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the sign moak 1-2012
01/2012 © Caffè Moak S.p.A.
01/2012
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the sign moak
Copertina:
la foto vincitrice del Concorso Fotografico
The Sign Moak 1/2012 è di Pol Mulder,
37 anni, di Alkmaar (Olanda).
Info: http://www.caffemoak.com/
news/2012/03/sign-moak.
www.caffemoak.com
Postatarget Magazine - Tariffa pagata - DCB Centrale/PT
Magazine ed./aut. n. 50/2004 - valida dal 7/04/2004
Aut. Trib. Forlì n.18 del 2000 - Notizie n.1/2012
Direttore Responsabile: Marco Pederzoli
Direttore Editoriale: Stefano Della Casa
Redazione: Annalisa Spadola, Sara Di Pietro, Massimo
Giardina, Marco Lentini, Sergio Iacono, Saro Giunta, Corrado
Barone, Gian Paolo Galloni, Dino Della Casa,
Stefano Della Casa.
Coordinamento grafico: RF Comunicazioni (MO)
Art work: Chiara Ottolini e for[me] Moak
Copertina: foto di Pol Mulder
Editore: Edizioni Della casa Srl.
Via Emilia Ovest 1014 - 41123 Modena - tel.059-8396080
www.studiodellacasa.it, mail: [email protected]
Azienda con sistema qualità certificato da BVQI
in conformità alla normativa ISO 9001:2000
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A norma dell’art. 7 della legge n. 196/03 il destinatario
può avere accesso ai suoi dati, chiederne la modifica o la
cancellazione oppure opporsi scrivendo a:
Edizioni Della Casa -Via Emilia Ovest, 1014 - 41123 Modena
(MO) - Italy
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Florian, il più antico caffè d’Italia
I.P.A., le migliori tazzine made in Italy
Moak Cultura
Le 5 “M” del caffè, “M” come Miscela
Moak, tutta un’altra storia
Maura Gosio e Marco Stabile,
due chef stellati per il caffé Moak
Continua la storia di Moak
Piccolo schermo e caffè,
quando la TV si innamorò della tazzina
A Mazzarino un bar “super stellato”
“Latte art”, il cappuccino del campione italiano
Eureka, il leader dei macinacaffè
A tu per tu con Enzo Vizzari
Il caffè nell’arte
Brambati S.p.A., la lavorazione del caffè “chiavi in mano”
Caffè e salute.
Le apnee del neonato prematuro: la terapia con caffeina
Dolci seduzioni, caffè e pasticcini
Design industriale. Il caffè incontra l’arte visiva
Sicilia rosa: Terena Mannino
Continua la storia del chicco Moak
C.I.M.E., le soluzioni migliori per le macchine da caffè
Delicatessen Moak, i tartufi al caffè
Rosso fuoco: la Ducati
01/2012
Florian,
il più antico
caffé d’Italia
di Marco Pederzoli
Nella storia dei caffé d’Italia, il primo
posto merita indiscutibilmente al Caffé
per antonomasia: il Florian di Venezia.
Sono tanti i motivi che gli fanno meritare il primato: è il più antico caffé
della penisola, sorge su una delle
piazze più celebri in una città unica
al mondo, è stato luogo d’incontro
nei secoli di politici, uomini d’affari,
gente di cultura, che hanno contribuito
a fare la storia dell’Italia. Insomma,
al Caffé Florian non si entra per caso
e non si entra solo per un caffé...Così
è narrata brevemente la sua storia sul
sito internet ufficiale, www.caffeflorian.com: “In posizione prestigiosa
sotto i portici, il Caffé Florian è il più
antico caffé italiano e rappresenta un
simbolo della città. Inaugurato il 29
dicembre 1720 da Floriano Francesco
con il nome “Venezia Trionfante”,
venne rapidamente chiamato Florian,
la più famosa “botega da caffè”.
E mentre si servivano i migliori rosoli, caffé e vini di Oriente, Malvasia,
Cipro e Grecia, la storia passava
davanti alle vetrate del locale: l’ascesa
e la caduta della magnifica Repubblica
Serenissima di Venezia, le cospirazioni segrete di quanti volevano sovvertire il dominio francese e poi austriaco,
e ancora, durante i moti del 1848, la
cura dei feriti all’interno delle sale del
locale. Fin dagli inizi il Caffè Florian
vanta una clientela illustre.
I nobiluomini veneziani si sedevano
accanto ad ambasciatori, mercanti,
cacciatori di fortuna, uomini di lettere
e artisti, ma anche accanto a semplici
cittadini.
Tale variegato assortimento inevitabilmente stimolava l’immaginazione
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e la creatività di un osservatore arguto dei costumi sociali
come il commediografo Carlo Goldoni, che era un assiduo frequentatore del locale. Trattandosi dell’unico locale
del tempo che consentiva l’ingresso alle donne, il Florian
era inoltre un luogo di caccia per Casanova, sempre alla
ricerca di compagnia femminile. Il Caffé era un crocevia
di umori e notizie in costante cambiamento: da affari di
stato a pettegolezzi locali e chiacchiere frivole sull’ultima moda. Non fu quindi il caso a far scegliere a Gaspare
Gozzi il Caffé Florian come uno dei pochi luoghi in cui si
potesse acquistare la sua Gazzetta Veneta, tra i primi quotidiani italiani.
Le sale dall’atmosfera riservata hanno ricevuto personalità illustri quali Parini, Silvio Pellico, Nicolò Tommaseo
e Daniele Manin, che ai tavoli del Caffé proclamarono
le proprie idee di indipendenza e libertà, Lord Byron,
Ugo Foscolo, Goethe, Madame de Staël, Chateaubriand,
Charles Dickens, Marcel Proust, Gabriele D’Annunzio
ed Eleonora Duse, Rousseau, Rubinstein, Stravinsky,
Modigliani e Campigli, per citarne alcune.
Lo scultore Antonio Canova trovò in Floriano Francesconi
un vero amico e benefattore. Canova lo ripagò della sua
gentilezza aiutandolo ad acquistare nuove scarpe quando
soffriva di gotta: lo scultore intagliò un modello del piede
dell’amico per permettere al calzolaio di prendere le misure senza infliggergli ulteriori sofferenze.
Alla fine dell’Ottocento Riccardo Selvatico e i suoi amici
si incontravano nella Sala del Senato del Caffé Florian per
discutere dell’idea di organizzare un’esposizione d’arte
biennale, la futura Biennale di Venezia, come omaggio al
Re Umberto e alla Regina Margherita d’Italia.
La prima Esposizione Internazionale d’Arte fu organizzata
nel 1895. Il Caffé rimase aperto e attivo anche in tempo di
guerra come luogo ideale per bere e incontrarsi tra amici.
Con l’inizio del Novecento, il Caffé Florian adottò l’idea
tradizionale italiana di “caffé concerto” con un’orchestra
permanente: in questo modo rese le estati veneziane ancora più piacevoli. Questo locale, dove si vive ancora una
tradizione veneziana così forte, è luogo d’incontro di svariati mondi.
Con un po’ di fortuna, oggi ci si può trovare seduti al fianco di stelle del cinema o del teatro, nonché di personalità
del mondo dell’arte, della cultura, della politica e degli
affari”.
Accanto alla lunga storia del locale, che sfiora quindi i
300 anni, si uniscono la sua architettura prestigiosa (che
allo stato attuale risale in gran parte alla metà dell’Ottocento) e le numerose opere d’arte. La Sala Cinese, la Sala
Orientale, la Sala degli Uomini Illustri meritano senz’altro
di essere visitate, così come la Sala delle Stagioni, la Sala
degli Specchi e, ultima acquisizione risalente ai primi anni
del Novecento, la Sala Liberty. Quindi... buon caffé a tutti!
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01/2012
I.P.A., le migliori tazzine
made in Italy
di Marco Pederzoli
Da oltre 50 anni esiste una solida realtà chiamata I.P.A. Industria
Porcellane S.p.A., la più importante azienda italiana produttrice
di tazze destinate al mercato professionale. Guidata dai fratelli
Riccardo, Roberto, Laura e Daniela Sala, I.P.A. è associata a
Confindustria Ceramica, che promuove in vari ambiti la tutela
del prodotto italiano, fino a sponsorizzarlo attraverso i maggiori
media, con un logo che contraddistingue tutti i prodotti ceramici
fabbricati in Italia, e che solo chi possiede specifici requisiti può
utilizzare.
Con l’introduzione del nuovo marchio d’origine Ceramics of
Italy, entrato in vigore all’inizio del 2009, si è voluto circoscrivere
e tutelare tutte le produzioni di ceramiche, prodotte esclusivamente nelle fabbriche localizzate sul territorio italiano. Ora solo sui
prodotti effettivamente realizzati in Italia può essere apposto il
prestigioso marchio Ceramics of Italy.
Creatività, gusto ed eleganza sono tra gli aspetti che l’azienda
non perde mai di vista, soprattutto quando le sono commissionati
progetti innovativi per ottenere forme ambiziose che sappiano
coniugare ergonomia e qualità in un insieme di esperienze tattili
e visive di alto profilo. Non a caso, tutte le realizzazioni di I.M.A.
sono brevettate a livello europeo.
L’impegno verso la qualità totale e le continue sfide nella ricerca
di nuove forme spingono l’azienda a profondere grandi energie
nello sviluppo delle proprie tecnologie, nello studio di prototipi
e nella produzione in serie di tazzine e prodotti rivolti esclusivamente ad utenti professionali. Ogni anno sono concepiti, all’interno dell’ufficio tecnico, progetti ed impianti per la produzione
che riescono a garantire, durante tutte le fasi di realizzazione, un
grande, indiscusso controllo delle materie prime, della qualità e
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degli standard necessari a “sfornare” (è proprio il caso di dirlo!)
svariate forme e modelli.
Da qualche anno, grazie ai continui sviluppi tecnologici e informatici, è nato un nuovo ed innovativo centro di progettazione
computerizzata, che quasi in tempo reale riesce ad accompagnare
il cliente anche nella creazione di una tazzina studiata ad hoc e
personalizzata. Durante la fase progettuale non si perdono mai di
vista il design e le caratteristiche tecniche che una tazza destinata
ad un uso professionale deve avere. Naturalmente, tutte le forme
create e i modelli esclusivi sono registrati e depositati, contribuendo alla salvaguardia di ogni singolo progetto dal pericolo della
contraffazione.
L’azienda dispone inoltre di un valido studio grafico che riproduce fedelmente qualsiasi immagine, “vestendo” ogni modello
in modo unico o proponendo svariate soluzioni grafiche per
promuovere in maniera più incisiva il proprio brand, ad esempio
attraverso simulazioni digitali tridimensionali. Collaborano con
I.P.A. numerosi designer, architetti, artisti, come Oliviero Toscani,
Goran Lelas, Matilde Domestico, proponendo forme, studi e progetti sempre creativi ed innovativi. Nel produrre e nel decorare le
porcellane, è garantito che ogni articolo rispetti le attuali normative europee e quelle ancor più restrittive degli Stati Uniti per la
cessione di piombo e cadmio nei prodotti che vengono a contatto
con alimenti. Sempre in materia di sicurezza e tracciabilità delle
merci, in linea con il Decreto Ministeriale del 1° Febbraio 2007,
viene certificata la provenienza dei prodotti, garantendo in questo
modo la produzione completamente italiana degli articoli che
escono dalla fabbrica.
Tutto ciò fa di I.P.A. l’azienda made in Italy leader nella produzione di prodotti per torrefazione, il punto di riferimento del
settore, sempre un passo avanti rispetto agli altri, capace di guardare sempre oltre le mode del momento. L’azienda produce tazze
da caffé in porcellana dura feldspatica con tecnologie che non
hanno e non temono confronti, perchè realizzate con quella stessa
passione che unisce ogni giorno milioni di persone nel gesto più
diffuso, legato al gusto, all’amicizia e a se stessi: quello di bere un
buon caffé!
the sign moak
Moak Cultura
di Sara Di Pietro
Quando parliamo di Caffè Moak non possiamo non pensare al
suo legame, quasi viscerale, con il mondo della cultura.
Il caffè, considerato la “bevanda degli intellettuali”, si fa spazio
nell’arte, nella letteratura e nel cinema.
Nel 2000 nasce la prima edizione di “Caffè Letterario Moak”, un
concorso nazionale che ha come obiettivo quello di diffondere la
cultura del caffè attraverso la scrittura. Giunto alla sua XI edizione, Caffè Letterario Moak oggi è considerato tra i più importanti
concorsi nazionali di narrativa e ogni anno coinvolge una media
di duecento autori, di età e di esperienze di vita assai diverse.
Nel 2011 si arricchisce di una nuova sezione dedicata alle shortshort stories ,“Il Tempo di un caffè”, un concorso letterario che
ha come unico vincolo la lunghezza dello scritto: non oltre le
seicento battute. Tutti i racconti selezionati delle varie edizioni
di Caffè Letterario e Il tempo di un caffè, vengono poi pubblicati
nelle antologie “I racconti del caffè”.
L’undicesima musa non è la sola ad accostarsi all’universo
Moak. Il caffè diventa poliedrico protagonista anche di un contest
cinematografico. Nel 2006 il primo “ciak” di “Corto Moak”,
il concorso internazionale riservato ai cortometraggi, conquista
l’attenzione di numerosi giovani artisti e si annovera tra i più
interessanti nel panorama italiano.
Nel 2012 il caffè incontra anche l’arte della fotografia, con il
concorso fotografico “The Sign Moak”. Anche in questo caso il
tema è quello del caffè. Le opere vincitrici saranno utilizzate per
la realizzazione delle copertine dei vari numeri di The Sign Moak.
Moak Cultura non ha come unico scopo quello di diffondere la
cultura del caffè attraverso le diverse forme d’arte. Il progetto di-
venta contenitore di iniziative culturali, che negli anni hanno dato
visibilità a numerosi artisti emergenti. Un’opportunità per molti
di far conoscere il proprio talento e di vedere la propria opera
valorizzata e apprezzata.
Il caffè, quindi, non solo raccontato, ma anche visto e vissuto o
immortalato in uno scatto. Ciò che risulta sempre affascinante è
la diversità e l’originalità con cui ogni artista affronta il tema del
caffè nella propria opera, sia essa un racconto, una pellicola o una
fotografia.
Maggiori informazioni su www.caffe-letterario.it ,
www.caffe-corto.com
Andrea Tidona
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01/2012
Le 5 “M” del caffè.
“M” come Miscela
di Saro Giunta
Il barista è il vero garante di una perfetta preparazione
dell’espresso. Ed è a lui che vogliamo dedicare questo articolo,
in cui intendiamo approfondire, una ad una, le regole da seguire
per servire un ottimo caffè, meglio conosciute come le regole
delle “5 M”: miscela, macinadosatore, macchina, manutenzione e
mano. In questo numero inizieremo a parlare della Miscela, dalla
quale dipende il gusto, l’aroma e la corposità del prodotto finale.
La miscela è la combinazione di diversi monorigini, ottenuta
dalla torrefazione del caffè crudo. Due sono le specie: arabica e
robusta. La prima, molto più diffusa, deriva da una pianta che si
presenta come un piccolo albero, che potato raggiunge i tre metri
di altezza; i suoi frutti contengono due semi e sono molto simili
alle ciliegie, tondeggianti e di forma allungata, che appena maturi
assumono un colore rosso o violaceo. La Coffea Arabica è originaria dell’Etiopia, dove iniziarono le prime coltivazioni che poi si
diffusero nelle regioni tropicali di tutto il mondo. La caratteristica
principale è quella di avere più zuccheri, ma con una percentuale
minore di caffeina (0,8-1,5%) rispetto alla specie robusta. Da una
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the sign moak
miscela che contiene più quantità di arabica si ottiene, infatti, un
caffè più aromatico, dal sapore più dolce e delicato.
La Coffea Robusta (canephora), invece, è un piccolo albero sempreverde, anch’esso potato ad un’altezza massima di tre metri.
Anche questa pianta di caffè produce frutti simili a quelle della
Coffea Arabica, ma poco più piccoli. La specie robusta è in grado
di crescere anche a seicento metri sul livello del mare, in quanto
resiste meglio al caldo, alle malattie, alle piogge abbondanti ed ha
una più alta produttività. Il contenuto di caffeina è circa doppio
che nella specie arabica (1,7 – 3,5 %). Da una miscela che contiene più robusta, si otterrà, infatti, un caffè molto più denso e dal
sapore più amaro, con una maggiore cremosità e corposità.
La varietà dei monorigini dipende anche dai diversi tipi di
piantagione. Forse non tutti sanno che spesso, accanto alle piante
di caffè, vengono coltivati altri arbusti, la cui vicinanza spesso
influisce sul sapore del chicco. Ad esempio, in una piantagione,
denominata “policoltivazione commerciale”, oltre a quelle di caffè, vengono interrati alberi di arancio, chiodi di garofano o piante
leguminose, che hanno il ruolo di fissare l’azoto nel terreno. I
chicchi raccolti richiameranno di certo altri sapori.
Le percentuali di arabica o robusta in una miscela non sono
i soli requisiti che determinano la qualità e l’aroma della bevanda. Spesso i 100% arabica vengono catalogati come caffè
“speciali”. Un’ottima miscela dipende da numerosi altri fattori:
la selezione dei chicchi, le origini delle loro coltivazioni e i
metodi di tostatura.
A questi bisognerà, ovviamente, aggiungere la cura che il barista dovrà avere nella manutenzione e pulizia della macchina,
nella macinatura e nella professionalità nel preparare e servire
un ottimo caffè, al di là della scelta della miscela che più corrisponde ai gusti dei suoi clienti.
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01/2012
Moak,
tutta un’altra storia
In questo secondo numero, For[me]Moak presenta la nuova
campagna di comunicazione 2012 “Moak, another story”. In
un inedito paradiso terrestre Eva, con la mela in mano, appare delusa da Adamo, il quale con espressione trasognante
si mostra disinteressato a lei e all’oggetto della tentazione,
essendo assorto nella contemplazione di una tazzina di caffé.
Reazione che suscita sgomento pure nel serpente, che si snoda
dall’albero del peccato. L’headline recita:“Moak, another story”
[Moak, tutta un’altra storia].
Un’affermazione ironica su come Moak, ancora una volta, ha
voluto cambiare una storia nota a tutti. In “Another story” la
scelta dei creativi di For[me]Moak traduce, come nelle campagne precedenti, un messaggio di positività e di ottimismo.
Un modo di pensare e operare innovativo e libero da condizionamenti, così come innovativa è la tecnica di progettazione
grafica, affidata all’illustratrice americana Sally Vitsky, celebre
per le sue composizioni tridimensionali, che rendono uniche le
sue opere. L’arte di Sally Vitsky, inoltre, si contraddistingue
per l’utilizzo di materiali di riciclo, che danno al progetto una
valenza educativa sull’ecosostenibilità, a cui Moak da sempre
è sensibile. A The Sign Moak, Sally Vitsky ha concesso questa
intervista.
Nella nuova campagna 2012 “Another Story” emerge l’originalità della tecnica illustrativa. Ci spiega come avviene?
Ho voluto costruire il giardino dell’Eden con della carta bianca, aggiungendo i colori negli elementi base, come l’albero
di mele, il serpente, i due protagonisti Adamo ed Eva. Questo
contrasto sottolinea la loro importanza e quella del racconto. Ho
creato i miei pezzi come se fossero piccole scene teatrali.
Ma questa è soltanto una scena di “Another story”!
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Da cosa nasce l’idea di utilizzare materiali da riciclo?
La qualità strutturale e tattile della carta mi affascina da sempre.
Gran parte della carta riciclata ha una superficie interessante
che si presta al mio lavoro, anche se oggi non è facile distinguerla da quella dai tratti classici. La mia filosofia è quella di
utilizzare le risorse che già abbiamo, anziché sprecarle.
Quali sono state le Sue emozioni nell’illustrare una nuova
versione della “storia di Adamo ed Eva?”
Mi sono divertita molto a interpretare il concetto Moak e a renderlo una mia creazione. Non tutti i miei progetti mi fanno sorridere quando ci lavoro, ma l’idea e la possibilità di poter creare
la mia versione di figure iconiche, come Adamo ed Eva, è stata
un’elaborazione divertente e molto creativa!
Ancora una volta il caffé si sposa con l’arte. In che modo
vede questo connubio?
Il caffé riempie la mia visione creativa. Penso che esista un’arte
elegante per creare una tazza di caffé perfetta.
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Maura Gosio e Marco Stabile,
due chef stellati per il caffé Moak
di Gian Paolo Galloni
Maura Gosio è una cuoca autodidatta, che inizia il suo percorso professionale tra le mura domestiche, dove si divertiva a
cucinare il pesce che trovava nei mercati a beneficio dei suoi
fortunati amici. Decide poi, con suo marito Andrea, di aprire il Ristorante La Piazzetta a Ferno (VA), suo paese natale,
coronando il proprio sogno. Nel 2005 riceve la stella Michelin
e nel 2011 si trasferisce a Cremona per tenere a battesimo il
Ristorante Al Quarto. Oggi Maura guarda in particolare alla
cucina del territorio, per valorizzare i salumi, i formaggi, le
mostarde e i torroni, tutte specialità cremonesi, ma senza tralasciare i suoi indimenticabili piatti a base di pesce.
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Il piatto elaborato da Maura con il caffé Moak è: carbonaro d’Alaska (merluzzo nero) con riduzione di caffé e miele
servito insieme con gnocchetti alla polvere di caffé, macis e
cedro candito.
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Marco Stabile, originario di Pontedera, inizia il suo percorso di apprendimento per tutta la sua amata Toscana: l’alberghiero a Firenze,
il Club Bell’Arturo con Guido Sabatini, esperienze a San Miniato e
a Prato, il prestigioso Salotto del Chianti di Mercatale Val di Pesa,
l’Osteria di Passignano e il famoso Ristorante Arnolfo dei fratelli
Trovato a Colle Val d’Elsa (SI). Nel 2005 apre il suo ristorante Ora
d’Aria a Firenze e nel 2011 si guadagna l’ambita stella Michelin. Marco realizza i classici piatti toscani con divagazioni a tutto
campo, dando libero sfogo alla sua fantasia, con risultati spesso
irresistibili.
Il piatto elaborato da Marco con il caffé Moak è: doppio risotto con asparagi selvatici, mortadella di prato, fondo ristretto di
maialino al caffé mantecato con parmigiano-reggiano e burro di
Normandia.
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Continua la storia di Moak
di Massimo Giardina
Sul primo numero di The Sign Moak avevamo interrotto la nostra
narrazione al 1994. Prima, però, è importante fare un piccolo
passo indietro. E’, infatti, il 1992 a segnare una svolta nella storia
della Moak, con l’ingresso in azienda di Alessandro Spadola, primogenito del fondatore. Appena diplomato, affianca il padre, che
aveva già notato in lui una particolare passione per il mondo del
caffè. Il suo non è stato soltanto il “naturale” proseguimento di un
impegno imprenditoriale e familiare, ma è anche coinciso con un
punto di svolta nella storia dell’azienda Moak. Ma andiamo con
ordine. È il 1994, come abbiamo già detto, e lo stato attuale
dell’azienda è solido e sano sotto tutti gli aspetti. La situazione è
ideale perché si possa godere in tutta serenità dei frutti di quasi
trent’anni di impegno e di lavoro. Stanti così le cose, Giovanni
Spadola chiama il figlio ad una scelta: lavorare al mantenimento
dello status quo o, viceversa, vestiti i panni del copilota, affiancarlo nell’impresa di traghettare l’azienda verso una nuova realtà:
internazionalizzare il marchio e i prodotti. Un viaggio che si preannuncia lungo, faticoso, non privo di imprevisti e difficoltà, ma
Da sinistra: Alessandro, Giovanni e Annalisa Spadola,
titolari di Caffè Moak
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alla stessa maniera gratificante, entusiasmante ed esaltante.
La scelta è nota. Comincia così il viaggio di “Moak verso il
mondo”. I risultati sono ben presto evidenti, tanto da rendere
necessaria, pochi anni dopo, l’apertura di una sede operativa a
Milano, totalmente dedicata all’export. Siamo nel 1996 quando la
famiglia Moak si arricchisce dell’ingresso in azienda di Annalisa,
secondogenita di Giovanni Spadola, che va a ricoprire il ruolo
di Direttore Marketing e Comunicazione. Il primo importante
risultato è l’ottenimento della certificazione ISO 9001, la norma
che definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità.
L’anno successivo l’azienda otterrà anche la certificazione ISO
14001, che garantisce il pieno rispetto delle norme ambientali
durante la produzione delle miscele Moak.
Sono anni significativi, durante i quali la Caffè Moak, grazie al
carisma e alla creatività di Annalisa, si presenta al mercato con
una veste tutta nuova, partendo dal primo restyling del marchio
e dal lancio del sito internet, a cui viene affidato il compito di
promuovere l’immagine dell’azienda e la cultura del caffè. È del
1997, invece, il primo calendario Moak. Nato come strumento
pubblicitario, diventa ben presto oggetto di culto e di collezione,
atteso ogni anno con crescente attenzione e curiosità sia dal
the sign moak
pubblico che dagli addetti ai lavori. Annalisa trsferisce il suo
forte interesse per il mondo della cultura all’interno dell’azienda,
segnando un momento di evoluzione nel modo di comunicare:
accanto agli strumenti tradizionali vengono create iniziative di
carattere culturale, in grado di veicolare il marchio fuori dallo
stretto ambito di settore. La più importante di queste iniziative è
certamente Caffè Letterario Moak, un concorso di narrativa, giunto oggi, con grande successo, alla sua XI edizione.
Nel 2006 Caffè Letterario viene affiancato da Corto Moak,
un concorso cinematografico internazionale rivolto a tutti, con
l’obiettivo primario di promuovere e valorizzare giovani talenti
provenienti da tutto il mondo.
Nel 2005, intanto, viene rilevata la torrefazione marsalese
“Americaff”. L’acquisizione ha la funzione strategica di consolidare la presenza del gruppo Moak all’interno della grande distribuzione siciliana e di creare una testa di ponte commerciale che
copra l’intero territorio regionale.
Il 2005 sancisce, inoltre, un altro passaggio fondamentale nella
storia di Moak. E’ l’anno in cui il volume d’affari, l’organico e la
grandezza complessiva dell’azienda rendono inderogabile la
rimodulazione di un nuovo assetto anche societario: Caffè Moak
diventa una S.p.A. Siamo giunti alla parte più recente della storia
di Moak. E’ il 2009, quando Bob Noorda, uno dei più grandi
designer industriali, ridisegna il marchio aziendale. Noorda mantiene inalterati i colori storici dell’azienda e dà vita all’elegante
marchio che oggi campeggia su tutti i prodotti Moak.
Nel gennaio del 2010 viene inaugurato, all’interno dell’agglomerato industriale Modica-Pozzallo, il nuovo centro direzionale
e produttivo. Un complesso architettonico che si sviluppa su una
superficie di 1600 m2, distribuiti su due piani per l’area direzionale ed amministrativa e 5500 m2 per la zona di produzione e deposito. Un importante investimento che permette di ospitare al suo
interno uno spazio dedicato all’area marketing, con laboratorio
grafico e produzione di materiale pubblicitario, oltre ad un ufficio
stampa. Al primo piano, invece, un’ampia sala viene dedicata al
laboratorio chimico, dove il caffè viene studiato e sperimentato
per produrre nuove miscele.
Le grandi aperture verticali e l’abbondante utilizzo di vetro per
delimitare gli ambienti interni, permettono alla luce naturale di
“invadere” l’intera struttura. Questi accorgimenti conferiscono
all’architettura una grande leggerezza, molto distante dalla tradizionale idea di “luogo di lavoro”.
La nuova sede è inoltre dotata di due coffee corner, una palestra,
una sauna, una sala “svago” con biliardo, calcio balilla e altri
giochi messi a disposizione dei collaboratori, un’area espositiva,
un’aula formativa e una sala conferenze capace di ospitare fino a
cento persone.
Questa è la storia, raccontata per fatti salienti. E’ il “vissuto” di
un’azienda che con i suoi 45 anni di vita si ritiene ancora molto
giovane e con tanta voglia di crescere.
Ecco perché continueremo a raccontarvi la nostra storia.
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Piccolo schermo e caffè
quando la TV si innamorò della tazzina
di Dino della Casa
Una delle più celebri candid camera all’italiana di tutti i tempi
è quella, trasmessa a metà degli Anni Sessanta, in cui al bar
della stazione dei treni di Bologna, un avventore intinge la
propria brioche nel cappuccino di un altro cliente.
Alla reazione di quest’ultimo, che molto bonariamente dice di
essere disposto ad offrirgli un cappuccino, l’originale avventore risponde che preferisce comunque intingere la propria
brioche nei cappuccini degli altri clienti.
Tanto che continua imperterrito a ripetere la medesima azione
con altri cappuccini.
La situazione si chiarisce naturalmente soltanto quando, alla
Caffè sconcerto (Sky TV)
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fine, è rivelata la presenza di una telecamera che sta riprendendo il tutto. Per gli amanti del piccolo schermo, questa
è una scena destinata a fare epoca. Nanni Loy, con la sua
trasmissione dal titolo “Specchio segreto”, aveva saputo
importare magistralmente il fortunatissimo format americano
“Candid Camera”, che ancora oggi riscuote un grandissimo
successo tra tanti telespettatori. Per di più, Loy ebbe il merito
di aggiungere un tocco di cinismo alle situazioni, mettendo in
risalto la psicologia della vittima impreparata, superando la
comicità fine a se stessa limitata all’irridere il malcapitato.
La trasmissione diventò quindi una spietata lente di ingrandimento dell’alienazione sociale, che nella civiltà neo industriale di quegli anni iniziava a diffondersi in Italia.
Sullo sfondo di quella scena, come attore co-protagonista,
the sign moak
Camera Cafè (Italia 1)
c’era il caffé, o meglio il caffé contenuto nel cappuccino.
Del resto, nel fervore degli Anni Sessanta, anche il ritmo della
vita stava cambiando: le colazioni si facevano sempre più in
locali pubblici e la fortuna di tanti bar fu proprio rappresentata
dal fatto di sapere offrire buoni cappuccini e ottimi caffé.
Oggi come ieri, il caffé continua a essere presente sul piccolo
schermo, a volte in “carne e ossa”, altre volte soltanto evocato. In ogni caso, il suo nome è diventato, per un processo
di antonomasia, un evocativo di relax, pausa, chiacchiere tra
amici, piacere. Gli esempi fioccano.
Basti citare, ad esempio, “Camera Café”, la popolare trasmissione di Italia Uno con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu,
dove tutte le scene interpretate dai due presentatori si svolgono davanti alla macchinetta di un caffé. In altre occasioni,
come si diceva, il caffé non compare direttamente, ma è presente con la sua forza evocativa all’interno di programmi di
grande successo del piccolo schermo.
Il caso è quello di Uno Mattina Caffé, una rubrica di approfondimento del popolare programma di Rai Uno, dove la scelta del termine “caffé” non è naturalmente casuale.
In questo caso, infatti, si tratta di “sedersi” (come al tavolino
di un bar?) per fare luce, ed eventualmente riflettere, su un
determinato argomento.
Ultimo ma non per importanza, ecco lo spettacolo “Café
Sconcerto”, trasmesso anche sul palinsesto dei canali Sky.
L’idea nasce da due stimolazioni, quella che deriva da una
parte dalla cultura del Caffé Concerto, dall’altra da quella del
varietà. Si tratta di uno spettacolo comico - musicale, molto
divertente, che intende “scimmiottare” in senso ironico e
bonario il mondo del caffé concerto, del varietà e dell’avanspettacolo; un coloratissimo collage di canzoni, duetti comici,
sketch, parodie, anacronismi, attualizzazioni ed improvvisazioni ricche di fantasia, buonumore e spigliatezza.
Camera Cafè (Italia 1)
Uno Mattina Caffè (RAI)
Colorado Cafè (Italia 1)
Specchio segreto di Nanni Loy (RAI)
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01/2012
A Mazzarino
un bar “super stellato”
di Massimo Giardina
L’amore per la propria terra e le sue tradizioni unisce da tre generazioni la famiglia Cinardo, che con grande dedizione gestisce da
oltre cinquant’anni l’Ariston Caffè, uno dei più importanti e storici
locali di Mazzarino, città barocca dell’entroterra siciliano e crocevia
tra le province di Enna, Caltanissetta e Agrigento.
Era il 6 Giugno del ’56 quando Ludovico Cinardo e Cisarella Petronilla ebbero la brillante idea di aprire un caffè, a cui abbinarono
la pasticceria e la gelateria artigianale. Chi faceva una tappa all’Ariston Caffè era certamente attratto dalla loro specialità: i cosiddetti
pezzi duri, tronchetti di gelato porzionati a fette.
La passione per l’arte pasticcera viene tramandata al figlio Giuseppe, che insieme alla moglie Rita Stuppia, addetta al laboratorio ed
esperta di tradizioni, mantengono alto il nome del locale.
Da una decina di anni sono entrati nel team i due nipoti, Ludovico e
Vincenzo. Ludovico, il maggiore, è un esperto barman e si occupa
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della caffetteria e insieme al padre della gestione complessiva del
locale. Vincenzo, invece, è pasticcere, ed è riuscito, sotto l’occhio
supervisore della madre, a conciliare lo studio con la passione per
l’arte dolciaria. Le sue produzioni sono conosciute oltre confine,
grazie alla partecipazione ad eventi e concorsi in tutta Europa, guadagnandosi per questo l’attenzione di critici di livello internazionale. Ieri come oggi l’Ariston Caffè ha reso più vivace piazza Vittorio
Veneto, diventando luogo di incontro e aggregazione. Il locale,
interamente rinnovato, offre alla sua clientela anche un’accogliente
Sala da the. In quest’era, sempre più votata all’automazione e alla
standardizzazione, l’Ariston fa della sapiente lavorazione artigianale e della ricerca della massima qualità, principi fondamentali,
applicati ogni giorno nella preparazione della tavola calda, della
gelateria e della pasticceria. E proprio ai loro dolci, preparati con
questa filosofia, in questi ultimi anni sono stati conferiti diversi
premi a livello nazionale. Per saperne di più, abbiamo interpellato i
Fratelli Cinardo.
Per la prima volta l’Ariston Caffè di Mazzarino è stato inserito
nella prestigiosa guida del Gambero Rosso “Bar d’Italia”. A cosa
è dovuto questo successo?
Aver ricevuto questo prestigioso ed ambito riconoscimento è per
noi motivo di grande soddisfazione. Un risultato ottenuto dopo anni
di sacrifici e grazie alla cura nella scelta delle materie prime, oltre
the sign moak
ad una particolare attenzione per l’innovazione.
Già dal primissimo inserimento, la guida vi ha attribuito due tazzine e
due chicchi. Quali sono i parametri di valutazione?
Come in tutte le guide di prestigio, anche quella dei “Bar D’Italia” attribuisce un criterio di valutazione che si identifica con i chicchi di caffè e
con le tazzine. I chicchi, si riferiscono alla qualità del caffè e, a seconda
del grado di “bontà” ne vengono assegnati uno, due o tre.
Le tazzine, invece, esprimono un giudizio complessivo sul locale. Una
valutazione eseguita dopo aver esaminato alcuni parametri: l’offerta dei
prodotti, il servizio, l’ambiente e l’igiene.
Quanto ha contato la qualità della miscela da voi utilizzata nell’attribuzione delle due tazzine ?
La scelta della miscela è importantissima. Il caffè è l’elemento fondamentale e trainante di un locale, il pretesto che fa ritornare il cliente. In
cinquanta anni di attività si sono susseguite altre due aziende di caffè,
ma se oggi abbiamo ottenuto questi lodevoli riconoscimenti è anche
grazie all’Azienda “Moak” , che ci ha proposto, sin da quando abbiamo
instaurato il nostro rapporto di lavoro, questa ottima miscela, di cui ha
mantenuto sempre alta la qualità, dimostrando serietà e professionalità.
Nel 2012 avete ottenuto un ulteriore riconoscimento: il vostro nome
compare anche sulla Guida del Gambero Rosso “Pasticceri e pasticcerie”, dedicata ai grandi maestri italiani dell’arte dolciaria. Quali
sono state, in questo caso, le motivazioni?
La presenza all’interno della guida, nella categoria Pasticceri d’Italia,
ha rappresentato un ulteriore importante accreditamento che attesta la
passione che mettiamo nel nostro lavoro. In questo caso il criterio di
valutazione si identifica con una, due o tre tartine. A noi è stata attribuita
una tartina per la bontà dei dolci, per il servizio e per l’ambiente in cui
accogliamo i nostri clienti.
Sempre in tema di Pasticceria, quest’anno siete anche sul podio come
migliore pasticceria al Concorso regionale promosso dalla Fondazione Cavalier Condorelli.
Lo scorso 23 Marzo si è tenuta la 3° Edizione del Concorso rivolto ai
migliori pasticcieri di Sicilia, in cui siamo stati secondi classificati. Una
ulteriore attestazione che ci inorgoglisce e che ci da l’opportunità di far
conoscere i nostri prodotti oltre i confini regionali.
Quale è la filosofia che sta dietro al vostro lavoro? Quanto è importante l’attenzione alle caratteristiche dei clienti?
Quella da noi adottata è la politica dei piccoli passi. Il nostro locale ha
subito, nel corso degli anni, dei cambiamenti radicali sia in funzione delle mutate abitudini dei clienti, sia per la diversa impronta che si è voluta
dare al locale. I clienti quindi hanno sempre avuto un ruolo importante.
Sono loro che ci aiutano a crescere, a perfezionare e ad apprezzare il
nostro lavoro. Ed è a loro che è rivolta sempre la massima attenzione.
Chi è il vostro cliente ideale e cosa gli proporreste per conquistarlo
definitivamente?
Non esiste un cliente “ideale”. Chiunque scelga il nostro locale va accolto, rispettato e servito secondo le richieste e le esigenze di ciascuno. Per
conquistare un cliente è necessario mantenere alta la qualità e la professionalità, proporre sempre innovazioni ed essere gentili ed accoglienti. Il
cliente è conquistato quando si sente coccolato e noi crediamo di esserci
riusciti.
Caffè Royale
15% cioccolato bianco
30% caffè espresso
10% crema whisky
45% panna montata
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01/2012
“Latte art”, il cappuccino
del campione italiano
di Sara Di Pietro
Nel primo numero di The Sign Moak vi abbiamo raccontato la storia del cappuccino. L’arte di prepararlo è tutta italiana, come made
in Italy è la tecnica di versata, meglio conosciuta come Latte Art.
Le prime decorazioni sul cappuccino furono realizzate negli Anni
’80. Fu, però, grazie a Luigi Lupi, barman e formatore certificato
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per baristi, che la Latte Art diventò famosa e venne inserita nel
circuito delle competizioni S.C.A.E (Specialty Coffee Association
of Europe).
Oggi la Latte Art rappresenta un metodo nuovo e giocoso di servire
il cappuccino. Una carta in più per il barista per conquistare i suoi
clienti. Lo sa bene Andrea Antonelli, che nel 2011 si riconferma,
per il quarto anno consecutivo, Campione Italiano di Latte Art
S.C.A.E.
Nel 2011 hai conquistato per il quarto anno consecutivo il titolo di
Campione Italiano di Latte Art SCAE (Specialty Coffee Association of Europe). Le emozioni sono sempre le stesse?
E’ sempre molto emozionante. Ogni volta speri che tutto vada bene
e di esserti preparato al meglio. Vedere riconfermato negli anni un
the sign moak
titolo così prestigioso mi inorgoglisce e dimostra quanto la passione
per questo lavoro sia ancora molto forte.
Ottenere, ma soprattutto mantenere, un titolo così prestigioso, è
solo frutto di anni di esperienza o bisogna avere anche capacità
artistiche?
Vincere è di per sé difficile, riconfermarsi, ancor di più. Come in
ogni competizione, gli avversari, seppur sportivamente, cercano
di conquistare il titolo in ogni modo. Ecco perché bisogna essere
sempre preparati e migliorare, in ogni gara, le proprie prestazioni. Il disegno a mano libera, in tutte le sue forme, mi ha sempre
affascinato, ma realizzare una decorazione con la lattiera prevede
una manualità e una tecnica diverse. E’ con la Latte Art che riesco
meglio ad esprimere la mia creatività.
vengono usate solo miscele 100% arabica, con caratteristiche particolari, ovvero caffè “speciality”, che abbiano una tessitura di crema
fine e stabile e un’ottima persistenza ed elasticità. Anche il latte
deve rispettare le stesse caratteristiche.
Come si apprende la Latte Art ?
Esistono corsi specifici sia per professionisti che vogliono portare
nei propri locali la latte art, sia per chi vuole partecipare alle gare.
La durata dei corsi varia da uno a tre giorni, in base ai livelli di formazione. L’obiettivo è quello di insegnare la montatura, la versata e
le principali tecniche per creare disegni sempre diversi e originali.
La Latte Art richiede certamente manualità e tempo di realizzazione. La fase di decorazione può influire sulla cremosità del
cappuccino?
La bravura di chi prepara un ottimo cappuccino con la tecnica della
Latte Art è quella di mantenerne la giusta cremosità. Per questo
esistono dei corsi di alto livello professionale rivolti ai baristi,
che insegnano non solo la corretta tecnica, ma anche il tempismo
perfetto per la preparazione dell’espresso, la montatura del latte e la
decorazione finale.
Presentarsi in modo diverso al proprio cliente è certamente una
strategia vincente in una caffetteria. Quali consigli daresti ai tuoi
colleghi baristi per poter servire un buon cappuccino coreografico?
Il consiglio che rivolgo a tutti i colleghi baristi è quello di apprendere la tecnica della Latte Art, non solo per imparare a realizzare
le coreografie e migliorare la presentazione del prodotto, ma anche
per avere l’opportunità di poterlo fare nel proprio locale, in ogni
momento della giornata, a qualsiasi cliente e in assoluta autonomia.
Negli ultimi anni il mondo della caffetteria è cambiato: il barista,
grazie ai numerosi corsi di formazione rivolti a chi opera nel settore,
sta diventando sempre più un professionista, in grado di soddisfare
le richieste più esigenti dei clienti. Imparare la Latte Art è per il bar
che li propone un modo per distinguersi.
Nella Latte Art quanto è importante la scelta degli ingredienti
principali, il latte e il caffè?
La scelta dell’espresso è fondamentale. Per i Campionati SCAE
Per chi fosse interessato, si organizzano corsi sulla Latte Art nella
nuova sede della Caffè Moak. Maggiori informazioni sul sito www.
caffemoak.com, nella sezione for[me] training.
Guarda il video
e scopri
alcuni esempi
di decorazione
con “Latte Art”
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01/2012
Eureka,
il leader dei macinacaffé
di Marco Pederzoli
Eureka è leader nella progettazione e produzione di macinacaffé,
caratterizzati dal design elegante e dalla tecnologia innovativa.
L’azienda, nata a Sesto Fiorentino nel 1920 come produttrice
di motori elettrici, frullatori e tritacarne, si è poi specializzata
dall’immediato dopoguerra esclusivamente nel settore del caffé,
diventando un riconosciuto ed apprezzato punto di riferimento
per l’innovazione in questo settore. Oggi il marchio Eureka, che
ha alle spalle quasi cento anni di lavoro, passione e tradizione,
continua la sua storia puntando su ricerca e innovazione. Il risultato è la diffusione in 52 Paesi del mondo dei macinacaffé Eureka, un brand di riferimento internazionale per i professionisti del
settore Horeca. Del resto, le certificazioni ottenute consentono
all’azienda di operare in tutto il mondo, garantendo il rispetto
delle normative vigenti assieme alla qualità di un prodotto tutto
“made in Florence”: affidabile, bello e facile da mantenere.
L’ampia gamma proposta si presenta ideale per ogni tipo di caffé,
produttività e budget. Tra i macinadosatori, il non plus ultra è
indubbiamente la gamma Olympus, declinata nelle versioni
Olympus KR (macine coniche E 13/68 con riduttore epicicloidale dei giri (solo 330 rpm)), Olympus K (macine coniche E 13/68)
ed Olympus 75 (macine piane 75 mm), tutti prodotti dotati di
regolazione micrometrica senza punti di stop, avviamento automatico con arresto al riempimento del dosatore tramite l’esclusiva bandierina ad altezza variabile con 5 posizioni preselezionabili. La gamma Olympus si distingue, oltre che per l’ottima
funzionalità, anche per la ricercatezza nelle finiture cromatiche
e nel design. Ecco poi la gamma Zenith, proposta nella versione
Zenith_65 (macine piane 65mm, regolazione micrometrica senza
punti di stop, automatico con arresto al riempimento del dosatore
variabile tramite bandierina con 5 posizioni preselezionabili) e
Zenith_Club (macine piane 60mm, regolazione micrometrica
senza punti di stop, arresto automatico al riempimento del dosatore), nonché il macinadosatore Fashion, dal gusto glamour Anni
Settanta. Ultimo ma non per importanza, Eureka significa anche
macinacaffé istantanei, pratici e adeguati a qualsiasi esigenza,
che consentono di macinare il caffè solo quando serve, garantendo un espresso fresco e denso di aromi. Due i prodotti “on-demand” ad oggi disponibili: Mignon istantaneo, leader nelle vendite professionali per la macinatura di decaffeinati, monorigini o
caffè BIO; Mythos, macinacaffè istantaneo con macine piane 75
mm a lunga durata, pressino dinamometrico e gestione digitale di
tutte le fasi di macinatura. Eureka è un marchio di Conti Valerio
S.r.l. Per ulteriori informazioni, si può consultare il sito internet
ufficiale, all’indirizzo www.eureka.co.it.
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the sign moak
A tu per tu
con Enzo Vizzari
di Gian Paolo Galloni
Un passato da manager e un presente tra gli uomini più ascoltati
nel mondo della critica gastronomica, da alcuni anni Enzo Vizzari
è direttore delle guide dell’Espresso e, soprattutto, della “Guida
ai ristoranti d’Italia”. Quella del 2012 è la 34ª edizione di una
Guida (seria, onesta e rigorosa) riscritta integralmente ogni anno
e realizzata da oltre cento gastronomi (in gran parte giornalisti ma
non solo). Nei dodici mesi precedenti l’uscita, gli ispettori dalla
Guida visitano ristoranti, trattorie, osterie e giudicano la cucina,
alla quale attribuiscono un voto in ventesimi di punto, e poi raccontano l’ambiente, la cantina, il servizio. Nel nostro incontro con
Enzo Vizzari abbiamo voluto parlare del caffé, che in Italia chiude
di solito il pasto e che troppo spesso non è all’altezza del cibo che
l’ha preceduto, lasciando un ricordo negativo al consumatore.
Vizzari attribuisce al caffé molta importanza, ma molti ristoratori
non l’hanno capito. L’introduzione delle cialde o delle capsule ha
sicuramente migliorato la situazione, ma resta ancora molto da
fare. Secondo il direttore, del caffé si apprezza in particolare quel
buon sapore che rimane a lungo in bocca, vale a dire la completezza olfattiva e gustativa. Vizzari beve il caffé senza zucchero:
“Se è buono – spiega - non c’è bisogno di dolcificarlo” e, per lui
che lo ama, nemmeno di correggerlo. Lo zucchero, i dolcificanti
e i liquori alterano il sapore e non consentono di cogliere tutte le
sfumature di sapori che un buon caffé sa offrire. Si trova d’accordo con noi che i migliori caffé si bevono al Sud, ma è difficile per
lui trovarne il motivo. Anche Enzo si è dotato a casa e in ufficio
di una macchina espresso. “O bevo un buon caffé, o niente!”,
ama ripetere. Oltre alla bontà, per il direttore è indispensabile che
il caffé gli sia servito in tazzina calda e si arrabbia molto quando
non lo è. Ci troviamo tutti d’accordo nell’affermare che in Italia
si beve il miglior caffé del mondo. Speriamo che nel futuro anche
altri Paesi, penso in particolare alla Francia, si decidano a copiarci
e a lasciare da parte uno sciocco sciovinismo, offrendo al cliente
un ottimo espresso all’italiana.
IL VADEMECUM DEL “CAFFEISTA”
SECONDO ENZO VIZZARI
1) La tazzina che contiene il caffé deve essere calda
2) Nel buon caffé non vanno aggiunti né zucchero, né “correttori”, per mantenerne inalterati l’aroma e il sapore.
3) Il migliore caffé si degusta in Italia, soprattutto nel Meridione.
4) La macchinetta per l’espresso può essere molto utile sia in
casa sia in ufficio per bere un buon caffé.
5) Si spera che anche all’estero, in primis nella vicina Francia, si
decidano a copiare l’ottimo espresso all’italiana.
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01/2012
Il caffè nell’arte
di Gian Paolo Galloni
L’apparizione del caffè nell’arte coincide, all’incirca, con la sua
diffusione nelle principali capitali europee iniziatasi nel secolo
XVII. A Londra, Amsterdam, Parigi, il caffè si diffonde rapidamente: questa bevanda esotica e calda, alla quale sono attribuite
virtù afrodisiache e terapeutiche, conquista ben presto le corti
e le classi più elevate della società. La più antica raffigurazione
di una tazzina ricolma della calda bevanda che si trova in un
quadro è la straordinaria natura morta di Francisco de Zurbaran
(Fuente de Cantos 7/XI/1598 – Madrid 27/VIII/1664): “Piatto
di cedri, cesto di arance e tazza con rosa” (1633, Los Angeles,
Norton Simon Foundation), l’unica firmata dall’artista.
Nella celebre “Colazione nello studio” dipinta nel 1868 da
Eduard Manet (Parigi 23/I/1832 – 30/IV/1883), che si trova a
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Monaco, Neue Staatsgalerie, la figura del protagonista, il giovane Leon Leenhof, e il brano di natura morta alle sue spalle,
sono trattati dall’artista con lo stesso impegno: ed è proprio su
quest’angolo di tavola ancora apparecchiata che, fra bucce di
limone, gusci di ostriche e bicchieri di vino, spunta un’elegante
tazzina da caffè in porcellana bianca, profilata d’oro, mentre
sullo sfondo una domestica si avvicina recando fra le mani una
caffettiera bollente.
the sign moak
Paul Cezanne (Aix en Provence 19/I/1839 – 22/X/1906), nella
“Donna con caffettiera”, eseguita fra il 1890 e il 1895, mette
a frutto le continue ricerche sulla forma che tanta importanza
avranno poi per i cubisti. La figura femminile, mani abbandonate in grembo, è seduta accanto ad un tavolino su cui, sopra
una tovaglia rossa che contrasta con l’abito e il grembiule
azzurri della donna, sono posate una caffettiera e una tazza di
caffè con il cucchiaino.
E’ invece la vita americana, efficacemente rappresentata attraverso paesaggi, luoghi e situazioni tipiche di questo paese,
quella raffigurata in una sorta di nuovo realismo da Edward
Hopper (Nyack 22/VII/1882 – New York 15/V/1967) nei
suoi famosissimi dipinti. Nelle sue desolate visioni notturne,
dall’atmosfera “sospesa” quasi fossero dei fotogrammi di film,
il caffè è spesso presente: in “Automat” (1927, Des Moines
(Iowa), Des Moines Art Center) la ragazza ha lo sguardo perso
fra i suoi pensieri e una tazza di caffè fumante, mentre nel più
tardo dipinto “I nottambuli” (1942, Chicago, The Art Museum)
ambientato in un semideserto diner notturno, personaggi malinconici affogano la propria solitudine davanti all’immancabile
tazza di caffè lungo americano.
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01/2012
Brambati S.p.A.,
la lavorazione del caffé
“chiavi in mano”
di Marco Pederzoli
Dal 1945, Brambati S.p.A. è leader nella produzione di
impianti di lavorazione per l’industria alimentare. Nel settore
del caffé, in particolare, l’azienda studia, progetta e realizza
impianti completi per la lavorazione della materia prima,
partendo dal ricevimento del verde sino all’alimentazione
delle confezionatrici, attraverso le fasi di pulitura, stoccaggio,
pesatura, miscelatura, tostatura, trasporto (con il tradizionale
trasporto meccanico o con il trasporto lento di nuova generazione), macinazione e degasaggio.
Le tostatrici Brambati hanno diverse dimensioni, dalla 5 - 7,5
Kg/batch (20Kg/h.) alla 360 Kg/batch (1440Kg/h.) e possono
essere di tipo tradizionale o di concezione altamente automatizzata, permettendo una completa flessibilità del controllo
del processo di tostatura del caffé e adattando le caratteristiche della tostatura alle differenti esigenze del cliente. Per
ogni tostatrice, l’azienda è inoltre in grado di fornire anche
l’apposito bruciafumi, mod. ECO, per il controllo delle emissioni in atmosfera, nonché il catalizzatore.
Anche i mulini Brambati possono essere di diverse dimensioni e tipo, da quello tradizionale con una produzione da
100Kg/h. a 2500Kg/h. per caffé Espresso, Moka e Filtro, fino
al tipo speciale con una produzione da 450Kg/h. a 700Kg/h.
per il caffé Turco e Greco. L’azienda fornisce anche quadri di
comando, hardware e software; tutti i sistemi possono essere
infatti completamente computerizzati e automatici.
Brambati S.p.A. ha sede a Codevilla, in provincia di Pavia,
e oltre che nel settore del caffé è attiva nell’impiantistica
per l’industria alimentare in genere, da industrie dolciarie a
biscottifici, da panifici a pastifici ad aziende di baby-food.
Anche per tali comparti Brambati è in grado di fornire
impianti “chiavi in mano”, fino all’alimentazione di eventuali impastatrici o altri punti di utilizzo, attraverso le fasi di
stoccaggio, pesatura, pulitura, trasporto, dosaggio di materie
prime sia in polvere (farina, zucchero, etc.) sia liquide (acqua,
olio etc.).
Oggi il Gruppo Brambati è una realtà dinamica e innovativa,
con oltre 90 dipendenti, che esporta le sue soluzioni tecnologiche in tutto il mondo.
Caffé Moak è attualmente l’unica azienda nel Sud Italia
ad avvalersi di un impianto di ultima generazione della
Brambati, che contribuisce a garantire l’ottima qualità del
risultato finale.
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the sign moak
Caffè e salute.
Le apnee del neonato prematuro:
la terapia con caffeina
di Sara Di Pietro
Dott. Francesco Spata
Pediatra e Neonatologo
Per molti decenni l’uso del caffè, e il suo componente principale, la caffeina, sono stati avvolti
da un’aurea di miti ed affermazioni distorte che la letteratura medica più recente ha decisamente
sconfessato, grazie a ricerche approfondite. E’ per questo che The Sign Moak vuole far conoscere ai
suoi lettori, per voce di medici specialisti, gli effetti benefici del caffè, a cui dedica la nuova rubrica
“Caffè e Salute”,
In questo secondo numero parleremo della “terapia con caffeina” nei bambini prematuri. Forse non
tutti sanno che, tra i 10 farmaci più utilizzati in neonatologia, la caffeina è tra i più sicuri, efficaci
e con il miglior rapporto costo/beneficio. La prima dimostrazione di efficacia e sicurezza risale a
trent’anni fa e oggi è considerata come terapia di prima scelta nel trattamento delle apnee del neonato prematuro.
Abbiamo intervistato il Dott. Francesco Spata, pediatra e neonatologo in servizio presso il reparto di
Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Maria Paternò Arezzo” di Ragusa.
A molti bambini nati prematuri, nei primi giorni di vita, viene somministrata la caffeina. In quali
casi viene effettuata la terapia?
La terapia con caffeina, che appartiene alla categoria delle metilxantine, viene prescritta nei casi
di “apnea della prematurità”, una patologia molto comune e ricorrente, che si riscontra nel 25%
dei bambini nati prima di 37 settimane e in oltre l’80% di quelli nati con peso inferiore a 1 kg. Si
definisce apnea “un’interruzione del respiro che dura almeno 20 secondi”, può essere associata e
complicata da un rallentamento del battito cardiaco ed dalla diminuzione della quantità di ossigeno
del sangue.
Come e per quanto tempo avviene il dosaggio?
La caffeina, sotto forma di farmaco, viene somministrata ai neonati per via endovenosa o per via
orale, solitamente attraverso un sondino utilizzato anche per l’alimentazione. La prima dose, chiamata di attacco, è di 20 mg per kg di peso, si prosegue poi con un dosaggio di mantenimento di 5 mg
per kg. La terapia viene effettuata quotidianamente e in assoluta sicurezza, per periodi molto lunghi,
sopratutto nei piccoli di peso molto basso alla nascita (la durata media è di 37 giorni). L’assoluta
sicurezza del farmaco è ulteriormente suffragata da lavori scientifici che utilizzano dosaggi 4 volte
superiori, senza un significativo riscontro di effetti collaterali.
Quali sono i benefici per i neonati?
La caffeina ha ormai sostituito la teofillina, perchè meglio tollerata e con un maggiore indice terapeutico. La sua azione avviene a livello cerebrale, direttamente sul centro del respiro, e sul polmone,
migliorando il funzionamento dei muscoli respiratori. Inoltre la caffeina viene con successo utilizzata ogni volta che c’è la necessità di interrompere la dipendenza che hanno alcuni neonati prematuri
dalla ventilazione meccanica. L’intubazione della trachea e l’azione di un respiratore meccanico, se
da una parte consentono la sopravvivenza di questi piccoli pazienti, dall’altra sottopongono ad un
trauma continuo il delicato polmone del neonato prematuro, peggiorandone la prognosi e le possibilità di sopravvivenza.
Diversi studi hanno dimostrato che la caffeina può influire sulle capacità intellettive dell’individuo. Nei casi di prematurità, il dosaggio può influire sull’attività cerebrale?
Un recente studio multicentrico ha dimostrato che la caffeina riduce l’incidenza di broncodisplasia, una pericolosa patologia polmonare che colpisce i prematuri più piccoli, con peso sotto 1,5 kg,
migliorando la percentuale di sopravvivenza a 18 – 21 mesi, senza disabilità neuromotoria (paralisi
cerebrale e ritardi cognitivi).
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01/2012
Dolci seduzioni,
caffè e pasticcini
“The only way to get rid of temptation is to yield to it”
(Cedere a una tentazione è l’unico modo per liberarsene)
O. Wilde, “The picture of Dorian Gray”
di Marco Pederzoli
Cosa c’è di meglio di un piacere? Un doppio piacere, naturalmente. Per moltiplicare le eccellenti sensazioni gustative che
si provano al momento di una tazzina di caffé Moak, non c’è
nulla di meglio che cedere alla tentazione anche di una “dolce
seduzione”. In queste pagine si propongono cinque diverse
idee, tutte da provare per se stessi e per i propri cari.
Amarettini
Ingredienti per circa 90 pezzi: 50 grammi di mandorle pelate finemente tritate, 200 grammi di zucchero, mezza fialetta
di aroma di mandorle amare, 4 chiare d’uovo. Preparazione:
mescolare le mandorle tritate con circa ¾ dello zucchero e
unirvi l’aroma di mandorle amare.
Montare quindi “a neve” le chiare d’uovo e unirvi poco alla
volta lo zucchero rimanente. Unire alle chiare d’uovo montate
a neve dapprima 1/3 del composto di mandorle e zucchero,
poi un altro terzo e infine tutto il resto. Versare l’impasto in
una tasca da pasticcere con la bocchetta liscia e formare dei
mucchietti grandi come una noce sulla teglia rivestita di carta
da forno. Infornare per 35 – 45 minuti a 140° fino a ottenere la
giusta doratura.
Cantuccini
Ingredienti per circa 40 pezzi: 200 grammi di mandorle, 500
grammi di farina, 1 cucchiaino di lievito, mezzo cucchiaio di
sale, 90 grammi di burro, 2 uova, 70 millilitri di caffé espresso Moak, 40 millilitri di liquore al caffé. Per spolverizzare:
cannella oppure zucchero e cannella mescolati. Preparazione:
tostare le mandorle per circa 10 minuti nel forno pre-riscaldato
a 180° e poi tritarle finemente nel mixer. Mescolare le mandorle con la farina, il lievito e il sale, unirvi il burro, lo zucchero e
le uova, il liquore al caffé e il caffé espresso Moak leggermente raffreddato.
Lavorare l’impasto fino a renderlo liscio. Formare tre rotoli
della larghezza di circa 3 centimetri e della lunghezza di circa
25 centimetri. Sistemarli su una teglia e spolverizzarli con la
cannella. Impostare la funzione del forno “Thermovent” a 180°
e infornare, lasciando in cottura per circa 25 minuti. Estrarre
quindi la teglia dal forno e tagliare i rotoli obliquamente a fette
con un coltello seghettato. Distribuire le fette su due teglie e
infornare nuovamente per altri 15 minuti.
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the sign moak
Talleri croccanti
Ingredienti per circa 90 pezzi: 100 millilitri di panna, 10
grammi di burro, 100 grammi di zucchero di canna, mezzo
cucchiaio di farina, 80 grammi di semi di sesamo, 80 grammi
di semi di zucca tritati grossolanamente, 80 grammi di semi
di girasole tritati grossolanamente, una fialetta di aroma alla
vaniglia.
Preparazione: Arrostire i semi di sesamo in una padella antiaderente senza aggiunta di grassi. Unire panna, zucchero, burro
e farina in un recipiente e portare a ebollizione, mescolando
ripetutamente.
Aggiungervi il sesamo, i semi di zucca e di girasole, l’aroma
alla vaniglia e continuare a mescolare. Con l’ausilio di due
cucchiaini formare piccoli mucchietti di composto su una
teglia rivestita di carta da forno. Infornare a 180° per circa 12
– 15 minuti, fino a ottenere la giusta doratura.
Biscotti alla vaniglia
Ingredienti per circa 90 pezzi: 220 grammi di burro, 80
grammi di zucchero a velo, 5 bustine di zucchero vanigliato, 70 grammi di nocciole tritate, 280 grammi di farina.
Preparazione: lavorare a crema il burro, lo zucchero a velo e
lo zucchero vanigliato.
Unirvi metà della farina e mescolare; aggiungere poi l’altra
metà della farina e le nocciole tritate. Formare dei rotoli di
circa 3 centimetri di larghezza, quindi farli raffreddare in freezer e tagliarli a fette di circa 0,5 centimetri.
Disporre le fette su due teglie e infornare a 180° gradi per
circa 15 minuti, finché i biscotti siano ben dorati.
Brezel alla vaniglia
Ingredienti per circa 40 pezzi: 300 grammi di farina, 100
grammi di zucchero, una bustina di zucchero vanigliato, 1
presa di sale, 1 cucchiaio di succo di limone, 150 grammi di
burro, 1 chiaro d’uovo. Per spolverizzare: zucchero a velo.
Preparazione: lavorare la farina con lo zucchero, lo zucchero
vanigliato, il sale, il succo di limone, il burro a pezzetti e la
chiara d’uovo fino a rendere l’impasto liscio.
Far riposare l’impasto per circa 30 minuti in frigorifero.
Stendere poi l’impasto dello spessore di circa 1 centimetro su
una superficie infarinata; formale i Brezel con l’apposita formina oppure con quadrati, stelle o rombi.
Sistemare i biscotti sulle teglie e infornare a 170 – 190° per
circa un quarto d’ora, fino a ottenere la giusta doratura. Al
termine della cottura, rotolare i biscotti nello zucchero vanigliato.
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01/2012
Design Industriale
Il caffè incontra l’arte visiva
di Sara Di Pietro
Anche per il 2012 Caffè Moak ha avviato importanti iniziative
che vedono il coinvolgimento di artisti emergenti, ma anche di
progettisti affermati nel mondo del design industriale.
La partnership con Aiap (Associazione italiana progettazione
per la comunicazione visiva), che si rinnova per il secondo
anno, dimostra come si possano sviluppare sinergie tra il
mondo imprenditoriale e realtà associative, entrambe attente a
diffondere valori culturali.
Ad inaugurare l’attività del 2012 è il progetto “Insieme per un
packaging sostenibile”. Protagonisti trenta studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, chiamati a disegnare un
packaging che potesse vivere oltre la sua primaria funzione
di proteggere il contenuto (sei tazzine con piattini e una latta
di caffè). Contenitori dalle forme inusuali, con una particolare
cura nella scelta dei materiali e una spiccata originalità nel
trasformarli in oggetti da riutilizzare.
Gli elaborati sono stati presentati lo scorso 23 Marzo, durante
il convegno allestito nella sala conferenze di Palazzo Fernan-
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dez a Palermo, sotto la supervisione di Cinzia Ferrara, docente
del corso di Packaging e vicepresidente nazionale Aiap.
“Insieme per un packaging sostenibile – spiega Cinzia Ferrara
– ha una seconda vita. Caffè Moak, dovrà scegliere, tra tutti, e
secondo criteri di innovazione e fattibilità, il progetto migliore.
Uno di loro vedrà poi la trasformazione del proprio elaborato, dalla dimensione impalpabile dell’idea a quella materica
dell’artefatto”. La prima giornata di “Insieme per un packaging sostenibile” Caffe Moak l’aveva dedicata, lo scorso
dicembre, al workshop, aprendo le porte della nuova sede agli
studenti del corso di Packaging e consentendo loro di assimilare non solo un grande bagaglio di conoscenze ma anche
un complesso sistema di storie, immagini e odori che hanno
accompagnato la storia di Moak. Un’esperienza che oltrepassa i confini della didattica e che ha dato loro l’opportunità di
confrontarsi con la realtà produttiva e la possibilità, per uno di
loro, di vedere realizzato un progetto.
Dalla sinergia tra Moak e Aiap nasce anche il progetto
“Sugar(not)free”, il concorso di progettazione per una piccola
serie composta da sei bustine di zucchero bianco e da una di
the sign moak
zucchero di canna. L’iniziativa, ancora una volta, farà emergere
il confronto tra la qualità del prodotto Moak e la capacità progettuale dei soci Aiap. I designer dovranno progettare un sistema
di segni o di un “alfabeto visivo” da riportare sulle bustine da
zucchero, che possano evocare il mondo Moak e l’eccellenza
dei suoi prodotti. Tre i vincitori selezionati, ma solo uno vedrà il
proprio progettorealizzato e distribuito da Caffè Moak, con una
tiratura annua di circa diciotto milioni di bustine.
Moak, inoltre, prenderà parte alle più importanti iniziative che
Aiap ha in programma per il 2012, a partire dal premio biennale
“Design Woman Award”, rivolto alle designer della comunicazione visiva. Una mostra, allestita alla Triennale di Milano, sarà,
invece, dedicata alla celebrazione dei “grandi maestri” che hanno
segnato la storia del design grafico. Aiap sarà, inoltre, presente
alla quarta edizione de La Settimana Internazionale della Grafica,
dal 25 al 29 settembre, nelle città di Venezia e Treviso. Il tema di
quest’anno è “Arte, design, nuove tecnologie”.
Nei prossimi numeri di The Sign Moak vi faremo conoscere i vincitori di “Insieme per un packaging sostenibile” e di
“Sugar(not)free”.
Maggiori informazioni su www.caffemoak.com e su www.aiap.it
A pag. 30: "Settimana Internazionale della Grafica”
Cagliari, Settembre 2011"
In questa pagina in alto: "estratto del Concorso Sugar(not)free"
Qui sotto: locandina del Convegno "Insieme per un packaging
sostenibile”, Palermo, Marzo 2012"
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01/2012
Sicilia rosa:
Teresa Mannino
di Marco Pederzoli
Se dovesse raccontare i suoi primi quarant’anni, Teresa
Mannino da Palermo avrebbe soltanto l’imbarazzo della scelta
per il punto da cui iniziare. Divenuta sempre più popolare e
conosciuta al grande pubblico negli ultimi anni, la sua carriera
parte infatti da lontano ed è stata costruita con costanza e passione nel tempo.
The Sign Moak, con questa pagina, intende rendere un piccolo
omaggio a una donna che ha saputo farsi da sé, conquistando
il cuore e la simpatia di tanti italiani.
Nata nel capoluogo siciliano il 23 novembre 1970, è laureata
in filosofia. Da sempre attratta dal mondo della recitazione e
dello spettacolo, è oggi comica, cabarettista, attrice e conduttrice televisiva, con alle spalle già diverse esperienze di notevole successo. Solo per ricordare alcune tappe importanti della
carriera di Teresa, si possono citare le sue brillanti interpretazioni in diversi film italiani che hanno riempito recentemente
le sale cinematografiche: “Amore, bugie e calcetto” (regia di
Luca Lucini, 2007), “La fidanzata di papà” (regia di Enrico
Oldoini, 2008), “Meno male che ci sei”, (regia di Luis Prieto,
2009), “A Natale mi sposo” (regia di Paolo Costella, 2010),
“Ex - Amici come prima!” (regia di Carlo Vanzina, 2011) e il
nuovissimo “Buona giornata”, uscito proprio quest’anno sempre per la regia di Carlo Vanzina.
Tuttavia, questo è solo un aspetto di una personalità assai
eclettica ed intrigante, che spazia dal comico (per tre edizioni
ha condotto Zelig Off), alla radio, alla tv, alla pubblicità e,
presto, anche all’editoria.
Pure la filosofia continua ad avere un ruolo importante nella
sua vita, tanto che nel sito internet ufficiale, www.teresamannino.it, si definisce “una ricercatrice del vero e del pensiero
comico puro”.
Già, il comico. La sua “vis comica” è puro istinto, come ha
riconosciuto lei stessa in un’intervista a “Repubblica”, dove
dichiara tra l’altro: “La risata è come quando ti innamori: non
sai bene che cosa la fa scattare”.
Tanti sono già i riconoscimenti che ha ricevuto sulla stampa
italiana, ma Teresa comunque ha grandi progetti.
Tra il serio e il faceto (la splendida dimensione che solo
l’ironia può dare...), sempre sul suo sito ufficiale dichiara di
sognare Hollywood.
La grinta, la simpatia e le capacità, in effetti, le avrebbe tutte.
In bocca al lupo Teresa!
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the sign moak
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Continua la storia
del chicco Moak
di Corrado Barone
Nel primo numero di The Sign Moak abbiamo lasciato il
chicco, dopo un lungo viaggio e una serie di esami, all’interno dei silos di stoccaggio. Qui la nostra materia prima
trascorre il tempo, in genere pochissimi giorni, che lo
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separano dalla tostatura. Ma prima di raggiungere questo
traguardo, il chicco deve superare un’ultima prova, quella
della tavola densimetrica, uno strumento che separa i chicchi di diverso peso specifico. Si tratta dell’ultima selezione che garantisce l’omogeneità del caffè, prima di essere
lavorato. Superata quest’ultima prova il chicco è pronto per
ricevere il trattamento che lo renderà adatto a diventare la
bevanda che tutti conosciamo: la tostatura.
Dalla tavola densimetrica, quindi, il chicco, attraverso un
sistema di trasporto pneumatico, viene trasferito all’interno
della tostatrice, dove avverrà la torrefazione ad una temperatura e per una durata che rispetti le qualità e le caratteristiche della specie di caffè a cui appartiene il chicco.
La torrefazione, come è facile immaginare, è il momento
più importante del processo di lavorazione del caffè. Ed è
proprio per questo che la nostra azienda presta particolare
attenzione ai sistemi di controllo e selezione, affinché la
the sign moak
materia prima che viene utilizzata sia di alta qualità e che i
chicchi utilizzati siano stati trattati e curati nel migliore dei
modi.
Terminata la tostatura, il caffè è pronto per essere immagazzinato in speciali sili di degassazione, dove un sistema
di aerazione e di valvole permette ai gas generati durante la
tostatura, di cui i chicchi sono saturi, di evaporare.
Il chicco rimane così integro per gusto e aroma.
Siamo apparentemente alla fine del viaggio del nostro chicco ma, in effetti, non è dato sapere quanti chilometri dovrà
ancora percorrere prima di diventare un magnifico caffè in
tazza. Tenuto conto della presenza di Moak in tutti e cinque
i continenti, l’ultima parte del suo viaggio, quella cioè che
lo porterà fino al consumatore finale, può essere ben più
lunga di quanto non sia stata la tratta che dall’origine l’ha
condotta fino a noi.
E è proprio per consentire alle nostre miscele di giungere in
tutto il mondo, conservando integri l’aroma e il gusto che,
esaurito il trattamento di degassazione, il caffè viene confezionato in atmosfera protettiva, seguendo i più moderni
sistemi.
Un’ulteriore attenzione che garantisce ai nostri clienti tutta
la migliore qualità Moak.
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01/2012
C.I.M.E.,
le soluzioni migliori
per le macchine da caffé
di Marco Pederzoli
C.I.M.E. S.r.l., acronimo di Costruzione Italia Macchine
Espresso, nasce a Milano all’inizio degli Anni Duemila e, in
breve, diventa azienda leader nella produzione di macchine
da caffé per il settore dell’horeca. Presente oggi sia sul mercato italiano sia all’estero, C.I.M.E. si contraddistingue per
offrire ai propri clienti un servizio estremamente flessibile
e calibrato, con soluzioni ad hoc per ogni tipo di esigenza.
Partendo dalla celebre considerazione che per realizzare
un buon caffé occorre attenersi alla cosiddetta regola delle
“5 M” (Miscela, Macinatura, Macchina da caffé, Mano,
Manutenzione), C.I.M.E. mette a disposizione le migliori
macchine da caffé che può richiedere un’utenza professionale. Gli elementi distintivi che in poco tempo hanno portato
l’azienda a divenire leader di mercato partono già dal telaio
di ogni modello, realizzato con materie prime dalla qualità
eccellente e progettato con un design semplice e immediato,
nell’ottica di facilitare sia l’utilizzo sia gli interventi tecnici
di manutenzione. All’interno, i componenti sono calibrati per
garantire uno scambio termico equilibrato tra lo scambiatore di calore e il gruppo, nell’ottica di assicurare un risultato
eccellente per ogni tazzina di caffé servita. Proprio il mantenimento dell’acqua a una temperatura costante è infatti uno dei
segreti per ottenere ottimi risultati quando si prepara un caffé.
Altra peculiarità che contraddistingue C.I.M.E., diretta conseguenza della qualità dei materiali impiegati, è l’allungamento
dei tempi di manutenzione. E’ noto, infatti, che il calcio e il
magnesio naturalmente contenuti nell’acqua, impongono a
tutte le macchine da caffé professionali periodici interventi
manutentivi. La funzionalità e la qualità con cui sono progettate e realizzate le macchine da caffé espresso C.I.M.E.,
permettono sia una dilazione nella tempistica di questo tipo di
operazioni, sia una maggiore semplicità nell’esecuzione.
Nell’ambito dei modelli proposti, il top di gamma “Ellipse” è
disponibile nelle versioni a due o tre gruppi e si caratterizza
per una grande facilità di utilizzo oltre che per una garanzia assoluta di un risultato eccellente. Se è vero che il caffé
migliore si gusta sempre al bar, un merito importante in questa affermazione è di C.I.M.E., un’azienda dove la macchina
da caffé viene realizzata e assemblata dal primo all’ultimo
pezzo, partendo dalla progettazione e arrivando al risultato finito. Quando si tratta di garantire qualità per il settore
dell’horeca, la strada giusta è una soltanto: C.I.M.E.
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the sign moak
Delicatessen Moak
i tartufi al caffè
di Dino Della Casa
Il caffé non è solo una bevanda. E’ piacere e qualità di vivere. Se per ritagliarsi un momento di pace e di serenità l’idea
migliore è sempre quella di gustarsi una buona tazzina di
caffé Moak, per intensificare quel piacere cosa c’è di meglio
di accompagnarlo a “delicatessen”? Piccole variazioni sul
“tema caffé” che aumentano la potenzialità e intensificano il
piacere di questa magia. Come i “Tartufi al caffé Moak”.
Confezionati in piccole bomboniere, sono un delicato pensiero
da offrire ed offrirsi. Un finale di pranzo o cena delizioso e
irresistibile. La ricetta che segue è un semplice e facile suggerimento per rendere il momento del caffé Moak due volte più
gustoso. Come tazzina e come “delicatessen”.
Ingredienti per 40 tartufi:
100 g. di caffé espresso Moak
125 ml di panna
150 g. di glassa al cioccolato
150 g. di cioccolato amaro
50 g. di burro
2-3 cucchiaini di rum
40 pirottini di carta per cioccolatini
Preparazione:
- versare il caffé e la panna in un pentolino per portarli ad
ebollizione;
- aggiungere la glassa e il cioccolato sminuzzati e il burro,
quindi fondere il tutto;
- aggiungere il rum;
- mettere il composto in frigo per 2 ore, poi lavorarlo a crema
per 3 minuti;
- versare il composto in una tasca da pasticciere e formare
delle rosette nei pirottini;
- conservare in frigo sino al momento del consumo.
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01/2012
Valentino Rossi
Rosso fuoco:
la Ducati
di Marco Pederzoli
Quando si parla di moto, c’è un nome che rimane sospeso tra
storia e mito, verità e leggenda. Un nome che suscita un brivido lungo la schiena, perché davanti a due ruote come queste,
è d’obbligo provare emozioni. Naturalmente, il soggetto in
questione è Ducati, un’azienda e un marchio che in MotoGP
sono stati associati a immensi campioni come Casey Stoner e
Casey Stoner
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Valentino Rossi, e che fuori dalle piste continuano a fare incetta
di premi. L’ultima notizia è che i lettori della prestigiosa rivista tedesca “Motorrad”, la quale con le sue 110.000 copie è la
rivista motociclistica più diffusa in Europa, hanno decretato il
trionfo di tre modelli della casa bolognese, come i “più belli”
delle rispettive categorie. “Ben 39.084 schede – spiegano dalla
Ducati - sono pervenute alla redazione per questa 14° edizione
della “Motorrad des Jahres 2012” (circa 11.000 in più rispetto allo scorso anno). Ancora una volta, Ducati ha giocato un
ruolo da indiscussa protagonista, monopolizzando la scena e
raccogliendo premi ed attestati che confermano il successo
che i nuovi modelli “made in Borgo Panigale” continuano a
riscuotere in Germania così come in tutto il mondo. Ducati ha
trionfato in ben tre delle otto categorie in cui sono state divise
le moto, risultando in assoluto la casa motociclistica che ha
raccolto più primi posti. La nuovissima e rivoluzionaria 1199
Panigale ha vinto la categoria “Moto Sportive” conquistando
ben il 41,2 % delle preferenze. Il Diavel Cromo ha ottenuto
un’altra importante affermazione, vincendo la categoria “Naked
Bikes”. La Multistrada 1200 S Touring ha vinto tra le “allrounder” moto stradali. “La Ducati si merita questo trionfo in
tutti sensi”, ha commentato Michael Pfeiffer, direttore della
rivista Motorrad. “Questa casa motociclistica italiana sta spingendo forte, mettendo sul mercato moto innovative ed interessanti. Dopo aver ripetuto il successo conquistato già lo scorso
anno con la Multistrada 1200, per il 2012 si sono aggiunti due
primi posti in altrettante prestigiose categorie: il Diavel Cromo
the sign moak
e la nuova supersportiva 1199 Panigale, vittorie ottenute con
risultati e percentuali veramente importanti. Bravi!”. Quali sono
le peculiarità delle tre moto vincitrici? Eccone alcune. La 1199
Panigale appartiene alla categoria delle Superbike. Ingegneri
e progettisti che hanno lavorato alla sua realizzazione hanno
avuto carta bianca per creare una moto capace di offrire le
più elevate prestazioni di sempre. Battezzata “Panigale”, questa nuova moto infrange la tradizione delle Superbike Ducati
affiancando alla cilindrata il nome del quartiere bolognese sede
storica dell’azienda: Borgo Panigale. Il suo motore, bicilindrico, è stato ribattezzato “Superquadro” e definito dall’azienda
“il più potente del pianeta”, con i suoi 195 CV e una coppia di
13.5 kgm. “Il motore – prosegue l’azienda - è stato costruito in
maniera tale da consentire una drastica riduzione del peso complessivo del veicolo. Ducati, sempre alla ricerca della perfezione prestazionale, è inoltre riuscita ad allungare gli intervalli di
manutenzione portandoli a 24.000 km”.
Multistrada 1200, appartenente alla categoria omonima, porta
in dote un bagaglio elettronico di tutto rispetto. Di serie su
entrambe le versioni 3 diverse mappe motore ed 8 livelli di
“sensibilità” del controllo di trazione DTC. Il propulsore è,
come da tradizione Ducati, un bicilindrico ad L con distribuzione desmodromica. Deriva dalla famiglia Testastretta 1200, ma
presenta una differente geometria delle valvole che regala maggior elasticità nell’utilizzo turistico cui è destinato.
Ultima ma non certo per importanza, viene poi “Diavel Cromo”,
dove Diavel significa “diavolo” in dialetto romagnolo, ma riman-
Ducati Diavel
Ducati 1199 Panigale
da anche a un’espressione comune per caratterizzare un soggetto
che fatica a trovare requie. E in effetti, Diavel Cromo è l’essenza
della dinamicità. Così la descrive l’azienda: “La brillantezza specchiata del serbatoio cromato, che contrasta in modo deciso ed elegante con il nero lucido, trasforma il Diavel in un oggetto di culto.
La sella realizzata con cannettature orizzontali e i loghi Ducati dal
sapore retrò completano questa interpretazione vintage dello stile
Diavel. Il cuore del Diavel è il propulsore Ducati Testastretta 11°,
sviluppo diretto dei potentissimi motori Ducati Corse campioni
sulle piste di tutto il mondo. Il Testastretta 11° sfrutta la straordinaria potenza del motore Superbike rendendola docile e fruibile:
un significativo passo avanti in termini di performance, elasticità
e piacere di guida”.
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Fly UP