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Inquadramento e diagnosi differenziale dell`ipoglicemia

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Inquadramento e diagnosi differenziale dell`ipoglicemia
G It Diabetol Metab 2015;35:178-187
Rassegna
Inquadramento e diagnosi
differenziale dell’ipoglicemia
RIASSUNTO
L’ipoglicemia (glicemia plasmatica < 55 mg/dl) è un problema clinico raro nei soggetti non diabetici. La diagnosi si ottiene con
un’appropriata misurazione della glicemia durante un evento ipoglicemico spontaneo. In soggetti apparentemente sani, il riscontro della cosiddetta triade di Whipple (sintomi e/o segni clinici
caratteristici dell’ipoglicemia, una ridotta concentrazione plasmatica di glucosio e una risoluzione dei sintomi o dei segni clinici dopo il ripristino della normoglicemia) richiede una successiva
valutazione per l’identificazione delle più comuni cause di ipoglicemia.
Quando invece non è possibile documentare un episodio spontaneo di ipoglicemia, la strategia diagnostica è quella di replicare
l’evento ipoglicemico mediante test di provocazione. Il test del
digiuno prolungato, che dura fino a 72 ore, rappresenta la procedura più affidabile per gli episodi di ipoglicemie che si verificano in condizioni di digiuno. Nei pazienti con ipoglicemia
postprandiale, invece, il test del pasto misto rappresenta la procedura diagnostica più appropriata.
SUMMARY
Identification and differential diagnosis of hypoglycemia
Hypoglycemia (plasma glucose < 55 mg/dl) is a rare clinical problem in non-diabetic patients. The diagnosis can be established
by appropriate blood tests when the hypoglycemia occurs spontaneously. In an apparently healthy patient, documentation of
Whipple’s triad (symptoms, signs, or both consistent with hypoglycemia, low plasma glucose, and resolution of those symptoms
or signs once the plasma glucose concentration is raised), requires subsequent laboratory tests to determine the most common causes. When spontaneous hypoglycemia cannot be
observed, the diagnostic strategy is to replicate the conditions in
which it would be expected if a hypoglycemic disorder existed. A
prolonged supervised fast, which can last 72 hours, is usually the
most reliable test for evaluating hypoglycemia occurring in the
food-deprived state. For patients with postprandial hypoglycemia, however, a mixed meal test is the preferred provocative procedure.
A. Maran
Dipartimento di Medicina, Malattie del Metabolismo,
Univerisità di Padova, Padova
Corrispondenza: prof. Alberto Maran, Malattie del
Metabolismo, Dipartimento di Medicina, via Giustiniani 2,
35128 Padova
e-mail: [email protected]
G It Diabetol Metab 2015;35:178-187
Pervenuto in Redazione il 06-07-2015
Accettato per la pubblicazione il 27-07-2015
Parole chiave: ipoglicemia, controregolazione glicemica,
iperinsulinemia, insulinoma, diagnosi
Key words: hypoglycemia, glucose counter-regulation,
hyperinsulinemia, insulinoma, diagnosis
Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia
Introduzione
L’ipoglicemia può essere definita come una condizione metabolica caratterizzata da una ridotta concentrazione plasmatica di glucosio in grado di causare sintomi o segni clinici
che comprendono un’alterazione delle funzioni cognitive. In
realtà spesso le manifestazioni cliniche dell’ipoglicemia sono
aspecifiche e non è pertanto possibile definire con assoluta
precisione un valore glicemico soglia per la diagnosi. Le raccomandazioni cliniche suggeriscono per un soggetto adulto
una concentrazione plasmatica di glucosio < 55 mg/dl(1).
Clinicamente l’ipoglicemia viene confermata sulla base della
cosiddetta triade di Whipple(2): sintomi e/o segni clinici caratteristici dell’ipoglicemia, una ridotta concentrazione plasmatica di glucosio e una risoluzione dei sintomi o dei segni
clinici dopo il ripristino della normoglicemia. È pertanto necessario che prima di proseguire nell’iter diagnostico in presenza di una sospetta ipoglicemia vengano soddisfatti i tre
criteri principali della triade di Whipple per non sottoporre il
paziente a una serie di accertamenti costosi e potenzialmente rischiosi.
Fisiopatologia
Il glucosio è un substrato energetico essenziale per il metabolismo cerebrale poiché il cervello non è in grado di sintetizzare il glucosio né di immagazzinarlo(3,4). Nel soggetto normale
la glicemia pertanto è mantenuta in un ambito ristretto con
valori compresi tra 70 e 110 mg/dl, nonostante periodi di digiuno, attraverso l’attivazione di meccanismi fisiologici coinvolti nella produzione del glucosio e nella sua utilizzazione
periferica. Il glucosio circolante deriva da 3 principali sorgenti:
1) assorbimento intestinale in seguito all’assorbimento di carboidrati con la dieta; 2) glicogenolisi; 3) neoglucogenesi da
precursori quali il lattato, gli aminoacidi (in particolare alanina
e glutammina) e in maniera minore il glicerolo.
In condizioni di digiuno la produzione epatica di glucosio
è in equilibrio con l’utilizzazione periferica dei vari tessuti
e corrisponde, in un soggetto normale, a un valore pari a
2,2 mg/kg/min. In particolare, la glicogenolisi è in grado di
provvedere un costante apporto di glucosio per un periodo di
circa 8 ore, mentre successivamente risulta indispensabile la
neoglucogenesi. In seguito all’assunzione di un pasto l’assorbimento intestinale di glucosio produce un aumento delle
concentrazioni plasmatiche di glucosio e stimola la produzione
pancreatica d’insulina con soppressione della secrezione pancreatica di glucagone. Questo meccanismo determina un’inibizione della produzione epatica di glucosio e un aumento
della sua utilizzazione periferica, in particolare da parte di fegato, muscolo e tessuto adiposo. In seguito la glicemia ritorna
gradatamente a valori normali paragonabili a quelli che si
riscontrano in condizioni di digiuno quando la produzione epatica di glucosio è sovrapponibile alla sua utilizzazione periferica.
Quando Ia glicemia diminuisce, avvengono nell’organismo
una serie coordinata di eventi tesi a riportare e a mantenere
179
Ia glicemia entro i limiti fisiologici; l’inibizione della secrezione
insulinica e l’attivazione degli ormoni controregolatori (glucagone, adrenalina, noradrenalina, GH e cortisolo)(3). Il glucagone rappresenta il principale ormone controinsulare ed è
essenziale per il ripristino di una condizione di normoglicemia.
L’inibizione della secrezione d’insulina dalla beta-cellula avviene per valori di glicemia plasmatica inferiori ai 70 mg/dl; in
seguito vengono secreti il glucagone e le catecolamine con
conseguente attivazione della glicogenolisi e riduzione dell’utilizzazione periferica del glucosio a valori di glicemia di circa
68-66 mg/dl. Il GH e il cortisolo vengono attivati a concentrazioni di glicemia inferiori stimolando la lipolisi, la neoglucogenesi e la chetogenesi(5). Questa complessa e ridondante
risposta controregolatoria assicura che nel soggetto normale
la glicemia rimanga costante e l’ipoglicemia si manifesti solo
in condizioni di digiuno prolungato o attività fisica intensa(6).
L’ipoglicemia si associa alla comparsa di sintomi che sono
suddivisi in sintomi neurogenici (adrenergici) o autonomici
(legati principalmente all’attivazione del sistema nervoso autonomo) e sintomi neuroglicopenici (Tab. 1). I sintomi neurogenici come per esempio le palpitazioni, i tremori e l’ansia
sono legati all’attivazione adrenergica, mentre la sudorazione,
la fame e le parestesie sono legati alla risposta colinergica all’ipoglicemia(7,8). I sintomi neuroglicopenici quali la difficoltà di
concentrazione, la confusione, la cefalea, l’astenia o debolezza, l’irritabilità, un’alterazione dello stato di coscienza fino
al coma sono conseguenti alla deprivazione del glucosio a livello del sistema nervoso centrale. Segni clinici quali pallore e
diaforesi sono spesso presenti in corso di un’ipoglicemia e
associati ad altre alterazioni cliniche legate alla neuroglicopenia. In soggetti non diabetici, durante un’ipoglicemia indotta
sperimentalmente, i sintomi autonomici vengono avvertiti a
una soglia plasmatica della glicemia pari a 60 mg/dl(3), mentre un’alterazione delle funzioni cerebrali associata a sintomi
neuroglicopenici si evidenzia a glicemie pari a 54 mg/dl. Tuttavia, in pazienti con episodi ricorrenti di ipoglicemia, le soglie
glicemiche per la comparsa dei sintomi dell’ipoglicemia vengono attivate per valori di glicemia inferiori(9-11). Va inoltre ricordato che grazie alla disponibilità di substrati alternativi al
glucosio quali i chetoni e in particolare il lattato, durante un
digiuno prolungato, nella donna e nel bambino si possono riscontrare valori glicemici inferiori alla norma in assenza di sintomi o segni clinici(3).
Tabella 1 Sintomi dell’ipoglicemia.
Autonomici
Neuroglicopenici
Adrenergici
Difficoltà di concentrazione
Tachicardia
Confusione
Tremori
Diplopia
Pallore
Visione offuscata
Agitazione
Convulsioni
Colinergici
Cefalea
Sudorazione
Coma
Fame
Parestesie
180
A. Maran
Classificazione dell’ipoglicemia
Nel corso degli anni sono state proposte diverse classificazioni eziologiche dell’ipoglicemia. Una classificazione distingue le ipoglicemie da causa esogena (somministrazione
d’insulina, sulfoniluree e altri farmaci) da quelle a causa endogena (da ipersecrezione di insulina o altre sostanze ad
azione ipoglicemizzante) e infine dalle forme cosiddette funzionali. La tradizionale classificazione prevede di distingure le
ipoglicemie nelle forme che si manifestano in condizioni di digiuno da quelle che compaiono nella fase postprandiale(12).
Tuttavia, nei pazienti con insulinoma che tipicamente presentano episodi di ipoglicemia a digiuno possono essere presenti
episodi di ipoglicemia anche nel periodo postprandiale, mentre nei pazienti sottoposti a by-pass gastrico, che manifestano
ipoglicemie nel periodo postprandiale, possono essere riscontrate anche ipoglicemie a digiuno. Inoltre alcune condizioni cliniche come l’ipoglicemia factitia sono difficilmente
classificabili come ipoglicemie a digiuno o forme postprandiali.
È stata pertanto proposta una più recente classificazione che
distingue l’ipoglicemia che si manifesta in un soggetto apparentemente sano rispetto a quella che insorge in un paziente
affetto da patologia cronica o in trattamento farmacologico
potenzialmente rilevante (Tab. 2).
Tabella 2 Classificazione delle ipoglicemie(1).
Cause di ipoglicemia in pazienti con malattie
concomitanti
Farmaci
– Insulina o farmaci secretagoghi
– Alcol
– Altri farmaci (vedi tabella 4)
Malattie croniche
– Insufficienza epatica, renale, cardiaca
– Sepsi (compresa la malaria)
– Inanizione
Deficit ormonali
– Cortisolo
– Glucagone e adrenalina (nel diabete di tipo 1)
Tumori non insulari
Cause di ipoglicemia in soggetti in apparente
benessere
Iperinsulinismo endogeno
– Insulinoma
– Non-insulinoma pancreatogenous hypoglycemia
syndrome (NIPHS-nesidioblastosi)
– Ipoglicemia dopo by-pass gastrico
– Ipoglicemia autoimmune
– Farmaci secretagoghi
– Altre
Ipoglicemia accidentale, factitia
Approccio clinico al paziente
con ipoglicemia
Come suggerito dalle raccomandazioni cliniche(1) la diagnosi
di ipoglicemia viene posta quando le 3 condizioni della triade
di Whipple sono rispettate. Per tale motivo è importante escludere una pseudoipoglicemia legata per esempio a un’errata
raccolta del campione di sangue venoso in provette non contenenti l’inibitore della glicolisi. L’anamnesi e la raccolta dettagliata delle informazioni relative all’evento ipoglicemico sono
essenziali per interpretare l’ipoglicemia e definirne l’eziologia.
L’esame obiettivo consente di valutare il grado di alterazione
cognitiva del soggetto e la presenza di sudorazione fredda
con cute pallida e vasocostretta che si associa all’ipoglicemia
a differenza degli stati di chetosi in cui la sudorazione è associata a vasodilatazione. È importante inoltre stabilire con accuratezza le caratteristiche d’insorgenza dei sintomi associati
all’evento ipoglicemico e la loro risoluzione dopo l’assunzione
di un pasto o di carboidrati. Inoltre, poiché i sintomi dell’ipoglicemia possono essere aspecifici, è essenziale che in qualsiasi soggetto sintomatico sia misurata e documentata la
glicemia plasmatica durante un episodio di sospetta ipoglicemia. La relazione tra un evento ipoglicemico e la recente
assunzione di un pasto è infatti di notevole importanza.
Un’ipoglicemia che insorga 2 o 3 ore in seguito all’assunzione
di un pasto è suggestiva di una condizione di iperinsulinismo
o di una malattia come la glicogenosi. Un episodio ipoglicemico che si manifesta invece dopo un digiuno prolungato
(12-14 ore) suggerisce un alterato meccanismo legato alla
neoglucogenesi. Un’ipoglicemia postprandiale può essere indicativa di una galattosemia, un’intolleranza ereditaria al fruttosio, un insulinoma, una dumping syndrome, una sindrome
autoimmune all’insulina.
In seguito alla raccolta delle informazioni anamnestiche si suggerisce di proseguire nell’accertamento diagnostico solo nei
soggetti in cui è stata confermata la triade di Whipple(1).
Cause di ipoglicemia
L’ipoglicemia si manifesta più frequentemente in età infantile
rispetto a quella adulta e può essere secondaria a molteplici
cause, in particolare a difetti genetici, come elencato in tabella 3.
In individui apparentemente sani la diagnosi si riduce sostanzialmente a due condizioni: ipoglicemia accidentale, volontaria o factitia e ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo
endogeno(13,14). L’ipoglicemia secondaria a somministrazione
volontaria d’insulina o farmaci secretagoghi è maggiormente
frequente in soggetti che hanno accesso con facilità a farmaci
ipoglicemizzanti o insulina come il personale sanitario o familiari di pazienti diabetici in terapia(15-17). Nell’adulto le principali
cause di ipoglicemia sono in assoluto rappresentate da farmaci e in particolare l’insulina e i farmaci secretagoghi comprese le glinidi(3,18). Anche l’alcol rappresenta una causa
esogena di ipoglicemia per un effetto diretto sull’inibizione
della neoglucogenesi(19). Un evento ipoglicemico si può mani-
Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia
181
Tabella 3 Diagnosi differenziale dell’ipoglicemia.
Ipoglicemia iperinsulinemica (compresa la postprandiale)
– Transitoria: neonato di madre diabetica, asfissia neonatale, malattia di Rhesus, ritardo di crescita intrauterino, sindrome di Beckwith-Wiedemann
– Congenita: ABCC8, KCNJ11, GCK, GDH, HADH, HNF4A, SLC16A1
– Dumping syndrome
– Mutazione del recettore per l’insulina, anticorpi anti-insulina
– Insulinoma
– Non-insulinoma pancreatogenous hypoglycemia (NIPHS)
– By-pass gastrico
– Tumori non insulari o IGF-2-oma
– Ipoglicemia autoimmune
– Ipoglicemia factitia
Deficit ormonali
– ACTH, cortisolo, GH
Difetti della sintesi di glicogeno
– Glicogenosi, deficit di glucosio-6-fosfatasi, deficit di amilo-1,6-glucosidasi, deficit di fosforilasi epatica, glicogenosi tipo 0
Difetti della neoglucogenesi
– Deficit di fruttosio-1,6-bifosfatasi, fosfoenolpiruvato carbossilasi, piruvato carbossilasi
Metabolismo della carnitina
– Deficit di carnitina (primitivo e secondario), deficit di carnitin-palmitoil-transferasi (CPT 1 e 2)
– Deficit dei trasportatori della carnitina
Ossidazione degli acidi grassi
– Deficit di medium-chain acyl-CoA dehydrogenase (MCAD)
– Deficit di very long-chain acyl-CoA dehydrogenase (VLCAD)
– Deficit di short-chain acyl-CoA dehydrogenase (SCAD)
– Deficit di long/short-chain L-3-hydroxyacyl-CoA dehydrogenase (L/SCHAD)
Difetti nella sintesi e utilizzazione dei chetoni
– Deficit di HMG-CoA sintasi, deficit di HMG-CoA liasi, deficit di succinil-CoA: 3-oxoacid-CoA transferasi (SCOT)
Alterazioni metaboliche (più comuni)
– Acidemie organiche (acido propionico, metilmalonico)
– Malattia a sciroppo d’acero
– Galattosemia
– Fruttosemia
– Tirosinemia ereditaria
– Intolleranza al fruttosio
– Deficit del complesso della catena respiratoria mitocondriale
– Disturbi congeniti della glicosilazione (CGD)
Da farmaci
– Sulfoniluree, glinidi, insulina, beta-bloccanti, salicilati, alcol, chinino, aloperidolo, pentamidina, levofloxacina,
disopiramide, indometacina, cibenzolina, gatifloxacina
Altre cause
– Ipoglicemia idiopatica chetotica, infezioni (sepsi, malaria), malattie cardiache congenite
festare inoltre in corso di sepsi o patologie croniche come l’insufficienza renale o l’insufficienza surrenalica(20). L’ipoglicemia
secondaria a iperinsulinismo endogeno o tumori non insulinosecernenti risulta d’altro canto piuttosto rara. L’ipoglicemia
infine può essere conseguente alla presenza di anticorpi antiinsulina(21).
Farmaci
Sono stati descritti numerosi farmaci responsabili di ipoglicemie con diversi gradi di evidenza (Tab. 4)(22). I farmaci più
frequentemente associati sono l’insulina, i farmaci secretagoghi e l’alcol(12,13,20). Nel paziente ospedalizzato il tratta-
182
A. Maran
Tabella 4 Farmaci (a esclusione dei farmaci ipoglicemizzanti orali e alcol) in grado di provocare ipoglicemie(1).
Prova di evidenza moderata
– Cibenzolina
– Gatifloxacina
– Pentamidina
– Chinino
– Indometacina
– Glucagone (durante endoscopia)
Prova di evidenza bassa
– Sulfonamidi
– Artesunato/artemisina
– IGF-I
– Litio
– Propossifene/destropropossifene
Prova di evidenza molto bassa
– Ace-inibitori
– Antagonisti del recettore dell’angiotensina
– Beta-bloccanti
– Levofloxacina
– Mifepristone
– Disopiramide
– Trimetoprim-sulfametossazolo
– Eparina
– 6-mercaptopurina
mento farmacologico in corso di patologie croniche quali l’insufficienza renale rappresenta la principale causa di ipoglicemia(23). Risulta inoltre frequente l’incidenza di ipoglicemie
nel paziente ospedalizzato quando l’insulina o farmaci secretogoghi vengono somministrati in pazienti in cui si sospende la nutrizione parenterale o quando aumenta la
sensibilità insulinica (come in occasione dell’interruzione della
terapia steroidea)(24).
Ipoglicemia iperinsulinemica
postprandiale
L’ipoglicemia iperinsulinemica postprandiale è conseguente
a un’inappropriata secrezione insulinica che si manifesta nelle
ore successive all’assunzione di un pasto. Nel sospetto clinico di un’ipoglicemia postprandiale le indagini diagnostiche
prevedono l’esecuzione di una curva da carico di glucosio o
l’assunzione di un pasto misto come test provocativi. Un calo
fisiologico della glicemia come si osserva generalmente in
corso di ipoglicemia prolungata può spesso comportare una
diagnosi errata. Tuttavia una corrispondenza biochimica tra
un iperinsulinismo endogeno e la presenza di sintomi neuroglicopenici durante un episodio di ipoglicemia consente di distinguere tra le forme patologiche di ipoglicemia secondarie a
iperinsulinismo postprandiale e le forme di ipoglicemia reattiva.
Per esempio, un criterio diagnostico per la dumping syndrome durante l’esecuzione di una curva da carico di glucosio è rappresentato da una riduzione superiore a 108 mg/dl
tra il picco glicemico e il nadir durante l’esecuzione della
curva(27).
Ipoglicemia autoimmune
L’ipoglicemia autoimmune, anche conosciuta come sindrome
di Hirata, è una rara condizione clinica caratterizzata dallo sviluppo di un elevato titolo di anticorpi anti-insulina in assenza
di anormalità della beta-cellula o previa esposizione all’insulina
esogena. Risulta estremamente rara nella popolazione caucasica mentre sono stati riportati diversi casi nella popolazione giapponese e coreana(28). I pazienti affetti dalla sindrome
presentano una storia clinica di patologie autoimmuni o esposizione a farmaci contenenti gruppi sulfidrilici. La sintomatologia si manifesta nel periodo postprandiale tardivo quando
l’insulina prodotta dopo un pasto e legata agli anticorpi si dissocia in maniera inappropriata con conseguente ipoglicemia.
Le concentrazioni d’insulina circolanti sono in genere estremamente elevate (> 100 mU/l)(29).
Insulinoma
La sindrome ipoglicemica di origine
pancreatica non secondaria a insulinoma
L’insulinoma rappresenta la principale causa di iperinsulinismo endogeno nell’adulto. Si manifesta clinicamente con
maggiore frequenza tra la 5a e 6a decade di vita. Istologicamente si presenta come un tumore benigno nel 90% dei casi,
come nodulo pancreatico solitario, di dimensioni < 2 cm.
Clinicamente l’insulinoma si manifesta con una sintomatologia caratteristica che si manifesta prevalentemente a digiuno
o in seguito a esercizio fisico(25). La diagnosi si basa sul
riscontro di elevati valori di insulina, c-peptide e proinsulina
in condizioni di documentata ipoglicemia a digiuno. Nel 6%
dei casi l’insulinoma si osserva in pazienti affetti da MEN 1
(multiple endocrine neoplasia type 1)(26).
La sindrome ipoglicemica di origine pancreatica non secondaria a insulinoma (non-insulinoma pancreatogenous hypoglycemia syndrome, NIPHS) clinicamente è caratterizzata da
episodi di neuroglicopenia postprandiali secondari a iperinsulinismo(30,31). Istologicamente è caratterizzata da un diffuso
interessamento delle cellule beta con nesidioblastosi (ipertrofia della beta-cellula, iperplasia dei nuclei della beta-cellula che risultano ipercromici e allargati)(32). Il test del digiuno
prolungato è spesso negativo così come le procedure diagnostiche radiologiche per l’identificazione di un insulinoma.
La base genetica sottostante la NIPHS risulta ancora sconosciuta(33).
Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia
183
Ipoglicemia postprandiale
dopo by-pass gastrico
Ipoglicemia dovuta a difetti congeniti
del metabolismo
La chirurgia bariatrica nel paziente con grave obesità può
associarsi alla comparsa di episodi ipoglicemici postprandiali che sembrano legati a un’aumentata secrezione d’insulina come conseguenza dell’aumento del GIP e in
particolare del GLP1(34). Già dopo 2 giorni dall’intervento di
by-pass gastrico sono stati infatti rilevati livelli di GLP1 da
2 a 5 volte superiori alla norma. Al contrario, i livelli di GLP1
tendono a ridursi significativamente dopo calo ponderale e
una normalizzazione della sensibilità insulinica(35). Nei campioni di pancreas dei pazienti sottoposti a intervento di bypass gastrico è stata inoltre documentata un’aumentata
espressione dei recettori alfa dell’IGF2 e IGF1 (IGF1Ralfa) rispetto ai soggetti normali suggerendo pertanto un ruolo dei
fattori di crescita nell’iperfunzione delle beta-cellule che si
osserva in questi pazienti(36).
La glicogenosi di tipo 1 (malattia di Von Gierke) rappresenta
la causa più frequente tra le varie glicogenosi di ipoglicemia ed
è legata al deficit dell’enzima glucosio 6-fosfatasi(39). I pazienti
affetti da tale patologia presentano episodi ricorrenti di ipoglicemia associata ad acidosi lattica, iperuricemia e iperlipidemia.
I pazienti con difetti congeniti negli enzimi coinvolti nella
neoglucogenesi (piruvato carbossilasi, fosfoenolpiruvato carbossilasi, fruttosio 1,6-difosfatasi e glucosio 6-fosfatasi) manifestano un quadro clinico caratterizzato da ipoglicemia e
acidosi lattica. Nel deficit di piruvato carbossilasi il quadro si
presenta più variegato e comprende, oltre all’acidosi lattica,
anche un ritardo mentale e un’acidosi tubulare renale prossimale. Infine, il deficit primitivo di carnitina è un disordine autosomico recessivo dell’ossidazione degli acidi grassi che può
manifestarsi in diverse fasi dell’età evolutiva che si associa a
episodi di ipoglicemia non chetosica, cardiomiopatia e miopatia muscolare(40).
Ipoglicemia factitia
L’ipoglicemia può essere causata intenzionalmente, come per
esempio durante l’esecuzione di un test clinico come l’insulin tolerance test, accidentalmente, oppure volontariamente
come conseguenza di un atto autolesionistico con l’utilizzo di
insulina o farmaci che stimolano la secrezione insulinica come
le sulfoniluree(15). Un’ipoglicemia factitia dovrebbe essere sempre sospettata nel caso in cui l’ipoglicemia si manifesti improvvisamente in un soggetto precedentemente sano. In caso
di somministrazione volontaria d’insulina il criterio diagnostico
risolutivo è legato alla discrepanza tra il riscontro di elevate
concentrazioni plasmatiche d’insulina e valori di c-peptide
nella norma(13).
Ipoglicemia secondaria a tumori
non pancreatici
Neoplasie di origine mesenchimale o epiteliale mediante la
produzione di IGF-2 o peptidi simili non maturi, possono provocare episodi ipoglicemici simili a quelli legati alla presenza
di un insulinoma(37,38).
Ipoglicemia secondaria a deficit
ormonali
I deficit di glucagone, catecolamine, GH e cortisolo possono
essere responsabili di episodi di ipoglicemia. Nei pazienti con
ipopituitarismo e morbo di Addison il deficit di GH e cortisolo
si associa a una ridotta disponibilità di substrati per la neoglucogenesi (ridotta mobilizzazione di lipidi e proteine) e a un
aumento dell’utilizzazione periferica del glucosio (secondaria
all’aumentata sensibilità insulinica conseguente all’assenza
dei due ormoni).
Ipoglicemia dovuta a malattie
metaboliche ereditarie
Le ipoglicemie in età infantile possono essere causate da alterazioni ereditarie quali la galattosemia, la fruttosemia, la tirosinemia, le acidemie organiche, la malattia a sciroppo
d’acero e i difetti della catena respiratoria mitocondriale. L’intolleranza ereditaria al fruttosio, conseguente a un deficit dell’enzima aldolasi B (fruttosio 1,6-fosfato aldolasi), è una
condizione ereditaria recessiva nella quale i soggetti omozigoti
sviluppano ipoglicemia e importanti disturbi addominali dopo
l’assunzione di cibi contenenti fruttosio(40,41).
Diagnosi differenziale in corso
di ipoglicemia
L’approccio nella diagnosi differenziale degli eventi ipoglicemici è rappresentato da un’accurata anamnesi che comprende una descrizione dettagliata degli eventi (con particolare attenzione al momento della comparsa dei sintomi e alla
loro risoluzione), il rapporto con l’assunzione dei pasti, la presenza di patologie concomitanti, la terapia farmacologica assunta dal paziente e dai suoi familiari. In un paziente con
ipoglicemia documentata e patologia cronica associata la diagnosi risulta verosimile in base alla storia clinica e all’esame
obiettivo. Nei soggetti invece apparentemente sani la causa
dell’ipoglicemia non è così evidente per cui risultano necessari
ulteriori approfondimenti clinici. Le raccomandazioni cliniche
suggeriscono che durante un episodio di ipoglicemia
dovrebbe essere sempre misurata la glicemia e contemporaneamente l’insulina, il c-peptide, la proinsulina, il beta-idrossi-
184
A. Maran
butirrato ed eseguito uno screening tossicologico per gli ipoglicemizzanti orali(1,12). In un paziente che presenta un’anamnesi positiva per ipoglicemia in cui non sia stato possibile
documentare la triade di Whipple, si suggerisce inoltre di riprodurre le condizioni responsabili dell’evento ipoglicemico(1,13)
attraverso i test provocativi.
Test del digiuno
Il test del digiuno prolungato (72 ore) è raccomandato nel sospetto di un’ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo endogeno come nel sospetto di un insulinoma (Tab. 5). In un
paziente nel quale è stata dimostrata la triade di Whipple il
test del digiuno dovrebbe essere interrotto se la glicemia plasmatica scende sotto i 55 mg/dl. La maggior parte dei pazienti con insulinoma presenta un episodio di ipoglicemia
durante le prime 48 ore del test del digiuno(42). L’interpretazione del test si basa sulla raccolta seriata di campioni di glicemia, insulina, c-peptide e proinsulina (ogni 4-6 ore). In
presenza di un’ipoglicemia associata a iperinsulinismo organico le concentrazioni plasmatiche di insulina risultano pari
3 µU/ml o superiore, il c-peptide di 200 pmol/l e la proinsu-
Tabella 5 Test al digiuno: procedura.
1. Considerare come inizio del digiuno il momento in
cui è avvenuto l’ultimo pasto assunto dal paziente
2. Sospendere temporaneamente tutti i farmaci non
strettamente necessari
3. Consentire al paziente di assumere liquidi o bevande prive di calorie (tè e caffè compresi)
4. Programmare dosaggio di glicemia, insulina,
c-peptide e proinsulina ogni 6 ore. Quando il valore della glicemia plasmatica scende al di sotto
di 60 mg/dl intensificare i controlli a ogni 2 ore
5. Interrompere il test quando la glicemia plasmatica è inferiore a 45 mg/dl e il paziente è sintomatico. Nei pazienti con documentata triade di
Whipple all’anamnesi, il test può essere interrotto
per valori di glicemia plasmatica < 55 mg/dl
anche in assenza di sintomi o segni clinici
6. Al termine del test del digiuno raccogliere un
campione per la determinazione della glicemia plasmatica, insulina, c-peptide, proinsulina,
β-idrossibutirrato e per dosaggio di eventuali farmaci secretagoghi
7. Somministrare 1,0 mg di glucagone per via ev e
misurare la glicemia plasmatica al tempo 10, 20
e 30 minuti successivi
8. Rialimentare il paziente
In considerazione dei tempi necessari per la determinazione di laboratorio della glicemia è opportuno utilizzare un glucometro, ben tarato, per un controllo preliminare della glicemia al letto del paziente.
lina di 5 pmol/l o superiore(43). Non è più raccomandato l’utilizzo dell’indice di Turner che misura il rapporto tra le concentrazioni di insulina e la glicemia poiché si è dimostrato
poco affidabile(44). Nei pazienti con insulinomi le concentrazioni plasmatiche d’insulina raramente superano i 100 µU/ml,
mentre valori > 1000 µU/ml sono suggestive di somministrazione volontaria d’insulina o della presenza di anticorpi anti-insulina. La determinazione del β-idrossibutirrato può essere
utilizzata come marker surrogato dell’azione insulinica al termine delle 72 ore del digiuno. Nel caso di un insulinoma le
concentrazioni plasmatiche di β-idrossibutirrato risultano
ridotte e tipicamente < 2,7 mmol/l come conseguenza
dell’azione soppressiva dell’insulina sulla chetogenesi(45).
Al contrario, nei soggetti non affetti da tale patologia, il
β-idrossibutirrato durante il test del digiuno aumenta progressivamente(46). Un altro marker dell’azione insulinica è
rappresentato dall’aumento della glicemia in seguito a somministrazione ev o im di 1 mg di glucagone eseguito alla fine
del test del digiuno. Nei pazienti con ipoglicemia secondaria
a iperinsulinismo (come nel caso dell’insulinoma) si rileva
un aumento delle concentrazioni della glicemia di almeno
25 mg/dl rispetto alla glicemia finale del test conseguente a
un’aumentata glicogenolisi. Infine, durante il test del digiuno
sarebbe auspicabile raccogliere campioni plasmatici per la
determinazione di sulfoniluree e metiglinidi che, stimolando la
beta-cellula, producono un aumento delle concentrazioni di
insulina e c-peptide simile a quelle riscontrate nei casi di insulinoma(47).
Test del pasto misto
Il test del pasto misto è raccomandato nei soggetti che evidenziano la comparsa di sintomi neuroglicopenici fino a 5 ore
dopo l’assunzione di un pasto. Un test è considerato positivo
quando la comparsa di una sintomatologia neuroglicopenica
si associa al riscontro di una concentrazione plasmatica di
glucosio < 50 mg/dl. Nell’ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo i livelli plasmatici di insulina e c-peptide possono risultare inappropriatamente elevati. Sintomi neuroglicopenici si
possono manifestare dopo un pasto misto anche in pazienti
affetti da insulinoma, in pazienti con NIPHS e pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica. La combinazione di un test al
pasto misto positivo e un test del digiuno negativo sono stati
infatti riportati in pazienti affetti da insulinoma o NIPHS.
La curva da carico di glucosio prolungata alla 5a ora non
dovrebbe essere utilizzata come un test diagnostico per l’ipoglicemia in quanto una buona percentuale di soggetti sani
può presentare durante il test valori di glicemia plasmatica
< 50 mg/dl(48).
Monitoraggio glicemico in continuo della glicemia
Anche il monitoraggio in continuo della glicemia nel corso
degli ultimi anni ha rivelato la sua utilità nell’identificare gli episodi di ipoglicemia asintomatica notturna caratteristici delle
condizioni di iperinsulinismo organico (come nell’insulinoma)
o nelle patologie genetiche come la glicogenosi(49,50).
Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia
185
Indagini radiologiche
Test genetici
La TAC e la RMN sono le procedure diagnostiche non invasive
più comunemente utilizzate dopo la conferma diagnostica di
un insulinoma al fine di localizzare la sede del tumore. Tuttavia
tecniche più invasive come l’ecografia endoscopica e il sampling venoso dopo stimolazione arteriosa risultano più accurate
nella localizzazione preoperatoria dell’insulinoma e superiori
alle comuni tecniche di localizzazione non invasiva(45). L’ecografia addominale ha una modesta sensibilità nell’identificare
gli insulinomi ed è in media compresa tra il 9 e il 64%. La sensibilità della TAC varia tra il 33 e il 64% mentre la RMN raggiunge mediamente valori compresi tra il 40 e il 90%(51).
La sensibilità e specificità della RMN risulta superiore a quella
della TAC nella diagnosi di insulinomi pancreatici o localizzazioni extrapancreatiche.
L’ecografia endoscopica è una tecnica che consente la localizzazione degli insulinomi con un’accuratezza compresa tra
l’86,6 e il 92,3%(52).
Il sampling venoso dopo stimolazione arteriosa ha notevolmente migliorato la diagnosi delle neoplasie pancreatiche con
dimensioni del tumore < 2 cm. Il test richiede l’accesso mediante cateterismo alla vena epatica destra, arteria splenica,
gastroduodenale e mesenterica superiore. Un aumento delle
concentrazioni d’insulina in vena epatica destra superiore di
2-3 volte rispetto al basale dopo stimolazione con iniezione di
calcio gluconato in una o più arterie consente di individuare la
regione pancreatica nella quale si localizza la lesione pancreatica sospetta(53,54). L’iniezione di calcio stimola infatti una rapida risposta di insulina, c-peptide e proinsulina proporzionale
al grado di differenziazione cellulare delle cellule tumorali. Il fatto
che in alcuni pazienti con NIPHS il test di stimolazione selettiva
arteriosa con calcio risulti positivo sembra confermare la necessità di eseguire tale indagine nei casi di ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo di eziologia sconosciuta.
La PET (18F-DOPA) è una tecnica utilizzata con successo per
la localizzazione degli insulinomi e, nei bambini con ipoglicemia
da iperinsulinismo congenito, rappresenta il gold standard per
la localizzazione delle lesioni prima dell’intervento chirurgico(55).
Nei bambini affetti da ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo congenito la causa più frequente è rappresentata da una
mutazione nei geni ABCC8/KCNJ11. Anche i pazienti con tumore insulare delle beta-cellule (insulinoma e non insulinoma)
dovrebbero essere testati per la mutazione del gene MEN1.
Test di sensibilità alla leucina
L’assunzione di un pasto proteico o un carico di leucina possono scatenare episodi di grave ipoglicemia in pazienti
con iperinsulinismo congenito con mutazione dei geni
ABCC8/KCNJ11, GDH e HADH.
Esercizio fisico
In alcuni pazienti l’esercizio fisico è in grado di stimolare
un’anomala secrezione insulinica. Il quadro clinico, conosciuto
anche come iperinsulinismo indotto da esercizio, è legato all’espressione del gene SLC16A1 nelle beta-cellule conseguente a una mutazione del promotore attivatore. Questo
difetto determina un aumento dell’uptake di piruvato e una
stimolazione insulinica indotta dal piruvato nonostante la comparsa di ipoglicemia.
Trattamento
Il trattamento di un episodio di ipoglicemia è relativo alla causa
scatenante e alle condizioni cliniche del paziente. Nel paziente
cosciente l’assunzione di 20-30 grammi di carboidrati a rapido assorbimento rappresenta il trattamento di prima scelta.
Nel paziente incosciente è necessaria la somministrazione di
glucosio per via endovenosa in bolo (in genere 30-60 ml di
glucosio al 33%) seguito da infusione continua di glucosata al
10% con monitoraggio della glicemia nelle ore successive.
Può essere utilizzato il glucagone (1 mg per via im o ev) al
quale va associato, dopo il riprisitino dello stato di coscienza,
un corretto apporto di carboidrati per os (15-20 grammi di
carboidrati a rapido assorbimento) con monitoraggio della
glicemia ogni 20-30 minuti. Nell’ipoglicemia secondaria a
iperinsulinismo il diazossido alla dose di 5-20 mg/kg/die suddiviso in 3 somministrazioni giornaliere rappresenta il trattamento di scelta. Può essere associato a un diuretico per
ridurre gli effetti collaterali legati alla ritenzione idrica. In seconda linea vengono utilizzati l’octreotide al dosaggio di 535 µg/kg/die come infusione o iniezione 3-4 volte al dì. Nei
pazienti affetti da insulinoma il trattamento di scelta è ovviamente la terapia chirurgica. L’inibitore mTor everolimus si è
dimostrato efficace nei pazienti con insulinoma maligno o in
coloro che non possono essere sottoposti a intervento chirurgico. L’ipoglicemia autoimmune è trattata in genere con
steroidi, plasmaferesi, anche se alcuni pazienti presentano
una buona risposta al diazossido e all’octreotide.
Conflitto di interessi
Nessuno.
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