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sindrome di Capgras - Archivio Aperto di Ateneo

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sindrome di Capgras - Archivio Aperto di Ateneo
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
Scuola di Dottorato della Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Dottorato di Ricerca in:
NEUROSCIENZE
CICLO X
CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA
SINDROME DI CAPGRAS
E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA
PER I LUOGHI
TESI DI DOTTORATO
Dottorando:
DAMORA ALESSIO
Tutor:
Dr. SIMONA LUZZI
CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA
SINDROME DI CAPGRAS
E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA
PER I LUOGHI
TESI DI DOTTORATO
DAMORA ALESSIO
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE
X CICLO
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“Dottore, benché fisicamente sia identico a lui, quest’uomo non è mio marito.
ma un impostore...
Sembra proprio lui, ma se fosse mio marito come mai non provo nessun
sentimento? Evidentemente non è lui, ma uno sconosciuto che finge di essere
mio marito…
E poi dottore, sono costretta a vivere in una casa identica alla mia….ma io
voglio tornarne nella mia amata casa!”
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CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA SINDROME DI
CAPGRAS
E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI
4
5
INTRODUZIONE
La demenza è una condizione che interessa dall’1 al 5 per cento della
popolazione sopra i 65 anni di età, con una prevalenza che raddoppia poi
ogni quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del 30 per
cento all’età di 80 anni. Per demenza intendiamo genericamente una
condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali
che porta a un declino delle facoltà cognitive della persona. Nella
definizione generica di ‘demenza’ rientrano diverse malattie, alcune
classificabili come demenze ‘primarie’, come la malattia di Alzheimer, la
demenza con i corpi di Lewy, la demenza frontotemporale, e altre invece
definite ‘secondarie’, in quanto conseguenza di altre condizioni, come ad
esempio la demenza in pazienti con infezione da hiv.
I malati di demenza soffrono spesso di idee deliranti.
I deliri sono alterazioni dell’ideazione caratterizzati da convinzioni errate
patologiche non correggibili razionalmente dal soggetto in base
all'esperienza e alla critica. Il soggetto è fermamente convinto che le sue
rappresentazioni mentali siano reali. Tra questi possiamo distinguere le
cosiddette alterate identificazioni deliranti.
I tipi più frequenti di identificazioni alterate riguardano parenti o persone
addette all'assistenza che vengono ritenuti degli impostori, oppure la
convinzione dell’esistenza di due o più luoghi identici quando in realtà ne
esiste soltanto uno (es. propria casa), la convinzione che visitatori
immaginari vivano nella propria casa, l'incapacità di riconoscere la propria
immagine allo specchio o l’identificazione erronea della propria immagine
con quella di un altro soggetto, oppure anche l'errata percezione delle
immagini televisive come persone reali.
Inoltre, come conseguenza del danno cerebrale, alcuni malati di demenza
possono anche confondere o interpretare erroneamente ciò che vedono,
sentono o gustano.
Tali sintomi possono provocare paure intense o scatenare comportamenti
aggressivi. Il malato di demenza deve così far fronte a una situazione che
non capisce e che non riesce a controllare. Purtroppo in letteratura,
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nonostante le numerose spiegazioni che si è cercato di dare a tali fenomeni,
c’è ancora poca concordanza tra le varie teorie.
Tale studio si occuperà di indagare ed approfondire le controversie
riguardanti l’eziologia di due fenomeni in particolare.
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RASSEGNA DELLA LETTERATURA
1. DELUSIONAL MISIDENTIFICATION AND DUPLICATION
Tra gli aspetti di confine tra psiche e cervello, le sindromi da
misidentificazione rappresentano un quadro tra i più multiformi e
controversi.
La sindrome delirante da misidentificazione (DMS) o da errato
riconoscimento, è un termine ombrello, introdotto da Christodoulou nel
1986, per un gruppo di disturbi deliranti che può essere presente in varie
malattie neurologiche e mentali. Tutti implicano la convinzione che
l'identità di un oggetto, di una persona, o luogo è stata in qualche modo
cambiata o alterata. Poiché questi deliri solitamente sono diretti verso un
soggetto unico, rientrano nella categoria denominata deliri monotematici.
Questi disturbi condividono una serie di caratteristiche che li distingue
dalla semplice inconsapevolezza, dalle confabulazioni o dalla confusione
in generale:
- alterazioni di significato personale: si basano su entità di grande
significato personale, come il proprio corpo, la famiglia, luoghi
personali o situazioni lavorative;
- selettività e coerenza: oggetto della non identificazione sono sempre
gli stessi particolari aspetti del sé e dell’ambiente. Ciò contrasta con
le molte teorie che spiegano le DMS come disturbi generali di
memoria o di percezione;
- perdita di consapevolezza o minimizzazione della malattia, della
perdita funzionale o delle difficoltà personali: molti casi si
manifestano con negazione o anosognosia. I pazienti sono portati a
vedere la loro situazione, in modo sempre più positivo, di quello che
realmente è;
- resistenza alle critiche: anche quando i pazienti sono confrontati
ripetutamente con la natura illogica del delirio, essi mantengono
costantemente la loro convinzione;
- disfunzione dell’emisfero destro (in merito non vi è ancora consenso
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comune): sono riportate prevalentemente disfunzioni del lobo
frontale di destra, in modo diffuso o focale, a seconda del tipo di
reduplicazione o di misidentificazione.
Nonostante si riscontri in letteratura poca concordanza, all’interno della
sindrome da misidentificazione possiamo distinguere quattro varianti (Ellis
et al., 1994):
- il delirio di Capgras, è la ferma convinzione che (solitamente) un parente
stretto o il coniuge siano stati sostituiti da replicanti, alieni o
semplicemente da impostori fisicamente identici;
- la sindrome di Fregoli, è il falso riconoscimento di persone familiari in
soggetti che, invece, sono estranei;
- sindrome di intermetamorfosi, è la convinzione che una persona a lui
familiare (in genere vissuta come persecutore), ed uno sconosciuto, oggetto
del falso riconoscimento, abbiano in comune caratteristiche fisiche e
psicologiche;
- sindrome dei doppi soggettivi, descritta da Christodoulou nel 1978 è la
convinzione che un’altra persona sia stata trasformata fisicamente in sé
stessa.
Tuttavia alcuni autori (Devinsky, 2009), hanno incluso all’interno delle
sindromi da errato riconoscimento altre convinzioni deliranti simili alle
precedenti, come per esempio:
- misidentificazione di immagini riflesse, è la convinzione che la propria
immagine riflessa in uno specchio sia un'altra persona;
- paramnesia reduplicativa, è la convinzione che una persona, luogo,
oggetto o corpo sia stato duplicato. Per esempio, una persona può credere
che in realtà non è nell’ospedale nel quale è stato ricoverato, ma in uno
identico, dall’altra parte della città, nonostante l’oggettività della falsità
(Benson et al., 1976);
- sindrome delirante degli accompagnatori, è la convinzione che oggetti
(come peluche) siano esseri senzienti (Shanks & Venneri, 2002);
- pluralizzazione clonale del sè, in cui una persona crede che ci siano più
copie di se stesso, completamente identiche sia fisicamente che
psicologicamente (Vörös et al., 2003).
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Nonostante le numerose teorie psicologiche, cognitive, neurochimiche e
strutturali, che sono state presentate in letteratura, la patogenesi, nei
disturbi primari psicotici e neurologici rimane sconosciuta.
Il presente lavoro esaminerà i sistemi cognitivi alla base di due sindromi
sopra definite, la sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i
luoghi.
Questi quadri rientrano nel gruppo delle paramnesie reduplicative e, anche
se frequentemente associate ad una patologia psichiatrica, spesso si
strutturano su lesioni cerebrali.
Un ruolo fondamentale in questo percorso è stato appunto rivestito dal
miglioramento delle tecniche diagnostiche: per esempio la sindrome di
Capgras, 50 anni fa era considerata esclusivamente un disturbo
psichiatrico, adesso, in molti casi sono riconosciuti disturbi neurologici
(Joseph, 2007).
Un ampio spettro di disturbi neurologici e sistemici, causano deliri
semplici e complessi, soprattutto quelli a contenuto specifico, come la
sindrome di Capgras, la sindrome di Fregoli e la paramnesia reduplicativa
per i luoghi (Malloy & Richardson, 1994; Feinberg et al., 2005; Joseph,
2007). Tali sindromi possono coesistere. La localizzazione della lesione e
la patogenesi saranno discusse singolarmente, per ogni disturbo
considerato: sindrome di Capgras e paramnesia reduplicativa per i luoghi.
1.1. SINDROME DI CAPGRAS
La sindrome di Capgras, descritta per la prima volta nel 1923, da Capgras e
Reboul-Lachaux sotto la denominazione di “illusione dei sosia”, è un
quadro delirante caratterizzato dalla convinzione che una persona,
generalmente vicina e affettivamente significativa per il paziente, sia stata
sostituita da un impostore.
La sindrome di Capgras è la più frequente delle sindromi deliranti da
misidentificazione (Breen et al., 2000).
Generalmente rappresenta un delirio ristretto a una singola persona,
nonostante possa arrivare a coinvolgerne varie, arrivando perfino ad
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interferire sul riconoscimento di sé stessi. La sua durata è variabile e può
trattarsi di un fenomeno transitorio o cronico. Sono stati riportati alcuni
casi con carattere recidivante.
1.1.1. Caso storico
Capgras e Reboul-Lachaux studiarono il caso di una donna psicotica di 53
anni. La caratteristica principale della sua malattia era un delirio molto
complesso con due temi principali:
1) era stata sostituita alla nascita essendo in realtà un'ereditaria di un
grande patrimonio;
2) era vittima di un complotto riguardante furti, avvelenamenti, scomparsa
e sostituzione di molte persone. I duplicati riguardavano tutti i membri
della sua famiglia, lei compresa, così come molti altri soggetti del suo
ambiente. Erano state duplicate migliaia di persone e questi impostori la
tormentavano. Affermava di osservare cambiamenti nel proprio aspetto, di
fatto assenti, e modifiche minori, nell'aspetto altrui (Sinkman, 2008).
E' infrequente che i casi di Capgras si presentino in forma isolata,
specialmente in pazienti organici. Generalmente si accompagnano ad altre
sindromi deliranti e ad altri fenomeni di tipo reduplicativo, implicanti
sovrapposizione e/o falso riconoscimento di persone, luoghi, oggetti o parti
del proprio corpo. Sono stati riportati anche casi di sindrome di Capgras
concomitanti con il delirio di Cotard. Esistono fenomeni di natura simile al
delirio di Capgras che mancano tuttavia della componente delirante, come
la prosopagnosia, alterazione molto più globale che impedisce il
riconoscimento visivo dei volti, compresi quelli dei familiari e talora il
proprio. Tali quadri sono stati considerati reciprocamente speculari (Ellis
& Young, 1990): nella sindrome di Capgras i pazienti conservano il
riconoscimento dei volti ma perdono il senso di familiarità, al contrario
della prosopagnosia (mantengono il senso di familiarità, ma perdono il
riconoscimento cognitivo dei volti); altro aspetto che li differenzia è il
carattere altamente selettivo del delirio di Capgras, assente nella
prosopagnosia.
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1.1.2. Epidemiologia
La sindrome di Capgras è stata descritta in disturbi psichiatrici ed in
malattie organiche.
Relativamente ai quadri psichiatrici, è abituale osservare questo delirio
nella schizofrenia paranoide, nelle depressioni psicotiche, nei disturbi
deliranti e nei disturbi schizoaffettivi o bipolari. Per quanto riguarda le
condizioni organiche, la sindrome di Capgras compare principalmente
nelle demenze (corpi di Lewy, Alzheimer, Parkinson) e a seguito di lesioni
cerebrali da traumi cranici. Seguono, tra le altre cause: gli ictus, l'epilessia,
l'alcolismo cronico, le encefaliti virali, le patologie del lobo frontale,
l'AIDS, i tumori ipofisari e la sclerosi multipla (Benson et al., 1976;
Summers, 1984; Kapur et al., 1988; Collins et al., 1990; Edelstyn &
Oyebode, 1990; Drake, 1994; Frazer & Roberts, 1994; Coltheart et al.,
2007).
La prevalenza stimata nella schizofrenia è elevata, intorno al 15% (Dohn &
Crews, 1986) con una frequenza complessiva nei disturbi psichiatrici
oscillante tra l'1,3% e il 4,1% (Kirov et al., 1994; Taman et al., 2003).
Studi effettuati in pazienti affetti da Alzheimer hanno mostrato una
prevalenza del 20% circa (Harwood et al., 1999; Silva et al., 2001).
Un'indagine nell'ambito di patologie neurodegenarative ha evidenziato una
prevalenza del 13,3% nell'Alzheimer, del 16,6% nella Malattia a corpi di
Lewy e dell’8,3% nella Demenza Semantica. In circa la metà dei casi
compariva in forma pura, nell'altra metà associata ad altri fenomeni da
errata identificazione come la paramnesia reduplicativa o il fenomeno
“dell’inquilino fantasma” (Harciarek & Kertesz, 2008).
Dalle indagini più recenti si può constatare un aumento dei casi di Capgras
riportati, tanto da non essere più considerato un disturbo raro (Barton &
Bruce, 2003).
1.1.3. Espressioni cliniche
Come riportato nel precedente capitolo, la sinfrome di Capgras si
accompagna frequentemente ad altre sindromi deliranti e ad altri fenomeni
di tipo reduplicativo, implicanti sovrapposizione e/o falso riconoscimento
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di persone, luoghi, oggetti o parti del proprio corpo. Sono stati riportati
anche casi di sindrome di Capgras concomitanti con il delirio di Cotard.
Esistono fenomeni di natura simile al delirio di Capgras che mancano
tuttavia della componente delirante, come la prosopagnosia, alterazione
molto più globale che impedisce il riconoscimento visivo dei volti,
compresi quelli dei familiari e talora il proprio. Tali quadri sono stati
considerati reciprocamente speculari (Ellis & Young, 1990): nella
sindrome di Capgras i pazienti conservano il riconoscimento dei volti ma
perdono il senso di familiarità, al contrario della prosopagnosia
(mantengono il senso di familiarità, ma perdono il riconoscimento
cognitivo dei volti); altro aspetto che li differenzia è il carattere altamente
selettivo del delirio di Capgras, assente nella prosopagnosia.
La sindrome di Capgras si esprime in forme cliniche diverse nei quadri
psichiatrici e quelli organici.
I) Nei primi si osserva, tramite valutazioni neuropsicologiche, un
coinvolgimento cognitivo minore e pertanto una minore evidenza di danno
organico cerebrale. Nei pazienti psichiatrici l'esordio del delirio è più
precoce. Nella schizofrenia paranoide il delirio può presentarsi a qualsiasi
età ed in qualsiasi momento del decorso della malattia, compare in maniera
tipicamente insidiosa ed è associato a sintomi psicotici, tra i quali la
paranoia è il più frequente. Questi pazienti nutrono sentimenti ostili verso
la persona sostituita e, in generale, vivono il delirio come qualcosa di
minaccioso (Bourget et al., 2004). L'idea delirante è generalmente meno
consistente e può essere messa addirittura in dubbio qualora i soggetti
vengano posti ripetutamente di fronte all'evidenza. Alcuni pazienti
psichiatrici manifestano la sindrome solo in situazioni estreme di stress o
all'interno delle ricadute psicotiche (Coltheart et al. 2007). Sembra che un
substrato caratteriale di sospettosità possa alimentare più facilmente un
delirio di errato riconoscimento, specialmente quello di Capgras.
II) In pazienti con clinica organica, il delirio compare in età più avanzata,
in associazione alla lesione neurologica o al processo neurodegenerativo.
Per questa ragione l'esordio del delirio può essere più brusco. In questi
quadri il paziente non attribuisce il delirio ad un inganno e talvolta lo vive
13
con sentimenti positivi. I deliri sono più strutturati seppure non ci sia il
tentativo del paziente di cercare spiegazioni razionali a ciò che avviene. La
clinica paranoidea e l'aggressività verso il doppio sono meno frequenti
(Breen et al., 2000).
Dagli studi effettuati su pazienti neurologici, gli aspetti più costanti della
Sindrome di Capgras sono:
- il delirio è specificamente legato ad una persona, solitamente il
parente più stretto;
- il paziente è fortemente convinto che il parente, sebbene identico per
ogni aspetto a quello reale, sia una persona differente;
- la convinzione è resistente ad ogni tentativo di critica, nonostante
alcuni pazienti sembrano essere consapevoli dell'assurdità del
proprio delirio;
- la persona “falsa” non viene mai scambiata per un'altra né chiamata
con nomi sbagliati;
- il paziente non riferisce mai esplicitamente in cosa consistono le
differenze tra la persona vera e l'impostore;
- il delirio ha luogo in contesti familiari come quello domestico;
- il paziente spesso si adatta sorprendentemente bene alla persona
“falsa” (Lucchelli & Spinnler, 2007).
1.1.4. Teorie eziologiche
Negli anni sono state sviluppate diverse teorie eziologiche della sindrome
di Capgras.
Modelli psicologici, modelli cognitivi, alcuni teorici, altri basati su casi
clinici e su esperimenti di laboratorio, sono stati modificati negli anni man
mano che nuovi casi clinici evidenziavano errori nei modelli precedenti. La
loro incapacità di superare certe critiche e la mancata corrispondenza con
le basi neuroanatomiche aprì la strada ai modelli neuropsichiatrici che
nascono comunque dalle proposte dei modelli cognitivi. Sono stati descritti
modelli di disconnessione cerebrale, basati su casi clinici e su esperimenti
di riconoscimento dei volti familiari come le tecniche di risposta
autonomica di conduzione cutanea. Altri autori propendono invece per i
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modelli neuropsichiatrici di lateralizzazione, ritenendoli più coerenti con
l'insieme dei risultati clinici. Negli ultimi anni ha acquistato rilevanza nelle
genesi del delirio di Capgras il ruolo dei lobi frontali (Madoz & Rodriguez,
2010).
Modelli psicologici
• Nella genesi del delirio di Capgras è stato evidenziato il ruolo della
motivazione, poiché contribuisce, insieme ai deficit neurologici, a
configurare il delirio (Ruff, 1981). D'altra parte, i fattori emotivi,
fortemente associati alla natura selettiva del delirio di Capgras,
contribuirebbero alla distorsione dei dati percepiti, a seconda dei bisogni
emotivi del paziente, provocando false idee a riguardo delle persone per lui
più rilevanti (Gainotti, 2007). Anche i deficit nella funzione del self
spiegherebbero il quadro: il danno frontale destro produrrebbe
un'alterazione nella funzione del self, agendo su due vie: da un lato,
l'informazione esterna personalmente significativa rimarrebbe disconnessa
dal sentimento di familiarità; dall'altro lato, la motivazione interna non
correttamente monitorizzata dalla funzione del self viene vista come realtà
esternalizzata, proiettandosi all'esterno (Feinberg & Roane, 2005). La
lesione frontale provocherebbe errori nella capacità di evocare
rappresentazioni mentali adeguate, tanto degli altri come di sé stessi; i
deliri costituirebbero i tentativi di compensare tale errore
rappresentazionale e di quello del riconoscimento. Ci sarebbero anche
difficoltà nello stabilire i limiti dell'io, motivo per cui il delirio sorge come
modo di dare risposta a questi errori di autocoscienza (Sinkman, 2008).
Infine, fattori psicologici, cognitivi e motivazionali contraddistinguono il
contenuto delirante (Devinski, 2009).
La presenza concomitante di più deliri ha portato ad ipotizzare il motivo
per cui pazienti con lesioni cerebrali e profili neuropsicologici simili non
presentano lo stesso quadro delirante, come osservato nel delirio di
Capgras e di Cotard. Questi deliri si presentano con lesioni cerebrali simili,
come in un caso che documenta la comparsa di un delirio di Cotard a
15
seguito di lesioni temporo-parietali destre e danno frontale bilaterale.
(Young, 2000).
Il fattore chiave di entrambi i deliri va cercato nello stato d'animo
predominante: se il paziente è sospettoso, penserà che gli altri siano
impostori; se invece predomina un tono dell'umore depresso egli crederà di
essere morto.
Inoltre, la comparsa di uno o dell'altro delirio dipende dallo stile
attribuzionale del paziente (Breen et al., 2000): se esibisce uno stile
esternalizzante, il paziente risponderà all'anomalia percettiva attribuendo il
cambiamento avvenuto al suo interno (perdita del significato affettivo
abituale) a un cambiamento dell'ambiente (il familiare è stato sostituito da
un impostore) e svilupperà un delirio di Capgras. Al contrario, se lo stile
attribuzionale è internalizzante, il paziente reagirà di fronte alla percezione
anomala, attribuendola a un fattore interno a sé stesso, dando luogo a un
delirio di Cotard (il paziente non è capace di dare significato affettivo al
volto che percepisce perché è morto).
• Le teorie psicodinamiche più frequentemente utilizzate per spiegare la
Capgras vertono sull'ambivalenza verso il familiare sostituito: il paziente
riverserebbe sul sosia tutti i sentimenti provati verso il parente, persona con
cui teme, o vorrebbe evitare, una relazione o confronto, perché prova
paura, invidia, rabbia o altri sentimenti spiacevoli; essendo il sosia un
impostore, il paziente può respingerlo a ragione e senza rimorsi o timore.
Secondo gli studiosi di questa scuola di pensiero, nella patologia sono in
gioco tre diverse individualità: il malato, l’alter (la persona conosciuta e
non riconosciuta dal paziente) e l’alius, il sosia su cui il malato sposta
affetti indesiderati e socialmente inaccettabili, per risparmiarli all’alter.
Altre proposte sottolineano una possibile omosessualità latente, negli
uomini o una difesa di fronte all'aggressività o a desideri incestuosi, nelle
donne. Queste teorie, tuttavia, spiegherebbero soltanto la sindrome di
Capgras isolata ma non il resto della clinica (come i sosia di soggetti
sconosciuti o non affettivamente vicini) (Madoz & Rodriguez, 2010).
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Modelli cognitivi
• Bruce e Young nel 1986 hanno proposto un modello teorico per il
riconoscimento delle facce. Questo modello prevede un'organizzazione
sequenziale e gerarchica in differenti stadi di elaborazione.
Il riconoscimento di una faccia è basato su di un'unità astratta contenente le
informazioni strutturali di ogni volto presente in memoria; al livello più
basso dell'elaborazione vi è un'analisi percettiva delle caratteristiche
facciali, svolta da una componente di codifica. Il risultato dell'analisi è
immagazzinato in una Unità di Riconoscimento di Facce - FRU (Face
Recognition Unit). Questo modello, diventato ormai classico, ha
influenzato e dominato per molti anni la ricerca sulla percezione dei volti.
Il modello prevede che da una faccia si possano ricavare diversi tipi
d’informazione che vengono elaborate in separate componenti cognitive e
nei seguenti stadi di elaborazione:
I) Codifica strutturale (structural
encoding): analizza e cattura gli
aspetti della configurazione di
una faccia per poterla distinguere
dalle altre. Corrisponde alla
rappresentazione 3D del volto.
E' un'elaborazione automatica e
non può essere influenzata da
processi top-down. Lo stadio
dello structural encoding prepara
le informazioni per creare, nella
successiva componente, una
descrizione del volto astratta e
indipendente dalle espressioni.
II) Unità di riconoscimento dei
volti (face recognition units:
FRUs): ciascuna unità di
riconoscimento facciale contiene le informazioni strutturali dei volti noti
all'osservatore; vi sono immagazzinate le caratteristiche visive che
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permettono ad una particolare faccia di essere discriminata da altre facce
conosciute o sconosciute. Contengono le descrizioni delle persone che
conosciamo. E' lo stadio della familiarità delle facce.
III) Nodi di identità di persona (person identity nodes: PINs):
l'identificazione della persona e le informazioni semantiche, ad esempio la
professione e gli interessi. Gli autori precisano che i nodi d’identità si
trovano in un archivio semantico separato da quello della memoria
semantica generale.
IV) Produzione del nome (name retrieval): recupero del nome della
persona, attivato dopo un appropriato PIN. Il nome di una persona è
immagazzinato separatamente dalle altre informazioni.
• Un'implementazione del modello originale di Bruce e Young è stata
proposta da Burton, Bruce e Johnston nel 1990. Due sono le modifiche:
I) la prima riguarda il PIN, al quale
viene data la funzione di “accesso
all'informazione
semantica”
piuttosto che quella di contenerla.
Le decisioni sulla familiarità sono
quindi prese al livello del PIN.
II) la seconda modifica riguarda la
creazione di una “Unità di
Informazione
Semantica”
SIU
(Semantic
Information
Unit),
sistema che immagazzina particolari
informazioni semantiche riguardanti
le persone conosciute.
I PIN, sopramodali rispetto alle
FRU, conservano tutte le informazioni percettive relative alle persone
conosciute, acquisite in molteplici contesti in modo da integrarle in
un'unica rappresenta-zione che resta immagazzinata nella memoria.
Nei PIN, verso cui convergono le informazioni provenienti da diverse unità
di riconoscimento, di modalità specifica (volto, voce, gesti...), nasce la
sensazione di familiarità.
18
A questo livello si produce l'errore caratteristico del delirio di Capgras:
l'assenza del sentimento di familiarità.
Il modello di Bruce e Young, affermando che il senso di familiarità emerge
dall'attivazione di unità modalità-specifiche di riconoscimento, è coerente
con i modelli di Atkinson and Joula, Jacoby e Mandler. Essi ipotizzano che
la familiarità sia connessa agli aspetti percettivi della memoria di
riconoscimento (Atkinson & Joula, 1974; Jacoby, 1999; Mandler, 1991).
Dall'altro lato i modelli proposti da Burton, Young, Bredart e Valentine
(Burton et al., 1990; Valentine et al., 1996) secondo i quali il sentimento di
familiarità nasce al livello sopramodale del PIN sono più coerenti con le
ipotesi di Tulving (Tulving & Schachter, 1990) che vede nella familiarità
un prodotto della memoria semantica. Entrambi i modelli tuttavia non
risolvono il problema del rapporto tra asimmetrie emisferiche e senso di
familiarità e sono in contrasto con i dati ottenuti da pazienti affetti da
differenti tipi di lesioni cerebrali.
• Lewis completa il modello con un modulo specifico di riconoscimento
vocale (VRU) il quale si troverebbe allo stesso livello del modulo
incaricato del riconoscimento dei volti (FRU) (Lewis et al., 2001)
• La rielaborazione di Ellis e Lewis (2001) del modello originale di
processamento facciale propone come complemento al PIN un modulo
denominato “apparato di integrazione”. Questo riceve le informazioni
riguardanti non solo la biografia completa della persona ma anche le
informazioni sulle emozioni generate. L'apparato d’integrazione si
incontrerebbe a un livello superiore del semplice recupero di informazioni
biografiche e confronterebbe la risposta affettiva attesa con la risposta
affettiva corrente (Ellis & Lewis, 2001).
• Anche Margariti a Kontaxakis includono nel loro modello questo apparato
di integrazione: è qui che avrebbe luogo il riconoscimento. L'integrazione
di informazioni percettive, personali e affettive è realizzata sul piano
dell'unicità. Il ruolo di questo apparato è quello di compensare le
discrepanze sorte confrontando l'informazione attuale di una persona con
quella precedente. Essi sottolineano che un'alterazione specifica a questo
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livello è quella responsabile della clinica di errato riconoscimento e della
produzione del delirio di Capgras (Margariti & Kontaxakis, 2006).
La loro proposta differisce dal modello di riconoscimento facciale
originale in cui il modulo di riconoscimento dell'unicità si troverebbe a un
livello superiore rispetto a quello di recupero delle informazioni personali.
Questo modello permette di spiegare tanto la sindrome di Capgras quanto
quella di Fregoli. Le sindromi da errato riconoscimento non
rappresenterebbero una semplice incongruenza tra affettività e
riconoscimento; secondo questi autori si tratterebbe di un'alterazione
dell'unicità, applicata a persone come ad oggetti o luoghi significativi.
Prima del recupero delle informazioni già “sappiamo” che qualcuno o
qualcosa è uno e specifico: ciò costituisce un prerequisito, una matrice su
cui si fonda il riconoscimento.
L'assenza o un disturbo di tale senso dell'unicità potrebbe consentire
tramite lievi disturbi della memoria, sentimenti di familiarità o percezioni,
di condurre alla negazione del corretto riconoscimento e ad una riidentificazione attraverso la creazione di un sosia (Margariti & Kontaxakis,
2006).
• Con le rielaborazioni dei primi modelli si è passati da interpretazioni
incentrate su deficit del riconoscimento visivo a strutture molto più
20
integrate e anatomicamente dislocate. Hirstein e Ramachandran si
concentrarono, su deficit di “gestione” della memoria, secondari
all'interruzione tra il fascio ventrale (vedi paragrafo successivo) e il sistema
limbico. I pazienti sarebbero incapaci di integrare i ricordi di una persona,
ottenuti in esperienze episodiche consecutive. Da ciò consegue
l'impossibilità di creare una categoria mnemonica duratura, ad esempio
quella di “mio padre” (Hirstein & Ramachandran, 1997; Lucchelli &
Spinnler, 2007).
I limiti dei modelli di riconoscimento facciale derivano dall'incapacità di
spiegare i fenomeni osservati nei deliri da errata identificazione ed in modo
specifico, il delirio di Capgras. Tali modelli non spiegano perché il delirio
non si manifesta quando il paziente osserva la foto del familiare sostituito,
né perchè il quadro si può esacerbare nonostante la persona sostituita non
si trovi fisicamente vicina al paziente. Infine contrasta con casi di Capgras
descritti in persone cieche o associati ad altre caratteristiche non visive,
come la voce della persona (Dietl et al., 2003). In tutti questi casi il delirio
di Capgras compare senza la presenza di una via visiva diretta, il che
indicherebbe che l'assenza di familiarità possa essere indipendente da tale
canale. Pertanto il modello di riconoscimento facciale non sembra
sufficiente a spiegare il quadro della Capgras.
Modelli neuropsichiatrici
A) Modelli di disconnessione
Questi modelli, sviluppati in tempi più recenti, hanno posto l'attenzione su
aspetti di tipo affettivo nell'ambito del riconoscimento delle facce.
• Bauer ha introdotto nel 1984 il primo modello a due vie. Una prima via
“cognitiva” analizzerebbe l'identità del volto e provvederebbe all'accesso
delle informazioni semantiche e dei nomi familiari; una seconda via
sarebbe implicata nella produzione di risposte affettive di fronte alle facce
familiari. Questa teoria è nata dal tentativo di spiegare sia il quadro clinico
della prosopagnosia che quello della sindrome di Capgras. La
prosopagnosia può essere definita come l'incapacità di riconoscere volti
familiari e di apprenderne nuovi. I pazienti affetti possono riconoscere le
21
persone conosciute attraverso la voce, la gestualità e il portamento e sono
in grado di conservare una memoria semantica delle persone. Bauer
sottopose un paziente prosopagnosico a prove di conduttanza cutanea, già
utilizzate nella medicina forense nei test della verità, evidenziando
variazioni di conduttanza cutanea più ampie quando posto di fronte a volti
familiari rispetto a volti non familiari. Ipotizzò che pur mancando in
entrambi i casi un riconoscimento “esplicito”, restava intatta, in una certa
misura, la via affettiva, il cosiddetto riconoscimento “implicito” (Bauer,
1984). Alla luce della presenza di una discriminazione facciale autonomica
Bauer ritenne che esistessero due vie di riconoscimento facciale distinte e
indipendenti, sia in termini funzionali che
anatomici.
Una via visiva ventrale compresa dalla
corteccia visiva, passante attraverso il
fascicolo longitudinale inferiore del lobo
temporale, fino al sistema limbico; sia il
circuito
limbico
basolaterale (tra cui
l'amigdala), sia il
circuito limbico mediale di Papetz.
Questa via è implicata nell'identificazione esplicita e
la sua lesione è responsabile dei deficit tipici della
prosopagnosia.
Una via dorsale che proietta dalla corteccia visiva
primaria alle strutture limbiche (principalmente
l'amigdala), passante attraverso il solco temporale
superiore, il lobo parietale inferiore e il giro del
cingolo. Questa via implicata nella detezione dei
significati emotivi sarebbe la responsabile delle
risposte autonomiche. Le scoperte di Bauer furono confermate nel 1985 da
Tranel e Damasio, i quali sottoposero altri pazienti prosopagnosici alle
prove di risposta di conduttanza cutanea (Tranel & Damasio, 1985).
22
• Ellis e Young adottarono il modello di Bauer per spiegare la sindrome di
Capgras. Essi eseguirono dei test di
conduttanza cutanea su pazienti
affetti
da
Capgras,
pazienti
psichiatrici e pazienti di controllo,
dimostrando che i pazienti con
Capgras riconoscevano le facce
familiari ma non generavano una
risposta autonomica di fronte alle
facce conosciute.
Quindi ipotizzarono che il delirio di
Capgras risultasse da una lesione
selettiva a livello della via dorsale,
quella del riconoscimento implicito e dalla concomitante integrità della via
ventrale, quella del riconoscimento esplicito: l'assenza di familiarità
associata a riconoscimento intatto, determina una dissonanza cognitiva.
(Hirstein & Ramachandran, 1997; Ellis & Lewis, 2001).
Ci sono tuttavia critiche alla validità di questi studi, sia per il fatto di aver
studiato un numero ridotto di pazienti sia per aver presentato ai pazienti
facce di persone conosciute ma non necessariamente affettivamente più
vicine (Lucchelli & Spinnler, 2008).
• Breen e alcuni colleghi, nel 2000, hanno modificato il modello di
disconnessione a doppia via introducendo un nuovo modello ad unica via.
Essi non ammettono che la via dorsale sia capace del riconoscimento
facciale e della produzione delle risposte affettive. Affermano che la via
dorsale non è necessaria, perché tutto il processo viene sviluppato nella via
ventrale, e che la componente emotiva è fornita dalle strutture limbiche
mediali, in particolar modo dall'amigdala. Pertanto una lesione della via
ventrale, a seconda della sua gravità, può determinare una sindrome
prosopoagnosica o una sindrome di Capgras (Breen et al., 2000).
Il processo inizierebbe nella corteccia visiva occipitale, trasmetterebbe
l'informazione alla zona infero-temporale, dove si verifica il “matching” tra
la faccia vista e la rappresentazione del viso precedentemente archiviata e
23
solo allora l'amigdala fornirebbe la componente affettiva. E' stato
dimostrato sia in animali che in letteratura umana, che l'amigdala svolge un
ruolo importante nei ricordi emotivamente significativi (Sarter &
Markowitsch, 1985). Negli animali sembra sia capace di interferire
nell'apprendimento selettivo, e nell'uomo è stato osservato il suo ruolo nel
distinguere le espressioni facciali. Inoltre è stato osservato che la
stimolazione elettrica dell'amigdala può provocare la rievocazione di
vivide esperienze emotive passate (Cahill et al., 1995).
In generale, le sindromi da disconnessione sono state criticate perchè in
grado di giustificare unicamente la sindrome di Capgras di tipo visivo, non
riuscendo a spiegare le altre modalità documentate.
B) Modelli di lateralizzazione
Negli ultimi trent'anni sono state intraprese numerose ricerche volte a
studiare le relazioni neuroanatomiche nei pazienti affetti da “delusional
misidentification syndromes”.
Joseph già nel 1986 ha riportato la presenza di atrofia bifrontale nell'88%
dei pazienti, atrofia bitemporale nel 73% e atrofia biparietale nel 60%
(Joseph, 1986). Weinstein e Burnham hanno individuato un comune
interessamento cerebrale diffuso e bilaterale con predominanza
dell'emisfero destro (Weinstein & Burnham, 1991). Feinberg e Shapiro
hanno evidenziato che il 62% dei pazienti affetti da sindrome di Capgras
mostrava un coinvolgimento corticale bilaterale e che, nei casi con
disfunzione unilaterale, era evidentemente maggiore l'interessamento
destro (32% destro rispetto al 7% sinistro) (Feinberg & Shapiro, 1989).
• Uno studio effettuato su 29 soggetti affetti da sindrome di Capgras o di
Fregoli ha mostrato che tutti i casi possedevano una lesione nell'emisfero
destro, dei quali il 48,3% una lesione unicamente destra e nessuno con
lesione unicamente sinistra. Questi dati indicano che le sindromi da errata
identificazione sono fortemente associate all'emisfero destro. Inoltre, in
nessuno dei soggetti era evidenziabile una lesione limitata al lobo
temporale o parietale, al contrario il 34,5% mostrava un danno focale al
lobo frontale (Feinberg & Roane, 2005).
24
Attualmente c'è ampio consenso nell'affermare che, all'origine dei deliri, ci
sia una qualche disfunzione dell'emisfero destro. I deliri sono più frequenti
con lesioni destre per un'alterazione delle funzioni di controllo della realtà,
della memoria e della sensazione di familiarità. Una delle critiche è che
non tutti i soggetti con danno predominante destro presentano una
sindrome delirante e che quando il delirio è presente, esso è rivolto verso
soggetti personalmente significativi o luoghi di importante valore affettivo,
come nel caso delle paramnesia reduplicativa.
La natura selettiva delle DSM suggerisce che il sentimento di familiarità
agisca secondo un sistema “top-down”, ovvero modificato dai bisogni
emotivi del paziente, piuttosto che secondo un meccanismo di “bottomup”. Le componenti emotive dei sentimenti di familiarità potrebbero
contribuire a distorcere i dati percettivi, creando false convinzioni riguardo
a soggetti personalmente rilevanti, analogamente ad altri comportamenti
emotivi anormali spesso osservati in pazienti con lesioni emisferiche destre
(Gainotti, 2007).
• Alexander ed alcuni colleghi, attribuirono la convinzione delirante della
Capgras alla presenza di un danno frontale bilaterale. Ne deriverebbe un
conflitto di informazioni che il cervello sinistro, caratteristicamente, risolve
in funzione della personalità premorbosa. La cosa sorprendente dello
studio di Alexander è che la maggioranza dei pazienti affetti da Capgras
mostrava anamnesi positiva per paranoia, sospettosità o disturbi di tipo
depressivo. Questa osservazione ha sollevato la possibilità che una
psicopatologia sottostante possa svolgere un ruolo positivo nello sviluppo
nei deliri da errata identificazione. (Alexander et al., 1979). Probabilmente
è necessario un meccanismo positivo di formazione del delirio, che
richiede almeno un grado di integrità dell'emisfero sinistro.
• Turk ed alcuni colleghi proposero che l'emisfero sinistro, nel suo tentativo
di interpretare e dare coerenza alle informazioni dissonanti, in presenza di
un deficit dell'emisfero destro e di una appropriata risposta affettiva,
favorirebbe l'idea che la persona sia stata rimpiazzata da un impostore
(Turk et al., 2003).
25
• Secondo Feinberg anche un deficit nelle funzioni del Sé può essere
coinvolto nella creazione di una DSM. L'emisfero destro, probabilmente
dominante nella gestione del Sè, quando alterato, può interferire nelle
relazioni tra il self e il mondo, nei rapporti significativi e nella condotta.
Con le alterazioni delle funzioni del Self, tale coinvolgimento
ostacolerebbe il sentimento di familiarità e il riconoscimento emotivo
corretto (Alexander et al., 1979; Feinberg, 1997). Per questi motivi,
l'emisfero sinistro stabilisce che la persona significativa è in realtà una
persona differente.
• Devinski incentrò i suoi studi sulla ipoattività ed iperattività degli emisferi,
nella genesi delle DSM. Relativamente alle percezioni visive e
all'immaginario, l'emisfero destro è più abile nel codificare gli aspetti
complessivi e nel mappare le coordinate spaziali. L'emisfero sinistro
codifica i dettagli e possiede uno stile cognitivo di categorizzazione
(generalmente rivolto a due categorie). Pertanto l'emisfero sinistro
sganciato dal destro potrebbe avere una tendenza esagerata a categorizzare,
senza la gestalt e la componente affettiva fornite dall'emisfero destro.
Questa combinazione può generare un duplicato o un impostore e così
risolvere il conflitto di informazioni. In quest'ottica, il modello di
lateralizzazione permetterebbe di spiegare anche i deliri di iperriconoscimento come quello di Fregoli: l'interessamento del lobo frontale
sinistro, che ha una funzione di controllo nei confronti del lobo frontale
destro farebbe sì che quest'ultimo resti libero e tenda alla
iperidentificazione (Devinsky, 2009).
Un caso documentò l'effetto di un infarto laterale temporo occipitale
sinistro, con un evidente fenomeno di iperidentificazione, a causa
dell'inibizione esercitata dall'emisfero sinistro sulle strutture omologhe del
temporale destro (Vuilleumier et al., 2003).
• Gainotti nel 2007 ha focalizzato le proprie ricerche sul ruolo delle
asimmetrie emisferiche nella produzione del sentimento di familiarità.
La sensazione di familiarità, secondo la sua interpretazione, è formata
almeno da tre componenti: una oggettiva, puramente quantitativa, che
conta il numero di volte in cui abbiamo visto una persona, direttamente o
26
indirettamente; una soggettiva, formata dalle esperienze personalmente
rilevanti; e una terza componente di controllo, che permette di verificare e
confermare che la persona che ha suscitato sentimenti di familiarità
corrisponda effettivamente a quella persona.
Lo studio di Gainotti è stato effettutato, indagando casi di pazienti affetti
da lesioni cerebrali unilaterali e confrontando esperimenti di
lateralizzazione effettuati su soggetti sani. Questi esperimenti erano basati
su differenti metodologie. Un gruppo di esperimenti hanno misurato i
tempi di reazione ottenuti presentando al soggetto volti familiari,
selettivamente al campo visivo destro e al campo visivo sinistro. Quasi tutti
i dati mostrano che i tempi di reazione sono più brevi, quando sono
successivi ad un'esposizione all'emisfero destro, indipendentemente dalla
natura conscia o inconscia della decisione.
Un gruppo di esperimenti di tipo elettrofisiologico, incentrati sui potenziali
evento-correlati “ERPs”, hanno posto grande attenzione alla componente
volto-specifica precoce del potenziale occipito-temporale N170. L'N170
secondo la gran parte degli autori è modulato dal livello di familiarità. I
risultati mostrano una maggiore ampiezza degli N170 nell'emisfero destro
durante i primi stadi del processo visivo.
Un terzo gruppo di esperimenti di neuroimaging ha analizzato i
magnetoencephalographic waveforms “MEG” evocati dai volti familiari.
Anche in questi casi è evidente una maggiore ampiezza dei MEG in
seguito ad un’esposizione di volti familiari all’emisfero destro.
L'ultima batteria di esperimenti ha studiato l'attivazione delle strutture
encefaliche dopo presentazione di volti familiari e non familiari attraverso
tecniche PET (tomografia ad emissione di positroni) e tecniche di fMRI
(risonanza magnetica funzionale). A differenza dei casi precedenti, questi
esperimenti hanno mostrato un'ampia attivazione fronto-temporale
bilaterale, un'attivazione prevalente della corteccia del cingolo posteriore e
anche un'attivazione prevalente del lobo temporale sinistro. Solo un
numero limitato di questi studi ha evidenziato un'attivazione prevalente del
lobo temporale destro di fronte alle facce familiari, probabilmente per
errori di tipo metodologico.
27
Dall'insieme dei risultati, Gainotti afferma che i sentimenti di familiarità
provengono dalle parti anteriori e posteriori del lobo temporale destro e
che tali sensazioni riguardano in modo specifico il riconoscimento facciale
e non il riconoscimento di componenti più astratte come i nomi. Inoltre le
decisioni riguardanti la familiarità contribuiscono al riconoscimento,
soprattutto nei primi stadi del processo, e tali decisioni sono monitorate
probabilmente dalla corteccia frontale destra.
Tanto la sensazione di familarità, quanto il processo di riconoscimento
sono lateralizzati a destra. Difatti le lesioni sinistre non interferiscono in
realtà nella sensazione di familiarità. Nelle lesioni destre, gli errori di
riconoscimento sono di modalità specifica e compromettono il
riconoscimento dei volti ma non quello dei nomi, a differenza di ciò che
avviene nelle alterazioni del lato sinistro, in cui entrambi i tipi di
riconoscimento sono conservati.
Nel tentativo di unificare i modelli neuroanatomici e i modelli cognitivi,
Gainotti considera insufficiente il modello delle due vie classiche di
riconoscimento e suggerisce una teoria alternativa secondo cui
esisterebbero due vie: una corticale e una sottocorticale.
La via sottocorticale decorre lateralizzata nell'emisfero destro, dal talamo
all'amigdala e si occupa della ricerca, rapida, inconsciente e globale delle
informazioni. Da questa emerge il sentimento di familiarità. Questa via
amigdaloidea a sua volta, attraverso connessioni con aree corticali
sensoriali, attiva la seconda via, quella corticale, più lenta, poco
lateralizzata, responsabile di un processo molto più completo: recuperare
dalla memoria le informazioni relative al riconoscimento. La via corticale
corrisponderebbe alla via ventrale del modello di Ellis e Young,
responsabile del riconoscimento degli oggetti (Gainotti, 2007).
C) Ruolo delle aree frontotemporali
Secondo numerosi autori un fattore fondamentale nella genesi delle
sindromi deliranti sarebbe una lesione combinata nei lobi frontale e
temporale (a volte anche parietale) (Crichton & Pewis, 1990; Edelstyn &
Oyebode, 1990; Oyebode, 2008). Il delirio di Capgras e altri fenomeni
28
associati di depersonalizzazione e derealizzazione sono stati osservati in
pazienti con lesioni orbitofrontali bilaterali (Roane et al., 1998).
Alcuni deficit nel processo di verifica della memoria sono dovuti al
coinvolgimento della corteccia prefrontale. Questo può determinare delle
alterazioni nei processi attraverso cui si attribuisce un ricordo a una fonte
esterna o interna, processi correlati alla formazione dei deliri, delle
allucinazioni e delle confabulazioni (Johnson & Raye, 1981).
• L'importanza dei lobi frontali viene evidenziata anche nella teoria dei due
fattori, dei deliri monotematici (Coltheart et al., 2007). In essa, si afferma
che, per la comparsa di un delirio, è necessaria una lesione localizzata nella
zona ventromediale del lobo frontale destro che favorisca la comparsa del
contenuto delirante. Il danno cerebrale costituirebbe solo il prerequisito per
la comparsa del delirio. Però, affinché il paziente aderisca ad esso, invece
di negarlo, è necessario un errore nel sistema di valutazione delle idee,
situato probabilmente nel lobo frontale destro. Non è necessariamente un
sistema di tutto o niente: in determinate occasioni le informazioni non
potranno essere giudicate in maniera adeguata. Secondo questa teoria dei
due fattori, nel delirio di Capgras si produce un errore nella risposta
autonomica di fronte alle facce familiari, il che suppone una
disconnessione tra il riconoscimento corretto e il sistema nervoso
autonomo. Questa dissonanza (derivante in una lesione ventromediale
destra) tra ciò che uno riconosce e ciò che uno sente è il primo fattore e
porta il paziente a pensare ad un impostore. Tuttavia, va sottolineata la
necessità di altri fattori poiché non tutti i soggetti con questa lesione e
conseguente disconnessione sviluppano il delirio. La stessa situazione si
verifica in altre patologie neurologiche affini, come l'anosognosia o la
somatoparafrenia (il soggetto non solo non riconosce come proprio un
membro del proprio corpo ma arriva a credere che appartenga ad un'altra
persona).
• A sua volta, Gainotti (Gainotti, 2007) come precedentemente detto,
propone che l'area frontale destra sia essenziale per il controllo e la
conferma del sentimento di familiarità. Il danno in questa zona
provocherebbe false sensazioni di familiarità attraverso diversi
29
meccanismi: da un lato non si ha un corretto monitoraggio e correzione
degli errori; dall'altra parte si ha la predominanza del lobo sinistro il quale
tende a focalizzarsi più sui dettagli del volto ma meno sulla globalità della
percezione. Al contrario, una lesione del lobo frontale sinistro riduce il
controllo che questo esercita sul destro, il quale, libero da inibizioni,
darebbe luogo alla clinica dell'iper-riconoscimento tipica del delirio di
Fregoli.
Il ruolo del lobo frontale destro nel determinare errori da falso
riconoscimento è stato ampiamente studiato da Rapcsak che ha evidenziato
che i pazienti con lesioni frontali destre mostrano un aumento patologico
dei falsi allarmi, in accordo con un'elevata suscettibilità ai falsi
riconoscimenti (Rapcsak et al., 1999).
Molto simile a questa è l'ipotesi secondo cui alla base dei deliri da errato
riconoscimento risieda un'alterazione nel sistema di valutazione delle idee,
simile al controllo della realtà, situata nel lobo frontale destro (Coltheart
2007). Si tratterebbe di una zona di importanza critica poiché appare
danneggiata in tutte le forme documentate di delirio. Tale danno non
eliminerebbe completamente il sistema di valutazione delle idee del
paziente ma lo indebolirebbe e ciò permetterebbe di rifiutare
temporaneamente l'idea delirante in presenza di circostanze favorevoli.
Dall'altra parte, il lobo temporale destro è il substrato neuroanatomico del
processamento facciale, il cui ruolo nella formazione dei falsi
riconoscimenti deliranti è chiaramente stabilito.
Gainotti ricorre ai modelli di lateralizzazione per evidenziare che la
sensazione di familiarità è associata al funzionamento corretto delle
strutture laterali del lobo temporale, specificamente del destro (Gainotti
2007). Infatti la familiarità emergerebbe attraverso il processamento dei
volti e non del processamento dei nomi che viene effettuato dal lobo
temporale sinistro. Gainotti afferma che le caratteristiche di lateralità e di
modalità specifica non furono considerate nei primi modelli di
processamento facciale. L'assenza della risposta emotiva legata alla
percezione di una faccia familiare è dovuta al danno delle regioni mediali
sottocorticali nelle aree temporali, come l'ippocampo, il giro del cingolo o
30
l'amigdala, essendo quest'ultima la base della memoria emotiva. Le
connessioni di queste regioni sottocorticali si occupano delle reazioni e
della risposta emotiva di fronte a inputs esterni. Tuttavia l'integrazione
completa dell'esperienza soggettiva avverrebbe nel lobo frontale destro
(Stuss & Levine, 2002).
In sintesi, nei disturbi con clinica delirante, il deficit frontale determina la
riduzione del giudizio e porta a fenomeni di reduplicazione o falso
riconoscimento, così come può condurre ad alterazioni della coscienza del
sé e dei rapporti con elementi circostanti, come persone, luoghi o oggetti. Il
circuito ventromediale (incluso nella corteccia prefrontale) si occupa
dell'analisi dei segnali emotivi che guidano le decisioni improntate sul
giudizio sociale ed etico. Nella zona prefrontale hanno luogo anche i
processi di controllo esecutivo, come l'attenzione selettiva e la risoluzione
dei conflitti, meccanismi necessari per il controllo delle false idee deliranti.
Il coinvolgimento delle aree frontali nella genesi del delirio di Capgras
spiegherebbe l'elevata frequenza di riconoscimenti errati delle persone,
dell'assenza di familiarità e di giudizi errati dovuti appunto a lesioni delle
strutture che controllano la plausibilità delle idee (localizzate nel lobo
frontale destro). La funzione principale del lobo temporale destro è quella
di contribuire al sentimento di familiarità (grazie alla via amigdaloidea),
che permette il riconoscimento delle persone, specialmente nelle prime
fasi, processo che successivamente è sotto il controllo del lobo frontale
(Gainotti, 2007).
1.2. PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI
La paramnesia reduplicativa per i luoghi è una forma modalità-specifica
della paramnesia reduplicativa (RP). Questo termine, utilizzato per la
prima volta dal neurologo Arnold Pick, nel 1903, si riferisce ad un quadro
delirante caratterizzato dalla convinzione che una persona, un luogo (come
nel caso qui specifico) o altre entità, sono state duplicate o trasferite,
quando in realtà ne esiste solo uno.
31
Tale delirio reduplicativo può consistere nella duplicazione dell’ambiente
reale con il vissuto di un altro ambiente familiare, e solitamente questi
quadri sono caratterizzati dalla fortissima convinzione circa la veridicità
del proprio vissuto. Generalmente rappresenta un delirio ristretto a un
luogo singolo, nonostante possa arrivare a coinvolgere anche altre entità.
La sua durata è variabile e può trattarsi di un fenomeno transitorio.
Alcuni autori hanno introdotto sinonimi come reduplicazione ambientale o
misidentificazione per i luoghi (Likitcharoen & Phanthumchinda, 2004).
Solo alcuni autori (Joseph, 1986; Devinsky, 2009), hanno inserito questa
sindrome all’interno delle sindromi deliranti da errato riconoscimento
(DMS).
1.2.1. Caso storico
Il termine paramnesia reduplicativa è stato utilizzato per la prima volta nel
1903, dal neurologo cecoslovacco Arnold Pick, per descrivere la
condizione di una paziente di 67 anni, con sospetta malattia di Alzheimer
(Pick, 1903) che sosteneva l’esistenza di due ospedali, completamente
identici collocati in due luoghi differenti. La signora ricoverata il 4 gennaio
del 1903, apparentemente senza patologie ereditarie, aveva perso
rapidamente peso (per il resto le condizioni fisiche erano conformi all’età),
ed erano insorti sintomi psicotici. Umore fluttuante, deliri di latrocinio,
allucinazioni uditive, confabulazioni, disturbo di memoria ingravescente,
disorientamento temporale, aspetti comportamentali dignitosi e forte
impegno nel non mostrare ed accettare le sue difficoltà mentali. Il 5
maggio, durante la notte ebbe un attacco convulsivo. I giorni seguenti
furono caratterizzati da condizioni fisiche difficili, ma dopo qualche
settimana migliorò notevolmente.
Nonostante ciò, stupita, iniziò a domandarsi, nei confronti del professore
della clinica, degli assistenti, come potessero essere sia in questa clinica,
sia nella clinica in cui era ricoverata fino ad ieri (fisicamente identiche,
anche se collocate in due località diverse). Quando il medico provava ad
indagare questi aspetti, la signora sosteneva fermamente le sue
dichiarazioni, e trovava soluzione agli aspetti contraddittori che le
32
venivano sottolineati, con risposte come: “esistono due ospedali identici,
uno a Praga centrale e l’altro in un sobborgo di Praga, assolutamente
identici, dove lavorano le stesse persone”; “era già successo di essere stata
messa in un manicomio per errore”; “sono stata per 5 mesi nell’altro
ospedale, e da ieri mi trovo in questo ospedale”; “io non so, professore,
come può essere qui adesso, questo non è il mio lavoro, dovrebbe saperlo
Lei, se credessi che non sia possibile, non avrei rispetto”. Riconoscendo
anche alcuni pazienti, che lei associava all’ospedale precedente, cercava di
spiegarsi tutto ciò, sostenendo che il passaggio tra le due cliniche, dello
stesso professore, faceva parte di un percorso prefissato. Quando di fronte
a certe domande si trovava in difficoltà, preferiva non rispondere perchè
ritenute ridicole. Dopo un pò di tempo, iniziò a sostenere che le due
cliniche si trovavano semplicemente a piani diversi, e nell’arco della
giornata aveva possibilità di cambiare clinica, e di conversare per qualche
ora con le vecchie conoscenze. Come avanti sarà esplicitato nei successivi
paragrafi, questo fenomeno venne interpretato come uno specifico disturbo
di memoria.
In realtà, un fenomeno simile, era già stato riportato nel 1788 dalla
naturalista svizzera Charles Bonnet, che descriveva una paziente convinta
di essere morta (quello che oggi sarebbe chiamato delirio di Cotard) e di
essere in un altro posto (quella che oggi sarebbe chiamata paramnesia
reduplicativa per i luoghi) (Forstl, 1992).
Successivamente Henry Head, Paterson e Zangwill (Head, 1926; Paterson
& Zangwill, 1944), descrissero alcuni soldati che avevano la convinzione
delirante che l’ospedale si trovasse nella loro città natale; in questi casi la
causa veniva semplicemente associata al trauma cranico.
Nel 1976, Benson descrisse altri tre pazienti che mostravano sintomi simili
(Benson et al., 1976). Non solo si limitò a descrivere la paramnesia
reduplicativa che colpì i suoi pazienti, ma cercò anche di spiegare il
fenomeno in termini di deficit neurocognitivo.
Questo fu uno dei primi tentativi per dare una spiegazione
neuropsicologica al disturbo.
33
1.2.2. Epidemiologia
La paramnesia reduplicativa è stata descritta più frequentemente in
associazione con i disturbi neurologici (Forstl et al., 1991; Fleminger,
1994). Sporadicamente è stata descritta in associazione ai quadri
psichiatrici (Förstl, 1991; Harciarek & Kertesz, 2008; Devinsky, 2009).
In modo più specifico, è stato visto che la paramnesia reduplicativa per i
luoghi è più comune nei casi con disturbi organici cerebrali, mentre la
paramnesia reduplicativa per le persone è più comune nei disturbi
psichiatrici (Fleminger, 1993).
Per quanto riguarda le condizioni organiche, la paramnesia reduplicativa
compare principalmente a seguito di lesioni cerebrali da trauma cranico e
nelle demenze (corpi di Lewy e Alzheimer) (Weinstein, 1954; Forstl,
1991). Seguono poi le altre cause: ictus, tumori, ematomi, disturbi tossici,
disturbi metabolici (Moser et al., 1998), infezioni (Signer, 1992) ed
encefalopatie di vario genere (Cummings, 1985).
Nella maggior parte di questi studi è stata trovata un’importante
associazione tra la paramnesia reduplicativa e l’emisfero destro (Benson et
al., 1976; Hayman & Abrams, 1977; Alexander et al., 1979, Quinn, 1981;
Fisher, 1982; Forstl et al., 1991).
Uno studio più specifico, effettuato su pazienti con Demenza a corpi di
Lewy ha evidenziato una prevalenza del 6% per quanto riguarda la
paramnesia reduplicativa per i luoghi e del 16% per quanto riguarda la
paramnesia reduplicativa in generale (Nagahama, 2007).
Un’ulteriore indagine sulle patologie neurodegenerative (Harciarek &
Kertesz, 2008), ha ottenuto una prevalenza più rara: i pazienti affetti da
patologia di Alzheimer, mostravano nel 7,4% di casi, paramnesia
reduplicativa per i luoghi, associata a sindrome di Capgras; nell’1,5% di
casi, paramnesia reduplicativa per i luoghi isolata; nell’1% dei casi,
paramnesia reduplicativa per i luoghi associata al cosiddetto “delirio del
coinquilino fantasma”. Nei pazienti affetti da Demenza a corpi di Lewy, il
16,6% dei casi mostrava sindrome di Capgras, ma nessuno mostrava
paramnesia reduplicativa per i luoghi. Nei pazienti affetti da demenza
semantica, il 4,2% dei casi mostrava paramnesia reduplicativa per i luoghi
34
associata a sindrome di Capgras. Nessuno dei pazienti con Demenza
frontotemporale, con Malattia di Parkinson, degenerazione cortico basale,
paralisi sopranucleare progressiva, afasia progressiva primaria, mostravano
sindromi deliranti da misidentificazione.
Nonostante i dati siano ancora controversi, vari studi hanno accertato la
frequente coesistenza della paramnesia reduplicativa per i luoghi e della
sindrome di Capgras, nella demenza a corpi di Lewy (Signer, 1987;
Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994).
La paramnesia reduplicativa per i luoghi, nella maggioranza dei casi è
associata con fenomeni reduplicativi multipli (Bender et al., 1949;
Weinstein et al., 1952, 1955, 1969).
1.2.3. Espressione clinica
Preso dallo studio di Benson e colleghi (1976), l’estratto che segue illustra
alcune delle caratteristiche principali del disturbo (come il caso storico di
Pick, sopra descritto).
Il paziente aveva subito un trauma cranico, in seguito ad una caduta
all’interno della sua abitazione. L’impatto aveva causato frattura cranica,
con danno frontale biemisferico (anche se più pronunciata a destra) per la
formazione di ematomi intracerebrali:
“Pochi giorni dopo il ricovero presso il Centro di terapia
neurocomportamentale, l’orientamento temporale era conservato, poteva
riferire qualsiasi dettaglio dell’incidente (come riferito a lui da altri),
riusciva a ricordare i nomi dei suoi medici ed era assolutamente in grado di
apprendere nuove informazioni e mantenerle nel tempo per un tempo
indefinito.
Mostrava tuttavia un anomalo disorientamento legato al luogo. Mentre
aveva imparato rapidamente e si era ricordato di trovarsi al Jamaica Plain
Veterans Hospital (anche conosciuto come il Boston Veterans
Administration Hospital), egli sosteneva insistentemente che l’ospedale si
trovava a Taunton, Massachusetts, la sua città natale. Sottoposto a
domande specifiche, rispondeva, ed era assolutamente consapevole che il
Jamaica Plain era situato a Boston, ammettendo che fosse molto strana la
35
presenza di due Jamaica Plain Veterans Hospitals. Tuttavia insisteva che
era attualmente ricoverato in una sezione distaccata di questo ospedale,
situata a Taunton. Ad un certo punto iniziò a sostenere che l’ospedale si
trovava nella stanza degli ospiti della propria casa.”
Sulla base dei vari studi presenti in letteratura, possiamo quindi elencare
una serie di aspetti riscontrati frequentemente nella paramnesia
reduplicativa per i luoghi:
- molto spesso ad essere trasferito o duplicato, è un luogo familiare,
come ad esempio la propria casa (o comunque luoghi che il paziente
conosce bene); occasionalmente può succedere che il paziente creda
che risiedono in luoghi più fantastici ed esotici (Fisher, 1982). Alcuni
pazienti non riescono ad identificare il loro ambiente, ma non lo
raddoppiano.
- I pazienti con paramnesia reduplicativa, spesso confabulano,
confondendo memoria ed immaginazione. Come la confabulazione,
la paramnesia reduplicativa per i luoghi è di solito associata a
disturbo mnesico, disorientamento temporale e deficit delle funzioni
esecutive, e spesso risultano alterate anche le abilità visuospaziali e
l’orientamento geografico (Kapur & Coughlan, 1980; Benson et al.,
1996).
- Nonostante queste difficoltà i pazienti riconoscono comunque molti
luoghi familiari, punti di riferimento ed oggetti familiari.
- Sono spesso compromesse funzioni come l’auto-regolazione, la
meta-memoria, e la loro convinzione è resistente ad ogni tentativo di
critica, nonostante alcuni pazienti sembrino essere consapevoli
dell'assurdità di ciò che sostengono.
- Aspetti psicologici (come i desideri, le motivazioni, ecc…) possono
influire sulla scelta del luogo in cui collocare lo stimolo duplicato:
nella maggior parte dei casi viene collocato dentro o vicino alle loro
case e città di origine (Turnbull et al., 2004).
- Nei casi che si risolvono, i pazienti tendono spesso a spiegarsi questi
aspetti come desideri (es. desiderio di essere a casa) (Ruff & Volpe,
1981).
36
- Il paziente non riferisce mai esplicitamente in cosa consistono le
differenze tra i due luoghi.
1.2.4. Teorie eziologiche
Anche per la paramnesia reduplicativa per i luoghi, come per la sindrome
di Capgras, le teorie presentate sono state molteplici. Ho cercato di
suddividerle in vari modelli a seconda del fattore eziologico considerato,
nonostante i confini non siano così chiari, visto che molti modelli
neuropsichiatrici si basano su quelli cognitivi (come si vedrà più avanti,
per comodità alcuni modelli non sono stati correttamente inseriti, ma sono
stati affiancati a quelli che si basavano sullo stesso concetto di causa
eziologica).
Modelli psicologici
• Iniziali spiegazioni psicodinamiche, affermavano che la paramnesia
reduplicativa non era direttamente collegata a lesioni cerebrali, ma
originava da un motivato rifiuto della malattia, in particolare, come
sostenevano Weinstein e Kahn (1955), nei pazienti che consideravano la
malattia “una debolezza, un’imperfezione o una disgrazia” (Weinstein &
Kahn, 1955).
• Oltre ad aspetti come la negazione della malattia, si è cercato di dare una
spiegazione a tale sindrome anche tramite fenomeni di depersonalizzazione
o derealizzazione (Luzzatti et al., 1996), tipicamente presenti in pazienti
con danno bilaterale orbito-frontale caudale (Feinberg & Roane, 2003).
• Altri ricercatori, accettarono invece che il danno cerebrale rivestiva un
importante fattore, ma sostenevano che il disorientamento legato al luogo,
fosse una “reazione isterica”, motivata dal desiderio di tornare a casa. Essi
sostenevano che “il fortissimo desiderio era in grado di inibire i normali
meccanismi cognitivi che solitamente si occupano dell’orientamento”,
portando così a creare un doppio ambiente, ed a cercare spiegazioni
confabulatorie per dare un senso a tutto ciò (Paterson & Zangwill, 1944).
• Sempre in merito alla correlazione tra disturbo organico e processi
psicologici, Fleminger ha proposto un modello basato sulla loro
37
interazione. Argomento centrale del modello è il processo preconscio di
percezione, con l’inversione della classica relazione tra disturbo organico e
comparsa del delirio: la percezione è la conclusione di un’inferenza
induttiva inconscia. In altre parole: I) le aspettative influenzano un’ipotesi
percettiva; II) l’ipotesi è confrontata con le informazioni sensoriali ed il
risultato è la base per le esperienze; III) la validità dell’esperienza percepita
è poi valutata coscientemente in relazione al suo contesto. Il giudizio
sbagliato di un paziente con demenza faciliterà l’accettazione
dell’esperienza percepita sbagliata. Tale percezione, una volta accettata
influenzerà tutte le future spiegazioni e selezioni d’ipotesi percettive
congruenti. Quindi, se in generale le aspettative (processamento inconscio)
pregiudicano le loro percezioni, nel caso qui specifico le aspettative
influenzano e poi rinforzano lo sviluppo di percezioni errate e di
conseguenti deliri. Considerando che un buon funzionamento cognitivo
previene questo funzionamento ciclico, questa teoria evidenzia
l’orientamento che disturbi psicologici e disturbi cerebrali organici non
possano essere considerate due cause separate di questa sindrome
(Fleminger, 1994).
• Proprio in merito all’importanza del danno cerebrale, Feinberg ha
sviluppato una teoria sulla neuropatologia del Sé, includendo all’interno
anche le sindromi deliranti da misidentificazione, perché considerate come
un disturbo del Sé e dell’identità che insorge con la neuropatologia ed
include disturbi del corpo, relazionali e di narrazione del Sé. Le lesioni
fronto-mediali ed orbitofrontali sono state associate con queste condizioni.
La teoria di Feinberg, “ego disequilibrium theory”, propone che questo tipo
di patologia cerebrale provochi un disturbo dei confini e delle funzioni
dell’Io, con la conseguente insorgenza di difese psicologiche (negazione,
proiezione, scissione), di stili di pensiero immaturi, di funzionamento
dell’Io alterato, e di fantasie che il paziente ha in comune con i bambini (le
funzioni difensive immature e le fantasie tendono ad essere sostituite dalle
difese mature e dall’inibizione di certe fantasie, tra i 3 e i 7 anni, con la
maturazione dell’emisfero destro).
Questa alterazione crea globalmente un disequilibrio tra il Sé ed il mondo
38
circostante, ma allo stesso tempo il risparmiato emisfero sinistro, attiva
delle difese, in gran parte verbali (come quelle sopra citate) (Feinberg,
2011).
Modelli neuropsicologici
La maggior parte delle moderne teorie, tuttavia, suggeriscono che il
disturbo è causato dalla lesione delle aree cerebrali, responsabili della
familiarità, dell’orientamento e delle funzioni mnesiche.
• A riguardo, molto interessante è stata l’originale spiegazione di Pick, il
quale sosteneva che il meccanismo responsabile di questo disturbo fosse la
poca efficienza della memoria cosciente: la duplicazione era dovuta ad un
“attacco convulsivo” che interrompeva la memoria cosciente. Questo
disturbo veniva definito come un’“illusione della memoria”, un falso
ricordo, a causa del fatto che il paziente era incapace di integrare una
recente osservazione con le memorie immagazzinate precedentemente
(premorbose), ed inoltre veniva persa la continuità degli eventi: aveva
osservato che dopo un’interruzione temporanea nel corso degli eventi
(indotta da un sonno breve) il paziente non era più consapevole della
continuità degli eventi, e credeva che certi eventi fossero stati duplicati;
dormire e sognare può quindi dare luogo ad una interruzione della
continuità degli eventi, ma può dare luogo anche ad un alterato stato di
coscienza, in cui sogno e realtà quotidiana non si distinguono. Pick suggerì
inoltre che poteva essere correlato ad un alterato senso di familiarità, al
punto che era impedita la corretta identificazione (Pick, 1903).
• Alexander e colleghi spiegarono la paramnesia reduplicativa come
conseguenza di un’associazione tra alterato senso di familiarità che non
permetteva la corretta identificazione, e danneggiate abilità esecutive (di
astrazione e di ragionamento) che contribuivano a mantenere il delirio
senza risolverlo. Questi pazienti erano sicuri di essere in una casa identica
duplicata, basandosi sulle identiche caratteristiche fisiche dell’ambiente,
ma soprattutto sull’esperienza soggettiva ed emotiva che non
sperimentavano. Inoltre, a conferma di ciò, durante le varie valutazioni,
questi pazienti avevano alterate risposte emotive nel parlare della propria
abitazione, non esprimevano risposte diverse di fronte ad immagini
39
•
•
•
•
familiari e non familiari, e reagivano in modo drammatico quando gli
veniva chiesto di immaginare e descrivere i suoi sentimenti, nel realizzare
di essere in una casa duplicata (Alexander et al., 1979; Moser et al., 1998).
Anche altri autori si sono concentrati su un disturbo del senso di familiarità
(Christodoulou, 1986; Feinberg & Shapiro, 1989), che impedisce al
paziente il riconoscimento e l’identificazione di stimoli ambientali. Simile
quindi ad un selettivo persistente “jamais-vu”, ovvero quando gli stimoli
ambientali che dovrebbero evocare un forte senso di familiarità personale
appaiono simili ma non familiari, oppure ad un “déjà-vu”, cossichè uno
stimolo ambientale non familiare (mai visto prima) viene percepito
erroneamente come familiare. La responsabilità di un danneggiato senso di
familiarità, fu ipotizzata in un disturbo emisferico destro, in particolare del
lobo temporale.
Continuando su questo filone, alcuni autori (Ellis & Young, 1990)
sostenevano che la paramnesia reduplicativa può semplicemente essere
considerata una percezione non affiancata dal dovuto senso di familiarità,
collocandola in continuum
di sindromi deliranti di
false
esperienze
di
familiarità, in cui nel polo
positivo troviamo ai due
estremi il “déjà-vu” da una parte, e le sindromi deliranti da
misidentificazione dall’altra.
La differenziazione è basata sulla severità del disturbo al test di realtà in
quanto ad intensità, durata e pervasività: la paramnesia reduplicativa per
esempio mostra un test di realtà completamente distorto, di durata
prolungata, con costante convinzione del loro delirio e con i conseguenti
comportamenti che da questo ne deriva (Sno, 1994).
Anche Feinberg in lavori più recenti ha proposto che la spiegazione della
paramnesia reduplicativa sia legata ad una alterazione della familiarità per
quel luogo, ma ciò deriverebbe da una disregolazione degli aspetti emotivi
(Feinberg et al., 2003, 2005).
Un recentissimo studio di Lee, su un caso singolo ha ipotizzato una
40
correlazione tra paramnesia reduplicativa e lesione destra dell’area che
collega la corteccia prefrontale con la corteccia peririnale (responsabile
dell’attribuzione di familiarità) (Lee et al., 2011).
• Un altro studio molto recente di Gerace, ha ipotizzato che la paramnesia
reduplicativa fosse correlata ad una disfunzione isolata del flusso
visuolimbico: la sua casa non era "casa sua" perché lei aveva
temporaneamente perso il senso di familiarità per la sua casa, potendola
così riconoscere esplicitamente, ma non implicitamente, perché non sentiva
questa casa come “sua”; di conseguenza lei doveva avere per forza un’altra
casa. L'idea di un’isolata e temporanea disfunzione visuo-limbico è
supportato
dall’improvviso
miglioramento
dopo
trattamento
neurochirurgico per meningioma del lobo temporale e dall'assenza di altri
sintomi mentali e cognitivi accuratamente indagati (Gerace, 2011).
• Alcuni ricercatori hanno invece indagato, come causa della paramnesia
reduplicativa, il disorientamento spaziale (Weinstein & Friedland, 1977;
Ruff & Volpe, 1981), nonostante l’incapacità di poter spiegare la selettività
e la qualità delirante di questa sindrome.
• Numerosi autori hanno invece attribuito il fenomeno reduplicativo ad un
disturbo primario di memoria (Staton et al., 1982; Ewert et al., 1985;
Kapur et al., 1988): se nuove
informazioni
possono
essere
registrate, ma non integrate con le
memorie passate (premorbose), può
insorgere il fenomeno reduplicativo.
Recenti e passate memorie sarebbero
quindi organizzati in due magazzini
differenti, tra loro disconnessi a
causa dell’essenziale distruzione della connessione occipito-ippocampale
(Fleminger & Burns, 1993). In particolare Staton, secondo questa
interpretazione (disconnessione delle memorie passate dalle memorie
visive attuali), riferiva che una lesione che interrompe la connessione tra
area parieto-occipitale destra e regione fronto-temporale, può dare
paramnesia reduplicativa (Staton et al., 1982).
41
L’interpretazione di una eziopatogenesi mnesica primaria è stata spesso
messa in dubbio, in quanto non in grado di spiegare la selettività di target
che la paramnesia reduplicativa mette in evidenza (spesso un solo luogo,
per esempio).
• Patterson e Pack proposero tre deficit, necessari per lo sviluppo della
sindrome: un problema percettivo (legato alla qualità delle informazioni in
arrivo), un disturbo di memoria ed una difficoltà nell’integrare vari
materiali, in cui è implicata una disfunzione del lobo frontale (Patterson &
Mack, 1985).
Modelli neuropsichiatrici
A) Modelli di disconnessione
Oltre ad alcuni modelli di disconnessione già trattati nel capitolo
precedente (inseriti per comodità, insieme alle altre teorie che
consideravano la stessa funzione cognitiva) posso citare:
• Kapur e colleghi: sostengono che una lesione frontale destra può
disconnettere le strutture temporolimbiche, portando ad un preservato
senso di familiarità per luoghi e volti, che il paziente non può però
identificare: l’interruzione tra l’area frontoparietotemporale e le aree
limbiche dissocia gli stimoli e il loro significato emotivo (Kapur et al.,
1988).
• Vari studi hanno invece trovato una significativa ipoperfusione nel circuito
limbico (ippocampo di sinistra) e nelle strutture paralimbiche (insula di
sinistra e il giro frontale inferiore di sinistra) sostenendo l’ipotesi che la
paramnesia può derivare da una discordanza tra aspetti emotivi percepiti e
immagini della memoria (Signer, 1987; Cristodoulou, 1991; Weinstein,
1994; Hirstein & Ramachandran, 1997; Ellis & Lewis, 2001).
• Budson e colleghi, sulla base di uno studio su caso singolo, ha suggerito
che il danneggiamento del flusso ventrale del sistema visivo, che collega le
aree della corteccia visiva con entrambe le aree di processamento visivo
del lobo temporale inferiore, e con la regione paraippocampale non
dominante (responsabile della memoria visiva), potrebbe produrre un
disorientamento visuo-spaziale e una scarsa integrazione con le povere
42
funzioni mnesiche. Da numerosi studi sappiamo che le aree temporali
(compreso l’ippocampo) interagiscono con i lobi frontali durante la
codifica ed il recupero in memoria; questo suggerisce che danni frontali
potrebbero portare a tale condizione (Budson et al., 2000).
• Ulteriore ipotesi in termini di disconnessione, è stata presentata da Hudson
e Grace: la paramnesia reduplicativa insorgerebbe in seguito ad una
disconnessione tra giro paraippocampale (specifico per l’identificazione di
volti e luoghi) ed aree temporali anteriori e mediali inferiori (responsabili
della memoria episodica a lungo termine e dei meccanismi per il recupero
dell’informazione, fondamentali per il riconoscimento visivo) (Hudson &
Grace, 2000).
B) Modelli di lateralizzazione
• Alcuni autori hanno descritto, in associazione alla paramnesia
reduplicativa per i luoghi, lesioni limitate esclusivamente al lobo frontale
destro (Head, 1926; Durani et al., 1991).
• Benson e colleghi, collegandosi al modello precedentemente illustrato tra
quelli cognitivi (Alexander et al., 1979), sostenevano che la responsabilità
fosse di una lesione che intaccava l’emisfero destro, e di un
danneggiamento della regione bifrontale: i danni all’emisfero destro,
rendevano i pazienti insicuri sulle informazioni percepite ed incapaci di
mantenere l’orientamento, a causa di un disturbo visuopercettivo e della
memoria visiva; mentre il danneggiamento del lobo frontale, in caso
d’informazioni contrastanti, rendeva difficile risolvere tale problema,
portando così a conclusioni premature; tali conclusioni errate rimanevano
stabili e risultava impossibile inibirle o sconfermarle (ciò che avviene nei
deterioramenti cognitivi). Inoltre la sindrome persisteva anche con il
miglioramento della memoria, sconfermando le teorie che sostenevano che,
alla base della sindrome, vi fosse un disturbo primario di memoria (Benson
et al. 1976; Alexander et al., 1979).
• Rohrenbach e Landis, si concentrarono invece esclusivamente su una
patologia di tipo bifrontale, che causava disturbi che riflettevano una
impossibilità di comunicazione tra i due emisferi: “anterior split brain”.
43
Questi autori supponevano, che in caso di lesione frontale vi fosse
un’incapacità a risolvere conflitti su informazioni contrastanti (come
spiegato sopra), e durante i processi d’integrazione tra recupero delle
informazioni memorizzate e processi valutativi è necessario confrontare le
nuove informazioni (in questo caso sui luoghi) con quelle già memorizzate.
Un isolamento (split brain) del sistema emisferico sinistro verbale dalle
informazioni dell’emisfero destro può spiegare le associazioni mnesiche
errate e le bizzarre, ma razionali spiegazioni verbali. Come Benson
(Benson et al., 1976) anche questi autori, nello spiegare la reduplicazione
che sviluppavano i loro pazienti in ospedale, ritenevano importanti tre
aspetti: poca esperienza di essere un paziente in un ospedale; circostanze
confuse dopo un ricovero ed una lesione cerebrale; e l’integrazione di
molte nuove informazioni con le esperienze passate riguardanti lo stesso
luogo. Di conseguenza, se certe informazioni non possono essere integrate,
se la capacità di sconfermare certe inferenze è limitata, la trasformazione
della prima impressione di un nuovo luogo in uno familiare sembra essere
molto convincente (Rohrenbach & Landis, 1995).
• Numerosi lavori hanno evidenziato che, anche se a predominare, è
l’emisfero destro, soprattutto frontale, in vari casi è stato trovato un
coinvolgimento anche del temporale e del parietale (Ruff & Volpe, 1981;
Fisher, 1982; Kapur & Turner, 1988; Murai et al., 1997; Moser et al.,
1998; Budson et al., 2000; Yamada et al., 2003).
• In uno studio effettuato nel 2005 da Feinberg, su pazienti con paramnesia
reduplicativa, questi furono i dati ottenuti: le lesioni erano destre nel 52%
dei casi, bilaterali nel 41% dei casi, e sinistre nel 7% dei casi. Inoltre trovò
che mentre il mal funzionamento frontale era fondamentale per lo sviluppo
del delirio, per quanto riguarda il lobo temporale era stato visto che,
quando coinvolto, i luoghi familiari venivano riconosciuti come estranei
(ciò che avviene nei deterioramenti cognitivi), mentre, quando non
coinvolto, i luoghi estranei venivano riconosciuti come familiari (Feinberg,
2005).
• In letteratura è stato descritto un caso, in cui il paziente sviluppava
paramnesia reduplicativa in seguito a lesione del corpo calloso (Bez &
44
Nurmendov, 2007).
• Altri autori, basandosi sui dati riportati in letteratura e sopra descritti, non
si ponevano dubbi sull’importanza del danneggiamento dell’emisfero
destro nel contribuire a sviluppare la paramnesia reduplicativa, ma si
concentravano invece sul fatto se sia sufficiente a causarla oppure no
(Kapur et al., 1988; Murai et al., 1997; Pisani et al., 2000).
Altri modelli
• Sulla base dei modelli precedentemente presentati, e sulla base
dell’importanza che l’emisfero destro ricopre in questa sindrome, Sellal ha
ampiamente sostenuto questo punto di vista, collegandosi anche molto alla
letteratura sulla confabulazione, in cui i pazienti sembrano ricordare falsi
ricordi, senza alcuna consapevolezza che sono falsi, spesso anche in
presenza di un danneggiamento del lobo frontale (Sellal et al., 1996). A
riguardo sono state provate varie spiegazioni, come per esempio:
- incapacità a mantenere un preciso ordine temporale ai ricordi
(attribuzione del corretto contesto temporale alle tracce di memoria)
in seguito ad una disconnessione tra corteccia orbitofrontale ed
amigdala, attraverso i nuclei talamici. La confabulazione
insorgerebbe per l’incapacità di confrontare le esperienze attuali con
le memorie degli eventi passati e per l’incapacità di reprimere tracce
mnesiche irrilevanti (Shinder et al., 1996; 2003);
- oppure un disturbo di recupero mnesico strategico, di cui sono
responsabili le funzioni frontali: consapevolezza, recupero
d’informazioni autoguidato, ecc.. La confabulazione insorgerebbe
nel processo di recupero, nel seguire l’ordine temporale, nel
monitorare l’output dell’informazione e la sua concordanza
(Moscovitch, 1989, 1995, 1997).
La DMS insorgerebbe nell’ambito di questa confusione, spiegando per
esempio il motivo per cui questi pazienti hanno difficoltà a riconoscere se
erano già stati in un luogo oppure no, se è familiare oppure no, ecc..
Oltre alle numerose sconferme neuroanatomiche che erano state trovate per
queste ipotesi, Paterson e Zangwill, ma anche altri autori come Weinstein,
differenziarono questa sindrome dalla confabulazione, in quanto questi
45
pazienti non erano in grado di correggersi, e questo non poteva essere
spiegato come un semplice disturbo di memoria, ma come un aspetto
delirante (Patterson & Zangwill, 1944; Weinstein, 1996).
Una lesione emisferica destra è collegata anche all’anosognosia, dove i
pazienti sono assolutamente inconsapevoli delle proprie difficoltà (molto
spesso descritta in seguito a danni derivanti da lesioni cerebrali),
suggerendo un possibile collegamento con la mancanza di consapevolezza
visto in questo disturbo.
• Margariti e Kontaxakis hanno considerato la DMS un disturbo
d’identificazione: il disturbo si verificherebbe in una fase in cui viene
attribuita identità al luogo, piuttosto che semplicemente ad un livello di
riconoscimento. L’identità, per definizione comprende il concetto di
unicità, e quindi l’integrazione d’informazioni affettive, personali, e
percettive, integrando informazioni mnesiche recenti e remote. L’anomalia
sarebbe proprio considerata un instabile processo identificativo (Margariti,
M., & Kontaxakis, V., 2006).
46
2. DEMENZA CON CORPI DI LEWY
2.1. Definizione
La Demenza con corpi di Lewy (DLB), oggi considerata la più comune
causa di demenza dopo la Malattia di Alzheimer, prende il nome da
caratteristiche inclusioni intracitoplasmatiche neuronali, chiamate Corpi di
Lewy, così chiamate in onore dell’omonimo neurologo e psichiatra tedesco
Friedrich Lewy, il quale, nel 1912, individuò tali inclusioni a livello del
nucleo motore dorsale del nervo vago e del nucleo basale di Meynert in
pazienti affetti da Malattia di Parkinson (Marui et al., 2004).
2.2. Epidemiologia
La Demenza con corpi di Lewy (DLB) costituisce circa il 25% di tutte le
forme di demenza osservate in età senile, seconda solo alla Malattia di
Alzheimer.
Sestini e colleghi hanno riportato alcuni dati di prevalenza, correlandoli
all’età: la DLB rappresenterebbe il 22% di tutte le forme di demenza nei
pazienti con più di 75 anni, ed il 5% nei pazienti con più di 85 anni.
Il rapporto tra uomini e donne è di 1:1. L'età media di comparsa è 77,2 anni
(range 55-91 anni). Il tempo medio intercorrente tra l’esordio clinico e la
diagnosi di DLB è di circa 2,5 anni (Sestini et al., 2008). E' stata osservata
familarità per demenza nel 24,5% dei casi. Nonostante la maggior parte dei
pazienti sia affetta da una forma sporadica di Demenza con corpi di Lewy,
è stato descritto un numero ristretto di famiglie con alta prevalenza,
suggerendo che fattori genetici possano contribuire alla patogenesi. Un
recente studio ha individuato un gene delle forme familiari di DLB nel
2q35-q36 (Bogaerts et al., 2007).
2.3. Neuropatologia
Dal punto di vista neuropatologico il coinvolgimento a livello corticale
riguarda, le regioni entorinali, la corteccia associativa fronto-temporoparietale, la corteccia del cingolo e l’amigdala; a livello sottocorticale
47
riguarda la substantia nigra, il nucleo basale di Meynert e del locus
coeruleus. Esami PET evidenziano ipometabolismo temporo-parietale e, in
alcuni casi, occipitale bilaterale. I sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti
sono il sistema colinergico, dopaminergico e noradrenergico.
Le lesioni caratteristiche di questa patologia sono rappresentate dai corpi di
Lewy, inclusioni intracitoplasmatiche classicamente associate alla Malattia
di Parkinson. Mentre nella Malattia di Parkinson si presentano con
maggiore densità nei nuclei del tronco encefalico (sostanza nera, nucleo
basale di Meynert, locus coeruleus, nucleo dorsale del vago), nella DLB
sono presenti in maniera diffusa anche nell’ippocampo e a livello della
corteccia cerebrale (Jellinger, 2006).
I corpi di Lewy si riscontrano con relativa frequenza anche in altri tipi di
patologie neurodegenerative e, talora, anche nel cervello anziano normale;
è per tale motivo che la DLB, fino ad ora considerata un’entità nosologica
a sé stante, viene attualmente ritenuta parte di un gruppo di malattie il cui
fenotipo clinico può essere ricondotto direttamente alla presenza di corpi di
Lewy, denominate “Lewy Body Disorders”.
2.4. Aspetti clinici
Sotto il profilo clinico, la Demenza con corpi di Lewy, esordisce
abitualmente con un decadimento cognitivo progressivo fluttuante con
caratteristiche cortico-sottocorticali, associato molto frequentemente ad
allucinazioni visive (strutturate, vivide, ricorrenti) presenti sin dall’esordio,
ed a parkinsonismo prevalentemente ipocinetico-rigido. Altre
manifestazioni cliniche tipiche sono rappresentate da disturbi del
comportamento, della regolazione cardio-pressoria e della coscienza
(caratteristici soprattutto della fase florida della malattia), da una spiccata
sensibilità ai neurolettici, dalla presenza di disturbi del sonno REM e di
disfunzione autonomica.
La diagnosi di DLB viene posta in accordo a criteri clinici revisionati nel
2005 dal DLB consortium, che, rispetto alla precedente edizione del 1996,
ha introdotto tra le caratteristiche di supporto e suggestive per la diagnosi,
la positività di alcuni esami strumentali (Farina et al., 2009).
48
Disturbi cognitivi
Il decadimento cognitivo, in molti casi sintomo d’esordio della DLB, si
presenta tipicamente con episodi ricorrenti di confusione mentale su uno
sfondo di deterioramento progressivamente ingravescente. I deficit
neuropsicologici mostrati, sulla base delle aree citate nel capitolo della
neuropatologia, sono sia di tipo corticale che sottocorticale: marcati
disturbi dell’attenzione, di memoria (alterazione meno severa rispetto ai
pazienti con Malattia di Alzheimer), di fluenza verbale, deficit delle
funzioni esecutive, delle abilità visuo-costruttive e visuo-spaziali. In una
percentuale che va dal 45 al 90% dei casi di pazienti con DLB, si rilevano
fluttuazioni della performance cognitiva e funzionale, che consistono in
episodi d’improvvisa alternanza tra confusione e lucidità. Tali fluttuazioni
si manifestano con estrema variabilità nella durata (minuti o ore) e nello
stato di vigilanza.
Sintomi psichiatrici
• Allucinazioni
I sintomi dispercettivi nella DLB sono già evidenti nelle fasi precoci. Le
allucinazioni sono prevalentemente visive, dettagliate, spesso ad esordio
notturno, ricorrenti, con una prevalenza prossima all’80% durante il corso
della malattia. Di solito sono caratterizzate da immagini animate vivide,
colorate, tridimensionali, e generalmente mute.
Nei pazienti con allucinazioni, è stata osservata una riduzione marcata di
acetiltrasferasi a livello corticale, specialmente nella corteccia temporale e
parietale ed è stato ipotizzato che lo sbilanciamento tra neurotrasmettitori
monoaminergici e colinergici possa contribuire alla genesi del fenomeno
dispercettivo. Alcuni autori hanno suggerito che le allucinazioni
potrebbero derivare dall’associazione di un deficit nella processazione
degli stimoli ambientali e una meno dettagliata evocazione delle
esperienze, combinate con una normale percezione visuo-spaziale ed una
conservata generazione di immagini.
Rispetto ai pazienti con Malattia di Alzheimer le allucinazioni sembrano
essere più gravi e persistenti: per esempio i pazienti con DLB, lamentano
49
un numero maggiore di episodi, sono maggiormente disturbati dalle loro
psicosi, riferiscono una maggiore persistenza dei sintomi psicotici e
riportano anche una frequenza maggiore di allucinazioni uditive.
• Deliri
Oltre alle allucinazioni, la DLB si associa ad una maggiore frequenza di
deliri paranoidi e soprattutto deliri di misidentificazione con prevalenza
compresa tra il 13 ed il 75%. Questi possono manifestarsi sotto varie forme
tra le quali le più frequenti sono la sindrome di Capgras, la paramnesia
reduplicativa per i luoghi, ecc…. (sopra riportate).
Parkinsonismo
Il parkinsonismo, presente all’esordio nel 40% circa dei casi e con
maggiore frequenza negli stadi più avanzati di malattia, è tra i requisiti
diagnostici della DLB. Studi di confronto sulle caratteristiche del
parkinsonismo hanno messo in evidenza che le caratteristiche del disturbo
motorio sono del tutto simili, o anche più invalidanti, nella DLB rispetto
alla malattia di Parkinson, con o senza demenza. Nella DLB sono state
descritte più frequentemente forme simmetriche, con prevalente rigidità e
tremore a riposo ridotto. Il fenotipo “instabilità posturale-disturbo della
deambulazione” è più rappresentato nella DLB, così come nella Malattia di
Parkinson con demenza.
Disturbi del sonno
Il disordine comportamentale del sonno (RBD) correlato alla fase dei
movimenti oculari rapidi (REM), recentemente aggiunto tra i criteri
diagnostici di supporto per la DLB, è una parasonnia che si manifesta con
sogni vividi, spesso a contenuto terrifico, associati ad un comportamento
motorio più o meno complesso durante la fase REM; è abbastanza
frequente la rilevazione di vocalizzazioni e/o di comportamento violento.
Disautonomia
Disturbi del sistema nervoso autonomo possono essere presenti nella DLB,
di solito in seguito alla comparsa di disturbi cognitivi o, più raramente,
50
come sintomo d’esordio in associazione al parkinsonismo. Le
manifestazioni più frequenti sono l’ipotensione ortostatica e
l’ipersensibilità del seno carotideo, che sembrano essere più frequenti nei
pazienti con DLB rispetto a quelli con malattia di Alzheimer, o ai controlli
di pari età; anche l’incontinenza urinaria sembra essere più frequente negli
stadi precoci di DLB che non nella malattia di Alzheimer.
Disturbi dell’umore
Analogamente alla malattia di Alzheimer, particolarmente frequenti nella
DLB sono i sintomi depressivi con valori di prevalenza variabili dal 14 al
50%. Entrambe le forme di demenza presentano simili dati di prevalenza
relativi alla diagnosi di Depressione Maggiore con valori intorno al 20%.
Inoltre, come per lo stato cognitivo, nei pazienti con DLB la
sintomatologia depressiva tende a manifestarsi in modo fluttuante,
indipendente dal trattamento in atto, con periodi di relativo benessere
alternati a periodi di grave angoscia tali da determinare soprattutto nelle
fasi iniziali della malattia, tentativi di suicidio. Relativamente frequente
nella DLB è la presenza di ansia (30-40%), spesso sotto forma di ansia
libera e generalizzata; sebbene non vi siano molti dati di comparazione con
altre forme di demenza, gli studi disponibili indicano valori di prevalenza
simili alla malattia di Alzheimer (Sestini et al, 2008).
2.5. Strumenti diagnostici
La positività di alcuni esami strumentali, quali le metodiche di
neuroimaging ed EEG, riveste un ruolo centrale soprattutto nella
differenziazione della DLB da altre forme di demenza, in particolare dalla
malattia di Alzheimer. La Risonanza Magnetica (RM) dell’encefalo
evidenzia nella maggior parte dei pazienti affetti da DLB, una condizione
di atrofia a carico delle strutture mediali del lobo temporale di grado
significativamente inferiore rispetto ai pazienti con malattia di Alzheimer;
questo dato correla, da un punto di vista clinico, con un minor
coinvolgimento delle funzioni mnesiche nella DLB stessa. Alcuni autori
hanno inoltre recentemente dimostrato anche un diverso tipo
51
d’interessamento dell’ippocampo: nella DLB l’atrofia riguarda infatti
prevalentemente la regione anteriore e la regione mediana; nella malattia di
Alzheimer è per lo più a carico della “coda” dell’ippocampo, zona che
comprende le regioni dorsali. Nella
DLB, infine, è stato documentato
un maggior grado di atrofia a
livello del putamen. Le metodiche
di
neuroimaging
funzionale,
SPECT e PET, permetteno di
apprezzare nella DLB una marcata
perdita di terminali pre-sinaptici
dopaminergici a livello dello
striato, con una stretta analogia con altre malattie extrapiramidali (Malattia
di Parkinson, paralisi soprabulbare progressiva, atrofia multisistemica) ed
una ipoperfusione a carico delle regioni occipitali, significativamente
maggiore rispetto a pazienti con Alzheimer.
In accordo ai criteri clinici del 2005 e alle linee guida, oltre alla SPECT,
che ricopre il ruolo centrale
nell’iter diagnostico della DLB,
viene anche menzionato il ruolo
dell’EEG, che mostra nella
DLB un maggior rallentamento
rispetto
alla
Malattia
di
Alzheimer e frequentemente la
presenza di onde lente in sede
fronto-temporale (Bozzali et al.,
2006).
2.6. Criteri diagnostici della Demenza con Corpi di Lewy
(McKeith et al., 2005)
Caratteristica centrale (essenziale per la diagnosi di DLB possibile o
probabile)
52
Demenza, intesa come un decadimento cognitivo progressivo di entità tale
da interferire con le normali attività sociali o lavorative; un marcato deficit
mnesico può non essere presente nelle fasi iniziali di malattia ma è
generalmente presente con la sua progressione; può essere presente un
preminente deficit attentivo, delle funzioni esecutive, delle abilità visuospaziali.
Caratteristiche “core” (due delle seguenti caratteristiche sono sufficienti,
insieme alla caratteristica centrale, per la diagnosi di DLB probabile, una
per la diagnosi di DLB possibile)
o fluttuazioni cognitive con marcate variazioni di attenzione e
vigilanza;
o allucinazioni visive ricorrenti, generalmente complesse e ben
strutturate;
o parkinsonismo.
Caratteristiche suggestive (in presenza di una o più di queste
caratteristiche, in associazione ad una o più caratteristiche “core”, si può
porre diagnosi di DLB probabile; se non sono presenti caratteristiche
“core”, una o più caratteristiche suggestive permettono di porre diagnosi di
DLB possibile; la diagnosi di DLB probabile non può essere posta sulla
base delle sole caratteristiche suggestive)
o disturbi del sonno REM;
o spiccata sensibilità ai neurolettici;
o diminuito uptake del trasportatore della dopamina a livello dei nuclei
della base dimostrato tramite PET o SPECT.
Caratteristiche di supporto (presenti frequentemente ma prive attualmente
di specificità diagnostica)
o cadute e sincopi ricorrenti;
o transitorie perdite di coscienza non altrimenti giustificabili;
o disfunzione autonomica di grado severo (ipotensione ortostatica,
incontinenza urinaria);
o altri tipi di allucinazioni (soprattutto uditive);
o deliri;
o depressione;
53
o relativa integrità delle strutture temporali mediali (TC o RMN);
o uptake di traccianti di perfusione (SPECT/PET) diffusamente
diminuito con ridotta attività a livello occipitale.
Caratteristiche che rendono meno verosimile la diagnosi di DLB
o malattia cerebrovascolare;
o presenza di altre malattie che possano giustificare il quadro clinico;
o comparsa dei segni extrapiramidali nelle fasi avanzate di malattia.
2.7. Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone soprattutto nei confronti della Malattia di
Alzheimer e della Malattia di Parkinson con demenza. Rispetto alla DLB,
nella Malattia di Alzheimer sono più rare le allucinazioni, in particolare
nelle fasi lievi-moderate di malattia, mentre nella DLB i sintomi
dispercettivi sono già evidenti nelle fasi precoci; analoghe considerazioni
valgono per il parkinsonismo, l’incontinenza urinaria e le cadute. Nella
Malattia di Parkinson con demenza il deterioramento cognitivo esordisce
dopo alcuni anni rispetto ai sintomi motori, mentre per la DLB vale la
regola di 1 anno, ovvero insorge a meno di un anno dalla comparsa dei
disturbi extrapiramidali. Una difficoltà diagnostica può venirsi a creare di
fronte alla DLB senza parkinsonismo all’esordio: in questo caso le
peculiarità cognitive e psichiche, la presenza di caratteristiche suggestive e
di supporto, esami SPECT ed EEG, dovrebbero indirizzare verso una
corretta diagnosi.
2.8. Approccio terapeutico
La terapia della DLB è particolarmente complessa in quanto i pazienti con
DLB sembrano essere particolarmente vulnerabili agli effetti
antidopaminergici ed anticolinergici dei neurolettici convenzionali,
rendendo problematico il trattamento dei sintomi psicotici. Infatti, quando
trattati con i neurolettici convenzionali, sviluppano facilmente o
peggiorano i sintomi extrapiramidali e possono incorrere nelle
complicazioni potenzialmente fatali. Solo i neurolettici atipici più recenti
54
(quetiapina e clozapina in particolare) sembrano candidati al trattamento
delle psicosi nel corso della DLB.
La favorevole risposta agli anticolinesterasici, in grado di migliorare i
sintomi cognitivi e psichiatrici senza indurre variazioni dei sintomi
parkinsoniani durante il trattamento è nota. In particolare e’ stata
recentemente dimostrata l’efficacia della rivastigmina nel determinare un
miglioramento sia dello stato cognitivo che dei disturbi comportamentali.
Per quanto riguarda il trattamento dei sintomi motori, i dati della letteratura
sono ancora pochi e controversi. Uno studio sulla risposta in acuto alla
levodopa ha dimostrato una risposta positiva nel 36% dei pazienti affetti da
DLB (Sestini et al., 2008).
55
3. SINDROME DI CAPGRAS E PARAMNESIA
REDUPLICATIVA NELLA DEMENZA CON CORPI DI LEWY
Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, i sintomi neuropsichiatrici
costituiscono caratteristiche cliniche fondamentali nella demenza con corpi
di Lewy e negli ultimi anni hanno sollevato un interesse crescente
nell'ambito della neurologia e della psichiatria (Hirono & Cummings,
1999).
3.1. Indagini epidemiologiche
Vari studi hanno accertato la frequente coesistenza della paramnesia
reduplicativa per i luoghi e della sindrome di Capgras, nella demenza con
corpi di Lewy (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994).
Nonostante questo, i dati sono ancora controversi.
Simard ha svolto uno studio retrospettivo sui sintomi cognitivi e
comportamentali nella Malattia a corpi di Lewy. Le sindromi da errato
riconoscimento, sono risultati i deliri più frequenti nella malattia a corpi di
Lewy interessando il 32,72% dei pazienti (89 su 272 casi), similmente alla
malattia di Alzheimer (Simard et al., 2000).
Anche Klatka non ha trovato differenze tra demenza con corpi di Lewy e
demenza di Alzheimer (53,4%); mentre ha trovato una maggiore frequenza
della demenza con corpi di Lewy (57,1%) rispetto al morbo di Parkinson
(15,4%) (Klatka et al., 1996).
E’ verosimile che queste sindromi siano sottostimate nella demenza con
corpi di Lewy: è stata avanzata l'ipotesi che la sindrome venga più
facilmente riconosciuta quando contiene caratteri di aggressività;
l'atteggiamento spesso neutro se non benevolo può rendere il delirio
clinicamente meno evidente (Marantz & Verghese, 2002).
Ballard ha invece sottolineato come queste sindromi siano
significativamente più comuni nella DLB rispetto alla malattia di
Alzheimer (Ballard et al., 1999). Anche altri studi hanno accertato che i
deliri di vario genere (Katzman et al., 1996) e le sindromi deliranti da
56
misidentificazione (Hirono et al., 1998, 1999) erano molto più frequenti
nella demenza con corpi di Lewy, rispetto alla malattia di Alzheimer.
Nagahama ha condotto uno studio su 96 pazienti con probabile DLB e 4
con possibile DLB, con l'intento di classificare i sintomi psicotici di questa
malattia. I risultati hanno mostrato che il 78% dei pazienti presentava
allucinazioni, il 56% presentava sindromi da errato riconoscimento (sia
Capgras che reduplicazioni di luoghi e persone) e il 25% presentava deliri;
queste non erano correlate al sesso, al livello di istruzione, o alla gravità
del deficit cognitivo (Nagahama 2007).
Harciarek (come precedentemente riportato) ha svolto una ricerca
epidemiologica delle sindromi da errato riconoscimento in soggetti affetti
da malattie neurodegenerative. Dei 36 pazienti con probabile Demenza con
corpi di Lewy, 6 soggetti (16,6%) avevano un delirio di Capgras, metà in
forma isolata, metà in associazione al “delirio del coinquilino fantasma”;
inoltre nel 66,7% dei soggetti con Capgras, il delirio coesisteva con
allucinazioni visive. Nessun individuo con demenza con corpi di Lewy
presentava una paramnesia reduplicativa per i luoghi.
Il tempo di comparsa dall'inizio della malattia era mediamente di 2 anni,
sebbene la metà fosse andata incontro ad una DMS entro il primo anno.
Mayeux (Mayeux et al., 1985) ha sottolineato che la presenza di aspetti
extrapiramidali può contribuire allo sviluppo delle sindromi da errato
riconoscimento nelle demenze. Le osservazioni di Harciarek supportano
solo parzialmente quest'ipotesi poiché, diversamente dai pazienti con DLB,
non è stato riscontrato nessun caso di sindrome delirante da
misidentificazione, nei pazienti affetti da morbo di Parkinson, paralisi
sopranucleare progressiva e degenerazione cortico basale del gruppo in
esame. Sembra inoltre improbabile che deficit dei nuclei della base e un
ridotto livello di dopamina siano sufficienti a produrre l'idea delirante.
3.2. Aspetti clinici
Come precedentemente esposto, nella DLB, nello stesso paziente possono
essere presenti diversi tipo di allucinazioni e deliri da errato
riconoscimento (Nagahama et al., 2007; Harciarek, & Kertesz, 2008).
57
Relativamente a questi deliri, la sindrome di Capgras e la paramnesia
reduplicativa possono coesistere (Signer, 1987; Christodoulou, 1991;
Weinstein; 1994). Queste due sindromi condividono in particolare alcuni
aspetti (Weinstein, 1991; Weinstein & Burnham, 1994):
o la duplicazione;
o la persona scambiata per impostore e il luogo duplicato hanno
sempre uno stretto rapporto emotivo con il paziente;
o raramente vengono riferite in modo esplicito le differenze tra le due
entità;
o la convinzione è resistente ad ogni tentativo di critica.
3.3. Indagini strumentali
In uno studio su caso singolo, affetto da Demenza con corpi di Lewy,
sindrome di Capgras e paramnesia reduplicativa, l'indagine SPECT
documentava una ipoperfusione nella corteccia parieto-occipitale, nel
contesto di un emisfero destro complessivamente ipoperfuso, e non nella
corteccia temporale mediale. Da qui è stato dedotto che i sintomi
potrebbero originare non solo dal riconoscimento visuospaziale che
coinvolge il sistema limbico (in particolare l'amigdala), la corteccia
frontale mediale e l'emisfero destro, ma anche da un disturbo di coscienza
provocato dalla presenza di corpi di Lewy diffusi (Ohara & Morita, 2006).
Nagahama e colleghi, alla luce di una possibile base patofisiologica
comune, dopo aver raggruppato in quattro grandi domini i sintomi psicotici
della demenza a corpi di Lewy, hanno trovato che le sindromi da errato
riconoscimento
potrebbero
essere associate ad una
significativa
ipoperfusione
nell’ippocampo di sinistra,
nell’insula,
nella
parte
opercolare del giro frontale
inferiore, e nello striato
ventrale/nucleo
accumbens,
avvalorando l’ipotesi di una
58
dissociazione tra la componente affettiva del sensorio e le funzioni
mnesiche (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994, Ellis &
Lewis, 2001; Nagahama et al., 2009).
Ciò può essere ritenuta coerente con le teorie che propongono, alla base del
delirio, un'integrità del sistema ventrale temporale del riconoscimento
visivo e una disconnessione delle strutture limbiche/paralimbiche (Hirstein
& Ramachandran, 1997; Breen et
al., 2000; Harciarek & Kertesz,
2008). Questa alterazione delle
strutture paralimbiche era già
stata evidenziata nei pazienti con
Alzheimer che mostravano deliri
da alterata identificazione. Essi
mostravano un ipometabolismo
significativo
nelle
regioni
paralimbiche (aree del cingolo e
orbitofrontali bilaterali) e nelle
aree temporali mediali sinistre
rispetto ai pazienti con Alzheimer privi di sindromi da errato
riconoscimento (Mentis, 1995). Molti studi degli ultimi anni hanno messo
in risalto che i pazienti con deliri da errato riconoscimento,
indipendentemente dall'eziologia, hanno generalmente lesioni nell'emisfero
destro o lesioni bilaterali, dando così a queste aree un ruolo dominante
(Weinstein, 1994; Devinsky, 2009). Questo coincide con il riscontro nel
gruppo di pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy, esaminato da
Nagahama, che documentava una ipoperfusione bilaterale nella corteccia
fronto-temporale e parieto-occipitale.
E' stata valutata anche la possibilità che qualche processo alla base
dell'errato riconoscimento sia di pertinenza emisferica sinistra. Ci sono dati
in favore del fatto che l'emisfero sinistro svolga un ruolo negli stimoli
emotivi positivi (Silbermann & Weingartner, 1986; Breiter & Rosen, 1999;
Mobbs et al., 2003; Satterhwaite et al., 2009), pertanto un deficit di questi
59
processi potrebbe implicare una visione negativa del percetto e contribuire
alla dissonanza tra le percezioni sensoriali e le risposte affettive.
3.4. Indagini Neuropatologiche
I corpi di Lewy rappresentano la caratteristica anatomo-patologica
distintiva di tale demenza. Essi presentano un evidente accumulo a livello
della corteccia (in particolare lobo frontale e amigdala), della corteccia del
cingolo e della sostanza nera del tronco encefalico. I neuroni
maggiormente vulnerabili al danno degenerativo sono quelli del
prosencefalo basale, del sistema limbico e della neocorteccia e questo può
giustificare l'esordio precoce dei disturbi delle funzioni esecutive e del
comportamento (Braak et al., 2003; Uchikado et al., 2002; Kovarie et al.,
2003); studi clinico-patologici hanno dimostrato che la densità di corpi di
Lewy corticali, specialmente nel lobo frontale e nel sistema limbico,
correla con la sindrome disesecutiva e con i disturbi del comportamento
(Horimoto et al., 2003; Iseki, 2004).
Sono presenti, inoltre, i neuriti di Lewy nella sostanza nera, nella regione
ippocampale, nel nucleo dorsale del vago, nel nucleo basale del Meynert e
nella corteccia transentorinale. Queste profonde alterazioni neuritiche
probabilmente sono più determinanti nella formazione dei sintomi
psichiatrici rispetto ai corpi di Lewy (Gomez-Tortosa et al., 1999).
Nella maggior parte dei pazienti sono anche presenti alterazioni tipiche
dell'Alzheimer, come placche senili e neuriti, mentre sono relativamente
scarsi gli ammassi neurofibrillari. In un 30% dei pazienti si osserva anche
una patologia vascolare minore (McKeith, 2002).
Marantz e colleghi hanno condotto degli studi neuropatologici in pazienti
con demenza a corpi di Lewy e delirio di Capgras. In un soggetto sono stati
rilevati anche leucoencefalopatia e infarti lacunari bilaterali della sostanza
bianca e dei nuclei della base. In un secondo paziente, in cui era stata
riscontrata ipoperfusione occipitale, l'autopsia ha rilevato la presenza di
considerevoli placche neuritiche nella corteccia occipitale e visiva
associativa. In un altro soggetto, l'autopsia ha evidenziato oltre ai corpi di
60
Lewy nella neocorteccia anche infarti lacunari multipli nella sostanza
bianca frontale e parietale (Marantz & Verghese, 2002).
Già in uno studio precedente, erano stati riscontrati numerosi micro-infarti
lacunari nella sostanza bianca dei lobi frontali e parietali, in un paziente
affetto da delirio di Capgras e DLB (Diesfeldt & Troost, 1995). Questi casi
ci suggeriscono che tali lesioni neuritiche ed ischemiche potrebbero
contribuire alla genesi di sindromi come il delirio di Capgras e la
paramnesia reduplicativa, in soggetti affetti da demenza con corpi di Lewy.
Nel 2006 è stato condotto uno studio neuropatologico specifico delle vie
visive in pazienti affetti da malattia con corpi di Lewy, in presenza di deliri
da errato riconoscimento.
Per chiarire il rapporto tra l'errato riconoscimento e le alterazioni della via
visiva è stata analizzata la via visiva primaria (il corpo genicolato laterale e
la corteccia visiva primaria), la via visiva secondaria (il pulvinar, le aree 18
e 19 di Brodmann, e la corteccia temporale inferiore), l'amigdala e la
sostanza nera. Il maggiore coinvolgimento della via visiva secondaria ha
suggerito una disfunzione nel riconoscimento di oggetti, di forma e colore.
Inoltre l'amigdala, mostrando maggiore perdita neuronale, è risultata
ancora più compromessa delle vie visive, portando ad ipotizzare che non
sia in grado di modulare correttamente la componente emotiva del
riconoscimento visivo. Queste scoperte avvalorano l’ipotesi che le
sindromi da errato riconoscimento, nei pazienti con malattia a corpi di
Lewy, potrebbero essere conseguenza di un deficit nella via visivoamigdaloidea (Yamamoto et al., 2006).
Yamamoto ha successivamente esteso la sua ricerca al claustro, regione
nota per avere forti connessioni con le aree visive. Il claustro ha mostrato
una grande quantità di corpi di Lewy e neuriti in concentrazione simile alla
corteccia temporale inferiore, nell'insula, nell'amigdala, nell'area di
Brodmann 18,19 e nella corteccia transentorinale. Al contrario l'area pre e
post centrale e la corteccia temporale trasversa mostravano una
compromissione inferiore. Questi dati suggeriscono che le alterazioni sono
più accentuate nelle aree visive che in quelle uditive o somatosensoriali, e
che il deficit della via visivo-claustrale partecipa nei deliri di
61
riconoscimento insieme alla via visivo-amigdaloidea (Yamamoto et al.,
2007).
62
STUDIO SPERIMENTALE
4. SCOPO DEL LAVORO
La natura della sindrome di Capgras e della paramnesia reduplicativa per
i luoghi, come è stato esposto nella rassegna della letteratura, non è stata
ancora compresa, e la conoscenza delle variabili neuropsicologiche che
possono contribuire alla genesi di questi disordini resta incompleta.
Scopo del presente studio è quello di risolvere le controversie riguardo la
natura di queste due sindromi nei soggetti affetti da Demenza con corpi di
Lewy.
Ciò è stato fatto attraverso una valutazione sistemica di differenti domini
neuropsicologici: analizzando in particolare, se l’errata identificazione
dipende da un disturbo visopercettivo oppure da un disturbo di
assegnazione della familiarità. Nello studio sulla sindrome di Capgras è
stato aggiunto e preso in considerazione anche il dominio cognitivo legato
all’analisi delle emozioni.
Per esplorare la compromissione cognitiva sottostante tali disturbi, sono
state utilizzate due batterie, appositamente costruite, di cui parleremo nel
capitolo “batteria sperimentale”.
A tale scopo sono stati selezionati tre gruppi di soggetti:
! soggetti con Demenza a corpi di Lewy (DLB)
! soggetti con Malattia di Alzheimer (AD)
! soggetti di controllo esenti da patologie neuro-psichiatriche (N)
ai quali sono state somministrate le numerose prove.
Lo stesso gruppo di soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy, sono
stati suddivisi in differenti sottogruppi nei due studi effettuati:
! analisi della sindrome di Capgras
! analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi.
La predizione è che i risultati ottenuti dalle prestazioni svelino
dissociazioni tra i gruppi.
63
5. MATERIALI E METODI
5.1. Soggetti inclusi nello studio
Quattro gruppi di soggetti sono stati inclusi in ognuno dei due studi. Una
popolazione di soggetti di controllo, esenti da patologie neuropsichiatriche, un gruppo di pazienti affetti da AD, e un gruppo di pazienti
affetti da DLB.
I pazienti con DLB sono stati ulteriormente divisi in due sottogruppi: nel
primo studio sulla base della presenza di sindrome di Capgras; nel secondo
studio sulla base della presenza di paramnesia reduplicativa per i luoghi.
Nessuno dei pazienti affetti da AD presentava CS o PR.
Le diagnosi sono state effettuate sulla base della storia clinica, degli esiti
dell’esame neurologico e neuropsicologico, degli esami di laboratorio
(emocromo, glicemia, funzionalità epatica e renale, funzionalità tiroidea,
vitamina B12 ed acido folico, markers di proliferazione cellulare, luescreening) e degli esami strumentali (TC encefalo/RMN encefalo) in
accordo ai criteri internazionali di McKeith (Mc Keith et al., 1996) e di
NINCDS ADRDA (McKhann et al., 1984; Blacker et al., 1994; Dubois et
al., 2007).
5.2. Caratteristiche demografiche dei pazienti
Le caratteristiche demografiche dei pazienti sono evidenziate in dettaglio
in tabella 1 e 2, in appendice.
Analisi della sindrome di Capgras
Il gruppo DLB con sindrome di Capgras (DLB-CS) è costituito da 8
soggetti distinti in 3 maschi e 5 femmine, di età media pari a 72 anni
(deviazione standard 5,45 anni) con un range variabile tra 66 e 82 anni, e di
scolarità media pari a 7,75 anni (deviazione standard 4,37 anni) con un
range variabile tra 3 e 13 anni.
Il gruppo DBL senza sindrome di Capgras (DBLnocs) è costituito da 6
soggetti distinti in 3 maschi e 3 femmine, di età media pari a 72 anni
64
(deviazione standard 3,29 anni) con un range variabile tra 69 e 77 anni, e di
scolarità media pari a 6 anni (deviazione standard 4 anni) con un range
variabile tra 0 e 11 anni.
Il gruppo AD è costituito da 14 soggetti distinti in 5 maschi e 9 femmine,
di età media pari 73,86 anni (deviazione standard 7,06 anni) con un range
variabile tra 54 e 80 anni, e di scolarità media pari a 5,35 anni (deviazione
standard 1,65 anni) con un range variabile tra 2 e 8 anni.
Il gruppo di controllo esente da patologie neuro-psichiatriche (N) è
costituito da 14 soggetti distinti in 7 maschi e 7 femmine, di età media pari
a 71,57 anni (deviazione standard 7,47 anni) con un range variabile tra i 53
e 80 anni, e di scolarità media pari a 7 anni (deviazione standard 2,51 anni)
con un range variabile tra 3 e 11 anni.
Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi
Il gruppo DLB con paramnesia reduplicativa per i luoghi (DLB-PR) è
costituito da 7 soggetti distinti in 4 maschi e 3 femmine, di età media pari a
71,71 anni (deviazione standard 5,09 anni) con un range variabile tra 66 e
82 anni, e di scolarità media pari a 7,28 anni (deviazione standard 3,86
anni) con un range variabile tra 3 e 13 anni.
Il gruppo DLB senza paramnesia reduplicativa (DLBnopr) è costituito da 7
soggetti distinti in 2 maschi e 5 femmine, di età media pari a 72,29 anni
(deviazione standard 4,19 anni) con un range variabile tra 66 e 77 anni, e di
scolarità media pari a 6,71 anni (deviazione standard 4,72 anni) con un
range variabile tra 0 e 13 anni.
I soggetti affetti da AD ed il gruppo di soggetti esente da patologie neuropsichiatriche reclutati per l’analisi della sindrome di Capgras
(caratteristiche demografiche riportate nella sezione precedente) sono stati
utilizzati come gruppo di controllo per la paramnesia reduplicativa dei
luoghi.
5.3. Esame neuropsicologico generale
Un esame neuropsicologico approfondito, volto ad esaminare in dettaglio
le principali funzioni cognitive attraverso test neuropsicologici mirati, è
65
stato effettuato a tutti i pazienti, come parte fondamentale ed integrante,
per la diagnosi.
La valutazione funzionale è stata eseguita mediante le scale ADL (attività
di vita quotidiana) (Brorsson & Asberg, 1984) e IADL (attività strumentali
della vita quotidiana) (Bookman et al., 2007).
La valutazione neuropsicologica di screening è stata eseguita mediante il
MMSE (Mini Mental State Examination; Folstein et al., 1975); oltre al
MMSE sono state somministrate le Matrici Colorate Progressive di Raven
(Raven, 1965) che esplorano in dettaglio le abilità logico-deduttive per
materiale non verbale.
Le funzioni esecutive sono state somministrate tramite il Test di Stroop
(valori normativi del nostro laboratorio), il Test di Luria (Piccirilli et al.,
1989) e il Weigl’s test (Spinnler & Tognoni, 1987).
Il linguaggio è stato esplorato tramite compiti di fluenza verbale sia per
accesso lessicale (categorie) che per accesso fonologico (lettere); sono stati
inoltre eseguiti nella maggioranza dei pazienti compiti di denominazione di
figure, di lettura e di matching verbo-visivo (valori normativi del nostro
laboratorio).
La memoria a breve termine è stata esplorata nelle componenti verbale e
spaziale tramite rispettivamente il Digit Span (ripetizione di sequenze di
numeri) ed i Cubi di Corsi (Spinnler & Tognoni, 1987).
La prassia costruttiva e la memoria spaziale a breve ed a lungo termine
sono state indagate mediante la copia e la rievocazione immediata e dopo
la latenza di 15 minuti della figura di Rey B (Luzzi et al., 2011).
La memoria a breve ed a lungo termine nella componente verbale è stata
indagata mediante la rievocazione immediata e dopo la latenza di 15
minuti delle 15 parole di Rey (valori normativi del nostro laboratorio).
La prassia ideomotoria è stata indagata mediante il Test per l’aprassia
ideomotoria di De Renzi (Spinnler & Tognoni, 1987).
La visuopercezione è stata esplorata in tutti i soggetti mediante un test di
screening costituito dalle figure sovrapposte di L. Ghent (Ghent et al.,
1995), ed in maggior dettaglio tramite la VOSP (Visual Object and Space
66
Perception Battery) realizzato da E. Warrington (Warrington and James,
1991).
Di seguito sono riportate alcune brevi descrizioni delle prove appena
menzionate.
ADL: L’Index of Independence in Activities of Daily Living di Katz
(Index of ADL o Katz Index) è uno strumento di misura dell’indipendenza
funzionale nelle attività di base della vita quotidiana.
L’Indice di Katz valuta la capacità di compiere sei attività, che consentono
il soddisfacimento di bisogni fisiologici e di sicurezza, fondamentali della
persona e la cui compromissione determina uno stato di dipendenza
funzionale. Tali attività furono empiricamente selezionate da Katz secondo
una sequenza gerarchica che corrisponde allo sviluppo funzionale infantile
e indagano (in ordine di complessità decrescente) la capacità del soggetto
di:
1.
lavarsi (fare il bagno);
2.
vestirsi;
3.
utilizzare il gabinetto;
4.
spostarsi;
5.
controllare la continenza;
6.
alimentarsi.
(Brorsson & Asberg, 1984).
IADL: la scala Instrumental Activities of Daily Living valuta la capacità
del soggetto nelle attività strumentali della vita quotidiana, quali usare il
telefono, fare la spesa, preparare il cibo, governare la casa, utilizzare i
mezzi di trasporto, assumere i farmaci e usare il denaro. Per ogni attività
viene assegnato un punteggio da 0 a 2 dove 0 indica completa autonomia e
due incapacità (Bookman et al., 2007).
Mini Mental State Examination (MMSE): è un test che valuta l'efficienza
ed il deterioramento intellettivo. Comprende 30 item che fanno riferimento
a sette ambiti cognitivi differenti: orientamento nel tempo, nello spazio,
registrazione di parole, attenzione e calcolo, rievocazione, linguaggio e
67
prassia costruttiva. Il punteggio va da un minimo di 0 a un massimo di 30
punti (Folstein et al. 1975).
Matrici progressive colorate di Raven: questo test evidenzia abilità
analitiche non dipendenti da nozioni apprese precedentemente; nella
soluzione sono implicate sia abilità spaziali che di ragionamento. Il test è
costituito da tre serie (A, Ab e B) di 12 item ciascuna a complessità
crescente. Il paziente viene invitato a scegliere un disegno, tra quelli
numerati riportati al di sotto del modello, che completi la serie presentata.
Il criterio di scelta, suggerito dall'esaminatore, deve essere sempre quello
di trovare la figura che forma con quelle fornite un insieme logico. Sono
ammessi ripensamenti e cambi di scelta ma non è possibile ritornare sulle
matrici già esaminate. Il tempo massimo per l'intera prova è 30 minuti; se il
paziente impiega un tempo inferiore al previsto viene indicato. Per il
calcolo del punteggio si considera il numero di risposte date entro il tempo
massimo e il numero di risposte esatte fornite entro questo tempo di tutte le
quattro serie di matrici (Raven, 1965).
Test di Stroop: è un test che valuta la variazione nei tempi di reazione
nell'esecuzione di un compito in due diverse condizioni. Il compito
prevede di pronunciare ad alta voce il colore con cui è stampata una parola
(ad esempio bisogna dire "ROSSO", quando la parola è stampata con il
colore rosso). Le condizioni del compito sono due: condizione
incongruente (es. parola verde scritta in rosso) rispetto a quella congruente
(parola rosso scritta in rosso).
Sequenze motorie di Luria (Movimenti Sequenziali ed Alternati in modo
Rapido): in questo test sono proposte tre sequenze di movimenti (appunto
rapidamente alternati). La prima prova consiste nella sequenza di chiusura
ed apertura del pugno alternando la posizione delle mani: la destra è posta
con il palmo verso il basso su di una superficie piana con le dita strette,
mentre la sinistra è accanto con le dita aperte a ventaglio. Al paziente è
chiesto di stringere e rilasciare alternativamente le dita di ogni mano (in
modo tale da avere sempre una mano in una posizione e l'altra nell'altra).
Prima di cominciare il test, è concessa al paziente una prova pratica della
68
durata di 5 secondi. La seconda prova consiste nel fare eseguire una
sequenza di due movimenti utilizzando un solo arto superiore alla volta.
L'arto viene appoggiato su una superficie con l'avambraccio flesso a 90°
sul braccio, e le dita della mano chiuse a pugno. Il soggetto deve flettere
l'avambraccio sul braccio portando la mano verso la spalla. Allo stesso
tempo deve aprire le dita della mano a ventaglio. La terza prova consiste
nella sequenza pugno-taglio-palmo, in cui l'esaminatore, mostrata la
sequenza delle posizioni da far assumere alla mano (prima pugno piatto sul
tavolo, poi mano a taglio sul tavolo, infine palmo sul tavolo), chiede al
paziente di imitare i suoi movimenti. Una volta che il paziente ha imitato
correttamente la sequenza, gli è richiesto di continuare senza
l'esemplificazione da parte dell'esaminatore. Dopo che il paziente ha
completato tre percorsi indipendenti attraverso l'intera sequenza,
l'esaminatore chiede altre 10 rapide esecuzioni dell'intera sequenza.
Vengono registrati il numero di sequenze completate correttamente.
(Piccirilli et al. 1989).
Weigl's test: questo test fornisce una misura dell'abilità nel cogliere
somiglianze sopra ordinate fra diversi stimoli, ed è considerato un test di
pensiero categoriale. Il materiale del test è costituito da 12 oggetti in legno,
potenzialmente raggruppabili per forma (4 cerchi, 4 quadrati e 4 triangoli),
colore (3 verdi, 3 gialli, 3 rossi e 3 blu), seme (4 con quadri, 4 con picche e
4 con cuori), spessore (4 spessi 4 mm, 4 spessi 8 mm e 4 spessi 12 mm) e
dimensioni (un quadrato, un triangolo ed un cerchio hanno rispettivamente
diametro, lato e cateto di 30 mm, le dimensioni delle altre tre categorie
possibili sono 60 mm, 90 mm, 120 mm).
Il test può essere svolto secondo due modalità, una attiva (è il paziente a
svolgere il compito richiesto dall'esaminatore) e l'altra passiva (il task è
svolto dall'esaminatore e il paziente deve solo esplicitare il critero
applicato). Nella modalità attiva l'esaminatore indica 12 pezzetti di legno e
sottolinea che, benché diversi, possono essere raggruppati in modo che
all'interno di ogni gruppo tutti condividano una caratteristica e invita il
paziente a farlo. Il tempo massimo concesso per ogni raggruppamento è di
3 minuti. Se il soggetto raggruppa correttamente i pezzetti di legno
69
secondo uno dei criteri precedentemente enunciati, l'esaminatore li
ripropone in ordine random invitando a compiere un raggruppamento
secondo un altro criterio, fino a trovare tutte la soluzioni. Nel momento in
cui il soggetto non intuisce alcun raggruppamento o non riesce a trovarne
altri oltre a quelli già individuati, si passa all'altra modalità. Nella modalità
passiva è l'esaminatore a mostrare i raggruppamenti non individuati e ad
invitare il paziente a descrivere a parole (o a gesti) il criterio alla base del
raggruppamento. Il tempo massimo è di 1 minuto per ciascun
raggruppamento (Spinner & Tognoni, 1987).
Test di fluenza: questo test studia la produzione orale di parole che iniziano
o con una determianta lettera (per accesso fonologico) oppure che fanno
parte di una determinata categoria (per accesso lessicale). Entrambe le
prove sono composte da tre task.
Nel primo caso l'esaminatore chiede al paziente di dire quante più parole
possibili iniziano con la lettera dell'alfabeto fornita (vanno esclusi i nomi
propri, i numeri, ed alcune parole con un suffisso differente).
Nel secondo caso l’esaminatore chiede al paziente di dire quante più parole
possibili conosce, che fanno parte della categoria fornita (es. colori,
animali e frutta).
Digit span: questo test valuta lo span di memoria verbale (memoria di
cifre), ed è composto da due differenti test: il Digit Forward, in cui le cifre
vengono ripetute dalla prima all'ultima, ed il Digit Backward, in cui la
ripetizione è effettuata in senso inverso. Il test è formato da coppie di
sequenze di numeri. L'esaminatore legge la prima sequenza numerica (con
una velocità approssimativamente pari ad un numero al secondo); quando
questa è ripetuta dal paziente correttamente, l'esaminatore legge quella
successiva, più lunga di un numero rispetto alla precedente, ed il test
continua fino a che il soggetto fallisce una coppia di sequenze oppure
ripete correttamente l'ultima sequenza (composta da nove numeri).
Cubi di Corsi: questo test misura lo span di memoria visuo-spaziale,
ovvero la quantità di informazioni visuo-spaziali che possono essere
trattenute nella memoria a breve termine. Lo stimolo è rappresentato da
70
una tavoletta di legno di 32 x 25 cm, in cui sono incollati 9 cubetti di 45
mm di lato, disposti asimmetricamente, e numerati dal lato rivolto verso
l'esaminatore e non quello osservato dal paziente. Seduto di fronte al
paziente l'esaminatore tocca con l'indice i cubetti in una sequenza standard
di lunghezza crescente (da due fino a dieci cubetti), al ritmo di un cubetto
ogni 2 secondi, tornando con l'indice sul tavolo dopo aver toccato ogni
singolo cubo. Terminata la dimostrazione della sequenza, l'esaminatore
chiede al paziente di riprodurre questa sequenza toccando i cubetti nello
stesso ordine. Sono eseguite tre sequenze per ciascuna serie. Se il soggetto
riproduce correttamente almeno due sequenze su tre, si somministra la
serie successiva (Spinnler & Tognoni, 1987).
Prassia costruttiva, Copia della figura complessa B di Rey: studia la
presenza di disturbi nelle attività che richiedono l'assemblaggio di alcune
parti di uno stimolo per la riproduzione di un modello. Il paziente è invitato
a copiare la figura che viene posta di fronte a lui. La valutazione viene
eseguita in modo quantitativo, contando il numero di elementi riprodotti in
modo corretto dal paziente, le proporzioni tra le figure, le sovrapposizioni
e la precisone nel collocare i dettagli (Luzzi et al., 2011).
Rievocazione a breve e a lungo termine della figura B di Rey: dopo aver
copiato la figura B di Rey l'esaminatore lascia osservare il modello della
figura al paziente per circa 10 secondi, quindi toglie il modello dalla vista
del paziente chiedendogli di riprodurre la figura su un foglio (rievocazione
a breve termine). A distanza di circa 15 minuti, dopo aver distratto il
soggetto con compiti verbali, l'esaminatore chiede nuovamente al paziente
di riprodurre la figura B di Rey (rievocazione a lungo termine) (Luzzi et
al., 2011).
Rey Auditory Verbal Learning Test (AVLT): questo test misura sia lo span
di memoria immediata (Total effect), sia l'apprendimento di materiale
verbale (Long term). Consiste di 5 presentazioni di una lista comprendente
15 parole. Al paziente viene chiesto di ripetere al termine della lettura delle
15 parole eseguita con l'esaminatore, il maggior numero di parole che egli
riesce a ricordare. L'esaminatore trascrive le parole richiamate dal paziente
71
nello stesso ordine in cui queste sono rievocate. Terminate le 5 prove il
soggetto viene distratto con compiti non verbali, al termine dei quali
l'esaminatore chiede lui di rievocare spontaneamente il maggior numero di
parole possibile dalla lista di quelle precedentemente apprese. Al termine
di questa prova l'esaminatore legge ad alta voce una serie di parole,
avvertendo preventivamente il soggetto che alcune di queste fanno parte
della lista di parole precedentemente apprese. Compito del soggetto è
riconoscere se le parole lette dall'esaminatore sono già state presentate
precedentemente oppure no (prova di riconoscimento).
Prassia ideomotoria: si valuta la capacità del paziente, una volta rievocata
la rappresentazione mentale del movimento richiesto, di attivare la corretta
sequenza motoria per attuare il movimento stesso. Questo test comprende
sia delle prove di imitazione di gesti simbolici (con un determinato
significato, ad esempio il gesto del “ciao”, del saluto militare, del segno
della croce), sia non simbolici (senza questo significato), che vanno a
mettere in luce un'aprassia ideomotoria, in quanto nell'esecuzione di questi
movimenti non influisce la rievocazione della sequenza motoria necessaria
a compiere il gesto stesso, ma l'esecuzione della sequenza stessa. I
movimenti da imitare vengono eseguiti con le dita, con l'intera mano o con
l'intero arto superiore. Ogni gesto è presentato sino a tre volte se la
prooduzione non è corretta, e riceve un punteggio da 3 a 0 a seconda che
l'esecuzione sia giusta la prima, la seconda, la terza volta, oppure mai (De
Renzi & Faglioni, 1996).
Discriminazione di forme visive: questa batteria di test valuta la presenza
di un'agnosia appercettiva, ovvero un'incapacità, da parte del paziente, nel
riconoscimento di un oggetto, dovuto ad un deficit nell'assemblaggio dei
dati sensoriali percepiti (in condizioni di campo visivo, acuità visiva e
percezione cromatica normali), in modo da ricostruire la forma stessa
dell'oggetto. A tale scopo abbiamo utilizzato la Visual Object Spatial
Perception (VOSP), batteria di test elaborata da Warringhton e James
(1991), che consta di diversi subitem:
1.
Shape detection (riconoscimento di forme): al soggetto sono
72
2.
3.
4.
5.
6.
7.
mostrate una serie di 20 immagini, tutte costituite da un
mosaico di quadratini bianchi e neri. In alcune immagini al
centro della figura i quadratini sono disposti in modo tale da
dar luogo ad una croce dai contorni più o meno formati. Il
soggetto deve indicare se percepisce la croce al centro del
foglio in esame.
Incomplete letter (lettere incomplete): al paziente sono mostrate,
una alla volta, una serie di 20 lettere dell'alfabeto degradate. Il
paziente deve indicare a quale lettera dell'alfabeto corrisponde
l'immagine che sta oservando.
Silhouttes: al soggetto sono presentati 30 fogli. Ciascun foglio
contiene un'immagine simile all'ombra (quindi lievemente
deformata) di un oggetto reale. Il soggetto deve riconoscere e
quindi denominare l'oggetto.
Real object decision task (decisione dell'oggetto reale): al soggetto
sono presentati 20 fogli, in ognuno dei quali sono disegnati
quattro oggetti di cui solo uno è somigliante ad un oggetto
reale. Il soggetto deve indicare, senza bisogno di fornire il
nome, quale oggetto rappresenta l'oggetto realmente esistente.
Dot counting (conteggio di punti): al soggetto sono presentati 10
fogli su cui sono contenuti, in posizione centrale, un numero
variabile di punti neri (da 5 a 10). Il soggetto deve indicare
quanti punti sono presenti nel foglio.
Number location (localizzazione dei numeri): al soggetto sono
presentati una serie di 10 fogli. Ciascun foglio contiene 2
quadrati. All'interno di un quadrato (A) sono contenuti alcuni
numeri dislocati in posizione random. Nell'altro quadrato (B) è
contenuto un punto nero. Al soggetto è chiesto di indicare
quale numero del quadrato A corrisponde in termini di
posizione spaziale al punto nel quadrato B.
Position discrimination: al soggetto sono mostrati 20 fogli di carta,
in ciascuno dei quali sono presenti due quadrati. All'interno di
ogni quadrato è presente un punto nero. In un quadrato il punto
73
8.
è al centro dello stesso, mentre nell'altro quadrato è dislocato in
una posizione diversa. Il soggetto deve indicare quale è il
quadrato in cui il punto si trova esattamente al centro.
Cube analisys (analisi di cubi): al soggetto sono presentati 10 fogli
in cui sono contenuti i disegni di cubi in prospettiva. Al
paziente è chiesto di indicare il numero totale di cubi che riesce
ad individuare in ogni pagina.
5.4. Batteria sperimentale
La batteria per la valutazione della sindrome di Capgras è costituita da tre
parti, una formata da prove visuopercettive, una formata da prove che
analizzano il riconoscimento emotivo, ed una formata da prove di
riconoscimento della familiarità, contenenti un totale di 6 prove.
La batteria per la valutazione della paramnesia reduplicativa per i luoghi è
costituita invece da due parti, una formata da prove visuopercettive, ed
una formata da prove di riconoscimento della familiarità. Sulla base di
alcune ipotesi proposte in letteratura, secondo le quali alla base della
paramnesia reduplicativa per i luoghi vi era un disturbo delle funzioni
mnesiche (Staton et al., 1982; Ewert et al., 1985; Kapur et al., 1988),
sarebbe stato corretto includere nel presente lavoro, anche l’analisi delle
abilità mnesiche come terzo dominio cognitivo d’indagine. In realtà (come
riportato nel capitolo 5.3), avendo già una valutazione approfondita delle
funzioni mnesiche dall’esame neuropsicologico generale, eseguito
antecedentemente alla diagnosi, è stato possibile escludere tale dominio
dalla qui presente analisi sperimentale visto che non vi erano differenze
significative nelle prove mnesiche tra i due gruppi sperimentali: pazienti
DLB con paramnesia reduplicativa per i luoghi e pazienti DLB senza
paramnesia reduplicativa per i luoghi.
Per quanto riguarda lo studio volto ad indagare la sindrome di Capgras,
sono state utilizzate prove che riguardano volti e personaggi; per quanto
riguarda invece lo studio sulla paramnesia reduplicativa per i luoghi, sono
state utilizzate prove che riguardano edifici.
74
La scelta degli item delle prove è stata realizzata sulla base di uno studio
pilota condotto su volontari italiani. Tale procedura, in seguito a varie
modifiche e sostituzioni, ha permesso di ipotizzare la validità delle prove.
Tutte le prove sono state eseguite in modo computerizzato, ed ogni
compito era preceduto da alcuni item, volti ad assicurare che il soggetto
avesse pienamente compreso le istruzioni.
Ogni valutazione è stata preceduta da un colloquio e da una raccolta
anamnestica con i familiari.
Anamnesi
Come sopra accennato, ogni valutazione è stata preceduta da un colloquio
con i familiari per un’approfondita raccolta anamnestica.
Per aiutarci nella conduzione del colloquio è stato costruito un questionario
centrato su alcuni aspetti fondamentali: deliri, non riconoscimento delle
persone familiari, non riconoscimento di luoghi ed allucinazioni.
Per ciascuna di queste voci erano state stilate varie domande ed era inoltre
richiesto di dare un punteggio per quanto riguardava la frequenza, la
gravità e lo stress emotivo e psicologico (vedi tabella 3 in appendice).
5.4.1 Batteria sperimentale sindrome di Capgras
Per quanto riguarda l’indagine relativa alla sindrome di Capgras, in merito
alla valutazione delle abilità percettive, sono state costruite ed utilizzate le
seguenti prove:
1. Riconoscimento di genere
Al soggetto sono mostrati una serie di 30 fotografie a colori, che
raffigurano volti umani (vedi fig.1 in appendice). Per ogni item, al
soggetto era chiesto di indicare se il volto presentato era maschile
oppure femminile. Nel costruire la prova è stato tenuto conto di
eliminare alcuni dettagli (es. capelli) e del bilanciamento di variabili
come il genere (15 volti maschili e 15 volti femminili), in modo da
evitare distorsioni dei risultati, facilitazioni o l’insorgenza di nuove
variabili da considerare.
75
2. Riconoscimento di età
Al soggetto sono mostrati una serie di 30 item, ciascuno formato da
due fotografie di volti umani a confronto (vedi fig.2 in appendice).
Per ogni item, al soggetto era chiesto di indicare quale dei due volti
era più giovane. Come nella precedente prova, sono stati eliminati i
dettagli che potevano falsificare i risultati, ed oltre al bilanciamento
della variabile genere è stato tenuto conto anche della posizione di
presentazione del target (in modalità random 15 volte il target era
presentato a destra e 15 volte era presentato a sinistra).
3. Discriminazione percettiva
Al soggetto sono mostrati una serie di 30 item, ciascuno formato da
due fotografie di volti umani a confronto, ripresi da diverse
prospettive (vedi fig.3 in appendice). Per ogni item, al soggetto era
chiesto di indicare quando si trattava della stessa persona fotografata
in due prospettive diverse, oppure quando i due volti appartenevano
chiaramente a due persone diverse. Oltre alle variabili tenute sotto
controllo nelle precedenti prove, in questo caso la presentazione era
in bianco e nero; e inoltre è stato tenuto conto anche della variabile
prospettiva (in modalità random, nella metà dei casi il volto del
target era rivolto verso destra, e nell’altra metà era rivolto verso
sinistra).
In merito alla valutazione delle abilità di riconoscimento emotivo, è stata
utilizzata la seguente prova:
4. Associazione di emozioni
Viene mostrata una serie di 30 immagini. In ogni immagine sono
raffigurati 3 volti che esprimono emozioni: al centro è sempre
presente lo stimolo di riferimento, agli estremi invece c’è il target e
un distrattore (vedi fig.4 in appendice). Le emozioni considerate
sono quelle primarie, citate da Ekman (Ekman et al., 1972): felicità,
sorpresa, disgusto, rabbia, paura e tristezza.
Al soggetto viene chiesto di scegliere tra le due possibilità, il volto
che sta provando la stessa emozione che prova il volto stimolo posto
76
al centro dello schermo. Le variabili tenute sotto controllo sono il
genere e la posizione di presentazione del target.
Per quanto riguarda invece le prove sul riconoscimento della familiarità, e
della memoria semantica, sono state utilizzate le seguenti prove:
5. Riconoscimento persone familiari
Vengono mostrate 62 fotografie: 31 riguardano persone familiari al
paziente, e 31 riguardano invece persone che il paziente non conosce
(per motivi di privacy, le immagini non sono state riportate in
appendice). Con la parola “persone familiari” consideriamo persone
molto vicine al paziente, che non dovrebbe avere difficoltà nel
riconoscere: figli, nipoti, genitori, sorelle, fratelli, amici stretti,
marito o moglie. E’ stata inserita anche qualche foto del paziente
stesso e quando è stato possibile i familiari sono stati presentati in
diverse epoche della loro vita.
Le fotografie scelte, erano poi inserite in modalità random tra i vari
distrattori (anch’essi accuratamente selezionati).
Al paziente era chiesto di indicare quali soggetti le risultavano
familiari e in caso affermativo di chi si trattava.
In questo caso è stato tenuto conto del genere, età e numero di
soggetti per foto, nella scelta target/distrattori. Per tale prova, è stata
indispensabile la collaborazione dei familiari dei pazienti, che hanno
reperito ed aiutato a scannerizzare le diverse foto necessarie.
6. Discriminazione di volti famosi
Al soggetto sono mostrati 108 item, composti da 54 personaggi
famosi, e 54 personaggi non famosi (vedi fig.5 in appendice).
I personaggi celebri erano stati equamente selezionati da 6 periodi
diversi (1950, 1960, 1970, 1980, 1990, 2000), in modo da ridurre la
variabile mnesica, nel confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di
controllo. Durante la presentazione effettuata in modo random, al
paziente veniva chiesto se il personaggio proposto poteva essere
considerato famoso oppure una persona comune.
Di seguito riporto alcuni esempi dei personaggi selezionati:
77
"
"
"
"
"
"
1950’: Totò, Brigitte Bardot, ecc…
1960’: Anna Magnani, Aldo Moro, ecc..
1970’: Corrado, Francesco Cossiga, ecc..
1980’: Raffaella Carrà, Bettino Craxi, ecc..
1990’: Lady Diana, Roberto Benigni, ecc..
2000’: Barack Obama, Julia Roberts, ecc..
5.4.2 Batteria sperimentale paramnesia reduplicativa per i luoghi
Per quanto riguarda invece l’indagine sull’eziologia della paramnesia
reduplicativa per i luoghi, in merito alla valutazione delle abilità percettive,
sono state costruite ed utilizzate le seguenti prove:
1. Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva
Viene mostrato una serie di 15 immagini. In ogni immagine sono
raffigurati 5 edifici: al centro è sempre presente lo stimolo di
riferimento, mentre agli estremi del foglio abbiamo un target
(identico allo stimolo al centro), un distrattore semanticamente
correlato allo stimolo centrale, un distrattore visivamente correlato
allo stimolo centrale e un distrattore non correlato (vedi fig.6 in
appendice).
Gli stimoli scelti erano abitazioni singole, palazzi e fabbriche. Al
soggetto viene chiesto di trovare tra le 4 alternative, l’edificio
identico a quello centrale.
Anche in questo caso la prova veniva presentata in bianco e nero, e le
variabili bilanciate sono state: la posizione di presentazione del target
e dei distrattori, ed il tipo di stimolo.
2. Riconoscimento edifici in diversa prospettiva
Questa prova è identica alla precedente, ma in questo caso aumenta
la difficoltà.
Gli item di cui si compone questa prova sono 33, ed il target da
trovare tra le 4 possibilità, non è posto nella stessa prospettiva dello
stimolo di riferimento posto al centro (vedi fig.7 in appendice). In
questo caso al paziente viene chiesto di trovare lo stesso edificio che
78
vede al centro, ma semplicemente visto da una prospettiva diversa: lo
stimolo centrale è sempre in prospettiva frontale, mentre il target è
ruotato di circa 45°.
Di conseguenza, tra le variabili da tenere sotto controllo e da
bilanciare, è stata presa in considerazione anche la variabile
prospettiva.
Per quanto riguarda invece le prove sull’assegnazione di familiarità, sono
state utilizzate le seguenti prove (anche in questo caso grazie alla
collaborazione dei familiari dei pazienti):
3. Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa
Vengono mostrate 10 fotografie: 5 riguardano luoghi familiari esterni
all’abitazione del paziente, e 5 riguardano invece luoghi che il
paziente non conosce (vedi fig.8 in appendice).
Per luoghi esterni all’abitazione, abbiamo considerato: giardino,
abitazione vista da fuori, garage, entrata di casa, quartiere o strade in
prossimità della casa. Al paziente era chiesto di indicare gli item che
le risultavano familiari, ed in caso affermativo dove si trovavano
questi luoghi.
Come per la precedente prova, è stata fondamentale l’accuratezza nel
selezionare i target e i distrattori.
4. Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa
Vengono mostrate 26 fotografie: 13 riguardano luoghi ed oggetti
familiari interni alla propria abitazione, e 13 riguardano invece
luoghi ed oggetti non familiari (vedi fig.9 in appendice).
Per luoghi ed oggetti interni all’abitazione, abbiamo considerato:
soggiorno, camere, bagno, cucina, quadri, ecc..
Al soggetto era chiesto di indicare gli item che risultavano a lui
familiari.
Come per le precedenti prove, è stata fondamentale l’accuratezza
nello scegliere i target e i distrattori.
79
5.5. Attribuzione dei punteggi
Le prestazioni vengono espresse in termini di numero di risposte corrette
sul totale. Nelle prove di familiarità, viene registrato anche il tipo di errore,
suddividendoli in falsi riconoscimenti o falsi positivi (item estraneo,
segnalato dal paziente come familiare) e non riconoscimenti o falsi
negativi (item familiare, segnalato dal paziente come estraneo).
Ogni risposta è stata analizzata dal punto di vista qualitativo, ed
approfondita, se necessario, alla ricerca della presenza o assenza di
anomalie.
Tutte le risposte e i dettagli che il paziente aggiungeva, erano
accuratamente trascritti e sottoposti ad analisi e attribuzione del punteggio
in un secondo momento.
5.6. Procedura
Ogni valutazione cognitiva era preceduta da un colloquio e dalla
somministrazione del questionario sopradescritto ai familiari, per
un’approfondita raccolta dei dati e per una specifica anamnesi riguardante
la sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i luoghi.
Come precedentemente accennato le prove per il riconoscimento della
familiarità erano personalizzate e quindi costruite prima di ogni
valutazione: erano i familiari a cercare le foto di cui necessitavamo,
venivano poi da noi selezionate, scelti i relativi distrattori, scannerizzate e
preparate per la presentazione su computer in modo randomizzato.
Venivano poi somministrati i test nell’ordine sopra citato.
Successivamente si è proceduto, entro un periodo di tempo limitato allo
scopo di garantire da parte dello stesso esaminatore la massima affidabilità
di giudizio, ad analizzare ed attribuire i punteggi che durante la valutazione
erano rimasti incerti.
5.7. Analisi statistica
I confronti tra gruppi sperimentali e gruppi di controllo sono stati eseguiti
mediante test parametrico: ANOVA one-way per confronto tra più gruppi.
80
Poiché l’analisi coinvolge confronti statistici multipli è stato adottato un
livello conservativo di significatività p<0.01.
81
6. RISULTATI
Anche questa sezione, è stata suddivisa in due capitoli, per l’analisi
separata dei dati ottenuti nello studio sull’eziologia della sindrome di
Capgras e nello studio sull’eziologia della paramnesia reduplicativa per i
luoghi.
6.1. Risultati: analisi sindrome di Capgras
Di seguito riporto i dati ottenuti dalle analisi effettuate. Saranno esaminate
preliminarmente le variabili demografiche e quindi le variabili cognitive.
6.1.1. Variabili demografiche
Le analisi sono state eseguite mediante test parametrico ANOVA one-way
per confronto tra più gruppi, ed il livello di significatività assunto è stato
pari a p<0,01.
Dal confronto non emergono differenze significative tra i gruppi per
quanto riguarda le variabili età, sesso e scolarità.
6.1.2 Valutazione neuropsicologica
I risultati ottenuti nei 6 task sono riportati in dettaglio nella tabella 4 in
appendice.
Nei grafici riportati in appendice sono messi a confronto i punteggi totali
ottenuti dai 4 gruppi rispettivamente nelle prove visuopercettive:
riconoscimento di genere, riconoscimento d’età, discriminazione
percettiva; nella prova emotiva; e rispettivamente nelle prove di
assegnazione della familiarità: discriminazione di volti famosi e
riconoscimento di persone familiari (analizzando separatamente sia gli
errori con falsi positivi che quelli con falsi negativi). Di seguito i dettagli.
Analisi delle prove visuopercettive
Riconoscimento di genere: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due
gruppi di soggetti con DLB (DLB-CS e DLBnocs), e nel confronto tra entrambi i gruppi di
soggetti con DLB ed i soggetti affetti da AD. Differenze altamente significative si
82
evidenziano invece nel confronto tra i soggetti affetti da DLB-CS ed i soggetti N (Md = -5,05;
p<0,001); nel confronto tra i soggetti affetti da DLBnocs ed i soggetti N (Md = -6,09;
p<0,001); e nel confronto tra i soggetti affetti da AD ed il gruppo di soggetti N (Md = - 3,05;
p = 0,002); evidenziando che in tale prova i pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche
ottengono punteggi superiori, rispetto ai pazienti affetti da patologie, che non evidenziano
differenze significative tra di loro (vedi grafico 1 in appendice).
Riconoscimento d’età: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due
gruppi di soggetti con DLB, nel confronto tra entrambi i gruppi di soggetti con DLB ed i
soggetti affetti da AD, e nel confronto tra il gruppo di soggetti con AD ed il gruppo di
soggetti N. Risulta significativo un’unica differenza: tra il gruppo di soggetti affetti da DLBCS ed il gruppo di soggetti N (Md = - 3,27; p = 0,005); ovvero i pazienti affetti da demenza
con corpi di Lewy e sindrome di Capgras mostrano una prestazione significativamente
peggiore nei confronti del gruppo di controllo esente da patologie neuropsichiatriche, ma non
nei confronti degli altri gruppi sperimentali (vedi grafico n.2 in appendice).
Discriminazione percettiva: mentre la prestazione tra i due gruppi affetti da DLB (DLB-CS ed
DLBnocs) risulta sovrapponile, i restanti confronti mostrano tutti differenze altamente
significative:
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 3,55; p = 0,005)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,19; p < 0,001)
• Pazienti DLBnocs nei confronti dei pazienti AD (Md = - 6,26; p < 0,001)
• Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 10,9; p < 0,001)
• Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 4,64; p < 0,001).
Commento: le migliori prestazioni sono ottenute dai pazienti esenti da patologie
neuropsichiatriche, seguiti dai pazienti affetti da Malattia di Alzheimer, ed infine dai soggetti
affetti da Demenza con corpi di Lewy (senza distinzioni significative tra i due gruppi) (vedi
grafico n.3 in appendice).
Analisi della prova emotiva
Associazione di emozioni: mentre non si evidenziano differenze rilevanti tra i due gruppi di
soggetti affetti da DLB (DLB-CS e DLBnocs); e tra il gruppo di soggetti affetti da DLBcs ed
il gruppo di soggetti affetti da AD, i restanti confronti presentano tutti differenze altamente
significative:
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 4,82; p = 0,001)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,32; p < 0,001)
• Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,07; p < 0,001)
• Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 3,5; p = 0,004).
Commento: tranne il confronto tra gruppo di soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy e
soggetti affetti da Malattia di Alzheimer, le prestazioni dei vari gruppi risultano stratificate
come nel task precedente (vedi grafico n.4 in appendice).
83
Analisi delle prove di assegnazione della familiarità
Discriminazione di volti famosi: mentre non si evidenziano differenze rilevanti nel confronto
tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-CS e DLBnocs); e nel confronto tra il gruppo
di soggetti affetti da DLBnocs ed il gruppo di soggetti affetti da AD, le restanti analisi
presentano tutte differenze altamente significative:
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 14; p = 0,01)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 26,93; p < 0,001)
• Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 19,83; p = 0,001)
• Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 12,92; p = 0,006).
(vedi grafico n.5 in appendice).
Riconoscimento persone familiari: non si evidenziano differenze rilevanti tra il gruppo di
soggetti affetti da DLBnocs ed i gruppi di controllo, e tra i due gruppi di controllo (AD e N), i
restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative:
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti DLBnocs (Md = - 9,97; p = 0,003)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 12,8; p < 0,001)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 16,37; p < 0,001)
Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras eseguono
una prestazione significativamente peggiore sia nei confronti di pazienti affetti da Demenza
con corpi di Lewy che non presentano sindrome di Capgras; sia nei confronti degli altri
gruppi di controllo (vedi grafico n.6 in appendice).
Riconoscimento persone familiari. Falsi positivi: non si evidenziano differenze rilevanti tra il
gruppo di soggetti affetti da DLBnocs ed i due gruppi di controllo; e tra i due gruppi di
controllo (AD e N), i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative:
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti DLBnocs (Md = 7,9; p < 0,001)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = 10,36; p < 0,001)
• Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = 11,5; p < 0,001)
Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras eseguono
un maggior numero di errori di errato riconoscimento e quindi una prestazione
significativamente peggiore sia nei confronti di pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy
che non presentano sindrome di Capgras; sia nei confronti degli altri gruppi di controllo (vedi
grafico n.7 in appendice).
Riconoscimento persone familiari. Falsi negativi: non si evidenziano differenze significative
nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB, nel confronto tra entrambi i gruppi di
soggetti con DLB ed i soggetti affetti da AD, e nel confronto tra il gruppo di soggetti con AD
ed il gruppo di soggetti N. Risulta significativo un’unica differenza: tra il gruppo di soggetti
affetti da DLB-CS ed il gruppo di soggetti N (Md = 4,87; p = 0,019); a sostegno del fatto che i
pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras mostrano una
prestazione significativamente peggiore nei confronti del gruppo di controllo esente da
84
patologie neuropsichiatriche, ma non nei confronti con gli altri gruppi di soggetti (vedi grafico
n.8 in appendice).
6.2. Risultati: analisi paramnesia reduplicativa per i luoghi
Come per la precedente sezione, saranno eseguiti dapprima i confronti
relativi alle variabili demografiche, e quindi i confronti tra le variabili
cognitive.
6.2.1. Variabili demografiche
Dal confronto non emergono differenze significative tra i gruppi per
quanto riguarda le variabili età, sesso e scolarità.
6.2.2 Valutazione neuropsicologica
I risultati ottenuti nei 4 task sono riportati in dettaglio nella tabella 5 in
appendice.
Nei grafici riportati in appendice sono messi a confronto i punteggi totali
ottenuti dai 4 gruppi rispettivamente nelle prove visuopercettive:
riconoscimento edifici nella stessa prospettiva e riconoscimento edifici in
prospettiva diversa; e rispettivamente nelle prove di assegnazione della
familiarità: riconoscimento elementi interni familiari della propria casa, e
riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa (analizzando
separatamente, per entrambe le prove, sia gli errori con falsi positivi, che
quelli con falsi negativi). Di seguito i dettagli.
Analisi delle prove visuopercettive
Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva: non si evidenziano differenze significative
nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB (DLB-RP e DLBnorp), nel confronto tra i
soggetti affetti da DLB senza RP ed i due gruppi di controllo (AD e N); e nel confronto tra i
due gruppi di controllo. Differenze altamente significative si evidenziano invece nel confronto
tra i soggetti affetti da DLB-RP ed i soggetti AD (Md = -3,07; p<0,001); nel confronto tra i
soggetti affetti da DLB-RP ed i soggetti N (Md = -3,5; p<0,001).
Commento: i pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy e paramnesia reduplicativa per i
luoghi mostrano una prestazione significativamente peggiore nei confronti del gruppo affetto
da AD e nei confronti del gruppo di controllo esente da patologie neuropsichiatriche, ma non
nei confronti dell’altro gruppo affetto da DLB senza RP (vedi grafico n.9 in appendice).
85
Riconoscimento edifici in prospettiva diversa: non si evidenziano differenze rilevanti tra i due
gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-PR e DLBnorp), i restanti confronti presentano tutti
differenze significative:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 9,09; p < 0,001)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 13,17; p < 0,001)
• Pazienti DLB nei confronti dei pazienti AD ai limiti della significatività (Md = - 4,28;
p = 0,011)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,35; p < 0,001)
• Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 4,07; p = 0,003).
Commento: le migliori prestazioni sono ottenute dai pazienti esenti da patologie
neuropsichiatriche, seguiti dai pazienti affetti da Malattia di Alzheimer, ed infine dai soggetti
affetti da Demenza con corpi di Lewy (senza distinzioni significative tra i due gruppi) (vedi
grafico n.10 in appendice).
Analisi delle prove di assegnazione della familiarità
Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa: non si evidenziano differenze
significative tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp); e tra i due
gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi sono tutte significative:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 3,6; p = 0,001)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,1; p < 0,001)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD ai limiti della significatività (Md = 3,9; p = 0,011)
• Pazienti DLBnopr nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,4; p < 0,001).
Commento: i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp) non differiscono
significativamente tra di loro, ma mostrano prestazioni significativamente inferiori, in
particolare il gruppo DLB-PR, rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti con AD e
rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche (vedi
grafico n.11 in appendice).
Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa. Falsi positivi: non si
evidenziano differenze rilevanti nel confronto tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnorp ed
il gruppo di soggetti affetti da AD; e nel confronto tra i due gruppi di controllo (AD e N), le
restanti analisi presentano tali dati:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti DLBnorp (Md = 3,51; p = 0,009)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 4,63; p < 0,001)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 6,2; p < 0,001)
• Pazienti DLB-norp nei confronti dei soggetti N (Md = 2,28; p = 0,006)
Commento: i pazienti affetti da DLB-RP eseguono un maggior numero di errori di errato
riconoscimento e quindi una prestazione significativamente peggiore nei confronti di tutti gli
altri gruppi (vedi grafico n.12 in appendice).
86
Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa. Falsi negativi: non si
evidenziano differenze rilevanti tra il gruppo di soggetti affetto da DLB esente da RP ed i
gruppi di controllo, i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti DLBnorp (Md = 3,94; p = 0,005)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 3,21; p = 0,003)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 4,14; p < 0,001)
Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e paramnesia reduplicativa per i
luoghi, eseguono un maggior numero di non riconoscimenti sia nei confronti con pazienti
affetti da Demenza con corpi di Lewy che non presentano paramnesia reduplicativa; sia nei
confronti con gli altri gruppi di controllo (vedi grafico n.13 in appendice).
Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa: non si evidenziano differenze
significative tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp); e tra i due
gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi presentano differenze altamente significative:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 2,82; p < 0,001)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 3,29; p < 0,001)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD (Md = - 2,37; p = 0,001)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = - 2,83; p < 0,001).
Commento: i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp) non differiscono
significativamente tra di loro, ma mostrano prestazioni significativamente inferiori rispetto al
gruppo di controllo formato da pazienti con AD e rispetto al gruppo di controllo formato da
pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche (vedi grafico n.14 in appendice).
Riconoscimenti elementi esterni familiari della propria casa. Falsi positivi: in tale analisi
non si evidenziano differenze significative nei confronti effettuati. Riportiamo comunque
alcuni dati, perché molto prossimi al limite di significatività:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,49; p = 0,019)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 1,57; p = 0,011)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,42; p = 0,039)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = 1,5; p = 0,025).
Commento: i pazienti affetti da DLB (indifferentemente dalla presenza o meno di RP)
eseguono un maggior numero di errori di errato riconoscimento rispetto ai due gruppi di
controllo (AD e N), per una differenza prossima ai limiti della significatività (vedi grafico
n.15 in appendice).
Riconoscimenti elementi esterni familiari della propria casa. Falsi negativi: mentre non si
evidenziano differenze rilevanti nel confronto tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB
(DLB-RP e DLBnorp); nel confronto tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnorp ed il gruppo
di soggetti affetti da AD; e nel confronto tra i due gruppi di controllo (AD e N), le restanti
analisi presentano tali dati:
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,33; p = 0,002)
• Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 1,71; p < 0,001)
• Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = 1,33; p = 0,002)
87
A sostegno del fatto che i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy (in particolare il
gruppo DLB-RP) eseguono un maggior numero di non riconoscimenti e quindi una
prestazione significativamente peggiore nei confronti degli altri gruppi di controllo (vedi
grafico n.16 in appendice).
88
7. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI
La sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i luoghi sono,
dal punto di vista speculativo, alcuni dei deliri monotematici più
interessanti ed affascinanti.
Nel presente lavoro sono stati analizzati pazienti affetti da demenza con
corpi di Lewy che presentavano o meno tali deliri, al fine di individuare la
base neuropsicologica sottostante a queste manifestazioni.
La letteratura in merito è piuttosto corposa, ma nonostante l’enorme mole
di lavori e lo sviluppo di diverse ipotesi e modelli cognitivi, una base neuro
cognitiva certa per queste due sindromi resta tuttora da definire.
In tal senso, il presente studio è in grado di apportare nuove conoscenze a
questo intrigante capitolo, poiché, per la prima volta esamina, in maniera
dettagliata tre connotati che sono stati ripetutamente ritenuti responsabili
delle due sindromi in discussione: le funzioni visuopercettive, il
riconoscimento emotivo e il senso di familiarità.
Particolare attenzione è stata dedicata alla costruzione di una batteria il più
possibile ecologica, che possa cogliere al meglio i tre aspetti, in particolare
l’attributo familiarità. Al tal fine, i test sono personalizzati e sono stati
costruiti con ausilio di fotografie personali.
L’ipotesi testata nel presente lavoro, che scaturisce dall’analisi dei deliri in
termini qualitativi, è quella secondo cui i pazienti non sarebbero in grado
di gestire correttamente l’attributo familiarità e presenterebbero perciò, nei
confronti di stimoli noti e conosciuti (volti familiari e luoghi familiari) un
delirio con errata attribuzione dell’identità ad uno stimolo percepito
correttamente.
Questa ipotesi scaturisce dalla definizione classica di questi due deliri e
viene avvalorata dall’osservazione dei pazienti nella comune pratica
clinica. Il paziente affetto da CS o PR sviluppa una falsa idea, ad esempio
che un soggetto familiare sia stato sostituito da un estraneo (analoga
esperienza riguarda i luoghi familiari secondo cui un dettaglio, ad esempio
un comodino, è analogo al comodino personale, ma non è “quel
comodino”). L’oggetto del delirio usualmente condivide le stesse
89
caratteristiche fisiche del duplicato (il figlio del paziente è analogo a quello
reale ma è ad esempio più buono; il comodino è uno uguale a quello
personale). Spesso il paziente non sa esplicitare dettagli né il motivo della
diversa identità percepita, ma è fermamente convinto del fatto che oggetto
e duplicato siano fisicamente identici.
Per valutare come le diverse variabili cognitive possano entrare in gioco
nella formazione del delirio sono stati esaminati pazienti affetti da
demenza con corpi di Lewy. Un gruppo di pazienti affetti da malattia di
Alzheimer sono stati scelti come soggetti di controllo (in aggiunta a
soggetti sani) al fine di poter fornire evidenza della dissociazione di alcune
performance solo all’interno della demenza con corpi di Lewy e al fine di
poter identificare un pattern cognitivo differenziale nelle due malattie.
I risultati del lavoro hanno infatti confermato, quanto già noto in letteratura
(Dalrymple-Alford, 2001), ovvero il diverso pattern cognitivo delle due
demenze, con maggiore compromissione degli aspetti visuopercettivi nella
DLB piuttosto che nella malattia di Alzheimer. Le variabili percettive si
sono distribuite analogamente nei due gruppi di soggetti afffetti da DLB
con o senza deliri (Capgras e paramnesia reduplicativa), mostrando che
non risultano significativamente diverse tra soggetti affetti o non affetti,
dai due deliri in oggetto.
Il riconoscimento delle emozioni, sebbene compromesso nei soggetti
affetti da DLB non si è rivelato altro parametro utile a differenziare i
soggetti con e senza deliri.
Diversamente, l’attribuzione della familiarità, compromessa in entrambi i
gruppi di pazienti affetti da DLB ha rivelato risultati interessanti e
meritevoli di discussione. L’analisi qualitativa degli errori, eseguita in
letteratura per la prima volta, ha identificato una presenza
significativamente maggiore di falsi positivi in soggetti affetti da CS
rispetto ai non affetti, ovvero i soggetti con CS manifestano enormi
difficoltà non tanto nel riconoscere i propri familiari, ma tendono ad
attribuire una familiarità errata a soggetti sconosciuti.
Questa tendenza, apparentemente in contrasto con il delirio di Capgras, in
realtà, potrebbe essere interpretata come parte dello stesso delirio: ovvero
90
così come il paziente tende a dare più di una identità ad un soggetto
familiare (il figlio diventa, ad esempio, il figlio “buono” ed il figlio
“cattivo”), vede ed intesse relazioni di familiarità con soggetti estranei.
Quale sia la base dell’errata attribuzione di familiarità e soprattutto della
esagerata e patologica tendenza ad attribuire una familiarità a soggetti e
cose non familiari resta tuttora da determinare in termini neuro-anatomici e
teorici.
La presenza di analoghi risultati da un punto di vista quantitativo nella
paramnesia reduplicativa per i luoghi, rafforza la selettività dei risultati
ottenuti e consente di approntare una interpretazione analoga a quella della
sindrome di Capgras per la paramnesia reduplicativa per i luoghi.
In particolare, relativamente a quest’ultimo aspetto, un ulteriore dato
emerge a conferma del deficit di attribuzione di familiarità. E’ interessante
notare come i soggetti affetti da paramnesia reduplicativa per i luoghi
abbiano prestazioni inferiori e una quota significativamente maggiore di
falsi positivi rispetto ai pazienti senza delirio per i dettagli interni alla
propria abitazione. Questa dissociazione non viene riscontrata nell’analisi
degli elementi esterni alla propria abitazione: a nostro avviso è spiegabile
in termini di differenza tra il concetto di familiarità in senso stretto e di
conoscenza. Un dettaglio personale (ad esempio un soprammobile) è
vissuto come familiare da un soggetto ed è parte del proprio vissuto intimo
(“entro le mura dove avviene la vita con i propri cari”), mentre dettagli
esterni alla propria abitazione sono più spesso “conosciuti”, ma non
“familiari” (ad esempio il soggetto conosce e riconosce gli esterni della
propria palazzina , ma è verosimile che questi dettagli non abbiano per lui
un valore di “familiare” in senso emotivo).
Questa dissociazione tra dettagli familiari in senso stretto e in senso lato
potrebbe spiegare i risultati. In alternativa può essere ipotizzato un errore
metodologico legato al minor numero di item presi in considerazione
nell’esame di dettagli esterni alla propria abitazione rispetto ai dettagli
interni.
Ad avvalorare la nostra ipotesi che scinde il “familiare” dal “conosciuto”
sta la dissociazione tra le performance dei soggetti, nei confronti di volti
91
familiari e volti famosi. I volti famosi, per estensione potrebbero essere
paragonati ai dettagli esterni della propria abitazione, essendo i primi volti
“conosciuti” e non “familiari”, basati maggiormente su una dimensione
legata alla semantica e non agli aspetti di memoria autobiografica ed
emotiva.
La specifica del presente lavoro, che può costituire terreno fertile per
ulteriori studi, è nella distinzione del tutto ecologica tra materiale
“familiare” che assume una connotazione mnesico-emotiva legata alla
proria esperienza personale, rispetto a quegli aspetti principalmente
semantici che fanno parte del proprio bagaglio di conoscenze e che non
condividono con le prime gli aspetti teorici e verosimilmente neuro
anatomici.
In conclusione, il presente lavoro è a favore di una interpretazione dei
deliri monotematici di Capgras e paramnesia reduplicativa per i luoghi in
termini di alterata attribuzione di familiarità con tendenza esagerata da
parte del paziente ad attribuire identità a soggetti familiari e non familiari.
92
8. APPENDICE
Tabelle:
TABELLA N.1
Variabili demografiche (analisi della CS)
Numero soggetti
Età
Media
Deviazione Std.
Range
Scolarità
Media
Deviazione Std.
Range
Sesso M/F
DLB con
CS
8
DLB senza
CS
6
AD
N
14
14
72
5,45
66-82
72
3,29
69-77
73,86
7,06
54-80
71,57
7,47
53-80
7,75
4,37
3-13
3/5
6
4
0-11
3/3
5,35
1,65
2-8
5/9
7
2,51
3-11
7/7
Legenda:
DLB = Demenza a corpi di Lewy
CS = sindrome di Capgras
AD = Malattia di Alzheimer
N = soggetti di controllo
M = maschi
F = femmine
N.S. = non significativo
TABELLA N.2
Variabili demografiche (analisi della RP)
Numero soggetti
Età
Media
Deviazione Std.
Range
Scolarità
Media
Deviazione Std.
Range
Sesso M/F
DLB con
PR
7
DLB senza
PR
7
AD
N
14
14
71,71
5,08
66-82
72,29
4,19
66-77
73,86
7,06
54-80
71,57
7,47
53-80
7,28
3,86
3-13
4/3
6,71
4,72
0-11
2/5
5,35
1,65
2-8
5/9
7
2,51
3-11
7/7
93
Legenda:
DLB = Demenza a corpi di Lewy
RP = paramnesia reduplicativa per i luoghi
AD = Malattia di Alzheimer
N = soggetti di controllo
M = maschi
F = femmine
N.S. = non significativo
TABELLA N.3
Anamnesi
A. Deliri
Il paziente crede cose che non sono vere? Per esempio, insiste sul fatto che qualcuno sta cercando di fargli del male o di rubargli
qualcosa? Dice che i componenti della famiglia non sono chi dicono di essere, o che la casa non è la sua? Non mi riferisco a
semplice sospettosità, ma al fatto che il paziente sia convinto che queste cose gli stanno realmente accadendo.
□ non applicabile
□ no
□ si
n.a.
1.
2.
3.
4
5.
6.
no
s
Il paziente crede di essere in pericolo o che qualcuno gli voglia fare del male
Il paziente crede che qualcuno lo stia derubando ?
Il paziente crede che il coniuge lo tradisca?
Il paziente crede che i famigliari vogliano abbandonarlo?
Il paziente crede che le immagini della televisione o le fotografie delle riviste siano
realmente presenti in casa e cerca di interagire con esse?
Il paziente mostra di credere ad altre cose insolite?......................................................................
FREQUENZA
GRAVITA’
STRESS EMOTIVO E
PSICOLOGICO
□ Raramente: meno di una volta a
settimana
□ Lieve: i deliri sono presenti ma
sembrano innocui e producono poco
disturbo al paziente
□ Moderata: i deliri sono distu ba ti e
dirompenti
□ Marcata: i deliri sono molto distruttivi
e rappresentano una delle principali cause
dei disturbi comportamentali
□ nessuno
□ Talvolta: circa una volta alla settimana
□ Frequentemente: diverse volte alla
settimana ma non tutti i giorni
□ Molto frequentemente: una più volte
al g orno
□ minimo
□ lieve
□ moderat
□ severo
□ grave
A1. Non riconoscimento delle persone familiari
Il paziente non riconosce i parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli), oppure li attribuisce ad un’identità diversa.
□ non applicabile
□ no
□ si
n.a.
1.
Il paziente crede che il coniuge o altre persone non sono in realtà chi dicono di essere?
2.
Il paziente considera i parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli) come degli
impostori ?
In caso di risposta positi a alla precedente domanda: Il paziente ammette che gli impostori
3
no
si
94
4.
5.
6.
7.
8.
9.
hanno un aspetto uguale o simile ai parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli)?
Il paziente si dimostra senza emozioni di fronte ai parenti più stretti (genitori, coniuge, figli
o fratelli)?
Ascoltando per telefono la voce dei parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli) non
la riconoscono o la scambiano per quella di altre persone?
Il paziente respinge in svariati ambiti la collaborazione con parenti stretti?
Il paziente non si fida dei parenti stretti (genitori, coniuge, figli, o fratelli)?
Il paziente non si riconosce nelle foto o nello specchio?
Il paziente riferisce altre situazioni di non riconoscimento e di percezione alterata di persone
familiari?..........................................................................................................................................
FREQUENZA
GRAVITA’
STRESS EMOTIVO E
PSICOLOGICO
□ R ramente: meno di una volta
al a settimana
□ Lieve: i non riconoscimenti sono
presenti ma sembrano innocui e
producono poco disturbo al paziente
□ Moderata: i non riconoscimenti sono
d sturban i e dirompenti
□ Marcata: i non riconoscimenti sono
molto distruttivi e rappresentano una delle
principali cause dei disturbi
comportamentali
□ nessuno
□ Talvolta: circa una volta alla settimana
□ Frequentemente: diverse volte alla
settimana ma non tutti i giorni
□ Molto frequentemente una o più volte
al giorno
□ minimo
□ lieve
□ moderat
□ severo
□ grave
A2. Non riconoscimento di luoghi
Il paziente non riconosce luoghi a lui familiari (es. abitazione) e li scambia per altri luoghi.
□ non applicabile
□ no
□ si
n.a.
1.
2.
3.
4.
Il paziente crede che il luogo in cui abita in realtà non sia casa sua?
Il paziente si perde in luoghi a lui familiari?
Il paziente non riconosce luoghi che sono stati per lui importanti nel passato (es. luogo di
lavoro, abitazione precedente)?
Il paziente non riconosce come familiari oggetti della propria casa (es. quadri, souvenir)?
5.
Il paziente è in grado di spostarsi in modo autonomo in luoghi esterni?
6..
Il paziente riferisce altre situazioni di non riconoscimento di luoghi o elementi
familiari?........................................................................................................................................
FREQUENZA
GRAVITA’
STRESS EMOTIVO E
PSICOLOGICO
□ Raramente: meno di una volta alla
settimana
□ Lieve: i non riconoscimenti sono
presenti ma sembrano innocui e
producono poco disturbo al paziente
□ Moderata: i non riconoscimenti sono
disturbanti e dirompenti
□ Marcata: i non riconoscimenti sono
molto distruttivi e rappresentano una delle
principali cause dei disturbi
comportamentali
□ nessuno
□ Talvolta: circa una volta alla settimana
□ Frequentemente: diverse volte alla
settimana ma non tutti i giorni
□ Molto frequentemente: una o più volte
al giorno
no
si
□ minimo
□ lieve
□ moderato
□ severo
□ grave
95
B. Allucinazioni uditive
Il paziente sente cose che non esistono, cose che non sono presenti? Con questa domanda non intendo solo convinzioni sbagliate,
ma voglio sapere se il paziente presenta una percezione anormale di suoni.
□ non applicabile
□ no
□ si
n.a
1.
2.
3.
4.
5.
no
si
Il paziente dice di sentire delle voci o si comporta come se le sentisse?
Il paziente parla con persone che non sono present ?
Il paziente obbedisce ad ordini di persone sconosciute?
Il paziente si sente minacciato oppure offeso da persone sconosciute?
Il paziente riferisce o mostra di avere altre esperienze sensoriali
insolite?.................................................................
FREQUENZA
GRAVITA’
STRESS EMOTIVO E
PSICOLOGICO
□ Raramente: meno di una volta alla
settimana
□ Lieve: le allucinazioni sono presenti
ma sembrano innocui e producono poco
disturbo al paziente
□ Moderata: le allucinazioni sono
disturbanti e dirompenti
□ Marcata: le allucinazioni sono molto
distruttivi e rappresentano una delle
principali cause dei disturbi
comportamentali
□ nessuno
□ minimo
□ lieve
□ moderato
□ severo
□ grave
□ Talvolta: circa una volta alla settimana
□ Frequentemente: diverse volte alla
settimana ma non tutti i giorni
□ Molto frequentemente: una o più volte
al giorno
Analisi della sindrome di Capgras:
TABELLA N.4
Batteria sperimentale sindrome di Capgras
PAZIENTI
Riconoscimento di genere (0-30)
DLB-CS
23,37 ± 3,6
DLBnocs
22,33 ± 1,97
AD
24,92 ± 2,81
N
28,43 ± 0,76
Riconoscimento di età (0-30)
26,37 ± 3,92
27,5 ± 1,87
28,43 ± 1,55
29,64 ± 0,63
Discriminazione percettiva (0-30)
19,37 ± 1,92
16,67 ± 0,82
22,92 ± 3,1
27,57 ± 1,74
Associazione di emozioni (0-30)
Discriminazione di volti famosi (0-108)
Riconoscimento persone familiari (0-62)
20,25 ± 3,15
63,25 ± 31,77
46,62 ± 8,75
22,5 ± 1,52
80,66 ± 10,32
55,6 ± 5,68
25,07 ± 3,32
87,57 ± 10,35
58,43 ± 3,27
28,58 ± 1,1
100,5 ± 5,83
62 ± 0
Riconoscimento volti familiari. falsi positivi
11,5 ± 5,23
3,6 ± 2,41
1,14 ± 2,03
0
Riconoscimento volti familiari. falsi negativi
4,87 ± 6,59
2,8 ± 3,7
2,43 ± 2,93
0
Denominazione emozioni (0-18)
9,4 ± 2,19
11,4 ± 3,91
14,08 ± 2,51
17 ± 1,94
Legenda:
DLB-CS = Demenza a corpi di Lewy con sindrome di Capgras
DLBnocs = Demenza a corpi di Lewy senza sindrome di Capgras
AD = Malattia di Alzheimer
N = soggetti di controllo senza patologie neuropsichiatriche
96
Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi:
TABELLA N.5
Batteria sperimentale paramnesia reduplicativa per i luoghi
PAZIENTI
Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva (0-15)
Riconoscimento edifici in diversa prospettiva (0-33)
Riconoscimento elementi interni familiari della propria
casa (0-26)
Riconoscimento elementi interni familiari. Falsi positivi
Riconoscimento elementi interni familiari. Falsi negativi
Riconoscimento elementi esterni familiari della propria
casa (0-10)
Riconoscimento elementi esterni familiari. Falsi positivi
Riconoscimento elementi esterni familiari. Falsi negativi
DLB-RP
11,5 ± 2,88
19,33 ± 3,61
17 ± 3,11
DLBnopr
13,43 ± 1,72
24,14 ± 3,53
18,75 ± 3,94
AD
14,57 ± 0,65
28,43 ± 3,32
23,5 ± 2,28
N
15 ± 0
32 ± 0,85
26 ± 0
6,5 ± 3,96
4,14 ± 3,11
6,41 ± 1,79
4,85 ± 1,68
0,25 ± 0,45
7,17 ± 2,32
1,57 ± 1,5
0,93 ± 1,82
9,51 ± 0,2
0
0
10 ± 0
1,57 ± 1,71
1,71 ± 1,11
1,5 ± 1,97
1,33 ± 1,21
0,06 ± 0,25
0,42 ± 0,006
0
0
Legenda:
DLB-RP = Demenza a corpi di Lewy con paramnesia reduplicativa per i luoghi
DLBnorp = Demenza a corpi di Lewy senza paramnesia reduplicativa per i luoghi
AD = Malattia di Alzheimer
N = soggetti di controllo senza patologie neuropsichiatriche
97
Alcuni item tratti dalle batterie sperimentali:
Figura n.1
Riconoscimento di genere
“Volto maschile o femminile?”
Figura n.2
Riconoscimento di età
“Chi è più giovane?”
Figura n.3
Discriminazione percettiva
“E’ la stessa persona vista in
prospettive diverse, oppure sono due
persone diverse?”
98
Figura n.4
Associazione di emozioni
“Chi, tra le due possibilità, sta provando la
stessa emozione, provata dal soggetto al centro
dello schermo?”
Figura n.5
Discriminazione di volti famosi
famosa
non famosa
famoso
non famoso
Item presentati
singolarmente.
A fianco alcuni
esempi di target e
distrattori.
“Secondo lei,
questa persona è
stata, oppure è
famosa?”
99
Figura n.6
Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva
“Quale tra i 4
edifici posti agli
estremi, è identico a
quello al centro?”
Figura n.7
Riconoscimento edifici in prospettiva diversa
“Quale tra i 4 edifici
posti agli angoli, è lo
stesso di quello al
centro, ma visto da una
prospettiva diversa?”
100
Figura n.8
Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa
Item presentati
singolarmente.
A fianco alcuni
esempi di target e
distrattori.
“Questo luogo Le
sembra
familiare?”
Figura n.9
Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa
Item presentati
singolarmente.
A fianco alcuni esempi di
target e distrattori.
“Questa, è la sua cucina?”
101
Grafici:
Analisi della sindrome di Capgras:
Grafico n.1
Grafico n.2
102
Grafico n.3
Grafico n.4
103
Grafico n.5
Grafico n.6
104
Grafico n.7
Grafico n.8
105
Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi:
Grafico n.9
Grafico n.10
106
Grafico n.11
Grafico n.12
107
Grafico n.13
Grafico n.14
108
Grafico n.15
Grafico n.16
109
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RINGRAZIAMENTI:
Durante questi tre anni ho avuto il piacere di collaborare con diverse persone
che hanno contribuito alla mia crescita umana e professionale, vorrei quindi
esprimere a loro, tutta la mia gratitudine.
Un ringraziamento particolare va al mio Tutor, la Dr. Simona Luzzi, una
persona che si è mostrata sempre disponibile con i suoi suggerimenti e consigli,
rivelatisi fondamentali. La sua guida mi ha permesso di portare a termine
questo lavoro, ed ha reso questo percorso estremamente formativo. Un grazie
colmo di sincero affetto per le opportunità che mi ha offerto.
Altrettanto vivamente ringrazio il Prof. Leandro Provinciali, per avermi
ospitato presso la Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria
di Ancona, per la disponibilità ed il supporto scientifico fornitomi.
Grazie a tutti gli amici e colleghi dello splendido gruppo di ricerca di cui ho
fatto parte, Viviana, Katia, Valentina, e ai restanti colleghi, che tutti insieme
hanno contribuito a rendere la quotidianità lavorativa, enormemente piacevole.
Grazie ai miei genitori, che mi hanno donato il privilegio dello studio, e che
hanno contribuito fortemente a costruire quella parte del mio carattere che mi
ha permesso di raggiungere, nonostante le difficoltà, traguardi importanti della
mia vita.
Desidero inoltre ringraziare mia zia Tiziana per l’aiuto fornitomi, mio fratello
Lorenzo per la grandissima forza che ha saputo darmi nelle difficoltà, la mia
fidanzata Martina che, con il suo amore, ha saputo comprendere il sacrificio del
nostro tempo insieme per lo studio e i tanti impegni, e con loro, le mie nonne, i
miei familiari, e tutte le persone che mi sono state vicine in questi anni e che mi
hanno sostenuto e incoraggiato in modo illimitato.
Grazie a tutti.
Alessio
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