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L`ammoniaca quindi un gas soffocante e/o irritante le cui vie di
Problematiche igienico sanitarie HACCP
e
Aspetti principali della sicurezza nei
magazzini ortofrutticoli
A cura del Gruppo Dipartimentale Agricoltura
Coordinatore del Gruppo:
Dr.ssa Maria Francesca Pandolfini
Medici Igienisti:
Dr.ssa Roberta Cecchetti
Dr.ssa Marina Fridel
Tecnici della Prevenzione:
Barbara Branzanti
Vincenzo D’Altri
Marco Iavarone
Arcangela Sampaoli
Oscar Tani
Paride Tisselli
Gabriele Titi
Manuela Zavalloni
Con la collaborazione per la stesura dei testi e dei grafici:
Tecnico della Prevenzione
Tecnico della Prevenzione
Tecnico della Prevenzione
Tecnologo Alimentare
Giovanni Assirelli
Alessandra De Sandoli
Giuseppina Paoloni
Flavio Farnedi
Ing. Franco Cacchi
Dr. Claudio Venturelli
MAGGIO 2002
Problematiche igienico sanitarie
HACCP
nei magazzini ortofrutticoli
Indice
1. Il problema della perdita di peso dei prodotti ortofrutticoli
pag.
2. Gli accorgimenti per conservare bene
pag.
3. Conservazione dei prodotti
pag.
4. Post-raccolta: una fase delicata
pag.
5. Cenni introduttivi sul settore
pag.
6. Descrizione del prodotto
pag.
7. Il diagramma di flusso
pag.
8. Analisi dei rischi per il consumatore
pag.
a) Materia prima
pag.
b) Imballaggi
pag.
c) Mezzi di trasporto
pag.
d) Celle frigorifere
pag.
e) Attrezzature
pag.
f) Acqua
pag.
g) Personale
pag.
h) Edifici
pag.
1. IL PROBLEMA DELLA PERDITA DI PESO DEI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI
L’elevato contenuto di acqua dei prodotti ortofrutticoli li espone a perdite di peso dovute
alla traspirazione. Inoltre anche la senescenza, il germogliamento ed alcune alterazioni
fitopatologiche possono diminuire il livello qualitativo della merce senza comportarne la
perdita totale. Non si dimentichi infine che il limite di tolleranza in base al quale un
prodotto sia ritenuto inaccettabile varia, tra l’altro, a seconda della comunità e dei suoi
diversi gradi sociali. Qualsiasi cambiamento riguardante la disponibilità, la commestibilità,
lo stato sanitario o la qualità di un alimento che ne impedisca il consumo, è secondo la
FAO, da considerarsi scarto. Non esistono dati ufficiali e completi sull’entità degli scarti
nel settore ortofrutticolo: si stima che le perdite possano oscillare tra il 2% e l’8% per la
frutta fresca e tra il 4% ed il 12% per gli ortaggi. (vedi tabella)
ENTITA’ DEGLI SCARTI NELLA DISTRIBUZIONE
Grande distribuzione
Negozi tradizionali
Frutta fresca
2%
5%
Agrumi
4%
8%
Ortaggi a foglia
5%
12%
Altri ortaggi
4%
10%
Le cause tecniche che provocano degli scarti sono diverse. Nel caso dei prodotti
ortofrutticoli gli agenti che determinano scarti possono essere di natura fisica, di natura
fisiologica e di natura fitopatologia.
1) Gli agenti fisici – Tra gli agenti fisici hanno grande importanza le lesioni prodotte
da cause meccaniche, che insorgono in tutti gli stadi di post-raccolta: lavorazione,
imballaggio, stoccaggio, trasporto, esposizione nel punto vendita. Questi danni,
derivanti dall’inappropriato trattamento dei prodotti dopo la raccolta, sono in genere
aggravati dal concorso di agenti fisiologici o fitopatologici.
La temperatura, l’umidità o la ventilazione sono altri fattori fisici che, se non
mantenuti nelle condizioni appropriate, possono determinare gravi danni al prodotto
in fase di conservazione.
2) Gli agenti fisiologici – Le perdite provocate da agenti di natura fisiologica si
determinano durante la conservazione del prodotto, nel corso della quale
l’ortofrutticolo continua i suoi processi metabolici, in particolare, il calo di peso è
dovuto
all’effetto
combinato
della
respirazione
e
della
traspirazione.
L’avanzamento del processo di maturazione può determinare alterazioni tali da
portare alla perdita totale del prodotto.
3) Gli agenti fitopatogeni – Gli agenti fitopatogeni costituiscono probabilmente la più
importante causa di perdite nella fase di post-raccolta. I danni arrecati possono
essere superficiali, e quindi portare solo ad un deprezzamento commerciale del
prodotto, oppure profondi, con danni anche gravi al prodotto fino a renderlo non
commestibile.
2. GLI ACCORGIMENTI PER CONSERVARE BENE
Scopo della conservazione è il prolungamento della vita commerciale dei prodotti
evitando l’insorgere di alterazioni patologiche e minimizzando l’entità degli scarti.
Nell’ortofrutta la conservazione assume caratteristiche che, a seconda dei casi, possono
essere tattiche o strategiche. La conservazione, pertanto, può aiutare a risolvere
problemi:
a) Straordinari,
di
breve
periodo,
legati
ad
esempio
alla
sovrabbondanza
momentanea del prodotto;
b) Organizzativi, di maggiore rilevanza, attraverso la costante programmazione della
disponibilità del prodotto.
Il primo caso è tipico della funzione terminale di vendita al consumatore finale mentre il
secondo è caratteristico della funzione di grossisti, in cui è fondamentale programmare il
lavoro e la vendita su lunghe basi temporali.
I principali parametri da considerare nella conservazione dei prodotti ortofrutticoli sono:
•
Temperatura;
•
Umidità relativa;
•
Ventilazione.
3. CONSERVAZIONE DEI PRODOTTI
PRODOTTO
TEMPERATURA °C
UMIDITA RELATIVA %
Frutta
4-7
80-85
Ortaggi
0-10
75-95
Patate
5
85
Agrumi
5-10
90
Gli ortaggi sono il gruppo più eterogeneo e, di conseguenza, quello che rappresenta la
maggior variabilità in entrambi i parametri. Al contrario la frutta presenta le condizioni di
conservazione più omogenee.
La durata media della conservazione degli ortofrutticoli dipende dalle caratteristiche
fisiologiche ed anatomiche di ogni prodotto. Altrettanto dipendente dalle caratteristiche
fisiologiche e anatomiche dei prodotti è la loro sensibilità ai danni da freddo e da
congelamento. Infatti l’abbassamento della temperatura comporta una riduzione
dell’attività metabolica ma non il suo annullamento, per cui il prodotto, anche a bassa
temperatura, subisce trasformazioni che ne fanno invecchiare i tessuti, portandolo alla
morte.
Dal punto di vista gestionale gli interventi principali riguardante la conservazione dei
prodotti vanno fatti:
a) in cella di conservazione;
b) sui banchi di vendita.
Nel primo caso la disomogeneità dei numerosi prodotti rende difficoltoso garantire ad
ognuno le condizioni ottimali di conservazione. Ci si accontenterà di riservare ad ogni
gruppo omogeneo di prodotto una parte della cella, mantenendo la temperatura media
ad un livello tipo cantina (9-10°C) che garantisce una minima conservazione dei prodotti
più esigenti in termini di freddo ( per esempio actinidia, mele, pere) e che , nel
contempo, non determini alterazioni in quelli più sensibili alle basse temperature (agrumi,
ortaggi, pomodori, frutta esotica, ecc.). Con vari accorgimenti si cercherà di ottenere poi,
all’interno della cella, aree a temperatura e ventilazione differenziate in modo da
assecondare quanto più possibile le diverse esigenze e si controllerà attentamente il
tasso di umidità relativa. Gli interventi principali in questo senso riguarderanno:
•
la disposizione dei prodotti sia in orizzontale sia in verticale
•
la copertura dei prodotti più soggetti alla disidratazione.
Al momento della vendita invece è opportuno differenziare l’esposizione: i prodotti secchi
o duri possono essere collocati fuori frigo, i prodotti deperibili nelle vetrine, mentre i
prodotti molto deperibili in vasca refrigerata.
4. POST RACCOLTA: UNA FASE DELICATA
I concetti di “disciplinari di filiera” si sviluppano attraverso la stretta integrazione e
complementarietà tra le diverse fasi del processo produttivo che si esauriscono con
l’acquisto del prodotto da parte del consumatore sempre più attento ai suoi requisiti
qualitativi. Questi ultimi, intesi come la risultante della combinazione fra caratteri
apparenti (colore, forma, pezzatura), organolettici (sapore, aroma, consistenza),
nutrizionali (contenuto in vitamine, fibre, carboidrati) e igienico-sanitari (residui
fitofarmaci e altre sostanze inquinanti).
Pertanto, pur nella consapevolezza che la qualità del prodotto dipende in massima parte
dalle tecniche adottate nella fase di produzione, è nella fase cosiddetta di post-raccolta
che si possono verificare i più gravi problemi di dequalificazione, imputabili sia a processi
fisiologici che patologici e traumatici (abrasioni, contusioni, ferite conseguenti alla
raccolta, alla lavorazione e movimentazione nel magazzino, inadeguato confezionamento,
al trasporto).
Alla luce di questo si possono individuare una serie di parametri tecnici e biologici in
grado di garantire, dalla raccolta al consumo, il mantenimento della qualità del prodotto.
La difesa post-raccolta si attua con mezzi di diversa natura, fra i quali i mezzi alternativi a
quelli chimici sono, da sempre, decisamente prevalenti in un contesto di lotta integrata
ante litteram.
Ci si basa sostanzialmente sull’effetto della temperatura, della igrometria ambientale,
della pressione atmosferica, della composizione gassosa, ecc. Effetti, questi, che si
esplicano direttamente e , soprattutto, indirettamente, mantenendo uno stato di
resistenza naturale assai rilevante.
Tuttavia, la prevenzione di non poche malattie infettive, di importanti malattie
fisiologiche e di alcune attività fisiologiche e vegetative deve essere attuata con il ricorso
a trattamenti chimici post-raccolta. A proposito di questo, i trattamenti, secondo la loro
funzione prevalente, possono così articolarsi:
1. trattamenti anticrittogamici (muffe, marciume);
2. trattamenti contro le fisiopatie (riscaldo comune, butteratura amara delle mele e
stress da freddo, tipo di disfacimento interno e riscaldo molle delle pomacee;
3. trattamenti rallentanti le attività vegetative;
4. trattamenti antitraspiranti;
5. trattamenti cosmetici;
6. trattamenti di bonifica dei residui dei fitofarmaci;
7. trattamenti detergenti.
Nella tabella seguente è riassunta la situazione tecnico-legale dei trattamenti postraccolta in Italia. I principi attivi autorizzati sono pochissimi (circa 15). Ancor meno sono
le specie sulle quali è autorizzato il trattamento post-raccolta: arance, banane, limoni,
pere, ecc.
Presidi sanitari e additivi alimentari autorizzati in post-raccolta in Italia.
TRATTAMENTO
SPECIE, RESIDUO, TEMPO DI CARENZA
Antifungini:
anidride solforosa
Uva da tavola, 10 ppm
carbendazim
Mele, pere, 1 ppm, 15 gg
cloro
Non regolamentato
difenile
Agrumi, 70 ppm
iprodione
Mele, 3 ppm, 10 gg; pere, 5 ppm, 10 gg;
limoni, 1 ppm, 30 gg
ortofenilfenolo (OPP)
Agrumi, 12 ppm
ortofenilfenato sodico (SOPP)
Agrumi, 12 ppm
tiabendazolo (TBZ)
Mele, pere, 3 ppm, 30 gg; patate, 4 ppm, 30
gg; agrumi, 6 ppm; banane, 3 ppm
tiofanate metile
Mele, pere, 1 ppm, 15 gg
Antifisiopatie:
difenilamina (DPA)
Mele, pere, 3 ppm, 30 gg
etossichina
Mele, 3 ppm, 90 gg compresi 7 a T°c
sali di calcio
ambiente
Non regolamentati
Cosmetici-antitraspiranti:
cera carnauba
Agrumi, 100 ppm
cumarone indene
Agrumi, 50 ppm
gomma lacca
Agrumi 800 ppm
Antigermoglianti:
profan (IPC)
Patate,
IPC
+
cloroprofan (CIPC)
sbucciati), 30 gg
CIPC
0,5
ppm
(tuberi
I trattamenti anticrittogamici
Analizzando la tabella si evidenzia carenza di principi attivi e, nel contempo, la
finalizzazione assai spinta delle attività dei p.a. autorizzati. In sostanza, in post-raccolta è
consentita la lotta a: Botrytis spp., Monilia spp., Penicillium spp., Fusarium spp.,
Gloeosporium spp., Alternaria spp. A fronte degli innumerevoli patogeni che insidiano i
prodotti, le possibilità di un’efficace chemioprofilassi sono assai ridotte. Ma ciò non basta;
si aggiunga che le applicazioni consentite solo su alcune specie riducono ancora di più le
chances della difesa e per di più
sono all’origine di incongruenze. Per esempio, è
consentita la prevenzione da Monilia spp. su pomacee, la cui incidenza è ridotta, mentre
è proibita la stessa operazione sulle drupacee che, notoriamente, sono suscettibili agli
attacchi di questo patogeno.
Per completare il quadro problematico dei trattamenti anticrittogamici, occorre richiamare
l’attenzione su altri due aspetti: l’entità dei residui autorizzati e la mancanza di chiarezza
sull’impiego di disinfettanti generici come il cloro.
Sull’entità dei residui autorizzati va detto che, talora, il rispetto del disposto legislativo
costringerebbe all’impiego di concentrazioni di p.a. praticamente inefficace. E’ il caso, per
esempio, del Benomyl, Carbendazim, Tiofanate metile, e – situazione, quanto mai
sintomatica di una legislazione incongruente – della anidride solforosa per la quale si
autorizzano 10 ppm sull’uva da tavola a fronte di 200 mg/l nel vino bianco.
Quanto mai equivoco è, poi, l’impiego di disinfettanti generici, come il cloro, per
l’abbattimento della microflora. Il loro uso non sembra regolamentato, salvo per gli
agrumi. Se ne dovrebbe dedurre che, secondo il principio che è vietato tutto ciò che non
è autorizzato, sulle altre specie non è consentito l’impiego. Tuttavia, questi disinfettanti
trovano ampia applicazione quotidiana nella pratica di potabilizzazione dell’acqua.
I trattamenti contro le fisiopatie
Le malattie fisiologiche che possono insorgere dopo la raccolta sono numerose.
Analizzando la tabella precedente si può notare che viene autorizzata la prevenzione del
riscaldo comune delle mele e mele con difenilammina (DPA) ed etossichina. Occorre
evidenziare però che l’impiego di etossichina è quanto mai ridotto a seguito del fatto che
i residui, inspiegabilmente, spesso aumentano, superando il limite legale. Venendo poi
alla prevenzione degli stress da freddo (disfacimento interno e riscaldo molle delle
pomacee), e alla lotta contro la butteratura amara delle mele, effettuata con sali di calcio
(cloruro di calcio), si deve evidenziare lo stato di incertezza giuridico legislativa sulla
possibilità di attuarla in post-raccolta, in quanto normalmente il calcio entra nel ciclo
biologico attraverso la concimazione e quindi non si potrebbe stabilire l’esatta misura dei
residui, a meno che non si regolamenti la concimazione.
I trattamenti anti-vegetativi
Nel corso della conservazione di alcune specie orticole (patate, cipolle, agli, carote, ecc.)
le attività vegetative, anche se rallentate, procedono, per cui si verificano fenomeni di
germogliazione ed emissioni delle radici. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle
specie che, al fine di evitare i danni da stress da freddo, debbono essere conservate a
temperature relativamente elevate (per esempio, patate +5°C, batate 13-15°C). Le
attività vegetative sono quanto mai dannose poiché ne abbassano il contenuto nutritivo e
a volte producono sostanze tossiche.
Nel nostro paese l’unico trattamento consentito è quello antigermogliamento sulle patate
con IPC e CIPC.
I trattamenti cosmetici e antitraspiranti
Da tempo è invalso l’uso di sostanze che rivestendo con una sottile pellicola la superficie
dei prodotti ortofrutticoli, conferisce brillantezza (cosmesi) e, talora, rallentano la
traspirazione riducendo, di conseguenza, l’avvizzimento del prodotto (antitraspiranti).
Vengono comunemente indicate, sia pure impropriamente, cere. Si distinguono cere a
solvente, cere idrosolubili, cere solide in barre, pasta cera o cera oleosa. Le prime sono
composte da idrocarburi alifatici e aromatici più un solvente (acetone, acetato d’etile)
contenente resine naturali o sintetiche più un plasticizzante. Le cere idrosolubili
comprendono resine alcali-solubili o resine simili (gomme, resine di alberi) e le cere
emulsionabili naturali (carnauba, paraffina) o sintetiche (emulsione di polietilene). Le cer
solide, in barra, sono costituite in larga misura da paraffina integrata ad altre cere con
diversi punti di fusione. Questi trattamenti hanno trovato largo consumo sugli agrumi,
mele, pomodoro, peperoni, cetrioli, meloni, patate, ecc.
Lavaggio, trattamenti detergenti e di bonifica dei residui di fitofarmaci
Dopo la raccolta, per numerosi prodotti, soprattutto orticoli, si rende necessario
procedere al lavaggio con acqua per asportare eventuali residui terrosi, polveri, ecc. Il
lavaggio è ormai generalizzato sulle specie per le quali è previsto un trattamento chimico
post-raccolta, in considerazione della necessità di mantenere pulita la soluzione di
fitofarmaco. Il lavaggio viene, poi, effettuato ogni qualvolta si ricorre alla prerefrigerazione in acqua. Il lavaggio può essere effettuato solo con acqua oppure con
l’aggiunta di detersivi ionici o non ionici. Un altro aspetto dei trattamenti di post-raccolta
è rappresentato dalla possibilità di eliminare o, quanto meno, ridurre i residui fitofarmaci
prima della fase di commercializzazione e di consumo. Si tratta di una operazione che
può essere indirizzata alla rimozione dei residui dei fitofarmaci impiegati in pre-raccolta
ed anche di quelli che, utilizzati in post-raccolta durante la conservazione, al momento
della commercializzazione hanno esaurito la loro funzione (es. antiriscaldo). E’ evidente
che tale azione di bonifica riguarda essenzialmente i soli residui di superficie. In questo
contesto si può operare con risultati variabili indipendentemente dai p.a., con acqua,
ipoclorito di sodio (0,1%), detergenti, silicato di sodio, ecc.
Le tecniche del trattamento di post-raccolta si differenziano non solo in rapporto alle
categorie dei p.a. utilizzati, ma anche in relazione alla potenzialità operativa dei singoli
sistemi. In altre parole, le stesse categorie di p.a. possono essere somministrate con
sistemi che consentono il trattamento, per unità di tempo, di basse o elevate quantità di
prodotto. La scelta del sistema è correlata alle esigenze del magazzino ortofrutticolo. I
principali sistemi di trattamento sono di seguito elencati.
Pioggia, goccia, spruzzo, schiuma
Si tratta di un sistema in linea, attuato su prodotto sfuso, la cui potenzialità è ridotta. I
frutti vengono trasportati su rulli massi da un movimento di rotazione-traslazione, spesso
sostituiti o integrati con spazzole che uniformano meglio la distribuzione del p.a.
somministrato dall’alto a pressione atmosferica (goccia, pioggia, schiuma) o sotto
pressione (spruzzo). Il formulato attivo è veicolato in acqua (soluzione, emulsione,
sospensione) e può essere distribuito con sistemi diversi (a perdere, a dosaggio, a
recupero continuo, ecc.). Possono essere distribuiti fungicidi, antiriscaldo e simili,
sostanze cosmetiche e antitraspiranti. In quest’ultimo caso, dopo la ceratura, il prodotto
entra in un tunnel di essicamento.
Immersione
E’ assai diffuso che consente il trattamento di grandi quantità. Il prodotto viene trattato
in casse pallettizzate o in pallet-box immergendolo per circa 15-20 secondi in formulati
veicolati in acqua.
Gassoso
Il trattamento è limitato all’utilizzo della anidride solforosa nella lotta antibotritica dell’uva
da tavola ed all’impiego di anidride carbonica nella prevenzione di infezioni da Botrytis
spp., Monilia spp., Ciboria spp.. Il trattamento può essere realizzato, con l’ausilio di
bombole, in apposite camere ermetiche, oppure impiegando generatori di SO2
(sali
alcalini di metabisolfito) da includere entro le confezioni. Il trattamento con CO2 può
essere effettuato in cella o nel mezzo di trasporto resi impermeabili ai gas, oppure sulle
casse pallettizzate avvolte da films plastici termoresitsenti o no.
Nebulizzazione e aerosolizzazione
E’ utilizzata per il trattamento di grandi masse di ortofrutticoli. Trova grande impiego
nella somministrazione degli antigermoglianti sulle patate. Occorre molta attenzione
affinché non si creino delle sacche di accumulo di p.a. che favoriscono la disformità del
residuo. Occorre, pertanto, procedere alla copertura (teli, cartoni) degli strati superiori
dell’accatastato ed alla ventilazione forzata.
5. CENNI INTRODUTTIVI SUL SETTORE
La commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli è regolata dalla regolamentazione
comunitaria ed, in particolare, dal Regolamento CE dei Mercati nel settore degli ortofrutti
(O.C.M.), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. L. 297 del 21/11/1996 che ha sostituito il
Regolamento CE n. 1935/72 del Consiglio del 18 maggio 1972.
Tale prodotti destinati ad essere forniti al consumatore allo stato fresco sono classificati
in base ad un sistema di norme di qualità che attualmente sono previste per taluni
prodotti e che, in base all’art. 2 comma 3 del citato regolamento n. 2200/96, la
Commissione Europea può modificare, aggiornare ed inserirne per nuovi prodotti.
Attualmente i prodotti che sono oggetto di norme di qualità sono i seguenti:
ORTAGGI
RIFERIMENTO NORMATIVO
AGLI
Reg. CE 2288/97 e succ. modifiche
ASPARAGI
Reg. CE 454/92 e succ. modifiche
CARCIOFI
Reg. CE 58 e succ. modifiche
CAROTE
Reg. CE 920/89 e succ. modifiche
CAVOLFIORI
Reg. CE 23/62 e succ. modifiche
CAVOLI DI BRUXELLES
Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche
CAVOLI CAPPUCCI E VERZOTTI
Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche
CETRIOLI
Reg. CE 1677/88 e succ. modifiche
CICORIA WITLOOF
Reg. CE 2213/83 e succ. modifiche
CIPOLLE
Reg. CE 2213/83 e succ. modifiche
FAGIOLINI
Reg. CE 58 e succ. modifiche
LATTUGHE, INVIDIE RICCE E SCAROLE
Reg. CE 79/88 e succ. modifiche
MELANZANE
Reg. CE 1292/81 e succ. modifiche
PIMENTI O PEPERONI DOLCI
Reg. CE 79/88 e succ. modifiche
PISELLI DA SGRANARE
Reg. CE 58 e succ. modifiche
POMODORI
Reg. CE 778/83 e succ. modifiche
PORRI
Reg. CE 1076/89 e succ. modifiche
SEDANI A COSTE
Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche
SPINACI
Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche
ZUCCHINE
Reg. CE 1292/81 e succ. modifiche
MELONI
Reg. CE 1093/97 e succ. modifiche
COCOMERI
Reg. CE 1093/97 e succ. modifiche
FRUTTA
ALBICOCCHE
Reg. CE 1108/91 e succ. modifiche
BANANE
Reg. CE 2257/94 e succ. modifiche
CILIEGIE
Reg. CE 899/87 e succ. modifiche
FRAGOLE
Reg. CE 899/87 e succ. modifiche
MELE DA TAVOLA
Reg. CE 920/89 e succ. modifiche
PERE DA TAVOLA
Reg. CE 920/89 e succ. modifiche
PESCHE E NETTARINE
Reg. CE 3596/90 e succ. modifiche
SUSINE
Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche
UVA DA TAVOLA
Reg. CE 1730/87 e succ. modifiche
KIWI
Reg. CE 410/90 e succ. modifiche
AGRUMI
ARANCE
Reg. CE 920/80 e succ. modifiche
LIMONI
Reg. CE 920/80 e succ. modifiche
MANDARINI
Reg. CE 920/80 e succ. modifiche
5. DESCRIZIONE DEL PRODOTTO
La descrizione deve comprendere tutti gli aspetti che possono concorrere a determinare
un danno per la salute del consumatore e a valutarne la gravità.
Ad esempio:
Caratteristiche del prodotto
¾ Parametri chimico/fisici (pH, conservanti, temperatura di conservazione);
¾ Descrizione fisica (fasi componenti e loro stato fisico);
¾ Confezionamento (forma, tipo di materiale, atmosfera modificata);
¾ Modalità di stoccaggio e distribuzione;
¾ Shelf-life;
Modalità di impiego
¾ Destinatari diretti (consumatori, industrie alimentari, catering);
¾ Categorie di consumatori finali;
¾ Preparazione all’utilizzo e/o consumo (taglio, cottura, ecc.)
6. IL DIAGRAMMA DI FLUSSO
Ogni azienda deve redigere il proprio diagramma di flusso e considerare nei dettagli tutte
le fasi del processo produttivo individuando i punti critici. Nell’elaborazione del
diagramma di flusso l’azienda dovrà tenere in considerazione i dati tecnici riguardanti i
propri processi produttivi, per esempio:
ƒ
Sequenza fasi;
ƒ
Tempi/temperature di trattamento e/o di conservazione della materia prima;
ƒ
Procedure di disinfezione, igiene del personale;
ƒ
Condizioni di stoccaggio e distribuzione.
Il diagramma di flusso qui schematizzato rappresenta un ciclo ideale, contenente tutte le
fasi di lavorazione dei prodotti ortofrutticoli, nelle quali è possibile individuare un CCP e
un GMP.
Diagramma di flusso generale per il settore ortofrutticolo
Trattamento
post-raccolta
CCP
Ritiro
Stoccaggio refrigerato
e non
(GMP)
Lavorazione
Stoccaggio refrigerato
e non
(GMP)
Carico/spedizione
Raffreddamento
(GMP)
7. ANALISI DEI RISCHI PER IL CONSUMATORE
a)
Materia prima
Gli ortofrutti possono essere consumati crudi o dopo una veloce cottura da parte di ogni
fascia di consumatori, comprese quelle deboli ed a rischio. Per questo motivo si rende
indispensabile garantire la salubrità dei prodotti commercializzati. Il pericolo di
contaminazione degli ortaggi può essere di tipo biologico, chimico e fisico.
Pericolo Biologico
Il prodotto può contaminarsi con:
¾
Bacillus cereus
¾
Campylobacter spp.
¾
Clostridium botulinum
¾
Clostridium perfringens
¾
Escherichia coli
¾
Listeria monocytogenes
¾
Salmonella spp.
¾
Shigella s.
¾
Staficococcus aureus
¾
Toxoplasma gondii
¾
Vibrio cholerae
¾
Vibrio paraaemoliticus
¾
Yersinea enterocolitica
¾
Taenia saginata
¾
Taenia solium
¾
Aspergillum spp.
¾
Bothrytis spp.
¾
Fusarium spp.
¾
Penicillum spp.
¾
Virus Epatite A
¾
Parassiti umani
Tali microrganismi rappresentano i più comuni pericoli di contaminazione degli ortaggi e
sono la causa di tossinfezioni e parassitosi.
Pericolo Chimico
Tale contaminazione è causata da:
¾ Residui di fitofarmaci da trattamenti in campo a causa del mancato rispetto del tempo
di carenza (periodo di tempo che deve intercorrere dalla somministrazione del
principio attivo alla raccolta);
¾ Residui di fitofarmaci da trattamenti in campo a causa di somministrazione sulla
coltura di principi attivi non ammessi per legge;
¾ Residui di fitofarmaci per deriva di prodotti fitosanitari distribuiti sulle colture limitrofe;
¾ Eventuali contaminazioni di metalli pesanti da inquinamento atmosferico.
La presenza di sostanze chimiche può causare intossicazione acuta o cronica del
consumatore.
Pericolo Fisico
Tale contaminazione è causata dalla presenza sulla coltura di:
¾ Polvere
¾ Terra
¾ Corpi estranei
La terra e la polvere possono essere causa di contaminazione di tipo microbico
(clostridium e microrganismi fecali), la presenza di corpi estranei possono causare lesioni
all’apparato digestivo del consumatore.
b) Imballaggi
Gli imballaggi utilizzati sia in fase di raccolta che in fase di confezionamento possono
rischiare di incorrere in inquinamenti di tipo biologico e fisico.
Pericolo Biologico
I principali organismi causa della contaminazione degli imballaggi sono:
¾
Bacillus cereus
¾
Campylobacter spp.
¾
Clostridium botulinum
¾
Clostridium perfringens
¾
Escherichia coli
¾
Listeria monocytogenes
¾
Salmonella spp.
¾
Shigella s.
¾
Staficococcus aureus
¾
Yersinea enterocolitica
¾
Aspergillum spp.
¾
Bothrytis spp.
¾
Fusarium spp.
¾
Penicillum spp.
¾
Norwalk virus
¾
Virus Epatite A
¾
Parassiti umani
Gli imballi possono essere veicolo di contaminazione degli ortaggi e quindi essere la
causa di tossinfezioni o parassitosi.
Pericolo Fisico
La causa di tale contaminazione è data dalla presenza all’interno dell’imballaggio di:
¾ Terra
¾ Pietre
¾ Corpi estranei
¾ Residui dall’utilizzo precedente dell’imballaggio
La contaminazione di tipo fisica dell’imballaggio può essere trasmessa alla materia prima
in essi contenuta.
c)
Mezzi di trasporto
I mezzi di trasporto possono rischiare contaminazioni di tipo biologico e fisico.
Pericolo Biologico
I mezzi di trasporto ed in particolare i pianali di carico possono subire contaminazioni di
tipo microbico da:
¾ Clostridi
¾ Coliformi
¾ Salmonella spp.
¾ Insetti
¾ Muffe tossigene
La presenza di organismi sul pianale di carico può causare la contaminazione degli
imballaggi e delle materie prime.
Pericolo Fisico
La contaminazione dei pianali di carico è dovuta ai seguenti fattori:
¾ Terra sul pianale di carico
¾ Polvere sul pianale di carico
¾ Corpi estranei sul pianale di carico
¾ Temperatura ambientale durante il trasporto
La contaminazione fisica degli imballaggi può essere trasmessa agli imballaggi ed alla
materia prima trasportata. Le alte temperature durante il trasporto possono favorire lo
sviluppo di microrganismi.
d) Celle Frigorifere
Le celle frigorifere durante l’arco dell’anno possono rischiare contaminazioni di tipo
biologico e fisico.
Pericolo Biologico
Le celle frigorifere possono subire contaminazione microbica da parte di:
¾ Listeria monocytogenes
¾ Bacillus cereus
¾ Muffe tossigene
Nelle celle frigorifere possono riprodursi alcuni microrganismi psicrofili e quindi possono
essere la causa di contaminazione delle materie prime stoccate al loro interno.
Pericolo Fisico
La temperatura all’interno delle celle frigorifere può divenire più alta del previsto a causa
del cattivo funzionamento del sistema di raffreddamento. L’innalzamento di temperatura
può causare un elevato sviluppo microbico all’interno delle celle e del prodotto in esse
stoccato.
e)
Attrezzature
Le attrezzature a rischio per la contaminazione degli alimenti sono quelle che entrano in
contatto diretto con essi e cioè:
¾
macchina in acciaio inox per cernita e taglio insalata
¾
macchina in acciaio inox per cernita e confezionamento del fagiolino
¾
lavatrice in acciaio inox dei prodotti in cassette
¾
vasca di lavaggio in acciaio inox
¾ coltelli
Questi attrezzi possono rischiare contaminazione di tipo chimico, fisico e microbiologico.
Pericolo Biologico
Le attrezzature si possono inquinare con microrganismi ed in particolare con:
¾ Salmonella spp.
¾ Colifermi
¾ Parassiti
¾ Muffe tossigene
Tali microrganismi possono essere trasmessi agli alimenti ed essere quindi la causa di
tossinfezioni e di parassitosi.
Pericolo Chimico
Sugli attrezzi possono rimanere residui di sostanze utilizzate per detergere e disinfettare
durante le operazioni di pulizia. Queste sostanze poi vengono trasferite agli ortaggi e
quindi possono essere la causa di intossicazione del consumatore.
Pericolo Fisico
Sulle apparecchiature ci può essere la presenza di corpi estranei o di terra che possono
essere trasferiti alla materia prima inquinandola.
f)
Acqua
L’acqua può subire inquinamento di tipo biologico e chimico.
Pericolo Biologico
La contaminazione dell’acqua può avvenire a causa dei seguenti microrganismi:
¾ Clostridium spp.
¾ Coliformi
¾ Salmonella spp.
¾ Shighella spp.
¾ Vibrio spp.
¾ Yersinia spp.
L’acqua una volta contaminata veicola questi microrganismi sui prodotti alimentari
durante la fase di lavaggio, e quindi può essere la causa di tossinfezioni.
Pericolo Chimico
L’inquinamento dell’acqua da parte di sostanze chimiche nocive all’uomo può avvenire in
diversi modi:
¾ Infiltrazione nelle falde acquifere di fitofarmaci utilizzati in agricoltura;
¾ Contaminazione con fitofarmaci durante il lavaggio degli alimenti;
¾ Inquinamento con metalli pesanti.
Le sostanze chimiche presenti nell’acqua possono essere assorbite dagli alimenti con cui
entra in contatto durante il lavaggio e quindi essere la causa di intossicazioni acute o
croniche.
g)
Personale
Il personale può essere la causa d’inquinamento degli alimenti di tipo biologico. I
principali microrganismi patogeni veicolati dal personale sono:
¾ Coliformi
¾ Salmonella spp.
¾ Enterobatteri
¾ Stafilococcus aureus
Tali contaminazioni avvengono a causa del non corretto rispetto delle norme igieniche
previste per il personale che entra in contatto con gli alimenti.
h) Edifici
Gli edifici in cui avvengono le lavorazioni delle materie prime possono ospitare agenti
biologici indesiderati come roditori e scarafaggi, i quali possono essere veicoli di germi
patogeni.
PIANO AUTOCONTROLLO SETTORE ORTOFRUTTICOLO
Procedure di pulizia e disinfezione
SI
NO
Il piano comprende:
cosa pulire ed eventualmente disinfettare
tipo di detergente e/o disinfettante
Esistono schede di Non Conformità o di monitoraggio
Procedure di disinfestazione
SI
NO
Esiste un piano di lotta contro i parassiti
Esiste la mappa con la disposizione e tipo di trappole/esche
Indicazione del tipo di prodotti (schede tecniche)
Frequenza degli interventi
Schede di monitoraggio
Convenzione con ditta esterna
Esiste una procedura di igiene del personale
E’ stato costituito un gruppo HACCP
Descrizione del prodotto
SI
NO
SI
NO
Esiste un controllo del prodotto alla consegna
Se si quali:
parametri chimico/fisici (pH, T°C, conservanti)
parametri microbiologici
eventuali residui di fitofarmaci
Esiste un controllo delle condizioni di trasporto (disposizione, T°C)
Esiste una valutazione del fornitore
Esiste la rintracciabilità del prodotto
in entrata
in uscita
Diagramma di flusso
Esiste un diagramma di flusso
Esiste la planimetria dei locali
Esiste una documentazione relativa agli interventi di manutenzione, taratura,
controllo delle apparecchiature
Individuazione dei pericoli
SI
NO
Sono valutati i pericoli per il consumatore
Se si quali:
mezzi di trasporto
celle frigorifere
attrezzature
personale
edifici
acqua
In quest’ultimo caso l’approvvigionamento idrico è di derivazione:
pozzo
Punti critici di controllo (CCP):Trattamenti post-raccolta
SI
NO
La zona di lavorazione è circoscritta e accessibile solo dal lavoratore che effettua il
trattamento
Il datore di lavoro ha dato le adeguate istruzioni sul rischio specifico del trattamento
Sono state lette attentamente le etichette dei prodotti fitosanitari utilizzati
Si ricorda che: il titolare del patentino assume la responsabilità della idonea
conservazione e dell’impiego del prodotto fitosanitario
Sono forniti al lavoratore addetto al trattamento i dispositivi di protezione adeguati
(guanti, stivali, grembiule, maschera facciale intero con filtro combinato per polveri
e vapori organici)
La miscela utilizzata viene preparata in luogo aperto in prossimità della zona in cui si
effettua il trattamento
Il residuo del trattamento viene raccolto in appositi contenitori, facilmente
identificabili
Questi sono stoccati in luoghi non accessibili a persone estranee
Lo smaltimento avviene tramite ditte specializzate
TRATTAMENTO POST-RACCOLTA
AUTORIZZAZIONE………………………….N°………………………del………………………...
Prodotti ortofrutticoli trattati:…………………………………………………………………………...
Presidi sanitari utilizzati:………………………………………………………………………………...
Modalità operative e attrezzature utilizzate:……………………………………………………………..
Periodo in cui si effettua il trattamento:………………………………………………………………...
Luogo dove avviene il trattamento:……………………………………………………………………..
Tipo di macchina utilizzata per il trattamento:…………………………………………………………..
Aspetti principali della sicurezza
nei magazzini ortofrutticoli
Indice
IMPIANTI FRIGORIFERI FUNZIONANTI AD AMMONIACA
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
Ammoniaca, caratteri generali
Dispositivi di protezione individuale (D.P.I.)
Responsabilità
Documentazione minima richiesta
Componenti dell’impianto frigorifero
relativi alla sicurezza
Impianti elettrici
Prescrizioni particolari per la sala macchine
Prescrizioni particolari per le camere fredde
con riguardo ai rischi delle basse temperature
Indicazione per la manutenzione
Carrelli elevatori
Dispositivi di protezione per i carrelli elevatori
Il carrello e l’ambiente in cui opera
Manutenzione dei carrelli elevatori
Locali per la ricarica delle batterie
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
IL DECRETO LEGISLATIVO 626/94
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
Introduzione e le figure coinvolte
Il servizio di protezione e prevenzione
ed il responsabile alla sicurezza
Il medico competente
Lavoratori ed il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza (RLS)
La riunione aziendale sulla sicurezza
L’informazione dei lavoratori
La formazione e l’addestramento dei lavoratori
Documento di valutazione dei rischi
Salute e sicurezza dei lavoratori contro i rischi
derivanti da agenti chimici
ALLEGATI
¾
¾
Scheda di sopralluogo del gruppo agricoltura
Scheda 1
Documentazione per le attività in sicurezza
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
¾
¾
¾
¾
Scheda 6
Scheda 2
Sicurezza frigoriferi ad ammoniaca
Scheda 3
Deposi dei prodotti fitosanitari
Scheda 4
Carrelli elevatori
Scheda 5
Elenco documentazione da allegare
alla domanda di autorizzazione alla detenzione
di gas tossici R.D. 147/27
“Commissione Gas Tossici” - Diagramma di flusso
IMPIANTI FRIGORIFERI FUNZIONANTI AD AMMONIACA
AMMONIACA, CARATTERI GENERALI
L'ammoniaca è un gas incolore, di odore pungente caratteristico, molto solubile nei
principali solventi organici e solubile in acqua sino al 33,1 % in peso a 20 °C.
E’ esplosiva a concentrazioni in aria tra il 15% in volume (limite inferiore di esplosività) e
il 28% in volume (limite superiore di esplosività), qualora però vi sia un innesco
(sorgente di calore) che determini una temperatura di 630 °C (temperatura di
auto-accensione).
E’ corrosiva in presenza di umidità e liquefa a 15 °C alla pressione di 7,4 atmosfere.
Può reagire pericolosamente ed esplodere a contatto con iodio, cloro, bromo, fluoro,
ipocloriti ed acetaldeide. Forma altresì composti esplosivi con argento, mercurio e oro.
Miscelata anche con poca acqua, attacca rame, zinco e argento, nonché molte leghe,
specie quelle contenenti rame.
L'ammoniaca è inoltre un gas soffocante e/o irritante le cui vie di penetrazione
nell'organismo umano possono essere: inalazione, ingestione e contatto.
L'esposizione professionale avviene per inalazione e/o contatto TLV = 25 ppm (TLV
valore limite di soglia media misurata nel tempo per 8 ore al giorno e 40 ore settimanali).
Dal punto di vista tossicologico è un severo irritante degli occhi, dell'apparato
respiratorio e della pelle; concentrazioni dei gas comprese tra 2500 e 6500
ppm possono provocare importanti fenomeni irritativi corneali, bronchiali,
sintomatologia dispnoica, dolore toracico, respiro sibilante, sino all'edema
polmonare che può essere mortale.
1
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI (D.P.I.)
I mezzi normalmente usati per la difesa delle vie respiratorie sono:
1)
maschera a filtro: serve a purificare dal gas nocivo l'aria inspirata. La maschera a
filtro è costituita da facciale, schermo od occhiali, valvola di espirazione (scarico),
valvola di inspirazione, tiranti elastici, filtro antigas.
Prima di indossarla occorre controllare che sia pulita, che i tiranti siano efficienti e che sia
a perfetta tenuta. Si indossa poi introducendo profondamente il mento e portando la
maschera sulla nuca, a mezzo di tiranti. La maschera deve essere mantenuta in buono
stato, lontana da sorgenti di calore, vapori di benzina, solventi organici e simili. Dopo
l'uso occorre pulirla bene e disinfettarla, lavandola con acqua e sapone o soluzioni
specifiche di lisoformio o formaldeide, inserirla in un contenitore pulito e porre
quest'ultimo in un apposito armadietto al riparo dalla polvere e da altri agenti esterni.
Anzichè riportare per esteso il nome del gas nocivo, sui filtri antigas si può trovare anche
solo una lettera ed un colore che li identifica secondo la classificazione DIN 3181, UNI e
CEN.
Secondo questa classificazione unificata, il filtro per la protezione da vapori ammoniacali
viene identificato dalla lettera K e dal colore verde. Oltre poi alla lettera o al colore
distintivi, i vari filtri sono contrassegnati con i numeri 1, 2 e 3 che ne indicano la classe di
protezione (al numero più alto corrisponde un più alto grado di protezione).
La maschera a filtro comunque può essere utilizzata solo nel caso in cui l'ossigeno
nell'ambiente sia presente in quantità non inferiori al 16% e l'ammoniaca non superi il
3%; in caso contrario si deve fare uso dell'autoprotettore o della maschera a presa d'aria
dall'esterno.
2)
autoprotettore: serve ad escludere l'operatore dall'ambiente inquinato rifornendolo
d'aria. I tipi di autoprotettore più usati sono:
•
autoprotettore a ciclo chiuso con riserva di ossigeno;
•
autoprotettore a ciclo aperto con riserva di aria o di ossigeno;
2
In generale l'autonomia dell'autoprotettore a ciclo aperto è inferiore a quella
dell'autoprotettore a ciclo chiuso.
Quanto detto sopra è una semplice introduzione sull'uso degli autoprotettori; resta
comunque chiara una regola generale e cioè che l'uso dell'autoprotettore richiede una
perfetta conoscenza del suo funzionamento, un adeguato allenamento, nonché calma e
attenzione.
3)
maschera a presa d'aria dall'esterno: serve a rifornire d'aria l'operatore
prelevandola dall'ambiente esterno non inquinato. Quando si deve permanere in
un ambiente inquinato dove non c'è ossigeno sufficiente per la respirazione (%
inferiore al 16%) a sostituzione dell'autoprotettore si può collegare la maschera
con un tubo a presa d'aria dall'esterno.
In generale viene scelta questa soluzione quando l'operatore non ha bisogno di ampia
libertà di movimenti.
Negli impianti frigoriferi, utilizzanti gas ammoniaca come fluido frigorigeno, assume
grande importanza, per la gestione dei suddetti impianti, il possesso, il corretto utilizzo e
l'idonea conservazione dei mezzi di protezione delle vie respiratorie.
Concludendo, gli addetti alla manipolazione dell'ammoniaca nei magazzini frigoriferi
devono essere in possesso dei seguenti mezzi di protezione delle vie respiratorie:
a)
per interventi in zone a cielo aperto o ben ventilate (percentuale di ossigeno non
inferiore al 16%):
- maschera a facciale completo munita di filtro specifico in dotazione
individuale;
b)
per interventi in zone non aerate o comunque in casi di gravi fuoriuscite di
ammoniaca:
- autoprotettore.
3
Per impianti che utilizzano un quantitativo di ammoniaca compreso tra 10 e 500 Kg. deve
essere tenuto in azienda un autoprotettore, mentre per quantitativi superiori di
ammoniaca devono essere tenuti in azienda due autoprotettori.
Per la protezione delle altre parti del corpo, gli addetti alla manipolazione dell'ammoniaca
nei magazzini frigoriferi devono essere in possesso dei seguenti mezzi di protezione:
a)
MANI: guanti in gomma (neoprene o PVC) in dotazione individuale;
b)
GAMBE E PIEDI: scarpe di gomma o stivali di gomma in dotazione individuale;
c)
CORPO: tuta in plastica impermeabile ai gas in dotazione individuale;
d)
TESTA: cappuccio in PVC in dotazione individuale.
Gli indumenti contaminati da ammoniaca dovranno essere immediatamente tolti e
sottoposti ad abbondanti lavaggi con acqua.
Tutti i mezzi di protezione individuale dovranno essere conservati con cura, in modo da
non poter essere manomessi e posti in luogo pulito e riparato (armadietto) in prossimità
dell'impianto, ma fuori delle zone esposte ai rischi. Infine deve essere fornita agli addetti
una adeguata istruzione sull'utilizzo dei mezzi di protezione. Inoltre in luogo facilmente
accessibile si dovrà disporre di una doccia di emergenza e lava occhi.
N.B.: Si fa presente che la manipolazione dell'ammoniaca e gli eventuali interventi di
emergenza sono di inderogabile ed esclusiva competenza del personale munito di
apposito patentino.
4
RESPONSABILITÀ
In ogni impianto frigorifero dove venga utilizzato gas ammoniaca, devono essere
individuabili le seguenti figure:
a)
il titolare dell'autorizzazione all'utilizzo di gas tossico ammoniaca;
b)
il direttore tecnico dei servizi relativi all'impiego del gas tossico;
c)
il personale provvisto di patente di abilitazione all'impiego del gas tossico
ammoniaca.
Secondo quanto indicato dal R.D. 147/27 è necessario che un laureato in chimica, in
farmacia, in chimica industriale o in ingegneria chimica dichiari di assumere la direzione
tecnica dei servizi relativi alla utilizzazione del gas tossico ammoniaca. Non è da
escludere la possibilità di servirsi, per l'acquisizione del laureato di cui sopra, di una
figura a contratto libero-professionale.
DOCUMENTAZIONE MINIMA RICHIESTA
Presso tutti gli impianti interessati, deve essere sempre presente e messa a disposizione
degli organi di controllo la seguente documentazione:
a)
documento di valutazione del rischio ai fini del DLgs. 626/94;
b)
schema del sistema frigorifero (compressore, separatore, valvola di espansione,
evaporatore, organi di intercettazione, ecc.);
c)
scheda mod. B di denuncia dell'impianto di messa a terra vidimata dall'Ente
preposto Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) – Istituto Superiore Prevenzione
e Sicurezza Lavoro(ISPESL) di Forlì, per gli impianti realizzati prima del
23.01.2002;
d)
dichiarazione di conformità, spedita entro 30 giorni dalla messa in esercizio
dell’impianto, all’ISPESL ed alla A.U.S.L di Forlì.- Unità Operativa Impiantistica ed
Antinfortunistica (UOIA), per gli impianti realizzati dopo il 23.01.02;
e)
verbali delle verifiche periodiche;
5
f)
dichiarazione di conformità rilasciata dall'impresa abilitata che ha realizzato,
ovvero ha sottoposto a manutenzione straordinaria, gli impianti elettrici dopo il
13/03/90, data di entrata in vigore della Legge 46/90;
g)
scheda mod. C - denuncia di installazioni elettriche in luoghi con pericolo di
esplosione e incendio - vidimata dall’AUSL di Forlì per impianti con quantitativi di
ammoniaca superiori a 200 kg. e per gli impianti realizzati prima del 23.01.2002;
h)
dichiarazione di conformità, spedita entro 30 giorni dalla messa in esercizio
dell’impianto, alla A.U.S.L di Forlì.- U.O.I.A., per gli impianti in luoghi con pericolo
di esplosione, realizzati dopo il 23.01.02;
i)
verbali delle verifiche periodiche;
j)
copie dei libretti matricolari ANCC/ISPESL comprensivo delle copie degli ultimi
verbali di verifica per gli apparecchi a pressione inseriti in impianti dove vi sia
almeno un apparecchio con volume superiore a 1000 litri, l’apparecchio di
dimensioni superiori è generalmente il separatore;
k)
autorizzazione all'utilizzo dell'ammoniaca, per quantitativi superiori ai 75 kg.,
rilasciata dal Sindaco del Comune ove è ubicato l'impianto; Il Sindaco per
l’espressione del parere si avvale, così come stabilito dal Regio Decreto n° 147
del 09/01/1927, di una Commissione Provinciale Gas Tossici composta anche
dagli ingegneri e dai tecnici del Dipartimento di Prevenzione dell’AUSL di Cesena
(* vedi nota).
l)
certificato di prevenzione incendi o nulla osta provvisorio, rilasciato dal Comando
Provinciale dei VV.FF, per i magazzini che hanno superficie superiore a1000 mq;
m)
piano per la gestione dell’emergenza in caso di incendio per le aziende con
almeno 10 addetti 1 ;
n)
registro infortuni.
*
La domanda di autorizzazione all’utilizzo dell’ammoniaca (Vedi punto K ) va
inoltrata al Sindaco del comune in cui è ubicato l’impianto in oggetto. La domanda deve
essere corredata dalla documentazione indicata in apposito elenco allegato (vedi scheda
n.5).
La verifica della documentazione viene effettuata ai sensi del Regio Decreto n° 147 da
apposita commissione Provinciale. Tenuto conto delle esigenze e problematiche tecniche
1
I criteri generali di sicurezza ai fini Dl 626/94 sono specificati dal Decreto 10/3/98, in cui si specifica che il datore di
lavoro dovrà provvedere a: ridurre la probabilità di incendio, garantire l’efficienza dei mezzi di protezione, fornire
adeguata formazione e informazione, redigere il piano di emergenza in conformità dell’allegato 8 dello stesso decreto.
6
sempre più particolari in relazione al progresso tecnologico che si è avuto in tali tipi di
impianti, la commissione Provinciale di Forlì è stata integrata da tecnici del settore dell’
Unità Operativa Impiantistica Antinfortunistica (U.O.I.A.) e dell’ Unità Operativa
Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (U.O.P.S.A.L.). Quindi prima che la pratica
venga esaminata dalla commissione si procede alla istruzione della pratica mediante un
sopralluogo congiunto da parte di tecnici dei due Servizi sopracitati. All’atto della visita
ispettiva si procede sia al controllo della parte amministrativa dei documenti inseriti nella
domanda e dei piani di emergenza ed evacuazione, in accordo con le pratiche di
protezione antincendio dei VVFF, sia alla verifica oggettiva sullo stato dell’ impianto e
della sua manutenzione. In particolare dovrà essere presente debitamente compilato e
aggiornato il registro dei controlli, si verificheranno le modalità di accesso in sicurezza ai
locali tecnici nonchè alle varie valvole di intercettazione e/o regolazione, le modalità di
controllo dell’acqua nella vasca di neutralizzazione.
Possono essere impartite opportune disposizioni per rientrare negli standard di sicurezza
voluti dalla commissione oppure se nulla osta, viene trasmesso il parere favorevole alla
commissione per la preparazione della pratica nella seduta plenaria.
COMPONENTI DELL'IMPIANTO FRIGORIFERO
RELATIVI ALLA SICUREZZA
I compressori e i recipienti a pressione dell'impianto frigorifero (in alta e bassa pressione)
devono essere dotati di dispositivi:
1- di misura (manometri, termometri);
2- di regolazione (termostati, pressostati, flussostati, ecc.);
3- sicurezza.
Il getto di scarico dei dispositivi di sicurezza deve essere dislocato in modo da non
costituire pregiudizio per la sicurezza delle persone.
Qualora lo scarico venga abbattuto in vasca contenente acqua pura, questa deve essere
destinata a questo solo uso, deve essere sottratta alla possibilità di congelamento senza
aggiunta di sostanze estranee, deve avere capacità cinque volte superiore a quella
7
dell'intero ciclo (650 kg. di ammoniaca necessitano di cinque metri cubi di acqua) ed
essere dotata di controllo di livello del liquido.
I pressostati ad alta pressione, i termostati e in genere i dispositivi di regolazione, di
controllo e di misura, devono essere "a sicurezza positiva" ossia devono garantire le
condizioni di sicurezza anche in condizioni di guasto.
Il sistema frigorifero deve essere provvisto di un adeguato numero di organi di
intercettazione (valvole, rubinetti) facilmente identificabili, tali da consentire agevoli e
sicure operazioni di manutenzione, riparazione ed emergenza .
E’ raccomandato l'impiego di tubi d'acciaio non saldati, oppure saldati di resistenza
equivalente.
Le tubazioni devono essere verniciate con differenti colori, in base alla sostanza che vi
circola.
I tubi contenenti ammoniaca devono recare bande di colore viola oppure l'indicazione
"ammoniaca" e devono essere contrassegnati con il verso di flusso.
Devono essere previste tabelle facilmente consultabili, da cui risulti la codifica dei colori
utilizzati nelle tubazioni in stabilimento.
IMPIANTI ELETTRICI
1) Negli impianti frigoriferi, con più di 200 Kg di ammoniaca in ciclo, gli ambienti di
lavoro devono essere classificati in base a quanto previsto dalle Norme CEI 64-2, per
gli impianti nuovi devono essere utilizzate le norme CEI 31/30. Per gli impianti in
luoghi con pericolo di esplosione ed incendio, realizzati prima del 23.01.02, dovrà
essere conservata presso l’attività la denuncia per impianti con pericolo di esplosione
ed incendio, “Mod. C”, mentre per gli impianti realizzati dopo il 23.01.02 dovrà essere
inviata la Dichiarazione di Conformità entro 30 giorni dalla messa in esercizio
dell’impianto all’A.U.S.L. di Forlì U.O.I.A.
8
2) In base al risultato della classificazione gli impianti elettrici devono essere realizzati:
a) nelle zone AD, (zona con pericolo esplosione ed incendio) secondo l'esecuzione
richiesta dalla Tab. IV della Norma CEI 64-2, CEI 31-33.
b) Negli ambienti classificati non AD deve essere applicata la norma generale CEI
64-8.
3) Deve essere prevista un'illuminazione sussidiaria sufficiente a permettere, in caso di
necessità, le manovre di emergenza e l'evacuazione del personale.
Per gli impianti frigoriferi costruiti e/o adeguati prima del 01/05/87, data di entrata in
vigore della norma CEI 64-2, fascicolo 807, si potrà fare riferimento al D.M. 10/6/80 e di
conseguenza accettare sistemi di controllo di esplosività dell'atmosfera con rilevatori che:
1)
siano sensibili alla presenza del 2% di ammoniaca nell'aria;
2)
nel caso di presenza di ammoniaca nell'aria, nella percentuale suddetta,
interrompano l'erogazione di energia elettrica agli impianti interessati attivando sistemi
acustici e luminosi di allarme situati in luoghi presidiati;
3)
ripristinino l'erogazione di energia, mediante intervento manuale, soltanto quando
sia stato eseguito il risanamento ambientale.
La collocazione dei sensori ed i requisiti degli stessi dovranno essere quelli previsti dalle
Norme CEI 64-2, vigenti all'atto della realizzazione dell'impianto. L'impianto elettrico deve
essere adeguatamente sezionato.
Deve essere previsto un interruttore onnipolare oppure un pulsante, che azioni la bobina
di sgancio di tale interruttore all'esterno della zona AD determinata in assenza di
ventilazione artificiale, secondo il procedimento generale.
PRESCRIZIONI PARTICOLARI PER LA SALA MACCHINE
a)
La sala macchine serve a contenere le macchine frigorifere e non può essere
destinata ad altro uso.
9
b)
La sala macchine deve anche avere le caratteristiche generali stabilite al p.to 6.
1.1 della Norma UNI 8011.
c)
La sala macchine, nel caso in cui l'ammoniaca in ciclo sia superiore a 500 kg.,
deve anche avere le caratteristiche supplementari stabilite dal p.to 6.1.2.1 della Norma
UNI 8011.
d)
La sala macchine deve essere chiaramente contrassegnata con un cartello affisso
sulla porta, indicante anche il divieto di ingresso alle persone non autorizzate.
e)
In sala macchine, qualora manchi una ventilazione artificiale continua, che assicuri
aria fisiologicamente pura anche per quantitativi di ammoniaca in ciclo inferiore a 200
kg., devono essere installati dispositivi rilevatori di ammoniaca, in relazione alla tossicità
dello stesso gas. Tali dispositivi devono essere ubicati nella parte alta del locale o al
massimo alla distanza di 0,5 mt. dal soffitto al di sopra degli elementi non statici
dell'impianto (ad es. compressori) dai quali si può verificare una fuga di ammoniaca.
l rilevatori devono essere a doppia soglia di intervento: una soglia di pre-allarme (pari al
massimo allo 0, 1 % di ammoniaca in aria) che fa scattare un dispositivo di allarme visivo
e sonoro in un posto presidiato e una soglia di allarme (pari al max. al 2% di ammoniaca
nell'aria) che fa scattare un allarme sonoro udibile in tutti i punti dello stabilimento e
mette fuori tensione tutte le apparecchiature elettriche, ad eccezione dell'impianto di
ventilazione meccanica e degli altri servizi di sicurezza.
PRESCRIZIONI PARTICOLARI PER LE CAMERE FREDDE CON RIGUARDO AI
RISCHI DELLE BASSE TEMPERATURE
Occorre adottare una serie di misure atte a garantire condizioni di sicurezza per
lavoratori nelle camere fredde (in particolare in quelle in cui la temp. è minore di 0 °C).
a)
In una camera fredda una persona non deve mai lavorare sola. Se ciò è
inevitabile, la sicurezza di queste persone deve essere verificata almeno ogni ora.
10
b)
In caso di interruzione dell'illuminazione, i passaggi che conducono ai dispositivi di
chiamata di soccorso devono essere riconoscibili, sia per mezzo di illuminazione
indipendente, sia per mezzo di segnali luminosi, sia con altri mezzi appositi.
c)
Alcuni minuti dopo la fine del lavoro, una persona responsabile deve effettuare
una ricognizione in modo da assicurarsi che nessuna persona resti nelle camere fredde e
deve chiuderle dopo essersi assicurata che nei locali non vi siano persone.
d)
In qualsiasi momento deve essere possibile uscire dalle camere fredde. Ci si deve
assicurare che le persone, che vi siano rimaste eventualmente chiuse, possano attirare
l’attenzione di altre persone all'esterno o uscirne da sole.
e)
Tutte le uscite di soccorso devono essere mantenute in buono stato di
funzionamento, periodicamente controllate e devono essere facilmente accessibili in ogni
momento.
f)
Le camere fredde devono essere contrassegnate con un cartello affisso sulle porte,
indicante anche il divieto di ingresso alle persone non autorizzate.
INDICAZIONI PER LA MANUTENZIONE
E’ indispensabile la nomina formale di chi effettua le operazioni di manutenzione.
In pratica, ogni titolare dell'Azienda, o meglio ogni responsabile tecnico, deve indicare
per iscritto se la manutenzione viene effettuata da personale interno oppure da ditte
specializzate esterne.
Naturalmente, se la manutenzione viene effettuata da personale interno (le cui generalità
dovranno comunque apparire per iscritto) questo dovrà avere un sufficiente grado di
preparazione e conoscenza dell'impianto.
11
CARRELLI ELEVATORI
Il carrello elevatore, nelle sue varie forme, ha raggiunto un notevole impiego nel
comparto ortofrutticolo.
La diffusione di questo mezzo ha creato una serie di problemi che vanno oltre la semplice
dotazione di idonei mezzi di protezione, ma riguardano sia l'ambiente in cui il carrello
opera, sia il binomio operatore-macchina.
I carrelli oggi commercializzati sono alimentati:
-
con motore a combustione interna (p.es. diesel);
-
con motore a trazione elettrica.
Quelli utilizzati all'interno dei magazzini ortofrutticoli devono essere azionati mediante
motore elettrico in quanto, se così non fosse, sorgerebbero seri problemi di inquinamento
dovuto ai gas combusti.
Sotto l'aspetto della sicurezza di esercizio, si può dire che le probabili cause di infortunio
possono riferirsi:
-
al mezzo utilizzato;
-
alla viabilità;
-
al carrellista.
Per evitare l’evento infortunistico è necessario valutare attentamente in azienda il livello
di sicurezza in relazione seguenti aspetti:
-
adeguatezza dei dispositivi di protezione del carrello;
-
inserimento del carrello nell’ambiente di lavoro;
-
manutenzione del carrello elevatore.
12
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE PER I CARRELLI ELEVATORI
I principali dispositivi di sicurezza che devono possedere i carrelli elevatori sono i
seguenti:
1)
Rete o lastra anticesoiamento, fissata sui montanti di sollevamento del carico o
sulla parte frontale della cabina. Ciò se i montanti sono accessibili da parte dell'operatore
seduto.
2)
Tettuccio di protezione del posto di guida, contro le cadute di materiale dall'alto.
Questa protezione nei carrelli con uomo a terra è sostituibile con una griglia reggicarico,
installata sul tallone delle forche e sollevabile con essa.
3)
Dispositivi contro la discesa del carico, in caso di improvvisa mancanza della forza-
motrice.
4) Dispositivi di arresto a chiave estraibile su tutti i tipi di carrello, che non consentano la
possibilità di messa in moto, se non mediante il reinserimento e la rotazione della
chiave stessa.
5) Comandi dotati di protezione contro l'azionamento accidentale e con il ritorno
automatico della leva di comando in posizione neutra.
6) Per i carrelli messi a disposizione dei lavoratori prima del 05/12/98 è previsto
l’adeguamento entro il 05/12/02 per prevenire i rischi di schiacciamento in caso di
ribaltamento. I carrelli elevatori devono essere sistemati o attrezzati in modo da
limitare i rischi di ribaltamento ad esempio: installando una cabina per il conducente,
mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento, mediante una struttura
concepita in modo da lasciare in caso di ribaltamento uno spazio tra il suolo e le parti
della macchina, mediante una struttura che trattenga il lavoratore sul sedile (D.L.vo
359/99).
13
IL CARRELLO E L'AMBIENTE IN CUI OPERA
Nel considerare l'inserimento di un carrello in un determinato ambiente si dovranno
quindi valutare:
1)
Rispondenza del mezzo alle necessità operative: portata adeguata al carico e uso
di mezzi a trazione elettrica in locali chiusi.
2)
Efficacia del programma di manutenzione.
3)
Adeguata formazione del personale.
4)
Condizioni di sicurezza dei percorsi.
5)
Norme ben definite di comportamento per gli operatori.
6)
Procedure di sicurezza per l'espletamento di tutte le operazioni necessarie all'uso
dei carrelli: carica delle batterie, manipolazione dell'acido solforico ecc..
Il percorso dei carrelli dovrà avere una circolazione regolamentata; gli ostacoli, le buche,
le chiazze d'olio e le inclinazioni eccessive o brusche dovranno essere eliminate per
quanto possibile dai percorsi.
La viabilità deve prevedere una serie di norme di circolazione, studiate e predisposte
secondo il numero dei mezzi presenti; inoltre dovranno essere estese agli ambienti di
lavoro tutte le norme del codice della strada fissando, ad esempio, una velocità massima
nei punti pericolosi, mettendo segnali di pericolo, di avviso, di divieto di trasporto di
persone.
Particolare attenzione dovrà essere prestata per le curve cieche, facendo uso di specchi,
con l'obbligo di segnali acustici e velocità moderata; tutti i passaggi (anche grigliati e
passerelle e pozzetti) devono avere i necessari requisiti di portata.
Gli incroci devono essere regolamentati istituendo regole di precedenza, basate, secondo
i casi, sull’importanza dei percorsi e/o dei mezzi.
Si puntualizza inoltre che l'uso "saltuario" di carrelli elevatori per il sollevamento delle
persone, solo per i lavori di manutenzione e/o riparazione, può essere consentito a
14
condizione che siano rispettate le prescrizioni dell’Art. 184 del DPR 547/55 come
integrato e modificato dal D.Lvo 4/8/99 n. 359 ed in particolare:
1)
che la piattaforma di lavoro sia delimitata da una gabbia di protezione laterale
avente un'altezza superiore ad un metro, misurata dal punto di calpestio;
2)
che la piattaforma sia accessibile da terra mediante cancello avente chiusura di
sicurezza ed apribile verso l'interno;
3)
che i lati della gabbia verso i montanti dell'apparecchio di sollevamento siano
adeguatamente estesi, in modo da impedire il contatto di parti del corpo del
lavoratore trasportato con elementi in movimento;
4)
che le forche del carrello vengano inserite nella base della piattaforma di lavoro in
posizioni vincolate e stabili per quanto riguarda la distanza fra loro (corsie fisse), in
relazione alla necessità di ottenere una stabilità assoluta della piattaforma nelle
varie fasi di lavoro.
Dovrà essere assolutamente vietato lo spostamento del carrello con l'operatore sulla
piattaforma in posizione elevata.
Nel caso di impiego di carrelli aventi la possibilità di inclinazione in avanti e verso il basso
dei montanti, anche lieve, dovranno essere adottati idonei dispositivi atti ad impedire, in
modo dei tutto affidabile, lo sfilamento della piattaforma dalle forche medesime.
MANUTENZIONE DEI CARRELLI ELEVATORI
La manutenzione di un carrello elevatore è, come quella di tutte le apparecchiature,
fondamentale per mantenere inalterate nel tempo le originarie caratteristiche funzionali e
i requisiti di sicurezza.
15
I costruttori raccomandano, a tal fine, interventi periodici di manutenzione preventiva,
mentre precisi riferimenti legislativi obbligano i datori di lavoro ed il personale preposto in
genere, a mantenere in perfetta efficienza il mezzo e le sue protezioni.
Anche i lavoratori che utilizzano il carrello hanno il dovere e l'interesse di verificare
continuamente il buon funzionamento del mezzo e di segnalare immediatamente ai
responsabili le deficienze dei dispositivi dei mezzi di sicurezza e protezione, nonchè le
altre eventuali anomalie che possono essere causa diretta o indiretta di pericolo.
LOCALI PER LA RICARICA DELLE BATTERIE
La necessità di impiegare, per spostare le merci all'interno dei magazzini, carrelli elevatori
mossi da batterie elettriche richiede anche la dotazione di luoghi in cui effettuare la
carica e la manutenzione (rabbocco periodico) delle batterie.
Premesso che la carica delle batterie deve avvenire solo in ambienti separati dagli
ordinari ambienti di lavoro, le norme generali di prevenzione infortuni si occupano di
accumulatori elettrici.
I locali contenenti accumulatori devono essere ben ventilati e all’ingresso deve essere
esposto un avviso chiaramente visibile per richiamare il divieto di fumare e di introdurre
lampade a fiamma libera.
Gli operatori addetti alla manutenzione delle batterie dovranno essere adeguatamente
formati sulle procedure di sicurezza, inoltre dovranno essere dotati di adeguati dispositivi
di sicurezza (occhiali, guanti e schermo facciale).
16
IL DECRETO LEGISLATIVO 626/94
INTRODUZIONE E LE FIGURE COINVOLTE
Il decreto legislativo 626/94 tende ad istituire in azienda un sistema di gestione
permanente ed organico diretto alla individuazione, valutazione, riduzione e controllo
costante dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori mediante:
•
la programmazione delle attività di prevenzione;
• l'informazione,
la
formazione
e
la
consultazione
dei
lavoratori
e
dei
loro
rappresentanti;
•
l'organizzazione di un servizio di prevenzione e protezione.
In tale quadro assumono particolare rilievo alcune nuove figure quali il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione, il rappresentante dei lavoratori della
sicurezza e il medico competente.
Nel settore agricolo, il DLgs. 626/94, si applica alle aziende dove sono presenti:
•
lavoratori a tempo indeterminato;
•
lavoratori a tempo determinato;
•
soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto.
IL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE ED IL RESPONSABILE DELLA
SICUREZZA
Il servizio di prevenzione e protezione partecipa attivamente alle varie fasi di
organizzazione e gestione della sicurezza, individuando:
• i fattori di rischio presenti in azienda;
• le misure di sicurezza da adottare.
Inoltre, supporta il datore di lavoro:
• ad elaborare il documento relativo alla valutazione dei rischi;
• a programmare l'informazione e la formazione dei lavoratori.
17
Il datore di lavoro, nell'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione può far
ricorso a dipendenti dell'azienda o a persone e servizi esterni alla stessa.
Inoltre, deve nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
(responsabile della sicurezza) che può essere o un dipendente dell'azienda o un tecnico
esterno alla stessa, in ambedue i casi il responsabile del servizio deve possedere
attitudini e capacità adeguate ed il nominativo deve essere comunicato all'Ispettorato del
lavoro e al Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Azienda Sanitaria Locale competente per
territorio.
Inoltre, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti del servizio di
protezione e prevenzione, nel caso in cui sia titolare di azienda agricola fino a 10
dipendenti a tempo indeterminato.
Si sottolinea, inoltre, che è richiesta anche un'attestazione di frequenza ad un corso di
formazione in tema di sicurezza, che sarà obbligatoria solo per i datori di lavoro che
hanno assunto in proprio i compiti del servizio di prevenzione e protezione dopo il 1.1.97.
IL MEDICO COMPETENTE
Il compito del medico competente è principalmente quello di effettuare la sorveglianza
sanitaria prevista dalla normativa; il datore di lavoro quindi deve nominare il medico
competente, con specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori o altre specializzazioni individuate con apposito decreto del Ministero della
Sanità. La nomina del medico competente non deve essere comunicata agli organi di
vigilanza.
Il medico competente può essere:
•
dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con il datore di
lavoro;
• libero professionista;
• dipendente del datore di lavoro.
18
LAVORATORI ED IL RAPPRESENTANTE DELLA SICUREZZA (RLS)
Il rappresentante per la sicurezza deve essere eletto o designato dai lavoratori in tutte le
aziende, egli deve ricevere una formazione adeguata ed i suoi principali compiti sono
propositivi e consultivi.
Egli “non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della sua attività”.
La normativa non attribuisce responsabilità e sanzioni, a carico del datore di lavoro, circa
la mancata nomina di questa figura; ciò nonostante è opportuno che il datore di lavoro
formalizzi una nota interna, a firma sua e dei lavoratori, in cui gli stessi sono informati di
quanto previsto dagli articoli n°18 e n°19 del DLgs. 626/94 circa le attribuzioni del
Rappresentante per la Sicurezza e nella quale prende atto dell'eventuale mancata
nomina.
LA RIUNIONE AZIENDALE SULLA SICUREZZA
E’ un momento di incontro tra tutti quelli che debbono occuparsi di sicurezza in azienda.
Lo scopo è di approvare:
• il Documento di valutazione dei rischi;
• i dispositivi di protezione individuale (DPI);
• i programmi di informazione e formazione dei lavoratori (eseguiti e previsti per il
futuro).
Devono parteciparvi:
• il datore di lavoro o un suo rappresentante;
•
il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;
•
il Rappresentante dei Lavoratori;
•
il Medico Competente (ove nominato).
Nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro è obbligato a indire,
almeno una volta all'anno, la riunione sulla sicurezza, ed inoltre, è tenuto a scrivere il
verbale della riunione ed allegarlo al Documento di valutazione dei rischi.
19
L'INFORMAZIONE DEI LAVORATORI
L'informazione deve raggiungere ciascun lavoratore in misura adeguata alla sua
mansione, alla sua cultura, alla sua capacità di comprensione.
L'obiettivo è che il lavoratore abbia consapevolezza dei rischi legati alla mansione
specifica e all'intero ciclo produttivo dell'impresa, in modo da migliorare le condizioni
generali di sicurezza.
Ecco perché l'informazione dei lavoratori è richiamata dalla legislazione in tutti i passaggi
importanti e delicati: a proposito delle attrezzature di lavoro, della movimentazione dei
carichi, del rumore, degli agenti cancerogeni e biologici, ecc.
LA FORMAZIONE E L'ADDESTRAMENTO DEI LAVORATORI
La formazione deve essere assicurata a tutti i lavoratori in modo sufficiente e adeguato in
materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e
alle proprie mansioni.
Deve essere effettuata, inoltre:
•
all'assunzione;
•
in occasione di trasferimento o cambiamento di mansioni;
•
in caso di introduzione di nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie e nuove
sostanze e preparati tali da cambiare il panorama del rischio;
•
in caso di utilizzo di dispositivi di protezione individuale classificati di terza categoria,
cioè quelli di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di
lesioni gravi e di carattere permanente (art. 4 del D.Lgs n.475/92).
C'è, inoltre, una formazione riservata agli addetti incaricati del pronto soccorso, della
lotta antincendio e dell'evacuazione (per i contenuti e l'organizzazione della quale va
consultato il rappresentante della sicurezza). La formazione, in questo caso, assume
valore di vero e proprio addestramento, con l'attuazione di periodiche prove pratiche di
intervento sul campo.
20
La formazione del lavoratore è a carico del datore di lavoro e va effettuata durante
l’orario di lavoro e finalizzata al miglioramento continuo dell’organizzazione dei processi
lavorativi e di sicurezza.
DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
Cosa deve essere compreso nel documento valutazione?
⇒ una relazione sulla valutazione dei rischi, effettuata nei vari ambienti o posti di lavoro,
comprendente i criteri adottati per la sua definizione;
⇒ descrizione delle misure di prevenzione e protezione individuate, in coerenza con i
risultati della valutazione dei rischi;
⇒ la programmazione di interventi integrati di prevenzione e protezione (tecnica,
organizzativa, sanitaria), che si intende eventualmente attuare al fine di completare
e/o ottimizzare la tutela della sicurezza e della salute.
Tutto ciò viene raccolto in una relazione (Documento di valutazione dei rischi), che
seppur semplice ed essenziale, deve permettere:
1. al datore di lavoro una corretta gestione nel tempo dei problemi evidenziati e delle
soluzioni individuate;
2. agli organi di controllo di verificare il lavoro di valutazione svolto, quindi di
avere
un
quadro di come l'azienda tutela la salute e la sicurezza dei propri lavoratori.
Il documento di valutazione deve essere predisposto dal datore di lavoro, con la
collaborazione del Servizio di Prevenzione e Protezione del Medico competente se
previsto, e con il coinvolgimento del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Il Documento della Sicurezza è una relazione scritta che deve contenere quantomeno:
•
l'identificazione dell'azienda o della unità produttiva;
•
la descrizione del ciclo lavorativo ed il numero degli addetti alle lavorazioni svolte;
21
•
l'identificazione delle sorgenti di rischio e l'individuazione dei rischi di esposizione;
•
le misure di sicurezza adottate;
•
il programma degli interventi migliorativi.
In particolare il programma degli interventi migliorativi dovrà prevedere:
•
le misure di sicurezza e protezione da porre in atto;
•
le azioni di formazione e informazione da realizzare;
•
un piano per la revisione periodica del processo di valutazione dei rischi in relazione
alla variazione dei cicli lavorativi o all'azione di controllo (registro).
Il "Documento" deve rimanere nella sede dell'Azienda, a disposizione degli enti pubblici
incaricati dei controlli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché del
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e del Medico competente (ove previsto).
Il datore di lavoro delle aziende che occupano fino a 10 addetti, in alternativa al
documento di valutazione, può autocertificare per iscritto l'avvenuta valutazione
dei rischi presenti in azienda e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA
AGENTI CHIMICI
Il D.Lgs 02/02/02 n.25 recepisce una norma comunitaria europea, che stabilisce i
requisiti minimi per la protezione dei lavoratori dai rischi chimici presenti sul luogo di
lavoro. Le nuove norme valgono in tutti i luoghi dove sono presenti agenti chimici
pericolosi, ai sensi dei decreti n.52/97 (sostanze) e n.285/98 (preparati).
In sostanza al titolo VII del D.Lgs 626/94 viene aggiunto un apposito “Titolo VII-bis
Protezione da Agenti Chimici”. Sono compresi negli agenti chimici:
-
Quelli classificati come sostanze pericolose (D.Lgs 03/02/1997 n.52), escluse le
sostanze pericolose solo per l’ambiente;
-
Quelli classificati come preparati pericolosi (D.Lgs 16/07/1998 n. 285);
-
Tutti gli agenti chimici che, pur non classificati pericolosi, possono comportare un
rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimiche,
chimico-fisiche o tossicologiche e di modalità di utilizzo o presenza sul luogo di
22
lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di
esposizione.
Le attività rientranti nel decreto sono tutte quelle in cui gli agenti chimici sono utilizzati, o
in cui se ne preveda l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compreso la produzione, la
manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei
rifiuti, o che risultino dall’attività lavorativa.
Effettuando la valutazione prevista dall’ art. n.4 del D.Lgs 626/94, il datore di lavoro
preliminarmente, determina l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di
lavoro ed i relativi rischi connessi per la sicurezza e salute dei lavoratori prendendo in
considerazione: la pericolosità e tossicità, ulteriori informazioni fornite dalla scheda
tecnica di sicurezza allegata al prodotto dal produttore o fornitore, il tipo e la durata
dell’esposizione e il quantitativo di prodotto utilizzato.
Verranno altresì tenuti in considerazione, i valori limite di esposizione o i valori limite
biologici (vedi all. n.VIII° ter e VIII° quater del D.Lgs n. 25 del 02/02/02), eventuali
riferimenti di sorveglianze sanitarie già intraprese e gli effetti delle misure preventive e
protettive da adottare.
Nella valutazione dei rischi derivanti dall’uso degli agenti chimici, il datore di lavoro deve
indicare le misure generali per la prevenzione degli stessi (vedi elenco riportato nel D.Lgs
n. 25 del 02/02/02) e determinare conseguentemente il livello di rischio della sua attività
lavorativa.
Le attività possono essere divise in due grandi classi “A” e “B”.
-
Classe “B”: presenza di rischi considerabili “Moderati”
-
Classe “A”: presenza di rischi superiori a quelli considerati “Moderati”.
Agli artt. 72-quinquies (ex 60-quinquies), comma 2 e 72-octies (ex 60-octies), viene
riportato il concetto di rischio “moderato”; entro tre mesi lo stesso dovrà essere definito
da un decreto ministeriale aggiuntivo.
Se il rischio risulta essere “moderato” (non si applicano gli articoli successivi riguardanti
misure specifiche di protezione e prevenzione. Se necessario queste ultime saranno
invece applicate con il seguente ordine di priorità:
-
adozione di processi lavorativi e materiali adeguati
-
protezione collettiva alla fonte del rischio
-
uso dei dispositivi di protezione individuale
-
sorveglianza sanitaria
In ogni caso rimane comunque l’obbligo di informare e formare i lavoratori con modalità
proporzionate alla natura e pericolosità dell’agente chimico utilizzato.
Fermo restando quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del D.Lgs 626/94 e dal D.M.
10.03.98, il datore di lavoro predispone procedure di intervento in caso di incidenti o di
23
emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro,
comprendendo esercitazioni di sicurezza.
Il Ministero del Lavoro emanerà alcuni Decreti al fine di agevolare le fasi della valutazione
del rischio di livello moderato; il datore di lavoro dovrà in ogni caso effettuare la
valutazione, se, trascorsi n.45 gg dalla pubblicazione del presente Decreto, non faranno
seguito gli approfondimenti sopra citati.
Il D.Lgs n. 25 del 02/02/02 già in vigore, pone in capo ai datori di lavoro l’obbligo di
adeguarsi entro il 23 giugno 2002 .
24
Schema funzionale del sistema di valutazione del rischio
nei depositi frigoriferi
Identificazione pericoli
Figure professionali
Ambienti
Valutazione di esposizione dei rischi
Altri rischi
Rischio Infortunistico
antiparassitari
Macchine agricole
altri agenti chimici
attrezzature varie
agenti biologici
strutture fisse
rumore
impianti elettrici
vibrazione
microclima
movimentazione carichi
DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
Scheda
individuale
di rischio
Registro
esposti
Programma
Programma
sorveglianza di accertamenti
ambientali
sanitaria
Interventi
riduzione
rischi
uso
D.P.I.
programma
informazione
e formazione
25
Operatori:
TIPO DI ATTIVITA’
Intervento piano
mirato di comparto
Chimico
Data sopralluogo:
COMMITTENZA
Iniziativa di servizio
Fisico
Industria
Agricoltura
RISCHI PRESENTI
Biologico
SETTORE
Artigianato
Commercio
Infortunistico
Altro
VERBALI
Con prescrizioni
Con disposizioni
Notizie di reato
Violazioni
data
data
data
numero
Ragione sociale
timbro
Sede legale dell’azienda
Luogo ispezionato
Numero di dipendenti (OTI;OTD stag.)
Datore di Lavoro
•
Tipo di attività
1) Magazzino ortofrutticolo
2) Stabilimento di trasformazione
3) Altro ……………………………………….
•
Prodotto stoccato …………………………………………………………………
•
Viene eseguito stoccaggio di materiale con utilizzo di tecnica del freddo ?
SI †
NO †
•
Quale fluido frigorifero viene utilizzato
•
In azienda viene stoccato del prodotto fitosanitario?
•
E’ presente un deposito fitosanitario autorizzato?
•
Se non è presente un deposito autorizzato, i prodotti fitosanitari (MT, T, N o altri ) sono mantenuti e
separati mediante vetrinette o scaffalature chiuse a chiave, lontano da generi alimentari o mangimi?
SI †
NO †
•
Vengono eseguiti trattamenti Post-raccolta?
† AMMONIACA
† ALTRO
(VEDI SCHEDE 1-2)
(VEDI SCHEDA 1)
SI †
NO †
SI † (VEDI SCHEDA 3)
SI †
NO †
(VEDI SCHEDA 3)
26
Servizi
OBBLIGHI GENERALI AL DL626/94
•
E’ tenuto un registro infortuni ?
SI †
NO †
•
E’ stato formalmente organizzato il SPP?
SI †
NO †
totalmente esterno? †
•
totalmente interno? †
SI †
E’ stato designato il RSPP?
Nominativo ………………………………………………..
esterno? †
•
Misto? †
NO †
in data …………………….
interno a tempo pieno ? †
datore di lavoro? †
Con quale procedura si informa, i lavoratori, sui rischi che si possono avere all’interno
nell’azienda ? …………………………………………………………………………………
•
E’ stato fatto un documento di valutazione dei rischi ?
Autocertificazione
SI †
NO †
SI †
NO
SI †
NO †
†
Tale documento viene aggiornato ?
†
•
Sono stati frequentati dei corsi sul DL626/94?
•
Quali ……………………………………………………………………………………………
•
E’ stato formalmente nominato RLS?
SI †
NO
†
•
Mansione del RLS …………………………………………………………………………….
•
E’ stato formalmente nominato il medico competente?
SI †
NO
†
• Per l’attività vengono utilizzati dei carrelli elevatori?
SI †
NO †
(VEDI SCHEDA 4)
•
Quanti ? …………
elettrici…………..
•
Vengono disposte e fatte rispettare regole di circolazione per le attrezzature che
manovrano in una zona di lavoro? (D.L.vo 359/99 art. 2 )
SI †
NO †
•
Vengono adottate misure organizzative e tecniche atte ad evitare che i lavoratori a
piedi subiscano danni, qualora si trovino in zone di attività di attrezzature semoventi?
(D.L.vo 359/99 art. 2 )
SI †
NO †
a combustione interna …………..
•
Il trasporto e la commercializzazione del prodotto lavorato e non, come viene
realizzato?
……………………………………………………………………………………………….………
………………………………………………………………………………………………………
• Sono distinte le zone di carico e scarico?
SI †
NO †
27
SCHEDA 1
Documentazione per le attività in sicurezza
Presso gli stabilimenti deve essere sempre presente la seguente documentazione completa di
allegati tecnici.
Impianto elettrico
Documento
Riferimento
legislativo
E’ stata presentata, all’A.U.S.L. / ISPESL di D.P.R. 547/55
art. 328
Forlì, denuncia dell’impianto di messa a
terra Mod.B?
E’ stata presentata la Dichiarazione di D.P.R. 462/02
Art. 2
conformità all’ISPESL e all’A.U.S.L. di Forlì
(U.O.I.A.) entro 30 giorni dalla messa in
esercizio dell’impianto?
Vengono eseguite le verifiche periodiche D.P.R. 547/55
Art.328
dell’impianto di messa a terra da parte dell’
D.P.R. 462/02
A.U.S.L. di Forlì o altri Organismi?
Art. 4
L’installatore ha rilasciato la Dichiarazione Legge 46/90
di Conformità dell’impianto elettrico?
Limite di
applicabilità
attività soggetta
a controllo
D.Lgs 626/94
Per impianti
realizzati prima
del 23.01.02
attività soggetta
a controllo
D.Lgs 626/94
Per impianti
realizzati dopo il
23.01.02
attività soggetta
a controllo
D.Lgs 626/94
SI
NO
Non
applicabile
Limite di
applicabilità
superficie
magazzino
>1000 mq
azienda con
> 10 addetti
SI
NO
Non
applicabile
Riferimento
legislativo
D.Lgs 626/94
SI
NO
Non
applicabile
impianti
realizzati dopo
il 13/3/90
Prevenzione incendi
Documento
E’ stato rilasciato dal Comando dei Vigili del
Fuoco il certificato prevenzione incendi?
E’ stato elaborato il piano per la gestione
dell’emergenza in caso di incendio?
Riferimento
legislativo
D.M. 16/2/82
D.M. 10/3/98
All.8
Dispositivi di protezione individuale
Dispositivo
Sono a disposizione dei lavoratori mezzi di protezione
individuali idonei, in relazione al tipo di attività svolta?
28
SCHEDA 2
Sicurezza frigoriferi ad ammoniaca
Documentazione
Presso gli impianti funzionanti ad ammoniaca deve essere sempre presente la seguente
documentazione completa di allegati tecnici.
Documento
Riferimento
legislativo
E’
stata
rilasciata
dal
Sindaco R.D. 9/1/1927
N°147
l’autorizzazione all’utilizzo dell’ammoniaca?
Limite di
applicabilità
per quantità di
ammoniaca
> 75 Kg.
Sono disponibili in azienda i libretti ANCCR.D.
almeno un
apparecchio con
ISPESL per gli apparecchi a pressione?
12/5/1927
N° 824
vol. > 1000 litri
Vengono eseguite le verifiche periodiche
R.D.
almeno un
apparecchio con
degli apparecchi a pressione.da parte
12/5/1927
N° 824
vol. > 1000 litri *
dell’A.U.S.L. di Forlì?
E’ stata presentata all’A.U.S.L. di Forlì la
Norma CEI
quantitativi di
64/2
denuncia delle installazioni elettriche in
ammoniaca
D.M. 10/6/80
> 200 Kg.
luoghi con pericolo di esplosione Mod.C.?
e per impianti
realizzati prima
del 23.01.02
E’ stata presentata la Dichiarazione di D.P.R. 462/02 attività soggetta
Art. 5
Conformità all’A.U.S.L. di Forlì (U.O.I.A.)
a controllo
D.Lgs 626/94
entro 30 giorni dalla messa in esercizio
Per impianti
dell’impianto?
realizzati dopo il
23.01.02
Sono eseguite le verifiche periodiche delle D.P.R. 547/55
quantitativi di
art. 336
installazioni elettriche in luoghi con pericolo
ammoniaca
> 200 Kg
di esplosione.da parte dell’A.U.S.L. di Forlì D.P.R. 462/02
Art.6
o altri Organismi?
SI
NO
Non
applicabile
* l’apparecchio di dimensioni maggiori è generalmente il separatore.
Responsabili
Figure che debbono essere individuate presso ogni impianto
Figura da individuare
Riferimento
Titolare dell’autorizzazione ad utilizzare il gas
tossico ammoniaca.
R.D. 9/1/1927
N°147
Nominativo
Direttore tecnico dei servizi relativi all’impiego come sopra art.6
del gas tossico.
laureato in
chimica
Personale provvisto di patente di abilitazione
R.D. 9/1/1927
N° patentati:
N°147
all’impiego del gas tossico.
Manutenzione
Documento
E’ stato stipulato un contratto di
manutenzione con una ditta specializzata
con reperibilità in caso di guasto?
Riferimento
legislativo
disposizione
commissione
gas tossici
Limite di
applicabilità
per attività con
meno di 3
patentati
SI
NO
Non
applicabile
29
Mezzi di protezione
Dispositivi generici per addetti alla manipolazione
dell’NH3
Sono disponibili dispositivi di protezione individuali per
il corpo, mani, piedi , testa?
Riferimento
legislativo
DLgs. 626
art. 45
Sono presenti in azienda delle docce di emergenza e
lava occhi in caso di investimento da NH3?
DPR 547/55
art. 367
Dispositivi di protezione per
le vie respiratorie
Sono disponibili maschere a facciale con
filtro specifico?
Riferimento
legislativo
DLgs 626
UNI 8011
Sono disponibili dispositivi autoprotettori
delle vie respiratorie da utilizzare in caso di
emergenza?
Dlgs 626
UNI 8011
SI
Limite di
applicabilità
concentrazione
di NH3
< 2% in volume
N°app X Kg NH3
n°1 se <500 Kg
n°2 se >500 Kg
NO
SI
Non
applicabile
NO
Requisiti minimi impianto frigorifero
Dispositivi
E’ prevista un’idonea illuminazione di emergenza che
consenta l’evacuazione del personale e le manovre di
emergenza?
L’impianto è dotato di un numero adeguato di valvole
di intercettazione atte ad isolare determinati tratti di
impianto?
Esiste uno schema dell’impianto frigorifero con indicati
i dispositivi di intercettazione della NH3?
I dispositivi di
contrassegnati?
intercettazione
della
NH3 sono
Riferimento
legislativo
Dlgs 626
art 33
UNI 8011
DPR 547/55
art. 245
SI
NO
Non
applicabile
SI
NO
Non
applicabile
UNI 8011
7.1.1.2
UNI 8011
5.4.5.4
Gli evaporatori sono dotati dei necessari requisiti di
resistenza e stabilità se installati a sbalzo?
DPR 547/55
art. 374
Le valvole di intercettazione dell’ NH3 sono accessibili
in sicurezza in caso di emergenza?
DM 10/3/98
all. 8°
Gestione emergenze
Adempimento
Sono state impartite delle istruzioni per la messa in
sicurezza degli impianti?
Riferimento
legislativo
DM 10/3/98
Sono apposte delle planimetrie che indichino le vie di
evacuazione?
DM 10/3/98
Sono apposte delle planimetrie di dettaglio con
l’indicazione delle intercettazioni principali degli
impianti? (elettrici, NH3, ecc.)
DM 10/3/98
30
SCHEDA 3
DEPOSITI DEI PRODOTTI FITOSANITARI
PARTE A
DEPOSITI DEI PRODOTTI FITOSANITARI
AUTORIZZAZIONE (DPR 1255/68 art. 9 -D.P.R. 290/01 art. 21) N° …….. del ……………
• I prodotti fitosanitari autorizzati sono conservati ed impiegati correttamente dagli
utilizzatori in conformità a tutte le indicazioni e le prescrizioni riportate in etichetta?
( D.L.vo 194/95 art. 3 comma 3, lettera C.)
SI † NO †
• Nominativo dei preposti al deposito e alla vendita : …………………………………………
• Il deposito è provvisto di Certificato di Prevenzione Incendi?
SI † NO †
•
Oltre 500 ql. di prodotto fitosanitario e concime stoccato è OBBLIGATORIO il Certificato
di Prevenzione Incendi (DM16/2/82, punto 60)
PARTE B Caratteristiche dei locali (Circolare n. 15 del 30/4/93 )
I locali sono situati a piano terra o comunque in un area con accesso diretto SI
all’esterno?
Il locale dei prodotti fitosanitari e coadiuvanti classificati MT –T-N ( ex I°-II°) è
distinto e chiuso a chiave dal locale da altri prodotti (ex III°-IV°) ;
Nei piccoli locali di vendita la separazione può essere realizzata anche mediante
vetrinette chiuse a chiave
L’altezza minima è di 3m
Le pareti sono trattate con pittura idrorepellente fino ad un altezza massima di
stoccaggio
Il pavimento è impermeabile e privo di fessurazioni ed è provvisto di un sistema a
tenuta per la raccolta delle acque
Vi è un adeguato sistema di areazione naturale?
Vi è un adeguato sistema di areazione artificilale atto a garantire 4/6 ricambi ora
del volume totale dell’aria?
Vi è un punto dove viene erogata dell’acqua e sono presenti prodotti assorbenti
per la bonifica (sabbia, segatura, farina fossile, bentonite)
E’ vietato l’uso di stufe elettriche e bruciatori a gas, la temperatura dei locali deve
essere tale da non compromettere la sicurezza dei prodotti immagazzinati?
Le confezioni dei presidi sanitari sono tenute su appositi scaffali, non a contatto
diretto con pareti e pavimenti?
NO
31
PARTE C
Mezzi di protezione individuale
Gli addetti alla manipolazione dei prodotti fitosanitari sono dotati di DPI (occhiali,
guanti ,stivali, grembiule o tuta gommata, maschera a facciale intero con filtro
combinato per polveri e vapori organici)?
E’ formalizzato un programma di intervento in caso di rottura di contenitori o di
spandimento di preparati pericolosi?
(NB) L’addetto deve indossare idonei DPI (maschera facciale, guanti, stivali,
grembiuli, ecc) in relazione al concreto pericolo e procedere alle operazioni di
bonifica.
1) In caso di fuoriuscita di liquidi occorre assorbire su inerte (farina fossile o
bentonite) e raccogliere in un contenitore adeguato.
2) In caso di spandimento di polvere occorre raccogliere direttamente e
travasare in un contenitore adeguato.
In entrambi i casi il materiale raccolto, essendo considerato rifiuto speciale o
tossico o nocivo, deve essere stoccato e smaltito secondo quanto previsto dalle
vigenti legislazioni.
I mezzi di protezione individuale sono conservati in appositi armadietti, posti in
prossimità del deposito?
E’ presente nelle immediate vicinanze una doccia lavaocchi, doccia e lavandino
con comando a pedale?
E’ stata data informazione sulle misure di emergenza sui rischi inerenti alla
seguente attività ?
E’ presente una cassetta di pronto soccorso?
In prossimità dell’apparecchio telefonico sono tenuti affissi i numeri telefonici del
centro antiveleni e guardia medica e presidio ospedaliero più prossimo?
PARTE D
SI
NO
SI
NO
Stoccaggio e movimentazione
I prodotti contenuti nei sacchi devono essere stoccati in scaffalature oppure pile
ad altezza limitata
Deve essere prevista una segnaletica che identifichi la natura dei rischi connessi
ai prodotti stoccati
Devono essere presenti informazioni e le norme comportamentali attinenti alla
movimentazione, allo stoccaggio e alle procedure adottate in caso di emergenza
Gli imballaggi deteriorati o danneggiati devono essere stoccati, prima dello
smaltimento, in recipienti a tenuta idoneamente etichettati
32
SCHEDA 4
Sicurezza carrelli elevatori
Requisiti minimi
Dispositivi
La portata del carrello elevatore è adeguata al tipo di lavoro da eseguire
Riferimento
legislativo
DPR 547/55
art. 168
Il carrello è dotato di rete o lastra anticesoiamento fissata sui montanti di
sollevamento del carico o sulla parte frontale della cabina
DPR 547/55
art. 182
Il carrello è dotato di tettuccio di protezione del posto di guida, contro le
cadute di materiale dall’alto
DPR 547/55
art. 182
Il carrello è dotato di dispositivo contro la discesa del carico, in caso di
mancanza della forza motrice
DPR 547/55
art. 174
I comandi del carrello sono protetti contro l’azionamento accidentale
DPR 547/55
art. 183
Il sedile del posto di guida è fissato saldamente al telaio del carrello*
DPR 547/55
art. 374
SI
NO
* nel caso che il sedile sia fissato al cofano di copertura del vano motore o batterie quest’ultimo dovrà essere
fissato saldamente al telaio del carrello.
Manutenzione ed adeguamenti
Procedura
I mezzi sono sottoposti a regolare manutenzione al fine di garantirne
l’efficienza nel tempo in particolare dei dispositivi di sicurezza
Riferimento
legislativo
DPR 547/55
art. 374
SI
NO
Se i carrelli sono utilizzati per il sollevamento di persone, questo avviene
solamente utilizzando idonei accessori
I lavoratori provvedono a segnalare al responsabile delle manutenzione
ogni eventuale anomalia riscontrata nell’utilizzo del mezzo
D.Lgs 626/94
art. 39
Per i carrelli messi a disposizione dei lavoratori prima del 5/12/98 è
previsto l’adeguamento entro il 05/12/2002 per prevenire i rischi di
schiacciamento in caso di ribaltamento
D.Lgs 626/94
art. 36 **
modificato da
D.Lgs 359/99
** I carrelli elevatori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitare i rischi di ribaltamento
ad esempio: installando una cabina per il conducente, mediante una struttura atta ad impedire il
ribaltamento, mediante una struttura concepita in modo da lasciare in caso di ribaltamento uno
spazio tra il suolo e le parti della macchina, mediante una struttura che trattenga il lavoratore sul
sedile.
33
Utilizzo dei carrelli elevatori
Uso del carrello
Gli operatori addetti all’uso del carrello hanno ricevuto una formazione ed
un addestramento specifico che li metta in grado di utilizzare tale mezzo
in modo idoneo e sicuro
Vie di circolazione
Sono disposte e sono fatte rispettare regole di circolazione per carrelli
che manovrano in zone di lavoro?
Nelle vie di circolazione è previsto uno spazio sufficiente per il passaggio
dei pedoni?
Carrelli con motore diesel
Se sono utilizzati in locali chiusi, lo scarico è dotato di un
dispositivo ossidante dei prodotti della combustione?
Nei locali chiusi, dove vengono utilizzati questi mezzi, sono
garantiti sufficienti ricambi d’aria tali da garantire la salute
dei lavoratori?
Ricarica batterie
Riferimento
legislativo
D.Lgs 626/94
art. 38
Riferimento
legislativo
D.Lgs 626/94
art. 35 mdif. da
D.Lgs 359/99
D.Lgs 626/94
art. 33
Riferimento
legislativo
Dlgs 626/94
I locali, dove avviene la ricarica delle batterie dei carrelli a
trazione elettrica, sono ben ventilati?
Gli operatori, addetti alla ricarica delle batterie, hanno
ricevuto una formazione ed un addestramento specifico?
D.Lgs 626/94
art. 38
Gli operatori, addetti alla ricarica delle batterie, hanno in
dotazione idonei dispositivi di protezione personale?
(guanti e occhiali anti acido)
DLgs 626/94
Se, eccezionalmente, i carrelli sono utilizzati per il
sollevamento di persone, sono utilizzati mezzi e/o
attrezzature idonee tali da garantire un adeguato livello di
sicurezza della persona sollevata?
SI
NO
NO
SI
NO
non
applicabile
SI
NO
non
applicabile
SI
NO
non
applicabile
DLgs 626/94
modificato da
DLgs 359/99
Riferimento
legislativo
DPR 547/55
art. 303
Sollevamento persone
SI
Riferimento
legislativo
DPR 547/55
art. 184
modificato da
DLgs 359/99
34
AZIENDA U.S.L. di CESENA
DIPARTIMENTO DI SANITA’ PUBBLICA
Via M. Moretti, 99 – 47023 CESENA
Tel. 0547/352052 – Fax 0547/304719
e-mail: [email protected]
REGIONE EMILIA ROMAGNA SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
35
Fly UP