Nella base ACE tutte le riserve di patrimonio netto, purché “disponibili”
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Nella base ACE tutte le riserve di patrimonio netto, purché “disponibili”
FISCO Nella base ACE tutte le riserve di patrimonio netto, purché “disponibili” Non sono computate le riserve derivanti dalla mera valutazione dell’attivo e le riserve non disponibili per nessun utilizzo / Gianluca ODETTO La base ACE delle società di capitali è determinata in base alla somma algebrica tra incrementi del capitale proprio, decrementi dello stesso capitale proprio e versamenti che determinano la riduzione del beneficio a norma dell’art. 10 del DM 14 marzo 2012 (conferimenti e finanziamenti infragruppo, corrispettivi per l’acquisizione di aziende e di partecipazioni infragruppo ecc.). Gli incrementi del capitale proprio si sostanziano essenzialmente negli aumenti di capitale e nei versamenti a titolo patrimoniale, negli accantonamenti degli utili a riserva e nelle rinunce dei soci ai crediti. Concentrando l’attenzione sugli utili accantonati a riserva, le disposizioni attuative dell’agevolazione prevedono che concorrono alla formazione della base ACE tutti gli accantonamenti deliberati nel singolo periodo d’imposta, fatta eccezione per quelli destinati alle riserve indisponibili. L’art. 5 comma 5 del DM 14 marzo 2012 prevede che, agli specifici fini dell’agevolazione, si considerino indisponibili due categorie di riserve. Nella prima di esse trovano posto le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile, in quanto derivanti da processi di valutazione. La Relazione al DM attuativo precisa che sono esempi di riserve derivanti dalla mera valutazione: - la riserva costituita a fronte della valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto (art. 2426 comma 1 n. 4 del codice civile); - la riserva per utili su cambi non realizzati (art. 2426 comma 1 n. 8-bis del codice civile); - le riserve derivanti da rivalutazioni volontarie dei beni dell’attivo; - le riserve di cui all’art. 6 del DLgs. 38/2005. La seconda categoria di riserve indisponibili (e, quindi, non agevolabili) è rappresentata dalle riserve formate con utili realmente conseguiti (e, quindi, non derivanti da un mero processo di valutazione) che però, per disposizioni di legge, sono contestualmente non distribuibili ai soci, né utilizzabili per l’aumento gratuito del capitale sociale, né ancora utilizzabili per la copertura delle perdite. Trattasi, quindi, di riserve con vincoli di utilizzo assoluti, tra le quali la già citata Relazione al DM 14 marzo 2012 fa rientrare la riserva per acquisto azioni proprie. Lo stesso decreto precisa che, nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponibilità (come sopra definita) / EUTEKNEINFO / LUNEDÌ, 27 LUGLIO 2015 assumono rilevanza anche le riserve non disponibili, purché esse si siano formate successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. In applicazione di questo principio, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/2015 (§ 3.13) ha precisato che, se una riserva di rivalutazione costituita in forza di una legge speciale cessa di essere indisponibile in quanto sono ceduti i beni rivalutati (e, quindi, la riserva viene ad accogliere valori effettivamente realizzati, e non più mere plusvalenze di origine valutativa), la riserva stessa concorre ex post alla formazione della base ACE, a decorrere dall’esercizio in cui avviene la cessione dei beni; naturalmente, il fatto che la riserva si debba essere formata dal 2011 in poi limita il beneficio ai saldi di rivalutazione costituiti nel bilancio 2013. Riserve computate ex post se cessa l’indisponibilità Un funzionamento analogo caratterizza la riserva per utili su cambi, che non concorre alla formazione della base di calcolo dell’agevolazione in quanto accoglie i soli maggiori valori derivanti dalla valutazione delle poste in moneta estera non ancora realizzate, ma viene computata ex post man mano che tali poste sono realizzate. Va ancora ricordato che, ai fini del computo delle riserve nella base ACE, non rileva in alcun modo la nozione civilistica di indisponibilità, legata all’impossibilità di utilizzare una determinata riserva per le operazioni sul capitale. Conseguenza di tale principio è la possibilità di agevolare anche gli accantonamenti alla riserva legale e alle riserve indivisibili delle cooperative, che si tendeva invece ad escludere prima dell’emanazione del DM 14 marzo 2012 sulla base della nozione di riserva indisponibile prevista dai principi contabili. Gli accantonamenti a riserva degli utili rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le riserve stesse si sono formate (senza, quindi, la necessità di effettuare ragguagli ad anno, come invece avviene per gli aumenti di capitale e gli altri versamenti in denaro assimilati). Nel modello UNICO 2015 SC, gli stessi accantonamenti non sono evidenziati in modo distinto dagli altri incrementi del capitale proprio, ma sono sommati agli aumenti di capitale e ai versamenti assimilati, nonché alle rinunce dei soci ai crediti, nel rigo RS113, colonna 1, del modello.