Strategie e interventi per la promozione di una corretta
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Strategie e interventi per la promozione di una corretta
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL PIEMONTE ORIENTALE “A. AVOGADRO” Dipartimento di Medicina Traslazionale in collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore e Università di Milano Bicocca CORSO INTEGRATO ASPP ADVANCED SCHOOL OF PREVENTION AND HEALTH PROMOTION Strategie e interventi per la promozione di una corretta alimentazione: come migliorare l'attività di prevenzione?* Giampiero Bondonno, Silvia Cardetti, Vanessa Carioggia, Marilena Piardi, Francesco Sparano, Valentina Trotta Anno accademico 2013-2014 1 Strategie e interventi per la promozione di una corretta alimentazione: come migliorare l'attività di prevenzione?* "Il presente elaborato è frutto di un lavoro comune; tuttavia la stesura dei vari paragrafi va così attribuita: Francesco Sparano – cap.1 “Dimensione del fenomeno” e cap.3 “Materiali e metodi”; Valentina Trotta – cap.4 “Le determinanti del fenomeno: modelli di comportamento, aspetti culturali, contagio sociale. Le aree di intervento della prevenzione”; Giampiero Bondonno – cap.5 “Le determinanti ambientali”; Silvia Cardetti – cap.6 “Strumenti e strategie per la promozione di una corretta alimentazione e la prevenzione delle malattie ad essa correlate” e cap.3 “Materiali e metodi”; Marilena Piardi – Appendice 1 “Ruolo della famiglia e della scuola nella prevenzione dell'obesità infantile: ricerca evidenze di efficacia nell'educazione alimentare”; Vanessa Carioggia – Appendice 2 “Un esempio di progetto di promozione della salute - Il progetto PRO.MUOVI SAPERI E SAPORI.”. I capitoli non espressamente citati sono frutto di un’elaborazione collettiva. 2 Indice 1. DIMENSIONE DEL FENOMENO 5 2. OBIETTIVO 13 3. MATERIALI E METODI 14 4. LE DETERMINANTI DEL FENOMENO: MODELLI DI COMPORTAMENTO, ASPETTI CULTURALI, CONTAGIO SOCIALE. LE AREE DI INTERVENTO DELLA PREVENZIONE 16 5. LE DETERMINANTI AMBIENTALI 20 6. STRUMENTI E STRATEGIE PER LA PROMOZIONE DI UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE E LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE AD ESSA CORRELATE 25 7. CONCLUSIONI 39 BIBLIOGRAFIA 41 Appendice 1: RUOLO DELLA FAMIGLIA E DELLA SCUOLA NELLA PREVENZIONE DELL'OBESITA INFANTILE: RICERCA DI EVIDENZE DI EFFICACIA NELL'EDUCAZIONE ALIMENTARE 45 Appendice 2: UN ESEMPIO DI PROGETTO DI PROMOZIONE DELLA SALUTE. IL PROGETTO PRO.MUOVI SAPERI E SAPORI. 56 3 4 1. DIMENSIONE DEL FENOMENO L'alimentazione corretta, insieme alla pratica quotidiana dell'attività fisica, rappresenta uno dei fattori fondamentali per mantenere un buono stato di salute. Una dieta varia ed equilibrata, infatti, è alla base del buon funzionamento dell'organismo e determinante per un sano sviluppo fisico e mentale. Al contrario, una scorretta alimentazione è uno dei fattori di rischio modificabili responsabile delle principali malattie croniche. Tali fattori modificabili determinano i cosiddetti fattori di rischio intermedi, come ipertensione, sovrappeso ed obesità, i quali, assieme ai primi, concorrono ad aumentare il rischio di mortalità e disabilità causati da malattie croniche quali cardiopatie, ictus, diabete e tumori (Figura 1.1). Figura 1.1 1.1 Le abitudini alimentari degli italiani Esistono una serie di sistemi di sorveglianza che indagano sulle abitudini alimentari e gli stili di vita della popolazione italiana, al fine di ottenere un quadro generale dello stato di salute della popolazione, che permetta di indirizzare in maniera opportuna gli interventi di prevenzione e di valutare l'efficacia di quelli attuati. Secondo i dati contenuti all'interno dell'Annuario Statistico Italiano (ISTAT, 2013), in Italia si è ancora lontani dal modello di pasto consumato veloce e fuori casa. Il 74,2% degli italiani, infatti, dichiara di consumare a casa il pranzo, considerato dal 67,8% come il pasto principale. La quota più bassa, tra gli adulti, di chi pranza a casa risulta essere tra gli uomini tra i 35-44 anni (52,2%) mentre, a livello territoriale, il Mezzogiorno ottiene percentuali più alte (84,7%) rispetto al Nord (68,4%). Per quanto riguarda la colazione, il 79,7% ha l'abitudine di un consumo definito “adeguato”, cioè non limitato a caffè o tè, bensì accompagnato da alimenti ricchi di nutrienti come latte e cibi solidi. Tale consuetudine è più presente all'interno della popolazione femminile (82,6%) rispetto a quella maschile (76,7%) e altamente diffusa tra i bambini da 3 a 10 anni (93%). L'abitudine ad una colazione adeguata è più diffusa nel Centro e nel Nord. 5 Analizzando i differenti tipi di alimenti consumati1, nel 2013 la dieta della popolazione italiana è ancora caratterizzata largamente, nonostante sia in continuo ma leggero calo, da pane e pasta, consumati almeno una volta al giorno dall'82,4% degli italiani. L'82,5% della popolazione dichiara di mangiare qualche volta a settimana carni bianche, percentuale che diminuisce quando si tratta di carni bovine (66,9%) e suine (45,2%). Rispetto al 2010, il consumo di carni bovine è diminuito del 4,1% e quello di carni suine dell'1,8%. Il 51,4% degli italiani ha dichiarato di consumare verdure almeno una volta al giorno (dato stabile rispetto alle precedenti rilevazioni), più alta la quota di consumatori giornalieri di frutta (in leggero calo), pari al 74,5%. Per quanto riguarda le differenze di genere, il consumo femminile risulta essere più salutare rispetto a quello maschile. Lo stile alimentare delle prime, infatti, si caratterizza per un utilizzo quotidiano maggiore di verdure (56% rispetto al 46,5% degli uomini), di ortaggi (47,9% rispetto al 40,1% degli uomini) e frutta (77,1% rispetto al 71,7% degli uomini). Le abitudini alimentari degli uomini, invece, si basano soprattutto sul consumo di pasta e pane (85,6% di consumo giornaliero rispetto al 79,4% delle donne), salumi (il 64,2% ne consuma almeno qualche volta a settimana rispetto al 53,5% delle donne), carni bovine (70,5% qualche volta a settimana contro il 63,5% delle donne), carne di maiale (49,2% rispetto al 41,5% delle donne) e snack (29,8% rispetto al 23,7% delle donne). Il 66,9% delle popolazione presta attenzione al consumo di sale, in particolare le donne, e il 42,7% utilizza sale arricchito di iodio. Anche il sistema di sorveglianza Passi ha indagato sul consumo di frutta e verdura nella popolazione italiana: nel periodo 2010-2013: il 48% degli intervistati ha dichiarato di consumare tre o più porzioni al giorno di frutta e verdura, mentre solo il 10% ne consuma cinque porzioni (Figura 1.2), quantità raccomandata dalle linee guida2. Questi ultimi consumatori risultano essere in prevalenza donne, adulti dai 50 ai 69 anni, le persone più istruite e chi dichiara di non avere difficoltà economiche. Esistono differenze anche a livello territoriale, dove le regioni settentrionali mostrano consumi maggiori di cinque porzioni di frutta e verdura giornaliere rispetto a quelle meridionali (Figura 1.3.). 1 http://dati.istat.it/ 2 http://www.epicentro.iss.it/passi/rapporto2013/5ADay.asp 6 Figura 1.2 Figura 1.3 Particolare attenzione va prestata alle abitudini alimentari di bambini ed adolescenti, target a rischio sovrappeso ed obesità, sia a causa di uno stile sedentario sia per una cattiva alimentazione. Il rischio di obesità in età adulta, infatti, è nettamente più alto tra chi lo è già in giovane età, così come aumenta il rischio di soffrire di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, problemi ortopedici e problemi di salute mentale come la scarsa autostima. Un importante rapporto realizzato dall'ISTAT, in collaborazione con UNICEF, ha analizzato gli stili alimentari di bambini e adolescenti fino ai 17 anni, considerando le caratteristiche territoriali e socio-economiche della famiglia. Così come per altri stili di vita, emergono forti disuguaglianze, condizionate in particolar modo dalle condizioni socio-economiche: a maggior risorse economiche e a titolo di studio più alto dei genitori corrispondono stili alimentari più adeguati. Considerando, ad esempio, la colazione, la percentuale di bambini tra i 3 e i 17 anni con madre laureata che non fanno una colazione adeguata è pari al 5,6%, dato che aumenta tra chi ha madre solo diplomata (7,9%) o solo con la scuola dell'obbligo (12,2%). Per quanto riguarda il consumo di snack, il 14,2% dei 3-17enni ne consuma almeno una volta al giorno, quota che aumenta all'aumentare dell'età (11,4% nella fascia 3-10 anni, 17,4% nella fascia 11-17 anni). Anche in questo caso si ripropongono le stesse disuguaglianze socio-economiche: la percentuale di chi consuma quotidianamente snack aumenta all'abbassamento del livello di istruzione dei genitori (7,3% tra chi ha genitori con laurea, 12,2% con diploma e 17,4% con scuola dell'obbligo). A livello territoriale, il Sud presenta percentuali più alte (19,4%) insieme al NordOvest (16,3%), mentre le quote più basse si registrano al Centro (8,9%) e nel Nord-Est (11,4%). Anche il consumo di bevande gassate presenta la stessa relazione con il titolo di studio: tra chi ha madri laureate, il consumo quotidiano di almeno mezzo litro di bevande gassate è pari al 4,7%, al 10,4% tra chi ha madri diplomate e al 8,6% tra chi ha madri con la sola scuola dell'obbligo. Passando al consumo di frutta e verdura, nel 2012 il 12% dei bambini consuma 4 o più porzioni di frutta e verdura al giorno, mentre il 63,2% ne consuma fino a 3 porzioni. Anche in questo caso i valori più critici sono presenti al Sud, dove solo il 6,8% dei bambini ha un alto consumo di frutta e 7 verdura, e nelle Isole (9,1%) mentre i più alti si registrano al Centro (15,1%), seguito da Nord-Est (14,9%) e Nord-Ovest (14,2%). Considerando il titolo di studio, la più alta percentuale di bambini tra i 3 e i 17 anni che consuma 4 o più porzioni di frutta e verdura al giorno si registra tra chi ha madre laureata (24,1%), mentre solo il 14,5% di chi ha madre con diploma o con scuola dell'obbligo adotta quest'abitudine alimentare (ISTAT-UNICEF, 2013). Secondo lo studio HBSC-Italia (Health Behaviour in School-aged Children), il consumo di frutta e verdura degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni diminuisce all'aumentare dell'età e vede le femmine maggiori consumatrici rispetto ai coetanei maschi. In generale, vi è un maggior consumo di frutta rispetto alle verdure: il 45,5% degli 11enni dichiara di consumare frutta una o più volte al giorno, percentuale che scende al 39,9% tra i 13enni e al 38,4% tra i 15enni. Consumare almeno una volta al giorno verdura, invece, è un'abitudine del 21% degli 11enni, 19,6% dei 13enni e 20,2% dei 15enni. Basse le percentuali di chi dichiara di non consumare mai frutta (4,9% per gli 11 e 13enni, 5,5% per i 15enni), mentre gli stessi dati sono decisamente più alti riguardo al consumo di verdure (12,2% per gli 11enni, 8,9% per i 13enni e 8,4% per i 15enni). Rispetto alle precedenti rilevazioni, si nota una diminuzione del consumo sia di frutta che di verdura, mentre aumenta il consumo quotidiano di dolci: a parte gli 11enni, che passano dal 29% al 28%, i 13enni che consumano ogni giorno, rispetto al 2006, passano dal 29% al 35%, mentre i 15enni dal 32% al 36%. Vi è, quindi, un aumento del consumo all'aumentare dell'età, fenomeno che si verifica anche per il consumo di bibite zuccherate (Cavallo et al., 2013). Secondo i risultati del sistema di sorveglianza Okkio alla SALUTE, emergono abitudini che possono favorire l'aumento di peso nei bambini: il 9% di loro, infatti, salta la prima colazione e il 31% fa una colazione non adeguata; il 22% dei genitori, inoltre, dichiara che i loro figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura, mentre il 44% ha un consumo quotidiano di bibite gassate e/o zuccherate (Spinelli et al. 2012). 1.2 Sovrappeso ed obesità Sovrappeso ed obesità sono causa di morte prematura e principali fattori di rischio di malattie croniche. Secondo l'OMS3, a livello mondiale nel 2008 più di 1,4 miliardi di persone dai 20 anni in su è sovrappeso. Tra questi, 200 milioni di uomini e 300 milioni di donne sono obese. Nella regione Europea, più del 50% della popolazione è sovrappeso e il 23% delle donne e il 20% degli uomini risulta obeso. Stando a questi dati, l'Italia risulta essere in una situazione migliore rispetto alla media europea. Secondo i dati PASSI, l'11% degli adulti tra i 16-69 anni è obeso e il 42% risulta in eccesso ponderale (sovrappeso/obesità). Tra gli anziani dai 64 anni in su, la percentuale di obesità sale al 15%, mentre le persone in sovrappeso risultano essere il 42%. Il trend temporale non registra variazioni nelle percentuali di sovrappeso ed obesità rilevate, si ha quindi una situazione stabile dal 2008 al 2013. In entrambi i gruppi di popolazione, l'eccesso ponderale è più frequente nelle persone con bassi livelli di istruzione e difficoltà economiche e il Sud risulta la regione con le percentuali più alte. Per ciò che riguarda la consapevolezza di tale stato, il 50% di chi risulta 3 http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs311/en/ 8 sovrappeso e addirittura il 10% di chi è obeso dichiara di ritenere il proprio peso giusto (PASSI, 2013). Un quadro simile è offerto dai dati ISTAT4, secondo i quali nel 2013 la quota di persone sovrappeso in Italia è pari al 35,5% e di obesi al 10,3%. Anche in questo caso la quota registrata risulta stabile rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti. Gli uomini risultano i più colpiti da tale condizione: gli adulti maschi in sovrappeso sono pari al 44,1% contro il 27,5% delle femmine, gli obesi sono pari all'11,5% rispetto al 9,3% delle femmine. Confermata la relazione inversamente proporzionale tra titolo di studio e prevalenza di sovrappeso/obesità: il 45,2% di chi ha licenza elementare o nessun titolo di studio è in sovrappeso rispetto al 26% di chi possiede la laurea, la percentuale di obesità, invece, è pari al 16,7% nei primi rispetto al 5,9% dei secondi. Le regioni del Sud presentano le percentuali più alte di sovrappeso ed obesità (rispettivamente 39,5% e 11,2%), mentre il Nord le più basse (33,1% e 9,9%). Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti, si registra una lieve diminuzione di obesità e sovrappeso, ma l'Italia continua ad essere tra i primi posti per quanto riguarda l'eccesso ponderale infantile. Okkio alla SALUTE ha stimato, nel 2012, una prevalenza di 22,2% di bambini in sovrappeso e un 10,6% di obesità, situazione in leggero calo rispetto agli anni precedenti, con percentuali più alte nelle regioni del centro sud (Spinelli A et al., 2012). Questo trend geografico è confermato dai dati HBSC, secondo cui i valori del sovrappeso sono, per le femmine, 16,5%, 14,6% e 10,5% e 22,2%, 20,6% e 21,3% per i maschi rispettivamente di 11, 13 e 15 anni. I valori dell'obesità sono, per le femmine, 2,3%, 2,4% e 1,4% e per i maschi 5,9%, 4,2% e 3,9%. In entrambi i casi si assiste ad una diminuzione dei valori all'aumentare dell'età e i valori dei maschi risultano nettamente superiori a quelli delle femmine (Cavallo et al., 2013). I giovani adolescenti italiani risultano maggiormente in sovrappeso ed obesi rispetto alla media degli adolescenti dei paesi che hanno partecipato all'indagine HBSC, in tutte e tre le fasce d'età e per entrambi i sessi (HBSC 2010). Il peso dei genitori è sicuramente uno dei fattori che più possono influenzare il fenomeno dell'aumento di peso nei bambini e negli adolescenti. Le percentuali di sovrappeso nella popolazione tra i 6 e i 17 anni, infatti, sono più alte tra coloro che hanno entrambi i genitori sovrappeso (38,1%), mentre il valore scende quando solo la madre è in sovrappeso (28,1%) o solo il padre (26,5%). Decisamente inferiore la percentuale di chi non ha genitori in sovrappeso, pari al 20,4% (ISTAT-UNICEF, 2013). 1.3 GBD e DALY Il Global Burden of Disease (GBD) è uno strumento che permette di valutare l'impatto delle patologie e dei fattori di rischio sulla salute della popolazione, sia in termini di mortalità sia in termini di disabilità e qualità di vita. Il GBD viene espresso attraverso il DALY (Disability Adjusted Life Years), una misura che consente di attribuire, ad ogni causa o fattore di rischio, gli anni persi per morte prematura (YLL: Years of Life Lost) e gli anni vissuti con disabilità (YLD: Years Lived with Disability). Un DALY corrisponde ad un anno di vita sana perduto. 4 http://dati.istat.it/ 9 Secondo i dati del Global Burden of disease 20105, le principali cause di morte nei paesi sviluppati sono le cardiopatie e l'infarto, inoltre, rispetto al 1990, aumenta la mortalità per diabete e cancro al colon-retto, tutte patologie correlate ad una dieta scorretta. Cardiopatie e infarto risultano essere anche le due patologie che hanno maggior peso nel carico globale di malattia (DALY). In Italia si assiste ad una situazione simile anche se, rispetto a 20 anni fa, ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda la mortalità per cardiopatie (-2%, rispetto all'aumento del 2% registrato nella media dei paesi sviluppati) e per infarto (-10% contro il -4% dei paesi sviluppati). In aumento, invece, le malattie cardiache ipertensive (al quinto posto per causa di morte, mentre nella media dei paesi sviluppati non rientra tra le principali cause) e altre malattie cardiocircolatorie (+77% rispetto al +12% dei paesi sviluppati). Il principale fattore di rischio di mortalità in Italia sono i comportamenti legati alla dieta, passato dal secondo posto del 1990 al primo del 2010, seguito da ipertensione, fumo e alto indice di massa corporea (Figura 4). Rispetto a 20 anni fa, migliorano i risultati relativi a questi fattori, ad eccezione della mortalità dovuta all'alto indice di massa corporea, che aumenta dell'11%, risultato comunque più basso rispetto alla media dei paesi sviluppati, dove si assiste ad un aumento del 27%. Gli stessi quattro fattori, sono quelli che più contribuiscono al carico globale di malattia. La cattiva alimentazione rappresenta il principale fattore di rischio di malattie cardiovascolari: in Italia è responsabile del 10,59% dei DALY (-2,74% rispetto al 1990) attribuiti a tali patologie, pari a Figura 1.4 1.723.980 anni di vita sana persi. Lo stesso fattore è causa del 2% del totale dei DALY attribuiti ai tumori. Nella media dei paesi sviluppati, la dieta scorretta ha un impatto maggiore rispetto che in Italia, essendo causa del 14,08% dei DALY legati alle malattie cardiovascolari. Al secondo e quarto posto dei principali fattori di rischio di mortalità e disabilità, troviamo l'ipertensione e l'alto indice di massa corporea, strettamente correlati alla cattiva alimentazione. Il primo è causa del 10,53% dei DALY (-3,62% rispetto al 1990) attribuiti alle malattie cardiovascolari (12,45% nei paesi sviluppati), mentre il secondo ne è responsabile in misura pari al 4,52% (6,14% nei paesi sviluppati), così come contribuisce al 2,13% dei DALY (+0,27%) causati da malattie diabetiche, urogenitali, endocrine e del sangue (Figura 5). 5 http://www.healthdata.org/gbd/data-visualizations 10 Figura 1.5 Analizzando in maniera più approfondita i dati, i comportamenti legati alla dieta che più contribuiscono al carico globale di malattia in Italia risultano essere, in ordine: dieta ricca di sodio (responsabile del 3,48% di DALY attribuiti alle malattie cardiovascolari), basso consumo di frutta (2,84% di DALY per malattie cardiovascolari e 0,65% di DALY per neoplasie), basso consumo di noci e semi oleosi (3,35% di DALY per malattie cardiovascolari), pochi cibi integrali (2,21% di DALY per malattie cardiovascolari), consumo di carne processata (1,41% di DALY per malattie cardiovascolari e 0,38% di DALY dovuti a malattie diabetiche, urogenitali, endocrine e del sangue) e basso consumo di verdure (1,57% DALY) (Figura 6). Rispetto al 1990, migliora la situazione, in termini di impatto sulla salute, per quanto riguarda il basso consumo di frutta (allora era al primo posto e responsabile del 3,95% di DALY legati alle malattie cardiovascolari), così come per il basso consumo di verdure, di noci e semi oleosi e l'alto consumo di sodio. 11 Figura 1.6 12 2. OBIETTIVO L’obiettivo dell’elaborato è quello di analizzare il problema di salute con un approccio sistemicomultidimensionale. considerando: le determinanti del fenomeno, gli strumenti e le strategie efficaci per la promozione di una corretta alimentazione e la prevenzione delle malattie ad essa correlate, le evidenze di efficacia, l’analisi delle strategie in Europa e in Italia. Nello specifico si intende valutare l’impatto della cattiva alimentazione in termini di costi di salute, non esclusivamente economici. L’analisi dei determinanti ci permetterà di individuare la tipologia degli interventi e delle strategie potenzialmente più efficaci, poi analizzate alla luce della letteratura e della sostenibilità politica e pratica. Tale analisi permetterà di comparare le strategie in Europa e in Italia per poi evidenziare quali sono le criticità e dunque le aree di miglioramento affinchè la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili sia realmente strategica. In Appendice vengono riportati uno studio sull’efficacia di una tipologia specifica di intervento di prevenzione, in particolare sul ruolo del caregiver nell’educazione nutrizionale dei bambini (Appendice 1) e un esempio di progetto di educazione nutrizionale nel contesto scolastico (Appendice 2) 13 3. MATERIALI E METODI Per la raccolta dei dati sugli stili alimentari e la prevalenza di obesità e sovrappeso nel nostro paese, sono stati consultati i documenti prodotti dai principali sistemi di sorveglianza: rapporti ISTAT, PASSI, Okkio alla Salute e HBSC. La ricerca dei documenti è avvenuta attraverso la consultazione dei principali motori di ricerca, utilizzando le parole chiave: alimentazione, salute, prevenzione, stili alimentari, adolescenti, bambini, obesità e sovrappeso. Sono stati consultati, inoltre, i portali Epicentro (http://www.epicentro.iss.it/) e Guadagnare Salute (http://www.guadagnaresalute.it/). Per quanto riguarda i dati ISTAT, oltre alla documentazione ottenuta tramite la ricerca sopra descritta, è stato consultato il database online dell'Istituto (http://dati.istat.it), contenente informazioni aggiornate sugli stili alimentari e grazie al quale è stato possibile confrontare i dati relativi all'ultima rilevazione con quelli degli anni precedenti. Per l'analisi dei DALY è stata consultata la pagina web dell'Institute for Health Metrics and Evaluation (www.healthdata.org), dove sono inseriti tutti i dati, per ogni singolo paese, relativi al Global Burden of Disease 2010. In particolare, nella sezione dedicata al Global Burden of Disease, è presente lo strumento GBD Compare, il quale permette di interagire online con tutti i dati, selezionando il tipo di grafico e analizzando nello specifico variabili come età, genere, anno, Paese, cause di mortalità e cause di disabilità. Per la disamina delle tipologie di interventi e della loro efficacia ci si è avvalsi dei risultati di un precedente lavoro di ricerca svolto da uno degli autori6 attraverso la consultazione delle banche dati: PubMed e EMBASE selezionando metanalisi, revisioni sistematiche, revisioni, RCT, linee guida e pubblicazioni governative degli ultimi 5 anni selezionando la seguente stringa di ricerca: (nutritional AND information) AND ("obesity prevention" OR "obesity") AND ("prevention and control" OR ("prevention" AND "control") OR "prevention and control" OR "prevention"). Dagli articoli reperiti sono stati esclusi quelli che non riportavano evidenze di efficacia, gli articoli relativi a trattamenti dell’obesità come misure preventive (es. chirurgia bariatrica), quelli irreperibili in fulltext attraverso il nostro accesso alle risorse bibliografiche (Biblioteca virtuale del Piemonte). A queste fonti sono stati aggiunti: • i report del gruppo di lavoro Europeo Eatwell Project (“Interventions to Promote Healthy Eating Habits: Evaluation and Recommendations”), che ha fra le sue finalità la valutazione di efficacia di interventi attuati a livello europeo per migliorare l’alimentazione e il loro impatto di salute e la valutazione dell’accettabilità di potenziali interventi futuri e la pubblicazione di linee guida per l’implementazione. E stata scelta questa pubblicazione in quanto recente e perché include, sul tema della valutazione cost-effectiveness di misure di promozione di stili di vita salutari, il risultato di altri due ampi studi: una dell’OECD (8) (compreso fra i risultati della nostra ricerca) e uno dell’Australian National Health and Medical Research Council, the “ACE—Prevention” (Assessing Cost-Effectiveness in Prevention project). 6 Silvia Cardetti, “La prevenzione dell’obesità nella popolazione generale: gli interventi finalizzati al miglioramento delle scelte alimentari”, tesi di Master in scienze della prevenzione MSP-ASPP, 2014 14 • Lo studio stesso “Assessing Cost-Effectiveness in Prevention. ACE–Prevention” • il testo di Sassi, “Obesity and the economics of prevention. Fit not Fat” pubblicato dall’OECD (The Organisation for Economic Co-operation and Development) nel 2010. Per la discussione delle strategie in atto in Europa si è fatto riferimento ai principali siti web Istituzionali: “The United Nation System Standing Committee on Nutrition” (http://www.unscn.org/en/nutrition_ncd); “The world Health Organization” sulla nutrizione (http://www.who.int/dietphysicalactivity/en/); il sito della Commissione europea, settore “salute pubblicadieta e attività fisica” (http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/policy/index_en.htm); “The World health Organization”- Europe (http://www.euro.who.int/en/home). Per la disamina della situazione italiana i materiali sono stati raccolti dai siti di riferimento per la sanità pubblica e in particolare per il settore della prevenzione: Il sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_3_prevenzione.html), il sito di Epicentro (http://www.epicentro.iss.it/); il sito del Centro Nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (http://www.ccm-network.it/home.html); il sito del programma Guadagnare Salute (http://www.guadagnaresalute.it/). 15 4. LE DETERMINANTI DEL FENOMENO: MODELLI DI COMPORTAMENTO, ASPETTI CULTURALI, CONTAGIO SOCIALE. LE AREE DI INTERVENTO DELLA PREVENZIONE A partire dalla disamina esposta nel precedente capitolo, è possibile affermare che i disturbi dell’alimentazione siano ad oggi un importante e impattante problema di salute che assume particolare importanza a fronte del significato del concetto di salute definito dall’ dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente una assenza di malattia o infermità.” E’ quindi di estrema importanza, al fine di accrescere le probabilità di efficacia di un intervento di prevenzione, approfondire e analizzare le determinanti del fenomeno con un approccio quanto più possibile sistemico. Contano più gli aspetti individuali o il contesto politico, socio-economico e culturale? La discussione non è solo teorica e concettuale; le sue conclusioni hanno a che fare con le strategie di prevenzione e le politiche sanitarie di una nazione. I determinanti del comportamento sono i fattori che influenzano lo stato di salute di un individuo e – più estesamente – di una comunità o di una popolazione e i comportamenti, in ottica sistemica, sono la manifestazione dell’interazione di diverse dimensioni che analizzeremo nel prosieguo di questo capitolo. In linea generale, e senza voler assumere un atteggiamento riduzionista, l’obiettivo ultimo, qualunque sia il modello, lo strumento, il target, ecc.. di una campagna di prevenzione, è quello di ottenere un cambiamento dei comportamenti quanto più diffusi possibile. Sembra necessario quindi ragionare su cosa sia un comportamento e cosa lo determina al fine di orientare un intervento di prevenzione. Il comportamento è il modo di agire e reagire di un oggetto o un organismo messo in relazione o interazione con altri oggetti, organismi o più in generale con l'ambiente. Si tratta dunque dell'esternazione di un atteggiamento[senza fonte], il quale a sua volta si basa su una idea o una convinzione, più o meno realistica fino anche un pregiudizio. Il comportamento umano può essere conscio o inconscio, volontario o involontario Nei decenni gli approcci allo studio del comportamento si sono focalizzati su aspetti diversi, quali ad esempio: l’ approccio comportamentista, cognitivista, psicosociale, sociologico… ma al di là dei singoli orientamenti ciò che può rendere un intervento efficace è la valutare di ogni elemento del sistema in fase di progettazione, parliamo quindi di un approccio sistemico. Un tratto comune ad alcuni di questi approcci asserisce che una formulazione chiusa di un problema spesso inibisce le soluzioni innovative e la ricerca della soluzione migliore. 16 4.1 La valutazione sistemica del fenomeno: «Non si può risolvere un problema con lo stesso pensiero che l'ha originato» Albert Einstein 1921 Un’interessante ed esplicativa analisi e disamina di molti studi sui determinanti del comportamento è stata condotta dal Prof. D’Angelo. Nella seguente immagine è possibile condividere una schematizzazione di tali elementi, alcuni dei quali verranno approfonditi di seguito: La cultura è la determinante fondamentale dei bisogni percepiti dalla persona. l’individuo, crescendo in un certo ambiente, assorbe un insieme di valori, ognuno dei quali viene poi elaborato e modificato dalle singole realtà culturali e dalle loro dinamiche. Aspetti della subcultura che possono influenzare il comportamento alimentare e che di conseguenza devono essere considerate nella progettazione di un intervento di prevenzione, fanno riferimento a: valori, abitudini, tradizioni diverse e per dislocazione geografica, razza, religione, etnie, classi sociali, ecc.. L’individuo è inevitabilmente inserito in un contesto sociale che contribuisce a determinare e dal quale viene influenzato. L’influenza sociale, che alcune teorie definiscono virale, è un potente strumento di diffusione di comportamenti. Lewin (1948) afferma che “Un gruppo è definito al meglio come una totalità dinamica basata sull’interdipendenza invece che sulla somiglianza” Secondo Pedon (2011), in modo molto generale, il termine “influenza sociale” indica il fatto che l'azione di una persona diventa una prescrizione nell'orientamento del comportamento di un'altra persona. L'influenza sociale non ci informa direttamente sul modo in cui gli individui la generano, la trattano, l'assimilano ma si può dire che essa riguarda tutto ciò che produce un cambiamento di comportamento in virtù di influenze presenti in un dato contesto. Nel 1968 Kerckhoff e Back, attraverso uno studio, riuscirono a dimostrare che gli individui che hanno relazioni positive tra loro tendono a modellare i propri comportamenti gli uni sugli altri, perché cercano la somiglianza. In questo studio osservarono che anche una manifestazione di ordine biologico può avere una spiegazione «sociale» basata sul fatto che un individuo accetta un modello implicito secondo il quale, in certe situazioni, è preferibile essere come gli altri ed agire in modo analogo. Infatti, secondo la teoria del confronto sociale di Festinger (1954), le persone non sono mai sicure delle proprie opinioni o delle proprie azioni e, quindi, sono inclini a ricercare negli altri la conferma delle loro opinioni. Tale incertezza e il desiderio di approvazione orientano i comportamenti sullo schema dei comportamenti degli altri. L’influenza sociale e il conseguente (il più delle volte inconsapevole) adeguamento del comportamento, soddisfa un bisogno innato dell’uomo: quello di appartenenza che secondo la teoria della gerarchia dei bisogni di Maslow si pone ai primi posti alla base della piramide. Ma soddisfa anche meccanismo di ottimizzazione dei processi cognitivi nel processo di decisione, bisogno di attribuire alla realtà un significato condiviso. Il consenso riduce la possibilità dell’errore individuale 17 “io posso sbagliare ma è difficile che tutto il gruppo sbagli”. Questo porta le persone ad aderire e rispettare le norme sociali. Come nascono le norme sociali: • Interazione tra i membri del gruppo • Ciascun membro è influenzato dalle idee e dalle azioni altrui • Idee, comportamenti dei membri del gruppo tendono a convergere fino a diventare uguali • Tali opinioni diventano norme • Le norme vengono accettate dalla maggioranza dei membri del gruppo • I membri tendono a sovrastimare il consenso sulla propria visione del mondo (consenso illusorio) Il concetto di norma richiama quello di conformità; La conformità è la convergenza dei pensieri, sentimenti, comportamenti degli individui verso le norme del gruppo. Il gruppo non accetta, anzi rigetta, gli individui che deviano rispetto alle norme stabilite dal gruppo (Levine,1980). La conoscenza e l’utilizzo di tali meccanismi, sebbene apparentemente lontani dal tema delle abitudini alimentari, può invece supportare la conoscenza delle determinanti del fenomeno e delle più adeguate strategie di intervento. 4.2 Le abitudini alimentari: come motivare al cambiamento dei comportamenti Le abitudini possono essere definite come comportamenti routinari inconsapevoli ma le abitudini alimentari si modificano anche in virtù dei grandi cambiamenti sociali, economici, ecc.. Basti pensare, ad esempio, all’impatto sulle abitudini alimentari dovuto ai cambiamenti del mondo del lavoro negli ultimi decenni: globalizzazione del mercato, ingresso delle donne, flessibilità del lavoro, prolungamento degli orari e aumento dei carichi, difficoltà crescente nella gestione della dinamica conciliazione casa-lavoro.. da una superficiale osservazione delle dinamiche sociali in tal senso, è possibile riflettere sul fatto che tali nuove esigenze di tempo hanno fatto nascere la “moda alimentare” dei fast food. Allo stesso modo, lo stress determinato da tali richieste è possibile che abbia determinato il bisogno sociale di recuperare la dimensione relazionale, di riappropriarsi del senso del tempo, di ritornare alle origini e alle tradizioni; possiamo dire che il recente successo del concetto di slow food, inteso come recupero di tradizione, socialità, sano, cura, sia attribuibile al fatto che flow food sia stata una risposta al fast food e alle nuove esigenze sociali? Lavorare per ottenere un cambiamento è oggi identificabile nel termine Change management: approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società che rende possibile (e/o pilota) la transizione da un assetto corrente ad un futuro assetto desiderato. Il Change Management, così come viene comunemente inteso, fornisce strumenti e processi per riconoscere, comprendere e guidare il cambiamento. Uno dei primi ma sempre validi modelli di gestione del cambiamento fu elaborato da Kurt Lewin che ne ha interpretato il punto di vista individuale come strumento di diffusione sociale. 18 Lewin descriveva la transizione come un processo a tre stadi. 1) lo “scongelamento” (“unfreezing”), comporta il superamento dell'inerzia e lo smantellamento della mentalità e delle abitudini esistenti. La naturale resistenza innescata dai meccanismi di difesa deve essere superata. In questa fase è molto importante la gestione di una campagna di informazione e sensibilizzazione sul tema. Per avviare un percorso di cambiamento, che risulti efficace nel tempo, è in questa fase che si definiscono le leve motivazionali sia a livello individuale che sociale sulla base di un’anali di tutte le determinanti precedentemente riportate. 2) La “confusione”: il secondo stadio, quello in cui si attua/manifesta il cambiamento, è contraddistinto da uno stato di confusione e di provvisorietà legata alla transizione. Si è consapevoli che il quadro precedente è stato messo in discussione ma non si ha ancora una chiara percezione di come sostituirlo. E’ in questa fase che il contagio sociale può risultare un fattore di particolare rilevanza. 3) il “ricongelamento” ("refreezing"), comporta il consolidamento del nuovo quadro e delle nuove abitudini e la loro cristallizzazione, riportando gli individui ad un livello di confidenza con i processi analogo a quello prima del cambiamento. In una dimensione puramente sociale il Change Management è inteso come un insieme di strumenti e processi utile ad ottenere il consenso (materia trattata approfonditamente da Edward Bernays da molti considerato il padre fondatore delle pubbliche relazioni moderne) e/o la partecipazione attiva della massa (o del proprio target) per il raggiungimento degli obiettivi di trasformazione. Esempi di questo secondo lato potrebbero essere: la transizione innescata da una riforma legislativa (che comporterebbe una campagna pubblicitaria di informazione per avvisare/educare i cittadini riguardo ai nuovi procedimenti amministrativi legiferati, un piano operativo per predisporre i nuovi servizi necessari, ecc., vedere anche Comunicazione istituzionale); la scissione o la fusione di movimenti politici (che comporterebbe un piano per la riorganizzazione delle strutture, una campagna per la nuova gestione dei tesseramenti, un piano di comunicazione per informare l'opinione pubblica, ecc.); l'orientamento di un target di consumatori verso un diverso modello di consumo da parte di una associazione di produttori (che comporterebbe la commissione di studi di mercato, la definizione di standard comuni tra i produttori, campagne di comunicazione, ecc.). In questo ambito il lato dell'individuo è quello che viene osservato attraverso le lenti dell'antropologia culturale, mentre il lato del sistema è quello che viene osservato dalle lenti della politica, dell'associazionismo culturale, delle parti sociali (associazioni di imprese o sindacati), del mondo delle associazioni religiose, ecc.. In conclusione si può considerare che una campagna di prevenzione dei disturbi alimentari o di promozione della salute attraverso la diffusione di buone abitudini alimentari, è caratterizzata da maggiori probabilità di successo e di efficacia se analizza il fenomeno nella complessa interazione degli aspetti che sono stati analizzati. 19 5. LE DETERMINANTI AMBIENTALI In questo capitolo si tratterà in maniera specifica il tema dei determinanti ambientali legati al tema dell'obesità, o per meglio dire i disturbi dell'alimentazione legati ai fattori socio-economici delle popolazioni. Le cause che hanno portato all’esplosione del fenomeno dell’obesità e le differenze che esistono relativamente alla prevalenza di questa condizione tra i diversi gruppi sociali sono di natura culturale ed economica, oltre che biologica ed epidemiologica. Fattori come il livello di istruzione, il reddito e la posizione sociale sembrano rappresentare aspetti determinanti. Di seguito verranno fornite alcune evidenze delle relazioni esistenti tra la cattiva alimentazione e alcune variabili che determinano lo stato socio-economico degli individui. Prima, però, è necessario comprendere come il fenomeno si declini diversamente già a livello di sesso ed età. 5.1 differenze nei diversi gruppi socio-economici. 5.1.1 Le differenze tra donne e uomini. Il tasso di obesità a livello mondiale è tendenzialmente più elevato nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. Le donne, generalmente, presentano tassi di obesità maggiori rispetto agli uomini, ma la condizione di sovrappeso, invece, è maggiormente diffusa negli uomini (Miljkovic et al., 2008). Sono stati fatti diversi tentativi per spiegare questo fenomeno. Uno studio americano, ad esempio, dimostra come negli Stati Uniti, a partire dal 1970, le donne abbiano sperimentato una progressiva riduzione del reddito reale a fronte di un aumento del numero di ore dedicate al lavoro e come ciò sia strettamente connesso con l’aumento del tasso di obesità. Inoltre, è emerso anche come le donne che hanno sperimentato squilibri nutrizionali (fenomeni più diffusi nelle femmine rispetto ai maschi) in età adolescenziale siano maggiormente predisposte a sviluppare l’obesità in età adulta. Come si vedrà in seguito, la differenza di genere nella prevalenza dell’obesità appare significativamente correlata con altre caratteristiche individuali, come la condizione socioeconomica, il gruppo etnico di appartenenza, e il livello di attività fisica. 5.1.2. Le differenze nelle classi di età. Un primo gruppo di determinanti è relativo alle caratteristiche socio-demografiche dei consumatori. Nella diffusione dell’obesità, l’età assume un ruolo fondamentale, in quanto tale patologia, negli Stati Uniti, si riscontra principalmente negli uomini sopra i 65 anni e nelle donne tra in 65 e i 74 anni (Miljkovic et al., 2008; Chang et al., 2006). Le evidenze statistiche raccolte in alcuni Paesi mostrano come la relazione tra peso corporeo e classi di età segua una curva a “u” rovesciata. Il peso tende ad aumentare lentamente con l’avanzare dell’età fino a raggiungere un picco intorno ai 50 anni, per poi calare mano a mano che un individuo invecchia, con la diffusione di malattie croniche, la maggior parte delle quali provoca una perdita di peso corporeo. 20 Questo fenomeno è da ricollegare ai differenti stili di vita generalmente adottati nell’arco dell’intera esistenza di un individuo. Durante i primi anni di vita e l’adolescenza un’attività fisica tendenzialmente più intensa e regolare e un’alimentazione più controllata consentono il mantenimento di un buon livello di BMI (pur con le dovute differenze ed eccezioni tra i diversi Paesi), mentre con il passare degli anni e l’inizio dell’attività lavorativa si può notare una crescita generalizzata nella prevalenza dell’obesità nei Paesi osservati. Ciò è dovuto, ad esempio, al forte grado di terziarizzazione del mondo del lavoro nei Paesi ad alto reddito, che prevede perlopiù mansioni sedentarie. Raggiunti i 50 anni di età si osserva, però, una lenta inversione di tendenza, dovuta alla comparsa dei primi sintomi di malattie croniche e alle conseguenti misure preventive e di controllo adottate,come diete a basso contenuto di grassi o di zuccheri. Inoltre si delinea una relazione inversa tra attività fisica e Bmi, sottolineando come le condizioni di obesità e sovrappeso si riscontrano maggiormente in individui scarsamente propensi all’attività sportiva (Lakdawalla e Philipson, 2002). 5.1.3. La differenza nelle etnie. Le etnie e le dinamiche migratorie sono dimensioni all’interno delle quali si creano diversi stili di vita e comportamenti alimentari. Le minoranze etniche spesso appartengono alle classi sociali più basse, tendono ad essere emarginate e costituiscono un terreno fertile perché si inneschino quei fenomeni analizzati precedentemente (all’interno di classi sociali meno agiate, con un livello di istruzione e reddito più bassi, il tasso di sovrappeso e di obesità è tendenzialmente più elevato). In Inghilterra, ad esempio, la popolazione femminile mostra andamenti discordanti a seconda delle diverse etnie, con un picco della prevalenza di obesità registrato nelle donne di colore, mentre per gli uomini i dati sembrano essere più lineari. Negli Stati Uniti la popolazione femminile di etnia afroamericana presenti tassi di sovrappeso e di obesità decisamente al di sopra della media. Infine, anche i contesti territoriali possono avere un’influenza sulla diffusione dell’obesità, tenendo presente, ad esempio, che in Italia nelle regioni del sud, cioè nelle aree con reddito procapite più basso, i livelli di obesità sono maggiori di quelli che si rilevano nelle regioni del nord (Mazzocchi, 2005). 5.1.4. Le condizioni economiche e il livello di istruzione. L’obesità risulta essere un problema che riguarda principalmente le categorie sociali svantaggiate, vale a dire la fascia di popolazione che presenta minori livelli di istruzione e maggiori difficoltà ad accedere all’assistenza medica, a causa dei bassi livelli di reddito (Drewnowski e Darmon, 2005). Secondo uno studio di Loureiro e Nayga (2005), si riscontra una percentuale di obesità alquanto bassa fra la popolazione adulta con livelli di istruzione elevati e redditi medio-alti, mentre l’incidenza di individui obesi risulta nettamente più elevata in quella parte della popolazione che possiede solo un’istruzione elementare. Inoltre, il collegamento tra obesità, basso reddito e limitato grado di istruzione appare più evidente nelle donne. Un lavoro pubblicato sul “Journal of 21 Epidemiology Community Health” ha analizzato la prevalenza dell’obesità in relazione al grado di distribuzione del benessere (misurato come distanza tra il reddito dei più ricchi e quello dei più poveri). Sebbene questo fattore non sia sufficiente da solo a spiegare i differenziali nel tasso di obesità tra i diversi Paesi osservati, i risultati mostrano come a un elevato grado di ineguaglianza nella distribuzione del reddito generalmente corrisponda una maggiore prevalenza di obesità tra la popolazione. L’OECD fornisce un’altra misura della disparità sociale in relazione all’obesità, equivalente alla probabilità di essere obesi nella classe meno abbiente rispetto alla più ricca. Anche questa analisi conferma che il livello di disparità sociale genera una probabilità di essere in sovrappeso o obesi maggiore nelle donne rispetto agli uomini. Le donne appartenenti alla classe più abbiente presentano, infatti, tassi di obesità significativamente inferiori rispetto a quelle appartenenti a classi sociali meno agiate, mentre questo dato risulta meno evidente nel caso degli uomini. Esistono molti studi che evidenziano la relazione esistente tra il numero di anni dedicati all’educazione scolastica e lo stile di vita. Chi ha dedicato maggior tempo alla propria formazione, in genere, consuma meno tabacco o alcol, non assume sostanze stupefacenti e presenta una prevalenza di obesità e sovrappeso inferiore alla media. Tali studi dimostrano come la prevalenza dell’obesità si riduca con l’aumentare degli anni di istruzione, evidenziando anche come la relazione inversa tra tasso di obesità e livello di istruzione sia più marcata nella popolazione femminile rispetto a quella maschile. Infatti, non sembra esserci alcuna relazione tra livello di istruzione e obesità negli uomini. L’indice di disparità è applicabile anche al livello di istruzione, consentendo così di valutare la differenza che intercorre nel tasso di obesità tra gli individui meno istruiti rispetto a quelli più istruiti (il livello di istruzione è misurato in base al numero di anni dedicati alla propria formazione). Si nota come anche nel caso dell’istruzione il livello di disparità sia più elevato per la popolazione obesa rispetto a quella sovrappeso. Inoltre, l’effetto dell’istruzione sull’obesità e sul sovrappeso è decisamente più elevato nelle donne rispetto agli uomini. In Italia, un’analisi svolta su un campione di individui adulti di età compresa tra i 25 e i 44 anni, mostra chiaramente come la prevalenza dell’obesità si riduca gradualmente con l’aumentare del livello di istruzione (definito dal titolo di studio in possesso) sia per le donne che per gli uomini. 5.2. I cambiamenti urbanistici. Che uno stile di vita che preveda un’adeguata attività motoria sia uno dei fattori che riducono maggiormente la probabilità di sovrappeso e obesità è ormai un dato consolidato. Storicamente, l’esercizio fisico era un’attività che non bisognava necessariamente pianificare durante la giornata o la settimana, in quanto era parte integrante della vita quotidiana e lavorativa. Se da un lato l’incremento delle distanze percorse per raggiungere il luogo di lavoro/studio ha ridotto la mobilità fisica delle persone, poiché ci si sposta prevalentemente con auto private o mezzi pubblici, dall’altro i miglioramenti tecnologici hanno reso il lavoro più sedentario. 22 In un contesto simile, i cambiamenti dei luoghi e degli spazi urbanistici in cui i bambini e gli adolescenti crescono (o sono cresciuti) producono effetti sul loro livello di attività motoria. Più nello specifico, la nascita delle “città diffuse” e l’incremento dei chilometri percorsi in automobile hanno avuto un impatto significativo sul livello di attività fisica dei bambini e degli adolescenti che camminano raramente o utilizzano per lo più la bicicletta per raggiungere la scuola o i luoghi di divertimento. Si consideri che se nel 1977 negli Stati Uniti il 15,8% dei viaggi compiuti da bambini e adolescenti di età compresa tra i 5 e i 15 anni era effettuato camminando o utilizzando la bicicletta, nel 1990 questa percentuale si attestava al 14,1% e nel 1995 al 9,9%, mentre oggi si stima sia inferiore al 4%. Una riduzione simile è dovuta alla volontà crescente dei genitori di accompagnare i propri figli a scuola o nei luoghi di divertimento, per via della distanza tra il luogo di residenza e la scuola troppo grande per essere coperta a piedi o in bicicletta dai propri figli e a causa dell’indisponibilità di corsie preferenziali o percorsi liberi da automobili e da pericoli. Tuttavia, poiché questa situazione sembra rappresentare una variabile esogena, sarebbe opportuno incentivare politiche di promozione e facilitazione anche delle attività sportive. La perdita di opportunità di praticare attività motoria di questo tipo (andando a scuola o giocando con gli amici) ha, infatti, un impatto addizionale sulla minore propensione all’esercizio fisico anche in altri contesti (attività sportive di gruppo ecc.) e ciò rappresenta un altro fattore di minore propensione all’adozione di uno stile di vita attivo da adulto. 5.3 Diffusione di stili di vita sedentari. Lo stile di vita sedentario è un altro fattore di rischio per il sovrappeso e l’obesità. La diffusione di stili di vita sedentari, già nei bambini, spesso è favorita da un’evoluzione di esigenze familiari e sociali che lasciano poche possibilità, se non nessuna, di praticare attività motorie di base. I bambini, ad esempio, trascorrono molte ore davanti alla televisione o al computer poiché i genitori tendono ad essere impegnati sul lavoro fino alle ore serali. Il costante aumento del tempo trascorso dai giovani davanti al computer, televisione o devices elettronici è confermato da uno studio americano che ha calcolato in 7 ore e 38 minuti al giorno il tempo medio che i ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 18 anni25 passano davanti a device elettronici nel 2009. Rispetto a cinque anni prima (2004) è stato registrato un aumento di 1 ora e 17 minuti. Le tendenze attuali, inoltre, evidenziano come bambini e adolescenti escano sempre meno di casa, poiché i genitori sono maggiormente apprensivi per la loro sicurezza e partecipano meno di frequente ad attività di educazione fisica (in particolare le ragazze adolescenti). E sono numerosi gli studi internazionali che hanno associato questi comportamenti a un incremento della prevalenza dell’obesità infanto-giovanile. L’esercizio fisico, oltre a evitare l’aumento eccessivo del peso corporeo, è di fondamentale importanza per la crescita di un bambino, in quanto promuove e aiuta a modificare la proporzione tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto adiposo). Sarebbe, quindi, sufficiente praticare un’attività aerobica a moderata intensità, senza affaticare troppo l’organismo, come ad esempio una camminata che sottopone i 23 muscoli a uno sforzo poco intenso ma costante, che permette di attingere energia dal serbatoio dei grassi. 5.4. Le informazioni al consumatore. Le informazioni che il consumatore trova nell'etichettatura rappresentano un ulteriore determinante della corretta alimentazione. Un consumatore scarsamente informato, infatti, non è in grado di ottimizzare le proprie preferenze ed è portato a compiere scelte errate per sé e per la propria salute. È importante non solo che gli alimenti riportino sulla confezione messaggi chiari e veritieri, ma che il consumatore abbia un livello di istruzione tale da poter comprendere l’etichetta e le informazioni nutrizionali, in modo da limitare le scelte insalubri (Drichoutis et al., 2005 e 2008). Alcuni studi hanno messo in evidenza come un’informazione insufficiente non permetta di fare scelte consapevoli e favorisca un aumento dell’obesità e del sovrappeso . In questo senso, l’etichettatura assume un ruolo rilevante nel favorire scelte più consapevoli e ciò in particolare vale per l’etichettatura nutrizionale. Negli Stati Uniti, ad esempio, è stato osservato come l’etichettatura nutrizionale possa favorire una riduzione dei livelli di Bmi e aiutare nella scelta di alimenti più salutari da un punto di vista nutrizionale (Variyam, 2008). In sintesi, per poter modificare e ridurre i determinanti ambientali della cattiva alimentazione e dell'obesità è necessario intervenire con un approccio intersettoriale e trasversale, che tenga in giusta considerazione sia l'aspetto sanitario ma anche i determinanti ambientali, sociali ed economici. 24 6. STRUMENTI E STRATEGIE PER LA PROMOZIONE DI UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE E LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE AD ESSA CORRELATE. Come precedentemente discusso, un modello efficace di intervento di prevenzione dovrebbe essere progettato tenendo conto dei diversi livelli del sistema in cui si muovono gli individui. Un tentativo di dare un impulso strategico in questa direzione è stata la direttiva europea “Salute in tutte le politiche” con cui si sono voluti indirizzare gli stati membri a valutare l’impatto in termini di salute delle scelte politiche in tutti gli ambiti, non solo sanitari. In questo capitolo esamineremo brevemente quali sono gli interventi attualmente più diffusi per contrastare le malattie croniche non trasmissibili (MCNT) legate alla cattiva alimentazione e quali quelli riconosciuti come efficaci, quali le strategie globali ed europee e come queste siano state recepite dall’Italia e tradotte in una strategia nazionale. 6.2 Gli interventi Attualmente si è ancora lontani da una pianificazione politica di qualità tale da integrare la salute in tutte le politiche e generalmente gli interventi pubblici per la prevenzione dell’obesità e delle malattie non trasmissibili correlate all’alimentazione si orientano verso singoli livelli e settori del sistema relazionale, sociale ed economico in cui si muovono gli individui, a seconda che il comportamento alimentare venga considerato prevalentemente una conseguenza di scelte individuali o di determinanti ambientali. 1 -Gli interventi rivolti agli individui si basano sul presupposto che l’alimentazione scorretta sia principalmente dovuta a mancanza di informazioni circa gli effetti dannosi sulla salute del consumo eccessivo di zuccheri, grassi saturi, sodio e dello scarso consumo di frutta, verdura, alimenti integrali e a scarse conoscenze sulla composizione degli alimenti. La logica che ispira questo tipo di politiche si basa sulla centralità della scelta del consumatore e sulla sua capacità nell’indirizzare le produzioni; fondamentalmente il principio che ne sta alla base è neo-liberista, finalizzato alla massimizzazione dell’utile e a garantire apparentemente la massima libertà di scelta al consumatore. Questo tipo di interventi si concretizzano in genere in: - azioni finalizzate ad aumentare le conoscenze dei consumatori sulla correlazione fra malattie non trasmissibili e alimentazione. Rientrano in questa categoria: le campagne informative e di sensibilizzazione, realizzate tramite la comunicazione di massa tradizionale o attraverso canali più innovativi (mailing, telefono, apps, videogames, siti web, …); i programmi di educazione nutrizionale, generalmente realizzati nelle scuole o su specifici target di popolazione (soggetti a rischio, fasi di vita, luoghi di lavoro); il counseling opportunistico da parte del medico di base o di altre professionalità sanitarie. Quest’ultimo è piuttosto efficace per il valore motivazionale che ha il consiglio del medico di fiducia e per il peso maggiore che può avere un’informazione di salute fornita in un momento di vita sensibile (teacheable moments) (1). 25 - azioni finalizzate ad aumentare le informazioni a disposizione del consumatore sugli alimenti: troviamo in questa categoria la regolamentazione dell’etichettatura nutrizionale; l’apposizione di claim nutrizionali o simboli salute. Per quanto riguarda i claim, i limiti sono legati principalmente alla volontarietà dell’apposizione, mentre per i simboli salute (tackle, semaforo, bollini qualità, …) il limite è legato alla discrezionalità della scelta del simbolo stesso da parte delle industrie alimentari: infatti queste ultime tendono ad evitare simbologie più comprensibili ed efficaci nell’indirizzare la scelta, (come il semaforo) a favore di strumenti meno penalizzanti per l’industria stessa (tackle, bollini qualità, …) . - regolamentazione o restrizioni alla pubblicità di alimenti non salutari: è un approccio con una lunga storia, soprattutto nei confronti dei minori, poiché è universalmente riconosciuta la vulnerabilità di questa fascia d’età ai messaggi pubblicitari. Nell’ultimo decennio sono aumentate esponenzialmente le strategie di marketing rivolte ai minori, sia tradizionali che innovative, basate sui nuovi media (dati da doc OMS), sebbene nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino (2) si enunci il diritto dei minori ad un’alimentazione adeguata (3) e alla vita libera dall’obesità (4). Per raggiungere tale obiettivo si può partire da un principio di diritto alla salute, o da una valutazione in termini di costi e benefici. L’approccio basato sul diritto parte dal presupposto che sia responsabilità di una società civile la tutela della salute dei propri cittadini, specialmente di quelli più vulnerabili. Per converso, l’altro approccio cerca di pesare le molteplici probabilità di outcomes, per minimizzare i costi e massimizzare i benefici derivanti dagli interventi. Riconosce e recepisce i conflitti di interesse e i costi per i vari stakeholders e la necessità di una proporzionale azione a controbilanciare i costi economici e commerciali contro i vantaggi di salute. L’approccio sul diritto è intrinsecamente più favorevole alla protezione totale della popolazione (infantle, in questo caso), mentre un approccio rischio-beneficio offre più protezione alla libertà di movimento del mercato, ma è più facilmente implementabile in azioni, tenendo conto della molteplicità degli interessi e delle forze in azione negli ambienti naturali. Nelle raccomandazioni dell’OMS del 2010 (5) sul marketing verso i bambini, l’approccio è principalmente quello di ridurre il rischio di salute piuttosto che vincolare ad un marketing responsabile. Più specificatamente il documento invita gli Stati Membri ad adottare politiche che riducano l’entità dell’esposizione e l’influenza dei messaggi promozionali che promuovono il consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, acidi grassi trans, zucchero o sale. 2. Gli interventi di promozione della salute di popolazione sono in genere centrati sui determinanti macroambientali e strutturali, relativi alla disponibilità e accessibilità degli alimenti. Si tratta per lo più di politiche sanitarie o economiche, che hanno un grande impatto perché gli effetti ricadono sulla popolazione generale o su grandi gruppi di popolazione e richiedono limitati investimenti economici. Possono però non essere sempre bene accetti dalla popolazione (come nel caso dell’imposizione di tasse) o dai soggetti economici toccati da queste norme (ad es. di definizione di vincoli ai processi produttivi). Sono pertanto necessari approcci innovativi in grado sia di garantire la protezione della salute della popolazione, sia di soddisfare gli interessi economici del settore privato. 26 Alcuni esempi di interventi strutturali sono: - misure fiscali: possono tradursi in incentivi al consumo di alimenti salutari attraverso politiche di calmieramento dei prezzi, oppure concretizzarsi nella tassazione di alimenti non salutari, come avvenuto in Danimarca dove il governo nel 2011 ha introdotto un’imposta sugli acidi grassi saturi contenuti negli alimenti (escludendo dal campo di applicazione dell’imposta alcuni prodotti, come ad esempio il latte, il pesce e le uova (6); oppure ancora espletarsi nella forma di sussidi a consumatori svantaggiati, come sperimentato negli Stati Uniti, in un programma in cui sono stati forniti buoni per l’acquisto di frutta e verdura a persone economicamente svantaggiate. - interventi di regolamentazione nella ristorazione pubblica e collettiva e definizione di standard per i capitolati: questi strumenti implicano un intervento legislativo che vincoli i soggetti fornitori di pasti e alimenti a fasce di popolazione ampie o vulnerabili al rispetto di precise indicazioni di sicurezza e qualità nutrizionale. Rientrano in questa categoria, ad esempio, i capitolati d’appalto per le ditte di ristorazione che forniscono le mense scolastiche, ospedaliere o delle residenze per anziani. Un altro esempio è l’intervento che ha proibito nelle scuole francesi la presenza di distributori automatici di alimenti non salutari: in questo caso l’azione si è orientata drasticamente all’eliminazione di una fonte di disponibilità di alimenti; in altri casi, come in alcune regioni italiane, sono stati avviati progetti per istituire partnership per l’introduzione nelle scuole e nei luoghi di lavoro di distributori di frutta o snack salutari (es. Emilia Romagna, Piemonte). - misure governative per incentivare l’intervento dei privati: considerato che la disponibilità e il prezzo delle derrate alimentari determinano in misura sostanziale ciò che arriva sulle nostre tavole – in particolare nel caso delle famiglie a basso reddito, possono risultare strategici interventi incentivanti/ regolatori nel settore agroalimentare e nell’industria alimentare, che favoriscano la produzione di alimenti più salutari o l’adozione di processi produttivi più tutelanti la salute (ad esempio riduzione del contenuto di sale) instaurando meccanismi premianti da parte dei consumatori. Per quanto riguarda l’efficacia degli interventi di prevenzione della cattiva alimentazione comunemente in uso, ad oggi, l’evidenza di quale misura o di quale combinazione di misure sia efficace nel contrastare la cattiva alimentazione al fine di prevenire le MCNT ad essa correlate rimane relativamente incerta: spesso mancano risultati di valutazione, non è possibile individuare singole misure efficaci ed eseguire verifiche sull’efficacia degli interventi alimentari è assai complesso. Per avere una stima grezza dell’efficacia degli interventi di prevenzione nutrizionale, basti considerare che nel 2012 la Cochrane Library conteneva 30 revisioni sistematiche sugli interventi di prevenzione primaria nel complesso: dei 503 interventi valutati solo il 34% mostravano almeno un esito di outcome favorevole (7). Consideriamo inoltre che di questi solo una parte sono interventi di prevenzione nutrizionale e che vengono pubblicati solo quelli che probabilmente sono sufficientemente solidi o che hanno mostrato qualche risultato. Ancora più complesso è stabilire quali siano gli interventi maggiormente costo efficaci. Alcuni dati ci derivano dal recente studio Australiano “ACE project” (8), che ha classificato 123 interventi di prevenzione delle malattie non trasmissibili secondo criteri di impatto di salute e di costeffectiveness: dall’analisi risulta che solo un limitato numero di interventi hanno un impatto di 27 salute che può essere definito ampio (almeno 100.000 DALYs guadagnati per intervento): per quanto riguarda l’alimentazione si tratta della tassazione su alcool e alimenti non salutari e l’imposizione di limiti obbligatori nel contenuto di sale di soli tre alimenti (pane, cereali e margarine) (figura 6.1). Fra gli interventi con un impatto di salute moderato (fra 10.00. e 100.000 DALYs) non ci sono interventi di promozione di alimentazione sana, ma programmi di screening del pre-diabete, delle patologie del fegato e dell’osteoporosi, oltre a un paio di interventi di promozione dell’attività fisica per la riduzione dell’obesità (pedometri e campagne massmediatiche). Fig.6.1: impatto di salute in rapporto ai costi di alcuni interventi di promozione della corretta alimentazione [Fonte Ace Project] Per quanto riguarda il bilancio fra costi e guadagno di salute, nel medesimo studio sono stati considerati cost-effective gli interventi per i quali non si fosse speso più di 50.000 dollari per DALY. Al contempo gli interventi sono stati classificati anche in base all’applicabilità. Gli interventi efficaci e che al contempo consentono un risparmio economico sono stati definiti dominanti: fra questi troviamo alcuni interventi sull’alimentazione e di prevenzione dell’obesità (figura 6.2). Si tratta principalmente di interventi di natura ambientale/ strutturale, come i limiti sul contenuto di sale (volontari e vincolanti), la tassazione sugli alimenti non salutari e fra gli interventi sui comportamenti individuali, forme di promozione di comunità del consumo di frutta e verdura. Nella stessa figura sono riportati gli interventi classificati come efficaci o molto efficaci in rapporto al costo, cioè programmi o azioni che producono un guadagno di salute a costi rispettivamente inferiori ai 10.000 dollari o fra 10.000 e 50.000 dollari per DALY. 28 Sempre in figura 2, vediamo che compaiono con maggior frequenza interventi di promozione della salute finalizzati a modificare i comportamenti degli individui attraverso l’informazione e la motivazione. Tuttavia, il rapporto di costo-efficacia si basa sul basso costo di questi interventi (+; meno di 10 milioni di dollari annui), mentre l’impatto di salute risulta più frequentemente piccolo (+;tra 0 e 10.000 dollari per DALY) o medio (++;tra 10.000 e 50.000 dollari per DALY).. Fig 6.2: interventi di promozione della corretta aliemntazione ordinati per grado di costo-efficacia. [rielaborazione dell’autore - Fonte Ace project] D O M I N A N T V E R Y C O S T E F F C O S T E F F E C T I V E In conclusione, la prevenzione può comunque migliorare la salute della popolazione a un costo inferiore rispetto a molti trattamenti offerti dai sistemi sanitari (9). In Italia, quasi tutti gli interventi di prevenzione delle MCNT legate all’alimentazione hanno un rapporto costo-efficacia favorevole 29 rispetto allo standard internazionale (circa 35000 Euro per anno di vita guadagnato in buona salute) (9). Purtroppo, poiché questo tipo di programmi richiede in genere tempi lunghi per produrre effetti sulla salute, ciò si traduce, da un punto di vista meramente economico, in un rapporto costoefficacia meno favorevole nel breve termine (figure 6.3 e 6.4), il che rende meno appetibili da un punto di vista politico gli interventi di prevenzione. Fig. 6.3: Costo per anno di vita in buona salute guadagnato [Fonte: Fit not Fat (9)] Fig 6.4: Impatto economico annuale degli interventi per ridurre l’obesità e migliorare l’alimentazione [Fonte: Fit not Fat (9)] 30 Oltre al diverso impatto di salute e ad un diverso rapporto costo efficacia, nel valutare gli interventi di prevenzione, tanto quelli individuali che quelli strutturali/ambientali, occorre tener conto di altri aspetti che ne condizionano l’applicabilità e gli effettivi risultati. Per quanto riguarda gli interventi rivolti agli individui, soprattutto di quelli basati sulle conoscenze, possono non rispondere ad un bisogno di equità. Infatti un livello sufficiente di conoscenze nutrizionali costituisce il presupposto per un comportamento alimentare sano e sostenibile, dunque l’aumento delle conoscenze dovrebbe essere un obiettivo prioritario di tutte le misure di prevenzione attuate sul piano comportamentale. Tuttavia, il semplice aumento delle conoscenze non è sufficiente a influenzare il comportamento alimentare, i cui determinanti sono molteplici e complessi. Il divario sociale, in particolare, influisce sulla capacità dei singoli di acquisire e utilizzare le informazioni e dunque un’attività di informazione sull’alimentazione rischia di non avere effetti proprio sulle fasce di popolazione più svantaggiate, che sono anche quelle più a rischio. Proprio su questo target la disponibilità, il prezzo e la pubblicità degli alimenti influiscono significativamente sul comportamento di consumo. Si parla di “Food literacy”, cioè la capacita di organizzare autonomamente l’alimentazione quotidiana in modo cosciente, responsabile e appagante (10). Presupposto per una corretta competenza nutrizionale è che le informazioni nutrizionali siano accessibili, vengano comprese correttamente e, infine, valutate nel contesto globale. A questo scopo è indispensabile una conoscenza approfondita delle più diverse aree tematiche. Il concetto di Food Literacy, sebbene meno documentato, si basa sugli stessi presupposti della “Health Literacy” e come per quest’ultimo, è lecito supporre che anche per la competenza nutrizionale fattori quali l’età, il livello di reddito, le condizioni di salute e, soprattutto, il livello d’istruzione abbiano un influsso determinante (11). Un’educazione alimentare e un’informazione sull’alimentazione adeguati ai diversi gruppi target rivestono pertanto un’importanza decisiva. A questo riguardo, gli istituti di formazione rivestono un ruolo peculiare, in quanto possono incrementare le possibilità dell’individuo di acquisire competenze nutrizionali. Inoltre gli interventi educativi, specialmente se effettuati nella scuola pubblica, fanno presumere il raggiungimento di effetti durevoli, dal momento che l’impostazione del comportamento alimentare inizia già nei primi anni di vita, e soprattutto possono compensare il diverso impatto degli interventi di prevenzione sui diversi livelli socioculturali della popolazione. Inoltre, la facile applicabilità che in genere ha questo tipo di interventi fa sì che siano molto diffusi e, specialmente per quanto riguarda le campagne informative e di marketing sociale, che si ripetano frequentemente, sedimentandosi nella cultura popolare. Anche per questi motivi i governi in genere preferiscono agli interventi strutturali misure e interventi a sostegno delle scelte informate del consumatore. Le misure volte a favorire scelte informate trovano meno ostacoli politici e etici all’applicazione, ma il loro impatto è mediato dalla soggettività del consumatore, il cui interesse non coincide sempre con l’interesse collettivo di tutela della salute pubblica o di riduzione dei costi dell’impatto dell’obesità sul sistema sanitario. Questo tipo di interventi ha anche molti limiti: a meno che non si tratti di campagne di informazione o sensibilizzazione a carattere nazionale, per tutti gli altri interventi centrati sul comportamento dell’individuo, uno dei più grossi deficit è dato dall’implementazione a carattere volontario e disomogenea sul territorio, che incide pesantemente sull’impatto di salute che potrebbero avere. 31 Inoltre le ricadute sulla salute si hanno in tempi molto lunghi (generazioni), il che li rende poco allettanti per i governi e scarsamente impattanti (se scontiamo gli effetti negli anni) rispetto ai costi. D’altro canto un cambiamento del contesto strutturale in cui viviamo può produrre effetti duraturi, universali e con un grande impatto, toccando tutta la popolazione, ma se dovesse avere ricadute negative non attese, anche queste si presenterebbero con un impatto ad ampio raggio. Il contesto strutturale può essere trasformato attraverso la modifica delle condizioni quadro normative, come nel caso della tassazione imposta dalla Danimarca. Tuttavia attualmente a livello internazionale, le imposte sulle derrate alimentari e sulle bevande rappresentano un tema sempre più dibattuto, anche perché l’evidenza scientifica della loro efficacia non è ancora incontrovertibile (12, 13) e i risultati dei provvedimenti adottati fino ad oggi si potranno verificare solo fra alcuni anni. Proprio per la frequente difficoltà di giungere a misure legislative condivise dalle forze di governo e dai poteri economici, spesso presentano una maggiore fattibilità misure volontarie degli attori coinvolti. In particolare le aziende dell’economia privata, che possono essere motivate ad adottare misure per la promozione di un’alimentazione equilibrata, ad esempio modificando l’entità delle porzionature degli alimenti in commercio o la composizione delle derrate alimentari, oppure rinunciando alla pubblicità di alimenti e bevande analcoliche con un elevato contenuto di acidi grassi saturi e trans, zucchero o sale e destinati ai bambini. Le misure per la promozione di un’alimentazione equilibrata devono fondarsi su evidenze affidabili. Per produrre degli effetti, è probabilmente più produttivo implementare misure sia sul piano comportamentale individuale che sul piano strutturale. Dal 2005 esiste una “EU Platform for Action on Diet, Physical Activity and Health”, i cui membri provengono da tutti i settori economici, dal settore dei consumatori e dal settore delle organizzazioni non governative: un monitoraggio annuale volto da tale organismo verifica i progressi compiuti e valuta la qualità delle misure attuate nei paesi europei. Una valutazione del 2010 ha indicato che le attività si sono concentrate soprattutto nel settore delle campagne informative e del setting scolastico, mentre mancavano ancora totalmente attività nel settore dei prezzi delle derrate alimentari e del setting del posto di lavoro (14) (vedi fig 6.5) 32 Fig. 6.5: tipologia e numero di interventi di prevenzione nutrizionale attuati dai governi europei [fonte Eatwell Project (15)] 6.2 Le strategie A partire dalle conoscenze attualmente disponibili sull’efficacia degli interventi in materia di cattiva alimentazione, sulla loro applicabilità, sostenibilità e accettabilità, nell’ultimo decennio si sono realizzate numerose concertazioni che, con la regia dell’OMS, hanno condotto alla produzione di strategie e politiche internazionali di contrasto alle MCNT, basate anche sulla promozione di strategie e programmi intesi a limitare i determinanti principali, fra cui la cattiva alimentazione. A livello globale, la strategia per la promozione di un’alimentazione equilibrata viene descritta dall’OMS in due documenti strategici di fondamentale importanza: - La “Global strategy on diet, physical activity and health” (16) dell’OMS. Si tratta di un piano d’azione rivolto agli Stati membri e ai partner internazionali con l’obiettivo di indirizzarli nell’impegno operativo per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche, guidando e catalizzando una risposta intersettoriale a vari livelli focalizzata sui Paesi a basso e medio reddito e sulle popolazioni vulnerabili. Ha lo scopo generale di: mappare l’epidemia emergente di malattie croniche non trasmissibili e analizzarne i determinanti, per fornire indicazioni su politiche, programmi, misure legislative e finanziarie necessari a sostenere e monitorare gli interventi per la prevenzione e il controllo; ridurre il livello di esposizione dei singoli individui e delle popolazioni ai fattori di rischio modificabili comuni alle varie malattie croniche rafforzando, allo stesso tempo, la capacità degli individui e delle popolazioni di fare scelte sane; potenziare l’assistenza sanitaria per le persone con malattie 33 croniche, mettendo a punto norme, standard e linee guida basate sull’evidenza e riorientando i sistemi sanitari per una loro gestione efficace. - L’Action Plan for the Global Strategy for the Prevention and Control of Non Communicable Diseases 2008–2013 sollecita ancora gli Stati membri dell’OMS a ridurre i principali fattori di rischio modificabili per le malattie non trasmissibili (17). Fra questi figurano il consumo di tabacco, un’alimentazione non equilibrata, la sedentarietà e l’abuso di alcol. Nell’ottica di un’alimentazione equilibrata, l’OMS invita, da una parte, a definire e implementare delle raccomandazioni nutrizionali basate sulle derrate alimentari e, dall’altra, a perseguire una più sana composizione degli alimenti attraverso quattro misure: ridurre il contenuto di sale, evitare gli acidi grassi trans di produzione industriale, ridurre il contenuto di acidi grassi saturi e limitare il contenuto di zucchero semplice. Anche a livello europeo esistono numerose indicazioni strategiche per la promozione di un’alimentazione equilibrata. Nel 2006 gli Stati membri hanno sottoscritto la “European Charter on counteracting obesity”, affermando la propria volontà di implementarla nei rispettivi Stati (18). Nei suoi principi, la Carta richiede misure intersettoriali più efficaci e innovative, il loro adeguamento alle circostanze locali e nuovi approcci di ricerca a tutti i livelli, con una particolare considerazione per i bambini, i giovani e le fasce di popolazione socialmente più fragili. Documenti strategici editi negli anni sul tema sono: - Il primo “Action Plan for Food and Nutrition Policy 2000–2005” dell’OMS Europa, che ha definito tre strategie negli ambiti di sicurezza delle derrate alimentari, alimentazione sostenibile e comportamento alimentare sano con l’obiettivo di ridurre la prevalenza delle malattie correlate all’alimentazione e dei costi da esse derivanti (19). Gli obiettivi definiti dagli Stati membri, tuttavia, non sono stati raggiunti o sono stati raggiunti solo in parte; questo risultato è riconducibile all’impiego carente di risorse finanziarie e umane, alla mancanza di impegno politico e a problemi di coordinamento fra le varie funzioni. A questa conclusione sono giunti gli autori del secondo “European Action Plan for Food and Nutrition Policy 2007–2012” il cui obiettivo, infatti, era realizzare un migliore coordinamento della politica alimentare e nutrizionale degli Stati europei (20). - Nel 2007, nell’ambito del “White Paper on a Strategy for Europe on Nutrition, Overweight and Obesity related health issues”, l’UE ha ripreso gli obiettivi del “Secondo piano d’azione 2007–2012” e ha definito delle misure per il loro raggiungimento (21). Il Libro bianco pone al centro la creazione di partnership di orientamento pratico. Gli obiettivi principali comprendono, fra gli altri, il rafforzamento della responsabilità personale, il miglioramento dell’informazione ai consumatori, il controllo della composizione degli alimenti, il miglioramento delle basi di dati e la promozione della ricerca. - L’ultimo documento di indirizzo strategico e tecnico per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche edito sul tema è l’“Action Plan for implementation of the European Strategy for the Prevention and Control of Noncommunicable Diseases 2012−2016”, che fa seguito al precedente Piano d’azione Oms 2008-2013. Il nuovo Action Plan definisce gli obiettivi e le azioni raccomandate a livello dei singoli Stati europei nell’arco dei prossimi cinque anni; rispetto al documento del 2008, la pubblicazione tiene conto delle nuove 34 conoscenze, dei progressi compiuti negli ultimi cinque anni e dell’attuale momento storico nonché dei contenuti della strategia OMS Health 2020, che di fatto traccerà gli indirizzi politici per gli Stati membri della Regione europea dell’Oms nei prossimi anni. Con questa nuova politica sociale e sanitaria comune l’Oms Europa focalizza la sua attenzione sui determinanti sociali della salute e sulle relative equità, centrandosi su alcuni principi guida: l’equità, il rafforzamento del sistema sanitario, il concetto di salute in tutte le politiche, un approccio che abbraccia tutto l'arco della vita, l’empowerment individuale e di comunità, l’integrazione dei programmi dei vari settori della società, il bilanciamento degli interventi sui singoli con quelli sulla collettività, la “co-produzione” della salute da parte dello Stato e della società. Molta evidenza viene data alla necessità di investire sulle “caratteristiche comuni” delle MCNT con molte altre condizioni e patologie (eziologia, diversi determinanti e fattori comportamentali e ambientali). In questa cornice sono infine individuati gli interventi prioritari per i prossimi cinque anni. Questi sono stati selezionati in base al fatto che hanno dato prova di efficacia e che sono fattibili dal punto di vista finanziario e politico per l’esecuzione in un contesto nazionale. Gli interventi prioritari scelti sono cinque, di cui tre relativi ad un’alimentazione corretta: la promozione del consumo di alimenti salutari utilizzando la leva fiscale e politiche di marketing la sostituzione dei grassi trans negli alimenti con grassi polinsaturi la riduzione dell’uso del sale la valutazione e il governo del rischio cardio-metabolico la diagnosi precoce del cancro della cervice uterina, della mammella e del colonretto. Rispetto alle precedenti linee di indirizzo, è interessante l’indicazione di azioni specifiche (interventi prioritari) su cui concentrare l’azione, evitando che le energie e risorse dei singoli stati membri si disperdano in mille rivoli di microprogettualità la cui efficacia diventa impossibile da verificare. Recepisce inoltre l’attuale difficoltà da parte dei governi di proporre misure politiche ed economiche per la prevenzione delle MCNT legate all’alimentazione. Questo elemento può da un lato essere letto come un segnale di una visione maggiormente realistica e quindi andare nella direzione di una maggiore applicabilità delle linee di indirizzo oppure può essere il segnale di una certa rassegnazione di fronte alla difficoltà di coinvolgere alcuni settori della società (ad esempio l’industria alimentare) in un programma di miglioramento dell’offerta alimentare. 6.3 La situazione Italiana In Italia, come sono stati tradotti in pratica gli indirizzi OMS? Recentemente il nostro Paese ha aderito al Piano d’Azione Globale contro le MCNT 2008-13 (21, 22), articolato in poche linee strategiche. 35 - In primo luogo il rafforzamento delle politiche nazionali contro le MCNT attraverso l’integrazione di prevenzione e controllo, facendo leva, da un lato, sul Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute e, dall’altro, sviluppando la strategia “Salute in tutte le politiche” (23). - Altro aspetto fondamentale è la promozione della ricerca e del monitoraggio. La ricerca è finalizzata a valutare l’efficacia della prevenzione secondaria (screening tumori e diabete) e l’impatto delle attività di comunicazione, a individuare i fattori che influenzano le scelte sugli stili di vita dei cittadini. L’attenzione al monitoraggio si concretizza nelle sorveglianze di popolazione (PASSI, PASSI d’Argento, OKkio alla Salute e HBSC). - L’attuazione del programma “Guadagnare Salute”, varato per decreto nel 2007 (24) con la firma dei Protocolli d’intesa tra il Ministero della salute e i rappresentanti di 22 organizzazioni delle Imprese dell’Associazionismo e del Sindacato: iniziativa che promuove il partenariato intersettoriale , finalizzato a facilitare le scelte di salute dei cittadini. A livello internazionale Guadagnare Salute rientra nella cornice della strategia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche “Gaining in health” promossa dall’Oms dal 2006. Si tratta di un approccio integrato che si pone come obiettivo l’intervento sui principali fattori di rischio (sedentarietà, alimentazione scorretta, fumo, abuso di alcol) e il rafforzamento della prevenzione e del controllo attraverso sistemi sanitari adeguati e l’integrazione di interventi multisettoriali. È diventato sempre più evidente infatti che alcuni determinanti di salute sono al di fuori del diretto controllo del settore sanitario ed è quindi necessario coinvolgere settori diversi della società e delle istituzioni per creare alleanze e azioni sinergiche. Guadagnare salute rappresenta il primo documento programmatico finalizzato alla realizzazione di interventi per la tutela e la promozione della salute pubblica, concordati fra livelli istituzionali e di governo e che prevede la sinergia di vari Ministeri, il coinvolgimento delle Amministrazioni regionali e locali, del Servizio sanitario, del mondo della scuola, di quello imprenditoriale e associativo, realizzando una vera e propria piattaforma nazionale della salute. Per quanto riguarda l’alimentazione il programma prevede la realizzazione di campagne informative, la ricerca di dinamiche dell’offerta volta alla diffusione di alimenti in linea con i comportamenti salutari, la progressiva eliminazione di messaggi pubblicitari ingannevoli e distorti in modo da garantire la tutela dei consumatori, in particolare dei bambini (25, 26), la realizzazione di progetti. Una parte di questi sono progettualità specifiche di iniziativa centrale (ad es. “Forchetta e scarpetta”, “Canguro Saltacorda”, …) veicolate attraverso la scuola o il sito ministeriale. Per la maggior parte però si tratta di una strategia che ha visto l’investimento di risorse in progettualità da realizzarsi da parte delle Regioni e di altri soggetti secondo le linee di indirizzo del programma, come i progetti frutto dei bandi del CCM, di cui gran parte delle risorse sono state investite in questa direzione o come il progetto “Scuola e Salute”, che a sua volta si è concretizzato in una molteplicità di iniziative regionali. Tutte le iniziative attivate nell’ambito del programma sono caratterizzate da un "logo", il cui utilizzo contribuisce sia ad aumentare l’autorevolezza dei messaggi trasmessi, sia a permettere al cittadino di riconoscere gli interventi coerenti con la strategia e gli obiettivi del programma.. Tutti i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte si sono impegnati, attraverso la sigla di protocolli d'intesa: con il Ministero delle politiche giovanili, dell’Istruzione, delle politiche agricole, alimentari e forestali, con la 36 Federezione Italiana Medici Pediatri, con la Società Italiana di Pediatria, con il CONI e gli Enti di promozione sportiva, i Protocolli per la riduzione del sale negli alimenti con alcune associazioni di panificatori e produttori alimentari. - L’ultima linea strategica consiste nella messa in opera di interventi specifici per i quattro fattori di rischio (fumo, alcol, cattiva alimentazione, sedentarietà) attraverso una loro sistematizzazione nel Piano Nazionale di Prevenzione (PNP). Già dal 2005 l’Italia aveva recepito l’allarme sulle MCNT individuando come problema di salute prioritario l’obesità: con l’Intesa tra Stato, Regioni e Province autonome, fu definito il Piano Nazionale della Prevenzione, con le ricadute conseguenti sulla progettazione Regionale date dai Piani Regionali della Prevenzione. Allora la pianificazione regionale fu supportata da una serie di programmi mirati particolarmente alla definizione di un sistema di sorveglianza su sovrappeso e obesità, pattern nutrizionali e attività fisica nella popolazione italiana da parte del CCM e delle Regioni e Province autonome (OKkio, HBSC, Passi). Nel Piano Nazionale 2010-12 (27) le strategie preventive delle MCNT trovano una loro espressione su più livelli: programmi di prevenzione collettiva, programmi rivolti a gruppi a rischio e di prevenzione individuale. In particolare la prevenzione di quelle riconducibili all’alimentazione viene focalizzata nell’area della prevenzione di abitudini, comportamenti, stili di vita non salutari con l’obiettivo di contenere al di sotto del 10% l’obesità infantile; le linee strategiche e di supporto per il raggiungimento di questo obiettivo prevedevano, in particolare: •- partnership e alleanze con la scuola, finalizzate al sostegno di interventi educativi, all'interno delle attività didattiche e curricolari, orientate all'empowerment individuale e di comunità; •- programmi volti all'incremento del consumo di frutta e verdura nella popolazione in generale (da valutare con l'aiuto di dati di commercializzazione); •- programmi di promozione dell'allattamento al seno; •- programmi per il miglioramento e il controllo della qualità nutrizionale dei menù delle mense scolastiche ed aziendali. Nel processo attuativo del Piano era previsto che stabiliti i principi fondamentali da parte dello Stato, le Regioni avessero competenza non solo in materia di organizzazione dei servizi, ma anche sulla legislazione per l'attuazione dei principi suddetti, sulla programmazione, sulla regolamentazione e sulla realizzazione dei differenti obiettivi. Pertanto le Regioni hanno declinato il loro ruolo contribuendo attivamente alla determinazione delle linee strategiche e dando corso al lavoro previsto dal PNP, mentre il Ministero ha esplicato una funzione di supporto, anche attraverso il CCM e il coordinamento degli organi tecnico-scientifici centrali. I contenuti e gli obiettivi del PNP e dei corrispondenti Piani regionali della prevenzione, avrebbero dovuto trovar posto rispettivamente nel PSN e nei piani sanitari regionali: Le Regioni e Province Autonome sono state chiamate ad adattare obiettivi e finalità del PNP alle proprie realtà locali. Se da un lato questa strategia salvaguarda la possibilità, per gli Enti locali, di adattare l’attuazione degli obiettivi e delle priorità del Piano alle specifiche realtà (disponibilità di risorse, diversi sistemi organizzativi, ecc…), dall’altra ha dato vita ad un 37 proliferare di progettualità: nei 4 anni di vigenza del PNP, i Piani regionali di prevenzione hanno prodotto 740 tra programmi e progetti, con una distribuzione tra le 4 macroaree di intervento che vede un investimento assolutamente prioritario nella prevenzione universale (470 progetti/programmi pari al 64% del totale) e, in particolare, nella Linea dedicata alla “promozione della salute” per il contrasto alle malattie croniche, che sostanzialmente declina, a livello regionale e locale, obiettivi e azioni del programma nazionale Guadagnare salute (28). Affinché alcuni programmi di prevenzione e tutti quelli di promozione della salute abbiano un effetto di salute sensibile, è necessario che siano applicati in modo sistematico su una vasta popolazione: ciò implica spesso, a livello attuativo, travalicare i limiti del sistema sanitario regionale (o aziendale) e, al contrario, operare intersettorialmente per ottenere un effetto tale da giustificare i costi del programma stesso (28). In caso contrario, diventa anche molto difficile valutare l’impatto di salute degli interventi, oltre a porsi problemi di equità fra l’accesso alla salute e alla prevenzione della popolazione. Il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-18 (29), cerca di correggere questa e alcune altre criticità (ad esempio, identificazione di una adeguata e opportunamente quantificata copertura della popolazione beneficiaria; scelta di indicatori realistici, preferibilmente di output o di proxy di esito, in grado di misurare il progressivo raggiungimento dell’obiettivo di salute; individuazione di tutti i gruppi di interesse così come dei vincoli esterni alla realizzazione degli interventi,…), anche nell’ottica di una maggiore integrazione e trasversalità della programmazione, con un cambio di strategia, che si è prevalentemente espressa attraverso un “ridimensionamento” delle azioni, sia con l’interruzione dei progetti che non sono riusciti a superare ostacoli strutturali, sia con il contenimento della dispersione progettuale a favore invece della sinergia degli interventi all’interno di un disegno più organico di programmazione. Inoltre per la prima volta, obiettivi e indicatori per misurare il progresso della prevenzione sono definiti congiuntamente fra Governo e Regioni. A tale scopo, oltre a definire la vision in campo di prevenzione della salute e i principali macroobiettivi, il nuovo Piano chiama attivamente le Regioni a seguire priorità e scadenze precise. Per quanto riguarda l’ambito della prevenzione delle MCNT legate all’alimentazione, queste rientrano nel macroobiettivo generale “ridurre il carico prevenibile ed evitabile di morbosità, mortalità e disabilità delle malattie non trasmissibili”, per il quale vengono definiti obiettivi e declinate strategie a partire dai determinanti del problema, alcuni in modo molto specifico, altri in modo più generale. Fra gli obiettivi di carattere generale vi è la stesura e realizzazione di un piano intersettoriale per la promozione della salute, da raggiungere con la stipula di accordi quadro, e promuovere il potenziamento di fattori di protezione e comportamenti sani nella popolazione giovanile, attraverso il coinvolgimento della scuola in progetti regionali ad hoc. Gli altri obiettivi sono invece molto più specifici, valutabili tramite indicatori stringenti: aumentare il consumo di frutta e verdura e ridurre il consumo di sale, valutabili attraverso i sistemi di sorveglianza. Il PNP recepisce così anche gli indirizzi delineati dall’Action Plan 2012-16 indirizzando l’azione verso azioni di dimostrata efficacia. Tuttavia potrebbero permanere ancora problemi di equità e di effettivo impatto delle azioni previste, dovuti all’indeterminatezza di alcuni obiettivi e alle modalità di valutazione, che lasciano ampio variabilità nell’attuazione del piano stesso da parte delle Regioni, attualmente molto diverse fra loro per risorse, competenze, esperienza in materia di prevenzione. 38 7. CONCLUSIONI Dopo anni di lavoro della comunità internazionale sul tema della prevenzione, sembrano esserci ormai dei punti fermi riconosciuti da tutti i soggetti coinvolti nella definizione di politiche per la salute. Sebbene ancora con qualche incertezza, sono ormai riconoscibili un certo numero di interventi efficaci nel prevenire o ridurre alcune MCNT. Anche sulle strategie generali per fronteggiare il problema esiste un certo accordo: multisettorialità, integrazione, empowerment dei singoli e delle comunità. Si riconosce necessario intervenire con un approccio intersettoriale e trasversale, che tenga in giusta considerazione sia l'aspetto sanitario ma anche i determinanti individuali, ambientali, sociali ed economici. L’obiettivo è quello di costruire una società in cui gli stili di vita salutari siano accettati e condivisi, se non addirittura il parametro normativo dello stile di vita, e le scelte in tal senso siano facilitate e rese accessibili a tutta la popolazione, andando a modificare anche l'ambiente di vita e di lavoro. L'approccio non può che essere multi - stakeholder con il coinvolgimento dei soggetti istituzionali, dallo stato centrale ai comuni, e della società civile per facilitare scelte e comportamenti attraverso azioni regolatorie e normative, modifiche strutturali e ambientali e il coinvolgimento della popolazione mediante l'informazione, la comunicazione e la partecipazione. L’azione deve orientarsi su più fronti e su più tematiche: informare e mobilitare l’opinione pubblica. Rendere più consapevole e reattiva l’opinione pubblica sulle conseguenze per la salute, sull’impatto sociale e sui costi economici e ambientali; diffondere la cultura della prevenzione. Educare le persone al concetto di limite e trasmettere la cultura della prevenzione affinché i comportamenti salutari diventino sempre più una scelta consapevole; insegnare abitudini sane fin dall’infanzia. Rafforzare i presidi di educazione e informazione dei giovani; programmare un impegno congiunto di governi e settore privato. Attivare piani integrati e coordinati di medio-lungo periodo, che coinvolgano tutti i principali attori interessati; incoraggiare l’impegno dell’industria e della distribuzione. Coinvolgere l’industria alimentare e la distribuzione nelle iniziative di salute pubblica promosse e guidate dai governi; lottare contro l’ambiente obesogenico. Combattere i fattori che inducono ad assumere stili di vita e scelte alimentari scorretti e rendono difficile compiere scelte salutari. Tuttavia, quando si passa dal livello delle enunciazioni al livello attuativo, quello che si riscontra è ancora una certa difficoltà nel delineare ed attuare strategie che rendano effettivamente efficaci gli sforzi di quanti si impegnano nella prevenzione, rischiando di disperdere un patrimonio di esperienze e risorse economiche e umane, a fronte di risultati spesso difficili anche da valutare, sebbene grandi sforzi si stiano facendo, anche in Italia, per organizzare un sistema della prevenzione che risponda alle sfide della complessità della società attuale. 39 L’analisi proposta nell’elaborato, pur non avendo alcuna pretesa di esaustività, evidenzia certamente la complessità del fenomeno e stimola la riflessione sull’esigenza di monitorare e documentare costantemente le strategie e gli interventi di prevenzione che si attuano in Italia e all’estero per evidenziarne, in modo sistematico, le prove di efficacia e gli aspetti critici in modo da porre una base di miglioramento continuo nella progettazione di nuove strategie di prevenzione in ottica multidimensionale e multidisciplinare. Data la complessità del problema delle MCNT legate all’alimentazione e l’influenza reciproca dei loro determinanti, diventa essenziale integrare gli interventi di prevenzione, sia su più livelli: individuali, di popolazione, economici, di policy, sia con gli altri interventi sugli stili di vita (attività fisica, salute mentale, …). Anche relativamente alle strategie generali per fronteggiare il problema, gli organismi internazionali concordano: sono necessari multi-settorialità, integrazione, empowerment dei singoli. Tuttavia nei singoli contesti nazionali e nella fattispecie in Italia, per quanto riguarda il presente lavoro, a livello attuativo si riscontra ancora molta difficoltà nel delineare strategie che tengano conto della necessaria integrazione fra settori (politiche sanitarie, economiche, agricole, dell’istruzione…), tanto a lievllo periferico, quanto a livello centrale. La programmazione delle attività dei Piani della Prevenzione, ad esempio, avviene a livello locale su indicazioni Nazionali, ma con una grande disparità fra Regioni, che hanno una notevole autonomia nella declinazione degli obiettivi nazionali. La stessa criticità si presenta nel passaggio dal mandato Regionale alla programmazione dei Piani di Prevenzione Locali, dipendente anche dall’organizzazione strutturale delle singole aziende sanitarie locali. Tali criticità fanno sì che questa strategia a cascata, funzionale in teoria, non riesca però a tradurre sempre gli interventi di prevenzione in un’applicazione sistematica e omogenea su vaste popolazioni, obiettivo essenziale per poter garantire un effetto di salute sensibile e una maggiore equità nella salute. Manca d’altronde anche un semplice sistema di rilevazione degli interventi di prevenzione organizzato a livello nazionale e minimamente standardizzato: sarebbe un utile strumento per monitorare lo stato attuale della prevenzione e riformulare obiettivi e strategie in modo coerente con i reali bisogni di salute della popolazione. L’approccio sistemico sostenuto in questo elaborato vuole essere non un riferimento teorico ma una modalità di pensare, progettare, attuare e monitorare sia in termini di obiettivi e strumenti sia pensando agli ambiti e ai target di intervento. La salute viene creata e vissuta da tutti nella sfera della quotidianità: lì dove si impara, si lavora, si gioca, si ama. La salute si crea avendo cura di se stessi e degli altri, acquisendo la capacità di prendere decisioni e di assumere il controllo delle circostanze della vita, e facendo in modo che la società in cui si vive consenta la conquista della salute per tutti i suoi membri. 40 BIBLIOGRAFIA Capitolo1 Cavallo, Franco, Giacchi M, Vieno A, Galeone D, Tomba A, Lamberti A, Nardone P, e Andreozzi S. «Studio HBSC-Italia (Health Behaviour in School-aged Children): rapporto sui dati 2010». Istituto Superiore di Sanità, 2013. ISTAT. «Annuario Statistico Italiano 2013», 2013. http://www.istat.it/it/archivio/107568. ISTAT «La vita quotidiana nel 2009», 2010.http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110121_00/. ISTAT-UNICEF. «Bambini tra nutrizione e malnutrizione», 2013. http://www.unicef.it/doc/5203/bambini-tra-nutrizione-e-malnutrizione-nuovo-rapporto-unicefistat.htm. PASSI. «Sovrappeso e obesità in Italia: dati Passi (2010-2013) e Passi d’Argento (2012)», 2013. 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L'obesità infantile e adolescenziale è un problema importante per la salute, da valutare seriamente a causa della sua elevata incidenza sulla popolazione e delle malattie ad essa associate. Un aspetto altrettanto preoccupante è rappresentato dal fatto che tale condizione tende a permanere anche in età adulta, con tutte le inevitabili conseguenze metaboliche che rischiano di influenzare negativamente l'aspettativa di vita futura. Per quanto riguarda il diffondersi del fenomeno del sovrappeso e dell’obesità infantile, la comunità scientifica internazionale, pur essendo concorde nel ritenere che esso è causato da numerosi e complessi fattori che interagiscono tra loro (sesso, eta’, patrimonio genetico, condizioni socio-economiche, ambientali e culturali) è altresì concorde nel riconoscere un ruolo sempre maggiore agli scorretti stili di vita basati su una limitata attività fisica ed un corrispondente stile alimentare squilibrato. Le figure parentali a loro più vicine rappresentano i modelli prioritari ed indiscussi di riferimento, gli adulti hanno l’obbligo di non abdicare al ruolo di educatori. Alla famiglia, primo naturale contesto socializzante in cui si trova inserito il bambino, spetta il difficile ma stimolante compito di seguirlo passo passo nella crescita. Tutti i genitori, nella consapevolezza che l’età evolutiva è la fase della vita maggiormente implicata, con la comparsa di scorrette abitudini, hanno il dovere di creare le condizioni favorevoli, affinchè i loro figli instaurino un rapporto sano con il proprio corpo. La scuola condivide con la famiglia il ruolo educativo e dunque, se in seno al nucleo familiare si strutturano i primi modelli di comportamenti corretti, spetta alla scuola, in parallelo consolidarli e proteggerli da stimoli devianti. L’azione educativa e formativa della scuola risulta essenziale per favorire l’acquisizione e la messa in pratica di quelle conoscenze e competenze che, in modo motivato, possano condurre a stili di vita orientati al benessere ed alla prevenzione. Percezione del caregiver Negli ultimi anni si è arrivati alla conclusione che il miglior trattamento sia comunque la prevenzione: sebbene tutti gli esperti concordino sull'importanza di questo approccio, c'è poca ricerca in questo settore e pochi studi riguardanti l'efficienza delle diverse strategie d'intervento. A testimonianza del ruolo fondamentale dell'ambiente familiare-scolastico , e quindi del caregiver, ho concentrato l' attenzione e la ricerca di evidenze su aspetti che vedono il caregiver 45 quale protagonista chiamato ad agire ed intervenire e nel contempo quale osservatore, il cui compito è percepire e recepire informazioni dal contesto ambientale e dall'individuo di cui si occupa. La ricerca della letteratura scientifica Per la ricerca sono stati consultati i principali database bibliografici scientifici interrogati secondo le regole MeSH53 (PubMed, Cochrane Library, DARE, , Health Evidence) con l’utilizzo di parole chiave specifiche. Al fine della mia ricerca, dove era previsto che si indagasse su tutte le tipologie di intervento, ho preferito formulare il quesito: “Esistono in letteratura prove di efficacia per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso nei bambini e negli adolescenti?”. PubMed (“obesity”[MeSH Terms] OR “obesity”[All Fields] OR “overweight”[MeSH Terms] OR “overweight”[All Fields]) AND “prevention and control”[Subheading] AND (effectiveness[All Fields] OR efficacy[All Fields]) AND (“infant”[MeSH Terms] OR “child”[MeSH Terms] OR “adolescent”[MeSH Terms]) Tale quesito, sicuramente poco specifico, aveva lo scopo di poter reperire nel modo più ampio possibile, i lavori che riguardavano il maggior numero di tipologie di intervento. La metodologia per la ricerca della letteratura scientifica degli studi di valutazione dell’efficacia degli interventi per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso nei bambini e negli adolescenti.è stato svolta partendo inizialmente dalla formulazione del quesito e passando poi alla successiva ricerca dei lavori relativi attraverso la consultazione di banche dati tramite l’uso di stringhe di ricerca. Criteri di inclusione Sono stati selezionati quei lavori che prendevano in esame almeno uno dei seguenti temi: alimentazione, attività fisica, sedentarietà, obesità/sovrappeso. 46 • Per quanto riguarda il target di popolazione, bambini/adolescenti, sonostati considerati quegli interventi rivolti alle fasce di età fino a 19 anni • È stata presa in esame la valutazione di efficacia di tutte le tipologie di intervento per la prevenzione dell’obesità/sovrappeso. • Tutti i lavori pubblicati fino 2013 • Non sono stati posti limiti di lingua. Metodo In base ai principi dell’Evidence-based prevention (EBP - Prevenzione basata sulle prove di efficacia), è stato formulato il quesito che prende in considerazione l’intervento, l’outcome, il setting di popolazione e il target relativo. PICO P - bambini ed adolescenti che presentano una % di sovrappeso e obesita' I - la promozione di educazione alimentare ed educazione fisica (counseling dei genitori, formazione degli insegnanti, caregivers ) C- fascia di eta' dai 5-14 anni O - diminuzione di obesita' e numero di nuovi casi PAROLE CHIAVE – OBESITA' INFANTILE, SCUOLA, FAMIGLIA, CAREGIVERS, EDUCAZIONE ALIMENTARE, INTERVENTI EFFICACI Le revisioni reperite, la cui qualità è nel complesso soddisfacente, consentono di concludere che: 1. gli interventi incentrati sull’attività fisica riportano un effetto, espresso con diverse misure di associazione, maggiore rispetto a quelli riguardanti l’alimentazione; 2. gli interventi che vedono coinvolti i bambini più piccoli comportano più facilmente risultati positivi; questi soggetti, infatti, risultano essere facilmente influenzati da insegnanti, genitori, educatori ecc.; 3. le ragazze vengono maggiormente coinvolte in interventi di tipo educativo-comportamentale; mentre con i ragazzi si hanno migliori risultati tramite interventi di tipo strutturale o ambientale che permettono o promuovono lo svolgimento dell’attività fisica (palestre attrezzate, messaggi di promozione attraverso i media, attuazione di politiche locali per l’individuazione di spazi dedicati ecc.); 4. la partecipazione della famiglia nelle diverse tipologie di intervento e nelle diverse classi di età comporta una maggiore adesione da parte dei soggetti coinvolti e quindi un effetto maggiore. Di seguito verranno sintetizzate narrativamente le revisioni selezionate. 47 Pubblicato sul Journal of Family Nursing nel novembre 2010 “Do family interventions improve health?” (Gli interventi familiari migliorano la salute?) di Chesla CA. Lo studio si è occupato di valutare l'evidenza che gli interventi familiari possano migliorare la salute nelle persone affette da malattie croniche e nei loro parenti. Negli adulti, l'evidenza supporta gli effetti benefici degli interventi della famiglia in confronto all'assistenza medica usuale per la salute fisica e mentale del paziente e della famiglia. Nei bambini, risulta evidente l'importanza degli interventi multi modali basati sulla famiglia per il trattamento dell'obesità e del diabete di tipo 1 "Caregivers' inability to identify childhood adiposity: a cross-sectional survey of rural children and their caregivers' attitudes" (Incapacità dei caregivers nell'identificare l'adiposità infantile: un'indagine trasversale di bambini delle zone rurali e dell'atteggiamento dei loro caregivers), scritto da Fisher L. et al. e risalente al 2006. L'indagine ha avuto come obiettivo la determinazione della prevalenza di bambini sovrappeso e obesi nella zona nord-occidentale del Nuovo Galles del Sud e la valutazione della capacità dei caregivers di rilevare adiposità nei loro figli. Per lo studio è stato utilizzato un questionario standardizzato per i caregivers e le misure antropometriche di bambini frequentanti 10 scuole primarie selezionate casualmente. Il campione era di 598 bambini di età compresa tra i cinque e gli otto anni. Le misure rilevanti sono state l'indice di massa corporea per i bambini, la valutazione dei caregivers circa l'apporto dietetico dei loro figli, l'attività fisica e l'adiposità. Dai risultati si vide che un totale di 348 caregivers aveva risposto al sondaggio, ottenendo un tasso di risposta del 58,2%. Significativamente, più caregivers di ragazzi (200) rispetto alle ragazze (144) avevano scelto di partecipare. La stragrande maggioranza dei caregivers (87%) acconsentì che i propri figli fossero misurati. Le misurazioni del BMI rivelarono quanto segue: più di 3/4 dei ragazzi (82%) e delle ragazze (77%) erano normopeso; il 13% del totale era in sovrappeso; il doppio delle ragazze (6%) rispetto ai ragazzi (3%) era obeso. In totale, il 31% dei caregivers sottostimava il peso dei propri figli. In proporzione più caregivers di ragazzi in sovrappeso sottovalutava il peso dei loro figli, rispetto ai caregivers delle ragazze(67% contro il 44%).In conclusione, si è ritenuto che le attività di promozione della salute devono affrontare, in via prioritaria, la capacità dei caregivers di valutare con precisione la corretta categoria di peso dei loro figli. Lo studio è stato pubblicato nel 2007 sul Journal of the National Medical Association “Relationships among Body Mass Index, Parental Perceptions, Birthweight and Parental Weight after Referral to a Weight Clinic” (Rapporto tra indice di massa corporea, percezione dei genitori, peso alla nascita e peso dei genitori dopo il riferimento ad un peso clinico), proposto da Watkins et al., del Dipartimento di Pediatria/Divisione di Endocrinologia, Università del Michigan. 48 I ricercatori hanno tentato di determinare se le percezioni dei genitori riguardo all'obesità dei loro figli fossero commisurate con il BMI; in secondo luogo, hanno esaminato l'impatto del peso alla nascita e del BMI dei genitori sul BMI del bambino e valutato i risultati di un questionario somministrato (le cui voci più importanti erano: soggetti interessati al peso del bambino, percezione della causa di obesità, storia familiare, livello di attività percepito, ore giornaliere destinate a tv o videogames, abitudini alimentari in famiglia). Dai risultati dell'analisi, che ha preso in considerazione 82 bambini e i loro caregivers, è stato dedotto che c'è divergenza tra la percezione dei genitori riguardo all'obesità infantile e la sua definizione clinica. Dato l'impatto significativo del peso materno sul sovrappeso infantile, l'educazione per la prevenzione del sovrappeso giovanile dovrebbe comprendere un mantenimento della salute in fase prenatale, infantile e adolescenziale. “Prevention of childhood obesity: sociocultural and familial factors” (Prevenzione dell'obesità infantile: fattori socioculturali e familiari), scritto da BrussMB et al., nel 2003, ha esaminato i fattori socioculturali e familiari correlati alla prevenzione dell'obesità infantile. Allo studio parteciparono, in quattro focus group (N=32), i caregivers primari di bambini tra i 6-10 anni, appartenenti a diverse popolazioni etniche di Saipan (Isole Marianne). Emerse un tema centrale con diversi fattori correlati. Il tema era un conflitto espresso dal caregiver primario tra i valori socio-culturali, le aspettative della famiglia, le credenze tradizionali alimentari e i comportamenti, e le conoscenze sul cibo e le malattie. Questi risultati hanno fornito importanti informazioni in riferimento alla progettazione di interventi che fossero sensibili dal punto di vista culturale per la prevenzione dell'obesità infantile. Interventi di prevenzione e cura da parte del caregiver e della scuola Lo studio condotto nel 2013 da Halberstadt et al., del Dipartimento di Scienze della Salute dell'Istituto per la Ricerca di Salute e Cura, Università di Amsterdam, ha avuto l'obiettivo di determinare se la capacità di autoregolazione possa portare ad una perdita di peso a lungo termine in bambini e adolescenti gravemente obesi, insieme all'individuazione di altri fattori psicosociali in grado di modificare questo rapporto. "The role of self-regulating abilities in long-term weight loss in severely obesechildren and adolescents undergoing intensive combined lifestyle interventions (HELIOS); rationale, design and methods" (Il ruolo delle capacità di autoregolazione nella perdita di peso a lungo termine nei bambini e negli adolescenti gravemente obesi sottoposti ad un intervento intensivo associato allo stile di vita (HELIOS); logica, design e metodi) Lo studio è stato effettuato su 120 bambini e adolescenti gravemente obesi (8-19anni) e sui loro genitori/caregivers sottoposti a un intervento intensivo e combinato sullo stile di vita durante un anno. L'intervento si è avvalso di tecniche di cambiamento del comportamento per migliorare la capacità generale di autoregolarsi. Le misure furono eseguite in tre momenti: alla baseline (inizio del trattamento), al termine del trattamento (1 anno dopo la baseline) e al follow-up (due anni dopo la baseline). La misura del risultato primario del BMI era influenzata dal sesso e dal cambiamento 49 età-specifico. Inoltre furono utilizzati test al computer e una misura self-report della capacità di autoregolazione specifica per il mangiare (alimentazione esterna, mangiare emotivo, mangiare trattenuto). Fattori psicosociali legati alla competenza, motivazione, parentela e alle aspettative del risultato furono esaminati come fattori di moderazione, attraverso questionari per i pazienti e loro genitori/caregivers. Pubblicato su International Journal of Eating Disorders nel 2009 "Treating Childhood Obesity: family background variables and the child's success in aweightcontrol intervention" (Curare l'obesità infantile: variabili del background familiare e successo del bambino in un intervento di controllo del peso) di Wilfried Pott et al.. Lo studio si è proposto di analizzare se il caregiver e le caratteristiche della famiglia possano portare successo in un programma di intervento sullo stile di vita familiare per bambini e adolescenti. I partecipanti furono 111 bambini in sovrappeso e obesi (7-15 anni) e furono valutati il BMI del bambino e della famiglia, le caratteristiche avversità familiari, la depressione e l'attitudine all'attaccamento del caregiver primario. Tra i risultati è stato evidenziato un mancato successo dell'intervento di perdita di peso nei bambini più grandi, nei casi con fratelli obesi, con depressione materna e attitudine di scarso attaccamento. Per andare incontro a queste specifiche necessità ed evitare il rischio di fallimento dell'intervento, appare necessario fornire un supporto speciale a queste categorie di adolescenti. Infine per quanto concerne il ruolo della scuola nell'intervenire sullo stile di vita, la review pubblicata su Il giornale americano di nutrizione clinica nell'anno 2012: "Effectiveness of preventive school-based obesity interventions in low and middle-income countries: a systematic review" (Efficacia degli interventi di prevenzione dell'obesità nelle scuole di paesi a basso e medio reddito: una revisione sistematica) di Verstraeten R. et al.. La revisione si è proposta di esaminare sistematicamente le evidenze sull'efficacia degli interventi scolastici destinati al comportamento alimentare e/o attività fisica per la prevenzione primaria dell'obesità nei bambini e negli adolescenti di età compresa tra 6-18 anni nei paesi a basso e medio reddito. La maggior parte degli interventi (82%) ha avuto un effetto positivo sul comportamento alimentare e sull'attività fisica, attraverso attività educative integrate nel curriculum scolastico. In conclusione si è notato che gli interventi scolastici possono potenzialmente prevenire obesità e sovrappeso nei paesi a basso e medio reddito. Sulla base di questi risultati, si può concludere che la prevenzione dell’obesità nella scuola è possibile se vengono condotti programmi limitati alla combinazione della promozione dell’attività fisica con la corretta alimentazione. In generale, quindi, i programmi svolti nella scuola sono quelli che presentano maggiori risultati positivi; inoltre, quei programmi che coinvolgono la famiglia, che esaminano la modifica dei comportamenti e l’attività fisica hanno avuto un’efficacia maggiore. 50 Altri fattori legati all'obesità Per concludere la mia attenzione si è focalizzata su ulteriori determinanti alla base dell'eccesso ponderale e su quanto spiccata possa essere la loro influenza. Pubblicato su Public Health Nutritionnel 2012 da Chrisa Arcan et al. della Divisione di Epidemiologia e Comunità di Salute, Università del Minnesota (USA) “Associations of home food availability, dietary intake, screen time and physical activity with BMI in young American-Indian children” (Associazione tra disponibilità di cibo in casa, apporto dietetico, tempo davanti alla tv, attività fisica con BMI nei bambini indio-americani) Lo studio è stato stato pubblicato, con l'obiettivo di valutare le associazioni tra i fattori ambientali domestici e il BMI dei bambini indio-americani del Sud Dakota. È stata utilizzata un'analisi multi variata per esaminare le associazioni tra categorie di BMI dei bambini (normale, sovrappeso e obeso), la disponibilità di cibo in casa, l'apporto dietetico nei bambini e l'attività fisica. Le analisi sono state adattate per età, sesso, stato socio-economico, BMI dei genitori e scuola. Sono stati presi in esame 424 bambini dell'asilo (51% maschi; età media 5 anni,30sovrappeso/obesi) e caregivers (89% femmine; 86% in sovrappeso/obeso), i quali avevano misurato la loro altezza e peso e i caregivers avevano completato dei sondaggi sui fattori ambientali domestici (al momento iniziale e due anni più tardi). Nei risultati è emerso che una maggiore assunzione di fast-food e uno scarso interesse verso l'attività fisica da parte dei genitori erano associati con una più alta probabilità che i bambini fossero sovrappeso ed obesi. Un'alta disponibilità di verdura e cibi salutari era associata ad un peso normale ed alla bassa probabilità di essere sovrappeso ed obesi. Da altri studi inoltre era già emersa la correlazione tra il numero di ore trascorse davanti alla tv e l'aumento del BMI dei bambini. I risultati indicano che gli aspetti selezionati dell'ambiente domestico sono associati con il peso dei bambini indio-americani e che gli interventi contro obesità in questa popolazione dovrebbero considerare un supporto ai genitori ad impegnarsi, insegnare comportamenti salutari ed aumentare la disponibilità di cibi salutari in casa. Pubblicato sul giornale polacco Med Wieku Rozwoj, nel 2006, “Simple obesity in children. A study on the role of nutritional factors” (Obesità semplice nei bambini. Uno studio sul ruolo dei fattori nutrizionali) di H. Weker, Lo studio ha avuto lo scopo di esaminare l'efficacia del trattamento dietetico nei bambini con obesità semplice, sulla base di un'analisi approfondita del loro stato di nutrizione, del metodo di alimentazione e abitudini alimentari e l'impatto di altri fattori ambientali. Quattro ipotesi sono state confermate dai risultati dello studio: a) l'obesità semplice dei bambini è influenzata da fattori ambientali selezionati, come il livello di istruzione dei genitori, l'inclinazione familiare all'obesità e le abitudini salutari; b) un programma di trattamento dietetico scelto e accettato dal bambino e/o dai caregivers nella forma di una dieta ipocalorica con elementi a basso indice glicemico si traduceva in una perdita di massa corporea nei bambini; c) il trattamento dietetico implementato si traduceva 51 nella modificazione delle caratteristiche antropometriche; d) il trattamento dietetico implementato determinava un aumento degli indicatori del metabolismo lipidico. La ricerca, diretta dall'Unità di Gastroenterologia ed Endocrinologia dell'Istituto di Madre e Bambino, ha riguardato 236 bambini che vivevano nella regione Mazowsze con diagnosi di obesità semplice, che accettarono di partecipare a un programma di ricerca di dieci settimane. Lo stato di nutrizione è stato valutato con 8 caratteristiche di base e 5 parametri antropometrici e indicatori biochimici del metabolismo dei carboidrati e grassi, prima e dopo l'inizio del trattamento dietetico. I principali fattori di rischio per l'obesità semplice nei bambini esaminati di età compresa tra 3-15 anni sono le condizioni familiari e ambientali. Una correlazione significativa è stata trovata tra l'obesità dei bambini espressa dal BMI, non legato ad età e sesso, e il livello di istruzione della madre e l'obesità del padre. Una correlazione positiva è stata dimostrata tra l'elevato BMI dei genitori e gli alterati parametri antropometrici dei bambini. Pubblicato su Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics, 2012, Università di San Diego. “Parent Support and Parent-Mediated Behaviors Are Associated with Children's Sugary Beverage Consumption”. (Supporto genitoriale e comportamenti mediati dal genitore sono associati con il consumo di bevande zuccherine da parte dei bambini) di Nanette V. Lopez et al., Il consumo di bevande zuccherate è stato identificato come un fattore contribuente all'obesità infantile. Gli studi hanno esaminato l'importanza di pratiche genitoriali specifiche per il consumo di bevande nei bambini. Tra i partecipanti, 541 bambini, di età compresa tra 5-8 anni, e i loro genitori. I genitori hanno completato un sondaggio che fornisse informazioni sul regime alimentare dei loro figli, così come sulle pratiche genitoriali. Il consumo di bevande zuccherate per bambini ha incluso soda non dietetica, bevande zuccherate non gassate e bevande sportive. Il supporto dei genitori e i comportamenti mediati dai genitori, tra cui il tempo totale davanti alla tv e il mangiare nei fast-food con cadenza settimanale, sono stati associati con un maggiore consumo di bevande zuccherate nei bambini. Incoraggiare i caregivers a promuovere comportamenti alimentari sani e a guidare verso scelte sane, limitando l'uso da parte dei bambini della televisione e del computer e riducendo il consumo nei fast-food, può contribuire alla diminuzione del consumo di bevande zuccherate tra i bambini davanti alla tv e il mangiare nei fast-food con cadenza settimanale, sono stati associati con un maggiore consumo di bevande zuccherate nei bambini. Valorizzazione dell'Educazione Alimentare in Italia Dal punto di vista etico ci troviamo perfettamente in accordo con le Linee Guida per l'Educazione Alimentare nella Scuola Italiana del 22 settembre 2011 (M. Gelmini). Le rilevazioni effettuate in questi anni indicano come crescano nella popolazione giovanile i problemi legati a cattive abitudini alimentari e alla pratica di stili di vita poco sani: dal 1990 a oggi si è verificato un allarmante aumento del numero di giovani in sovrappeso o con problemi di obesità, e la cifra sembra destinata ad aumentare anche negli anni a venire, a meno di forti ed efficaci interventi educativi. La diffusione di sovrappeso e obesità tra i più giovani è 52 particolarmente preoccupante se si pensa alle future implicazioni socio sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati. In tale contesto è fondamentale sottolineare come l'attività fisica, nel complesso composta tanto dall'attività motoria quanto da quella sportiva, sia essenziale per il mantenimento di un buono stato di salute. Aiutando l'organismo a consumare l'energia introdotta con gli alimenti e, quindi, a tenere sotto controllo il peso corporeo, favorisce il sano sviluppo e il buon funzionamento dell'apparato locomotore, cardiovascolare e respiratorio. Tuttavia, poichè lo stile di vita delle società tecnologicamente avanzate è caratterizzato da un progressivo aumento della sedentarietà, lo sforzo fisico e il movimento sono sempre più contenuti. Di conseguenza, la spesa energetica giornaliera del nostro organismo continua a ridursi, avvicinandosi sempre più al solo metabolismo basale, mentre i consumi alimentari restano invariati o aumentano. Il risultato di questa tendenza è particolarmente rischioso per la salute. Oltre al sovrappeso e all'obesità infantili, sono da considerare con preoccupazione quelle forme di disturbi del comportamento alimentare che si manifestano soprattutto in età adolescenziale, come la bulimia e l'anoressia, causate da disagi psicologici che producono un rapporto patologico col cibo. Negli ultimi anni, a fronte di un peggioramento delle condizioni di salute e nutrizione dei giovani, il modello alimentare italiano ha subito una trasformazione che ha visto un lento evolversi da un consumo di tipo soprattutto "quantitativo", tipico degli anni '70 e '80, verso un consumo più consapevole che si orienta maggiormente verso una scelta "qualitativa", espressione di una maggiore sensibilità, selettività e diversificazione nei comportamenti individuali. Questa evoluzione, in prevalenza ancora a livello embrionale, è attribuibile principalmente alla crescente attenzione verso valori riscontrabili nell'ambito dei sistemi produttivo e di consumo che privilegiano cibi sani, eticamente connotati, ricchi di tradizione culturale e fortemente legati al territorio e al suo rispetto. Espressioni come certificazione di qualità, tracciabilità di filiera, sicurezza e tipicità alimentare, sostenibilità ambientale, trovano sempre più spazio nella filiera socioculturale nel moderno e attento consumatore italiano. Tuttavia, nonostante questi segnali positivi, le nuove generazioni devono confrontarsi ogni giorno con fattori di trasformazione sociale che condizionano fortemente e negativamente i comportamenti alimentari e le scelte fatte a tavola. Tra questi fenomeni ricordiamo per esempio: • la destrutturazione della preparazione dei pasti, che si manifesta nella ricerca e nel consumo di alimenti ready to cook e ready to eat. In quest'ottica, la scelta alimentare privilegia quei prodotti che dispongono di un buon contenuto di servizio e sono adattati a essere consumati istantaneamente rispetto ad alimenti freschi che necessitano di una preparazione come verdura, carne o pesce; • la destrutturazione della giornata alimentare, che si manifesta frantumando il ritmo tradizionale, colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena, e moltiplicando le occasioni di consumo istantaneo e sregolato di alimenti reperibili in ogni ora del giorno, in ogni stagione e in ogni 53 situazione, ma spesso di inadeguata qualità nutrizionale e a forte impatto ambientale; • la diffusione dei pasti fuori casa, con la ristorazione sociale e commerciale, che delega alle aziende di gestione pubbliche e private il compito di scegliere qualità, abbinamenti e porzionature dei cibi di tutti i giorni, accentuando nei fruitori una inevitabile passività rispetto ai modelli di consumo e agli stili alimentari. Oggi occorre riesaminare l'alimentazione italiana nella sua globalità, riportando in primo piano lo storico denominatore comune della pratica alimentare conviviale, semplice, misurata, economica e naturale che da sempre si sviluppa nella famiglia ed è collegata alle vocazioni del territorio, alle stagioni, alla possibilità di proteggere la propria salute e di godere consapevolmente di un benessere personale e collettivo. Tutto ciò coinvolgendo non solo i giovani ma l'intera popolazione nello sforzo di intrecciare e riannodare i "fili" che collegano i valori del paesaggio, con quelli scientifici e tecnologici delle filiere agroalimentari, dei saperi nutrizionali e delle abilità gastronomiche, con le storie alimentari delle famiglie e le tradizioni del territorio. BIBLIOGRAFIE E RIFERIMENTI Arcan C., Hannan P.J., Fulkerson J.A., Himes J.H., Holy Rock B., Smyth M. and Story M., Associations of home food availability, dietary intake, screen time and physical activity with BMI in young American-Indian children, Division of Epidemiology and Community of Health, School of Public Health, University of Minnesota 2012, Public Health Nutrition Brescianini S., Gargiulo L., Gianicolo E., Eccesso di peso nell'infanzia e nell'adolescenza, 2002, Paper presented at the Istat Conference Convegno Istat, Rome Bruss M.B., Morris J., Dannison L., Prevention of childhood obesity: sociocultural and familial factors, J Am Diet Assoc. 2003 Aug; Caballero B., The global epidemic of obesity: An overview. Epidemiol Rev 2007; Cacciari E., Dilani S., Balsamo A., Dammacco F., De Luca F., Chiarelli F., Pasquino A.M., Tonini G., Vanelli M., Italian cross-sectional growth charts for height, weight and BMI (6-20y), European J Clin Nutr 2002; Campbell K.J., Crawford D.A., Ball K., Family food environment and dietary behaviours likely to promote fatness in 5-6 year-old children, Int J Obes (Lond), 2006; 30(8):1272-80. Epub 2006 Chaput J.P., Brunet M., Tremblay A., Relationship between short sleeping hours and childhood overweight/obesity: results from the 'Quebec en Forme' Project, Int J Obes (Lond), 2006; 30(7):1080- 5. Epub 2006 Crockett J.S., Sims L.S., Environmental influences on children's eating, Journal of Nutrition 54 Education, 1995; Lopez N.V., Ayala G.X., Corder K., Eisenberg C.M., Zive M.M., Wood C. and Elder J.P., Parent Support and Parent-Mediated Behaviors Are Associated with Children's Sugary Beverage Consumption, National Institutes of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases, USA, J Acad Nutr Diet. 2012 April; Pott W., Albayrak O., Hebebrand J. and Pauli-Pott U., Treating Childhood Obesity: Family Background Variables and the Child’s Success in a Weight-Control Intervention, Int J Eat Disord 2009; Sartorio A, . Buckler J , Obesità infantile: un problema 'in crescita', Ed. Vita e Pensiero, 2008 Fisher L., Fraser J., Alexander C., Caregivers' inability to identify childhood adiposity: a crosssectional survey of rural children and their caregivers' attitudes, Aust J Rural Health 2006 Apr; Seidell J.C., The role of self-regulating abilities in long-term weight loss in severely obese children and adolescents undergoing intensive combined lifestyle interventions (HELIOS); rationale, design and methods, BMC Pediatrics 2013, Taras H.L., Gage M., Advertised food on children’s television, Arch Pediatr Adolesc Med. 1995; Weker H., Simple obesity in children. A study on the role of nutritional factors, Med Wieku Rozwoj 2006 Jan-Mar;1 SITOGRAFIA Attaccamento madre-bambino, attaccamento e modelli operativi interni (Bowlby) (Retrived from http://www.giovannibertanza.it/glossario/attaccamento_madre-bambino_3.php) Savino M, Obesita' infantile: una tematica in evoluzione (retrived from http://www.dottsavinomonica.it/pub7.html) IPASVI, l'alimentazione come stile di vita per una buona salute (Retrived from http://www.ipasvi.it/per-il-cittadino/click-salute/l-alimentazione-come-stile-di-vita-per-una- buonasalute-id4.htm) Alimentazione, sport, dimagrimento, Le verità nascoste, Orazio Paternò (Retrived from http://www.nutrizionesport.com/attivita e fisica,salute, invecchiamento.html) 55 APPENDICE 2 Un esempio di progetto di promozione della salute - Il progetto PRO.MUOVI SAPERI E SAPORI. Quest’anno per il quarto anno consecutivo l’ASL TO 4 ha inserito nel proprio catalogo dell’offerta dei progetti di Promozione della Salute il progetto PRO.MUOVI SAPERI E SAPORI. I progetti inseriti nel Catalogo seguono alcuni criteri fondamentali: tengono conto dei bisogni di salute dei destinatari, sono basati su programmi in grado di agire favorevolmente sugli elementi che li determinano e utilizzano metodi e buone prassi considerati efficaci dalla letteratura scientifica. Questi progetti hanno bisogno, per essere pienamente compiuti, della partecipazione attiva degli stakeholder e dei destinatari e sono una proposta che vuole anche essere un invito a costruire insieme strategie e prospettive di sistema attraverso l’integrazione delle attività e una proposta per lo sviluppo di interventi di co-progettazione e di alleanza per la salute. Fin dal 1947 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non una mera assenza di malattie o infermità”, sottolineando così il concetto di pluridimensionalità della salute per il cui raggiungimento è necessario che vi sia interazione tra aspetti fisici, mentali e sociali. La Carta di Ottawa per la Promozione della Salute del 1986 definisce la promozione della salute come un processo “che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte”7. La salute come detto nella Carta è realizzata e vissuta dalla persone all’interno degli ambienti della vita quotidiana di tutti noi: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La promozione della salute va oltre la semplice assistenza sanitaria e richiede un’attività coordinata di tutte le strutture e i soggetti coinvolti. Vi devono essere interventi diffusi di informazione ed educazione alla salute che garantiscano una reale partecipazione dei cittadini e della comunità. L’educazione alla salute si configura come una complessa operazione che deve tener conto del contesto nel quale agisce e deve essere in grado di stimolare la potenzialità dei cittadini , fornendo loro gli strumenti più idonei sia per aumentare il controllo della propria salute per migliorarla, sia per identificare e realizzare le proprie aspirazioni, sia per soddisfare i propri bisogni e cambiare l’ambiente rendendolo più vivibile e salutare. 7 La Carta di Ottawa per la Promozione della Salute. The Ottawa Charter for Health Promotion, 1° Conferenza Internazionale sulla promozione della salute, 17-21 novembre 1986, Ottawa, Ontario, Canada. 56 Proprio in quest’ottica e con queste premesse è stato pensato il progetto PRO.MUOVI SAPERI E SAPORI. Articolazione del progetto. Il progetto si sviluppa attraverso i seguenti momenti: 1) una riunione preliminare, tenuta dagli operatori del gruppo di progetto, con gli insegnanti aderenti, per la condivisione della metodologia e dei contenuti: - promozione della salute nella comunità scolastica sui temi alimentazione e attività fisica; promozione della cittadinanza attiva; osservazione da parte degli studenti del loro contesto di vita attraverso un questionario allegato 1(scuola, casa, tempo libero, …); - individuazione, in collaborazione con gli insegnanti, di bisogni e aree di miglioramento in relazione allo stato di benessere (con particolare riferimento all’alimentazione ed all’attività fisica); - Sviluppo da parte del gruppo classe di un progetto di miglioramento, in collaborazione con la comunità locale (es: miglior utilizzo degli spazi interni alla scuola destinati all’attività fisica; riduzione degli sprechi nella mensa scolastica, organizzazione/recupero di aree verdi limitrofe all’Istituto Scolastico per l’attività fisica….); 2) un intervento nelle singole classi aderenti per presentare il progetto ai ragazzi e condividere con loro un’indagine di salute per realizzare, con l’aiuto degli insegnanti, un’analisi del loro contesto di vita. Tale lavoro costituirà il punto di partenza per progettare interventi atti a migliorare la propria situazione in tema di benessere. Restituzione del lavoro svolto ed individuazione dell’obiettivo di cambiamento; 3) incontri di approfondimento/supporto metodologico nei singoli plessi scolastici sui temi alimentazione/attività fisica, promozione delle life skills; tali incontri sono aperti ad insegnanti e genitori di tutto l’istituto scolastico partecipante al progetto; 4) elaborazione dei progetti individuati dai ragazzi. Monitoraggio a cura degli operatori dell’ASLTO4, attraverso un sostegno locale con interventi puntuali nel corso dell’anno con insegnanti e classi; 5) presentazione dei lavori prodotti dai ragazzi degli Istituti partecipanti in un evento conclusivo, con valutazione di una giuria di esperti. La partecipazione al progetto è gratuita; l’ASL TO 4 si impegna a promuovere e a sostenere con i decisori locali i progetti di miglioramento prodotti dai ragazzi. Il progetto rappresenta un’occasione formativa per gli insegnanti, perfettamente integrabile nel corso della normale programmazione scolastica,per promuovere sia la corretta alimentazione sial’incremento dell’attività fisica. Ai docenti vengono proposti alcuni incontri di approfondimento/confronto con esperti dell’ASL TO4 (6-8 ore) e l’articolazione di un percorso ricco di spunti e di materiali didattici con cui gli stessi possono acquisire elementi utili per guidare i loro studenti nell’analisi dei propri bisogni e sostenerli nel loro ruolo di “cittadini attivi”, attraverso lo sviluppo di progetti di miglioramento che potranno essere proposti alla comunità quali ad esempio: 57 -il miglioramento della qualità del servizio di ristorazione scolastica -un più proficuo utilizzo di spazi interni alla Scuola utili all’attività fisica -il censimento, l’organizzazione e/o il recupero di aree verdi limitrofe all’Istituto scolastico da destinare all’attività fisica -lo sviluppo di percorsi pedonali o ciclabili “sicuri” casa-scuola L’ASL si impegna a promuovere e a sostenere con i decisori locali i progetti di miglioramento prodotti dai ragazzi. I lavori prodotti durante l’anno scolastico dai ragazzi degli Istituti partecipanti vengono presentati in un evento conclusivo e valutati da una giuria di esperti. La partecipazione al progetto è gratuita Analisi di contesto I dati della sorveglianze Okkio alla salute 2008 e 2010 evidenziano come il soprappeso e l’obesità nella popolazione infantile costituiscano un problema importante di salute pubblica: nell’indagine 2010, tra i bambini della Regione Piemonte l’8% risulta obeso e il 19% è in sovrappeso (nell’ASL TO4 8% obesi e 18% sovrappeso). Se riportiamo la prevalenza di obesità e di soprappeso riscontrata in questa indagine a tutto il gruppo di bambini di età 6-11 anni, il numero di bambini sovrappeso e obesi nella nostra Regione sarebbe pari a 61.327, di cui obesi 17.968. Inoltre dallo studio Hbsc ( dati 2009-2010) si evidenzia una significativa riduzione dell’attività fisica già nel gruppo dei 15 enni rispetto a quelli degli 11 e 13 anni . La presenza di dati elevati di soprappeso/obesità e di riduzione dell’attività motoria nei giovani accompagnati dall’assenza di interventi efficaci e tempestivi a livello di comunità , espongono questa fascia di popolazione a una serie di rischi ( cardiopatie, diabete, ecc). La letteratura scientifica segnala sempre più chiaramente che gli interventi efficaci sono quelli integrati (che vedono la partecipazione della scuola, degli operatori della sanità ,delle famiglie e della comunità nel suo insieme ), multicomponente (che promuovono la sana alimentazione ma anche l’attività fisica, la diminuzione della sedentarietà, il coinvolgimento dei genitori) e continuativi. Sul territorio aziendale dell’ASL TO4 , che comprende 177 comuni e una popolazione totale di 516.000 residenti e si estende a nord della cintura torinese verso la Valle d’Aosta, sono state realizzate negli ultimi anni significative esperienze in tema di educazione alimentare e promozione dell’attività fisica in collaborazione con le scuole , rispettivamente : “Meno grassi più sani “ ,“Bambini in movimento”,“Mens sana in corpore sano” , “Ali…movi…mentazione” , “Proteggiamo la salute” , laboratorio di progettazione Insieme per la salute . Obiettivo generale Promuovere il benessere e la salute dei ragazzi con particolare riferimento all’alimentazione e all’attività fisica; promuovere in loro l’esercizio della cittadinanza attiva. Sostenere la collaborazione tra Scuola e Sanità per il potenziamento delle abilità cognitive, socio affettive e comunicative (life skills) nei giovani; 58 fornire agli insegnanti strumenti operativi utili a sostenere negli studenti l'apprendimento di competenze trasversali e favorire il loro coinvolgimento diretto nei processi decisionali ( cittadinanza attiva ); ampliare la rete delle “Scuole che promuovono Salute “attivando processi di cambiamento in sinergia tra Scuola, Sanità , Famiglie e Comunità. Obiettivi specifici supportare gli insegnanti al fine di renderli una guida competente per gli studenti in tema di promozione della salute nella comunità scolastica; analisi del contesto eseguita dai ragazzi con la collaborazione degli insegnanti; progettazione di un intervento teso a migliorare aspetti del contesto di vita. Destinatari Studenti, insegnanti delle scuole secondarie di I° e II° grado e genitori. Metodi e strumenti Costituzione di gruppi di lavoro integrati tra insegnanti, operatori sanitari e genitori ; elaborazione di una progettazione congiunta tra insegnanti di ciascun Istituto, usufruendo della collaborazione di professionisti dell’ASL , per attivare con gli studenti percorsi didattici orientati alla promozione di corretti stili di vita in tema di alimentazione e attività fisica; realizzazione di attività didattiche in orario curricolare ed inserimento del progetto nel P.O.F; realizzazione dell’evento finale coinvolgendo attivamente gli studenti nella presentazione delle attività /e o dei materiali didattici prodotti durante l’anno scolastico. Le attività si sviluppano secondo il modello di progettazione dell’empowerment di comunità. Attuazione e primi risultati. Nell’anno scolastico in corso, 2014- 2015, hanno aderito cinque scuole secondarie di I grado, dei comuni di Brandizzo, Cafasse, Castellamonte, Leinì e Settimo Torinese per un totale di dodici classi e due scuole secondarie di II grado dei comuni di Ivrea e Lanzo per un totale di 3 classi. Gli operatori della ASL TO 4 hanno effettuato un intervento in ogni singola classe che ha aderito al progetto. Traccia dell’intervento nelle classi Gli operatori sono introdotti nelle classi dall’insegnante di riferimento, si presentano dicendo chi sono e a quale servizio appartengono ( ASL TO 4, SSD Promozione della Salute) Presentano il progetto: si inizia con un’analisi del contesto da parte dei ragazzi, a partire da ciò si individuano bisogni e le aree di miglioramento; i ragazzi sceglieranno su cosa lavorare ed elaboreranno un progetto. Il gruppo di lavoro dell’ASL TO 4 monitorerà i lavori nel corso dell’anno. Alla fine dell’anno scolastico vi sarà la presentazione del progetto con un evento finale. Il progetto dovrà affrontare la salute della comunità scolastica partendo dai ragazzi, dalle loro opinioni. 59 I ragazzi saranno chiamati a cercare una sintesi tra salute e cittadinanza attiva. Anche loro sono cittadini, devono riscoprire ed esercitare il loro potere di cittadini, fin da quest’ età. I ragazzi sono chiamati a progettare un intervento che parte sempre dell’individuare un bisogno. Viene spiegato il percorso in termini di Spirale della Progettazione: 1. Analisi dei bisogni/indagine; 2. Definizione di che cosa vogliamo cambiare, partendo da ciò che è emerso dall’indagine 3. Programmazione dell’intervento L’intervento ha avuto una durata media di due ore, in classe era presente anche l’insegnante che seguirà i ragazzi nella progettazione dell’intervento. All’indagine di salute distribuita in classe (allegato 1) hanno risposto 180 ragazzi delle scuole secondarie di primo grado e 54 ragazzi delle scuole secondario di secondo grado. I risultati sono stati raccolti dopo due settimane dall’intervento in classe. La scheda indagine di salute è suddivisa in due parti, scuola e individuale. Per la prima parte è stato lasciata libertà di compilazione, i ragazzi potevano utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per analizzare il loro contesto e la restituzione è avvenuta tramite elaborati, fotografie e cartelloni, la parte individuale doveva essere compilata in forma anonima e veniva lasciata la più ampia libertà di risposta. L’indagine di salute ha il compito di aiutare i ragazzi ad analizzare il contesto che li circonda. Deve sollecitare domande come: Cosa possiamo fare noi per migliorare la qualità della nostra vita quotidiana, per stare bene nei contesti in cui ci muoviamo (scuola, casa, ambiti di socializzazione..)? Quali sono i nostri bisogni e le nostre necessità, cosa vorremmo migliorare o quali nuove opportunità vorremmo costruire per migliorare il nostro stile di vita, per trascorrere le nostre giornate all’insegna di un maggior benessere e per sentirci a nostro agio nel territorio in cui viviamo? A partire dai dati emersi dall’indagine e che verranno restituiti in classe dagli operatori dell’ASL TO 4 i ragazzi dovranno co-progettare un miglioramento sostenibile nel loro contesto di vita. BIBLIOGRAFIA La Carta di Ottawa per la Promozione della Salute. The Ottawa Charter for Health Promotion, 1° Conferenza Internazionale sulla promozione della salute, 17-21 novembre 1986, Ottawa, Ontario, Canada. Bobbio, L. ( a cura di), A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi, Roma, Edizioni Scientifiche Italiane, 2004. Cicognani, E. e Zani, B., Psicologia della salute, Bologna, Il Mulino, 2000. Croce, M. e Gnemmi A., Peer education. Adolescenti protagonisti nella prevenzione, Milano, Franco Angeli, 2003. 60 De Santi, A e Guerra, E. La promozione della salute nella scuola: obiettivi di insegnamento e competenze comuni .(Rapporti Istisan 08/01), Iss, 2008. Giori, F., Adolescenza a rischio, il gruppo classe come risorsa per la prevenzione, Milano, Franco Angeli, 1998. Marmocchi, P. , Dall’Aglio C. e Tannini, M., Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico- sociali e affettive secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Trento, Erickson; 2004. Pellai, A. e Tamburini B., Educazione tra pari. Manuale teorico pratico di empowered peer education, Trento, Erickson, 2002. Allegato 1 INDAGINE SULLA NOSTRA SALUTE TEMA: salute e stato di benessere (in relazione ad alimentazione ed attività fisica) Se siamo d’accordo sul valore che abbiamo condiviso, osserviamo la realtà nella quale viviamo e ci muoviamo, con la consapevolezza di ciò che può contribuire a determinare il nostro stato di salute e benessere. Proviamo ad “indagare” alcuni aspetti della nostra quotidianità, che ci aiuteranno a capire cosa ci soddisfa e cosa non ci soddisfa. Provate a discuterne come gruppo classe, con il supporto dell’insegnante, seguendo la traccia contenuta nella “scheda di classe”; tenete conto che il vostro lavoro dovrà essere la sintesi delle riflessioni collettive e rappresentare il gruppo. E’ possibile documentare il “percorso” che vi invitiamo a compiere con foto, video, produzioni grafiche ed ogni altro elemento che la vostra creatività vi suggerisce….buon lavoro! SCHEDA DI CLASSE SCUOLA 1) All’interno del vostro istituto scolastico quanti e quali spazi ci sono riservati all’attività fisica? Cosa vi piace/non vi piace di quegli spazi? 2) Quali altre attrezzature vi piacerebbe avere e quali altre attività vorreste svolgere nello spazio palestra (diverse dalle attuali)? 3) Esistono degli spazi esterni dove giocare o svolgere attività motorie durante l’intervallo? 4) Vi piacerebbe utilizzare la scuola per attività ludico-ricreative nel tempo extrascolastico? A Che attività pensate? 5) Esistono nei pressi della scuola spazi pubblici o oratori adibiti all’attività motoria (gioco libero, campi di calcio, pallavolo, basket, tennis…)? Se non ce ne fossero, vi piacerebbe averne? 6) Esiste una mensa scolastica? Se non c’è, dove e cosa mangiate? 7) Quante volte alla settimana utilizzate la mensa scolastica? 8) Vi piacciono i cibi proposti? Perché. 9) Descrivete le relazioni tra compagni nella classe, cosa vi piace di più e cosa vi piace di meno. 10) Descrivete delle occasioni in cui passate il tempo libero con i compagni di classe SCHEDA INDIVIDUALE 61 Questa parte della nostra indagine è in forma anonima; verrà compilata individualmente da ogni singolo partecipante e consegnato all’insegnante. Ciascun lavoro individuale sarà un contributo importante ai fini dell’indagine collettiva. CASA/TEMPO LIBERO 1) Svolgi attività fisica in orario extrascolastico? Racconta che cosa fai e per quanto tempo nell’arco della settimana. 2) Prova a pensare ai tuoi spostamenti durante la giornata e racconta come avvengono (a piedi, in macchina, in bici, in autobus….) e dove vai. 3) Passi del tempo a giocare all’aria aperta (cortile, giardini pubblici, parchi, oratorio…)? Secondo te quante ore nell’arco di una settimana? 4) Pensa al tempo libero che hai a casa e a quanto ne passi al giorno davanti alla televisione, videogiochi, computer, cellulare…raccontaci se hai dei limiti imposti dai genitori, se sei libero e ti autogestisci, cosa ti appassiona di più. 5) Consumi uno o più spuntini nell’arco della mattinata, di che tipo e in che quantità (frutta, merendine, focacce…)? 6) Chi ti prepara le merende che porti a scuola? Ti piacciono? Ti piacerebbe mangiare qualcos’altro? 7) Parlaci di dove consumi i tuoi pasti e con chi, quando non mangi a scuola 8) Fai la prima colazione? Che alimenti consumi? 9) Fai un esempio del tuo pasto tipo, consumato non a scuola. 10) Stai bene nella tua classe? Cosa ti piace e cosa non ti piace? 11) Raccontaci se inviti dei compagni di classe a casa e come decidete di passare il tempo. Per l’elaborazione dell’appendice 2 la candidata ringrazia il Gruppo di Lavoro dell’ASL TO 4. Dott. Giorgio Bellan, Responsabile del SSD Promozione della Salute, dott. ssa Carla Francone, Dirigente medico, dott.ssa Maria Franca Dupont, Responsabile SS Sorveglianza e Prevenzione nutrizionale, dott. ssa Sonia Mazzetto, educatrice professionale, SSD Promozione della Salute. 62