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PROGETTO DI RICERCA
Scuola di dottorato
“Riccardo Francovich”: Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi
Sezione Storia Medievale
(XXV ciclo, Anno Accademico 2009-2010)
I carnaioli senesi:
profili economici, politici, sociali di una ‘categoria’ turbolenta
(XIII –XIV secolo)
di
Valentina Costantini
1. Il tema
Nella sua raccolta di “discorsi” sui mestieri e le professioni, l’erudito Tommaso Garzoni
tracciava, nella seconda metà del XVI secolo, un ritratto piuttosto fosco dei macellai, a partire da
una considerazione in cui si mescolavano atavici pregiudizi e condanne teologiche. L’origine
dell’Arte viene fatta risalire a «quei primi che cominciarono a sacrificare le vittime a Dio, come da
Cain figliuolo d’Adamo, il qual offreriva per sacrificio al Signore le più ammorbate pecore
ch’avesse nel suo gregge, onde non può dirsi altro di lui se non che fosse un pessimo e maledetto
beccaro». Da quelle prime ‘esperienze’, i macellai si erano fatti così esperti nel commercio degli
animali da «sapergli pesare con l’occhio» - “ad vistam”, ci dicono le fonti medievali. Con «buoni
cossetti di manzo» e «buone trippe di vitello» riuscivano a «farsi degli amici» anche potenti, e le
reti di conoscenze erano così ben articolate che il macellaio finiva per esser «lodato infinitamente
per galant’uomo», riuscendo spesso ad evitare i controlli degli ufficiali pubblici. Così, visto che
spesso, al momento di pesare le carni, era facile che egli aggiungesse non visto una buona «gionta
d’osso», i clienti se ne andavano via frodati almeno di «due o tre once» di carne. Peggio ancora,
poteva capitare di acquistare carne di «qualche boazzo vecchio […] o di qualche vaccaccia c’ha
mangiato qualch’erba velenosa», invece che di tenero vitello. «Malizioso più che la volpe», il
macellaio tendeva ad associarsi con altri ‘colleghi’ per appaltare la riscossione del «dacio della
carne», così da estorcere qualche soldo in più del dovuto anche sulla compra-vendite del bestiame.
Infine, l’erudito ricordava come i macellai fossero da sempre pratici nell’ ‘affamare’ le città,
rallentando o bloccando le macellazioni, in modo che i prezzi lievitassero per l’offerta ridotta. Le
proteste dei cittadini servivano a poco perché i macellai negavano puntualmente ogni responsabilità
e giuravano che presto la situazione sarebbe tornata alla normalità, ma - concludeva tagliente il
Garzoni – «le promesse de’ beccari sono come le vessiche de’ loro animali piene di vento»1.
Infarcito di pregiudizi e luoghi comuni, il “discorso” del Garzoni trova però un sostegno
nelle considerazioni di Jacques Le Goff sulle radici socio-culturali dell’animosità politica di questi
uomini ‘della carne’. Il loro contatto – fattivo o meno - col sangue e con l’atto violento dello
squartamento degli animali risvegliava quel senso di disagio, di repulsione e di condanna che bene
esprime il brano del Garzoni. Alla base della frequente presenza dei macellai nelle sommosse
cittadine fra XIV e XV secolo starebbe dunque un senso di frustrazione, di rivalsa per quella
«barriera del disprezzo» che neanche la «notevole ricchezza», di cui alcuni di loro godettero, riuscì
1
T. GARZONI, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, voll. 2, Torino, Einaudi, 1996, “Discorso XVI. De’
beccari o macellari”, pp. 273-275. L’ultima parte della citazione si riferisce allo stratagemma di gonfiare, letteralmente,
le carni esposte, inserendo aria attraverso la vena femorale, in modo da farle apparire più floride. Cfr., A.M. NADA
PATRONE, Il cibo del ricco ed il cibo del povero. Contributo alla storia quotidiana dell’alimentazione. L’area
pedemenotana negli ultimi secoli del Medio Evo, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1989, p. 258.
2
ad abbattere. E’ per questo che, secondo Le Goff, i macellai delle città medievali fomentarono
spesso insurrezioni, rivolte e congiure con «il loro denaro e […] il loro rancore»2.
D’altronde, è su questi binari – ricchezza, ma scarso prestigio sociale e conseguente indole
‘turbolenta’ – che si inscrivono i risultati delle ricerche finora condotte sui macellai medievali3. Il
tema sembra aver trovato nuovi stimoli negli ultimi anni, grazie anche alla ripresa del dibattito sul
ruolo delle Arti medievali nell’economia e nella politica4. In particolare, gli studi sui macellai hanno
permesso di cogliere aspetti fondamentali delle dinamiche interne alla società cittadina.
La carne, alimento fondamentale nella dieta e nella dialettica culturale dei simboli e delle
gerarchie sociali5, era uno dei cardini delle politiche annonarie in tutte le città medievali e grande
attenzione era riservata al suo commercio: dal mercato all’ingrosso del bestiame – per garantire un
adeguato rifornimento a tutti i rivenditori al dettaglio - alla vendita delle carni nelle botteghe e nei
banchi cittadini, dove numerose pare fossero le scorrettezze dei macellai, almeno a giudicare dalla
ridondanza normativa in materia di freschezza, qualità e peso delle carni vendute6.
2
Cfr., J. LE G OFF, Mestieri leciti e illeciti nell’Occidente medievale, in ID., Tempo della Chiesa e tempo del mercante. E
altri saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Torino, Einaudi, 1977, pp. 53-71, in particolare p. 70.
3
Per una prima sintesi, M. BERENGO, L’Europa delle città. Il volto della società urbana tra Medioevo ed Età Moderna,
Torino, Einaudi, 1999, in particolare pp. 406-414, 493-502.
4
La storiografia sulle Arti medievali è fra le più vaste e dispersive. Dopo la forte accelerazione negli anni Trenta del
secolo scorso, in pieno clima di ‘corporativismo di Stato’ e a lungo tormentata dalla questione delle origini e della
continuità/discontinuità rispetto all’organizzazione d’epoca romana, il tema perse molto del suo interesse. Ad
alimentarlo, fino alle ripresa negli anni Ottanta, furono i numerosi interventi di Antonio Ivan Pini, alcuni dei quali
raccolti in A.I. PINI, Città, comuni e corporazioni nel medioevo italiano, Bologna, Clueb, 1986. Sull’esempio delle
ricerche del Pini per Bologna, il tema delle Arti è stato ripreso dalla storiografia italiana con una maggiore attenzione
agli aspetti sociali, economici e politici e ai rapporti con le autorità cittadine, Tra economia e politica: le corporazini
nell’Europa medievale, Atti del XX Convegno Internazionale di Studi del centro italiano di studi di storia e d’arte
(Pistoia, 13-16 maggio 2005), Pistoia, presso la sede del Centro, 2007. Da segnalare anche l’attenzione ormai decennale
per le Arti umbre, grazie alla raccolta e all’edizione degli statuti corporativi promossa dell’Università di Perugia, cfr.,
Itinenarium. Università, corporazioni e mutualismo ottocentesco: fonti e percosi storici, Atti del Convegno di studi del
Centro Italiano di studi sull’alto medioevo (Gubbio, 12-14 gennaio 1990), a cura di Ernesto Menestò e Giancarlo
Pellegrini, Spoleto 1994, relativamente agli interventi di Rita Staccini, Clara Cutini, Costanza del Giudice e Patrizia
Castelli. Più spostato verso l’età moderna, Corporazioni, gremi e artigianato tra Sardegna, Spagna e Italia nel
Medioevo e nell’età moderna (XIV-XIX secolo), a cura di Antonello Mattone, Cagliari, AM&D Edizioni, 2000.
5
Anche in questo caso, i contributi sono davvero numerosi. Per una recente sintesi, segnalo la raccolta di saggi Storia
dell’alimentazione, a cura di Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari, Roma-Bari, Laterza, 2007, in particolare pp.
303-306, 325-335, , 336-347. Considerazioni sull’Italia padana in A.M. NADA PATRONE, Il cibo del ricco, cit., pp. 215373; su Prato in G. NIGRO, Gli uomini dell'irco. Indagine sui consumi di carne nel basso Medioevo. Prato alla fine del
'300, Firenze, Le Monnier, 1983, pp. 43-71; sull’area provenzale, con rimandi alla situazione generale francese in L.
STOUFF, Ravitaillement et alimentation en Provence aux XIVe et XVe siècles, Paris, École Pratique dea Hautes Études,
1970, pp. 111-216. Dedicato, invece, al ruolo delle carni suine nell’alimentazione medievale, con un ricco apparato
iconografico, Porci e porcari nel Medioevo. Paesaggio, economia, alimentazione, a cura di M. Baruzzi e M. Montanari,
Bologna, Istituo per i beni artistici, culturali e naturali della regione Emilia-Romagna, 1981. Immancabile il riferimento
al numero monografico Problemi di storia dell’alimentazione, «Archeologia Medievale», VIII (1981).
6
Gli esempi potrebbero essere davvero tanti, perché in ogni città le autorità cercarono di garantire ai consumatori carni
fresche, sane e a prezzi contenuti. Per ragioni di sintesi limito le segnalazioni, oltre ai riferimenti sui consumi carnei
citati alla nota precedente, per Firenze e i suoi beccai, A. DOREN, Le Arti fiorentine, 2 voll., Firenze. Le Monnier, 1940,
I, pp. 104-106 e II, pp. 89-119, 141-143; con particolare riferimento ai prezzi delle carni e ai cicli delle macellazioni,
Ch.M. de LA RONCIÈRE, Prix et salaires à Florence. 1280-1380, Collection de l’Ėcole française de Rome, 59, Roma,
1982, pp. 145-192. Per un’ampia casistica, che raccordi iniziative e forme di controllo sui macellai e sulla categoria dei
“vituallari” in genere (mestieri legati al settore annonario), nelle città italiane ed europee, cfr., M. BERENGO, L’Europa
delle città, cit., in particolare pp. 411-419. Una recente analisi su Modena in A.I. PINI, L’Arte dei Beccai in Modena
3
A complicare le politiche annonarie comunali, fu la tendenza che quasi ‘naturalmente’, in
ragione del loro mestiere, portò i macellai dotati di maggiori risorse ad investire nell’allevamento e
ad inserirsi nei circuiti del commercio del bestiame. I dati emersi dalle ricerche di Charles-Marie de
La Roncière e dal catasto fiorentino del 1427 hanno confermato questa tendenza e permesso di
tracciare una ‘mappatura’ dei percorsi delle mandrie7. Per la Maremma senese, il flusso
interregionale del bestiame è documentato dallo statuto della “Dogana dei Paschi” del 1419, la cui
edizione critica ha evidenziato la presenza di disposizioni risalenti al XIV secolo8.
A Firenze, pare sia stata proprio questa duplice fisionomia, a un tempo «mercantile» e
«commerciale» a determinare la forza politica dei beccai, la cui corporazione fu alla guida delle
sette Arti minori ammesse al governo della città tra il 1280 e il 12829. La stessa tendenza è stata
messa in evidenza per la Roma bassomedievale, dove i “macellari” furono ammessi al governo
della città solo dopo essersi uniti alla categoria dei “bovattieri” (letteralmente, conduttori di buoi), e
negli atti notarili preferirono presentarsi con la qualifica ‘meno sporca’ di “mercatores”10. Gli studi
del Pini su Bologna hanno prodotto l’interessante ‘biografia’ del beccaio Giacomo Casella che, a
cavallo tra XIII e XIV secolo, fu proprietario di immobili in città e poderi nel contado, investì
nell’allevamento e non sdegnò di darsi al credito: l’unica strada che non percorse, nonostante le
ricchezze accumulate glielo avrebbero permesso, fu quella della carriera politica, preclusagli dalla
pesante ‘eredità’ paterna, fuoruscito ghibellino nel 127411.
Proprio quello del peso politico dei macellai nelle città medievali è stato l’altro cardine della
ricerca negli ultimi decenni. A metà strada tra ‘potentato economico’ e ‘gruppo armato’, il caso dei
macellai bolognesi è certo quello che vanta finora il maggior grado di approfondimento12. Gli studi
di Gina Fasoli13 e di Antonio Ivan Pini14 hanno dato contributi fondamentali per valutare sia la
medievale: una corporazione sotto costante controllo pubblico, in Statuta Artis Bechariorum Civitatis Mutine
1337.Carni, salumi e beccai in età medievale, a cura di Valeria Braidi, Quaderni dell’archivio Storico, Collana diretta
da Aldo Borsari, XVII, Modena, 2003, pp. 54-73.
7
Ch.M. de LA RONCIÈRE, Firenze e le sue campagna nel Trecento. Mercanti, produzione, traffici, Firenze, Olscki, 2005
(ed. or. 1976); D. HERLIHY – C. K LAPISCH-ZUBER, I toscani e le loro famiglie. Uno studio sul catasto fiorentino del
1427, Bologna, il Mulino, 1988 (ed. or. 1978), in particolare pp. 298 e 380-387.
8
I. IMBERCIADORI, Il primo statuto della Dogana dei Paschi maremmani (1419), in ID. Per la storia della società
rurale: Amiata e Maremma tra il IX e il XX secolo, Parma, La Nazionale Tipografia, 1971, pp. 107-140.
9
G. CHERUBINI, L’arte dei beccai al tempo di Dante, in Della carne e del vino, Firenze Accademia della Fiorentina,
1992, pp. 5-12, p. 7; A. ZAGLI, Da beccai a macellai nella Firenze dei Medici, in “Maladetti Beccari”. Storia dei
macellai fiorentini dal Cinquecento al Duemila, Firenze, Polistampa, 2000, pp. 9-102, in particolare pp. 22-99.
10
I.L. SANFILIPPO, La Roma dei Romani. Arti, mestieri e professioni nella Roma del Trecento, Roma ISIME, 2001, pp.
95-122, in particolare p. 96.
11
A.I. PINI, Gli estimi cittadini di Bologna dal 1296 al 1329. Un esempio di utilizzazione: il patrimonio fondiario de
beccaio Giacomo Casella, «Studi Medievali», s. 3, XVIII (1977), pp. 111-159, in particolare, pp. 126-147.
12
Sin dalla monografia realizzata da Rossano Zezzos, che faceva parte di una serie – rimasta incompiuta – di ricerche
sulle Arti in età preindustriale, R. ZEZZOS, Storia dei macellari bolognesi, Roma, La Stampa Zootecnica, 1938. Sempre
dello stesso autore, altri due lavori sui macellai, ID., Storia dei macellari milanesi, Roma, La Stampa Zootecnica, 1938;
ID., Storia dei macellari romani, Roma, La Stampa Zootecnica, 1941.
13
G. FASOLI, Le compagnie delle armi a Bologna, «L’Archiginnasio», XXVIII (1933), pp. 158-183, 323-340; EAD., Le
compagnie delle arti a Bologna fino al principio del secolo XV, «L’Archiginnasio», XXX (1935), pp. 237-280; XXXI
4
posizione politica che il peso economico dei beccai bolognesi. Da lì, monografie e saggi hanno
focalizzato l’attenzione su quelli che si andavano chiaramente definendo come attori fondamentali
per l’approvvigionamento carneo e per le vicende politiche della città: i beccai bolognesi, che presto
riuscirono con la forza del numero e dei denari ad affrancarsi dal divieto associativo che gravava
sulla categoria dei “vituallari”15, furono letteralmente in prima linea nell’affermazione del governo
guelfo e popolare, di cui si fecero “braccio armato”16 appunto, intorno alla metà del Duecento, e poi
custodi e difensori17, fino a guadagnarsi la signoria della città alla fine del Trecento coi Bentivoglio,
ricca e potente famiglia di beccai-notai18. Specchio di questa estrema visibilità politica dei beccai
bolognesi – la cui Arte si definì ambiguamente “carnificum populi”19 – è la ricchezza della
documentazione conservata, ricchezza che ha certo contribuito all’avanzamento della ricerca.
Altri esempi della bellicosità dei macellai arrivano anche dall’Europa. A Parigi, nel 1413, i
bouchers entrarono nelle complesse trame della guerra dei cent’anni, mettendosi alla guida di una
rivolta e distinguendosi per atrocità e ferocia20. A Bruges, nel 1302, furono un tessitore, Pieter de
Coninc, e un macellaio, Jan Breydel, a guidare la ribellione della città fiamminga21. A Firenze, i
(1936), pp. 56-80; EAD., Storia delle storie di Bologna, «Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le
antiche province di Romagna», n. s., XVII-XIX (1965-1968), pp. 69-91.
14
A. I. PINI, I Libri matricularum Societatum Boniensum e il loro ordinamento archivistico, Archivio di Stato di
Bologna, «Quaderni della scuola di Paleografia e Archivistica», Bologna, 1967; ID., Problemi demografici bolognesi
del Duecento, «Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le antiche province di Romagna», n. s., XVII-XIX
(1965-1968), pp. 147-222; ID., Gli estimi cittadini di Bologna dal 1296 al 1329, cit.
15
A.I. PINI, Pesce, pescivendoli e mercanti di pesce in Bologna medievale, «Il Carrobbio», I (1975), pp. 327-349, dove
accanto a quella beccai, viene sottolineata la stessa ‘anomalia’ per i salaroli e i pescivendoli.
16
L’espressione è di Gina Fasoli ed è stata poi ripresa sia da Mario Fanti, nella sua monografia sui beccai bolognesi,
che, più recentemente, da Valeria Braidi: G. FASOLI, Le compagnie delle armi, cit., p. 158; M. FANTI, I Macellai
Bolognesi. Mestiere, politica e vita civile nella storia di una categoria attraverso i secoli, Bologna, Sindacato Esercenti
Macellerie, 1980, in particolare p. 56; V. BRAIDI, Il braccio armato del popolo bolognese: l'arte dei beccai e i suoi
statuti (secc. XII-XV), in La norma e la memoria. Studi per Augusto Vasina, a cura di T. Lazzari, L. Mascanzoni, R.
Rinaldi, Roma. Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2004, pp. 441-469.
17
A partire dalla sua costituzione nel 1275, i beccai monopolizzarono la carica del “barisello”, a capo della temuta
Compagnia della Croce del notaio e giurista Rolandino Passeggeri. Compito principale della milizia di parte guelfa era
l’individuazione e la persecuzione dei ribelli politici. G. FASOLI, Le compagnie delle armi, cit., pp. 325-326; J. KOENIG,
Il “popolo“ dell’Italia del Nord nel XIII secolo, Bologna, il Mulino, 1986, pp. 405-406, per la filiazione delle iniziative
del Passeggeri dalle omonime esperienza parmensi degli anni Sessanta del Duecento. Recenti considerazioni in merito
in A.I. PINI, Manovre di regime in una città-partito. Il falso Teodosiano, Rolandino Passeggeri, la Società della Croce
e il “barisello” nella Bologna di fine Duecento, «Atti e Memorie della deputazione di Storia Patria per le province di
Romagna», nuova serie, 49 (1999), pp. 281-318.
18
C.M. ADY, I Bentivoglio, Varese, dall’Oglio, 1967; F. BOCCHI, I Bentivoglio da cittadini a Signori, «Atti e Memorie
della Deputazione di storia patria per le antiche province di Romagna», n. s., XII (1971), pp. 43-64.
19
La definizione apre la matricola dell’Arte del 1275, V. BRAIDI, Il braccio armato del popolo bolognese, cit., p. 441.
20
La rivolta, nata per questioni legate alla cattiva amministrazione giudiziaria, portò ad un periodo di vero e proprio
‘terrore’, al punto che i cabochiens – nome che i ribelli dovettero al loro leader, il macellaio Simone Caboche – si
inimicarono le simpatie dei parigini, A. COVILLE, Les cabochiens et l’ordonnance de 1413, Paris, Hachette, 1888, in
particolare pp. 209-326. Per un aggiornamento, S.K. COHN JR., Lust for liberty. The politics of Social Revolt in
medieval Europe, 1200-1425, Cambridge-London, Harvard University Press, 2006, pp. 123-124; Popular Protest in
Late Medieval Europe. Italy, France and Flanders, selected sources translated and annotated by Samuel K. Cohn Jr,
Manchester-New York, Manchester University Press, 2004, pp. 344-349.
21
Cfr., M. BOONE, Le comté de Flandre dans le long XIVe siècle: une société urbanisée face aux crises du bas Moyen
Age, in Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento. Un confronto, a cura di Monique Bourin, Giovanni
Cherubini, Giuliano Pinto, Firenze, University Press, 2008, pp. 17-47. Il cronista senese Agnolo di Tura, riprendendo la
5
beccai si fecero notare sin dagli anni Sessanta del Duecento per la loro partecipazione a tumulti e
disordini cittadini22 e quando la loro Arte era ormai al governo da una decina d’anni, un potente
beccaio, Dino di Giovanni, congiurò contro Giano della Bella, forte anche del sostegno dei Della
Tosa23.
Ora, il “Gran Beccaio”, come lo chiamavano i contemporanei, non guidò una rivolta, non
‘corse’ le vie cittadine inneggiando al Popolo, ma anzi congiurò – lui che era stato il primo dei
beccai ad accedere al Priorato nel 128524 - contro il capo-popolo Giano. Anche per lui, le indagini
hanno rilevato un profilo socio-economico simile a quella del bolognese Giacomo Casella o a quelli
di alcuni macellai provenzali, per raccordarci ancora ad un esempio oltralpe25. Il “Gran Beccaio”
possedeva banchi di vendita in Mercato Vecchio, terreni e poderi nel contado, e, entrando a far
parte di una nutrita compagnia, si inserì nei traffici del bestiame26.
Dagli studi sui macellai nella società cittadina medievale emergono quindi due ‘fili rossi’,
due percorsi intimamente connessi tra loro. Uno riguarda il commercio carneo che tanta attenzione
richiese alle autorità cittadine e che fece la fortuna di alcuni macellai. L’altro attiene a questioni più
schiettamente politiche, ma legate a doppio filo con quelle economiche e commerciali: la rissosità
che sembra una sorta di marchio di ‘categoria’, quella tendenza a mettere le proprie risorse al
servizio di ‘carriere’ politiche conquistate con la forza – come a Bologna - o con l’attenta
contrattazione degli equilibri politici – come a Firenze. Emerge quindi un quadro che, pur non
rinnegando la prospettiva di Le Goff sull’infamia di un lavoro ‘sporco’ – e che certo va tenuta in
debito conto per comprendere l’orizzonte mentale di riferimento - sembra però raccontare la storia
di un “potentato economico”, più che di un gruppo di emarginati rancorosi, e di un “potentato
economico” spesso vincente anche sul piano politico.
Divergente, invece, l’esito del rapporto di forza fra i macellai cittadini e il governo senese
tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo. A partire dagli anni ’60 del secolo scorso, le
ricerche condotte da William Bowsky sulla Siena del governo dei Nove (1287-1355) hanno
narrazione del fiorentino Giovanni Villani, racconta i fatti legati a «Piero Leroi tessitore e Gianbrida bechaio», Cronaca
senese attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso detta la Cronaca Maggiore, in Cronache senesi, a cura di Alessandro
Lisini e Fabio Iacometti, Bologna, Zanichelli, 1931-39, pp. 253-564, pp. 267-268.
22
G. SALVEMINI, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Torino, Einaudi, 1960, pp. 80-81, dove il Salvemini
ricordava come i macellai furono alla guida di tumulti anche a Bologna (1256), Parma (1254 e 1266), Milano (1198) e
infine Siena (nelle rivolte che li videro alleati ai Tolomei durante il XIV secolo); A. DOREN, Le Arti fiorentine, vol. I, p.
106.
23
Per il ruolo del beccaio Dino di Giovanni negli avvenimenti che portarono alla cacciata di Giano della Bella nel 1293,
G. SALVEMINI, Magnati e popolani, cit., pp. 183-187.
24
Splendido, nella sua negatività, il ritratto del Gran Beccaio che si può leggere nella cronaca di Dino Compagni, suo
collega nel priorato dell’aprile-giugno del 1289, D. COMPAGNI, Cronica, introduzione e note di Gino Luzzatto, Torino,
Einaudi, 1968, I, XVIII, p. 42.
25
L. STOUFF, Ravitaillement et alimentation en Provence, cit, pp. 158-166.
26
Cfr., G. CHERUBINI, L’arte dei beccai al tempo di Dante, cit., p. 11.
6
tracciato il quadro di riferimento necessario a uno studio sui carnaioli27 - questo il nome dato dalle
fonti senesi ai macellai28. Secondo Bowsky, molti di loro non furono solo bottegai, ma anche
mercanti di bestiame, in grado quindi di controllare il settore carneo sin dalle fonti del rifornimento.
Rifornimento che al comune di Siena non dovette mancare, grazie alla sua espansione ‘forzata’
verso la Toscana meridionale e la Maremma29. La ricchezza, che questa considerevole fetta di
mercato (importazione ed esportazione di bestiame) mise a disposizione di alcuni carnaioli, si
infranse però nell’esclusione dell’Arte dal governo popolare dei mercatores, alla guida della città
per quasi un settantennio. L’esito di questa “contraddizione” - come l’ha definita Bowsky - tra
evidenza economica e annichilimento politico fu lo scontro, culminato nella ‘grande rivolta’ contro
i Nove nel 1318 e almeno in un altro tentativo nel 1325 meno significativo, ma sempre al fianco dei
notai e di una parte della potente consorteria dei Tolomei.
Recentemente tornato all’attenzione degli studiosi30, il tema della ‘rivolta’ – ma sarebbe
meglio parlare di congiura - contro il governo di “gente media” sarà uno dei punti di riferimento
imprescindibili della ricerca che qui si propone. L’obiettivo è quello di colmare una lacuna che, a
partire dalle ricerche del Bowsky, attende ancora di essere valutata. Il recentissimo convegno di
Firenze sulle rivolte urbane e rurali nel Trecento, pur ricchissimo di spunti di riflessione, ha lasciato
da parte la ‘rivolta’ dei carnaioli senesi31. A prescindere dalla definizione della sua portata socioeconomica e dal numero delle persone fattivamente coinvolte – aspetti ancora tutti da indagare -, la
congiura dei carnaioli costituì comunque la più aperta contestazione al governo dei Nove.
27
W. BOWSKY, The Medieval Commune and Internal Violence: Police Power and Public Safety in Siena, 1287-1355,
«American Historical Review», LXXIII (ottobre 1967), n.1, pp. 1-17; ID., The anatomy of rebellion in fourteenth
century Siena: from Commune to Signory, in Violence and civil disorders in Italian cities 1200-1500, a cura di L.
Martines, Ucla Center for Medieval and Renaissance Studies, Berkeley-Los Angeles-London, 1972, pp. 229-272, in
particolare p. 246, n. 45, dove lo storico annunciava un prossimo lavoro monografico sulla vicenda dei carnaioli durante
il governo dei Nove. I due articoli sono stati incorporati poi in ID., Un comune italiano nel medioevo. Siena sotto il
regime dei Nove, 1287-1355, Bologna, il Mulino, 1986 (ed. or. 1981).
28
Nei verbali del Consiglio generale si inzia a parla di “becharii” e “macellarii” solo a partire dal gennaio del 1349,
ASS, CG 144, cc. 10r-11r (1348, gennaio 16). Oltre che nelle cronache senesi del Trecento, il termine “carnaioli” è
stato rintacciato anche in A. BARLUCCHI, Lo statuto quattrocentesco dell’Arte dei Carnaioli di Borgo Sansepolcro,
«Archivio storico Italiano», 574, CLV (1997), pp. 697-725.
29
Il riferimento è alla «frontiera bloccata del nord» e a quella «mobile», invece, verso il sud e la Maremma, O. REDON,
Lo spazio di una città. Siena e la Toscana meridionale (secoli XIII-XIV), Siena, Nuova Immagine Editrice, 1999 (ed. or.
1994), in particolare le parole conclusive a p. 75.
30
Nella sua recente sintesi, Samuel Cohn ha shedato oltre 1.100 rivolte popolari nell’Europa tardomedievale, compresa
quelle dei nostri carnaioli, S.K. COHN JR., Lust for liberty. The politics of Social Revolt in medieval Europe, 1200-1425,
Cambridge-London, Harvard University Press, 2006, in particolare pp. 120-122. Una selezione di cronache è stata
curata qualche anno prima dallo stesso Cohn, Popular Protest in Late Medieval Europe. Italy, France and Flanders,
selected sources translated and annotated by Samuel K. Cohn Jr, Manchester-New York, Manchester University Press,
2004, in particolare pp. 57-60, per la rivolta del 1318 e 62-64 per il gioco “della pugna” del carnevale 1325.
31
Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento. Un confronto, a cura di Monique Bourin, Giovanni
Cherubini, Giuliano Pinto, Firenze, University Press, 2008.
7
2. Gli obiettivi.
L’obiettivo della ricerca sarà quindi un’indagine prosopografica sui carnaioli senesi, per un
periodo in prima battuta compreso tra le prime decadi del Duecento, quando le fonti cominciano a
rilevare la presenza di domini carnificum nella politica cittadina32 e gli anni Settanta del Trecento,
quando cadde il governo dei Dodici, strutturato sulle “capitudines artium civitatis”. Il primo nodo
da sciogliere sarà quello della presunta ricchezza postulata dal Bowsky33, che, se confermata,
permetterà di ragionare sulle reali dimensioni – nel senso di numero di uomini coinvolti - e sulla
natura dell’opposizione politica al governo dei mercatores.
Una delle domande centrali che verranno poste alla documentazione sarà strutturata proprio
sul problema di quanti tra i carnaioli potessero effettivamente considerarsi più mercanti che bottegai
e quanti di loro fossero nella posizione di poter condizionare il mercato carneo sin dalle fonti di
approvvigionamento. E’ chiaro che, qualora dal censimento prosopografico emergessero dati
significativi sul tenore di vita e sulla tipologia degli investimenti, si potrà ampliare l’arco
cronologico dell’indagine fino alle prime decadi del Quattrocento, quando vennero riorganizzati la
gestione e lo sfruttamento dei pascoli demaniali. Il crollo demografico di metà Trecento fu una
cesura profonda che, stravolgendo gli equilibri socio-economici costituiti, ne permise una generale
ridefinizione. La ridistribuzione della ricchezza, la più accentuata diversificazione delle fonti di
reddito e, per legarci più direttamente al discorso dei carnaioli, l’aumento delle terre destinate al
pascolo e la riorganizzazione normativa degli “erbatici” comunali – il cui esito documentario è
appunto lo statuto della “Dogana dei paschi” del 1419 -, il parallelo incremento degli investimenti
nell’allevamento e nel commercio del bestiame, la diffusione del sistema della stabulazione delle
mandrie: sono alcuni degli aspetti che certo coinvolsero attivamente e a più livelli i carnaioli senesi
all’indomani della pandemia.
I dati emersi dalla ricerca condotta per la mia tesi di laurea sul dibattito politico suscitato in
consiglio generale dalle questioni “super facto carnificum” o “contra carnifices” tra la fine del
Duecento e la metà del Trecento34, incoraggiano ad operare un affondo sugli individui, le fonti di
32
ASS, Archivio delle Riformagioni (1212, giugno 22). Si tratta del giuramento di fedeltà di Siena agli uomini di
Asciano, sottoscritto dai undici “domini artium civitatis Senarum”. Il documento è edito in U. MONDOLFO, Il populus a
Siena nella vita della città e nel governo del Comune fino alla riforma antimagnatizia del 1277, Genova, Formiggìni,
1991, doc. n. I, pp. 65-69
33
La ricchezza dei carnaioli è stata negata da Daniel Waley. Va detto, però, che il giudizio dello storico si basa su un
solo dato, quello del “dazio” del 1285, il ché non sembra sufficiente a trarre conclusioni generali, cfr., D. WALEY, Siena
e i Senesi nel XIII secolo, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2003, p. 49 e tabelle 1 e 2 a pp. 42-43.
34
«Ad tollendum omnem malitiam et malam sectam carnificum». I carnaioli e il comune di Siena (metà XIII – metà
XIV secolo), a.a. 2008-2009, tesi di laurea in Storia Medievale, relatore prof.ssa Gabriella Piccinni, Università degli
Studi di Siena. In assenza di fonti dirette dell’Arte, fatta eccezione per lo statuto del 1288 (Statuto dell’Università ed
Arte de’ carnajoli della città di Siena. 1288-1361, in Statuti senesi scritti in volgare nei secoli XIII e XIV, a cura di F.L.
Polidori, Bologna, Forni, 1863, I, pp. 29-125), si è ricorso in massima parte a fonti ‘esterne’. La ricerca ha richiesto la
8
reddito, le reti familiari, i rapporti economici, politici e più in generale, sociali che i carnaioli
riuscirono tessere, a livello individuale e ‘di gruppo’, nella politica e nella società senese
bassomedievale. Le continue soppressioni dell’Arte a partire dal 1284 – quando fu ordinato il
sequestro e la distruzione di tutta la documentazione dei carnaioli – sono solo la punta dell’iceberg,
i punti di rottura, al di sotto dei quali si avverte il ‘ribollire’ di un dibattito politico fatto di equilibri
delicati e rapporti di forza in continua tensione e ridefinizione, che per essere compresi a fondo
richiedono una ricostruzione della forza ‘contrattuale’ dei carnaioli e della loro posizione all’interno
della società cittadina.
Si propone quindi un’analisi sia del livello di partecipazione politica dei carnaioli attraverso
le varie forme di governo assunte dal comune popolare senese tra XIII e XIV secolo, sia della loro
fisionomia sociale ed economica, che si immagina articolata a più livelli: dai semplici bottegai ai
carnaioli che al lavoro di macellazione e rivendita delle carni affiancarono l’allevamento e il
commercio di animali vivi, fino a personaggi di maggior spessore economico che investirono anche
negli appalti delle gabelle, nel commercio del bestiame ad ampio raggio e in ‘carriere’ politiche più
o meno lunghe.
Se - come sembrano indicare le campionature effettuate finora sulla base delle sole fonti
normative - la ricostruzione prosopografica confermerà lo spessore sociale ed economico e il peso
politico di alcuni carnaioli, è chiaro che certi rapporti con le famiglie magnatizie, prima fra tutte
quella dei Tolomei, potranno essere interpretati e riletti come espressione di un ‘potentato
economico’ alla ricerca di affermazione politica, in un senso generale di “rivalsa” – per citare
ancora Le Goff – nei confronti di un ceto affine, ma che negava loro il diritto alla gestione della
cosa pubblica. Al di là di dell’opposizione per l’esclusione dal governo, è probabile che per i
carnaioli più in vista possano venire alla luce aspirazioni sociali e politiche più palesemente
‘nobiliari’ e oligarchiche, come sembra indicare la nuova congiura che li vide ancora al fianco dei
Tolomei nel 1356, quando l’Arte dei carnaioli, oltre che riabilitata, era ormai saldamente al
governo.
L’ipotesi della natura cetuale e oligarchica dell’opposizione politica dei carnaioli non
esclude il coinvolgimento di macellai meno influenti, e in generale di altri popolani, negli scontri di
piazza. La questione del seguito suscitato presso i carnaioli cittadini nei tumulti sarà anzi uno degli
schedatura delle deliberazioni del consiglio generale dal 1281 al 1364 (ASS, Consiglio Generale 25-171.) e del
concistoro dal 1339 al 1356 (ASS, Concistoro 1-5), degli statuti cittadini dal 1250 al 1356 (ASS, Statuti di Siena 1-33.)
e del primo statuto di gabella, che contiene disposizioni annonarie a partire dal 1292 (ASS, Gabella 1). ‘Incursioni’
mirate sono state operate nei libri di entrata e uscita della Biccherna, per integrare alcuni dati emersi dalla normativa
pubblica. Infine, per ricostruire almeno in parte la carriera politica di alcuni carnaioli ‘eccellenti’, sono stati operati
sondaggi negli elenchi manoscritti di ambasciatori e “risieduti” nelle magistrature di governo a partire dalla metà del
XIII secolo (ASS, Ms A84-86, 127-128).
9
aspetti che verranno indagati con attenzione e che potrà essere opportunamente decodificato solo
individuando e ricostruendo i profili economico-sociali del maggior numero di persone possibile.
Parallelamente alla capacità di manovra in ambito politico, verranno dunque indagate le
fonti del reddito e i canali eventualmente preferiti per gli investimenti. Ci si aspetta di trovare figure
di un certo rilievo negli appalti delle gabelle collegate al commercio carneo, nell’affitto delle
rendite della Selva del Lago – la “forêt urbaine” a ovest della città35 -, nelle società interessate al
grande traffico di animali da macello, che oltrepassava i confini del distretto senese e che doveva
mettere in contatto i maggiori carnaioli senesi con allevatori, mercanti e macellai dell’Appennino
tosco-emiliano, dell’alto Lazio, della Puglia.
Politica ed economia: due momenti essenziali per la ‘tessitura’ di rapporti sociali ad ampio
raggio, di quel “farsi degli amici” di cui parlava il Garzoni, e non solo tra i clienti di bottega. Le
recenti considerazioni emerse al convegno di Pistoia sulla ricerca e la percezione del benessere nelle
città italiane bassomedievali36 forniscono una serie di spunti interessanti in merito alla nostra
ricerca. Valutare l’effettivo grado di ricchezza, la posizione nelle gerarchie sociali, il rapporto tra
tenore di vita, percezione del benessere e aspettative sul piano socio-politico dei carnaioli senesi
permetterà di definire meglio i motivi alla base della loro ‘turbolenza’ politica.
Altro aspetto imprescindibile di questo ‘ritratto di gruppo’ sarà la ricostruzione del rapporto
fra i carnaioli e la società cittadina. La ridondanza normativa su frodi e sotterfugi, per far lievitare i
prezzi o per smerciare carni “morticine”, è espressione dei tentativi delle autorità per tutelare i
consumatori: ma quali furono i reali rapporti dei cittadini coi macellai senesi? Si tratta di un aspetto
fondamentale per capire l’orizzonte di riferimento dei carnaioli e l’immagine che di loro si fece la
società del tempo. Per questo, sarà interessante valutare la posizione dell’Arte rispetto alle altre
società di mestiere e andare a vedere se la loro fosse considerata una corporazione prestigiosa e
potente oppure no. Infine – ed è un aspetto tutt’altro che secondario – sarà interessante indagare
eventuali forme alternative di congregazione e tutela reciproca dei carnaioli, soprattutto durante il
periodo in cui l’Arte fu messa fuori legge (1318-1356). Il riferimento ad una societas religiosa ci
darebbe la cifra della volontà e della necessità di “fare corpo”37, di continuare a vivere quei
momenti di adunanza necessari sia per l’organizzazione del lavoro che per aspetti più schiettamente
sociali: i rapporti interni al gruppo, la sua coesione, la solidarietà, il ‘vivere insieme’ momenti
35
O. REDON, Une forêt urbaine. La Selva del Lago, in Ville, bonnes villes, cités et capitales, mélanges offerts à Bernard
Chevalier, Tours, 1989, pp. 247-257.
36
La ricerca del benessere individuale e sociale. Ingredienti materiali e immateriali (città italiane, XII-XV secolo),
XXII convegno internazionale di studi (Pistoia, 15-18 maggio 2009) del Centro italiano di studi di storia e d’arte.
L’edizione degli atti è in lavorazione.
37
F. FRANCESCHI, “Fare corpo”: identità e appartenenza nel mondo delle Arti toscane (secc. XIII-XV), in
Civis/Civitas. Cittadinanza politico-istituzionale e identità socio-culturale da Roma alla prima età moderna, atti del
seminario internazionale (Siena-Montepulciano, 10-13 luglio 2008), pp. 285-293.
10
importanti di definizione di un sé collettivo, come le processioni in occasione delle maggiori
festività religiose.
3. Il percorso documentario.
I primi due anni della ricerca saranno dedicati alla raccolta e alla schedatura di
documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Siena, anche se non si può escludere la
necessità di consultare fonti presso altri luoghi di conservazione, a Siena o altrove. Durante l’ultimo
anno, si procederà alla realizzazione di una monografia.
Per poter rintracciare il maggior numero possibile di carnaioli, il percorso di ricerca potrà
avere a volte un andamento ‘ciclico’. Non sempre, infatti, le fonti specificano il mestiere dei
soggetti interessati e soprattutto la documentazione amministrativa risulta lacunosa da questo punto
di vista. Così, ad esempio, nei versamenti in gabella per l’imposta sulle botteghe del 1290-91,
ventiquattro sono i carnaioli dichiarati38, ma dai dati finora a nostra disposizione almeno altri tre
erano sicuramente carnaioli e non è escluso che il loro numero possa risultare più alto. L’omissione
della qualifica rende quindi necessaria la creazione di una banca-dati dei carnaioli via via
rintracciati, che sarà costantemente implementata grazie alle più avanzate applicazioni informatiche,
in modo da poter gestire e organizzare le varie informazioni.
I dati emersi ed elaborati per la tesi di laurea forniranno la base di partenza per il nostro
percorso di ricerca. Innanzi tutto, dovrà essere completata la schedatura delle delibere sia del
consiglio generale che del concistoro – vale a dire del massimo consiglio cittadino e della suprema
magistratura senese - (Consiglio generale 1-24, per il periodo che va dal 1248 al 1280; Concistoro
6-14 per il periodo 1356-1359)39, in modo da coprire tutte le serie per l’arco cronologico
considerato. Inoltre, grazie ai nominativi già in nostro possesso e all’utilizzo degli elenchi
manoscritti di ambasciatori e “risieduti” nelle magistrature di governo e in alcuni uffici comunali,
compilati in ordine alfabetico prima che cronologico, sarà costituita una solida base prosopografica.
Da lì si potrà già cominciare a schedare la documentazione conservata in pergamena sciolta nel
fondo del Diplomatico40 o trascritta nei libri iurium che costituiscono il fondo Capitoli41.
38
I dati sono stati utilizzati da Maurizio Tuliani per una ricerca sulla dislocazione delle botteghe a Siena e sono
consultabili on-line: www. storia.unisi.it/index.php?id=636.
39
Il fondo Concistoro conserva serie che, nonostante sarebbero interessanti ai fini della nostra ricerca, non verrano
prese in considerazione in fase progettuale perché di materiale tardo (anni ’70-’80 del Trecento).
40
Nel fondo sono raccolte 60.145 pergamene di interesse pubblico dal 735 al 1873. Per gli atti rogati fino al 1250 è a
disposizione l’inventario del Lisini, corredato di regesti, A. LISINI., Regio Archivio di Stato di Siena. Inventario delle
pergamene conservate nel Diplomatico dall'anno 763 all'anno 1250, Siena 1908. Per il resto si dispone di spogli
manoscritti d’età moderna più o meno analitici.
41
A Siena, i cartulari comunali erano detti Caleffi e la loro tradizione è fra le più precoci in Italia: la compilazione del
Caleffo Vecchio iniziò infatti nel 1204 e continuò fino agli anni Trenta del XIV secolo, quando si iniziò una nuova
11
Per tutte le serie che verranno ora elencate, si è considerato come termine ultimo della
cronologia indicata dalle numerazioni archivistiche le decadi comprese tra gli anni Sessanta e
Ottanta del Trecento. Rimane comunque aperta la possibilità di allargare la ricerca oltre il termine
qui indicato, qualora le fonti ne richiedano il superamento.
Si inizierà dai “Libri di entrata e di uscita” della Biccherna, le cui registrazioni della
gestione corrente della finanza pubblica, articolate per semestri, costituiscono una serie
documentaria pressoché completa a partire dal 1226 (i primi 30 registri sono editi42, mentre per gli
altri si procederà alla schedatura degli originali, Biccherna 31-237). Le voci annotate in biccherna
sono le più disparate, sia in entrata che in uscita. Sicuramente, si prevede di rintracciare i carnaioli
impiegati negli uffici comunali o in incarichi diplomatici; quelli che investirono nella riscossione
delle gabelle e che quindi versavano al comune le rate del costo dell’appalto; quelli che invece
furono multati – aspetto, questo, che ci permetterà di valutare il reale peso delle violazioni in
rapporto all’insistenza delle disposizioni normative in materia di esportazione del bestiame,
andamento delle macellazioni, luoghi interdetti all’abbattimento degli animali, frodi sulla qualità
delle carni, sul peso e sui prezzi.
Per la valutazione della presenza dei carnaioli in incarichi pubblici, sarà utile la serie degli
“Ufficiali” per verificare la presenza dei carnaioli in quegli uffici ‘minori’, ma estremamente
delicati come i custodi delle catene che sbarravano le maggiori strade cittadine durante la notte e in
caso di sommossa. Da sondaggi effettuati nei “libri di entrata e uscita” editi (1226-1259) sono stati
rintracciati alcuni carnaioli cui era affidato l’incarico di “custode di notte”. I registri degli
“Ufficiali” partono dal 1321: la segnalazione di qualche carnaiolo permetterebbe di valutare meglio
il grado di coinvolgimento della ‘categoria’ nella congiura del 1318 (Biccherna 662-697). In
generale, invece, per tutti gli ufficiali comunali si procederà allo spoglio della serie “Elezioni e
cerne” del fondo Consiglio Generale, che conserva elenchi degli ufficiali che giuravano al podestà
all’inizio del loro mandato a partire dal 1244 (Consiglio Generale 388-390). Interessante sarà anche
lo spoglio del “Carteggio”, per le missive ricevute dal concistoro a partire dal 1236. Delle lettere,
ordinate cronologicamente, esiste un indice compilato in ordine alfabetico per nome del mittente, il
ché permetterà di rintracciare facilmente la corrispondenza che ci interessa (a partire da Concistoro
1773). In particolare, per le relazioni diplomatiche del primo periodo del governo dei Dodici verrà
compilazione che prese il nome di Caleffo dell’Assunta (1334-36). Il fondo dei capitoli e quello del diplomatico vanno
considerati complementari poiché nei Caleffi venivano trascritti solo quegli atti che rivestivano un qualche interesse per
il Comune e neanche tutti, a dire il vero. Anche per i Capitoli, esiste un inventario: A. LISINI, Inventario generale del R.
Archivio di Stato in Siena, Siena, Lazzeri, 1899, pp. 79-220. Va da sé che sia in pergamena che nella forma del liber
iurium la tipologia degli atti è estremamente varia.
42
Libri dell’entrata e dell’uscita della repubblica di Siena detti del Camarlingo e dei Quattro Provveditori della
Biccherna, a cura della Direzione del R. Archivio di Stato di Siena, Stab. Arti Grafiche Lazzeri / poi Firenze, Oschki,
26 voll., anni 1226-1259.
12
visionata la serie “Legazioni e commissarie”, dove, oltre alle istruzioni fornite dal concistoro, sono
conservate le lettere degli ambasciatori a partire dal 1355 (Concistoro 2403).
La serie dei “Pretori” riguarda la documentazione dell’ufficiale preposto, fino alla metà del
Duecento, ai controlli di polizia urbana e su strade, edifici, acque e patrimonio boschivo della città.
Al pretore venivano versate una serie di multe che potrebbero aver interessato un buon numero di
carnaioli. Vista la sua consistenza, la serie verrà visionata nella sua interezza, dal 1231 al 1259
(Biccherna 698-711). Parallelamente alle serie relative alla riscossione delle multe e dei debiti, si
procederà allo spoglio delle compensazioni delle cifre dovute al Comune – che si ottenevano
sottraendo ad esse un eventuale credito del cittadino interessato. Si tratta di soli cinque registri dal
1260 (Biccherna 718-722). Anche la serie “Banditi e carcerati” (dal 1245), piuttosto frammentaria,
è comunque di interesse per una ricerca degli aspetti giudiziari. Essa, ci permetterà di valutare il
grado di ‘criminalità’ dei carnaioli, la natura delle loro infrazioni e delle pene previste per ognuno
dei reati commessi (Biccherna 723-740). Sempre in materia giudiziaria, sarà utile consultare la
documentazione delle magistrature che fra Due e Trecento ebbero giurisdizione sui carnaioli e sulle
esportazioni dai pascoli maremmani. Si inizierà, quindi, dal podestà, che fu la massima autorità in
materia fino al 1320. Le serie che ci interessano sono quelle degli “Sbanditi”, con gli elenchi delle
persone mandate al bando dal 1294 al 1297 (Podestà 2-3); dei “Malefizi”, con documentazione in
campo penale a partire dal 1298 (Podestà 5-54); le contemporanee serie relative alle materie civili “Atti civili” e “Straordinario” - permetteranno di completare il quadro giudiziario. La serie della
delibere del Capitano del Popolo, cui spettò la giurisdizione sui carnioli dal 1320, verrà completata
con il materiale fino alla metà del Trecento (Capitano del Popolo 2-9)43. Ancora di ambito
giudiziario, la serie delle “Offerte dei carcerati” che contiene le deliberazioni dal 1337 relative alle
consuete oblationes carceratorum ratificate in occasione delle maggiori ricorrenze religiose
(Consiglio Generale 470-473). Le informazioni integreranno quelle già raccolte nei verbali del
consiglio generale. Nella serie dei “Pegni”, infine, costituita da un solo pezzo piuttosto tardo, sarà
forse possibile rintracciare condannati insolventi, che subirono pignoramenti tra settembre e
dicembre 1387 (Biccherna 1088).
Dagli anni Trenta del XIV secolo, i danni che il bestiame causava alle colture erano di
competenza di una magistratura speciale, la cui documentazione è andata a costituire un fondo a sé:
Curia del Campaio e del danno dato. Interessanti si riveleranno sia i libri di entrata e uscita che
quelli delle sentenze emesse (regg. 5-19). Per la questione dei pascoli44, in origine affidata ad una
43
Il primo registro, contenente lo statuto della magistratura, è stato già schedato nel corso della ricerca per la tesi di
laurea (Capitano del Popolo 1, 1308-1340)
44
Il fondo della Dogana dei Paschi conserva materiale a partire dal 1419, ma per quel che riguarda l’organizzazione dei
pascoli le disposizioni sono quelle del XIV secolo, raccolte e riorganizzate nella nuova compilazione statutaria, I.
IMBERCIADORI, Il primo statuto della Dogana, cit.
13
magistratura detta “giudice del divieto” – per il divieto, appunto, di esportare vettovaglie dal
distretto senza autorizzazione -, fu creato alla fine del Duecento l’ufficio dell’Abbondanza. Oltre
agli statuti che contengono informazioni indispensabili per ricostruire la dinamiche delle decisioni
in materia annonaria (Abbondanza 1-5)45, si prevede lo spoglio del libro di entrata e uscita relativo a
generi alimentari vari, comprese le carni (Abbondanza 63) e il registro contenente le cause discusse
dagli ufficiali dell’Abbondanza nel 1368-69 (Abbondanza 67).
Collegata sia al tema giudiziario che a quello più strettamente fiscale, la serie dei
“Memoriali” della Biccherna conserva le registrazioni di debitori e creditori del comune a partire
dal gennaio del 1314 (Biccherna 373-415). Per gli appalti delle gabelle, si schederanno le ‘vendite’
effettuate a partire dal 1296, quando cioè ebbe inizio il sistema di appaltare l’esazione delle imposte
indirette (Gabella 27-31). Un registro piuttosto tardo dei “Compratori di gabelle” (dal 1371)
permetterà di arricchire il quadro dei carnaioli che investirono nella riscossione fiscale (Gabella
1046). Sulla base dei dati finora raccolti, ci si aspetta di trovarne un buon numero negli appalti delle
gabelle legate al mercato carneo - dalle rendite per alcune aree di pascolo, come la Selva del Lago,
alle esazioni per il bestiame in transito o al pascolo stagionale, alla compravendita di animali nel
Campo e nel contado, ai versamenti per ogni capo macellato in città e nel contado, fino a quelli per
ogni oncia di carne venduta a bottega. Sempre al fondo Gabella si farà riferimento per i libri
“Entrata e uscita” che sono piuttosto risalenti (dal 1291) e possono fornire dati interessanti per un
periodo in cui l’organizzazione delle entrate sui pascoli e i meccanismi di controllo erano ancora in
fieri (Gabella 12-23).
La serie delle “Misture”– la cui denominazione è già una spia della varietà di informazioni
conservate – rivela tutta la complessità delle funzioni della biccherna. Interessanti al fine della
nostra ricerca risulteranno gli elenchi degli ufficiali comunali e dei loro garanti, le dichiarazioni
presentate al momento di richiedere la cittadinanza – dalle quali si hanno di norma informazioni
sull’intera famiglia e sul lavoro svolto dai vari componenti -, gli accertamenti dei pagamenti di dazi
e condanne, le locazioni del suolo pubblico, nonché le sentenze emesse dai Provveditori in materia
di indennizzi e sconti sulle rate di appalto delle gabelle, e, a partire dal 1335, gli elenchi dei
carcerati. La serie verrà schedata dal primo registro relativo al semestre gennaio-giugno 1263
(Biccherna 480-591).
Riguardo alla ripartizione di imposta, si prevede lo spoglio dei primi due registri della Lira
nei quali si conservano, dal 1219, le denunce dei cittadini agli alliratori comunali circa le proprie
fonti di reddito, mobiliari e immobiliari (Lira 1-2). I “Libri delle preste” (da Lira 274) e quelli dei
“Creditori di preste” (da Lira 383) – vale a dire dei prestiti forzosi ordinati dal Comune in occasioni
45
Tre statuti sono stati già visionati per la tesi di laurea (Abbondanza 3-4)
14
particolari e garantiti dalle gabelle sul sale e sui pascoli - potranno fornire informazioni sulle
sostanze dei cittadini almeno a partire dal 1282. Oltre a questi meccanismi di prelievo comuni a
molte città, Siena dispone di un preziosissimo quanto precoce tentativo di razionalizzazione fiscale
noto come ‘Tavola delle possessioni’. L’obiettivo era quello di accertare mediante delle
commissioni di rilevatori la consistenza del patrimonio immobiliare dei cittadini e dei comitatini,
sia all’interno delle mura che nelle campagne, al fine di ripartire l’imposta diretta. Le continue
volture di proprietà fecero naufragare il progetto che rimase un ‘momunemto documentario’, una
fotografia del patrimonio immobiliare dei senesi intorno agli anni Venti del Trecento. Si tratta di un
periodo di estremo interesse per la nostra ricerca, contemporaneo cioè alla congiura contro i Nove,
ma gli studi fin qui condotti hanno rilevato le scarse indicazioni relative ai mestieri degli allirati46.
Per questo, sarà sicuramente più fruttuoso approdare alla ‘Tavola’ solo dopo aver messo insieme un
congruo elenco dei carnaioli vissuti al periodo della rilevazione (Estimo 95-144, che riguarda gli
allirati cittadini). Lo stesso lavoro di ‘decodificazione’ è previsto per un registro fondamentale per
la storia della società senese del Trecento: si tratta di un elenco di giuranti alla mercanzia tra il 1325
e il 1347, definito da Mario Ascheri un “libro-alfabeto”, per l’ordine in cui sono registrati i nomi47.
Una imponente fotografia della società senese che, nelle sue 6.004 voci, contiene però scarse
informazioni in merito alla qualifica dei giuranti: si consideri che solo 10 persone si dichiarano
carnaioli (Mercanzia 12).
A questo punto della ricerca, i nominativi schedati dovrebbero essere in numero abbastanza
consistente per poter affrontare il fondo Notarile. La documentazione fin qui esposta è in massima
parte di carattere amministrativo e giudiziario e dunque di veloce consultazione: il notarile, invece,
sarà più impegnativo e richiederà probabilmente tutto il secondo anno della ricerca.
Per il progetto che si propone, gli atti dei notai costituiscono un riferimento fondamentale
per conoscere i dettagli della vita dei carnaioli, a cominciare dai patrimoni immobiliari, dagli
investimenti nella terra e negli affari, alle relazioni parentali e le strategie matrimoniali, e via
dicendo. Le scritture notarili senesi si conservano dal 1221 e sono fra le più antiche in Europa. I
46
Si vedano gli esiti del lavoro d’équipe diretto da Giovanni Cherubini negli anni Settanta del secolo scorso, I
proprietari di beni immobili e di terre a Siena intorno al 1320 (dalla “Tavola delle Possessioni”), «Ricerche Storiche»,
Rivista semestrale del Centro Piombinese di Studi Sotirci, Firenze, Olshki, 1976, pp. 357-510. Per le lacune e i limiti
della fonte, G. CHERUBINI, La ‘Tavola delle possessioni’ del comune di Siena, «Rivista di storia del’agricoltura», XIV
(1974), pp. 5-14 (anche in ID., Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del basso medioevo, Firenze,
La Nuova Italia, 1974, pp. 231-241)
47
M. A SCHERI, Arti, mercanti e mercanzie, in ID., Siena nel Rinascimento. Istituzioni e sistema politico, Siena, il
Leccio, 1985, pp. 109-137, p. 115. Si tratta di elenco di «cittadini, forestieri e comitatini», con funzioni schiettamente
politiche relative alla selezione del gruppo dirigente della Mercanzia, ibidem, p. 128, n. 37. Una banca-dati dei nomi
registrati è stata realizzata da Beatrice Sordini all’interno di una ricerca finanziata dal Ministero dell’Università e
dall’Università di Siena, coordinata da Gabriella Piccinni, del quale è prevista, per il futuro, la messa in rete nelle
pagine del sito web del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Siena.
15
registri di imbreviature più risalenti sono stati editi48, per il resto, considerata la consistenza del
fondo, la ricerca nelle scritture notarili richiede un passaggio preliminare. Si propone quindi un
percorso che passi prima dalla documentazione della Gabella e precisamente dalla serie “Denunzie
di contratti”, dove sono registrati in materia sintetica i contratti rogati a Siena e nel suo territorio a
partire dal 1298. Le indicazioni che qui si troveranno sono: il nome del notaio rogatario, il tipo di
atto rogato (una vendita, un contratto dotale, un contratto di “soccida”, ecc.), il nome dei soggetti
coinvolti. In caso di dubbio, il data-base, che nel frattempo sarà stato elaborato, permetterà di
individuare anche i carnaioli non espressamente dichiarati come tali (Gabella 33-130). Una volta
rintracciato il nome del notaio, sarà possibile risalire all’atto originale. L’eventuale identificazione
di un notaio ‘corporativo’, al quale cioè facevano riferimento i carnaioli senesi, permetterà anche di
valutare il grado di compattezza della loro societas carnificum al di là dell’inquadramento
istituzionalizzato dell’Arte.
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D. Bizzarri, Imbreviature notarili, I, Liber imbraviaturarum Apulliesis notarii comunis Senarum. MCCXXIMCCXXIII, Torino, Lattes, 1934 e EAD., Imbreviature notarili, II, Liber imbraviaturarum Ildibrandini notarii
MCCXXVII-;CCXXIX, opera postuma edita a cura di Mario Chiaudano, Troni, Lattes, 1938; Federico di Giunta notaio.
Imbreviature notarili (1268-1271), a cura di L. Neri, Firenze, SISMEL, Edizioni del Galluzzo, 2006; Il registro del
notaio senese Ugolino di Giunta, a cura di V. Persi, Siena, Accademia degli Intronati, 2008.
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