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Limiti alla detenzione e denuncia delle munizioni

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Limiti alla detenzione e denuncia delle munizioni
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disposto dall’art. 97 de
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articolo 38 TULPS (vedi testo nel riquadro relativo) impone la denuncia
all’autorità di pubblica sicurezza delle armi, delle parti di arma, delle
munizioni e delle materie esplodenti detenute. A parte quelle specificate
dall’art. 38, le uniche eccezioni all’obbligo di denuncia sono: cartucce a munizione spezzata detenute in numero inferiore a 1.000 (ex L. 110/75), giocattoli
pirici declassificati, inneschi e munizioni a salve. Per il resto si deve denunciare
tutto, anche il possesso di una singola cartuccia. La Cassazione Penale ha però
stabilito che se abbiamo un’arma denunciata, sono esentate dall’obbligo di denuncia le cartucce che costituiscono il normale corredo della stessa. Tanto per
intenderci, se ho un revolver a 6 colpi posso evitare di denunciare le 6 cartucce
contenute nel tamburo, se ho una semiautomatica da 15 colpi posso evitare
di denunciare i colpi del caricatore: ma se ho anche una sola cartuccia in più
rispetto al normale corredo dell’arma scatta l’obbligatorietà della denuncia.
Tra le eccezioni previste dall’art. 38 figurano i possessori di raccolte autorizzate
di armi artistiche, antiche o rare. Stante la lettera della norma se ne dovrebbe
concludere che i titolari di licenza di collezione per armi artistiche, rare o
antiche (art. 31 TULPS) sono esentati dall’obbligo di denuncia di munizioni
e di prodotti esplodenti. Ma l’articolo 10 della legge 110/75 dispone che “Per
la raccolta e la collezione di armi di qualsiasi tipo è esclusa la detenzione del
relativo munizionamento. Il divieto non si applica alle raccolte per ragioni
di commercio e di industria”. Di conseguenza si dovrebbe concludere che il
titolare di licenza di collezione per armi antiche non può detenere munizioni
per le stesse, ma allo stesso tempo è autorizzato a non denunciare l’eventuale
possesso di munizioni o prodotti esplodenti destinati ad armi che non sono
oggetto della collezione. Almeno apparentemente sembra di essere davanti
a una sorta di cortocircuito normativo e anche se il privato titolare di licenza
per armi antiche sembra essere esentato dall’obbligatorietà della
denuncia di munizioni e prodotti esplodenti, il semplice buon senso
suggerisce al ‘sig. Rossi’ di non tenere presente questa “esenzione”.
Soffermiamoci ora di nuovo sull’articolo 10 della 110/75, ovvero
sul divieto di detenzione del munizionamento per le armi oggetto
di collezione. Visto tale divieto, se ho una licenza di collezione per
armi comuni da sparo non posso detenere munizioni per le stesse;
posso però detenere munizioni che siano dello stesso calibro di armi in collezione se detengo, denunciate ex art. 38 TULPS, armi comuni da sparo di quel calibro. E niente vieta di detenere munizioni
di calibro diverso da quello delle armi in collezione anche se non detengo
armi in quel calibro. Altrettanto ovviamente potrò detenere pure propellenti
da ricarica, che comunque non sono mai specifici per un solo calibro e utilizzabili soltanto per quello.
La denuncia delle munizioni deve essere effettuata con le stesse modalità
previste per la denuncia delle armi e delle parti d’arma, deve essere fatta per
qualsiasi quantitativo e quindi (come scritto poc’anzi) anche per una sola
cartuccia. Non è necessario denunciare il consumo delle munizioni e quindi
se ho denunciato un quantitativo “x” di cartucce di un dato calibro posso
consumarle e reintegrarle senza alcun obbligo di denuncia: devo però restare
sempre entro il numero di cartucce denunciate, se lo supero ho l’obbligo
di denunciare nuovamente l’intera quantità di cartucce detenuta; incorro
nell’obbligatorietà di una nuova denuncia anche nel caso che, pur non venendo ad essere alterata la quantità, sia mutato il calibro. È da notare che, pur non
essendo dovuta alcuna denuncia per il reintegro delle munizioni, è accaduto
che alcuni uffici di pubblica sicurezza competenti per territorio (quelli presso
i quali si opera la denuncia di detenzione) ricevuta dall’armiere l’indicazione
degli acquisti condotti dagli utilizzatori autorizzati hanno ritenuto opportuno
procedere a controlli per identificare con precisione le quantità effettivamente
detenute rispetto a quelle comunicate dai commercianti. Per evitare situazioni
di questo tipo c’è chi suggerisce l’opportunità (l’obbligatorietà, si badi bene,
non sussiste) di comunicare informalmente agli uffici anche gli acquisti in
reintegro.
Si è discusso e si discute sul fatto che sia necessaria la specifica indicazione del
calibro o non sia sufficiente una dizione generica del tipo “nei calibri consentiti per arma corta” oppure “nei calibri consentiti per arma lunga”. L’art. 58
del Regolamento al TULPS dice che la denuncia “deve contenere indicazioni
precise circa le caratteristiche delle armi, delle munizioni e delle materie esplo-
L’art. 38 del TULPS
L’articolo 38 TULPS è stato modificato dall’articolo 3 comma 1 lettera e) del decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, secondo la formulazione seguente.
1. Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n° 527, munizioni finite o materie
esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, all’ufficio locale di pubblica
sicurezza o, quando questo manchi, al locale comando dell’Arma dei carabinieri, ovvero per via telematica al sistema informatico di cui all’articolo 3 del decreto
legislativo 25 gennaio 2010 n. 8, secondo le modalità stabilite nel regolamento.
2. Sono esenti dall’obbligo della denuncia:
a) i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo;
b) i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche;
c) le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto ad andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi loro consentite.
3. L’autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo anche nei casi contemplati dal capoverso precedente, e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico.
4. Chiunque detiene le armi di cui al primo comma, senza essere in possesso di alcuna licenza di porto d’armi, deve presentare ogni sei anni la certificazione
medica di cui all’articolo 35, comma 7. La mancata presentazione del certificato medico autorizza il prefetto a vietare la detenzione delle armi denunciate, ai
sensi dell’articolo 39. La denuncia di detenzione di cui al primo comma deve essere ripresentata ogni qualvolta il possessore trasferisca l’arma in un luogo diverso da quello indicato nella precedente denuncia. Il detentore delle armi deve assicurare che il luogo di custodia offra adeguate garanzie di sicurezza.
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denti; con le stesse forme deve essere denunciata qualsiasi modificazione
nella specie e nella quantità”. Se le indicazioni devono essere “precise” è ovvio
che nella denuncia dobbiamo specificare il calibro, il riferimento alla denuncia di modificazioni nella specie farebbe però pensare che sia sufficiente
indicare appunto la specie, ovvero cartucce per arma corta o per arma lunga.
Nella pratica dei fatti si tende ad accettare sia le denunce con “indicazione
precisa” che quelle nelle quali si fa riferimento soltanto alla specie. A voler
essere più realisti del re e facendo astrazione dal fatto che la denuncia delle
munizioni serve veramente a poco (è un eufemismo) per quanto riguarda la
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, chi scrive ritiene sia opportuno
denunciare le munizioni specificandone il calibro perché altrimenti, oltre ad
essere “poco utile”, l’intera faccenda diventa priva di senso. L’acquisto delle
munizioni è subordinato al possesso di un titolo di acquisto, ovvero nulla
osta o porto d’armi, sia esso anche per uso di caccia, per tiro a volo o per
difesa personale, ivi comprese le licenze rilasciate a GPG. Per quanto riguarda la licenza di porto d’armi anche per uso di caccia, essa resta valida come
titolo di acquisto anche nel caso non sia stata pagata la tassa di concessione
governativa annuale e il pagamento della tassa rappresenta una condizione
di efficacia ai fini del porto d’armi. Vi sono categorie di persone che, in forza
dell’art. 73 del Regolamento al TULPS, possono portare armi senza licenza:
capo della polizia, prefetti, vice-prefetti, ispettori provinciali amministrativi,
ufficiali di pubblica sicurezza (ufficiali dell’Arma e funzionari della Polizia
di Stato), giudici e magistrati addetti al pubblico ministero. Queste persone, esibendo il tesserino di identificazione, possono acquistare sia armi sia
munizioni. Le munizioni possono essere acquistate in armeria ma anche da
privati; l’armiere dovrà annotare l’operazione sul registro delle operazioni
giornaliere (ci sono eccezioni per le cartucce “a pallini” ma questo non esenta
l’armiere dall’obbligo di verificare preventivamente la disponibilità di un
valido titolo di acquisto) mentre il privato, oltre a controllare che il ricevente
sia legittimato, dovrà denunciare la cessione delle munizioni. Fa eccezione il
caso in cui le munizioni siano immediatamente consumate da chi le riceve
(sul campo di tiro o a caccia) ma anche in questo caso chi cede deve essere
certo che la cessione avviene a favore di un soggetto legittimato, ovvero che
sia titolare di porto d’armi. Tutti coloro che praticano attività nelle sezioni
del Tiro a Segno Nazionale sanno che in quei luoghi le munizioni possono
essere acquistate anche da soggetti non titolari di porto d’armi; in questo
caso il controllo sui requisiti che l’acquirente deve possedere viene esercitato
all’atto dell’iscrizione. Lo stesso non vale però per i campi di tiro a volo, dove
è necessario che chi cede le munizioni sia titolare di licenza e chi le acquista
abbia un porto d’armi in corso di validità.
Le munizioni sono molto meno pericolose di quanto il “mito” faccia ritenere correntemente: esse non “esplodono” mai simultaneamente e anche
dal punto di vista dei rischi connessi con un incendio ci sono prodotti assai
più rischiosi pure tra quelli il cui possesso da parte di privati non è soggetto
a particolari limitazioni. A suo tempo al ministero dell’Interno si sono resi
conto del fatto che le limitazioni alla detenzione di munizioni per arma corta
contrastano con le esigenze dei tiratori sportivi e di altri soggetti (ad esempio
periti balistici); per questo motivo, e considerando anche la scarsa pericolosità delle munizioni, nel 2004 è stato stabilito che, senza particolari formalità e
senza controlli sui locali, i prefetti possono rilasciare licenze di deposito fino
a 1.500 cartucce per arma corta in aggiunta alle 1.500 per arma lunga. Tale
licenza prefettizia è permanente e deve essere ottenuta anche se si prevede di
superare di una sola cartuccia il numero di 200 cartucce per arma corta; la
licenza stabilisce pure il numero di cartucce che possono essere trasportate:
non per il quantitativo massimo che si è autorizzati a detenere ma solo per
600 cartucce da arma corta. Questa limitazione, della quale non si capisce il
senso e la ragione per la quale si è fissato in 600 il numero di colpi trasportabili, va ad influenzare anche il numero di cartucce da arma corta che è pos-
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sibile acquistare in un’unica soluzione: sono 600, come quelle trasportabili.
La licenza di deposito per munizionamento è prevista dalla legge e per il suo
rilascio non sono necessari requisiti particolari. Nonostante questo, con una
circolare del 6 novembre 2007, il Ministero afferma che ha diritto alla licenza
solo il tiratore che ha già fatto gare o che è istruttore di tiro. È inoltre possibile che anche dopo il rilascio della licenza l’autorità di polizia provveda a
controlli per verificare se non siano venuti meno i motivi per il rilascio della
licenza e questo, per i tiratori, significa che, pur essendo la licenza permanente, si dovrà continuare a gareggiare anche dopo essere stati autorizzati a
detenere fino a 1.500 colpi per arma corta.
A qualche armiere capita di vedersi esibire licenze di porto d’armi con
timbri che indicano in un numero “X”, spesso 200 (forse con riferimento
al quantitativo massimo detenibile senza licenza), il numero di cartucce
per arma corta che possono essere acquistate nel periodo di validità della
licenza. Limitazioni del genere sono del tutto assurde, non solo e non tanto
perché non tengono conto della ricarica domestica (attività permessa dalla
legge) ma anche perché è impossibile stabilire se prima della presentazione
all’armiere siano già state acquistate, in altre armerie, magari in differenti
città, altre munizioni per arma corta. E se il singolo armiere sarà “in regola”
rispettando i limiti imposti col timbro, chi, per aggirare il limite, acquistasse munizioni in più armerie sarà comunque a rischio di denuncia perché
l’ufficio competente che riceve i moduli di rilevazione sa quante munizioni
il soggetto ha acquistato e può quindi denunciarlo. Ma non basta. Questi
“timbri” sono illegittimi. L’indicazione del numero massimo di munizioni di
cui è consentito l’acquisto nel periodo di validità del titolo era stato stabilito
dall’articolo 12 del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni
nella l. 7 agosto 1992, n. 356. Lo stesso articolo del citato d.l. stabiliva però che
le modalità per l’attuazione della disposizione dovevano essere determinate
con decreto del ministero dell’Interno. Il Ministero non ha mai provveduto
a fissare i criteri per stabilire la quantità di cartucce acquistabili, criteri oggettivamente impossibili da stabilire a priori, e la norma non trova quindi
possibilità di applicazione. Lo stesso Ministero, ancor prima che il d.l. venisse
convertito (ridimensionato) in legge, emanò una circolare telegrafica con la
quale si imponeva, illegittimamente, di apporre sulle licenze di porto d’armi un’annotazione relativa al numero massimo di munizioni acquistabili,
adeguato alla situazione dell’ordine e della sicurezza pubblici nelle rispettive
provincie. Questa cervellotica e nei fatti non applicabile disposizione ministeriale lasciava di fatto all’arbitrio dei singoli funzionari la determinazione
del numero delle munizioni acquistabili, ma soprattutto “dimenticava” che
in assenza del mai emanato regolamento con le modalità di attuazione, tutto
l’articolo 12 non poteva trovare applicazione. Assurdo, cervellotico e non applicabile per difetto del decreto di attuazione, l’articolo 12 è giustamente stato “dimenticato” ma capita che qualche funzionario “rispolveri” la circolare
telegrafica (e magari anche una successiva, settembre 1992, per la quale ci si
potrebbe chiedere se è peggio il buco o la pezza) e faccia apporre il fatidico e
illegittimo timbro facendo specifico riferimento all’articolo 9 TULPS (“Oltre
le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un’autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga
di imporgli nel pubblico interesse”). In questo caso le prescrizioni risultano
legittime nei presupposti normativi, ma illegittime perché specificamente
immotivate.
L
J
L’esperto risponde
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amministrativi e legali.
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