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LA MIA VITA CON IL TENORISSIMO
“LA MIA VITA CON IL TENORISSIMO” Dai primi corteggiamenti agli ultimi giorni, Adele Bergonzi racconta il suo Carlo: «64 anni insieme, non l'ho mai lasciato solo. L'ascoltavo cantare e lo correggevo: mi ero fatta un orecchio infallibile» Una vita Insieme Carlo Bergonzi, di cui ricorre il primo anniversario della morte, e la moglie Adele Sabato 11 luglio 2015 alle 21 nel teatro all'aperto delle Scuderie di Villa Pallavicino a Busseto, come già. annunciato, secondo evento in memoria di Calo Bergonzi nel primo anniversario della sua scomparsa del «tenorissimo»: un concerto lirico con l'Orchestra del Comunale di Bologna e le voci di Susanna Branchini, Rossana Rinaldi e Giuseppe Altomare, direzione artistica di Fabrizio Cassi, presenta Vittorio Testa, conduttore del programma tv «loggione». Il giornalista ha intervistato per l'occasione la moglie di Bergonzi, Adele. «Il mio orgoglio» «Trentatrè stagioni al Metropolitan: io cucinavo, stiravo e andavo alle prove» «Ciao, Adele». «Buonasera, signor Carlo». Vi dalenzo di Polesine, un giorno di maggio del 1945. Lei, Adele Aimi, bellezza quindicenne, è sull'uscio del negozio di famiglia. «Era il primo giorno che riaccendevano le luci, finita la guerra», ricorda. Non immagina che girerà il mondo per sostenere e accudire quello che adesso è solo Carlo dalla bella voce ll figlio del casaro Antonio, Tugnén; che diventerà la sua indispensabile Musa severa e implacabilmente critica. Bella donna, il carattere imperioso e le forme giunoniche, che Leonard Bernstein soprannominerà Adele Loren. Lui è Carlo Bergonzi, 21 anni, reduce da 24 mesi di prigionia in Germania. «Guarda la combinazione - amava rammentare il tenore - Ritorno e la prima persona che incontro è Adele. Bellissima. La mia Forza del destino». Di lì a poco si fidanzeranno. Nel '50, sposi. «Ma chi ci pensava, ero una ragazzina, e pure molto corteggiata» sorride, gli occhi scuri colmi di emozioni. Adele Aimi Bergonzi, a Busseto per i due giorni dedicati a quell’ostinato corteggiatore diventato poi il più grande tenore verdiano. «Inventava scuse: le sigarette, una cosa e l'altra; era sempre in negozio...». Dopo la prigionia, Carlo si è diplomato al Conservatorio di Parma e adesso è un baritono in cerca di ingaggi. Nel '47 l'esordio in parrocchia a Varedo, nel Barbiere: mentre canta la cavatina, crolla la scena. Non si scoraggia, tenace com'è, anche e soprattutto nel corteggiare Mele. «Un giorno entra e dice a mia madre: 'lo sa, signora Maria, che sua figlia s'è fatta una gran bella ragazza? Io me la sposo». Mia mamma: “va là, va là. non fare il matto”. Dopo un po', si è dichiarato. Sì, mi piaceva, era carino, un bel sorriso, impulsivo, forte, buono. Nel '50 ci sposiamo. Casa a Cusano Milanino, senza una lira non avevamo il pianoforte, lui si arrangiava col diapason. Cantava da baritono insieme a famosi tenori, ma non era contento». Una sera a Livorno in camerino Carlo prova il Do sovracuto della Butterfly che il tenore ha steccato. Gli esce perfetto. E decide di diventare tenore. «Ma faceva il misterioso. Sentivo che gli si schiariva la voce, gli chiedevo perché, lui borbottava. Con la scusa che ero incinta mi ha mandato a casa da mia mamma. Poi il 12 gennaio del '51 il mio paro telefona: ho cantato l'Andrea Chenier qui a Bari. Tutto bene». Nasce un grande tenore, e lo stesso giorno nasce il primogenito, Maurizio. Poi è leggenda nota: 55 anni di carriera, 330 recite al Met, la Scala, il mondo ai piedi di Carlo. «Sessantaquattro anni insieme, sempre sempre. Mon l’ho mai lasciato solo” Nel ’56 Carlo manda in delirio il Metropolitan. Trentatre stagioni a New York. Cucinavo, andavo alle prove, a teatro; la sera nel residence lavavo i panni, la mattina stiravo, lui usciva elegante e lustro. Era il mio orgoglio». Una letizia, per Carlo: e anche un po' una croce: «Mi ero fatta un orecchio infallibile, lo ascoltavo e gli dicevo: qui bene, qui no; qui sei calante; tieni i fiati troppo lunghi; non allargare la nota... Lui insorgeva: insomma, chi è che ha studiato musica, chi canta? Io o tu? Ma poi mi dava ragione». Gelosa? «Si', moltissimo. Era un mondo pieno di tentazioni, il tenore famoso, le giovani aspiranti... Lo tenevo d'occhio. Bastava che incrociasse il mio sguardo.. Una volta sola l'ho ripreso ad alta voce. Provava una Carmen con un soprano molto attraente e lui faceva un don José esagerato. Ho perso la pazienza». Pioveva, la signora Adele era munita di ombrello: il grande Carlo capì che per uscirne incolume doveva girare alla larga dalla scollatura della sigaraia. Anche i registi soccombevano ad Adele Loren. «Zeffirelli mi dava carta bianca. In un'Aida, Carlo aveva un costume a rigoni, sembrava un panettone. Franco, così non va!" Zeffirelli: “Per carità, fai tu, Adele, fai tu...". Martedì prossimo, Adele Bergonzi compie 85 anni. Carlo sarebbe arrivato ai 91 il giorno prima, il 13. «L'anno scorso eravamo ricoverati in clinica insieme. Soffriva, il mio Carlo, immobile a letto. Gli ultimi giorni, un calvario. Mi guardava in un modo che mi è rimasto nell'anima e nel cuore. Parlava dei figli, Maurizio e Marco, di Erminia e dei nipoti Carlo e Martina. Il giorno prima di andarsene, un addio straziante. Aveva un sorriso stanco ma luminoso; mi ha detto: 'vieni qui Adele, vieni più vicina che ti devo dire una cosa: sei bellissima, dammi un bacio: ti ho voluto bene per tutta la vita” Vittorio Testa