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Informazioni al consumatore La depurazione Il fegato è una ghiandola a secrezione endocrina ed esocrina, che si occupa di importanti processi metabolici: • elimina le sostanze tossiche o comunque estranee all’organismo (xenobiotici), trasformandole in composti non più tossici e favorendone l’eliminazione • trasforma gli alimenti assorbiti durante la digestione in sostanze che servono per produrre energia per le funzioni dell’organismo • produce la bile, che viene accumulata nella cistifellea e poi immessa nell’intestino, necessaria per la digestione di alcuni alimenti • regola il metabolismo di molte sostanze, tra cui il colesterolo, il glucosio, le vitamine e gli ormoni • interviene nella produzione di varie proteine, tra cui l’albumina e alcuni fattori della coagulazione Spesso un'alimentazione scorretta e sbilanciata, l'abuso di sostanze tossiche come alcool e fumo, l'utilizzo eccessivo dei farmaci senza un adeguato controllo medico, certe malattie batteriche e virali, un sistema di vita poco sano, la sedentarietà e gli ambienti di lavoro inquinati, portano il fegato ad espletare in maniera insufficiente alcune delle sue più importanti funzioni. Quando il fegato è sovraccarico si manifestano alcuni sintomi tipici, come: difficoltà digestive, alito pesante, bocca amara, sonnolenza dopo i pasti, mal di testa e talvolta disturbi dermatologici. Integratori alimentari a base di piante officinali dalle proprietà depurative sono utili per favorire la funzionalità del fegato e la digestione, accelerando così l’eliminazione delle tossine attraverso la pelle, l’apparato urinario o intestinale. Sintesi e secrezione di: • bile • glucosio • colesterolo • albumina • fattori di coagulazione Immagazzinamento di: • glucosio • vitamine liposolubili Metabolismo, trasformazione ed eliminazione di: • ammoniaca • bilirubina • ormoni • farmaci • tossine Regolazione di: • glucosio • colesterolo Cardo mariano (Silybum marianum (L.) Gaertn.) Si tratta di una pianta erbacea bienne, con foglie a margini dentati provvisti di spine gialle. I fiori sono grandi, tubulosi e di color porpora. E’ una pianta diffusa in Europa meridionale, Asia occidentale e Africa settentrionale. La droga è costituita dai frutti (cipsele), che contengono lipidi, proteine, zuccheri e flavonoidi; le molecole responsabili dell’attività biologica sono una miscela di flavanolignani, noti come silimarina. La silimarina è costituita da tre sostanze: la silibina, la silicristina e la silidianina; viene assorbita per via orale ed escreta attraverso la bile, con un'emivita di circa 6 ore. Gli effetti epatoprotettivi della silimarina sono stati dimostrati sia in vitro che in vivo, esponendo gli animali a sostanze tossiche in grado di indurre danno epatico, come l'etanolo (alcol), la falloidina (veleno caratteristico dei funghi appartenenti al genere Amanita), il tetracloruro di carbonio, il paracetamolo e la tioacetammide. L’attività epatoprotettrice della silimarina può essere ricondotta alle seguenti proprietà: • azione di inibizione della perossidazione lipidica come risultato dell’attività di scavenger (=“spazzino”) dei radicali liberi e della capacità di aumentare il contenuto cellulare di glutatione; • capacità di regolare la permeabilità della membrana cellulare e di aumentarne la stabilità in presenza di danno da xenobiotico (=farmaco); • capacità di regolare l’espressione nucleare agendo come effettore steroideo • azione antifibrotica. In sintesi, quindi, l’attività epatoprotettiva del Cardo mariano è dovuta principalmente all’inibizione, da parte della silimarina, dei fattori responsabili del danno epatico insieme alla capacità di stimolare la sintesi proteica nel fegato. La silibina stimola nell’epatocita l’attività della RNA polimerasi (DNA-dipendente) e la trascrizione di RNA ribosomiale; sembra che essa agisca come effettore steroideo naturale e si leghi alla subunità regolatrice della RNA polimerasi (DNA-dipendente) a livello del sito di legame per gli estrogeni; aumentando la sintesi di RNA ribosomiale stimola pertanto la sintesi proteica. Attraverso questo meccanismo la silimarina favorisce la rigenerazione epatica promuovendo la sintesi di nuove proteine strutturali ed enzimi che possono sostituire gli elementi eventualmente danneggiati dalle epatotossine. Vari studi documentano una significativa attività antiinfiammatoria per la silimarina, grazie all’ inibizione della sintesi dei mediatori dell’infiammazione, quali prostaglandine (inibizione della COX-2), leucotrieni ed interleuchine. La silimarina e il suo componente principale silibina sono dei potenti antiossidanti che reagiscono con i radicali liberi trasformandoli in composti più stabili, meno reattivi e incapaci di danneggiare i tessuti. Il danno epatico cronico è caratterizzato dall’accumulo di tessuto cicatriziale nel fegato, che progressivamente può modificarne la struttura e la funzionalità. Questo processo, noto come fibrosi epatica, è un processo dinamico, di passaggio, tra il danno cronico a carico del fegato e la cirrosi. La silibina riduce la proliferazione delle cellule stellate epatiche, che svolgono un ruolo centrale nella fibrosi. Carciofo (Cynara scolymus L.) Pianta erbacea perenne, che può raggiungere fino a 1.5 m di altezza, viene coltivata nelle regioni temperate (per il 60% nell’area mediterranea); le foglie sono grandi, lobate e riunite in una rosetta basale. Le infiorescenze, che compaiono il secondo anno, sono dei grossi capolini, solitari, con fiori tubulosi di colore blu-viola, inseriti in un ricettacolo carnoso, circondati da numerose brattee, terminanti o meno con una spina (a seconda della varietà). Il ricettacolo e la base delle brattee dei capolini giovani, ricchi in inulina, sono quelli che comunemente mangiamo. Il suo ciclo naturale è autunno-primaverile. La droga è costituita dalle foglie, che contengono: • per la maggior parte degli esteri dell’acido caffeico, cioè l’acido clorogenico e la cinarina • molti acidi organici, tra cui il malico, il fumarico, il lattico, il succinico e il citrico • dei lattoni sesquiterpenici, tra cui la cinaropicrina, che conferiscono il sapore amaro • dei flavonoidi, tra cui apigenolo ed eterosidi del luteolo L’attività epatoprotettiva del Carciofo è nota da tempo e gli studi indicano la cinarina e, in minor parte, gli acidi caffeilchinici come agenti responsabili di questa azione. L’estratto secco di Carciofo, inoltre, è in grado di stimolare la rigenerazione epatocitaria ed incrementare la sintesi proteica a livello degli epatociti, legata ad un aumento dei livelli di RNA ribosomiale. La cinarina, l’acido caffeico, l’acido clorogenico e la luteolina risultano i principi attivi maggiormente coinvolti nell’attività protettiva antiossidante. Il Carciofo esercita un’importante azione coleretica, favorendo la funzionalità epatocellulare e della secrezione biliare; l’incremento di quest’ultima risulta essere dose dipendente e l’effetto maggiore, esercitato principalmente dall’acido clorogenico e dalla cinarina, si ha sia sulla coleresi che sulla produzione di acidi biliari. Recenti studi ipotizzano che l’estratto di carciofo può risultare efficace nell’alleviare e nel ridurre i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile e nella dispepsia. L’azione antidispeptica del carciofo è legata all’effetto coleretico, che stimolando la produzione biliare, favorisce anche la digestione. L’estratto di Carciofo è utile anche nel trattamento dell’ipercolesterolemia e iperlipoproteinemia: diversi studi hanno dimostrato che il cinaroside e la luteolina hanno la capacità di inibire l’enzima idrossimetilglutaril-coenzimaA, il quale determina la velocità della biosintesi del colesterolo. acetil- CoA acetoacetil- CoA Idrossi- metilglutaril- CoA carciofo mevalonato squalene lanosterolo colesterolo Bardana (Arctium lappa L.) Si tratta di una pianta erbacea bienne, diffusa in quasi tutta Europa; possiede grandi foglie e grossi capolini globosi. I fiori, color rosso porpora, sono tubulosi e i frutti sono delle cipsele, munite di pappo. La droga è costituita dalle radici, che contengono: o inulina (50% circa) o acidi caffeilchinici o composti acetilenici solforati, come arctinale e arctinone, ad azione antibatterica ed antifungina o mucillaggini Nelle foglie si ha un lattone sesquiterpenico, l’arctiopicrina, responsabile del sapore amaro. La Bardana ha mostrato una significativa attività protettiva nei confronti dell’epatotossicità indotta sperimentalmente, contrastando la perossidazione lipidica, l’aumento delle transaminasi e la perdita di glutatione. Poiché nelle epatopatie lo stress ossidativo sembra avere un ruolo importante, è molto probabile che l’attività antiossidante rappresenti uno dei meccanismi più significativi alla base della capacità epatoprotettiva del fitocomplesso di Bardana. Una parte consistente di questa attività scavenger contro i radicali liberi è legata alla presenza dei derivati caffeilchinici. Le fibre contenute nella Bardana sono, inoltre, in grado di legare composti tossici eventualmente presenti nell’organismo. La Bardana viene tradizionalmente utilizzata nel trattamento di diverse dermatopatie, come l’ acne, la dermatite seborroica e la foruncolosi, sia per la sua azione disintossicante, stimolante la secrezione epatobiliare e la diuresi, sia per la sua attività antinfiammatoria e antiossidante. Per il suo elevato contenuto in inulina, un polimero del fruttosio non digeribile dal corredo enzimatico gastrointestinale e che quindi non viene assorbito dall’organismo, la radice di Bardana viene utilizzata per rallentare la digestione dei carboidrati; in questo modo viene ritardato il passaggio del glucosio in circolo, così da consentire alla cellula pancreatica di aumentare la secrezione insulinica, con una conseguente riduzione del picco glicemico post-prandiale. Tarassaco (Taraxacum officinale Weber) Si tratta di una pianta erbacea perenne, chiamata anche soffione o piscialletto; è una specie molto comune nei nostri prati e nei bordi delle strade. Il Tarassaco cresce spontaneamente nelle zone dal clima temperato, fino ad un’altitudine di 2000 m. Le foglie sono disposte in rosetta basale, profondamente incise a formare lobi triangolari disuguali, e presenta capolini solitari di fiori ligulati gialli, con cipsele munite di pappo disposte a raggio (soffioni). Il fusto è cavo e lattiginoso. La droga è costituita dalle radici, ricche in inulina (40% circa in autunno), potassio e fruttosio (massimo in primavera). Il sapore amaro è dovuto alla presenza di lattoni sesquiterpenici (tra cui glucosidi dell’acido taraxinico); sono, inoltre, presenti alcoli triterpenici e steroli. L’azione principale del Tarassaco interessa il fegato congestionato e la cistifellea, sui quali sviluppa un’azione coleretica e colagoga; stimolando la funzione biliare, la droga regola anche le funzioni intestinali. Grazie a queste attività, il Tarassaco trova indicazione nei casi in cui necessita una generale azione depurativa, ad esempio in seguito ad un’errata alimentazione, in caso di lieve ipercolesterolemia, iperglicemia ed iperazotemia; può essere, inoltre, utilizzato in alcune colecistopatie atoniche e nelle dispepsie biliari dovute ad una ridotta produzione di bile e/o ad un rallentato svuotamento della colecisti o in persone con una funzione epatica lenta. Per due composti polisaccaridici contenuti nella radice, è stata dimostrata un’attività epatoprotettiva che si realizza attraverso la riduzione dei markers dell’infiammazione e dello stress ossidativo (attività scavenger dei radicali liberi e inibizione della produzione di monossido d’azoto). Studi recenti dimostrano la capacità del Tarassaco di ridurre l’assorbimento dei lipidi alimentari, che per il 98% sono costituiti da trigliceridi. Tale effetto si realizza attraverso l’inibizione delle lipasi pancreatiche, cioè quegli enzimi deputati alla scissione dei trigliceridi in frammenti più semplici e facilmente assorbibili. Il Tarassaco risulta utile anche per la sua azione diuretica, riconducibile alla presenza di potassio; questa proprietà viene sfruttata in vari casi di ritenzione idrica, associata per esempio alla sindrome premestruale oppure ai casi di sovrappeso. Acido alfa-lipoico L’acido alfa-lipoico o tiottico fu isolato per la prima volta da estratti di fegato. In natura esiste sotto due forme: come disolfuro ciclico (forma ossidata) o come catena aperta, avente due gruppi sulfidrilici; le due forme sono facilmente interconvertibili tramite reazioni di ossido-riduzione. forma ossidata forma ridotta L’acido alfa-lipoico ha due funzioni principali: coenzima del metabolismo cellulare e antiossidante. Per quanto riguarda quest’ultima funzione, è l'unica sostanza attiva sia in fase acquosa (citoplasmatica) che in fase lipidica (membrane cellulari) ed ha rilevante capacità di rigenerare gli altri antiossidanti, come il glutatione (se associato a quest’ultimo, è in grado quindi di aumentarne la capacità antiradicalica), il coenzima Q e le vitamine A, C ed E. Grazie a questa sua caratteristica, l'acido alfa-lipoico protegge l'organismo sia dai radicali liberi intracellulari sia da quelli extracellulari. A differenza di altri antiossidanti, in cui solo la forma ridotta ha proprietà antiossidante, l'acido alfa-lipoico ha la capacità di neutralizzare i radicali liberi in ambedue le forme (vedi formule). L'acido alfa-lipoico si è, inoltre, dimostrato efficace nel favorire l'ingresso di glucosio nelle cellule, aumentando il reclutamento dei recettori intracellulari specifici per questo zucchero (GLUT-4); da ciò deriva la sua presunta utilità nello stabilizzare la glicemia. L’acido alfa-lipoico risulta utile anche come coadiuvante degli inestetismi della pelle (rughe), essendo un potente antiossidante. Negli alimenti si trova in abbondanza in patate, broccoli e spinaci, anche se la fonte principale rimangono le carni rosse, in particolare il fegato. Curcuma (Curcuma longa L.) Si tratta di un’erba perenne, originaria dell’India, con grandi foglie ellittiche, fiori gialli, riuniti in una spiga munita di brattee. La droga è costituita dal rizoma, raccolto dopo che la parte aerea si è disseccata; questo viene privato dalle radici, cotto nell’acqua e posto in appositi essiccatoi. Il rizoma contiene circa il 50% di amido, un olio essenziale (costituito soprattutto da sesquiterpeni), dei monoterpeni e dei curcuminoidi, tra cui il principale è la curcumina, il principio attivo della droga, poi dimetossicurcumina e bisdimetossicurcumina. curcumina Fin dai primi studi scientifici, fu notata la scarsa biodisponibilità della curcuma; infatti, dopo la sua somministrazione orale, la concentrazione di curcumina nel sangue è estremamente bassa. La curcumina assorbita nell’intestino viene rapidamente metabolizzata, prevalentemente ad opera del fegato. I prodotti derivati da tale processo vengono per la massima parte eliminati con la bile e solo in piccola percentuale immessi nel circolo ematico attraverso il quale raggiungono i tessuti. Per migliorare l’efficacia della curcuma sono state proposte varie strategie. Sia in modelli animali che nell’uomo, l’associazione con piccole quantità di piperina si è dimostrata in grado di aumentare le concentrazioni plasmatiche della curcumina. L’effetto è imputabile alla riduzione, da parte della piperina, della metabolizzazione epatica della curcumina. Ma è soprattutto la formulazione tra curcuma e complessi fosfolipidici (con lecitina di soia), che ha dimostrato di incrementare notevolmente l’assorbimento e le concentrazioni plasmatiche dei componenti polifenolici e degli acidi triterpenoidi. Per tale motivo la “curcumina fosfolipide” viene oggi ritenuto uno dei modi più efficaci di somministrare la curcuma. Nel grafico sottostante possiamo notare la differenza tra la concentrazione nel sangue dei metaboliti della curcuma in polvere e della curcuma fitosomiale: Metabolizzazione curcumina curcumina glucuronide nel plasma (ng/mL) 1600 1400 1200 1000 curcuma fitosoma curcuma polvere 800 600 400 200 0 0 15' 30' 60' 80' 120' La curcumina, così complessata, viene incorporata in una matrice lipidica, e i fluidi extracellulari possono trasportarla attraverso le membrane biologiche, incrementandone la captazione cellulare. Questa particolare forma di curcuma con lecitina di soia ha dimostrato incrementare l’assorbimento orale di curcuminoidi fino a 30 volte; tutto ciò permette di ottenere una risposta funzionale a dosaggi significativamente più bassi rispetto alla curcumina non complessata. Fitosoma Membrana cellulare curcumina (all’interno delle teste dei fosfolipidi azzurri e viola) Gli estratti di curcuma presentano attività antinfiammatoria, antiossidante ed immunostimolante. I meccanismi d'azione responsabili di queste proprietà sono stati accertati e comprendono l'inibizione delle ciclossigenasi e delle lipossigenasi, i due mediatori principali dell’infiammazione. fosfolipidi di membrana → fosfolipasi A2→ acido arachidonico 5- lipossigenasi leucotrieni ciclossigenasi-2 ciclossigenasi-1 (COX-2) (COX-1) prostaglandine trombossani INFIAMMAZIONE Le indicazioni comuni all'impiego di estratti di curcuma sono rappresentate da dispepsia funzionale, calcolosi della colecisti, dispepsia biliare, epatopatie croniche (inibizione della deposizione di collagene nel fegato) e malattie infiammatorie. La curcumina si è rivelata particolarmente utile per la sua attività antinfiammatoria, sovrapponibile a quella di farmaci come il cortisone nella fase acuta dei processi flogistici. Ad alte dosi la curcumina sembra stimolare i surreni a secernere più cortisone, esplicando quindi anche una potente azione antinfiammatoria indiretta. A differenza dei FANS (= farmaci antinfiammatori non steroidei, come l'aspirina e l'ibuprofene), la curcumina non causa effetti collaterali significativi: per esempio non è considerata gastrolesiva, anzi, in alcuni studi clinici la curcuma ha dimostrato di migliorare la sintomatologia associata ad ulcera gastrica. Anche la sindrome del colon irritabile può trovare giovamento dalla somministrazione di curcuma. Una sperimentazione ha investigato l’effetto della curcumina nel trattamento della steatoepatite non alcolica indotta da una dieta iperlipidica. In questa patologia si è visto un aumento delle transaminasi, una riduzione degli antiossidanti nei mitocondri, un aumento dei ROS (=specie reattive dell’ossigeno) nei mitocondri, una riduzione della funzionalità mitocondriale e un aumento della produzione di TNF-alfa (= fattore di necrosi tumorale di tipo alfa). La curcumina riduceva tutti questi fenomeni. N-acetil-cisteina Il glutatione è un tripeptide costituito da 3 amminoacidi: acido glutammico, cisteina e glicina; questa particolare composizione chimica conferisce al glutatione un'elevata capacità di ossidarsi o ridursi, proteggendo le proteine e gli altri composti ossidabili dall'azione dei radicali liberi. L'integrazione con glutatione pone, però, svariate difficoltà; diversi studi, infatti, suggeriscono che il glutatione assunto per via orale non viene efficacemente assorbito a livello intestinale. La concentrazione di glutatione nell'organismo può tuttavia aumentare ricorrendo alla somministrazione orale di uno dei suoi tre precursori, l'amminoacido solforato cisteina; tale sostanza si può trovare nell'N-acetilcisteina. Il glutatione rientra nella composizione di un gruppo di enzimi ad azione antiossidante, chiamati glutatione perossidasi. Il glutatione ridotto cede molto volentieri il suo idrogeno (H+), che funge da accettore di un elettrone (e-) proveniente da molecole reattive dell'ossigeno (radicali liberi). Il glutatione ossidato, per riacquistare la propria attività antiossidante, deve tornare nella forma ridotta; ciò avviene grazie ad un enzima NADPH dipendete, chiamato glutatione reduttasi. G-6-P deidrogenasi: glucosio-6-fosfato deidrogenasi GS-SG glutatione ossidato GSH glutatione ridotto, funzionale glutatione perossidasi: enzima selenio-dipendente Nelle cellule in buono stato di salute il rapporto tra glutatione ridotto e glutatione ossidato si mantiene intorno a 9:1; una sua diminuzione è considerata indice di stress ossidativo. Presente nell'organismo in forma ubiquitaria, il glutatione è particolarmente concentrato nel fegato, dove protegge gli epatociti da molecole tossiche di origine esogena o endogena. In questo caso, il glutatione, una volta coniugatosi ai metaboliti tossici in maniera enzimatica o non enzimatica, non può rigenerarsi con altrettanta facilità (in parte viene eliminato, principalmente per via biliare, ed in parte subisce ulteriori metabolizzazioni). Un'eccessiva concentrazione di sostanze tossiche può quindi depletare i livelli tissutali di glutatione, determinando grave danno epatico. Integrazioni di N-acetilcisteina possono essere utili: o per la sua proprietà antiossidante o per la sua attività mucolitica, probabilmente dovuta alla capacità di rompere i legami disolfuro delle proteine del muco o in caso di danno epatico (alcolici, tossine,..) o come antidoto, a dosi elevate, in caso di avvelenamento da paracetamolo (vengono rigenerate le scorte di glutatione a livello epatico) CONSIGLI UTILI: bisogna iniziare con un'alimentazione più corretta, sana ed equilibrata (ricca di frutta e verdura, pesce e cereali integrali), eliminando sostanze come i superalcolici e i pasti iperlipidici, cioè troppo ricchi in grassi, soprattutto quelli saturi. Sarebbe, inoltre, opportuno evitare la sedentarietà, introducendo nelle proprie abitudini di vita un sano movimento, anche delle semplici passeggiate, se non una vera e propria attività sportiva. Bere molta acqua, lontano dai pasti. Consumare centrifugati di frutta e verdura. Evitare o perlomeno ridurre al minimo l’assunzione di caffè. PRECAUZIONI D’USO: utilizzare con cautela nei pazienti con patologie epatiche e renali e in caso di ipertensione; non utilizzare in gravidanza e durante l’allattamento. Sentire il parere del medico prima dell’uso del prodotto, in caso di terapia con farmaci ipoglicemizzanti. AVVERTENZE: non somministrare ai bambini al di sotto dei tre anni di età. Tenere fuori dalla portata dei bambini al di sotto dei 3 anni. Non superare la dose giornaliera consigliata. Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta variata ed equilibrata e di un sano stile di vita. Se si è in trattamento con farmaci ipoglicemizzanti prima dell’eventuale uso del prodotto consultare il medico. Conservare in luogo fresco ed asciutto, al riparo dalla luce e da fonti di calore. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: • Maugini E, Maleci Bini L, Mariotti Lippi M. 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