Seminario di letteratura moderna G.Ungaretti, Sentimento del
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Seminario di letteratura moderna G.Ungaretti, Sentimento del
Seminario di letteratura moderna G.Ungaretti, Sentimento del Tempo Verbale della lezione del 6.12.2013: sezione Inni Relatrici: Rebecca Brulhart, Marco Ambrosino, Elia Valerio, Irene Solari Cronista: Jessica Mandica Prof.Motta: sono testi datati 1928, 1931, 1932. Sono testi molto drammatici, ai limiti dell’esperienza mistica. Direi che i compagni hanno da fare prima d’iniziare l’analisi delle poesie un’introduzione alla sezione. Marco: Buongiorno, inizio con una breve introduzione alla sezione per capire la scelta del suo titolo. Cercando la parola Inno nel Battaglia: l’inno è una composizione in versi accompagnata da musica, propria del rituale di molte religioni sia dell’antichità, sia attuali, che intende glorificare la divinità e dar voce alla fede e all’entusiasmo religioso dell’uomo. È definito anche come canto corale improntato a ideali patriottici, politici, civili, militari, che esalta persone, fatti, ricorrenze particolarmente significativi, o viene assunto come simbolo di un’idea, di un partito, di una comunità. Tra gli esempi c’è Pavese: «hai sentito la radio tedesca, trasmettono gli inni fascisti». Si passsa da un tempo ciclico a un tempo più determinato. La tematica del tempo è legata a Dio, allo stravolgimento religioso di Ungaretti. Emergono personaggi di origine bibblica, Caino, Cristo, Adamo. È evidente che la tappa degli Inni è importante per Ungaretti stesso. Elia: «ogni diversa parte di questi due libri, forma un canto, nella sua organica complessità (...). Così gli Inni esprimono una crisi religiosa, veramente patita, da milioni di uomini e da me, in uno degli anni più oscuri del dopoguerra»1. Ipotesi da proporvi: c’è una dialettica all’interno della sezione stessa: in rosso, Danni con Fantasia, Caino, Dannazione sono titoli collegati alla dannazione, Sentimento del tempo invece collegato alla redenzione.2 Il 1928: anno importante, è l’anno della crisi mistica. In una lettera a Jean Poulain Ungaretti scrive: «je suis profondément croyant, mais c’est un drame, nous arrivons plus à créer un contact.» C’è quindi un’impossibilità di contatto con l’aldilà. Prof.Motta: l’ipotesi riguardante i titoli è fondata. Crisi religiosa è giusta, forse Marco ha parlato di riconquista, ma qui non c’è pacificazione, è sempre tormento. C’è l’ingresso nella problematica religiosa, c’è un approfondimento del sentimento.Il 1928 è l’anno più oscuro del dopoguerra, perché? Elia: sì c’era il fascismo, ma non ho trovato niente che mi fa pensare a qualcosa in particolare. Forse è l’evento del fascismo. C’era forse una perdita della religione cristiana e l’aderenza ad altre credenze. Prof.Motta: perché anno oscuro? Perché per milioni di persone? In che modo questi testi possono essere definiti Inni? C’è una corrispondenza tra titolo-forma dei testi? Marco: non mi sembra. Non mi sembrano canti corali. Prof.Motta: cosa distingue questi titoli da quelli visti prima, che cosa giustifica questi titoli? 1 2 Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo, Mondadori, p.603. Cfr.Slides della presentazione 1 Marco: il contenuto direi. L’aspetto formale mi sembra più lirico. Prof.Motta: lirico non va bene. Marco: è l’elaborazione del malessere del poeta, il malessere è espresso con tono più solenne. Prof.Motta: sì la solennità è propria dell’inno. Qui Ungaretti forse non è corale, forse c’è la volontà di interpretare qualcosa che è collettivo. Fuoriuscita dalla dimensione dell’io lirico. Poesia: Danni con fantasia Prof.Motta: Su Danni con fantasia, qualcuno ha suggerimenti? è un testo inquietante, fin dal titolo. Marco: è una poesia importante, ha il primo posto sin dalla prima edizione. Ma non fa parte del corpus dei testi tradotti in francese. Pubblicata nel 1928 su Solare, e su molte altre, e poi su Gazzetta del popolo. Il suo primo titolo era Sirene. Sirene era già in Porto sepolto (del?) con il ruolo di poesia incipitaria. L’ultima sezione dell’Allegria non era intitolata Prime ma bensì Sirene. La poesia portava la dedica a Jean Poulain. Per l’analisi formale: sul piano metrico è un poesia che segue la tradizione, ci sono endecasillabi, settenari, novenari. Però non ci sono tante rime, solo ai vv.18-19. È più interessante la struttura: le frasi interrogative sono importanti, ci sono tre domande. Fin dall’inizio, c’è la presenza di domande metafisiche. Le domande sono concise e rispondono a blocchi compatti: ci sono diversi gruppetti di versi. Le risposte generano sempre altre domande. Il testo si apre e chiude con una domanda. Il verso 22 è l’unica certezza di Ungaretti. La poesia è datata del 1928, anno oscuro, non casuale, è l’anno di conversione. È anche l’anno in cui studia autori come Petrarca e Leopardi. Nel 1928, tiene due lezioni su Leopardi, a Napoli e Catanzaro. L’interstesto lepardiano è chiaro se si guardano le lettere. Le sirene: richiamo all’Odissea. Le sirene aiutano ma ingannano, nuociono. Forse c’è un’intertestualità anche con Gatto. Il titolo Danni con fantasia porta un’antitesi. La fantasia da una parte, ma dall’altra ci sono gli inganni. Ci sono numerosi ossimori, ma anche al verso 5, dove la gioia riscontrata lo porta a dannare. È utile vedere un parallelo tra Sirene e Danni con fantasia. Prof.Motta: il Tu della poesia, a chi si riferisce? Sarah: non è il corpo che muore? Perché dopo c’è la mente... Giulia: forse a quell’origine a cui tende.. Prof.Motta: il corpo sarebbe la verità. Andrea E.: gli ultimi due versi, forse egli non parla con la «Felica colpa», a me fa pensare al peccato originale. Se la «felice colpa» è peccato, dubito che lui stia parlando con il peccato. Francesco G.: felice colpa è in s. Agostino, in un canto che si canta il sabato santo. Prof.Motta: ne fa uso proprio o analogico? allude a quella felice colpa, ma c’è la felice colpa in diverse forme. Francesco: forse in modo traslato. Non ci sono appigli testuali che giustificano un uso specifico. Prof.Motta: c’è l’appropriazione di un lessico di tradizione, ma un lessico decontestualizzato e risemantizzato. Ungaretti ha molto insistito sulla conversione, ma non è ovvia in questo primo testo. 2 Lorenzo M.: il Tu potrebbe essere la fantasia, non intesa come capacità a fantasticare, ma come capacità intellettiva. Marco: anch’ io l’avevo visto così Beatrice: mi sembrava che l’Io non parlava sempre con lo stesso destinatario. Nel secondo momento parla con la mente. Prof.Motta: Ungaretti si rivolge sempre allo stesso destinario? Letizia: il Tu forse è legato a sirena vista come ispirazione del poeta. È il problema della fantasia che inganna e stacca dalla realtà. Anche riferimenti lessicali che rimandono alle sirene: «scogli». Marco: è voluto che il Tu non tocca lo stesso oggetto. Quando si riferisce a mente è chiaro, ma v.2 «se ti tocco, leggiadra...» è meno chiaro. L’intertesto con le Sirene è chiaro. Prima le due poesie, Sirene e Danni con fantasia erono insieme. Il tu è riferito alla fantasia, alla capacità di errare, ma il poeta nota che è qualcosa che non dura. Prof.Motta: fantasia = felice colpa? Marco: .. c’è felice. Ma è fantasia che non salva. ?: riferimento a Montale, dove il soggetto è la felicità. Amélia: il valore dell’estate e del vuoto. L’idea della ricostruzione è importante insieme all’idea della ciclicità. Prof.Motta: io lo visto come un dialogo con se stesso, con la poesia. Il terzo verso: «perché crei, mente, corrompendo?» è quasi un ossimoro che il creare vada con il corrompere. Marco: per capire il titolo, c’è un saggio di Pasolini intitolato Poeta e Dio, dove si parla della religiosità di Ungaretti. «Felice colpa» è la consapevolezza della dannazione, però risulta felice perché lo porta a errare, a creare. Prof.Motta: essendo, sbagliamo, ma sbagliando, siamo. È una conversione parziale, manca la redenzione?, elemento centrale nella religione cristiana. Marco: riferimento per «felice» al canto di Leopardi ad Angelo Mai Prof.Motta: per Ungaretti è più un tormento che un approdo. Marco: Felice colpa è espressione di s Agostino, può significare la colpa di Adamo. La felice colpa può assumere un modello analogico. Poesia: Caino Irene: ora la poesia Caino, riprendo il concetto della «felice colpa» che è peccato beato. S Agostino vedeva il peccato originale come peccato ma visto positivamente, perché Cristo è stato mandato sulla terra. Caino era il peccatore per eccellenza. È il primo genito di Adamo e Eva che nasce fuori dall’Eden. Uccide il fratello per invidia. Cit. vv della Genesi. Dio ammonisce Caino perché conosce la natura violenta di Caino. Dio lo rimprovera e lo scaccia definitivamente in quello stato precario fuori dall’Eden. Caino è dannato in tutti i sensi. È cacciato e deve fuggire. Quest’idea è ripresa nella poesia di Ungaretti. C’è l’identificazione tra Caino e l’io, condividono la sofferenza. Il verbo Corre al v.1 significa fuggire. La poesia continua dicendo che Caino è quasi un animale selvatico che deve fuggire, che corre nei boschi, è un uomo dominato dagli istinti. Ungaretti è molto vicino. Come se condivide la sofferenza di Caino, ormai lontano dalla luce di Dio. Prof.Motta: Ungaretti è Caino, tutti d’accordo? 3 Andrea E.: al v.15 con lo stesso mio passo fuggi.. Irene: Nella Genesi, Caino fugge come un animale. Verso la fine della poesia si vede la memoria, forte e incessante. È ribattuta due volte memoria incessante. E poi c’è una speranza: «non c’è vento che se la porti via? ». Poi si apre un nuovo spiraglio: ma è un’ipotesi, come se Caino e Ungaretti sperano di ritrovare una condizione più favorevole di quella dell’inquietudine. Qual’è quello spiraglio salvifico? Forse Caino spera che l’evento salvifico sia la redenzione dell’umanità, l’arrivo di Gesù. Per Ungaretti, come si vede forse anche in Pietà romana, la salvezza è forse l’avvento del fascismo. Ungaretti ha scritto una traduzione in francese di Caino, più lunga. La prima parte cambia, ma è significativa, perché Ungaretti si identifica a Caino «Sono io , sei tu, Caino». Memoria, figlia della noia: Ennui, noia, nel suo primo significato, definizione del Battaglia:3Riferimento a Baudelaire, il quale ha scritto nella sezione intitolata la Révolte in Les fleurs du mal, Abel et Cain. Sono testi rivolti contro Dio. Difatti il titolo della sezione è Révolte, è la rivolta contro Dio. Baudelaire è dalla parte di Caino. Mentre Ungaretti è per lo stato di grazia. Francesco: ancora un’osservazione su Caino. È sì il primo omicida della storia, ma anche il primo uomo nato della storia. Guardando la fine della poesia: finisce con la memoria, «O memoria, saresti onesta». Caino visto come il primo ad avere una memoria, ha una memoria personale ma anche storica. Caino è il primo ad andare in esilio, è l’inizio della perdizione umana, non per il suo peccato, ma per la sua condizione di uomo. Quindi si vorebbe tornare a un’età senza memoria. Prof.Motta: è importante quello che Francesco ha detto. Credo che non è il problema dell’omicidio che interessa. Cosa colpisce leggendo? Nella Genesi, Dio dice a Caino: il peccato è presso di te, ma tu domalo. Lui davvero è il primo uomo, più che Adamo. Anche noi siamo stati espulsi senza una colpa storicamente voluta. Perché noia è figlia della memoria? Che rapporto tra noia e memoria? Lorenzo: se non ci fosse la memoria, ci sarebbe comunque la noia? Francesco: il rapporto tra le due è spiegato da Ungaretti stesso nelle note alla poesia.4 Prof.Motta: come se noia e memoria sono i contrassegni della condizione di chi vive nel tempo, di chi è stato espulso dall’Eden e fuori dal quale si danno noia e memoria come segni del nostro essere. Davide: legame con Canto primo, nella prima strofa c’è la cacciata di Eva e Adamo dall’Eden. E la conseguenza: entra la morte? nella storia. Poesia: La pietà Rebecca: passiamo alla poesia intitolata La pietà. Testo pubblicato su una rivista francese con il titolo, Inne à la pitié. Tradotta nel 1932 in italiano. Il testo italiano è in quattro parti, ma non era sempre così. L’uomo è al centro e si contrappone alla dimensione della divinità. Ci sono parole come «carne» che rimandano alla dimensione umana e altre parole a quella divina. L’io cerca di fare un dialogo con Dio, ma c’è solo il silenzio. Al verso 7: questo esiliato ricorda forse la condizione di Girovago dell’Allegria, ma qui l’uomo cerca la fede. Forse sottointende che egli è anche poeta, in più di essere uomo. Forse c’è un legame con l’Albatros di Baudelaire: «exilé sur le sol, ses ailes de géant l’empêchent de marcher...» 33 4 Cfr.Slides della presentazione Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo, Mondadori, p.601. 4 Prof.Motta : è interessante l’intertestualità, però qui qual è la differenza tra Baudelaire e Ungaretti?Si parla di poesia in La Pietà? Rebecca: ...sì, fa delle domande simili per la fede che per la sua poesia. Prof.Motta: mentre Baudelaire si sente esiliato perché non è riconosciuto, ma mantiene fiducia negli uomini, per Ungaretti non è così. Il verso 10 (ho popolato di nomi il silenzio) si collega forse a Danni con fantasia. Rebecca: vediamo l’uso dei pronomi personali. La prima parte è incentrata sull’io. La prima volta che il poeta si rivolge a Dio v.18. appare il ‘coloro’. E poi quando invoca Dio per la seconda volta, usa il noi, quindi il poeta s’integra con gli altri uomini. Qualcosa è cambiato, forse vuole mostrare la condizione comune di precarietà dell’umano. Ritorna la parola «filo» nelle diverse parti che sottolinea la fragilità umana. L’ultimo verso della prima parte «sono stanco di urlare senza voce» era nella versione francese: je suis las de chanter sans voix, veuxtu m’aider à prier? Gridare era chanter. Il suo urlare è come dire aiutami a stabilire un contatto con te, Dio. Passando alla seconda parte: ci sono tanti ossimori anche qui. Al v. 3 sintagma «risveglio stanco», v. 6 «è nei vivi la strada dei defunti». La bipolarità vita-morte è presente con l’immagine del grano, simbolo della vita nuova. La fusione di opposti rispecchia la condizione dell’uomo rispetto a Dio. Al v. 4 (parte 2): «Tu vedi, anima troppo matura», nella versione francese : rêves-tu, âme trop mure. Il verbo vedere è più reale ripetto a sognare. La dimensione del sogno appare solo al v. 8 della versione italiana ma è evocata prima nella versione francese. Aggiunta dei vv. 14-15 che danno una prima risposta alla domanda precedente «Tu non saresti che un sogno, Dio? » L’uomo ha paura di essere deluso, vorebbe che sia come nei suoi sogni. La dimensione del sogno porta una paura di essere deluso, perché porta all’idealizzazione della divinità. Prof.Motta: non capisco idealizzazione. Tu, Dio, non saresti che il figlio di una lucida follia? Rebecca: ... la quarta parte è diversa, più densa. L’interrogativa sparisce, forse perché il poeta ha trovato una risposta, una soluzione. C’è anche l’uso della 3 p.s. e l’uomo è soggetto. È una generalizzazione, il poeta spiega la condizione umana in generale. Il grido (v.8) potrebbe essere la poesia. Nella terzina, c’è la soluzione alle domande. L’unica via sono le bestemmie per calmare le sue inquietudine. Prof.Motta: chi spiega il titolo? Lorenzo: Ungaretti è arrabbiato in questo testo. Visto che parla dell’uomo, la pietà è quella sentita da Ungaretti verso quest’uomo. Pietà non rivolta a qc di divino ma all’uomo. Prof.Motta: mi sembra troppo semplice... la parola pietà è molto connottata. Marco: il v.8 (parte 1) Ma per essi sto in pena. va in linea con quello appena detto da Lorenzo. Amelia: è la pietà di Dio verso l’uomo. Di fronte al vuoto che vede, è una richiesta di pietà. Prof.Motta: il titolo appare molto appiccicato, è qualcosa in più che obbliga a leggere. Leggendo la poesia non metterei il titolo La Pietà. Pensate a cosa significa bestemmia. 5 Poesia: La preghiera Elia: è la poesia che evidenzia la bipolarità, la dualità tra coscienza-sogno, memoria-oblio, uomo-dio, innocenza-colpa, vita-morte. La vita è legata all’amore e la morte alla distruzione. Prof.Motta: questo spiega Caino, incarnazione di queste due pulsioni Elia. Dualità che torna con la presenza di ossimori, al v.6, 10, 11, 17, 18 , 20. Verso 8: liggiù dove c’è precarietà è opposto a lassù (v.24). C’è l’età dell’oro, la condizione premitica, un dolce mondo, l’innocenza persa. I tempi verbali: prima i versi sono al passato, poi al presente, e l’ultima parte è al futuro. Guglielmi parla della dialettica tempo divenuto-tempo divenente. Qui forse è la risposta alle poesie precedenti, scompaiono le domande. È soltanto prieghiera. Però con la poesia successiva si passa alla dannazione, e ritorna l’invocare Dio. Prof.Motta: è interessante l’uso della parola «carne» che ritorna più volte nei diversi testi. Questa carne è la dannazione. Qui è definita «carne ingannatrice». Lettura antitetica di esser uomo. Francesco: c’era anche «malinconiosa carne» in La Pietà (parte 2) e forse in D’agosto anche. Prof.Motta: malinconiosa? È di nuovo il passo su Caino, sull’istinto, sul peccato, in Preghiera non ci sono interrogative perché è una preghiera. Che razza di preghiera è? È una come si conviene o no? Elia: il tipo di fede di Ungaretti in questo momento non abbraccia totalmente la fede cristiana, egli dubita ancora dov’è la salvezza. Prof.Motta: ma secondo me c’è una risposta a dov’è la salvezza Elia: nel sogno di Dio.. Prof.Motta: in Preghiera uno capisce quale sia la strada della salvezza. Dice la vita gli è di peso enorme come liggiù quell’ale d’ape morta alla formicola che la trascina... è un’immagine di peso enorme. Poi ai vv.12, 14: fa che l’uomo torni a sentire... il peso della vita anziché vederlo come una maledizione, bisogna che l’uomo riesca per fede a capirlo come via per salvarsi. Davide: in Dannazione, c’è «tu non mi guardi più Signore» quindi dice implicitamente che prima lo ha guardato. Giulia: non capisco il v.19 «la scala di riscatto» è la carne di Dio? Prof.Motta: no, è la nostra. Andrea: la carne, porta a sbagliare, ma vista anche come occasione di riscatto. Prof.Motta: Per i cristiani la carne è un problema. Per Platone il corpo è carcere. Per s. Paolo è una visione più complicata. È ingannatrice, però al contempo non si può dare un riscatto se non nella carne. La via del riscatto è nell’incarnazione. Giulia: allora purificante amore, è quello di Dio? Prof.Motta: sì. Alcuni mi hanno chiesto dove va a parare Ungaretti. È come se procedesse sempre attraverso questi tre rilanci: constatazione, domanda, invocazione. 6