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I prodotti alimentari della salute
I prodotti alimentari della salute Luca Petrelli 1.- Introduzione Il rapporto tra dieta alimentare e salute è noto da tempo immemorabile all’essere umano, prima ancora di ogni dimostrazione scientifica, essendo legato a quei comportamenti essenziali alla sopravvivenza della specie. Sane e corrette abitudini alimentari sono alla base di uno sviluppo armonico di ogni soggetto che, metabolizzando le razioni giornaliere di cibo, riesce a svolgere al meglio le sue mansioni vitali non sviluppando malattie che potrebbero ridurre le sue aspettative di vita. L’evidenza di tale rapporto e la comprensione, anche intuitiva, della sua importanza costituisce con tutta probabilità la spiegazione più plausibile dell’intreccio originario tra regole religiose ed alimentari. Il comando religioso legittimava al più alto livello ciò che l’esperienza, prima ancora delle risposte scientifiche, suggeriva empiricamente come la scelta più appropriata per la continuazione della specie 1 . Il digiuno, inteso come momento di sofferenza e di rinuncia, era sempre accompagnato a dei significati religiosi: fra gli Israeliti, ad esempio, la festa annuale delle espiazioni era occasione per un digiuno pubblico; l’antico Testamento accompagnava il digiuno alla preghiera per esprimere il cordoglio, come segno di ravvedimento e rimorso, o per dimostrare la serietà degli impegni presi verso Dio, laddove l’approccio cattolico moderno associa tale pratica alla vocazione d’amare il prossimo. Il corretto bilanciamento degli apporti nutrizionali per il raggiungimento di un ottimale stato di salute è influenzato da condizioni ambientali quali il clima, da eventuali () Il presente lavoro costituisce una parziale rivisitazione della relazione su I prodotti alimentari della salute tenuta al Convegno “Dalla riforma del 2003 alla PAC dopo Lisbona. I riflessi sul diritto agrario alimentare e ambientale” organizzato dall’Università di Ferrara in collaborazione con Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Università di Camerino e Università del Piemonte orientale, Ferrara, 6-7 maggio 2011, i cui atti sono ora pubblicati, a cura di L. Costato, P. Borghi, L. Russo, S. Manservisi da Jovene Ed., 2001. (1) In ogni religione è possibile rintracciare un complesso di regole alimentari: se le religioni protestanti e cattolica non prevedono severe regole alimentari, i Mormoni seguono alcune prescrizioni dietetiche, i Musulmani sono tenuti all’osservanza di precise indicazioni imposte dall’Islam, gli induisti sono vegetariani e gli Ebrei sono sottoposti a severe regole dietetiche. 1 patologie genetiche o acquisite, da fattori contingenti di tipo relazionale/sociale quali, ad esempio, lo stile di vita, uno stato di gravidanza o lo svolgimento di particolari mansioni ecc. Il regime alimentare è inoltre storicamente condizionato dalla pronta disponibilità in natura dell’alimento o delle materie prime necessarie alla sua realizzazione nella zona di riferimento, circostanza che è alla base della varietà di ricette nazionali e regionali di preparazione dei cibi. Tale condizionamento, che ha avuto un’importanza fondamentale nel radicamento di tradizionali modelli alimentari su scala locale, va sempre più perdendo peso nell’era della globalizzazione dei mercati che rende possibile scegliere tra i più diversi alimenti da consumare freschi o trasformati provenienti da ogni parte del mondo. Il particolare rapporto che si instaura tra cibo ed essere umano espresso dalla metabolizzazione favorisce collegamenti tra dieta alimentare, da un lato, ed etica e filosofia, dall’altro, efficacemente espressi dalla massima di Feurbach “noi siamo ciò che mangiamo” constatazione che, sul presupposto dell’esistenza di una unità inscindibile tra corpo e psiche, “apre le porte” all’etica dell’alimentazione ed al rapporto tra quest’ultima e la psicologia. Tali relazioni sono destinate a perfezionarsi ed a svilupparsi in maniera direttamente proporzionale al grado di opulenza e di autocoscienza delle società di riferimento. A partire dal 17° secolo si diffusero modelli alimentari di consumo complessi che ambivano a rappresentare stili di vita: nacquero in quel periodo movimenti come la macrobiotica, il vegetarismo, il veganismo ancora oggi molto attivi che fondano la scelta alimentare sull’impegno a sostegno della causa dei diritti animali e su motivazioni etiche correlate come l’antispecismo, senza trascurare altre ragioni di ordine ambientalista, salutista, spiritualista e religioso. Le accresciute conoscenze delle dinamiche alimentari unite alle recenti scoperte nel campo della chimica, della fisica e della biologia ed alle possibilità offerte dalle biotecnologie e, più in generale, dall’applicazione delle innovazioni tecnologiche al settore alimentare hanno contribuito a meglio precisare vecchie e nuove finalità da attribuire alla dieta che deve sempre essere variata ed equilibrata: eliminazione della malnutrizione, mantenimento/miglioramento dello stato di salute e del benessere psico-fisico dell’individuo, riduzione del rischio di sviluppare una malattia. Sia pure con un certo margine di approssimazione si può affermare che fino agli ultimi decenni del secolo scorso le raccomandazioni nutrizionali elaborate dai differenti organismi attivi a livello nazionale ed internazionale si sono concentrate prevalentemente su “cosa non mangiare” fatto salvo un adeguato apporto di nutrienti fondamentali quali aminoacidi e acidi grassi essenziali, vitamine, minerali ed acqua calcolato astrattamente rispetto alle esigenze nutrizionali di un consumatore sano. La moderna scienza dell’alimentazione amplia il proprio oggetto di studio dalla “nutrizione adeguata” alla “nutrizione ottimale” riconoscendo che determinati alimenti sono idonei non soltanto a soddisfare necessità nutritive, ma anche a realizzare precipue funzioni salutistiche: da un lato, potendo essere utilizzati con efficacia nell’ambito di un regime alimentare 2 particolare destinato ad individui affetti da specifiche patologie o, comunque, in condizioni fisiologiche particolari; dall’altro, potendo svolgere un importante ruolo nel mantenimento/miglioramento di un buono stato di salute psico-fisica e nella gestione di alcuni fattori di rischio di una malattia in soggetti sani che desiderano rimanere tali. Tale evoluzione della scienza dell’alimentazione è speculare ad un ampliamento della stessa nozione di salute da stato di semplice assenza di malattie a stato di completo benessere psico-fisico 2 . La promozione di corrette regole alimentari unite ad uno stile di vita sano rientra nella strategie che gli Stati e le Organizzazioni sovrannazionali ed internazionali debbono porre in essere per un perseguimento attivo della salute, diritto fondamentale di ogni individuo 3 . In Europa, tra l’altro, si deve tenere in particolare considerazione il trend di modificazione della sua composizione demografica causato dall’invecchiamento della popolazione e dal calo delle nascite. Sottoposto a rapido cambiamento è lo stesso stile di vita del cittadino europeo conseguenza, in parte, della moderna vita lavorativa e del fenomeno dell’urbanizzazione; l’aumento dei casi di obesità ha reso i settori della nutrizione e dell’alimentazione particolarmente importanti per i responsabili delle politiche a livello europeo 4 . E’ inoltre da evidenziare che, negli ultimi tempi, è aumentata l’attenzione dei consumatori nei confronti della salubrità dei cibi e di un corretto rapporto tra dieta e salute. La spasmodica, quanto vana, ricerca dell’alimento perfetto ha addirittura condotto, in epoca moderna, parte della popolazione di società opulente e tecnologiche verso forme di ortoressia 5 che possono raggiungere i livelli di un’attenzione abnorme e patologica alle regole alimentari, alla scelta del cibo ed alle sue caratteristiche; ciò rende sempre più evidente la necessità del superamento di ogni asimmetria informativa tra consumatore e produttore di alimenti che vantano proprietà salutistiche. (2) Cfr. la definizione di salute elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1948 all’atto della sua costituzione che la definisce quale “Stato di completo benessere psico-fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia”. (3) Per l’Unione Europea cfr. il Libro Bianco della Commissione “Una strategia europea sugli aspetti sanitari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità” Bruxelles, 30.5.2007, COM (2007) 279 definitivo. (4) Cfr. le notazioni introduttive del sondaggio sui “Rischi associati agli alimenti” condotto da TNS Opinion & Social su richiesta dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Autority), in Eurobarometro speciale, 354, p. 5. (5) S. Bratman, D. Knight: Health food junkies, Broadway Books, New York, 2000. 3 2.- Evoluzione della normativa comunitaria che ha portato alla definizione di alcune tipologie di prodotti alimentari con finalità salutistiche Nonostante sin dall’antichità fossero note le caratteristiche salutari di alcuni alimenti dovute alle sostanze in essi presenti per la loro natura, soltanto le innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni hanno reso possibile la produzione su larga scala di derrate alimentari che si caratterizzano per una funzione specifica di tipo salutistico assunta a seguito di un processo di lavorazione artigianale o industriale. Tale processo, altamente tecnologico, è in grado di rendere disponibili nella giusta quantità le sostanze che rappresentano la causa efficiente della funzione salutistica; ciò sia in alimenti tradizionali che originariamente non le possiedono in assoluto o le possiedono in una percentuale non congrua rispetto alla produzione dell’effetto positivo sulla salute se consumati secondo quantità raccomandabili in una buona pratica dietetica ed assunti come parte integrante di un normale regime alimentare, sia in prodotti alimentari ideati e formulati per corrispondere a specifiche esigenze nutrizionali di determinati soggetti e comunque non di uso corrente, sia in prodotti alimentari destinati ad integrare una dieta da commercializzare in forme predosate (capsule, pastiglie, compresse, pillole ecc.). Il legislatore comunitario con normativa parzialmente armonizzata ha disciplinato in tipologie legali ad hoc la produzione e la commercializzazione di alcuni alimenti che producono determinati effetti positivi sulla salute dovuti a componenti presenti in essi in modo naturale, o aggiunti: inizialmente sono stati regolamentati gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare (ovverosia i prodotti dietetici e gli alimenti per la prima infanzia) identificati in quei prodotti “che per la loro particolare composizione o per il particolare processo di produzione si distinguono nettamente dai prodotti alimentari di uso corrente, sono adatti all’obiettivo nutritivo indicato e sono commercializzati in modo tale da indicare che sono conformi all’obiettivo”; per tali alimenti il processo di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri è iniziato con la direttiva 77/94/CEE, abrogata dalla direttiva 89/398/CEE, a sua volta rifusa dalla direttiva 2009/39/CE. Successivamente, con direttiva 80/777/CEE rifusa dalla direttiva 2009/54/CE, è stata comunitarizzata la normativa delle acque minerali naturali, qualificate quali acque microbiologicamente pure, che hanno per origine una falda o un giacimento sotterranei, provengono da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate e (per quanto qui più interessa), tra le altre proprietà e caratteristiche, possono stimolare o favorire determinati effetti benefici sulla salute (ad esempio, stimolare la digestione, favorire funzioni epatobiliari). Più recentemente, oggetto di armonizzazione comunitaria (anche in questo caso soltanto parziale) realizzata con direttiva n. 2002/46/CE, è stata la disciplina degli integratori alimentari definiti quali “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o 4 fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate destinate ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari”. Da ultimo, oggetto di disciplina con regolamento (CE) n. 1925/2006 è stata l’aggiunta ai prodotti alimentari di vitamine e minerali e di talune altre sostanze che hanno un effetto nutrizionale o fisiologico in condizioni tali da comportare un’ingestione di quantità ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di ingerire in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e variata e/o tali da rappresentare per altri motivi un rischio potenziale per i consumatori (c.d. “alimenti addizionati”) 6 . Negli ultimi tre decenni è dato rilevare un crescente interesse degli scienziati e dell’industria alimentare nei confronti di una tipologia di alimenti naturali che hanno finalità salutistiche destinati a soggetti sani che desiderano restare tali, denominati con termine inglese functional food; essi si caratterizzano per l’essere funzionali al miglioramento o al mantenimento di un buono stato di benessere e di salute svolgendo un ruolo fisiologico che va oltre (ed è comunque indipendente rispetto a) quello assicurato dall’assunzione dei nutrienti. La ricerca relativa alla dimostrazione scientifica delle relazioni tra cibi/sostanze in essi contenute e salute è iniziata in Giappone nei primi anni ‘80 del secolo scorso su stimolo del Ministero dell’Educazione, delle Scienze e della Cultura nel quadro dell’analisi delle problematiche connesse all’invecchiamento della popolazione. Risale a quel periodo il primo utilizzo da parte del Ministero giapponese del termine functional food. Osservazioni scientifiche sul rapporto tra dieta e salute in alcune popolazioni hanno effettivamente confermato che il consumo in determinate quantità di alcune tipologie di (6) A livello nazionale la terminologia utilizzata per definire gli alimenti disciplinati dal regolamento (CE) 1925/2006 è quella di alimenti addizionati o (arricchiti) di vitamine, minerali e di sostanze diverse (v. Circolare del Ministero della salute n. 4075 del 6 marzo 2008, e Circolare del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 5 novembre 2009). La scienza ha elaborato alcune categorie di alimenti (non formalizzate, però, in norme giuridiche e, tantomeno, nel regolamento CE n. 1925/2006) tenendo in considerazione il particolare processo di aggiunta di sostanze, la loro eventuale presenza negli alimenti da sottoporre a trattamento ed, eventualmente, alcune finalità di politica sociale: gli “alimenti arricchiti” sono cibi in cui viene incrementata la concentrazione di un nutriente già presente nell’alimento naturale (ad esempio, l’aggiunta di vitamine e/o minerali ai cereali per la prima colazione). Una loro sottocategoria è rappresentata dagli “alimenti supplementati”: in questo caso, però, il nutriente non è presente in origine all’interno dell’alimento (ad esempio, l’aggiunta di fitosteroli al latte). Gli “alimenti fortificati”, invece, sono cibi tradizionali di ampio e diffuso consumo resi più nutrienti senza alterare il valore energetico; essi sono destinati, normalmente, a compensare una carenza alimentare diffusa nella popolazione: un esempio è il sale da cucina che può essere fortificato con lo iodio dato che questo minerale svolge un ruolo essenziale per le funzioni della tiroide. Ad entrambe tali categorie di alimenti sembra potersi riferire il regolamento (CE) n. 1925/2005. 5 cibi quali frutta, verdura, noci, pesci, ecc. comporta un impatto positivo sulla salute se abbinato ad un sano e corretto stile di vita riducendo, in alcuni casi, anche il rischio di sviluppo di specifiche patologie. L’incredibile successo commerciale registrato, sia pure con diversi andamenti, nei mercati di tutto il mondo ha stimolato una circolazione globale degli alimenti funzionali: tuttavia sulle caratteristiche delle sostanze utilizzate nella loro composizione, sugli effetti specifici sulla salute provocati dal loro consumo e, persino, su alcuni aspetti della loro definizione scientifica non è dato riscontrare a livello internazionale il raggiungimento di una soddisfacente armonizzazione sul piano delle norme tecniche. Ciò determina una complessa interazione tra i diversi sistemi normativi che a livello statale o sovranazionale tentano di regolamentare la produzione ed il commercio dei functional food. La Commissione europea non ha sottovalutato, sin dall’inizio, l’importanza di tali prodotti e la rilevanza delle problematiche connesse alla loro produzione, circolazione e consumo: a partire dal 1996, ha avviato un’azione concertata sugli alimenti funzionali denominata FUFOSE (Functional Food Science in Europe) 7 - coordinata dall’International Life Sciences Institute (ILSI) - il cui obiettivo era quello di adottare un approccio scientifico nei confronti dei cibi con benefici effetti sulla salute delle persone o in grado di contenere il rischio di malattie; nel 2001, ha sviluppato il progetto PASSCLAIM (Process for the Assessment of Scientific Support for Claims on Foods) 8 , sempre coordinato dall’ILSI, che si prefiggeva l’obiettivo di risolvere alcuni degli attuali problemi relativi alla validazione, alla conferma scientifica dei claims e alla comunicazione al consumatore. L’azione FUFOSE, in particolare, si è conclusa nel 1998 con l’approvazione unanime di un documento finale che fa registrare un “consenso europeo” sulle caratteristiche e sulla definizione scientifica degli alimenti funzionali 9 . Il documento evidenza che gli alimenti funzionali non sono pillole o capsule ma alimenti nel senso tradizionale del termine che producono dimostrabili e specifici effetti benefici esercitati su una o più funzioni dell’organismo umano (effetto fisiologico), che vanno al di là di quelli che possono derivare da un’alimentazione adeguata, agendo in maniera tale da migliorare lo stato di benessere e di salute e/o da ridurre il rischio di insorgenza di una malattia. In particolare “funzionale” può essere un alimento integrale naturale, un alimento cui è stato aggiunto un componente o un (7) Cfr. F. Bellisle et al., Functional Food Science in Europe, in British journal of nutrition, 1998, vol. 80, suppl. 1, p. 1 ss. (8) Cfr. P. J. Agget et al., Passclaim. Process for the Assessment of Scientific Support for Claims on Food. Consensus on Criteria, in European journal of nutrition, 2005, vol. 44, supplement 1, p. 1 ss. (9) A.T. Diplock, P.J. Aggett, M. Ashwell, F. Bornet, E.B. Fern, M. B. Roberfroid, Scientific Concepts of functional food in Europe: consensus document, in British Journal of Nutrition, volume 81, supplemento n. 1, 1999. 6 alimento da cui è stato eliminato un elemento con mezzi tecnologici o biotecnologici. Può anche trattarsi di un alimento in cui è stata modificata la natura di uno o più componenti e/o la biodisponibilità di uno o più elementi. L’alimento può essere destinato a tutta la popolazione o a gruppi specifici di persone; la commercializzazione deve essere affiancata da una informazione chiara nei messaggi rivolti ai consumatori; la sicurezza deve essere garantita da certificazioni ufficiali di controllo; il consumo deve essere valutato nel contesto della abituale alimentazione giornaliera. Soltanto alcuni Stati o Organizzazioni internazionali forniscono una definizione giuridica dei functional food. Il Giappone, paese cha fa registrare per motivi storici la massima sensibilità nei confronti di questa nuova tipologia alimentare, ha messo in campo, sin dagli inizi degli anni 90, una politica volta a consentire alle imprese di utilizzare la denominazione riservata FOSHU (acronimo di foods for specifics health use che sostituisce quella originariamente usata di functional food) per contraddistinguere alimenti utilizzati in una dieta normale che hanno specifici effetti sulla salute dovuti alla loro composizione semplicemente dimostrando che l’alimento o la sostanza in esso contenuta rientra in una lista positiva che il Dipartimento della salute ha approvato ritenendo sussistere le necessarie evidenze scientifiche che giustificano l’health claims correlativo. Ne consegue che l’impresa alimentare giapponese non deve dimostrare che l’alimento FOSHU produce effettivamente il beneficio sulla salute, ma semplicemente che contiene l’alimento o la sostanza approvata dal Dipartimento competente 10 . L’ordinamento giuridico comunitario non ha al momento ancora recepito in una tipologia legale ad hoc i functional food: utilizzando la definizione scientifica assunta nel documento finale dell’azione FUFOSE si notano aree di sovrapposizione di tali cibi con alcune tipologie legali di alimenti caratterizzati da una funzione specifica di tipo salutistico statuite a livello comunitario, cui si è fatto sopra riferimento. Si pensi ai cc.dd. alimenti addizionati disciplinati dal regolamento (CE) n. 1925/2006: l’aggiunta ai prodotti alimentari di vitamine, di minerali, e di altre sostanze che hanno un effetto nutrizionale o fisiologico, infatti, potrebbe essere giustificata da finalità funzionali 11 . Va (10) Cfr. F. Farnworth, Foshu food in Japan, in www.medicinalfoodnews.com/vol01/issue3/foshu.htm, June 1997, n. 11, p. 1. (11) L’art. 3, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1925/2006 statuisce che:” Vitamine e minerali nella forma biodisponibile per il corpo umano possono essere aggiunti agli alimenti, a prescindere dal fatto che siano o meno normalmente presenti in detti alimenti, per tener conto in particolare di quanto segue: a) carenza di una o più vitamine e/o minerali nella popolazione o in gruppi specifici di popolazione che possa essere dimostrata mediante prove cliniche o subcliniche della carenza stessa o indicata da stime di bassi livelli di assunzione di sostanze nutritive, o b) possibilità di migliorare lo stato nutrizionale della popolazione o di gruppi specifici di popolazione e/o compensare le eventuali carenze negli apporti dietetici di vitamine e minerali dovute a cambiamenti delle abitudini alimentari, o c) evoluzione di 7 tuttavia puntualizzato che l’aggiunta potrebbe essere richiesta per soddisfare altre esigenze quali, ad esempio, reintegrare il tenore di vitamine e di minerali ridotto durante il processo di produzione. Si deve, inoltre, osservare che gli alimenti addizionati con chiare finalità funzionali non rappresentano la totalità dei prodotti idonei a rientrare nella definizione scientifica di funzional food; funzionale, infatti, può essere anche un alimento che provoca un effetto benefico sulla salute dovuto a sostanze che esso già contiene (in quantità sufficiente) per la sua natura, o alla eliminazione di un componente con mezzi tecnologici o biotecnologici. Netta è, al contrario, la linea di demarcazione tra gli alimenti funzionali e gli integratori alimentari: questi ultimi, infatti, non possono essere confusi con gli alimenti funzionali sia per la forma della presentazione, sia per il loro scopo: quanto alla presentazione, gli integratori alimentari sono venduti in forme predosate, quali pillole, capsule, mentre gli alimenti funzionali sono e restano alimenti nel senso tradizionale del termine; quanto allo scopo, gli integratori alimentari integrano la comune dieta laddove gli alimenti funzionali debbono dimostrare la loro azione nelle quantità in cui vengono normalmente assunti nella dieta. Tendenzialmente chiara è, altresì, la differenziazione tra gli alimenti funzionali e gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare: innanzitutto, gli alimenti destinati ad una alimentazione particolare si distinguono nettamente dai prodotti alimentari di uso corrente; infine, spesso tali prodotti sono destinati ad individui affetti da specifiche patologie ed utilizzabili soltanto su indicazione medica specialistica. In questo ultimo caso la distanza rispetto agli alimenti funzionali - che sono, come noto, di uso corrente e destinati ad individui sani che desiderano restare tali – non potrebbe essere maggiore 12 . La mancata regolamentazione dei functional food in una tipologia legale ad hoc ha indubbiamente spinto il legislatore comunitario a determinare con il regolamento (CE) n. 1924/2006 le condizioni generali di utilizzo di volontarie indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite dagli operatori del settore sui prodotti alimentari; il regolamento, infatti, facendo salve le disposizioni comunitarie stabilite dalle direttive in materia di prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, di utilizzazione e commercializzazione di acque minerali, di qualità delle acque destinate al consumo umano, di integratori alimentari, pur senza dichiararlo espressamente, si presta a disciplinare le modalità di presentazione presso i consumatori delle caratteristiche salutistiche degli alimenti funzionali. conoscenze scientifiche generalmente accettabili riguardo al ruolo nutrizionale delle vitamine e dei minerali e ai conseguenti effetti sulla salute”. (12) Ciò non ostante, indubbie aree di contiguità possono essere ravvisate tra alimenti funzionali e alcuni gruppi di prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare quali, ad esempio, gli alimenti adatti a un intenso sforzo muscolare, soprattutto per gli sportivi, cui fa riferimento l’allegato I della direttiva 2009/39/CE. 8 3.- L’elaborazione della categoria dei prodotti alimentari della salute Tutti gli alimenti appartenenti alle tipologie sopra menzionate, cioè i prodotti destinati ad una alimentazione particolare, le acque minerali naturali, gli integratori alimentari, gli alimenti addizionati, i functional food, hanno in comune la produzione di un effetto fisiologico positivo dovuto ad un set di caratteristiche che i prodotti possiedono per loro natura o riproducibili a piacere dall’impresa e soddisfano una specifica domanda di salute del consumatore. La finalità comune di produrre un effetto positivo sulla salute è elemento necessario e sufficiente a configurare una specifica categoria di prodotti alimentari che, per le loro proprietà, si possono definire prodotti alimentari della salute. La funzione salutistica, intesa quale idoneità dell’alimento a realizzare in condizioni normali d’uso effetti positivi sull’organismo umano dovuti al vantaggio nutrizionale e/o fisiologico, si configura come un vero e proprio requisito di qualità che identifica non più lo specifico alimento, bensì determinate caratteristiche comuni alla categoria, veicolate tramite etichettatura e pubblicità al consumatore finale, e determinanti dell’acquisto. Non essendo la categoria dei prodotti alimentari della salute configurata dall’ordinamento giuridico comunitario la sua elaborazione è possibile soltanto in via interpretativa; il riconoscimento di tale categoria è assai utile in quanto favorisce la risoluzione di alcuni aspetti problematici di non facile soluzione collegati alla produzione e alla commercializzazione di alimenti con effetti benefici sulla salute nello spazio europeo nel rispetto e nel contemperamento più opportuno di valori, principi ed interessi generali e fondamentali quali, ad esempio, l’elevata tutela della salute umana e l’efficace funzionamento del mercato interno. Infatti, sebbene l’Unione Europea abbia normalmente introdotto discipline specifiche per regolamentare aspetti legati alla denominazione, alla composizione, alla produzione, ai controlli, alle autorizzazioni ed al regime di etichettatura/pubblicità relativamente alle diverse tipologie di prodotti alimentari ad effetti salutistici, ogni qual volta tali prodotti utilizzino sostanze responsabili dell’effetto fisiologico in assenza di una disciplina comunitaria armonizzata concernente il loro uso, il riconoscimento della qualità salutistica può ingenerare ostacoli alla loro libera circolazione nel mercato comune sotto forma ad esempio di autorizzazioni richieste da uno Stato membro prima della loro immissione in commercio giustificabili sulla base della tutela della salute e, finanche, il rischio di divergenti qualificazioni negli Stati membri che potrebbero ritenere appartenere il prodotto con effetti sulla salute alternativamente alla categoria degli alimenti o dei medicinali. La riconduzione a sistema della normativa prevista per singoli prodotti alimentari con effetti benefici sulla salute sotto l’egida di una categoria (prodotti alimentari della 9 salute) consente di ricostruire sinergie e significati nel collegamento tra norme in grado di risolvere più di un’incertezza di fondo nella linea di demarcazione tra medicinali e alimenti; permette, inoltre, di individuare meccanismi di superamento di situazioni di impasse nella circolazione intracomunitaria di merci attraverso indirette forme di armonizzazione comunitaria che stimolano inediti processi di normalizzazione di sostanze utilizzabili negli alimenti, attivabili su richiesta di privati operatori (ad es. tramite il regime delle indicazioni facoltative nutrizionali e sulla salute previsto dal regolamento CE n. 1924/2006) o su iniziativa della Commissione e degli Stati membri (ad es. tramite l’attivazione della procedura di cui all’art. 8 del regolamento CE n. 1925/2006). 4.- Linea di demarcazione tra medicinali ed alimenti Per ciò che concerne la linea di demarcazione tra medicinali ed alimenti 13 , occorre premettere che l’art. 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 definisce alimento “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito da esseri umani”; tale articolo esclude espressamente dalla categoria dei prodotti alimentari i medicinali. La direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, fornisce una definizione di medicinale che può essere ricavata dalla sua presentazione o dalla sua funzione. Ai termini dell’art. 1, punto 2, della direttiva 2081/83/CE, così come modificata dalla direttiva 2004/27/CE, deve intendersi per medicinale: “a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane (cd. medicinale per presentazione); o b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica” (cd. medicinale per funzione). Come prima immediata notazione si può osservare che, se interpretata estensivamente, la definizione di medicinale per funzione potrebbe essere ritenuta come potenzialmente applicabile ai prodotti alimentari della salute che hanno in comune la produzione di effetti fisiologici positivi. Occorre inoltre considerare la statuizione di cui all’art. 2, paragrafo 2, della direttiva 2081/83, introdotta dalla direttiva 2004/27/CE, ai sensi della quale, in caso di dubbio, se un prodotto, tenuto contro dell’insieme delle sue caratteristiche, può rientrare nella definizione di “medicinale” e (13) Cfr. L. Petrelli, I probiotici: criteri per la qualificazione dei prodotti quali alimenti o medicinali nel diritto comunitario, in Riv. dir. agr., 2008, I, p. 539, cui si rinvia per più complete citazioni bibliografiche. 10 nella definizione di un prodotto disciplinato da un’altra normativa comunitaria, si applicano le disposizioni previste dalla normativa sui medicinali (cd. regola del dubbio). Anche siffatta regola, se interpretata estensivamente, potrebbe potenzialmente legittimare un allargamento eccessivo della categoria dei medicinali laddove fosse ritenuto sufficiente già solo un certo grado di probabilità che il prodotto abbia le caratteristiche per rientrare nella definizione di medicinale per attribuirgli tale qualificazione 14 . Ne deriva che, in assenza di una completa armonizzazione a livello comunitario della disciplina della produzione e della commercializzazione dei prodotti alimentari della salute ed alla luce di interpretazioni estensive della definizione di medicinale per funzione o della cd. regola del dubbio, alcuni prodotti alimentari appartenenti a tale categoria, proprio per le loro caratteristiche peculiari, potrebbero in qualche caso rappresentare una border line tra alimenti e medicinali rischiando di essere assorbiti nella categoria dei medicinali. Il rischio segnalato è tutt’altro che ipotetico; infatti, se le diverse tipologie di prodotti alimentari con effetti sulla salute vanno completando elenchi di vitamine e di minerali utilizzabili con sicurezza nel mercato unico 15 , non sussistono al momento, tranne alcuni casi particolari 16 , disposizioni specifiche a livello europeo circa l’impiego di altre sostanze (ad es. altri nutrienti, piante e derivati) cui è riconducibile la produzione di effetti fisiologici; tali sostanze, in mancanza di regole comunitarie armonizzate, alcune volte sono utilizzabili liberamente, o autorizzate sotto condizione, o vietate secondo liste positive (14) Tale lettura della norma è sostenuta da parte autorevole della letteratura specifica tedesca. Per una interpretazione della regola del dubbio come regola presuntiva o probatoria, cfr. v. H.U. Dettling, Physiologische, pharmakologische und toxikologische Wirkung – Ein Beitrag zur Abgrenzung von Lebensmitteln, Arzneimitteln und gefährlichen Stoffen (Teil 1), in Lebensmittel & Recht, 2007, fascicolo 1, pag. 8; in altra prospettiva, sempre favorevole ad una interpretazione estensiva della norma oggetto di commento, v. ad es. F. Kraft / T. Röcke, Auswirkungen der neuen Zweifelsregelung in Artikel 2 Absatz 2 der Arzneimittelrichtlinie 2001/83/EG auf die Einstufung von Grenzprodukten als Lebens- oder Arzneimittel, in Zeitschrift für das gesamte Lebensmittelrecht, 2006, fascicolo 1, pag. 34. (15) Cfr. ad es. gli elenchi di vitamine e di minerali che possono essere aggiunti agli alimenti cui fanno rinvio, in appositi allegati: le direttive 2006/141/CE e 2006/125/CE; il regolamento (CE) n. 953/2009; il regolamento (CE) n. 1925/2006; la direttiva 2002/46/CE; il regolamento (CE) n. 1170/2009, che modifica la direttiva 2002//46/CE e il regolamento (CE) n. 1170/2009 per quanto riguarda gli elenchi di vitamine e minerali e le loro forme che possono essere aggiunti agli alimenti, compresi gli integratori alimentari. (16) V. ad es.: gli elenchi di sostanze che possono essere aggiunte a scopi nutrizionali specifici a cui rinviano: il regolamento (CE) n. 953/2009; le liste di sostanze nutritive riguardanti gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento, da un lato, e gli alimenti a base di cereali e di altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini, dall’altro, allegate alle direttive 2006/141/CE e 2006/125/CE. 11 adottate a livello nazionale 17 . Stante questa oggettiva situazione normativa la Corte di Giustizia ha più volte evidenziato che sarà difficile evitare che sussistano differenze tra gli Stati membri nella qualifica, ora come medicinali ora come alimenti, dei prodotti che impiegano sostanze di uso non armonizzato; ciò darà luogo ad ostacoli intracomunitari agli scambi considerate le particolari cautele ricollegabili alla circolazione dei medicinali. Va evidenziato che interpretazioni eccessivamente estensive della definizione di medicinale causerebbero notevoli svantaggi: innanzitutto, la nozione di medicinale perderebbe la sua funzione distintiva a scapito della salute dell’uomo; in secondo luogo, i regimi comunitari vigenti per talune categorie di prodotti alimentari (quali i prodotti della salute), risulterebbero di fatto abrogati, perdendo il loro oggetto; in terzo luogo, si determinerebbe un vulnus al principio di libera circolazione delle merci: basterebbe soltanto considerare che l’immissione in commercio di medicinali è subordinata, come è noto, ad autorizzazione comunitaria o nazionale per motivi di tutela della salute 18 . Fondamentale, a questo punto, è verificare l’interpretazione della Corte di Giustizia in merito alla definizione di medicinale ed all’applicazione della “regola del dubbio”. Per quanto concerne la definizione di medicinale cd. per funzione è costante giurisprudenza della Corte ritenere che le Autorità nazionali che agiscono sotto il controllo del giudice devono decidere caso per caso attribuendole una interpretazione restrittiva. In particolare secondo la Corte “esclusi i casi di sostanze o composizioni destinate a stabilire una diagnosi medica, un prodotto non può essere considerato come medicinale (omissis) quando tenuto conto della sua composizione – compreso il dosaggio di sostanze attive – e in condizioni normali d’uso, non è idoneo a ripristinare, correggere o modificare in modo significativo funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica” 19 . Per la Corte di giustizia “non è sufficiente ai fini della qualificazione di medicinale che un prodotto abbia proprietà (17) La Corte di Giustizia riconosce agli Stati membri, in mancanza di regole armonizzate a livello europeo, la competenza ad adottare regole nazionali sulla restrizione, o sulla proibizione dell’uso delle sostanze in oggetto, eventualmente stabilendo limiti di assunzione giornaliera, così come disposizioni aggiuntive, supplementari, in materia di etichettatura, presentazione e relativa pubblicità dei prodotti alimentari (ad es. health warning). Se uno Stato intende introdurre una nuova disposizione legislativa negli ambiti sopra specificati dovrà applicare rispettivamente la procedura di notifica di cui all’art. 12 del regolamento (CE) n. 1925/2006, o la procedura di cui all’art. 19 della direttiva 2000/13/CE. (18) Per tali considerazioni cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Verica Trstenjak presentate il 19 giugno 2008, in Causa C-140/07, Hecht-Pharma GmbH c. Staatliches Gewerbeaufsichtsamt Lüneburg [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Germania)], punto 68. (19) Sentenza della Corte di Giustizia, del 15 gennaio 2009, in causa C-140/07, massima n. 3. 12 benefiche per la salute in generale bensì esso deve avere, propriamente parlando, una funzione di profilassi e cura” 20 . Secondo la Corte, infatti, la produzione di un effetto fisiologico non è elemento marcatore sufficiente della categoria dei medicinali facendo, ad esempio, altresì parte dei criteri utilizzati per la definizione di integratore alimentare 21 . La nozione restrittiva di medicinale per funzione viene confermata dalla Corte anche quando la stessa precisa il corretto criterio di interpretazione della c.d. regola del dubbio statuita dall’art. 2, paragrafo 2 della direttiva 2081/83. Secondo la Corte tale disposizione non si applica ad un prodotto la cui qualità di medicinale per funzione non sia scientificamente dimostrata, pur non potendo essere esclusa 22 . Altra è la posizione della Corte di Giustizia in relazione alla definizione di medicinale per presentazione: la nozione di «presentazione» di un prodotto, infatti, è interpretata estensivamente. La Corte ritiene che, basandosi sul criterio della presentazione del prodotto, la direttiva 2001/83 tende ad includere non solo i medicinali che hanno veri e propri effetti terapeutici e medicinali, ma anche i prodotti non abbastanza efficaci o che non sortirebbero gli effetti che i consumatori hanno il diritto di aspettarsi data la loro presentazione; ciò in quanto la normativa comunitaria è finalizzata a preservare i consumatori non solo dai medicinali dannosi o tossici come tali, ma anche dai vari prodotti usati in luogo dei rimedi adeguati 23 . Ne discende che un prodotto è presentato come avente proprietà curative o profilattiche ai sensi della direttiva 2001 quando è espressamente descritto o raccomandato come tale, eventualmente tramite etichette, foglietti illustrativi o presentazioni orali 24 , oppure ogniqualvolta appaia, anche implicitamente, ma con certezza, agli occhi di un consumatore mediamente accorto, che tale prodotto, stando alla sua presentazione (forma propria del prodotto o confezione), dovrebbe avere le proprietà di cui trattasi 25 . La Corte, tuttavia, riduce la (20) Sentenza della Corte di Giustizia, del 15 novembre 2007, in causa C-319/05, punto n. 64. (21) Sentenza della Corte di Giustizia, del 15 gennaio 2009, in causa C-140/07, punto n. 34. (22) Sentenza della Corte di Giustizia 15 gennaio 2009 in causa C-140/07, massima n. 1. (23) Sentenza della Corte di Giustizia del 15 novembre 2007, in causa C-319/05, punto 43. (24) Sentenza della Corte di Giustizia del 15 novembre 2007, in causa C-319/05, punto 44. (25) Sentenza della Corte di Giustizia del 15 novembre 2007, in causa C-319/05, punto 46. La Corte, al punto 47 precisa che: “occorre tener conto dell’atteggiamento del consumatore mediamente avveduto, al quale la forma data ad un prodotto potrebbe ispirare una particolare fiducia, del tipo di quella che ispirano normalmente i medicinali alla luce delle garanzie che circondano la loro fabbricazione così come la loro commercializzazione. Anche se la forma esterna data al detto prodotto può costituire un indizio serio in favore della sua qualificazione come medicinale per presentazione, tale forma deve intendersi non soltanto come propria del prodotto stesso, ma anche della sua confezione, che può mirare, per ragioni di politica commerciale, a farlo somigliare ad un medicinale”. 13 forza espansiva della nozione di medicinale in relazione alla modalità della sua presentazione allorquando statuisce che, per quanto riguarda la forma esterna data ad un prodotto (ad esempio l’essere commercializzato sotto forma di capsule), “pur rappresentando un indizio attendibile dell’intenzione del venditore o del fabbricante di metterlo in commercio come medicinale, non può costituire un indizio esclusivo e determinante, se non si vogliono comprendere taluni prodotti alimentari tradizionalmente presentati in forma analoghe a quelle dei medicinali 26 (si pensi alla presentazione in forma di capsule consentita per l’integratore alimentare dalla direttiva 2002/CE). Risulta evidente da quanto sopra affermato che, considerate le interpretazioni della Corte, un problema di divergenza qualificatoria tra Stati membri rispetto a sostanze o prodotti il cui consumo comporta effetti positivi sulla salute tenderà a porsi con notevole complessità di soluzione in relazione alle concrete di modalità di presentazione di tali effetti tramite etichetta, foglietti illustrativi o presentazioni orali, laddove lo stabilire l’idoneità della sostanza o del prodotto a ripristinare, correggere o modificare in modo significativo funzioni fisiologiche (necessaria ai fini della sua qualificazione quale medicinale per funzione) sarà il risultato di una valutazione che l’Autorità nazionale dovrà adottare caso per caso alla luce delle risultanze scientifiche, eventualmente validate a livello internazionale. Il rischio di una divergente qualificazione di un prodotto quale alimento o medicinale per le modalità della sua presentazione è però sostanzialmente scongiurato dal regolamento (CE) n. 1924/2006 che disciplina l’uso di indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite volontariamente sui prodotti alimentari dagli operatori del settore subordinando il loro utilizzo ad una previa autorizzazione comunitaria fondata sia su di una rigorosa dimostrazione scientifica del vantaggio nutrizionale e/o fisiologico o per la salute in generale apportato all’organismo umano dall’alimento, sia sulla verifica del rispetto di precise regole comunicative che devono rendere chiara e comprensibile l’indicazione al consumatore medio 27 . Le indicazioni autorizzate nel rispetto delle procedure stabilite dal regolamento (CE) 1924/2006 costituiscono una importante presunzione che il prodotto cui le stesse si riferiscono entri nella categoria degli alimenti, presunzione difficilmente superabile alla luce dei criteri classificatori della nozione di medicinale utilizzati dalla Corte di Giustizia. L’eventualità della possibile divergente qualificazione di sostanze o prodotti con effetti benefici sulla salute umana quali medicinali o alimenti (prodotti alimentari della salute) (26) Sentenza della Corte di Giustizia del 15 novembre 2007, in causa C-319/05, punto 52. (27) Sul regime comunitario delle indicazioni nutrizionali e sulla salute introdotte dal regolamento (CE) n. 1924/2006 cfr. L. Petrelli, Le nuove regole comunitarie per l'utilizzo di indicazioni sulla salute fornite sui prodotti alimentari, in Riv. dir. agr., 2009, I, p. 50, cui si rinvia per più complete citazioni bibliografiche. 14 è altresì difficilmente verificabile nell’ipotesi in cui con legislazione comunitaria sia statuito: a) l’espressa classificazione del prodotto come alimento; b) la spiegazione dell’effetto positivo sull’organismo umano, affidata ad indicazioni obbligatorie o non da utilizzare nell’etichettatura e nella pubblicità dell’alimento; c) l’utilizzo di sostanze responsabili dell’effetto fisiologico del prodotto alle condizioni indicate in liste positive validate a livello europeo. Anche in tale caso la qualificazione del prodotto quale alimento sarà difficilmente contestabile. Si pensi, ad esempio, agli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali, che rientrano nella tipologia di alimenti destinati ad una alimentazione particolare. Più problematica, invece, è la diversa ipotesi in cui l’operatore del settore alimentare voglia produrre e commercializzare determinati prodotti come alimenti (prodotti alimentari della salute) senza ricorrere alla disciplina del regolamento (CE) n. 1924/2006 allorquando le sostanze in essi contenuti, responsabili dell’effetto fisiologico, non siano armonizzate a livello comunitario ma autorizzate dal singolo Stato membro in liste positive con eventuale previsione di una indicazione obbligatoria degli effetti plausibili statuita dalla normativa nazionale. Ciò accade normalmente per i prodotti alimentari della salute che utilizzano sostanze diverse dalle vitamine e dai minerali; l’aggiunta agli alimenti di tali sostanze, infatti, in assenza di regolamentazione europea è tale da suscitare rilevanti problematiche di sicurezza che, indipendentemente dalla complessa qualificazione o meno del prodotto “finito” quale medicinale o quale alimento, potrebbero esimere altri Stati membri dal rispettare il principio del mutuo riconoscimento 28 e giustificare ostacoli alla circolazione intracomunitaria del prodotto che incorpora tali sostanze sulla base dell’art. 36 TFUE. Il rischio di un ricorso indiscriminato a tale articolo da parte degli Stati membri, è stato contenuto dalla Corte di Giustizia entro precise condizioni: in particolare la Corte, in sentenze che si riferiscono alla circolazione di prodotti alimentari, riconosce che, in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli Stati membri decidere in merito al livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute e della vita delle persone ed al requisito di una previa autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti alimentari, tenendo conto anche delle esigenze della libera circolazione delle merci nell’ambito della (28) L’art. 14, paragrafo 9 del regolamento (CE) n. 178/2002 dispone che: ”In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 del medesimo”. Va ricordato che, con decorrenza dal 13 maggio 2009, ad eventuali rifiuti di riconoscimento reciproco si applicheranno le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 764/2008 che stabilisce le procedure relative all’applicazione di alcune regole tecniche nazionali a prodotti commercializzati legalmente in altro Stato membro. 15 Comunità. I mezzi che essi scelgono debbono rispettare il principio di proporzionalità (limitati a quanto effettivamente necessario per garantire la tutela della salute e proporzionati all’obiettivo così perseguito). Tuttavia, secondo la Corte di Giustizia, poiché l’attuale art 36 TFUE contiene una deroga, che va interpretata restrittivamente, al principio di libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità, spetta alle autorità nazionali che ad essa si richiamano dimostrare, alla luce delle risultanze scientifiche internazionali e delle abitudini alimentari nazionali, che la commercializzazione del prodotto in questione rappresenta un rischio reale per la salute pubblica 29 : il che appare tutt’altro che agevole. Lo Stato può appellarsi al principio di precauzione allorquando sussiste un certo grado di incertezza scientifica e pratica sulla valutazione del rischio; in tal caso può adottare misure protettive, purché esse siano non discriminatorie ed oggettive, senza dovere attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. La valutazione del rischio non può fondarsi su considerazioni meramente ipotetiche 30 . Indubbiamente minori complessità di qualificazione di un prodotto quale alimento o medicinale alla luce del diritto comunitario si porranno allorquando l’effetto benefico per la salute è da ricollegare all’aggiunta di vitamine o minerali essendo tale aggiunta, in relazione agli alimenti, oramai pressoché interamente regolamentata con disciplina armonizzata a livello europeo (v. supra). Tuttavia è opportuno evidenziare che, pur in presenza di alcuni approfonditi studi della Commissione 31 , non risultano al momento ancora stabiliti a livello comunitario i livelli quantitativi minimi e massimi di vitamine e di minerali da aggiungere agli alimenti di uso corrente, agli integratori alimentari, nonché a scopi nutrizionali specifici ai prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare 32 ; ciò nonostante che (almeno nel caso degli alimenti di uso corrente e degli integratori alimentari) siano ben specificati i criteri sulla base dei quali tali quantitativi dovranno essere individuati (art. 5 della direttiva 2002/46/CE; art. 6 del regolamento CE n. 1925/2006). Tale situazione ha già creato non pochi problemi in relazione alla circolazione intracomunitaria di alimenti cui sono state aggiunte vitamine e minerali secondo quantità massime o minime non armonizzate a livello comunitario. (29) Sentenza della Corte di Giustizia del 15 novembre 2007, C-319/05, punti 86-88. (30) Sentenza della Corte di Giustizia del 13 febbraio 2002, C-41/02, punti 51-52. (31) Cfr. European Commission, Health & Consumer protection Directorate General, Orientation paper on the setting of maximum and minimum amounts for vitamins and minerals in foodstuffs, July 2007. (32) Le sostanze da aggiungere gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento, nonché agli alimenti a base di cereali e di altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini, ai sensi (rispettivamente) delle direttive 2006/141/CE e 2006/125/CE, sono normalmente indicate con riferimenti specifici alle quantità minime e massime utilizzabili. 16 La Corte di Giustizia in una recente sentenza del 2010 33 ha avuto modo di chiarire alcune importanti questioni in merito; la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Conseil d’Etat francese concerneva l’interpretazione di alcune disposizioni della direttiva 2002/46/CE. In particolare, per ciò che qui più interessa, la Corte ha dichiarato che “gli Stati membri restano competenti ad adottare una disciplina relativa ai quantitativi massimi di vitamine e di minerali utilizzabili nella fabbricazione degli integratori alimentari nei limiti in cui la Commissione non abbia stabilito tali quantitativi”; all’atto di fissare tali quantitativi gli Stati membri sono tenuti ad ottemperare ai criteri ed alle condizioni indicate dalle norme di riferimento (nel caso di specie, dall’art. 5, nn. 1 e 2 della direttiva 2002/46/CE). Inoltre la Corte ha ritenuto che non si può escludere che la considerazione degli elementi di cui all’art. 5 della direttiva 2002/46/CE possa condurre lo Stato (in assenza di limiti stabiliti dalla Commissione) alla fissazione di un valore molto basso, o anche nullo, per quanto riguarda il quantitativo massimo di una vitamina o di un minerale utilizzabile nella fabbricazione di prodotti alimentari, sebbene tale vitamina o tale minerale rientri tra quelle sostanze che possono essere utilizzati per la fabbricazione degli integratori alimentari; ciò nel caso in cui, ad esempio, sia impossibile calcolare con precisione gli apporti della sostanza provenienti da altre fonti alimentari e se esiste il rischio probabile che tali apporti raggiungano i limiti massimi tollerabili. In tale ipotesi lo Stato non deve fare ricorso alla procedura prevista dall’art. 12 della direttiva 2002/46/CE 34 . 5.- Indiretti processi di armonizzazione comunitaria concernenti l’uso di sostanze diverse dalle vitamine e dai minerali In attesa di un alquanto improbabile intervento armonizzatore dirigisticamente imposto dal legislatore comunitario tramite compilazione di liste positive che autorizzano l’utilizzo negli alimenti di ogni sostanza diversa dalle vitamine e dai minerali a cui attribuire l’effetto positivo sull’organismo umano 35 , il sistema delle regole di produzione e di commercializzazione dei prodotti alimentari della salute sviluppa una serie di interazioni tra norme che giustifica processi di armonizzazione comunitaria, più o meno indiretti, concernenti l’utilizzo di tali sostanze, normalmente gestiti dalla (33) Sentenza della Corte di Giustizia del 29 aprile 2010, C-446/08, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’Etat francese. (34) Sentenza della Corte di Giustizia del 29 aprile 2010, C-446/08, massime nn. 1, 2, 3. (35) Cfr. la Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo riguardante l’impiego di sostanze diverse dalle vitamine e dai sali minerali negli integratori alimentari, COM /2008/0824 def. 17 Commissione. Si pensi, ad esempio: a) alla procedura di cui all’art. 8 del regolamento (CE) n. 1925/2006 che, su iniziativa della Commissione o sulla base di informazioni fornite dagli Stati membri, favorisce, al verificarsi di determinate criticità, la normalizzazione a livello europeo del trattamento di una sostanza diversa da vitamine e minerali, o di un ingrediente contenente una sostanza diversa dalle vitamine o dai minerali, aggiunti ad alimenti di uso corrente (inclusi gli integratori alimentari), sottoponendo l’uso di tale sostanza od ingrediente a divieti, a restrizioni o a sorveglianza 36 ; b) alla complessa procedura autorizzatoria richiesta dal regolamento (CE) n. 258/1997 nel caso in cui le innovazioni tecnologiche attributive della funzione benefica del prodotto alimentare comportino la creazione di nuovi alimenti o di nuovi ingredienti alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo al 15 maggio 1997 37 ; alle conseguenze derivanti dall’implementazione del sistema di regole di cui al regolamento (CE) n. 1924/2006 che costituisce un indiretto elemento di armonizzazione delle sostanze i cui effetti sulla salute sono giustificati scientificamente ed espressi con indicazioni autorizzate e registrate in appositi elenchi comunitari. A tale riguardo è da segnalare la tendenza in atto nel nostro paese, per ora sostanziatasi in recenti circolari 38 , a ritenere applicabili ai prodotti destinati ad una alimentazione particolare, agli alimenti addizionati di vitamine e minerali, agli integratori alimentari, le disposizioni del regolamento (CE) n. 1924/2006; ciò ha comportato l’inizio di un processo di rivisitazione e di adeguamento limitato, per ora, ai claims forniti sui prodotti sopra specificati che, ai sensi della legislazione nazionale, (36) Per quanto si possa condividere in assoluto l’affermazione dello Standing Committee on the Food Chain and Animal Health Section on General Food Law, in Summary Record of Meeting of 2 May 2011, punto 1, Exchange of views of the Committee on a request by Germany to apply the procedure under Article 8 of Regulation (CE) No 1925/2006 to a listo f botanical substances, secondo cui “ Article 8 of Regulation (EC) No 1925/2006 is not intended to be used as legal basis so as to harmonise the area of plant preparations”, si deve, però, considerare che la procedura di cui all’art. 8 del regolamento citato comporta, nei fatti, come conseguenza dell’inserimento delle sostanze nell’allegato III, un trattamento normalizzato a livello comunitario dell’aggiunta di tali sostanze agli alimenti; in questo senso nel testo si parla di indiretto processo di armonizzazione. (37) Secondo quanto concordato a livello comunitario il 14 febbraio 2005 dal Comitato di cui all'art. 58 del regolamento (CE) 178/2002, alimenti addizionati di sostanze che abbiano fatto registrare un consumo solo negli integratori alimentari vanno considerati come novel food ai sensi del regolamento (CE) 258/97. (38) Circolare 5 novembre 2009 del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Linea di demarcazione tra integratori alimentari, prodotti destinati ad una alimentazione particolare e alimenti addizionati di vitamine e minerali. Criteri di composizione e di etichettatura di alcune categorie di prodotti destinati ad una alimentazione particolare, in G.U., serie generale, n. 277 del 27 novembre 2009); v. inoltre, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Linee guida sugli integratori alimentari proposti come coadiuvanti di diete per il controllo e la riduzione del peso. 18 debbono essere necessariamente presenti in etichetta. L’interpretazione del quadro normativo resa dal Ministero della salute italiano tramite circolari appare compatibile con uno scenario più ampio, da validare con provvedimenti normativi successivi. Tali provvedimenti dovrebbero espressamente dichiarare applicabili le stesse regole di valutazione della fondatezza scientifica delle indicazioni previste dal regolamento (CE) n. 1924/2006, e meglio precisate dall’EFSA 39 , alle future verifiche, condotte a livello nazionale, delle proprietà benefiche per la salute attribuite a sostanze non armonizzate diverse dalle vitamine e dai minerali contenute nei prodotti alimentari della salute. Tali orientamenti, non “scontati” 40 , se confermati a livello nazionale e se adottati anche da altri paesi membri, favoriranno, di fatto, la riduzione degli ostacoli alla circolazione dei prodotti alimentari della salute nel mercato unico anche in assenza di una completa armonizzazione a livello comunitario delle sostanze cui è attribuibile la produzione dell’effetto benefico. 6.- Garanzie del sistema di sicurezza alimentare comunitario applicabili ai prodotti alimentari della salute Ai prodotti alimentari della salute si applicano, ovviamente, tutte le garanzie del sistema di sicurezza alimentare previste dalla normativa comunitaria e nazionale in vigore con alcune particolarità che giustificano deroghe ed aggiunte rispetto alla disciplina normalmente applicabile ai prodotti alimentari tout cour derivanti da particolari contemperamenti degli interessi e dei principi fondamentali d’ordinario tenuti presenti nella legislazione alimentare; ciò comporta un utilizzo originale sia degli strumenti di food safety sia dei meccanismi di interazione tra i soggetti responsabili della sicurezza che ricordano in qualche caso precauzioni e procedure tipiche del settore dei medicinali. La necessità di garantire un livello elevato di tutela della salute e degli interessi dei consumatori assicurando, in questo secondo caso, la piena trasparenza e la completezza dell’azione informativa, influenzano in maniera rilevante il coordinamento con altri principi ed interessi fondamentali tenuti in conto dal (39) V. da ultimo, EFSA, Scientific opinion, General guidance for stakeholders on the evaluation of article 13.1, 13.5 and 14 health claims, EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (NDA), in EFSA Journal, 2011;9 (4):2135; EFSA, Technical Report, Outcome of a public consultation on the Draft Opinion of the EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition, and Allergies (NDA) on general guidance for stakeholders on the evaluation of article 13.1, 13.5 and 14 health claims, in Supporting Publications, 2011:141. (40) V., infatti, l’art. 2, paragrafo 2, n. 1 del regolamento (CE) n. 1924/2006 che attribuisce alla nozione di indicazione la definizione di “qualunque messaggio o rappresentazione non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale (omissis)”. 19 legislatore comunitario nella regolamentazione dei prodotti alimentari della salute quali: la libera circolazione delle merci da attuare anche nel rispetto del mutuo riconoscimento dei prodotti legalmente fabbricati e/o commercializzati in un altro Stato membro, la lealtà delle transazioni commerciali, l’incentivazione della ricerca e dello sviluppo in seno all’industria alimentare attraverso una protezione degli investimenti effettuati da soggetti innovatori senza per ciò deprimere l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese che raramente dispongono delle capacità finanziarie per svolgere attività di ricerca ecc. I prodotti alimentari della salute proprio per la loro caratterizzazione necessitano di maggiori garanzie e precauzioni rispetto agli altri alimenti nel momento dell’analisi del rischio, di particolari verifiche dell’effetto positivo sulla salute imputabile alla natura del prodotto e/o alle sue componenti caratterizzanti, promesso al consumatore e riportato in etichetta tramite indicazioni obbligatorie o facoltative, di maggiore attenzione nella fase del controllo e di particolari clausole di salvaguardia a favore degli Stati. Se l’esigenza di garantire la food safety nei prodotti alimentari della salute si spinge oltre la garanzia del rispetto delle pur elevate prescrizioni alimentari comunitarie in materia igienica e sanitaria fino a garantire l’effetto benefico ed in alcuni casi la correttezza del profilo nutrizionale di una dato prodotto alimentare esprimendo in tal modo particolarità quanto all’oggetto, sotto il profilo dei soggetti della sicurezza, le Istituzioni comunitarie (Corte di Giustizia, Parlamento, Commissione, Consiglio) danno prova di un virtuoso dinamismo. In particolare la Commissione “gioca” un delicato ruolo centrale di regolamentazione e di governo che a volte si esprime attraverso l’attivazione di inedite procedure di analisi del rischio e di eventuale gestione dello stesso anche oltre il livello di precauzione garantito dall’art. 7 del regolamento (CE) n. 178/2002. E’ questo il caso della procedura di cui all’art. 8 del regolamento (CE) n. 1925/2006 che si attiva, tra le altre ipotesi, per il semplice fatto oggettivo dell’aggiunta agli alimenti di una sostanza diversa dalle vitamine o dai minerali, il cui uso non è armonizzato a livello comunitario, allorquando tale aggiunta è tale da comportare l’ingestione di quantità della sostanza ampiamente superiori a quelle che ci si può ragionevolmente aspettare di assumere in condizioni normali di consumo nell’ambito di una dieta equilibrata e varia. La Commissione nella gestione delle dinamiche di food safety relative ai prodotti alimentari della salute è assistita dall’EFSA la cui consultazione è obbligatoria prima dell’adozione di ogni disposizione che può avere ripercussioni sulla salute pubblica; la centralità del ruolo svolto dalla Commissione risulta confermata anche dopo Lisbona 20 vista l’ampia previsione degli atti delegati e degli atti di esecuzione di cui agli artt. 290 e 291 TFUE 41 . 7.- Conclusioni La regolamentazione comunitaria in tipologie legali ad hoc di alcuni alimenti per la loro riconosciuta capacità di produrre effetti positivi per la salute rende possibile ed utile la elaborazione in via interpretativa di una categoria, che si è denominata “prodotti alimentari della salute”. La creazione della categoria consente in primo luogo di meglio individuare gli elementi che sono costitutivi della distinzione tra i prodotti in essa sussumibili ed i medicinali rapportandoli, più che a qualche particolarità regolamentare propria di questa o quella tipologia specifica di alimento (che potrebbe più facilmente essere considerata “cedibile” rispetto al rapporto generale alimento-medicinale), alla funzione salutistica comune alla categoria (sia pure da ricondurre entro sicuri argini); in secondo luogo, facilita la evidenziazione di particolarità che giustificano una regolamentazione differenziale di tali prodotti nell’ambito degli stessi alimenti. Ciò consente all’interprete di “padroneggiare” in maniera più trasversale, più elastica, l’applicazione di alcuni utili strumenti che favoriscono il superamento di ostacoli alla circolazione intracomunitaria del prodotto spingendosi, in qualche caso, anche oltre i confini segnati espressamente dalla norma di riferimento quando ciò sia ritenuto giustificabile sulla base della funzione di garanzia dell’effetto utile legato ad un consumo responsabile e consapevole dell’alimento. ABSTRACT We may therefore assume that a commonly accepted definition of health food is that it produces positive effects on human health if used as intended, but it is not able to appreciably restore, correct or modify physiological functions by exerting a pharmacological, immunological or metabolic action, nor does it have the function of treating or preventing disease. Health food can be marketed through the use of claims, established by national or Community legislation, or defined by food business operators and authorized by the (41) Cfr. L. Costato, Poteri delegati e poteri di esecuzione della Commissione U.E.: dalla PAC al TFUE, in q. Rivista, www.rivistadirittoalimentare.it, 4-2010, p. 3; F. Albisinni, Soggetti e oggetti della sicurezza, non solo alimentare, in Europa, prima e dopo Lisbona, in Riv. dir. agr., 2010, I, p. 630. 21 Commission in compliance with the provisions set forth in Regulation EC No 1924/2006. In the absence of total harmonization of the legislation regulating health food claims at the Community level, a voluntary alignment of State Members legislation to the guarantees, required by Regulation No 1924/2006 for the use of nutrition and health claims for foodstuffs, would foster a reduction in trade barriers in the European internal market. 22