurare i rischi d’impresa sono maggiori. Perdi più, se questi ultimi sono solo
parzialmente assicurabili, anche il valore di assicurare altri rischi che emergono direttamente dentro la
famiglia e che sono assicurabili (ad esempio, contro danni privati, malattie etc.) si accresce. I dati
dell’indagine,
proprio perché
raccolgono informazioni
sia
sull’impresa
sia
sulla
famiglia
dell’imprenditore e suoi assets consente di studiare questa complementarietà.
Nel campione, il ricorso parziale alla assicurazione si riscontra non solo nell’impresa ma anche nella
famiglia dell’imprenditore. Ad esempio meno della metà (il 43%) è assicurato contro il rischio morte, il
24% ha una polizza di risparmio, il 43 per cento una polizza contro gli infortuni e il 23% una polizza
sanitaria (Tavola 9B).
Gli imprenditori intervistati hanno una età media di 47 anni, hanno in media iniziato a lavorare a 22
anni, il 76% è sposato e un terzo è figlio di imprenditori (la metà se è proprietario dell’impresa. ) Il 21%
possiede una laurea e un 10% solo la media inferiore; la stragrande maggioranza (66%) ha un diploma
di scuola media superiore e, condizionatamente ad aver ottenuto un diploma di scuola media superiore
ha ottenuto un voto alla maturità in media di 80 su 100. Inoltre un 10% si è diplomato con pieni voti
mentre il primo quartile della distruzione ha ottenuto 70 punti su 100. Poiché la performance scolastica
è correlata con l’abilità cognitiva, questi voti indicano un livello di abilità tra gli imprenditori superiore
alla media.
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Un aspetto interessante del campione è che il 34% degli imprenditori intervistati sono donne. Questo
dato è difforme dalla statistica tipica di presenze femminili sia nella proprietà sia nel management delle
imprese quando si guardi alle imprese di maggiori dimensioni. Ad esempio, Bandiera et. al. (2009)
trovano che in un campione di managers di imprese italiane sopra i 50 addetti sol,o il 10 percento sono
donne.
4.2. L’imprenditore: attitudini nei confronti del rischio e dell’incertezza
In imprese in cui l’imprenditore detiene una quota rilevante della propria ricchezza nell’impresa e
quindi, come documentato, ha un portafoglio poco diversificato, le preferenze per il rischio potrebbero
avere un ruolo rilevante nel determinare le scelte di assicurare il rischio di impresa oltre ad assicurare i
rischi diretti che affronta la famiglia.
Per caratterizzare la struttura delle preferenze dell’imprenditore il questionario ha formulato una serie di
domande ipotetiche mirate a isolare vari tratti delle preferenze nei confronti del rischio, della incertezza
– cioè della attitudine verso casi in cui le probabilità degli eventi sono vaghe -, e del regret – la
possibilità di pentirsi per aver preso (non preso) una decisione che si è rivelata ex post peggiore
dell’alternativa che fu scartata ex ante. Tutti questi tratti sono potenzialmente rilevanti per le scelte
assicurative. Anche se tradizionalmente la teoria delle assicurazioni si è focalizzato sulla avversione al
rischio, in molte situazioni le probabilità dei danni non sono note – vi è genuina incertezza su questi
aventi – ed essa pesa sia sull’assicurato che sull’assicuratore. Spesso, situazioni di questo genere, nella
letteratura assicurativa sono stati definiti come casi in cui non vi è assicurabilità perché, non potendo
definire una probabilità unica per la perdita è difficile prezzare il rischio (Berliner, 1982). La rilevanza
dell’incertezza dipende dalla sensibilità degli individui ad essa.
L’esposizione ad eventi con conseguenze disastrose perché non si è stati abbastanza previdenti da
assicurasi sono una ovvia fonte di potenziale regret. Semplice introspezione e i racconti di conoscenti
che sono andati incontro a conseguenze spiacevoli evitabili con una assicurazione possono dare una
idea della potenziale importanza del regret nelle scelte di assicurazione.
4.2.1 Avversione al rischio
Per caratterizzare l’attitudine nei confronti del rischio sono state poste all’imprenditore usate tre diverse
domande. Con la prima gli è stato chiesto: ”Con quale delle seguenti opinioni si trova maggiormente
d’accordo? Il rischio e’ : a) un evento incerto da cui trarre profitto; b) un evento incerto da cui ci si
deve salvaguardare”; le risposte a questa domanda consentono di definire il modo in cui gli
imprenditori si pongono rispetto al rischio. La maggior parte – il 75.25% - ritiene che il rischio è
qualcosa da cui ci si deve salvaguardare (Figura 8.A). La seconda domanda chiede all’imprenditore:“Se
la strategia di investimento dell’impresa dipendesse solo da Lei, a cosa punterebbe? (risposta singola): a)
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Profitti molto elevati, pur con una elevata dose di rischio di significative perdite; b) Profitti buoni, ma al
tempo stesso una discreta possibilità di perdite; c) Profitti discreti ma con rare perdite; d) Profitti bassi
ma senza rischio alcuno di perdite”. Risposte spostate verso rendimenti elevati con rischi elevati
denotano una maggior tolleranza del rischio mente risposte in cui si è disposti a rinunciare a profitti
pur di evitare il rischio di elevate perdite denotano una maggiore avversione la rischio. Come è
ragionevole attendersi, la maggior parte degli imprenditori sono disposti ad assumersi dei rischi purchè
compensati con adeguati profitti: infatti, solo l’11% si accontenta di profitti bassi pur di evitare perdite.
La maggior parte (il 51%) pur se indica strategie prudenti, è disposto ad andare incontro a rare perdite
se compensate con discreti profitti e solo un minoranza (il 3.2%) sceglierebbe strategie rischiose che
danno elevati profitti accompagnati dal rischio di grosse perdite (Figura 8.B).
Poiché l’attività
imprenditorie è per sua matura rischiosa, è naturale attendersi che quelli che la scelgono abbaino una
maggiore tolleranza verso il rischio di un individuo generico nella popolazione. In una indagine
condotta da Unicredit durante lo stesso periodo in cui si raccoglievano le interviste sugli imprenditori
ma rivolta a un campione casuale di clienti al dettaglio è stata rivolta la stessa domanda sulle preferenze
rischio rendimento rivolta agli imprenditori. Coerentemente con l’idea che gli imprenditori sono meno
avversi al rischio, la quota di persone che nell’indagine Unicredit sceglie rendimento molto bassi pur di
evitare il rischio di perdite è del 43% mentre quella che sceglierebbe rendimenti levati pur con discreto
rischio di perdite è del 12.3 nel campione di Unicredit e del 34% tra gli imprenditori.
Infine, per ottenere una misura quantitativa della avversione al rischio dell’imprenditore è stata
disegnata una terza domanda in cui gli si chiede di effettuare una serie di scelte tra una somma certa di 1
milione di euro e un prospetto incerto che consente di ottenere 10 milioni di euro con probabilità p e
altrimenti zero con probabilità 1-p, in modo da individuare la probabilità p che rende l’imprenditore
indifferente tra il milione per certo e il prospetto incerto. Persone molto avverse al rischio
richiederanno una probabilità p molto elevata rinunciare al prospetto certo per quello incerto e
viceversa. Nella sequenza di domande la probabilità p varia tra 99% e 1% . La maggiore parte degli
imprenditori (il 58%) chiede un probabilità di ricevere i 10,000 del prospetto rischioso molto elevata –
del 99% - per rinunciare alla somma certa di 1 milione di euro prospetto e un altro 4.9% lascia la
somma certa per il prospetto incerto se la probabilità di vincere i 10 milioni è del 90%. Questo è
coerente con elevati gradi di avversione la rischio anche se le risposte sono verosimilmente influenzate
dalla dimensione delle cifre in campo. Tuttavia una quota del 12% continua a preferire il prospetto
incerto rispetto alla somma certa di un milione fintanto che la probabilità di vincita non scende sotto il
70% e un altro 12% degli intervistati è disposto a continuare a preferire il prospetto certo fintanto che
la probabilità di vincita è del 50% (Figura 9A). E’ interessante notare che si correlano le risposte alla
domanda qualitativa della Figura 8Be a quelle alla domanda quantitativa, le due mostrano un levato
livello di correlazione. Ad esempio, tra gli imprenditori che sceglierebbero la probabilità di vincita dei
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10 milioni di euro per rinunciare al prospetto certo di 1 milione è mediamente dell87%; tra quelli che
invece sceglierebbero strategie con levati profitti ancorché con levato rischio di perdite la probabilità è
meno del 70% (Figura 9B). Questo è coerente con l’idea che vi è un tratto caratteristico della persona
che definisce le sue attitudini verso il rischio e che è invariante al contesto specifico a cui la scelta si
riferisce.
4.2.2 Avversione alla ambiguità
Per classificare gli imprenditori sulla base della loro avversione all’incertezza sulle probabilità, nota
come avversione alla ambiguità, si è chiesto loro di effettuare la seguente scelta: “ Immagini di avere
davanti due urne che contengono ognuna 100 biglie con colori diversi, verdi e gialle. Lei vince 1.000
euro se viene estratta una biglia del colore che sceglie Lei. L’urna 1 ha 100 biglie, alcune verdi e alcune
gialle, ma lei non sa quante verdi e quante gialle. L’urna 2 contiene invece 50 biglie verdi e 50 biglie
gialle. Da quale urna preferirebbe fosse estratta la biglia?” Le risposte possibili sono: a) Forte preferenza
per estrazione dall’urna 1; b) Lieve preferenza per estrazione dall’urna 1; c) Indifferente la scelta tra le
due urne; d) Lieve preferenza per estrazione dall’urna 2; e) Forte preferenza per estrazione dall’urna 2.
Imprenditori che preferisco che la biglia venga estratta dall’urna 2 (risposte d ed e) sono ovviamente
avversi alla ambiguità perché preferiscono che l’estrazione venga fatta proprio dall’urna in cui il numero
di palline dei due colori è noto; imprenditori che sono indifferenti riguardo all’urna (risposta c) sono
neutrali alla ambiguità mentre quelli che preferiscono l’estrazione dall’urna 1 (risposte a e b) amano
l’ambiguità. Le risposte a questa domanda - che segue la falsariga del test di Ellsberg, il ricercatore che
per primo notò il fenomeno – indicano che la maggior parte degli imprenditori (il 48%) è avverso alla
ambiguità, un 21% è neutrale mentre un rimanente 31% è amante della ambiguità (Figura 10). Quindi,
mentre la stragrande maggioranza delle persone è avverso al rischio, cioè alla variabilità nelle
conseguenze le cui probabilità sono ben definite, una quota non trascurabile di persone non sono è
indifferente a una situazione cin cui le probabilità degli eventi sono vaghe ma molti preferiscono una
situazione di questo genere.
4.2.3 Rammarico
Per ottenere una misura di rammarico – la tendenza a pentirsi ex post per aver preso (o non preso) una
decisione - è stato chiesto all’intervistato di dire come reagirebbe a due possibili situazioni . In
particolare gli è stato chiesto: “Due anni fa un amico che si intende di finanza Le ha segnalato un
investimento con buone prospettive di rendimento.
Situazione 1:
Considerate le informazioni a sua disposizione in quel momento, lei ha preferito non fare niente (cioè
non fare l’investimento). Nel frattempo il valore di questo investimento è quasi raddoppiato e se
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l’avesse acquistato avrebbe potuto realizzare un grosso guadagno. In questa situazione Lei oggi sarebbe:
a) Molto pentito di non aver fatto l’investimento; b) Pentito, ma non così amareggiato; c) Non avrebbe
nessun rammarico.”
Situazione 2:
“Considerate le informazioni a sua disposizione in quel momento, lei ha investito una cifra significativa
nel titolo/prodotto di investimento che le era stato segnalato. Nel frattempo le condizioni di mercato di
tale investimento sono decisamente mutate in peggio, ed oggi il suo valore è pari a circa la metà di
quanto investito.
In questa situazione Lei oggi sarebbe: a) Molto
pentito di non aver fatto
l’investimento; b) Pentito, ma non così amareggiato; c) Non avrebbe nessun rammarico.”
La prima situazione si riferisce al caso in cui la scelta che è stata fatta è stata sub ottimale perché fosse
stata scelta l’alternativa si sarebbe potuto ottenere un grosso guadagno; quindi misura il rammarico per
una guadagno mancato. La seconda riguarda un caso in cui rispetto alla scelta fatta l’alternativa avrebbe
consentito di evitare una perdita significativa e si riferisce al rammarico per una perdita realizzata. Non
sorprendentemente il rammarico verso perdite realizzate è superiore al rammarico rispetto a mancati
guadagni; la quota di persona che si rammarica molto della prima è il 32% quella che si rammarica
molto per la seconda è 11.9% (Figura 11). Tuttavia quelli le tendono a rammaricarsi per una mancato
guadagno tendono anche a rammaricarsi per una perdita realizzata (correlazione 0.43).
4.3. L’imprenditore: fiducia e ottimismo
Il contratto di assicurazione è un contratto finanziario che prevede l’esborso di una somma di denaro
immediata (in questo caso il premio) in cambio di una promessa di una somma di denaro in futuro
sotto determinate circostanze (l’indennizzo in caso di danno in un contratto di assicurazione). La
credibilità di quella promessa rende la transazione possibile. In parte essa è garantita dal fatto che il
titolare della polizza ha una protezione legale che può far valere se l’assicurazione non ottemperasse
agli impegni; ma poiché il grado di protezione legale non è mai perfetto (e certamente non lo è in Italia
dati i tempi di funzionamento della giustizia, come si vedrà in seguito) la fiducia dell’assicurato nei
confronti della assicurazione è un elemento che può giocare un ruolo importante nella scelta di
assicurasi.
Agli imprenditori intervistati è stato chiesto di indicare, in una scala il loro grado di fiducia verso una
serie di entità tra cui: le altre persone in generale, gli altri imprenditori, le assicurazioni, le banche, la
borsa. Le risposte vengono fornite in una scala tra zero e 10 dove zero significa nessuna fiducia e 10
totale fiducia.
Vi è notevole dispersione nella attitudine a fidarsi. In media, gli imprenditori hanno un grado di fiducia
verso le altre persone in generale pari a 5.6 (mediana 6); poco meno del 13% degli intervistati ha un
14
livello di fiducia molto basso, non superiore a 2, e un 15.5 % ha un grado di fiducia elevata (superiore o
uguale a 8) – si veda la Figura 12 . La fiducia verso gli altri imprenditori (Figura 13 A) ha una media
simile (5.7) ma meno massa di frequenza sia bassi livelli di fiducia che ad elevati livelli; ovvero è meno
probabile che un imprenditore diffidi del tutto o si fidi del tutto di un altro imprenditore piuttosto che
di una persona qualunque.
La fiducia verso le banche invece è molto più bassa – 4.6 e ancora di più quella verso il mercato
azionario (3.4) anche tra gli imprenditori di imprese quotate che hanno una fiducia nel mercato
azionario solo leggermente più alta (3.7). Le assicurazioni godono di un livello di fiducia più elevato di
quello assegnato alle banche , pari a 5.1 (si veda la Figura 13B) e inoltre la distribuzione è meno densa
verso livelli di fiducia molto bassi (sotto 2). In generale, queste varie misure sono correlate tra di loro
come mostra la Tavola 11, indicando che la diffidenza è un tratto personale che viene esteso alla
valutazione della affidabilità di qualunque entità.
L’indagine inoltre raccoglie altri tre misure del carattere del’imprenditore per misurare la sua
ostinazione, eccesso di stima in se stesso (overconfidence) e ottimismo. La prima misura è basata sulla
domanda: “Di fronte ad un ostacolo nel percorso per raggiungere un obiettivo lei, dove si colloca nella
seguente scala da 0 a 10, dove 0 significa che mollerebbe alla prima difficoltà e 10 che non mollerebbe
mai?”; l’indicatore di overconfidence si basa sulla domanda: “Rispetto alla abilità media dei suoi
colleghi imprenditori/responsabili aziendali, nel fare il suo mestiere, lei ritiene di essere: a) Superiore
alla media; b) Nella media; c) Al di sotto della media.” Quello di ottimismo è ottenuto dalle risposte alla
domanda: “Quanto è d’accordo con la seguente affermazione “Tutto sommato mi aspetto che mi
succedano più cose buone che cattive”? Utilizzi sempre una scala da 0 a 10 dove 0 significa che non
condivide per niente e 10 che condivide molto.” La stragrande maggioranza degli imprenditori mostra
elevati livelli di ostinazione o volontà, con valore modale di 8 e oltre un terzo che riporta un valore tra 9
e 10 (Figura 12A). La maggior parte invece ritiene di avere abilità nella media della distribuzione,
segnalando che overconfidence non sia una caratteristica rilevante almeno in questo campione di
imprenditori. Inoltre buona parte degli imprenditori mostra elevati livello di ottimismo: il valore medio
dell’indicatore è 7.2 (mediana 7), solo il 2.5 per cento ha valori dell’indicatore inferiori a 4 mentre più
del 48 per centro ha un valore uguale o superiore a 8 ( Figura 12C).
4.4. L’imprenditore: valutazioni soggettive
Per valutare il rischio complessivo dell’impresa all’imprenditore è stato anche chiesto di dare un
valutazione della probabilità di fallimento e delle aspettative di crescita dell’impresa e della sua
variabilità. In particolare è stato chiesto di riportare il valore minimo e il valore massimo delle vendite
che l’imprenditore si aspetta di conseguire in un orizzonte di 5 anni e di indicare la probabilità che le
vendite realizzate siano inferiori al valore di mezzo compreso nell’intervallo tra le vendite massime e
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quelle minime. In questo modo si ottiene una caratterizzazione semplificata dell’intersa distribuzione
della crescita attesa.
Inoltre è stato chiesto di indicare la probabilità che, sin un orizzonte di 5 anni, una impresa dello stesso
settore con le stesse caratteristiche della sua fallisca e la probabilità che a fallire sia la sua impresa.
Questo rischio ovviamente non è assicurabile ma potrebbe influenzare comunque le scelte assicurative
dell’impresa – ad esempio perché se il rischio di fallimento è elevato l’imprenditore può aver poco
interesse a salvaguardare l’impresa dal rischio di incendio pagandone i premi. La Tavola 12 mostra la
distribuzione campionaria delle due probabilità. La probabilità media attesa che fallisca una impresa del
settore è del 25% (mediana 20) mentre la probabilità che a fallire sia la propria impresa
sistematicamente più bassa, intorno al 12.7% in media (5% la mediana); tuttavia le due probabilità sono
altamente correlate (correlazione 0.65).
5. La determinanti della domanda di assicurazione
5.1 Teoria.
La scelta di assicurazione delle imprese dipende da determinati standard della domanda di assicurazione
quali il l’entità del rischio da assicurare (la probabilità dell’evento e la dimensione della perdita
condizionatamente all’evento) e il costo della assicurazione, e da alcune determinanti specifiche che
influenzano la domanda di assicurazione delle imprese come ad esempio problemi di moral hazard
dovuti alla possibilità per l’impresa di scaricare il rischio sui creditori. Inoltre nel nostro contesto di
imprese di piccola dimensione in cui la separazione tra bilancio dell’impresa e bilancio dell’imprenditore
non è netta, non solo le caratteristiche dell’impresa ma anche quelle dell’imprenditore e della sua
famiglia posso influire sulle scelte assicurative dell’impresa. Per comodità il seguente gruppo di
determinanti:
5.1.1 Caratteristiche dell’impresa: rischio
Misuriamo il rischio in tre modi: con due misure della probabilità soggettiva di subire un danno
nell’arco di un anno e di causare una danno; due indicatori di danni subiti e danni causati nei passati 5
anni e con due misure della probabilità di fallimento dell’impresa nei successivi 5 anni, la prima riferita a
una generica impresa operante nella stessa industria e con simili caratteristiche (dimensione, età etc.) e la
seconda alla propria impresa. Le prime due misure si riferiscono al rischio specifico da assicurare e la
domanda di assicurazione dovrebbe essere crescente con la probabilità soggettiva se il rischio non è
riflesso pienamente nel premio ad esempio perché le compagnie di assicurazione non possono o non
vogliono discriminare di prezzo o perché hanno una percezione diversa (e distorta) da quella
dell’impresa. Un effetto positivo della probabilità di danno sulla domanda di assicurazione sarebbe
pertanto evidenza di selezione avversa.
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Le altre due variabili sono una misura dei rischi passati. L’effetto sulla domanda di assicurazione è
meno ovvio: se come le prime due misure esse riflettono la rischiosità dell’impresa, la domanda di
assicurazione dovrebbe aumentare; tuttavia, se il premio risponde al verificarsi di rischi – ad esempio
attraverso clausole bonus malus - il verificarsi di rischi può ridurre la domanda di assicurazione se
l’elasticità del premio all’evento è elevata e la domanda è sensibile al premio.
Le ultime due misure colgono il rischio generale dell’impresa di scomparire dal mercato, rischio in
genere non assicurabile. In presenza di responsabilità limitata, imprese che anticipano una elevata
probabilità di fallimento possono avere un incentivo molto basso ad assicurasi perché il valore di
preservare l’impresa è basso.
5.1.2 Caratteristiche dell’impresa: demografiche
L’incentivo ad assicurarsi dipende dalla dimensione del premio, dalla dimensione della perdita se
l’evento si materializza, e dal costo della perdita se l’impresa non si assicura. Alcune di queste variabili
non sono direttamente osservabili. E’ ragionevole però che siano correlate con alcune variabili
osservabili. In particolare il settore e la regione in cui opera l’impresa possono catturare parte della
variabilità nei premi se i ricarichi delle compagnie differiscono sistematicamente sulla base della
geografia e del settore; lo stesso è vero per altre caratteristiche demografiche dell’impresa come l’età e in
particolare la dimensione. Quest’ultima può cogliere diversi fattori; è correlata con la dimensione del
danno (un incendio in una impresa di grosse dimensioni causa danni maggiori che in una impresa di
piccole dimensioni) il che suggerisce una correlazione positiva; d’altro canto imprese più grosse sono
più diversificate e la loro struttura proprietaria più diluita, il che genera una maggior capacità di
sopportare il rischio ed evitare i costi dell’assicurazione.
Per catturare questi effetti nelle stime
controlleremo per la dimensione dell’impresa (misurata dal numero di dipendenti), l’età, il settore, la
regione di localizzazione, la concentrazione della proprietà (la quota detenuta dai primo tre azionisti) e
un indicatore se l’impresa è quotata e la quota di fatturato estero.
5.1.3 Caratteristiche dell’imprenditore: preferenze per il rischio
Per un singole individuo, il principale driver della domanda di assicurazione, dati premio e rischio, è il
suo grado di avversione al rischio (Mossin, 1968; Arrow, ). In imprese la cui proprietà è divisa tra
azionisti con portafogli ben diversificati le preferenze verso il rischio di questi ultimi non dovrebbero
invece avere nessun effetto sulla decisione dell’impresa di assicurasi poiché il rischio che l’impresa
assume se non si assicura può essere compensato sul mercato detenendo meno dello stock di
quel’impresa. Essi pertanto si comportano come neutrali verso il rischio e le loro preferenze sono
irrilevanti per le scelte dell’azienda. Tuttavia se la proprietà dell’impresa è concentrata e l’imprenditore
detiene una quota rilevante del valore dell’impresa nella sua ricchezza, come accade per le imprese non
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quotate a gestione famigliare, le preferenze dell’imprenditore dovrebbero nuovamente incidere sulle
scelte di assicurazione dell’impresa: imprenditori più avversi al rischio dovrebbero essere più propensi
ad assicurasi. Inoltre, in uno schema più generale di scelta in condizioni di incertezza anche altri
parametri di preferenza dell’imprenditore potrebbero influire sulla scelta di assicurare i rischi di impresa.
Per cogliere questa dipendenza usiamo tre diverse misure: la prima è una misura di avversione al rischio
basata sul profilo rischio rendimento preferito all’imprenditore; la seconda l’indicatore di avversione
all’ambiguità raccolto nel’indagine e la terza l’indicatore di rammarico verso le perdite. Usiamo
quest’ultimo perché trattandosi di assicurazione ciò di cui ci si potrebbe rammaricare è una perdita che
si sarebbe potuta evitare.
Inoltre teniamo anche conto di altri tre tratti dell’imprenditore che potrebbero influenzare la
disponibilità a evitare rischi assicurandosi: in particolare, una misura di ottimismo, una misura di
overconfidence e una misura di ostinazione. Sul segno dell’effeto di queste variabili, una volta
controllato per l’avversione al rischio, non abbiamo un prior.
5.1.3 Problemi di agenzia nel contratto di assicurazione e fiducia
Il contratto di assicurazione è un contratto finanziario e come tale è esposto a possibilità di abusi. Di
norma, nella letteratura si è posta l’attenzione sulla possibilità che l’assicurato frodi l’assicurazione
manipolando ex post l’entità del danno (o millantando la sua esistenza), oppure alterando, con il suo
comportamento, il rischio sopportato dalla compagnia. Questi rischi di moral hazard ex post ed ex ante
di norma vengono prezzati e riflessi sui premi e influenzano la decisioni di assicurasi attraverso quel
canale.
Ma vi è anche un rischio che sopporta invece l’assicurato: che l’assicurazione non ottemperi ai propri
obblighi contrattuali in caso di danno; nonostante il contratto di assicurazione riceva protezione legale
questa in genere è meno che perfetta, costosa da ottenere, incerta nel suo esito nei tempi di esecuzione.
In questi casi la fiducia che l’assicurato ha nella correttezza dell’assicurazione e nel credere che non
adotti comportamenti opportunistici può avere un ruolo importante nell’influenzare la decisione di
assicurasi. Questo aspetto è di norma trascurato nella letteratura ma è potenzialmente importante nelle
scelte finanziarie (Guiso et. al 2009; Cole et. al. 2009). Per verificare se e quanto la fiducia influenza la
domanda di assicurazione usiamo tre misure espresse tutte in una scala 0 (nessuna fiducia) e 10 (totale
fiducia): un indicatore di fiducia verso le assicurazioni, verso le altre persone in generale e verso le
banche. Sotto l’ipotesi che non via completa copertura legale, un più levato livello di fiducia dovrebbe
accrescere la propensione ad assicurasi.
5.2 Risultati: possesso delle singole assicurazioni
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Per avere una idea delle principali determinati riportiamo una serie di stime probit del possesso di
ciascuna delle 10 assicurazioni descritte nella Tavola 4. Le stime controllano per le caratteristiche
dell’impresa, la probabilità di subire e provocare danni, l’esperienza di rischi subiti e provocati, la
probabilità di fallimento dell’impresa e misure della concentrazione proprietaria. Essa anche includono
una serie di indicatori per il settore in cui opera l’impresa e la regione geografica (per brevità i
coefficienti non sono riportai). Per tutti i rischi considerati c’è una correlazione positiva e forte tra la
dimensione dell’impresa e la probabilità di assicurare qualunque rischio (Tavola 13) . L’età dell’impresa
ha pure un effetto positivo ma non sempre significativo ed economicamente contenuto: un aumento
dell’eta dell’impresa di 20 anni accresce la probabilità di sottoscrivere una polizza danni o una polizza
contro il furto di 2 punti percentili e di simili grandezze per le altre polizze dove l’effetto è significativo
statisticamente.
La probabilità di subire danni o furti nel futuro ha un effetto positivo sulla possesso di assicurazioni
danni e furti coerentemente con quanto ci si aspetta se non c’è perfetta discriminazione di prezzo e c’è
selezione avversa (Tavola 13 A). L’effetto è anche economicamente rilevante: ad esempio, passando da
un probabilità percepita compresa l’1 e il 5% a una compresa tra il 20 e il 30% accresce la probabilità di
possesso di una assicurazione contro il furto di 10 punti percentuali - ovvero 1/6 della media
campionaria.
Un aspetto interessante è che il rischio di danni/furti accresce la propensione ad
assicurare quel rischio ma influenza anche la propensione ad assicurare altri rischi e in particolare
riduce il possesso di assicurazione RC verso i terzi e i dipendenti. Una possibile interpretazione è che
c’è correlazione negativa tra il rischio di danno/furto e quello RC verso terzi per cui il rischio di danno
osservato sta cogliendo quello RC verso terzi non osservato. Un’altra, forse più verosimile, è che stante
un vincolo di risorse da destinare a premi assicurativi, si alloca la spesa al rischio relativo più elevato a
scapito di altri rischi. Una implicazione è che l’effetto di selezione avversa non riguarda solo il rischio
diretto ma anche altri rischi con bassa probabilità i quali vengono crowd out. La stessa variazione nella
probabilità di danno/furto considerata prima riduce la probabilità di possesso di una assicurazione RC
verso terzi e dipendenti del 12% - nuovamente 1/6 circa della media campionaria. Di segno opposto è
invece l’effetto su rischio RC ambientale, forse perché la probabilità di subire danni può essere correlata
positivamente con quella di causare danni ambientali (Tavola 13 B).
La probabilità percepita di causare danni a terzi è, come ci si aspetta, correlata positivamente con la
probabilità di possedere una polizza RC verso terzi e dipendenti: un aumento della probabilità dall’15% al 21-30% aumenta la probabilità di possesso di 24.5 punti percentuali, 1/3 della probabilità media
di possesso. Essa ha anche un effetto positivo sul possesso di assicurazioni RC prodotto (ovvero rischi
derivanti dal cattivo funzionamento dei prodotti).
Un dato interessante delle stime è che imprese che nel passato hanno subito danni oppure hanno
causato danni a terzi è meno probabile che siano correntemente assicurate. Ad esempio, quelle che
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hanno subito danni nei trascorsi 5 anni hanno una probabilità di 10 punti più bassa di avere una
assicurazione contro l’incendio e della stessa entità di possedere una assicurazione contro il furto e
l’effetto è statisticamente molti significativo. Analogamente una impresa che ha causato un danno a
terzi nel passato ha una probabilità più bassa di avere oggi una assicurazione RC ambientale e RC verso
terzi. L’effetto negativo di rischi verificatesi nel passato sulla propensione ad assicurasi è contro
intuitivo se si interpreta l’indicatore come misura della rischiosità attesa e in qualche misura questo è
così poiché, come mostra la Figura 5 la probabilità attesa di un danno è positivamente correlata con
l’insorgenza di un danno nel passato e così pure la probabilità attesa di causare un danno con l’aver
causato danni nel passato. Tuttavia le stime controllano per l’effetto della probabilità attesa e quindi
tengono già conto di questa correlazione. Una possibile interpretazione è che il verificarsi (la
provocazione) di un danno comporti una revisione dei premi verso l’alto per le imprese che subiscono
(originano) il danno ad esempio attraverso cause bonus malus o perché l’assicurazione rivede la
valutazione del rischio. Se l’elasticità del premio al rischio è elevata queste imprese possono decidere di
non partecipare al mercato dando origine alla relazione negativa.
La concentrazione della proprietà dell’impresa e il fatto di essere quotata non ha effetti di rilievo sulla
decisione di assicurasi così come la probabilità che l’impresa fallisca o che sia localizzata in un settore
con una levata probabilità di fallimento per una impresa con simili caratteristiche. Delle rimanenti
variabili il numero di stabilimenti è positivamente correlato con la probabilità di assicurasi: un possibile
interpretazione è che imprese con molteplicità di stabilimenti sono imprese complesse; un’altra che il
numero di stabilimenti coglie effetti non lineari della dimensione dell’impresa sulla domanda di
assicurazione. Infine, la quota di esportazioni ha un effetto positivo sull’assicurazione dei rischi per
merci trasportate e per l’assicurazione dell’export estero come è ovvio attendersi; meno ovvio forse è
che la quota di fatturato esportato accresca l’assicurazione contro rischi di business interruption, ma
razionalizzabile con il fatto che evitare questi rischi ha un elevato valore i settori molto esposti alla
concorrenza cosi come l’assicurazione RC prodotto.
5.3 Risultati: determinanti del numero di assicurazioni
Un limite della stima di modelli per il possesso di singole assicurazioni contro specifici rischi è che essi
non colgono le interazioni e le dipendenze tra rischi e la possibilità che la scelta di assicurare un rischio
avvenga a scapito di un altro, anche se i singoli rischi sono indipendenti. Questo può rendere difficile
identificare l’effetto di variabili di preferenza sulla domanda di assicurazioni.
Ad esempio, una
maggiore avversione al rischio può accrescere la probabilità di possesso di una assicurazione contro un
dato rischio, ma una volta assicurato questo rischio il rischio complessivo che l’impresa affronta si è
ridotto e questo può risultare in una riduzione della assicurazione di una altro rischio. In una stima in
forma ridotta come quelle riportate nella Tavola 13, questo può risultare in un effetto positivo della
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avversione al rischio sulla domanda di assicurazione contro il primo rischio e negativo sulla
assicurazione del secondo tipo. Per ovviare a questi effetti costruiamo un indicatore del possesso
complessivo di assicurazione contro i vari rischi sommando il numero di rischi assicurati (polizze
detenute).
5.3.1 Risultati: effetto del rischio e caratteristiche dell’impresa
La Tavola 14, colonna 1 riporta le stime controllando per le stesse variabili incluse nelle stime di
Tavola 13. Il pattern dei risultati precedenti è confermato: la domanda di assicurazione cresce con la
dimensione dell’impresa e la sua età ed è correlata positivamente con la probabilità percepita di subire
danni; la probabilità invece di causare danni non ha un effetto significativo sul numero di complessivo
assicurazioni mentre, come si ricorda influenzava la probabilità di possesso di assicurazioni RC. Una
interpretazione è che questo effetto positivo sulle assicurazioni RC è compensato da un effetto negativo
sulla assicurazione di altri rischi.
L’aver subito o causato danni nel passato ha un effetto negativo sul numero di assicurazioni e l’effetto è
rilevante poiché riduce il numero di polizze di 0.5 – 1/6 della media campionaria. Essere quotate, o
avere una concentrazione proprietaria diluita non influenza il ricorso al mercato assicurativo mentre la
copertura totale cresce con il numero di stabilimenti e la quota esportata come nelle stime singole.
5.3.2 Risultati: effetto delle preferenze e altri tratti e caratteristiche dell’imprenditore
La seconda colonna della Tavola 14 aggiunge tre misure di preferenza verso il rischio e l’incertezza
dell’imprenditore. Imprese in cui l’imprenditore è più avverso al rischio hanno una minore copertura
assicurativa e l’effetto è economicamente importante: passando dalla categoria meno avversa a quella
più avversa accresce il numero di polizze di 0.5, 1/6 del numero medio di polizze assicurative. Questo
risultato conferma l’idea che in imprese di piccole dimensioni le preferenze verso il rischio del
proprietario si riflettono sulle scelte assicurative dell’impresa. Le stime mostrano che anche la
avversione verso l’ambiguità non ha effetto sulla scelta assicurativa; una possibile ragione è che i rischi
rilevanti per l’impresa sono in genere ben definiti e conosciuti lasciando poco spazio alla avversione
verso l’incertezza sulle probabilità. Per cogliere l’attitudine nei confronti del rammarico nelle stime
abbiamo incluso un indicatore pari ad 1 se la persona non prova nessun rammarico per una perdita che
avrebbe potuto evitare avesse deciso diversamente. Imprenditori che non provano rammarico sono
meno assicurati di quelli che prova un po’ o molto rammarico a seguito di una perdita: i primo
detengono in media 0.22 assicurazioni in meno dei secondi. Poiché avversione al rischio e avversione al
rammarico sono tratti poco correlati (correlazione 0.02) il loro effetto sulla domanda di assicurazione è
cumulativo: un imprenditore con il grado più elevato di avversione al rischio e che prova rammarico ha
in media 0.7 assicurazioni in più – il 20% della media campionaria.
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La terza colonna aggiunge anche il grado di ostinazione, il grado di ottimismo e l’indicatore di
overconfidence. Ostinazione ed ottimismo accrescono entrambe la propensione ad assicurasi in modo
significativo mentre il grado di overconfidence non ha un effetto. Economicamente ostinazione ed
ottimismo hanno effetti simili: accrescendo questi tratti dal valore del quinto percentile a quello del 95
percentile aumenta in numero di assicurazioni di 0.5 – un effetto simile a quello di aumentare
l’avversione al rischio dal minimo al massimo valore nel campione.
L’ultima colonna, infine aggiunge come controlli una serie di caratteristiche demografiche
dell’imprenditore e una misura dell’importanza della ricchezza investita nell’impresa nel patrimonio
famigliare. Nessuna di queste caratteristiche ha effetti sulla domanda di assicurazione dell’impresa.
5.3.3 Risultati: il ruolo della fiducia verso le assicurazioni
La Tavola 15 espande la specificazione della Tavola 14 per verificare il ruolo della fiducia. La prima
colonna aggiunge il grado di fiducia verso le assicurazioni; la stima mostra un effetto positivo,
significativo ed economicamente rilevante: aumentare la fiducia nelle assicurazioni dal quinto al
novantesimo percentile aumenta la copertura assicurativa di 0.7 pari al 20% della media campionari. Si
noti che questo effetto lascia invariato l’effetto dell’ottimismo e dell’ostinazione; inoltre escludendo
dalla stima queste ultime due variabili l’effetto della fiducia aumenterebbe solo di poco. Questo
suggerisce che l’effetto della fiducia non riflette il grado di ottimismo e di ostinazione malgrado fiducia
e ottimismo siano parzialmente correlati (correlazione 0.15) e che queste variabili influenzano la scelta
di assicurasi attraverso canali indipendenti.
Un aspetto importante è se la l’effetto della fiducia catturi effettivamente la fiducia verso le
assicurazioni oppure se non rifletta piuttosto il fatto che persone che non si fidano in generale,
tenderanno a diffidare anche delle assicurazioni indipendentemente dalla effettiva affidabilità (percepita
o effettiva) di queste ultime. Questa possibilità esiste perché le varie misure di fiducia sono correlate tra
di loro come evidenziato nella Tavola 11. Per verificare questa possibilità nella seconda colonna si
inserisce anche il grado di fiducia verso le altre persone in genere. Mentre questo indicatore non ha
nessun effetto sulla domanda di assicurazione la fiducia specifica vero le assicurazioni mantiene
inalterato il suo effetto, escludendo quindi che possa catturare diversità nella tendenza delle persone a
fidarsi in generale piuttosto che la affidabilità specifica delle assicurazioni. Infine, la terza colonna
aggiunge anche il grado di fiducia verso le banche per verificare se l’effetto della fiducia verso le
assicurazioni non rifletta piuttosto una scarsa fiducia verso le istituzioni finanziarie in generale.
Aggiungendo questo variabile lascia i risultati invariati: solo la fiducia specifica verso le assicurazioni
conta per la decisione se assicurasi o meno mente la fiducia verso le banche o quella verso le persone in
genere non hanno un effetto significativo indipendente.
22
5.4. Cosa determina la fiducia verso le assicurazioni ?
Questi risultati indicano che, una volta che si tenga conto del grado di fiducia verso le assicurazioni, la
fiducia verso gli altri e verso le persone non ha un effetto aggiuntivo diretto sulla scelta di assicurarsi.
Ma cosa determina la fiducia nelle assicurazioni? Se essa riflette anche la fiducia che una persona ha
verso gli altri, allora l’effetto di quest’ultima non è diretto ma indiretto perché influenza la fiducia verso
le assicurazioni. Un simile ragionamento vale anche per la fiducia verso le banche e in genere verso le
istituzioni finanziarie. E’ possibile che la fiducia verso le assicurazioni rifletta la percezione che le
persone hanno dell’affidabilità delle banche e che una scarsa fiducia verso le banche possa tradursi in
una scarsa fiducia verso le assicurazioni. In genere è utile distinguere tra determinanti della fiducia verso
le assicurazioni che riflettono azioni specifiche di queste ultime da determinanti esterne – come
appunto l’attitudine di una persona a fidarsi degli altri in genere o la fiducia che hanno verso gli
intermediari. Per questo isoliamo una serie di variabili che riguardano la relazione tra l’impresa e che
sono dei buoni candidati per influenzare la fiducia della prima verso la seconda:
il grado di
soddisfazione dell’impresa riguardo alle polizze stipulate e i due indicatori dei rischi subiti e causati nel
passato. Imprese soddisfatte dell’assicurazione lo saranno anche perché quest’ultima si è comportato in
modo aderente al contratto e avendo cura degli interessi del cliente ad esempio quando fornisce un
consiglio sulla polizza, la sua struttura etc. I danni subiti in precedenza sono una occasione per
verificare il comportamento dell’assicurazione e valutarne l’affidabilità
Oltre a queste variabili teniamo conto dell’effetto della attitudine dell’imprenditore a fidarsi degli altri
in generale e della sua fiducia verso le banche.
La Tavola 16 mostra i risultati. La prima colonna tiene conto solo delle variabili specifiche
dell’assicurazione. La soddisfazione dell’impresa sulla fiducia nell’assicurazione: usando queste stime un
aumento della soddisfazione da 5 (il valore del quinto percentile) a 9 (il 90-esimo percentile) accresce la
fiducia di 1.7 punti, pari al 35% della media campionaria. Imprese che nel passato hanno subito un
danno o un incendio tendono ad avere più fiducia nelle assicurazioni mentre l’aver provocato un
danno nel passato ha un effetto negativo ma piccolo e non statisticamente significativo. Con una
eccezione, le caratteristiche dell’imprenditore non hanno effetti significativi sulla fiducia verso le
assicurazioni. L’eccezione è il sesso: i maschi tendono a diffidare più delle donne imprenditrici delle
assicurazioni. Quando si inserisce nella colonna 2 il grado di fiducia verso gli altri, quest’ultimo pure ha
un forte effetto sulla fiducia verso le assicurazioni suggerendo che parte della variabilità che si osserva
nei dati riflette diverse attitudini a fidarsi in genere; ma l’effetto della soddisfazione, pur diminuendo un
po’, mantiene la sua rilevanza economica e statistica. La fiducia verso le banche ha un forte effetto
positivo sulla fiducia verso le assicurazioni e, quando si tiene conto di essa l’effetto della fiducia verso
gli altri in generale diminuisce notevolmente suggerendo che in buona parte questa misura stava
23
catturando l’effetto della fiducia verso le banche. Inoltre l’effetto del grado di soddisfazione pur
riducendosi ulteriormente rimane elevato e statisticamente significativo.
Nel complesso questi risultati suggeriscono che: a) l’attitudine a fidarsi degli altri influenza la fiducia
verso le assicurazioni; b) i comportamenti delle assicurazioni che influenzano il grado di soddisfazione
dell’assicurato sono una determinante rilevante della disponibilità di un imprenditore ad accordare
fiducia alla assicurazione oltre quella che è disposto ad accordare in genere; c) la fiducia verso le banche
ha uno spillover sostanziale verso le assicurazioni (e probabilmente viceversa) suggerendo che, nel
formare i loro a priori sulla affidabilità di banche e assicurazioni le imprese tendono ad accomunare
questi due tipi di intermediari.
24
6. Discussione e implicazioni di policy
I risultati discussi nelle sezioni precedenti sono coerenti con l’idea che le piccole imprese possono
essere sottoassicurate. Il fatto che le attitudini e i beliefs dell’imprenditore abbiano un ruolo importante
nell’influenzare la decisione dell’impresa di assicurasi è coerente con l’idea che questi imprenditori
detengono quote rilevanti di partecipazione nell’impresa e quindi ne subiscono direttamente il rischio
quando questo non è assicurato. Limiti alla assicurabilità di questi rischi, dovuti a costi elevati di
assicurazione, problemi informativi o anche problemi di agenzia tra l’impresa e l’assicurazione che
limitano la credibilità del contratto, possono avere ripercussioni importanti sul benessere
dell’imprenditore e della sua famiglia.
Le stime ottenute e le risposte fornite dalle imprese sulle ragioni per cui non si assicurano sono coerenti
con l’esistenza di barriere alla assicurabilità dei rischi di impresa. Tra le ragioni non assicurate la ragione
principale per cui le imprese dicono di no assicurasi è che il rischio è contenuto e che il costo è elevato.
Queste due affermazioni assieme implicano che la deviazione da assicurazione equa dovuta a costi di
transazione, monitoraggio, screening etc. inducono le imprese migliori a non assicurasi ed è evidenza di
selezione avversa. Nella stessa direzione punta il fatto che l’entità del rischio percepito influenza la
scelta dell’impresa di assicurasi e suggerisce che una componente del rischio di impresa non è osservata
dalla assicurazione e quindi non è prezzata; poiché il premio riflette il rischio medio, le imprese non
basso rischio non si assicurano. Inoltre, la limitata fiducia verso le assicurazioni agisce anch’essa da
barriera alla assicurabilità dei rischi di impresa.
Che politiche possono essere adottate per accrescere l’accesso delle piccole imprese al mercato
assicurativo? Qui suggeriamo due tipi di politiche distinte, le prime so no mirate a migliorare alcuni
aspetti di fondo del contesto in cui le assicurazioni operano che amplificano i costi di assicurazione: un
miglioramento del contesto ridurrebbe questi ultimi facilitando l’accesso al mercato; le seconde
investono direttamente l’industria delle assicurazioni e riguardano interventi per migliorare la relazione
con l’assicurato e accrescere la fiducia verso le assicurazioni superando quella che i dati indicano come
un importante barriera alla protezione del rischio.
6.1. Interventi per migliorare il contesto
6.1.1. Enforcement delle punizioni delle frodi assicurative
Una importante ragione per cui i premi possono deviare da quelli di assicurazione equa è ex-post moral
hazard – la possibilità cioè di gonfiare la dimensione del danno e frodare l’assicurazione. Questo
comporta che per pareggiare i conti l’assicurazione debba caricare premi più elevati, scoraggiando così
gli imprenditori onesti – quelli che perché ad esempio aderiscono ad elevati standard di moralità,
riporterebbero le perdite subite correttamente. Una efficace deterrenza delle frodi è il modo migliore
25
per scoraggiare comportamenti fraudolenti e ridurre i costi di assicurazione. Sebbene questo aspetto sia
generale, esso è di particolare importanza nel contesto italiano. Infatti i tempi della giustizia italiana per
questo tipo di reati non sono incoraggianti. A parte una quota dell’8% di reati di frode contro cui il
provvedimento è preso entro l’anno (285 giorni in media) da quando il reato è stato commesso, negli
altri casi il numero medio di giorni per ottenere un provvedimento è di 827 (mediana 730), come si
vede dalla Figura 13. Inoltre la dispersione dei tempi è notevole: la deviazione standard è di 525 giorni
e vi è una probabilità del 25% che il provvedimento arrivi dopo 1000 giorni. La mancanza di
prevedibilità sui tempi è onerosa per una compagnia di assicurazione se non altro perché l’incertezza
rende necessario creare riserve di liquidità. Questo si aggiunge costi di assicurazione. Miglioramenti su
questo margine, ad esempio, con una corsia preferenziale da accordare ai giudizi sulle frodi,
agevolerebbe lo sviluppo de mercato così come un inasprimento delle pene per questo tipi di reati.
6.1.2. Interazioni tra interventi statali ex post e incentivi ad assicurarsi
Parte della scarsa disponibilità delle imprese ad assicurasi può dipendere dall’ aspettativa che in caso di
disastro, lo stato intervenga ex post, come accade spesso dopo alluvioni, terremoti o incendi, per
sussidiare le imprese colpite. In moti casi – quando questi rischi sono molto diffusi – può essere
inevitabile che ciò avvenga. Ma spesso l’interveto statale o delle amministrazioni regionali avviene anche
in risposta a rischi locali, facilmente assicurabili sul mercato, come grandinate, piccole alluvioni etc.
L’aspettativa di essere “salvati” ex post induce le imprese a non assicurasi. Per di più, una volta che le
imprese non sono assicurate, se il rischio si verifica è difficile per lo stato non intervenire. Di fatto
l’intervento ex post finisce per minare lo sviluppo del mercato assicurativo. Un modo per mitigare
questi effetti (annullarli è difficile e forse anche non desiderabile) è chiedere che lo stato espliciti in
modo più chiaro le condizioni e i limiti di questi interventi di solidarietà ed eventualmente renderli
costosi per i beneficiari ad esempio con un recupero delle somme trasferite con successivi aggravi
fiscali.
6.1.3. Information sharing dei rischi d’impresa
Molti rischi d’impresa sono specifici alla stessa, difficilmente osservabili dall’assicurazione o osservabili
solo ad elevato costo. L’implicazione è che discriminare le imprese con premi differenziati che riflettano
il rischio specifico è più difficile e conseguentemente i premi rifletteranno il rischio medio causando
selezione avversa. Questi effetti possono essere temperati se si stabilisce una centrale dei rischi di
impresa partecipata dalle varie compagnie in cui confluiscono le informazioni sul verificarsi dei rischi.
6.1. Interventi per accrescere la fiducia verso le assicurazioni
26
6.1.1. Migliorare la qualità del servizio offerto agli assicurati
Le stime della Tavola 16 mostrano che la soddisfazione dei clienti ha un effetto significativo sulla
fiducia nell’assicurazione. Una revisione delle strategie di marketing mirata ad accrescere la
soddisfazione del cliente è un modo per accrescere la soddisfazione e per quella la fiducia
dell’imprenditore/cliente verso la compagnia assicurativa. L’adozione di politiche di remunerazione
basate su indici di soddisfazione della clientela, come già avviene in alcune banche, incentivando il
miglioramento del rapporto con il cliente avrebbero anche l’effetto di accrescere la fiducia di
quest’ultimo verso l’assicurazione.
6.1.2. Attenzione al matching tra l’assicurato e il distributore di polizze
Un interessante risultato che viene fuori dall’indagine ANIA è che la fiducia tende ad aumentare con il
grado di affinità tra chi esprime e chi riceve fiducia. Agli intervistatori è stato chiesto alla fine
dell’intervista di dare un giudizio sulla affidabilità dell’imprenditore intervistato. Inoltre gli è stato
chiesto di dire quanto si sente affine a quella persona. Quello che emerge è una forte correlazione
positiva tra affinità e fiducia. Migliorare il matching tra chi vende e chi compra l’assicurazione,
scegliendo persone affini e costruendo relazioni stabili, è un modo per accrescere la fiducia
dell’assicurato e che può ridurre la dipendenza della fiducia nell’assicurazione non solo da quella verso
altre persone in genere ma soprattutto dalla fiducia verso le banche .
6.1.3. politiche congiunte con le banche per risollevare la fiducia verso l’industria
Le due politiche illustrate sono conseguibili dalle singole aziende. Per di più esse sono solo praticabili
solo se una impresa è già assicurata e si migliora il servizio offerto o la qualità della relazione. Ma in
prima approssimazione non hanno nessun effetto su coloro che hanno deciso di non assicurasi per
carenza di fiducia. Per raggiungere questi potenziali assicurati occorre un canale diverso. Inoltre, come
mostrano i risultati delle stime vi è un effetto notevole sulla fiducia verso le assicurazioni della fiducia
che le persone nutrono verso le banche: gli imprenditori sembrano estrapolare anche alle assicurazioni
(e viceversa) la scarsa fiducia che hanno verso le banche. Questa esternalità nella determinazione del
livello di fiducia implica che : 1) c’è complementarietà tra la affidabilità e la reputazione delle banche e
quella delle assicurazioni; una perdita/guadagno di reputazione e affidabilità da parte di una ha un
effetto sulla reputazione/affidabilità dell’altra. 2) per questo motivo politiche per risollevare la fiducia
da parte di un segmento soltanto dell’industria è improbabile che vengano realizzate perché i benefici
non vengono pienamente internalizzati da chi vara quelle politiche e ne sostiene i costi; 3) viceversa
politiche congiunte mirate ad accrescere la fiducia dell’intera industria hanno un effetto molto più
potente. Inoltre queste politiche possono raggiungere quegli assicurati che si chiamano fuori dal
mercato per difetto di fiducia.
27
Riferimenti bibliografici
Bandiera, Oriana, Luigi Guiso, Andrea Prat, Raffaella Sadun (2009) “Matching Firms, Managers, and
Incentives”, CEPR WP Febbraio
Berliner, B.,(1982),”Limits of Insurability of Risks”, Englewood Cliffs.
Braun Michael and Alexander Muermann (2004) "The Impact of Regret on the Demand for
Insurance," Journal of Risk and Insurance, 71 (4), Dec., 2004, 737-767)
Gollier, Christian (2010), “The Demand of the Insurance Demand by Firms”, mimeo
Hubbard, R. (1998), `Capital-market imperfections and investment', Journal of Economic Literature 36,
193{225.
28
Figura 1. Distribuzione delle imprese per dimensione ed età
A.
distribuzione della dimensione
4
0
2
Quota
6
8
Distribuzione della dimensione dell'impresa
0
50
B.
100
150
Dimensione
200
250
distribuzione dell’ età dell’impresa
2
1
0
Quota
3
4
Distribuzione dell' età dell'impresa
0
50
100
Età
29
150
200
Figura 2. Distribuzione del campione per numero di compagnie di assicurazione
60
Distribuzione del campione per numero di compagnie
40
27.11
20
Quota imprese
54.27
10.71
3.309
2.022
.5974.1838.0919.0919.4596
.046 .046
0
1.057
1
2
3
4
5
6 7 8 9 10
Numero di compagnie
15 16
Figura 3. Indice di copertura. Distribuzione del numero di rischi assicurati
Distribuzione del campione per numero di polizze assicurative
25
24.64
20
19.96
15
10
10.85
8.602
5
6.779
4.722
3.553
1.777 1.309
.6545 .6078
0
Quota imprese
16.55
0
1
2
3
4
5
6
7
Numero di polizze
30
8
9
10
11
40
Figura 4. Distribuzione dell’indice di soddisfazione delle polizze
29.15
20
Percent
30
34.78
13.74
10
9.303
7.156
3.769
.1908
.6202
2
3
4
0
.1431
1.145
1
5
6
7
8
9
10
grado soddisfazione complessivo di tutte polizze stipulate
.3
.2
.1
Quota che ha subito danno
.4
Figura 5. Correlazione tra rischio effettivo e soggettivo
A. Danni subiti
0
2
4
6
probabilitàsoggettiva di subire danno
8
.25
.2
.15
.1
.05
% di imprese che hanno caiusato un danno
C. Danni causati
0
2
4
6
Probabilità soggettica di causare danno
31
8
Figura 6. Autoassicurazione e risparmio precauzionale
In azienda sono presenti apparecchiature di prevenzione dei rischi di furto e danni, al di là di quelle obbligatorie per legge?
80
60
Azienda ha apparecchiature di prevenzione rischi di Azienda ha messo da parte soldi per far fronte a
furto e danno (oltre a quelle per legge)
questi rischi?
54.86
72.89
40
20
Percent
Percent
40
60
45.14
No
Sì
0
presenza in azienda di apparecchiature prevenzione furto-danni oltre quelle obbl
No
Sì
0
20
27.11
azienda ha messo da parte denaro per eventuali danni
32
Figura 7. Posizione all’interno dell’impresa della persona che risponde all’intervista
30
20
19.35
15.47
10
10.59
1.83
Altro
Direttore Generale
Amministratore delegato
Presidente (ma non titolare)
Titolare, proprietario, socio
0
Percent
40
50
52.77
D1. Può dirmi il ruolo che ricopre in azienda...
33
Figura 8. Attittudini verso il rischio
80
A. Opinioni nei confronti del rischio
40
Percent
60
75.25
0
20
24.75
...evento da cui trarre profitto ...evento da cui ci si deve salvaguardare
opinione sul rischio
B. Preferenze combinazioni rischio-rendimento
20
30
34.07
11.42
3.181
Risk aversion: qualitative
34
Profitti Bassi &nessuna perdita
Profitti Discreti & rare perdite
Profitti Buoni & Discreto rischio
Elevato Profitto, & Elevato rischio
0
10
Percent
40
50
51.33
Figura 9. Indicatore quantitativo di avversione al rischio
60
A. Indicatore quantitativo
20
Percent
40
57.87
11.39
12.68
6.762
4.893
4.004
0
.8007
.6673
.5338
.2224
.1779
1 3 5 810
20
40
50
70
90
99
avversion al rischio: quantitativa
85
80
75
70
Avversion ela rischio quantitativa
90
B. Correlazione tra indicatore quantitativo e qualitativo di avversione al rischio
1
2
3
Avversione al rischio qualitativa
35
4
30
Figura 10. Attitudine nei confronti dell’ambiguità
21.16
21.03
Indifferente
Avverso ambiguità
Percent
20
27.11
17.13
Molto avverso ambiguità
Forte amante ambiguità
Amante ambiguità
0
10
13.58
preferenza per urna scelta
Figura 11. Attitudine nei confronti del rammarico
A. guadagno mancato
B. Perdita realizzata
46.36
40
40
50
50
52.22
35.91
30
21.01
20
20
Percent
30
Percent
32.63
Regret: missed gain
Nessun rammarico
Molto pentito
Pentito, ma non troppo
0
Nessun rammarico
Molto pentito
Pentito, ma non troppo
0
10
10
11.87
Regret: loss
Figura 12. Ostinazione, overconfidence e Ottimismo
B. Overconfidence
C. Ottimismo
80
80.7
28.42
12.26
20
Percent
20
Percent
19.06
23.88
40
18.18
8.588
giudizio proprie capacità rispetto alla media
36
2.473
.8543
.2248 .4496
1.259
mi aspetto più cose buone che cattive
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
0
9
10
8
7
6
5
4
3
2
1
di fronte alle difficoltà: molla subito/non molla mai (0/10)
Al di sotto della media
1.208
.2237 .3579 .7159
0
.179
Nella media
5.727
Superiore alla media
0
1.122
9.577
10
10
13.13
11.15
9.485
10
20
21.34
Percent
60
30
29.44
30
A. Ostinazione/volontà
37
2
0
1
Percent
3
4
Figura 13. Lunghezza dei provvedimenti per i reati di frode: numero di giorni dalla denuncia
del reato all’emissione del provvedimento.
0
2000
4000
lunghezza
6000
8000
6000
8000
0
1
Percent
2
3
Reati economici in generale
0
2000
4000
lunghezza
38
Tavola 1. Distribuzione del campione per settore di attività e forma giuridica
A. Settore di attività
Quota %
2.8
30.5
1.1
9.0
25.2
4.2
27.3
Industria estrattiva
Manifattura
Energia, acqua e telecomunicazioni
Edilizia
Commercio, alberghi e ristoranti
Trasporti
Altri servizi
B. Forma Giuridica
Quota %
13.6
57.7
5.2
15.5
0.04
6.2
Snc
Srl
Sas
Spa
Sapa
Altro
Tavola 2. Responsabilità dei rapporti con le assicurazioni
Responsabile
gestione
Proprietario
Uff.
amministrazio
ne
Uff.
Finanza/credi
to
Quota
50%
46%
Dimensione
impresa
20
39
6.7
58
Tavola 3. Diffusione del ricorso al consulente.
Utilizzate un consulente per la gestione della spesa assicurativa ?
Quota
SI, solo per decidere quali rischi assicurare 12.1
SI, solo per la stipula delle polizze
14.2
SI, sia per la decisione che per la stipula
29.4
NO, non utilizziamo un consulente
44.3
39
Tavola 4. La diffusione del possesso di assicurazioni
Tipo di rischio
Quota percentuale Dimensione
assicurati
media
imprese
assicurate
Incendio e danni
86.0
33.4
Rischi tecnologici
28.3
48.6
Furto
69.5
34.6
Merci trasportate
30.1
52
Credito e cauzioni
15.1
46
Copertura Expo/Invest. 6.5
62.9
Estero
Business interruption
3.4
71.9
Verso terzi e dipendenti
67.7
35.8
RC prodotto
22.6
44.2
Ambientale/inquinamento 11.5
57.7
Polizze
a
vantaggio 13.8
54.3
dipendenti
Tavola 5. Motivi addotti dalle imprese che non si assicurano del mancato possesso di una
assicurazione
Il rischio è Investimento Contratto
Non è stato Quota di non
molto
troppo
non
proposto
detentori
contenuto
elevato
garantisce
copertura
equa
Incendio e altri 74.1
13.6
5.3
7.0
14
danni
Rischi tecnologici 81.1
4.7
2.3
12.0
82
Furto
77.5
10.2
6.8
5.5
60
R.C,
verso 72.0
12.7
5.6
9.8
32
terzi/dipendenti
R.C. prodotto
78.4
6.8
3.8
11.0
77
R.C. ambientale
83.0
4.7
2.2
10.2
89
Tavola 6. Quota di imprese che ha subito incendi o danni o di aver causato danni a terzi
Tipo di rischio
Quota
percentuale
Azienda ha subito incendi o altri danni ai beni
l'azienda ha causato danni a terzi o dipendenti
40
14.7
9.0
Tavola 7. Probabilità soggettive di subire un danno o di provocarne uno a terzi
Probabilità
Rischio incendio
o danno
a) da 1% a 5%
61.1
b)
da 6% a 10% 13.2
c) da 11 a 20%
7.45
d)
da 21% a 30% 3.22
e) da 31% a 40%
1.18
f) da 41% a 50%
1.13
g)oltre 50%
1.13
41
Rischio terzi
61.8
13.0
6.5
3.0
1.4
0.87
1.22
Tavola 8. Quota di proprietà dell’impresa detenuta dal rispondente
Media
Mediana
5th percentile
25th percentile
75th percentile
95th percentile
54%
50%
13%
30%
90%
100%
Tavola 9. Composizione del patrimonio famigliare, quota nell’impresa e assicurazione privata
A. Patrimonio famigliare
Attività finanziarie liquide
23%
Di cui
Conti correnti e depositi
Titoli di stato
Obbligazioni corporate
Azioni quotate
Azioni non quotate
Fondi comuni
Derivati
Assicurazioni vita e unit
linked
Altro
Impresa in questione
Immobili
Altro
59.5%
11.8%
4.9%
4.1%
1.2%
7.9%
0.3%
5.9%
43.6%
27.7
30%
4.5%
B. Possesso di assicurazione privata
Vita: Rischio morte
Vita: Risparmio
Vita: previdenziale
Sanitaria
Infortuni
Numero medio polizze
43.7
22.4
33.9
23.0
43.3
1.5
42
Tavola 10: Caratteristiche demografiche dell’imprenditore
Età
Maschi
Coniugato
Età iniziato a lavorare
Altezza
Padre era imprenditore
47
66%
76%
22
1.72
35% (50%
proprietario)
Stato di salute
- Molto buono
- Buono
Livello di istruzione
- scuola elementare o nessun titolo
- Media inferiore
- Diploma professionale
- Diploma media superiore
- Laurea
- Post laurea
Voto alla maturità (in centesimi)
43
38%
58%
1%
10%
5%
61%
21%
3%
80.1
se
Tavola 11: Correlazioni tra livelli di fiducia verso varie entità
Fiducia verso
Altri
in Imprenditori banche
Assicurazioni Mercato
genere
azionario
Gli altri in genere
1
Gli altri imprenditori
0.49
1
Le banche
0.45
0.48
1
Le assicurazioni
0.42
0.47
0.68
1
Il mercato azionario
0.34
0.36
0.54
0.48
1
Tavola 12: Probabilità soggettive di fallimento dell’impresa
Probabilità
che
nei Probabilità
che
nei
prossimi 5 anni fallisca prossimi 5 anni fallisca la
una impresa simile dello propria impresa
stesso settore
9.70
27.15
19.20
30.79
17.73
14.58
11.76
8.73
10.96
6.12
7.85
2.28
11.13
6.45
4.69
3.36
1.52
0.54
Media
25.2
12.7
Mediana
20
5
Probabilità
0
1-5
6-10
11-20
21-30
31-40
41-50
51-80
81-100
44
Tavola 13: Stime probabilità di possesso polizza contro specifico rischio
A. Danni vari
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
Incendio
e Furto
danni ai beni
Dimensione
0.032***
0.068***
(0.009)
(0.015)
Eta impresa
0.001*
0.001*
(0.000)
(0.001)
probabilità di subire danni...
0.010
0.031**
(0.009)
(0.015)
Probabilità di cagionare danni -0.001
0.015
a terzi
(0.008)
(0.016)
Subito incendi o altri danni
-0.102***
-0.091**
(0.033)
(0.043)
L'azienda ha causato danni a -0.012
-0.001
terzi
(0.030)
(0.052)
Quotata
-0.122
-0.157
(0.137)
(0.149)
Quota primi tre soci
-0.000
0.001
(0.001)
(0.001)
Probabilità azienda simile 0.000
-0.001
fallisca
(0.000)
(0.001)
probabilità azienda fallisca
-0.001
-0.000
(0.001)
(0.001)
Quota export
0.001
0.000
(0.000)
(0.001)
N. stabilimenti estero
0.003
0.001
(0.004)
(0.001)
Osservazioni
1212
1225
45
Merci
trasportate
0.087***
(0.015)
0.000
(0.001)
0.020
(0.014)
0.017
Export estero
0.013**
(0.005)
0.000
(0.000)
0.002
(0.005)
0.005
RC verso terzi
e dipendenti
0.076***
(0.016)
0.001
(0.001)
-0.039***
(0.014)
0.062***
(0.014)
-0.023
(0.039)
-0.015
(0.005)
-0.007
(0.013)
-0.024
(0.016)
-0.082*
(0.043)
-0.078
(0.049)
0.064
(0.137)
-0.000
(0.001)
-0.001
(0.016)
0.058
(0.070)
0.001**
(0.000)
-0.000
(0.056)
-0.148
(0.171)
0.000
(0.001)
0.001
(0.001)
0.000
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002*
(0.001)
1224
(0.000)
-0.000
(0.000)
0.001***
(0.000)
0.000
(0.000)
1128
(0.001)
-0.002
(0.001)
-0.000
(0.001)
0.005
(0.005)
1223
B. Altri rischi
(1)
Rischi
tecnologici
Dimensione
0.056***
(0.014)
Eta impresa
0.000
(0.001)
probabilità di subire danni... 0.016
(0.013)
Probabilità di cagionare -0.017
danni a terzi
(0.014)
Subito incendi o altri danni
-0.106***
(0.036)
L'azienda ha causato danni a 0.043
terzi
(0.048)
Quotata
0.153
(0.145)
Quota primi tre soci
0.001
(0.001)
Probabilità azienda simile -0.001
fallisca
(0.001)
probabilità azienda fallisca
0.000
(0.001)
Quota export
-0.000
(0.001)
N. stabilimenti estero
0.003**
(0.001)
Osservazioni
1197
(2)
Business
interruption
0.014***
(0.005)
0.000**
(0.000)
0.005
(0.004)
0.003
(3)
RC prodotto
0.071***
(0.014)
0.000
(0.001)
-0.019
(0.013)
0.031**
(4)
RC
ambientale
0.020**
(0.009)
0.001***
(0.000)
0.018**
(0.007)
0.006
(5)
A vantaggio
dipendenti
0.044***
(0.010)
0.001*
(0.000)
-0.001
(0.009)
-0.000
(0.004)
-0.002
(0.012)
-0.018
(0.013)
-0.052
(0.034)
-0.034
(0.008)
-0.042**
(0.021)
-0.066***
(0.010)
-0.022
(0.025)
-0.013
(0.014)
0.170
(0.129)
0.000
(0.000)
-0.000
(0.044)
-0.065
(0.089)
0.001
(0.001)
-0.000
(0.025)
0.102
(0.111)
0.000
(0.001)
-0.000
(0.031)
0.052
(0.099)
0.000
(0.001)
0.000
(0.000)
0.000
(0.000)
0.000*
(0.000)
0.000**
(0.000)
908
(0.001)
-0.001
(0.001)
0.001**
(0.001)
0.002*
(0.001)
1175
(0.000)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.000)
0.000
(0.000)
1172
(0.001)
-0.001
(0.001)
0.001*
(0.000)
0.002**
(0.001)
1192
46
Tavola 14. Determinati della domanda di assicurazione da parte delle imprese: numero rischi coperti
Dimensione impresa (log occupati)
Età impresa
probabilità di subire danni...
Probabilità di cagionare danni a terzi
Subito incendi o altri danni
L'azienda ha causato danni a terzi
Quotata
Quota primi tre soci
Probabilità azienda simile fallisca
probabilità azienda fallisca
Quota export
N. stabilimenti
1
0.144***
(0.017)
0.002**
(0.001)
0.034**
(0.016)
0.023
(0.016)
-0.128***
(0.043)
-0.118**
(0.054)
0.104
(0.127)
0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
2
0.141***
(0.018)
0.002***
(0.001)
0.030*
(0.016)
0.022
(0.016)
-0.137***
(0.044)
-0.128**
(0.055)
0.100
(0.128)
0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.043*
(0.025)
-0.066
(0.043)
0.002
(0.012)
3
0.142***
(0.018)
0.002***
(0.001)
0.042**
(0.016)
0.021
(0.017)
-0.135***
(0.045)
-0.126**
(0.055)
0.088
(0.127)
0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
-0.000
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.049**
(0.025)
-0.073*
(0.044)
0.000
(0.012)
0.027**
(0.011)
0.024**
(0.010)
-0.048
(0.040)
1178
1169
1129
Avversione al rischio
Nessun rammarico
Avversione alla ambiguità
Ostinazione (0/10)
Ottimismo
Overconfidence
Quota val impresa / patrimonio famiglia
Eta imprenditore
Maschio
Livello di istruzione
Sposato
Observations
47
4
0.141***
(0.018)
0.002***
(0.001)
0.042**
(0.016)
0.022
(0.017)
-0.137***
(0.045)
-0.124**
(0.055)
0.096
(0.128)
0.001
(0.001)
-0.001
(0.001)
-0.000
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.047*
(0.025)
-0.078*
(0.044)
0.000
(0.012)
0.027**
(0.011)
0.024**
(0.010)
-0.048
(0.040)
-0.000
(0.001)
0.000
(0.002)
0.035
(0.036)
-0.001
(0.006)
-0.036
(0.040)
1129
Tavola 15. Determinati della domanda di assicurazione: il ruolo della fiducia
Fiducia assicurazioni: (0, 10)
0.029***
(0.008)
0.027***
(0.009)
0.006
(0.008)
0.046*
(0.025)
-0.078*
(0.044)
-0.002
(0.012)
0.026**
(0.011)
0.020*
(0.010)
-0.030
(0.040)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.002)
0.041
(0.036)
-0.001
(0.006)
-0.039
(0.040)
0.135***
(0.019)
0.002***
(0.001)
0.040**
(0.016)
0.021
(0.017)
-0.142***
(0.045)
-0.123**
(0.055)
0.079
(0.128)
0.001
(0.001)
-0.000
(0.001)
-0.001
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.029***
(0.008)
0.046*
(0.025)
-0.081*
(0.044)
0.000
(0.012)
0.026**
(0.011)
0.019*
(0.010)
-0.024
(0.041)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.002)
0.040
(0.036)
-0.001
(0.006)
-0.040
(0.040)
0.135***
(0.019)
0.002***
(0.001)
0.038**
(0.016)
0.022
(0.017)
-0.137***
(0.045)
-0.114**
(0.056)
0.076
(0.128)
0.001
(0.001)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.027***
(0.009)
0.006
(0.008)
1126
1121
Fiducia generalizzata sugli altri (0, 10)
Fiducia banche: (0, 10)
Avversione al rischio
Nessun rammarico
Avversione alla ambiguità
Ostinazione (0/10)
Ottimismo
Overconfidence
Quota val impresa / patrimonio famiglia
Età imprenditore
Maschio
Livello di istruzione
Sposato
Dimensione impresa (log occupati)
Età impresa
probabilità di subire danni...
Probabilità di cagionare danni a terzi
Subito incendi o altri danni
L'azienda ha causato danni a terzi
Quotata
Quota primi tre soci
Probabilità azienda simile fallisca
probabilità azienda fallisca
Quota export
N. stabilimenti
Fiducia assicurazioni
Generalized trust: 01, 10
Fiducia banche
Observations
48
0.031***
(0.011)
0.007
(0.009)
-0.007
(0.011)
0.047*
(0.025)
-0.080*
(0.045)
0.000
(0.012)
0.025**
(0.011)
0.019*
(0.010)
-0.023
(0.041)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.002)
0.039
(0.037)
-0.001
(0.006)
-0.039
(0.040)
0.135***
(0.019)
0.002***
(0.001)
0.038**
(0.017)
0.022
(0.017)
-0.137***
(0.045)
-0.116**
(0.056)
0.075
(0.128)
0.001
(0.001)
-0.000
(0.001)
-0.000
(0.001)
0.003***
(0.001)
0.002***
(0.001)
0.031***
(0.011)
0.007
(0.009)
-0.007
(0.011)
1120
Tavola 16. Determinanti della fiducia verso le assicurazioni
Fiducia
Fiducia
assicurazioni
assicurazioni
Gado di soddisfazione complessivo di tutte 0.423***
0.381***
polizze stipulate
(0.034)
(0.032)
Fiducia verso gli altri (0, 10)
0.348***
(0.019)
Fiducia verso le banche
Età imprenditore
Maschio
Livello di istruzione
Sposato
Dimensione impresa (log occupati)
Età impresa
Subito incendi o altri danni
L'azienda ha causato danni a terzi
Observations
R-squared
0.004
(0.005)
-0.235**
(0.097)
-0.004
(0.018)
0.038
(0.109)
0.093*
(0.049)
0.000
(0.002)
0.220*
(0.128)
-0.011
(0.161)
1956
0.112
0.001
(0.004)
-0.226**
(0.089)
-0.013
(0.016)
-0.048
(0.101)
0.087*
(0.045)
-0.000
(0.002)
0.168
(0.119)
-0.090
(0.149)
1932
0.249
49
Fiducia
assicurazioni
0.286***
(0.026)
0.121***
(0.016)
0.569***
(0.017)
0.003
(0.004)
-0.053
(0.072)
-0.010
(0.013)
-0.048
(0.080)
-0.016
(0.036)
-0.000
(0.002)
-0.034
(0.095)
-0.067
(0.119)
1924
0.522
Fly UP