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Saggi La differenziazione trattamentale per ragioni di sicurezza e i circuiti penitenziari Iole Falco Commissario di Polizia Penitenziaria N sospensione delle normali regole trattamentali (sostanzialmente identica alla abrogata disciplina di cui all’art. 90 O.P). Il provvedimento ministeriale consente l’adozione di misure in deroga al regime ordinario che comportano la sospensione nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’art. 4 bis O.P. e in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’organizzazione criminale, terroristica o eversiva, dell’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. Le modifiche apportate dalla Legge 94/2009 rispondendo all’intento di spezzare ogni legame tra il carcere ed il mondo esterno, allo scopo di isolare gli appartenenti ad organizzazioni criminali per indebolire la loro posizione, hanno inciso in modo particolarmente pesante sul contenuto del provvedimento sospensivo delle regole trattamentali delineato nel co. 2 quater dell’art. 41 bis O.P.. Le limitazioni in esso elencate dirette ad incidere con forza sui rapporti esterni (riduzione del numero dei colloqui con i familiari e i difensori, esclusione dei colloqui con terzi, riduzione della corrispondenza telefonica, visto di censura della corrispondenza epistolare) rappresentano, dunque, uno strumento di politica criminale volto a neutralizzare la pericolosità sociale di taluni detenuti e ad indurre scelte di rottura con l’organizzazione di appartenenza. Da quanto sopra detto è palese che le restrizioni prescritte per legge ex art. 4 bis co. 1 O.P., ovvero adottabili in forza di provvedimento ministeriale ex art. 41 bis co. 2 O.P., nei confronti di tale tipologia di detenuti, fuoriescono dalla logica propria delle finalità del trattamento ubbidendo ad una ratio diversa, cioè quella di evitare il permanere dal carcere di collegamenti associativi idonei a rappresentare un concreto rischio per la tutela della collettività, nella particolare prospettiva “dell’ordine e della sicurezza pubblica”. La differenziazione dei regimi detentivi richiede per converso una corrispondente organizzazione degli istituti penitenziari in circuiti. Tale classificazione risponde a due fondamentali esigenze: la ei primi anni ’90 alla recrudescenza della criminalità organizzata e, in particolare, ad alcuni feroci attacchi alle istituzioni lo Stato rispose, in materia penitenziaria, attraverso l’introduzione di un vero e proprio “doppio binario trattamentale”: da un lato, i condannati ordinari nei cui confronti continua ad essere prevalente la finalità specialpreventiva e rieducativa della pena e ai quali, pertanto, è offerto un trattamento penitenziario ed extrapenitenziario funzionale alla risocializzazione; dall’altro lato, i detenuti per i delitti di maggiore allarme sociale, in relazione ai quali appare necessario rafforzare le esigenze di prevenzione generale e di neutralizzazione. Dal 1991 in poi, infatti, per quest’ultima categoria di detenuti, si afferma la necessità di procedere ad un trattamento e ad un regime differenziato, finalizzato a far prevalere le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica su quelle direttamente connesse alla sicurezza interna degli istituti. Tale esigenza di tutela si è fatta strada in due diverse direzioni: da un lato, attraverso l’individuazione di un accesso differenziato ai benefici e alle misure alternative, secondo le previsioni introdotte dall’art. 4 bis O.P. e, dall’altro, attraverso la sospensione in tutto o in parte, per taluni detenuti, delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla legge penitenziaria, mediante l’introduzione dell’art. 41 bis co. 2 ad opera della Legge 356/92. A questa categoria di detenuti, per i quali vige una presunzione assoluta di pericolosità criminale o sociale, è preclusa o limitata la concessione delle misure alternative alla detenzione (fatta eccezione per la liberazione anticipata), dei permessi premio e del lavoro all’esterno, fruibili solo mediante l’offerta della “collaborazione con la giustizia” qualificata ex art. 58 ter O.P.. Da qui, la necessità, secondo il legislatore, di intervenire non solo nel settore delle misure alternative alla detenzione, ma anche in quello del trattamento penitenziario, restringendo al massimo le opportunità di contatto dei detenuti ex art. 4 bis O.P. con l’esterno. Per soddisfare tale esigenza, il legislatore, con legge 356/92, ha introdotto nell’art. 41 bis un 2° comma relativo ad un’ipotesi particolare di Temi Romana 9 Saggi ficati A.S. che tiene conto dell’evoluzione del fenomeno criminale mafioso e delle corrispondenti scelte istituzionali di prevenzione e di contrasto (Circ. n. 20 del 9.1.2007). La circolare in parola prevede l’inserimento nel circuito penitenziario A.S. per le seguenti tipologie di detenuti: a) imputati o condannati per i delitti previsti dal primo comma, primo periodo dell’art. 4 bis O.P. (ad eccezione di quanti siano detenuti per delitti commessi per finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, ovvero per coloro che provengano dal circuito 41 bis O.P., per i quali permane la classificazione come E.I.V.); b) soggetti cui sia stata contestata l’aggravante specifica di cui all’art. 7 legge n. 203/91 rappresentata dall’essersi avvalsi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. ovvero dall’avere agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose in esso indicate, i quali – a differenza di quanto disposto in passato – rientrano a pieno titolo, da un punto di vista sia normativo che funzionale, nell’ambito descritto dall’art. 4 bis O.P.; c) soggetti detenuti per altri fatti cui sia stato contestato a piede libero uno o più reati previsti dall’art. 4 bis O.P., ovvero nei cui confronti sia venuta meno l’ordinanza di custodia cautelare e soggetti imputati dei delitti previsti dall’art. 4 bis O.P. ma per tali reati scarcerati solo formalmente per decorrenza dei termini di custodia cautelare; d) soggetti imputati o condannati per fatti non previsti dall’articolo 4 bis né interessati dall’aggravante di cui all’art. 7 legge 203/91. Successivamente, con la Circolare n. 3619/6069 del 21.4.2009 l’Amministrazione Penitenziaria, per una più razionale gestione dei detenuti, a vario titolo ritenuti omogenei per l’elevata pericolosità, ha provveduto ad una rivisitazione dell’attuale assetto attraverso l’eliminazione del circuito E.I.V. e la conseguente adozione di un Nuovo circuito per detenuti Alta Sicurezza, destinato ai detenuti e internati appartenenti ad organizzazioni criminali, siano esse di tipo mafioso o terroristico. La ratio del nuovo circuito A.S. rimane quella di operare una separazione, all’interno degli istituti penitenziari, tra i detenuti comuni e quelli appartenenti a consorterie di tipo mafioso o terroristico, in modo da evitare ed impedire il verificarsi di fenomeni di assoggettamento, di reclutamento criminale o di strumentalizzazione a fini di turbamento della sicurezza degli istituti. Pertanto, il nuovo circuito A.S. continua a svolgere il delicato compito di gestire i detenuti ed internati di spiccata pericolosità, prevedendo al proprio inter- prima è, senza dubbio, quella di suddividere la popolazione detenuta in categorie omogenee, al fine di consentire una migliore applicazione del principio di individualizzazione del trattamento, atteso che tale diversificazione offre la possibilità di svolgere, in maniera più adeguata, l’osservazione scientifica della personalità, poiché essa viene in tal modo effettuata su persone con delle affinità, dal punto di vista del percorso criminale. L’altra esigenza, connessa alla sicurezza, è quella di fondare la separazione dei detenuti sulla scorta della loro tipologia, al fine di evitare influenze reciproche. L’attuale assetto normativo relativo all’allocazione dei detenuti, in ragione della pericolosità penitenziaria o criminale da essi manifestata, ha subito, nel corso degli anni, una profonda rivisitazione. La nozione di “circuiti penitenziari” venne introdotta per la prima volta nel 1993 con la Circolare DAP n. 3359/5809 del 21 aprile 1993 e ss. mm. e ii. del 6 giugno 1993 con la quale si distinse tra: 1. circuito penitenziario di primo livello, destinato alla c.d. Alta Sicurezza (A.S.), cioè ai detenuti più pericolosi, imputati o condannati per i delitti di cui agli artt. 416 bis c.p. (associazione di stampo mafioso), 630 c.p. (sequestro di persona a scopo di estorsione) e 74 T.U. 309/90 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope). La rigorosa separazione di tali soggetti dalla restante parte della popolazione detenuta trova ragione nella caratteristica ad essi comune di essere esclusi dalle misure alternative e dai benefici penitenziari ex art. 4 bis O.P. e, contestualmente, nella pericolosità degli stessi connessa al tipo di reato ed alla capacità di proselitismo e sopraffazione. 2. circuito penitenziario di secondo livello destinato ai detenuti c.d. di Media Sicurezza (M.S.), cioè a coloro che non rientrano né nel circuito A.S., né in quello a custodia attenuata ossia alla maggioranza della popolazione detenuta. 3. circuito penitenziario di terzo livello, ossia di Custodia Attenuata (C.A.) destinato alla popolazione detenuta tossicodipendente con bassa pericolosità considerata più facilmente recuperabile. Nel 1998 una nuova Circolare DAP n. 3479/5929 introdusse un quarto livello, vale a dire il circuito ad Elevato Indice di Vigilanza (E.I.V.) destinato a quei detenuti che, non avendo titolo di reato per essere inseriti nel circuito A.S. e non essendo in alcun modo collegabili con la criminalità organizzata, presentino, tuttavia, una pericolosità talmente spiccata da far risultare inopportuno il loro inserimento nel circuito di media sicurezza. Nel 2007 il DAP ha emanato una nuova circolare in materia di assegnazione e gestione dei detenuti classi10 Temi Romana Saggi tori nelle fattispecie di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 e 291 quater D.P.R. 43/73. Invece, per quanto riguarda coloro che hanno rivestito ruoli marginali nell’ambito delle suddette fattispecie di reato, non è ritenuto più coerente con le finalità del circuito alta sicurezza continuare a mantenerli nel suddetto sottocircuito A.S.3, ma si prevede espressamente la destinazione di tali soggetti al circuito di media sicurezza, seguendo la procedura prevista dalla suddetta circolare in tema di declassificazione. Come emerge dalla disamina delle circolari innanzi citate, le modalità custodiali, definite in conseguenza dell’istituzione dei circuiti penitenziari, sono state modellate sulle esigenze dell’alta sicurezza, le cui norme di assegnazione e di gestione sono state più volte analiticamente dettagliate, mentre nessuna norma specifica sulle modalità di gestione è stata invece dettata sul c.d. circuito di media sicurezza, sin dalla sua introduzione avvenuta nel 1993. Su tale presupposto l’Amministrazione è da ultimo intervenuta emanando la recente Circolare DAP n. 0206745 del 30 maggio 2012 che, sviluppando il percorso già intrapreso dalla precedente Circolare del 25 novembre 2011 ha disposto la creazione di circuiti regionali ex art. 115 D.P.R. 230/2000, in cui la media sicurezza si caratterizzi per un regime detentivo che preveda modalità custodiali meno rigide e un progressivo aumento ed ampliamento degli spazi e del tempo utilizzabili dai detenuti, per lo svolgimento di attività trattamentali, destinando ove possibile un istituto o un’intera sezione di questo totalmente a “regime aperto”. Si tratta dunque di un “altro” modo di fare sorveglianza che sposta l’ago della bilancia dal controllo fisico ed asfissiante del soggetto ristretto ad una sorveglianza c.d. “dinamica” che cioè pone alla base della sua funzionalità non solo l’aspetto giuridico-delinquenziale ma, innanzitutto, la “conoscenza” della persona detenuta, con riferimento alla sua personalità e specificità caratteriale e di relazione. no, tre differenti sottocircuiti, con medesime garanzie di sicurezza ed opportunità trattamentali, cui sono dedicate sezioni differenti, nelle quali vengono contenute altrettante tipologie di detenuti, tra le quali non vi è possibilità di comunicazione. I primi due sottocircuiti (A.S.1 ed A.S.2) sono dedicati ai detenuti di elevata pericolosità provenienti dal vecchio circuito E.I.V., il terzo (A.S.3) è dedicato ai detenuti già destinati all’Alta Sicurezza. In particolare: - nel sottocircuito A.S.1 sono inseriti i detenuti e gli internati appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso, nei cui confronti sia venuto meno il decreto di applicazione del regime di cui all’art. 41 bis O.P.. L’inserimento in tale sottocircuito è ovviamente giustificato dall’essere detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del primo comma dell’art. 4 bis O.P. e, comunque, per essere stati considerati elementi di spicco e rilevanti punti di riferimento delle organizzazioni criminali di provenienza. L’Amministrazione ritiene, dunque, opportuno che tali soggetti, che hanno rivestito ruoli di primaria importanza nelle organizzazioni criminali, vengano ristretti separatamente dagli altri, ugualmente appartenenti ad organizzazioni criminali, ma con ruoli di minore rilievo, in modo da evitare influenze nocive reciproche, anche in relazione alle possibili attività di proselitismo, ed impedire, infine, sopraffazioni dovute alla differenza di spessore criminale; - nel sottocircuito A.S.2 sono inseriti automaticamente i soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico, mediante il compimento di atti di violenza; - nel sottocircuito A.S.3 è inserita, infine, la popolazione detenuta ai sensi della cit. circolare n. 20 del 9.1.2007 nonché coloro che hanno rivestito ruoli di capi, promotori, dirigenti, organizzatori e finanzia- Temi Romana 11