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sindrome di Capgras - Archivio Aperto di Ateneo
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE Scuola di Dottorato della Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Dottorato di Ricerca in: NEUROSCIENZE CICLO X CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA SINDROME DI CAPGRAS E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI TESI DI DOTTORATO Dottorando: DAMORA ALESSIO Tutor: Dr. SIMONA LUZZI CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA SINDROME DI CAPGRAS E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI TESI DI DOTTORATO DAMORA ALESSIO UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE X CICLO 2 “Dottore, benché fisicamente sia identico a lui, quest’uomo non è mio marito. ma un impostore... Sembra proprio lui, ma se fosse mio marito come mai non provo nessun sentimento? Evidentemente non è lui, ma uno sconosciuto che finge di essere mio marito… E poi dottore, sono costretta a vivere in una casa identica alla mia….ma io voglio tornarne nella mia amata casa!” 3 CORRELATI NEUROCOGNITIVI DELLA SINDROME DI CAPGRAS E DELLA PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI 4 5 INTRODUZIONE La demenza è una condizione che interessa dall’1 al 5 per cento della popolazione sopra i 65 anni di età, con una prevalenza che raddoppia poi ogni quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del 30 per cento all’età di 80 anni. Per demenza intendiamo genericamente una condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta a un declino delle facoltà cognitive della persona. Nella definizione generica di ‘demenza’ rientrano diverse malattie, alcune classificabili come demenze ‘primarie’, come la malattia di Alzheimer, la demenza con i corpi di Lewy, la demenza frontotemporale, e altre invece definite ‘secondarie’, in quanto conseguenza di altre condizioni, come ad esempio la demenza in pazienti con infezione da hiv. I malati di demenza soffrono spesso di idee deliranti. I deliri sono alterazioni dell’ideazione caratterizzati da convinzioni errate patologiche non correggibili razionalmente dal soggetto in base all'esperienza e alla critica. Il soggetto è fermamente convinto che le sue rappresentazioni mentali siano reali. Tra questi possiamo distinguere le cosiddette alterate identificazioni deliranti. I tipi più frequenti di identificazioni alterate riguardano parenti o persone addette all'assistenza che vengono ritenuti degli impostori, oppure la convinzione dell’esistenza di due o più luoghi identici quando in realtà ne esiste soltanto uno (es. propria casa), la convinzione che visitatori immaginari vivano nella propria casa, l'incapacità di riconoscere la propria immagine allo specchio o l’identificazione erronea della propria immagine con quella di un altro soggetto, oppure anche l'errata percezione delle immagini televisive come persone reali. Inoltre, come conseguenza del danno cerebrale, alcuni malati di demenza possono anche confondere o interpretare erroneamente ciò che vedono, sentono o gustano. Tali sintomi possono provocare paure intense o scatenare comportamenti aggressivi. Il malato di demenza deve così far fronte a una situazione che non capisce e che non riesce a controllare. Purtroppo in letteratura, 6 nonostante le numerose spiegazioni che si è cercato di dare a tali fenomeni, c’è ancora poca concordanza tra le varie teorie. Tale studio si occuperà di indagare ed approfondire le controversie riguardanti l’eziologia di due fenomeni in particolare. 7 RASSEGNA DELLA LETTERATURA 1. DELUSIONAL MISIDENTIFICATION AND DUPLICATION Tra gli aspetti di confine tra psiche e cervello, le sindromi da misidentificazione rappresentano un quadro tra i più multiformi e controversi. La sindrome delirante da misidentificazione (DMS) o da errato riconoscimento, è un termine ombrello, introdotto da Christodoulou nel 1986, per un gruppo di disturbi deliranti che può essere presente in varie malattie neurologiche e mentali. Tutti implicano la convinzione che l'identità di un oggetto, di una persona, o luogo è stata in qualche modo cambiata o alterata. Poiché questi deliri solitamente sono diretti verso un soggetto unico, rientrano nella categoria denominata deliri monotematici. Questi disturbi condividono una serie di caratteristiche che li distingue dalla semplice inconsapevolezza, dalle confabulazioni o dalla confusione in generale: - alterazioni di significato personale: si basano su entità di grande significato personale, come il proprio corpo, la famiglia, luoghi personali o situazioni lavorative; - selettività e coerenza: oggetto della non identificazione sono sempre gli stessi particolari aspetti del sé e dell’ambiente. Ciò contrasta con le molte teorie che spiegano le DMS come disturbi generali di memoria o di percezione; - perdita di consapevolezza o minimizzazione della malattia, della perdita funzionale o delle difficoltà personali: molti casi si manifestano con negazione o anosognosia. I pazienti sono portati a vedere la loro situazione, in modo sempre più positivo, di quello che realmente è; - resistenza alle critiche: anche quando i pazienti sono confrontati ripetutamente con la natura illogica del delirio, essi mantengono costantemente la loro convinzione; - disfunzione dell’emisfero destro (in merito non vi è ancora consenso 8 comune): sono riportate prevalentemente disfunzioni del lobo frontale di destra, in modo diffuso o focale, a seconda del tipo di reduplicazione o di misidentificazione. Nonostante si riscontri in letteratura poca concordanza, all’interno della sindrome da misidentificazione possiamo distinguere quattro varianti (Ellis et al., 1994): - il delirio di Capgras, è la ferma convinzione che (solitamente) un parente stretto o il coniuge siano stati sostituiti da replicanti, alieni o semplicemente da impostori fisicamente identici; - la sindrome di Fregoli, è il falso riconoscimento di persone familiari in soggetti che, invece, sono estranei; - sindrome di intermetamorfosi, è la convinzione che una persona a lui familiare (in genere vissuta come persecutore), ed uno sconosciuto, oggetto del falso riconoscimento, abbiano in comune caratteristiche fisiche e psicologiche; - sindrome dei doppi soggettivi, descritta da Christodoulou nel 1978 è la convinzione che un’altra persona sia stata trasformata fisicamente in sé stessa. Tuttavia alcuni autori (Devinsky, 2009), hanno incluso all’interno delle sindromi da errato riconoscimento altre convinzioni deliranti simili alle precedenti, come per esempio: - misidentificazione di immagini riflesse, è la convinzione che la propria immagine riflessa in uno specchio sia un'altra persona; - paramnesia reduplicativa, è la convinzione che una persona, luogo, oggetto o corpo sia stato duplicato. Per esempio, una persona può credere che in realtà non è nell’ospedale nel quale è stato ricoverato, ma in uno identico, dall’altra parte della città, nonostante l’oggettività della falsità (Benson et al., 1976); - sindrome delirante degli accompagnatori, è la convinzione che oggetti (come peluche) siano esseri senzienti (Shanks & Venneri, 2002); - pluralizzazione clonale del sè, in cui una persona crede che ci siano più copie di se stesso, completamente identiche sia fisicamente che psicologicamente (Vörös et al., 2003). 9 Nonostante le numerose teorie psicologiche, cognitive, neurochimiche e strutturali, che sono state presentate in letteratura, la patogenesi, nei disturbi primari psicotici e neurologici rimane sconosciuta. Il presente lavoro esaminerà i sistemi cognitivi alla base di due sindromi sopra definite, la sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i luoghi. Questi quadri rientrano nel gruppo delle paramnesie reduplicative e, anche se frequentemente associate ad una patologia psichiatrica, spesso si strutturano su lesioni cerebrali. Un ruolo fondamentale in questo percorso è stato appunto rivestito dal miglioramento delle tecniche diagnostiche: per esempio la sindrome di Capgras, 50 anni fa era considerata esclusivamente un disturbo psichiatrico, adesso, in molti casi sono riconosciuti disturbi neurologici (Joseph, 2007). Un ampio spettro di disturbi neurologici e sistemici, causano deliri semplici e complessi, soprattutto quelli a contenuto specifico, come la sindrome di Capgras, la sindrome di Fregoli e la paramnesia reduplicativa per i luoghi (Malloy & Richardson, 1994; Feinberg et al., 2005; Joseph, 2007). Tali sindromi possono coesistere. La localizzazione della lesione e la patogenesi saranno discusse singolarmente, per ogni disturbo considerato: sindrome di Capgras e paramnesia reduplicativa per i luoghi. 1.1. SINDROME DI CAPGRAS La sindrome di Capgras, descritta per la prima volta nel 1923, da Capgras e Reboul-Lachaux sotto la denominazione di “illusione dei sosia”, è un quadro delirante caratterizzato dalla convinzione che una persona, generalmente vicina e affettivamente significativa per il paziente, sia stata sostituita da un impostore. La sindrome di Capgras è la più frequente delle sindromi deliranti da misidentificazione (Breen et al., 2000). Generalmente rappresenta un delirio ristretto a una singola persona, nonostante possa arrivare a coinvolgerne varie, arrivando perfino ad 10 interferire sul riconoscimento di sé stessi. La sua durata è variabile e può trattarsi di un fenomeno transitorio o cronico. Sono stati riportati alcuni casi con carattere recidivante. 1.1.1. Caso storico Capgras e Reboul-Lachaux studiarono il caso di una donna psicotica di 53 anni. La caratteristica principale della sua malattia era un delirio molto complesso con due temi principali: 1) era stata sostituita alla nascita essendo in realtà un'ereditaria di un grande patrimonio; 2) era vittima di un complotto riguardante furti, avvelenamenti, scomparsa e sostituzione di molte persone. I duplicati riguardavano tutti i membri della sua famiglia, lei compresa, così come molti altri soggetti del suo ambiente. Erano state duplicate migliaia di persone e questi impostori la tormentavano. Affermava di osservare cambiamenti nel proprio aspetto, di fatto assenti, e modifiche minori, nell'aspetto altrui (Sinkman, 2008). E' infrequente che i casi di Capgras si presentino in forma isolata, specialmente in pazienti organici. Generalmente si accompagnano ad altre sindromi deliranti e ad altri fenomeni di tipo reduplicativo, implicanti sovrapposizione e/o falso riconoscimento di persone, luoghi, oggetti o parti del proprio corpo. Sono stati riportati anche casi di sindrome di Capgras concomitanti con il delirio di Cotard. Esistono fenomeni di natura simile al delirio di Capgras che mancano tuttavia della componente delirante, come la prosopagnosia, alterazione molto più globale che impedisce il riconoscimento visivo dei volti, compresi quelli dei familiari e talora il proprio. Tali quadri sono stati considerati reciprocamente speculari (Ellis & Young, 1990): nella sindrome di Capgras i pazienti conservano il riconoscimento dei volti ma perdono il senso di familiarità, al contrario della prosopagnosia (mantengono il senso di familiarità, ma perdono il riconoscimento cognitivo dei volti); altro aspetto che li differenzia è il carattere altamente selettivo del delirio di Capgras, assente nella prosopagnosia. 11 1.1.2. Epidemiologia La sindrome di Capgras è stata descritta in disturbi psichiatrici ed in malattie organiche. Relativamente ai quadri psichiatrici, è abituale osservare questo delirio nella schizofrenia paranoide, nelle depressioni psicotiche, nei disturbi deliranti e nei disturbi schizoaffettivi o bipolari. Per quanto riguarda le condizioni organiche, la sindrome di Capgras compare principalmente nelle demenze (corpi di Lewy, Alzheimer, Parkinson) e a seguito di lesioni cerebrali da traumi cranici. Seguono, tra le altre cause: gli ictus, l'epilessia, l'alcolismo cronico, le encefaliti virali, le patologie del lobo frontale, l'AIDS, i tumori ipofisari e la sclerosi multipla (Benson et al., 1976; Summers, 1984; Kapur et al., 1988; Collins et al., 1990; Edelstyn & Oyebode, 1990; Drake, 1994; Frazer & Roberts, 1994; Coltheart et al., 2007). La prevalenza stimata nella schizofrenia è elevata, intorno al 15% (Dohn & Crews, 1986) con una frequenza complessiva nei disturbi psichiatrici oscillante tra l'1,3% e il 4,1% (Kirov et al., 1994; Taman et al., 2003). Studi effettuati in pazienti affetti da Alzheimer hanno mostrato una prevalenza del 20% circa (Harwood et al., 1999; Silva et al., 2001). Un'indagine nell'ambito di patologie neurodegenarative ha evidenziato una prevalenza del 13,3% nell'Alzheimer, del 16,6% nella Malattia a corpi di Lewy e dell’8,3% nella Demenza Semantica. In circa la metà dei casi compariva in forma pura, nell'altra metà associata ad altri fenomeni da errata identificazione come la paramnesia reduplicativa o il fenomeno “dell’inquilino fantasma” (Harciarek & Kertesz, 2008). Dalle indagini più recenti si può constatare un aumento dei casi di Capgras riportati, tanto da non essere più considerato un disturbo raro (Barton & Bruce, 2003). 1.1.3. Espressioni cliniche Come riportato nel precedente capitolo, la sinfrome di Capgras si accompagna frequentemente ad altre sindromi deliranti e ad altri fenomeni di tipo reduplicativo, implicanti sovrapposizione e/o falso riconoscimento 12 di persone, luoghi, oggetti o parti del proprio corpo. Sono stati riportati anche casi di sindrome di Capgras concomitanti con il delirio di Cotard. Esistono fenomeni di natura simile al delirio di Capgras che mancano tuttavia della componente delirante, come la prosopagnosia, alterazione molto più globale che impedisce il riconoscimento visivo dei volti, compresi quelli dei familiari e talora il proprio. Tali quadri sono stati considerati reciprocamente speculari (Ellis & Young, 1990): nella sindrome di Capgras i pazienti conservano il riconoscimento dei volti ma perdono il senso di familiarità, al contrario della prosopagnosia (mantengono il senso di familiarità, ma perdono il riconoscimento cognitivo dei volti); altro aspetto che li differenzia è il carattere altamente selettivo del delirio di Capgras, assente nella prosopagnosia. La sindrome di Capgras si esprime in forme cliniche diverse nei quadri psichiatrici e quelli organici. I) Nei primi si osserva, tramite valutazioni neuropsicologiche, un coinvolgimento cognitivo minore e pertanto una minore evidenza di danno organico cerebrale. Nei pazienti psichiatrici l'esordio del delirio è più precoce. Nella schizofrenia paranoide il delirio può presentarsi a qualsiasi età ed in qualsiasi momento del decorso della malattia, compare in maniera tipicamente insidiosa ed è associato a sintomi psicotici, tra i quali la paranoia è il più frequente. Questi pazienti nutrono sentimenti ostili verso la persona sostituita e, in generale, vivono il delirio come qualcosa di minaccioso (Bourget et al., 2004). L'idea delirante è generalmente meno consistente e può essere messa addirittura in dubbio qualora i soggetti vengano posti ripetutamente di fronte all'evidenza. Alcuni pazienti psichiatrici manifestano la sindrome solo in situazioni estreme di stress o all'interno delle ricadute psicotiche (Coltheart et al. 2007). Sembra che un substrato caratteriale di sospettosità possa alimentare più facilmente un delirio di errato riconoscimento, specialmente quello di Capgras. II) In pazienti con clinica organica, il delirio compare in età più avanzata, in associazione alla lesione neurologica o al processo neurodegenerativo. Per questa ragione l'esordio del delirio può essere più brusco. In questi quadri il paziente non attribuisce il delirio ad un inganno e talvolta lo vive 13 con sentimenti positivi. I deliri sono più strutturati seppure non ci sia il tentativo del paziente di cercare spiegazioni razionali a ciò che avviene. La clinica paranoidea e l'aggressività verso il doppio sono meno frequenti (Breen et al., 2000). Dagli studi effettuati su pazienti neurologici, gli aspetti più costanti della Sindrome di Capgras sono: - il delirio è specificamente legato ad una persona, solitamente il parente più stretto; - il paziente è fortemente convinto che il parente, sebbene identico per ogni aspetto a quello reale, sia una persona differente; - la convinzione è resistente ad ogni tentativo di critica, nonostante alcuni pazienti sembrano essere consapevoli dell'assurdità del proprio delirio; - la persona “falsa” non viene mai scambiata per un'altra né chiamata con nomi sbagliati; - il paziente non riferisce mai esplicitamente in cosa consistono le differenze tra la persona vera e l'impostore; - il delirio ha luogo in contesti familiari come quello domestico; - il paziente spesso si adatta sorprendentemente bene alla persona “falsa” (Lucchelli & Spinnler, 2007). 1.1.4. Teorie eziologiche Negli anni sono state sviluppate diverse teorie eziologiche della sindrome di Capgras. Modelli psicologici, modelli cognitivi, alcuni teorici, altri basati su casi clinici e su esperimenti di laboratorio, sono stati modificati negli anni man mano che nuovi casi clinici evidenziavano errori nei modelli precedenti. La loro incapacità di superare certe critiche e la mancata corrispondenza con le basi neuroanatomiche aprì la strada ai modelli neuropsichiatrici che nascono comunque dalle proposte dei modelli cognitivi. Sono stati descritti modelli di disconnessione cerebrale, basati su casi clinici e su esperimenti di riconoscimento dei volti familiari come le tecniche di risposta autonomica di conduzione cutanea. Altri autori propendono invece per i 14 modelli neuropsichiatrici di lateralizzazione, ritenendoli più coerenti con l'insieme dei risultati clinici. Negli ultimi anni ha acquistato rilevanza nelle genesi del delirio di Capgras il ruolo dei lobi frontali (Madoz & Rodriguez, 2010). Modelli psicologici • Nella genesi del delirio di Capgras è stato evidenziato il ruolo della motivazione, poiché contribuisce, insieme ai deficit neurologici, a configurare il delirio (Ruff, 1981). D'altra parte, i fattori emotivi, fortemente associati alla natura selettiva del delirio di Capgras, contribuirebbero alla distorsione dei dati percepiti, a seconda dei bisogni emotivi del paziente, provocando false idee a riguardo delle persone per lui più rilevanti (Gainotti, 2007). Anche i deficit nella funzione del self spiegherebbero il quadro: il danno frontale destro produrrebbe un'alterazione nella funzione del self, agendo su due vie: da un lato, l'informazione esterna personalmente significativa rimarrebbe disconnessa dal sentimento di familiarità; dall'altro lato, la motivazione interna non correttamente monitorizzata dalla funzione del self viene vista come realtà esternalizzata, proiettandosi all'esterno (Feinberg & Roane, 2005). La lesione frontale provocherebbe errori nella capacità di evocare rappresentazioni mentali adeguate, tanto degli altri come di sé stessi; i deliri costituirebbero i tentativi di compensare tale errore rappresentazionale e di quello del riconoscimento. Ci sarebbero anche difficoltà nello stabilire i limiti dell'io, motivo per cui il delirio sorge come modo di dare risposta a questi errori di autocoscienza (Sinkman, 2008). Infine, fattori psicologici, cognitivi e motivazionali contraddistinguono il contenuto delirante (Devinski, 2009). La presenza concomitante di più deliri ha portato ad ipotizzare il motivo per cui pazienti con lesioni cerebrali e profili neuropsicologici simili non presentano lo stesso quadro delirante, come osservato nel delirio di Capgras e di Cotard. Questi deliri si presentano con lesioni cerebrali simili, come in un caso che documenta la comparsa di un delirio di Cotard a 15 seguito di lesioni temporo-parietali destre e danno frontale bilaterale. (Young, 2000). Il fattore chiave di entrambi i deliri va cercato nello stato d'animo predominante: se il paziente è sospettoso, penserà che gli altri siano impostori; se invece predomina un tono dell'umore depresso egli crederà di essere morto. Inoltre, la comparsa di uno o dell'altro delirio dipende dallo stile attribuzionale del paziente (Breen et al., 2000): se esibisce uno stile esternalizzante, il paziente risponderà all'anomalia percettiva attribuendo il cambiamento avvenuto al suo interno (perdita del significato affettivo abituale) a un cambiamento dell'ambiente (il familiare è stato sostituito da un impostore) e svilupperà un delirio di Capgras. Al contrario, se lo stile attribuzionale è internalizzante, il paziente reagirà di fronte alla percezione anomala, attribuendola a un fattore interno a sé stesso, dando luogo a un delirio di Cotard (il paziente non è capace di dare significato affettivo al volto che percepisce perché è morto). • Le teorie psicodinamiche più frequentemente utilizzate per spiegare la Capgras vertono sull'ambivalenza verso il familiare sostituito: il paziente riverserebbe sul sosia tutti i sentimenti provati verso il parente, persona con cui teme, o vorrebbe evitare, una relazione o confronto, perché prova paura, invidia, rabbia o altri sentimenti spiacevoli; essendo il sosia un impostore, il paziente può respingerlo a ragione e senza rimorsi o timore. Secondo gli studiosi di questa scuola di pensiero, nella patologia sono in gioco tre diverse individualità: il malato, l’alter (la persona conosciuta e non riconosciuta dal paziente) e l’alius, il sosia su cui il malato sposta affetti indesiderati e socialmente inaccettabili, per risparmiarli all’alter. Altre proposte sottolineano una possibile omosessualità latente, negli uomini o una difesa di fronte all'aggressività o a desideri incestuosi, nelle donne. Queste teorie, tuttavia, spiegherebbero soltanto la sindrome di Capgras isolata ma non il resto della clinica (come i sosia di soggetti sconosciuti o non affettivamente vicini) (Madoz & Rodriguez, 2010). 16 Modelli cognitivi • Bruce e Young nel 1986 hanno proposto un modello teorico per il riconoscimento delle facce. Questo modello prevede un'organizzazione sequenziale e gerarchica in differenti stadi di elaborazione. Il riconoscimento di una faccia è basato su di un'unità astratta contenente le informazioni strutturali di ogni volto presente in memoria; al livello più basso dell'elaborazione vi è un'analisi percettiva delle caratteristiche facciali, svolta da una componente di codifica. Il risultato dell'analisi è immagazzinato in una Unità di Riconoscimento di Facce - FRU (Face Recognition Unit). Questo modello, diventato ormai classico, ha influenzato e dominato per molti anni la ricerca sulla percezione dei volti. Il modello prevede che da una faccia si possano ricavare diversi tipi d’informazione che vengono elaborate in separate componenti cognitive e nei seguenti stadi di elaborazione: I) Codifica strutturale (structural encoding): analizza e cattura gli aspetti della configurazione di una faccia per poterla distinguere dalle altre. Corrisponde alla rappresentazione 3D del volto. E' un'elaborazione automatica e non può essere influenzata da processi top-down. Lo stadio dello structural encoding prepara le informazioni per creare, nella successiva componente, una descrizione del volto astratta e indipendente dalle espressioni. II) Unità di riconoscimento dei volti (face recognition units: FRUs): ciascuna unità di riconoscimento facciale contiene le informazioni strutturali dei volti noti all'osservatore; vi sono immagazzinate le caratteristiche visive che 17 permettono ad una particolare faccia di essere discriminata da altre facce conosciute o sconosciute. Contengono le descrizioni delle persone che conosciamo. E' lo stadio della familiarità delle facce. III) Nodi di identità di persona (person identity nodes: PINs): l'identificazione della persona e le informazioni semantiche, ad esempio la professione e gli interessi. Gli autori precisano che i nodi d’identità si trovano in un archivio semantico separato da quello della memoria semantica generale. IV) Produzione del nome (name retrieval): recupero del nome della persona, attivato dopo un appropriato PIN. Il nome di una persona è immagazzinato separatamente dalle altre informazioni. • Un'implementazione del modello originale di Bruce e Young è stata proposta da Burton, Bruce e Johnston nel 1990. Due sono le modifiche: I) la prima riguarda il PIN, al quale viene data la funzione di “accesso all'informazione semantica” piuttosto che quella di contenerla. Le decisioni sulla familiarità sono quindi prese al livello del PIN. II) la seconda modifica riguarda la creazione di una “Unità di Informazione Semantica” SIU (Semantic Information Unit), sistema che immagazzina particolari informazioni semantiche riguardanti le persone conosciute. I PIN, sopramodali rispetto alle FRU, conservano tutte le informazioni percettive relative alle persone conosciute, acquisite in molteplici contesti in modo da integrarle in un'unica rappresenta-zione che resta immagazzinata nella memoria. Nei PIN, verso cui convergono le informazioni provenienti da diverse unità di riconoscimento, di modalità specifica (volto, voce, gesti...), nasce la sensazione di familiarità. 18 A questo livello si produce l'errore caratteristico del delirio di Capgras: l'assenza del sentimento di familiarità. Il modello di Bruce e Young, affermando che il senso di familiarità emerge dall'attivazione di unità modalità-specifiche di riconoscimento, è coerente con i modelli di Atkinson and Joula, Jacoby e Mandler. Essi ipotizzano che la familiarità sia connessa agli aspetti percettivi della memoria di riconoscimento (Atkinson & Joula, 1974; Jacoby, 1999; Mandler, 1991). Dall'altro lato i modelli proposti da Burton, Young, Bredart e Valentine (Burton et al., 1990; Valentine et al., 1996) secondo i quali il sentimento di familiarità nasce al livello sopramodale del PIN sono più coerenti con le ipotesi di Tulving (Tulving & Schachter, 1990) che vede nella familiarità un prodotto della memoria semantica. Entrambi i modelli tuttavia non risolvono il problema del rapporto tra asimmetrie emisferiche e senso di familiarità e sono in contrasto con i dati ottenuti da pazienti affetti da differenti tipi di lesioni cerebrali. • Lewis completa il modello con un modulo specifico di riconoscimento vocale (VRU) il quale si troverebbe allo stesso livello del modulo incaricato del riconoscimento dei volti (FRU) (Lewis et al., 2001) • La rielaborazione di Ellis e Lewis (2001) del modello originale di processamento facciale propone come complemento al PIN un modulo denominato “apparato di integrazione”. Questo riceve le informazioni riguardanti non solo la biografia completa della persona ma anche le informazioni sulle emozioni generate. L'apparato d’integrazione si incontrerebbe a un livello superiore del semplice recupero di informazioni biografiche e confronterebbe la risposta affettiva attesa con la risposta affettiva corrente (Ellis & Lewis, 2001). • Anche Margariti a Kontaxakis includono nel loro modello questo apparato di integrazione: è qui che avrebbe luogo il riconoscimento. L'integrazione di informazioni percettive, personali e affettive è realizzata sul piano dell'unicità. Il ruolo di questo apparato è quello di compensare le discrepanze sorte confrontando l'informazione attuale di una persona con quella precedente. Essi sottolineano che un'alterazione specifica a questo 19 livello è quella responsabile della clinica di errato riconoscimento e della produzione del delirio di Capgras (Margariti & Kontaxakis, 2006). La loro proposta differisce dal modello di riconoscimento facciale originale in cui il modulo di riconoscimento dell'unicità si troverebbe a un livello superiore rispetto a quello di recupero delle informazioni personali. Questo modello permette di spiegare tanto la sindrome di Capgras quanto quella di Fregoli. Le sindromi da errato riconoscimento non rappresenterebbero una semplice incongruenza tra affettività e riconoscimento; secondo questi autori si tratterebbe di un'alterazione dell'unicità, applicata a persone come ad oggetti o luoghi significativi. Prima del recupero delle informazioni già “sappiamo” che qualcuno o qualcosa è uno e specifico: ciò costituisce un prerequisito, una matrice su cui si fonda il riconoscimento. L'assenza o un disturbo di tale senso dell'unicità potrebbe consentire tramite lievi disturbi della memoria, sentimenti di familiarità o percezioni, di condurre alla negazione del corretto riconoscimento e ad una riidentificazione attraverso la creazione di un sosia (Margariti & Kontaxakis, 2006). • Con le rielaborazioni dei primi modelli si è passati da interpretazioni incentrate su deficit del riconoscimento visivo a strutture molto più 20 integrate e anatomicamente dislocate. Hirstein e Ramachandran si concentrarono, su deficit di “gestione” della memoria, secondari all'interruzione tra il fascio ventrale (vedi paragrafo successivo) e il sistema limbico. I pazienti sarebbero incapaci di integrare i ricordi di una persona, ottenuti in esperienze episodiche consecutive. Da ciò consegue l'impossibilità di creare una categoria mnemonica duratura, ad esempio quella di “mio padre” (Hirstein & Ramachandran, 1997; Lucchelli & Spinnler, 2007). I limiti dei modelli di riconoscimento facciale derivano dall'incapacità di spiegare i fenomeni osservati nei deliri da errata identificazione ed in modo specifico, il delirio di Capgras. Tali modelli non spiegano perché il delirio non si manifesta quando il paziente osserva la foto del familiare sostituito, né perchè il quadro si può esacerbare nonostante la persona sostituita non si trovi fisicamente vicina al paziente. Infine contrasta con casi di Capgras descritti in persone cieche o associati ad altre caratteristiche non visive, come la voce della persona (Dietl et al., 2003). In tutti questi casi il delirio di Capgras compare senza la presenza di una via visiva diretta, il che indicherebbe che l'assenza di familiarità possa essere indipendente da tale canale. Pertanto il modello di riconoscimento facciale non sembra sufficiente a spiegare il quadro della Capgras. Modelli neuropsichiatrici A) Modelli di disconnessione Questi modelli, sviluppati in tempi più recenti, hanno posto l'attenzione su aspetti di tipo affettivo nell'ambito del riconoscimento delle facce. • Bauer ha introdotto nel 1984 il primo modello a due vie. Una prima via “cognitiva” analizzerebbe l'identità del volto e provvederebbe all'accesso delle informazioni semantiche e dei nomi familiari; una seconda via sarebbe implicata nella produzione di risposte affettive di fronte alle facce familiari. Questa teoria è nata dal tentativo di spiegare sia il quadro clinico della prosopagnosia che quello della sindrome di Capgras. La prosopagnosia può essere definita come l'incapacità di riconoscere volti familiari e di apprenderne nuovi. I pazienti affetti possono riconoscere le 21 persone conosciute attraverso la voce, la gestualità e il portamento e sono in grado di conservare una memoria semantica delle persone. Bauer sottopose un paziente prosopagnosico a prove di conduttanza cutanea, già utilizzate nella medicina forense nei test della verità, evidenziando variazioni di conduttanza cutanea più ampie quando posto di fronte a volti familiari rispetto a volti non familiari. Ipotizzò che pur mancando in entrambi i casi un riconoscimento “esplicito”, restava intatta, in una certa misura, la via affettiva, il cosiddetto riconoscimento “implicito” (Bauer, 1984). Alla luce della presenza di una discriminazione facciale autonomica Bauer ritenne che esistessero due vie di riconoscimento facciale distinte e indipendenti, sia in termini funzionali che anatomici. Una via visiva ventrale compresa dalla corteccia visiva, passante attraverso il fascicolo longitudinale inferiore del lobo temporale, fino al sistema limbico; sia il circuito limbico basolaterale (tra cui l'amigdala), sia il circuito limbico mediale di Papetz. Questa via è implicata nell'identificazione esplicita e la sua lesione è responsabile dei deficit tipici della prosopagnosia. Una via dorsale che proietta dalla corteccia visiva primaria alle strutture limbiche (principalmente l'amigdala), passante attraverso il solco temporale superiore, il lobo parietale inferiore e il giro del cingolo. Questa via implicata nella detezione dei significati emotivi sarebbe la responsabile delle risposte autonomiche. Le scoperte di Bauer furono confermate nel 1985 da Tranel e Damasio, i quali sottoposero altri pazienti prosopagnosici alle prove di risposta di conduttanza cutanea (Tranel & Damasio, 1985). 22 • Ellis e Young adottarono il modello di Bauer per spiegare la sindrome di Capgras. Essi eseguirono dei test di conduttanza cutanea su pazienti affetti da Capgras, pazienti psichiatrici e pazienti di controllo, dimostrando che i pazienti con Capgras riconoscevano le facce familiari ma non generavano una risposta autonomica di fronte alle facce conosciute. Quindi ipotizzarono che il delirio di Capgras risultasse da una lesione selettiva a livello della via dorsale, quella del riconoscimento implicito e dalla concomitante integrità della via ventrale, quella del riconoscimento esplicito: l'assenza di familiarità associata a riconoscimento intatto, determina una dissonanza cognitiva. (Hirstein & Ramachandran, 1997; Ellis & Lewis, 2001). Ci sono tuttavia critiche alla validità di questi studi, sia per il fatto di aver studiato un numero ridotto di pazienti sia per aver presentato ai pazienti facce di persone conosciute ma non necessariamente affettivamente più vicine (Lucchelli & Spinnler, 2008). • Breen e alcuni colleghi, nel 2000, hanno modificato il modello di disconnessione a doppia via introducendo un nuovo modello ad unica via. Essi non ammettono che la via dorsale sia capace del riconoscimento facciale e della produzione delle risposte affettive. Affermano che la via dorsale non è necessaria, perché tutto il processo viene sviluppato nella via ventrale, e che la componente emotiva è fornita dalle strutture limbiche mediali, in particolar modo dall'amigdala. Pertanto una lesione della via ventrale, a seconda della sua gravità, può determinare una sindrome prosopoagnosica o una sindrome di Capgras (Breen et al., 2000). Il processo inizierebbe nella corteccia visiva occipitale, trasmetterebbe l'informazione alla zona infero-temporale, dove si verifica il “matching” tra la faccia vista e la rappresentazione del viso precedentemente archiviata e 23 solo allora l'amigdala fornirebbe la componente affettiva. E' stato dimostrato sia in animali che in letteratura umana, che l'amigdala svolge un ruolo importante nei ricordi emotivamente significativi (Sarter & Markowitsch, 1985). Negli animali sembra sia capace di interferire nell'apprendimento selettivo, e nell'uomo è stato osservato il suo ruolo nel distinguere le espressioni facciali. Inoltre è stato osservato che la stimolazione elettrica dell'amigdala può provocare la rievocazione di vivide esperienze emotive passate (Cahill et al., 1995). In generale, le sindromi da disconnessione sono state criticate perchè in grado di giustificare unicamente la sindrome di Capgras di tipo visivo, non riuscendo a spiegare le altre modalità documentate. B) Modelli di lateralizzazione Negli ultimi trent'anni sono state intraprese numerose ricerche volte a studiare le relazioni neuroanatomiche nei pazienti affetti da “delusional misidentification syndromes”. Joseph già nel 1986 ha riportato la presenza di atrofia bifrontale nell'88% dei pazienti, atrofia bitemporale nel 73% e atrofia biparietale nel 60% (Joseph, 1986). Weinstein e Burnham hanno individuato un comune interessamento cerebrale diffuso e bilaterale con predominanza dell'emisfero destro (Weinstein & Burnham, 1991). Feinberg e Shapiro hanno evidenziato che il 62% dei pazienti affetti da sindrome di Capgras mostrava un coinvolgimento corticale bilaterale e che, nei casi con disfunzione unilaterale, era evidentemente maggiore l'interessamento destro (32% destro rispetto al 7% sinistro) (Feinberg & Shapiro, 1989). • Uno studio effettuato su 29 soggetti affetti da sindrome di Capgras o di Fregoli ha mostrato che tutti i casi possedevano una lesione nell'emisfero destro, dei quali il 48,3% una lesione unicamente destra e nessuno con lesione unicamente sinistra. Questi dati indicano che le sindromi da errata identificazione sono fortemente associate all'emisfero destro. Inoltre, in nessuno dei soggetti era evidenziabile una lesione limitata al lobo temporale o parietale, al contrario il 34,5% mostrava un danno focale al lobo frontale (Feinberg & Roane, 2005). 24 Attualmente c'è ampio consenso nell'affermare che, all'origine dei deliri, ci sia una qualche disfunzione dell'emisfero destro. I deliri sono più frequenti con lesioni destre per un'alterazione delle funzioni di controllo della realtà, della memoria e della sensazione di familiarità. Una delle critiche è che non tutti i soggetti con danno predominante destro presentano una sindrome delirante e che quando il delirio è presente, esso è rivolto verso soggetti personalmente significativi o luoghi di importante valore affettivo, come nel caso delle paramnesia reduplicativa. La natura selettiva delle DSM suggerisce che il sentimento di familiarità agisca secondo un sistema “top-down”, ovvero modificato dai bisogni emotivi del paziente, piuttosto che secondo un meccanismo di “bottomup”. Le componenti emotive dei sentimenti di familiarità potrebbero contribuire a distorcere i dati percettivi, creando false convinzioni riguardo a soggetti personalmente rilevanti, analogamente ad altri comportamenti emotivi anormali spesso osservati in pazienti con lesioni emisferiche destre (Gainotti, 2007). • Alexander ed alcuni colleghi, attribuirono la convinzione delirante della Capgras alla presenza di un danno frontale bilaterale. Ne deriverebbe un conflitto di informazioni che il cervello sinistro, caratteristicamente, risolve in funzione della personalità premorbosa. La cosa sorprendente dello studio di Alexander è che la maggioranza dei pazienti affetti da Capgras mostrava anamnesi positiva per paranoia, sospettosità o disturbi di tipo depressivo. Questa osservazione ha sollevato la possibilità che una psicopatologia sottostante possa svolgere un ruolo positivo nello sviluppo nei deliri da errata identificazione. (Alexander et al., 1979). Probabilmente è necessario un meccanismo positivo di formazione del delirio, che richiede almeno un grado di integrità dell'emisfero sinistro. • Turk ed alcuni colleghi proposero che l'emisfero sinistro, nel suo tentativo di interpretare e dare coerenza alle informazioni dissonanti, in presenza di un deficit dell'emisfero destro e di una appropriata risposta affettiva, favorirebbe l'idea che la persona sia stata rimpiazzata da un impostore (Turk et al., 2003). 25 • Secondo Feinberg anche un deficit nelle funzioni del Sé può essere coinvolto nella creazione di una DSM. L'emisfero destro, probabilmente dominante nella gestione del Sè, quando alterato, può interferire nelle relazioni tra il self e il mondo, nei rapporti significativi e nella condotta. Con le alterazioni delle funzioni del Self, tale coinvolgimento ostacolerebbe il sentimento di familiarità e il riconoscimento emotivo corretto (Alexander et al., 1979; Feinberg, 1997). Per questi motivi, l'emisfero sinistro stabilisce che la persona significativa è in realtà una persona differente. • Devinski incentrò i suoi studi sulla ipoattività ed iperattività degli emisferi, nella genesi delle DSM. Relativamente alle percezioni visive e all'immaginario, l'emisfero destro è più abile nel codificare gli aspetti complessivi e nel mappare le coordinate spaziali. L'emisfero sinistro codifica i dettagli e possiede uno stile cognitivo di categorizzazione (generalmente rivolto a due categorie). Pertanto l'emisfero sinistro sganciato dal destro potrebbe avere una tendenza esagerata a categorizzare, senza la gestalt e la componente affettiva fornite dall'emisfero destro. Questa combinazione può generare un duplicato o un impostore e così risolvere il conflitto di informazioni. In quest'ottica, il modello di lateralizzazione permetterebbe di spiegare anche i deliri di iperriconoscimento come quello di Fregoli: l'interessamento del lobo frontale sinistro, che ha una funzione di controllo nei confronti del lobo frontale destro farebbe sì che quest'ultimo resti libero e tenda alla iperidentificazione (Devinsky, 2009). Un caso documentò l'effetto di un infarto laterale temporo occipitale sinistro, con un evidente fenomeno di iperidentificazione, a causa dell'inibizione esercitata dall'emisfero sinistro sulle strutture omologhe del temporale destro (Vuilleumier et al., 2003). • Gainotti nel 2007 ha focalizzato le proprie ricerche sul ruolo delle asimmetrie emisferiche nella produzione del sentimento di familiarità. La sensazione di familiarità, secondo la sua interpretazione, è formata almeno da tre componenti: una oggettiva, puramente quantitativa, che conta il numero di volte in cui abbiamo visto una persona, direttamente o 26 indirettamente; una soggettiva, formata dalle esperienze personalmente rilevanti; e una terza componente di controllo, che permette di verificare e confermare che la persona che ha suscitato sentimenti di familiarità corrisponda effettivamente a quella persona. Lo studio di Gainotti è stato effettutato, indagando casi di pazienti affetti da lesioni cerebrali unilaterali e confrontando esperimenti di lateralizzazione effettuati su soggetti sani. Questi esperimenti erano basati su differenti metodologie. Un gruppo di esperimenti hanno misurato i tempi di reazione ottenuti presentando al soggetto volti familiari, selettivamente al campo visivo destro e al campo visivo sinistro. Quasi tutti i dati mostrano che i tempi di reazione sono più brevi, quando sono successivi ad un'esposizione all'emisfero destro, indipendentemente dalla natura conscia o inconscia della decisione. Un gruppo di esperimenti di tipo elettrofisiologico, incentrati sui potenziali evento-correlati “ERPs”, hanno posto grande attenzione alla componente volto-specifica precoce del potenziale occipito-temporale N170. L'N170 secondo la gran parte degli autori è modulato dal livello di familiarità. I risultati mostrano una maggiore ampiezza degli N170 nell'emisfero destro durante i primi stadi del processo visivo. Un terzo gruppo di esperimenti di neuroimaging ha analizzato i magnetoencephalographic waveforms “MEG” evocati dai volti familiari. Anche in questi casi è evidente una maggiore ampiezza dei MEG in seguito ad un’esposizione di volti familiari all’emisfero destro. L'ultima batteria di esperimenti ha studiato l'attivazione delle strutture encefaliche dopo presentazione di volti familiari e non familiari attraverso tecniche PET (tomografia ad emissione di positroni) e tecniche di fMRI (risonanza magnetica funzionale). A differenza dei casi precedenti, questi esperimenti hanno mostrato un'ampia attivazione fronto-temporale bilaterale, un'attivazione prevalente della corteccia del cingolo posteriore e anche un'attivazione prevalente del lobo temporale sinistro. Solo un numero limitato di questi studi ha evidenziato un'attivazione prevalente del lobo temporale destro di fronte alle facce familiari, probabilmente per errori di tipo metodologico. 27 Dall'insieme dei risultati, Gainotti afferma che i sentimenti di familiarità provengono dalle parti anteriori e posteriori del lobo temporale destro e che tali sensazioni riguardano in modo specifico il riconoscimento facciale e non il riconoscimento di componenti più astratte come i nomi. Inoltre le decisioni riguardanti la familiarità contribuiscono al riconoscimento, soprattutto nei primi stadi del processo, e tali decisioni sono monitorate probabilmente dalla corteccia frontale destra. Tanto la sensazione di familarità, quanto il processo di riconoscimento sono lateralizzati a destra. Difatti le lesioni sinistre non interferiscono in realtà nella sensazione di familiarità. Nelle lesioni destre, gli errori di riconoscimento sono di modalità specifica e compromettono il riconoscimento dei volti ma non quello dei nomi, a differenza di ciò che avviene nelle alterazioni del lato sinistro, in cui entrambi i tipi di riconoscimento sono conservati. Nel tentativo di unificare i modelli neuroanatomici e i modelli cognitivi, Gainotti considera insufficiente il modello delle due vie classiche di riconoscimento e suggerisce una teoria alternativa secondo cui esisterebbero due vie: una corticale e una sottocorticale. La via sottocorticale decorre lateralizzata nell'emisfero destro, dal talamo all'amigdala e si occupa della ricerca, rapida, inconsciente e globale delle informazioni. Da questa emerge il sentimento di familiarità. Questa via amigdaloidea a sua volta, attraverso connessioni con aree corticali sensoriali, attiva la seconda via, quella corticale, più lenta, poco lateralizzata, responsabile di un processo molto più completo: recuperare dalla memoria le informazioni relative al riconoscimento. La via corticale corrisponderebbe alla via ventrale del modello di Ellis e Young, responsabile del riconoscimento degli oggetti (Gainotti, 2007). C) Ruolo delle aree frontotemporali Secondo numerosi autori un fattore fondamentale nella genesi delle sindromi deliranti sarebbe una lesione combinata nei lobi frontale e temporale (a volte anche parietale) (Crichton & Pewis, 1990; Edelstyn & Oyebode, 1990; Oyebode, 2008). Il delirio di Capgras e altri fenomeni 28 associati di depersonalizzazione e derealizzazione sono stati osservati in pazienti con lesioni orbitofrontali bilaterali (Roane et al., 1998). Alcuni deficit nel processo di verifica della memoria sono dovuti al coinvolgimento della corteccia prefrontale. Questo può determinare delle alterazioni nei processi attraverso cui si attribuisce un ricordo a una fonte esterna o interna, processi correlati alla formazione dei deliri, delle allucinazioni e delle confabulazioni (Johnson & Raye, 1981). • L'importanza dei lobi frontali viene evidenziata anche nella teoria dei due fattori, dei deliri monotematici (Coltheart et al., 2007). In essa, si afferma che, per la comparsa di un delirio, è necessaria una lesione localizzata nella zona ventromediale del lobo frontale destro che favorisca la comparsa del contenuto delirante. Il danno cerebrale costituirebbe solo il prerequisito per la comparsa del delirio. Però, affinché il paziente aderisca ad esso, invece di negarlo, è necessario un errore nel sistema di valutazione delle idee, situato probabilmente nel lobo frontale destro. Non è necessariamente un sistema di tutto o niente: in determinate occasioni le informazioni non potranno essere giudicate in maniera adeguata. Secondo questa teoria dei due fattori, nel delirio di Capgras si produce un errore nella risposta autonomica di fronte alle facce familiari, il che suppone una disconnessione tra il riconoscimento corretto e il sistema nervoso autonomo. Questa dissonanza (derivante in una lesione ventromediale destra) tra ciò che uno riconosce e ciò che uno sente è il primo fattore e porta il paziente a pensare ad un impostore. Tuttavia, va sottolineata la necessità di altri fattori poiché non tutti i soggetti con questa lesione e conseguente disconnessione sviluppano il delirio. La stessa situazione si verifica in altre patologie neurologiche affini, come l'anosognosia o la somatoparafrenia (il soggetto non solo non riconosce come proprio un membro del proprio corpo ma arriva a credere che appartenga ad un'altra persona). • A sua volta, Gainotti (Gainotti, 2007) come precedentemente detto, propone che l'area frontale destra sia essenziale per il controllo e la conferma del sentimento di familiarità. Il danno in questa zona provocherebbe false sensazioni di familiarità attraverso diversi 29 meccanismi: da un lato non si ha un corretto monitoraggio e correzione degli errori; dall'altra parte si ha la predominanza del lobo sinistro il quale tende a focalizzarsi più sui dettagli del volto ma meno sulla globalità della percezione. Al contrario, una lesione del lobo frontale sinistro riduce il controllo che questo esercita sul destro, il quale, libero da inibizioni, darebbe luogo alla clinica dell'iper-riconoscimento tipica del delirio di Fregoli. Il ruolo del lobo frontale destro nel determinare errori da falso riconoscimento è stato ampiamente studiato da Rapcsak che ha evidenziato che i pazienti con lesioni frontali destre mostrano un aumento patologico dei falsi allarmi, in accordo con un'elevata suscettibilità ai falsi riconoscimenti (Rapcsak et al., 1999). Molto simile a questa è l'ipotesi secondo cui alla base dei deliri da errato riconoscimento risieda un'alterazione nel sistema di valutazione delle idee, simile al controllo della realtà, situata nel lobo frontale destro (Coltheart 2007). Si tratterebbe di una zona di importanza critica poiché appare danneggiata in tutte le forme documentate di delirio. Tale danno non eliminerebbe completamente il sistema di valutazione delle idee del paziente ma lo indebolirebbe e ciò permetterebbe di rifiutare temporaneamente l'idea delirante in presenza di circostanze favorevoli. Dall'altra parte, il lobo temporale destro è il substrato neuroanatomico del processamento facciale, il cui ruolo nella formazione dei falsi riconoscimenti deliranti è chiaramente stabilito. Gainotti ricorre ai modelli di lateralizzazione per evidenziare che la sensazione di familiarità è associata al funzionamento corretto delle strutture laterali del lobo temporale, specificamente del destro (Gainotti 2007). Infatti la familiarità emergerebbe attraverso il processamento dei volti e non del processamento dei nomi che viene effettuato dal lobo temporale sinistro. Gainotti afferma che le caratteristiche di lateralità e di modalità specifica non furono considerate nei primi modelli di processamento facciale. L'assenza della risposta emotiva legata alla percezione di una faccia familiare è dovuta al danno delle regioni mediali sottocorticali nelle aree temporali, come l'ippocampo, il giro del cingolo o 30 l'amigdala, essendo quest'ultima la base della memoria emotiva. Le connessioni di queste regioni sottocorticali si occupano delle reazioni e della risposta emotiva di fronte a inputs esterni. Tuttavia l'integrazione completa dell'esperienza soggettiva avverrebbe nel lobo frontale destro (Stuss & Levine, 2002). In sintesi, nei disturbi con clinica delirante, il deficit frontale determina la riduzione del giudizio e porta a fenomeni di reduplicazione o falso riconoscimento, così come può condurre ad alterazioni della coscienza del sé e dei rapporti con elementi circostanti, come persone, luoghi o oggetti. Il circuito ventromediale (incluso nella corteccia prefrontale) si occupa dell'analisi dei segnali emotivi che guidano le decisioni improntate sul giudizio sociale ed etico. Nella zona prefrontale hanno luogo anche i processi di controllo esecutivo, come l'attenzione selettiva e la risoluzione dei conflitti, meccanismi necessari per il controllo delle false idee deliranti. Il coinvolgimento delle aree frontali nella genesi del delirio di Capgras spiegherebbe l'elevata frequenza di riconoscimenti errati delle persone, dell'assenza di familiarità e di giudizi errati dovuti appunto a lesioni delle strutture che controllano la plausibilità delle idee (localizzate nel lobo frontale destro). La funzione principale del lobo temporale destro è quella di contribuire al sentimento di familiarità (grazie alla via amigdaloidea), che permette il riconoscimento delle persone, specialmente nelle prime fasi, processo che successivamente è sotto il controllo del lobo frontale (Gainotti, 2007). 1.2. PARAMNESIA REDUPLICATIVA PER I LUOGHI La paramnesia reduplicativa per i luoghi è una forma modalità-specifica della paramnesia reduplicativa (RP). Questo termine, utilizzato per la prima volta dal neurologo Arnold Pick, nel 1903, si riferisce ad un quadro delirante caratterizzato dalla convinzione che una persona, un luogo (come nel caso qui specifico) o altre entità, sono state duplicate o trasferite, quando in realtà ne esiste solo uno. 31 Tale delirio reduplicativo può consistere nella duplicazione dell’ambiente reale con il vissuto di un altro ambiente familiare, e solitamente questi quadri sono caratterizzati dalla fortissima convinzione circa la veridicità del proprio vissuto. Generalmente rappresenta un delirio ristretto a un luogo singolo, nonostante possa arrivare a coinvolgere anche altre entità. La sua durata è variabile e può trattarsi di un fenomeno transitorio. Alcuni autori hanno introdotto sinonimi come reduplicazione ambientale o misidentificazione per i luoghi (Likitcharoen & Phanthumchinda, 2004). Solo alcuni autori (Joseph, 1986; Devinsky, 2009), hanno inserito questa sindrome all’interno delle sindromi deliranti da errato riconoscimento (DMS). 1.2.1. Caso storico Il termine paramnesia reduplicativa è stato utilizzato per la prima volta nel 1903, dal neurologo cecoslovacco Arnold Pick, per descrivere la condizione di una paziente di 67 anni, con sospetta malattia di Alzheimer (Pick, 1903) che sosteneva l’esistenza di due ospedali, completamente identici collocati in due luoghi differenti. La signora ricoverata il 4 gennaio del 1903, apparentemente senza patologie ereditarie, aveva perso rapidamente peso (per il resto le condizioni fisiche erano conformi all’età), ed erano insorti sintomi psicotici. Umore fluttuante, deliri di latrocinio, allucinazioni uditive, confabulazioni, disturbo di memoria ingravescente, disorientamento temporale, aspetti comportamentali dignitosi e forte impegno nel non mostrare ed accettare le sue difficoltà mentali. Il 5 maggio, durante la notte ebbe un attacco convulsivo. I giorni seguenti furono caratterizzati da condizioni fisiche difficili, ma dopo qualche settimana migliorò notevolmente. Nonostante ciò, stupita, iniziò a domandarsi, nei confronti del professore della clinica, degli assistenti, come potessero essere sia in questa clinica, sia nella clinica in cui era ricoverata fino ad ieri (fisicamente identiche, anche se collocate in due località diverse). Quando il medico provava ad indagare questi aspetti, la signora sosteneva fermamente le sue dichiarazioni, e trovava soluzione agli aspetti contraddittori che le 32 venivano sottolineati, con risposte come: “esistono due ospedali identici, uno a Praga centrale e l’altro in un sobborgo di Praga, assolutamente identici, dove lavorano le stesse persone”; “era già successo di essere stata messa in un manicomio per errore”; “sono stata per 5 mesi nell’altro ospedale, e da ieri mi trovo in questo ospedale”; “io non so, professore, come può essere qui adesso, questo non è il mio lavoro, dovrebbe saperlo Lei, se credessi che non sia possibile, non avrei rispetto”. Riconoscendo anche alcuni pazienti, che lei associava all’ospedale precedente, cercava di spiegarsi tutto ciò, sostenendo che il passaggio tra le due cliniche, dello stesso professore, faceva parte di un percorso prefissato. Quando di fronte a certe domande si trovava in difficoltà, preferiva non rispondere perchè ritenute ridicole. Dopo un pò di tempo, iniziò a sostenere che le due cliniche si trovavano semplicemente a piani diversi, e nell’arco della giornata aveva possibilità di cambiare clinica, e di conversare per qualche ora con le vecchie conoscenze. Come avanti sarà esplicitato nei successivi paragrafi, questo fenomeno venne interpretato come uno specifico disturbo di memoria. In realtà, un fenomeno simile, era già stato riportato nel 1788 dalla naturalista svizzera Charles Bonnet, che descriveva una paziente convinta di essere morta (quello che oggi sarebbe chiamato delirio di Cotard) e di essere in un altro posto (quella che oggi sarebbe chiamata paramnesia reduplicativa per i luoghi) (Forstl, 1992). Successivamente Henry Head, Paterson e Zangwill (Head, 1926; Paterson & Zangwill, 1944), descrissero alcuni soldati che avevano la convinzione delirante che l’ospedale si trovasse nella loro città natale; in questi casi la causa veniva semplicemente associata al trauma cranico. Nel 1976, Benson descrisse altri tre pazienti che mostravano sintomi simili (Benson et al., 1976). Non solo si limitò a descrivere la paramnesia reduplicativa che colpì i suoi pazienti, ma cercò anche di spiegare il fenomeno in termini di deficit neurocognitivo. Questo fu uno dei primi tentativi per dare una spiegazione neuropsicologica al disturbo. 33 1.2.2. Epidemiologia La paramnesia reduplicativa è stata descritta più frequentemente in associazione con i disturbi neurologici (Forstl et al., 1991; Fleminger, 1994). Sporadicamente è stata descritta in associazione ai quadri psichiatrici (Förstl, 1991; Harciarek & Kertesz, 2008; Devinsky, 2009). In modo più specifico, è stato visto che la paramnesia reduplicativa per i luoghi è più comune nei casi con disturbi organici cerebrali, mentre la paramnesia reduplicativa per le persone è più comune nei disturbi psichiatrici (Fleminger, 1993). Per quanto riguarda le condizioni organiche, la paramnesia reduplicativa compare principalmente a seguito di lesioni cerebrali da trauma cranico e nelle demenze (corpi di Lewy e Alzheimer) (Weinstein, 1954; Forstl, 1991). Seguono poi le altre cause: ictus, tumori, ematomi, disturbi tossici, disturbi metabolici (Moser et al., 1998), infezioni (Signer, 1992) ed encefalopatie di vario genere (Cummings, 1985). Nella maggior parte di questi studi è stata trovata un’importante associazione tra la paramnesia reduplicativa e l’emisfero destro (Benson et al., 1976; Hayman & Abrams, 1977; Alexander et al., 1979, Quinn, 1981; Fisher, 1982; Forstl et al., 1991). Uno studio più specifico, effettuato su pazienti con Demenza a corpi di Lewy ha evidenziato una prevalenza del 6% per quanto riguarda la paramnesia reduplicativa per i luoghi e del 16% per quanto riguarda la paramnesia reduplicativa in generale (Nagahama, 2007). Un’ulteriore indagine sulle patologie neurodegenerative (Harciarek & Kertesz, 2008), ha ottenuto una prevalenza più rara: i pazienti affetti da patologia di Alzheimer, mostravano nel 7,4% di casi, paramnesia reduplicativa per i luoghi, associata a sindrome di Capgras; nell’1,5% di casi, paramnesia reduplicativa per i luoghi isolata; nell’1% dei casi, paramnesia reduplicativa per i luoghi associata al cosiddetto “delirio del coinquilino fantasma”. Nei pazienti affetti da Demenza a corpi di Lewy, il 16,6% dei casi mostrava sindrome di Capgras, ma nessuno mostrava paramnesia reduplicativa per i luoghi. Nei pazienti affetti da demenza semantica, il 4,2% dei casi mostrava paramnesia reduplicativa per i luoghi 34 associata a sindrome di Capgras. Nessuno dei pazienti con Demenza frontotemporale, con Malattia di Parkinson, degenerazione cortico basale, paralisi sopranucleare progressiva, afasia progressiva primaria, mostravano sindromi deliranti da misidentificazione. Nonostante i dati siano ancora controversi, vari studi hanno accertato la frequente coesistenza della paramnesia reduplicativa per i luoghi e della sindrome di Capgras, nella demenza a corpi di Lewy (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994). La paramnesia reduplicativa per i luoghi, nella maggioranza dei casi è associata con fenomeni reduplicativi multipli (Bender et al., 1949; Weinstein et al., 1952, 1955, 1969). 1.2.3. Espressione clinica Preso dallo studio di Benson e colleghi (1976), l’estratto che segue illustra alcune delle caratteristiche principali del disturbo (come il caso storico di Pick, sopra descritto). Il paziente aveva subito un trauma cranico, in seguito ad una caduta all’interno della sua abitazione. L’impatto aveva causato frattura cranica, con danno frontale biemisferico (anche se più pronunciata a destra) per la formazione di ematomi intracerebrali: “Pochi giorni dopo il ricovero presso il Centro di terapia neurocomportamentale, l’orientamento temporale era conservato, poteva riferire qualsiasi dettaglio dell’incidente (come riferito a lui da altri), riusciva a ricordare i nomi dei suoi medici ed era assolutamente in grado di apprendere nuove informazioni e mantenerle nel tempo per un tempo indefinito. Mostrava tuttavia un anomalo disorientamento legato al luogo. Mentre aveva imparato rapidamente e si era ricordato di trovarsi al Jamaica Plain Veterans Hospital (anche conosciuto come il Boston Veterans Administration Hospital), egli sosteneva insistentemente che l’ospedale si trovava a Taunton, Massachusetts, la sua città natale. Sottoposto a domande specifiche, rispondeva, ed era assolutamente consapevole che il Jamaica Plain era situato a Boston, ammettendo che fosse molto strana la 35 presenza di due Jamaica Plain Veterans Hospitals. Tuttavia insisteva che era attualmente ricoverato in una sezione distaccata di questo ospedale, situata a Taunton. Ad un certo punto iniziò a sostenere che l’ospedale si trovava nella stanza degli ospiti della propria casa.” Sulla base dei vari studi presenti in letteratura, possiamo quindi elencare una serie di aspetti riscontrati frequentemente nella paramnesia reduplicativa per i luoghi: - molto spesso ad essere trasferito o duplicato, è un luogo familiare, come ad esempio la propria casa (o comunque luoghi che il paziente conosce bene); occasionalmente può succedere che il paziente creda che risiedono in luoghi più fantastici ed esotici (Fisher, 1982). Alcuni pazienti non riescono ad identificare il loro ambiente, ma non lo raddoppiano. - I pazienti con paramnesia reduplicativa, spesso confabulano, confondendo memoria ed immaginazione. Come la confabulazione, la paramnesia reduplicativa per i luoghi è di solito associata a disturbo mnesico, disorientamento temporale e deficit delle funzioni esecutive, e spesso risultano alterate anche le abilità visuospaziali e l’orientamento geografico (Kapur & Coughlan, 1980; Benson et al., 1996). - Nonostante queste difficoltà i pazienti riconoscono comunque molti luoghi familiari, punti di riferimento ed oggetti familiari. - Sono spesso compromesse funzioni come l’auto-regolazione, la meta-memoria, e la loro convinzione è resistente ad ogni tentativo di critica, nonostante alcuni pazienti sembrino essere consapevoli dell'assurdità di ciò che sostengono. - Aspetti psicologici (come i desideri, le motivazioni, ecc…) possono influire sulla scelta del luogo in cui collocare lo stimolo duplicato: nella maggior parte dei casi viene collocato dentro o vicino alle loro case e città di origine (Turnbull et al., 2004). - Nei casi che si risolvono, i pazienti tendono spesso a spiegarsi questi aspetti come desideri (es. desiderio di essere a casa) (Ruff & Volpe, 1981). 36 - Il paziente non riferisce mai esplicitamente in cosa consistono le differenze tra i due luoghi. 1.2.4. Teorie eziologiche Anche per la paramnesia reduplicativa per i luoghi, come per la sindrome di Capgras, le teorie presentate sono state molteplici. Ho cercato di suddividerle in vari modelli a seconda del fattore eziologico considerato, nonostante i confini non siano così chiari, visto che molti modelli neuropsichiatrici si basano su quelli cognitivi (come si vedrà più avanti, per comodità alcuni modelli non sono stati correttamente inseriti, ma sono stati affiancati a quelli che si basavano sullo stesso concetto di causa eziologica). Modelli psicologici • Iniziali spiegazioni psicodinamiche, affermavano che la paramnesia reduplicativa non era direttamente collegata a lesioni cerebrali, ma originava da un motivato rifiuto della malattia, in particolare, come sostenevano Weinstein e Kahn (1955), nei pazienti che consideravano la malattia “una debolezza, un’imperfezione o una disgrazia” (Weinstein & Kahn, 1955). • Oltre ad aspetti come la negazione della malattia, si è cercato di dare una spiegazione a tale sindrome anche tramite fenomeni di depersonalizzazione o derealizzazione (Luzzatti et al., 1996), tipicamente presenti in pazienti con danno bilaterale orbito-frontale caudale (Feinberg & Roane, 2003). • Altri ricercatori, accettarono invece che il danno cerebrale rivestiva un importante fattore, ma sostenevano che il disorientamento legato al luogo, fosse una “reazione isterica”, motivata dal desiderio di tornare a casa. Essi sostenevano che “il fortissimo desiderio era in grado di inibire i normali meccanismi cognitivi che solitamente si occupano dell’orientamento”, portando così a creare un doppio ambiente, ed a cercare spiegazioni confabulatorie per dare un senso a tutto ciò (Paterson & Zangwill, 1944). • Sempre in merito alla correlazione tra disturbo organico e processi psicologici, Fleminger ha proposto un modello basato sulla loro 37 interazione. Argomento centrale del modello è il processo preconscio di percezione, con l’inversione della classica relazione tra disturbo organico e comparsa del delirio: la percezione è la conclusione di un’inferenza induttiva inconscia. In altre parole: I) le aspettative influenzano un’ipotesi percettiva; II) l’ipotesi è confrontata con le informazioni sensoriali ed il risultato è la base per le esperienze; III) la validità dell’esperienza percepita è poi valutata coscientemente in relazione al suo contesto. Il giudizio sbagliato di un paziente con demenza faciliterà l’accettazione dell’esperienza percepita sbagliata. Tale percezione, una volta accettata influenzerà tutte le future spiegazioni e selezioni d’ipotesi percettive congruenti. Quindi, se in generale le aspettative (processamento inconscio) pregiudicano le loro percezioni, nel caso qui specifico le aspettative influenzano e poi rinforzano lo sviluppo di percezioni errate e di conseguenti deliri. Considerando che un buon funzionamento cognitivo previene questo funzionamento ciclico, questa teoria evidenzia l’orientamento che disturbi psicologici e disturbi cerebrali organici non possano essere considerate due cause separate di questa sindrome (Fleminger, 1994). • Proprio in merito all’importanza del danno cerebrale, Feinberg ha sviluppato una teoria sulla neuropatologia del Sé, includendo all’interno anche le sindromi deliranti da misidentificazione, perché considerate come un disturbo del Sé e dell’identità che insorge con la neuropatologia ed include disturbi del corpo, relazionali e di narrazione del Sé. Le lesioni fronto-mediali ed orbitofrontali sono state associate con queste condizioni. La teoria di Feinberg, “ego disequilibrium theory”, propone che questo tipo di patologia cerebrale provochi un disturbo dei confini e delle funzioni dell’Io, con la conseguente insorgenza di difese psicologiche (negazione, proiezione, scissione), di stili di pensiero immaturi, di funzionamento dell’Io alterato, e di fantasie che il paziente ha in comune con i bambini (le funzioni difensive immature e le fantasie tendono ad essere sostituite dalle difese mature e dall’inibizione di certe fantasie, tra i 3 e i 7 anni, con la maturazione dell’emisfero destro). Questa alterazione crea globalmente un disequilibrio tra il Sé ed il mondo 38 circostante, ma allo stesso tempo il risparmiato emisfero sinistro, attiva delle difese, in gran parte verbali (come quelle sopra citate) (Feinberg, 2011). Modelli neuropsicologici La maggior parte delle moderne teorie, tuttavia, suggeriscono che il disturbo è causato dalla lesione delle aree cerebrali, responsabili della familiarità, dell’orientamento e delle funzioni mnesiche. • A riguardo, molto interessante è stata l’originale spiegazione di Pick, il quale sosteneva che il meccanismo responsabile di questo disturbo fosse la poca efficienza della memoria cosciente: la duplicazione era dovuta ad un “attacco convulsivo” che interrompeva la memoria cosciente. Questo disturbo veniva definito come un’“illusione della memoria”, un falso ricordo, a causa del fatto che il paziente era incapace di integrare una recente osservazione con le memorie immagazzinate precedentemente (premorbose), ed inoltre veniva persa la continuità degli eventi: aveva osservato che dopo un’interruzione temporanea nel corso degli eventi (indotta da un sonno breve) il paziente non era più consapevole della continuità degli eventi, e credeva che certi eventi fossero stati duplicati; dormire e sognare può quindi dare luogo ad una interruzione della continuità degli eventi, ma può dare luogo anche ad un alterato stato di coscienza, in cui sogno e realtà quotidiana non si distinguono. Pick suggerì inoltre che poteva essere correlato ad un alterato senso di familiarità, al punto che era impedita la corretta identificazione (Pick, 1903). • Alexander e colleghi spiegarono la paramnesia reduplicativa come conseguenza di un’associazione tra alterato senso di familiarità che non permetteva la corretta identificazione, e danneggiate abilità esecutive (di astrazione e di ragionamento) che contribuivano a mantenere il delirio senza risolverlo. Questi pazienti erano sicuri di essere in una casa identica duplicata, basandosi sulle identiche caratteristiche fisiche dell’ambiente, ma soprattutto sull’esperienza soggettiva ed emotiva che non sperimentavano. Inoltre, a conferma di ciò, durante le varie valutazioni, questi pazienti avevano alterate risposte emotive nel parlare della propria abitazione, non esprimevano risposte diverse di fronte ad immagini 39 • • • • familiari e non familiari, e reagivano in modo drammatico quando gli veniva chiesto di immaginare e descrivere i suoi sentimenti, nel realizzare di essere in una casa duplicata (Alexander et al., 1979; Moser et al., 1998). Anche altri autori si sono concentrati su un disturbo del senso di familiarità (Christodoulou, 1986; Feinberg & Shapiro, 1989), che impedisce al paziente il riconoscimento e l’identificazione di stimoli ambientali. Simile quindi ad un selettivo persistente “jamais-vu”, ovvero quando gli stimoli ambientali che dovrebbero evocare un forte senso di familiarità personale appaiono simili ma non familiari, oppure ad un “déjà-vu”, cossichè uno stimolo ambientale non familiare (mai visto prima) viene percepito erroneamente come familiare. La responsabilità di un danneggiato senso di familiarità, fu ipotizzata in un disturbo emisferico destro, in particolare del lobo temporale. Continuando su questo filone, alcuni autori (Ellis & Young, 1990) sostenevano che la paramnesia reduplicativa può semplicemente essere considerata una percezione non affiancata dal dovuto senso di familiarità, collocandola in continuum di sindromi deliranti di false esperienze di familiarità, in cui nel polo positivo troviamo ai due estremi il “déjà-vu” da una parte, e le sindromi deliranti da misidentificazione dall’altra. La differenziazione è basata sulla severità del disturbo al test di realtà in quanto ad intensità, durata e pervasività: la paramnesia reduplicativa per esempio mostra un test di realtà completamente distorto, di durata prolungata, con costante convinzione del loro delirio e con i conseguenti comportamenti che da questo ne deriva (Sno, 1994). Anche Feinberg in lavori più recenti ha proposto che la spiegazione della paramnesia reduplicativa sia legata ad una alterazione della familiarità per quel luogo, ma ciò deriverebbe da una disregolazione degli aspetti emotivi (Feinberg et al., 2003, 2005). Un recentissimo studio di Lee, su un caso singolo ha ipotizzato una 40 correlazione tra paramnesia reduplicativa e lesione destra dell’area che collega la corteccia prefrontale con la corteccia peririnale (responsabile dell’attribuzione di familiarità) (Lee et al., 2011). • Un altro studio molto recente di Gerace, ha ipotizzato che la paramnesia reduplicativa fosse correlata ad una disfunzione isolata del flusso visuolimbico: la sua casa non era "casa sua" perché lei aveva temporaneamente perso il senso di familiarità per la sua casa, potendola così riconoscere esplicitamente, ma non implicitamente, perché non sentiva questa casa come “sua”; di conseguenza lei doveva avere per forza un’altra casa. L'idea di un’isolata e temporanea disfunzione visuo-limbico è supportato dall’improvviso miglioramento dopo trattamento neurochirurgico per meningioma del lobo temporale e dall'assenza di altri sintomi mentali e cognitivi accuratamente indagati (Gerace, 2011). • Alcuni ricercatori hanno invece indagato, come causa della paramnesia reduplicativa, il disorientamento spaziale (Weinstein & Friedland, 1977; Ruff & Volpe, 1981), nonostante l’incapacità di poter spiegare la selettività e la qualità delirante di questa sindrome. • Numerosi autori hanno invece attribuito il fenomeno reduplicativo ad un disturbo primario di memoria (Staton et al., 1982; Ewert et al., 1985; Kapur et al., 1988): se nuove informazioni possono essere registrate, ma non integrate con le memorie passate (premorbose), può insorgere il fenomeno reduplicativo. Recenti e passate memorie sarebbero quindi organizzati in due magazzini differenti, tra loro disconnessi a causa dell’essenziale distruzione della connessione occipito-ippocampale (Fleminger & Burns, 1993). In particolare Staton, secondo questa interpretazione (disconnessione delle memorie passate dalle memorie visive attuali), riferiva che una lesione che interrompe la connessione tra area parieto-occipitale destra e regione fronto-temporale, può dare paramnesia reduplicativa (Staton et al., 1982). 41 L’interpretazione di una eziopatogenesi mnesica primaria è stata spesso messa in dubbio, in quanto non in grado di spiegare la selettività di target che la paramnesia reduplicativa mette in evidenza (spesso un solo luogo, per esempio). • Patterson e Pack proposero tre deficit, necessari per lo sviluppo della sindrome: un problema percettivo (legato alla qualità delle informazioni in arrivo), un disturbo di memoria ed una difficoltà nell’integrare vari materiali, in cui è implicata una disfunzione del lobo frontale (Patterson & Mack, 1985). Modelli neuropsichiatrici A) Modelli di disconnessione Oltre ad alcuni modelli di disconnessione già trattati nel capitolo precedente (inseriti per comodità, insieme alle altre teorie che consideravano la stessa funzione cognitiva) posso citare: • Kapur e colleghi: sostengono che una lesione frontale destra può disconnettere le strutture temporolimbiche, portando ad un preservato senso di familiarità per luoghi e volti, che il paziente non può però identificare: l’interruzione tra l’area frontoparietotemporale e le aree limbiche dissocia gli stimoli e il loro significato emotivo (Kapur et al., 1988). • Vari studi hanno invece trovato una significativa ipoperfusione nel circuito limbico (ippocampo di sinistra) e nelle strutture paralimbiche (insula di sinistra e il giro frontale inferiore di sinistra) sostenendo l’ipotesi che la paramnesia può derivare da una discordanza tra aspetti emotivi percepiti e immagini della memoria (Signer, 1987; Cristodoulou, 1991; Weinstein, 1994; Hirstein & Ramachandran, 1997; Ellis & Lewis, 2001). • Budson e colleghi, sulla base di uno studio su caso singolo, ha suggerito che il danneggiamento del flusso ventrale del sistema visivo, che collega le aree della corteccia visiva con entrambe le aree di processamento visivo del lobo temporale inferiore, e con la regione paraippocampale non dominante (responsabile della memoria visiva), potrebbe produrre un disorientamento visuo-spaziale e una scarsa integrazione con le povere 42 funzioni mnesiche. Da numerosi studi sappiamo che le aree temporali (compreso l’ippocampo) interagiscono con i lobi frontali durante la codifica ed il recupero in memoria; questo suggerisce che danni frontali potrebbero portare a tale condizione (Budson et al., 2000). • Ulteriore ipotesi in termini di disconnessione, è stata presentata da Hudson e Grace: la paramnesia reduplicativa insorgerebbe in seguito ad una disconnessione tra giro paraippocampale (specifico per l’identificazione di volti e luoghi) ed aree temporali anteriori e mediali inferiori (responsabili della memoria episodica a lungo termine e dei meccanismi per il recupero dell’informazione, fondamentali per il riconoscimento visivo) (Hudson & Grace, 2000). B) Modelli di lateralizzazione • Alcuni autori hanno descritto, in associazione alla paramnesia reduplicativa per i luoghi, lesioni limitate esclusivamente al lobo frontale destro (Head, 1926; Durani et al., 1991). • Benson e colleghi, collegandosi al modello precedentemente illustrato tra quelli cognitivi (Alexander et al., 1979), sostenevano che la responsabilità fosse di una lesione che intaccava l’emisfero destro, e di un danneggiamento della regione bifrontale: i danni all’emisfero destro, rendevano i pazienti insicuri sulle informazioni percepite ed incapaci di mantenere l’orientamento, a causa di un disturbo visuopercettivo e della memoria visiva; mentre il danneggiamento del lobo frontale, in caso d’informazioni contrastanti, rendeva difficile risolvere tale problema, portando così a conclusioni premature; tali conclusioni errate rimanevano stabili e risultava impossibile inibirle o sconfermarle (ciò che avviene nei deterioramenti cognitivi). Inoltre la sindrome persisteva anche con il miglioramento della memoria, sconfermando le teorie che sostenevano che, alla base della sindrome, vi fosse un disturbo primario di memoria (Benson et al. 1976; Alexander et al., 1979). • Rohrenbach e Landis, si concentrarono invece esclusivamente su una patologia di tipo bifrontale, che causava disturbi che riflettevano una impossibilità di comunicazione tra i due emisferi: “anterior split brain”. 43 Questi autori supponevano, che in caso di lesione frontale vi fosse un’incapacità a risolvere conflitti su informazioni contrastanti (come spiegato sopra), e durante i processi d’integrazione tra recupero delle informazioni memorizzate e processi valutativi è necessario confrontare le nuove informazioni (in questo caso sui luoghi) con quelle già memorizzate. Un isolamento (split brain) del sistema emisferico sinistro verbale dalle informazioni dell’emisfero destro può spiegare le associazioni mnesiche errate e le bizzarre, ma razionali spiegazioni verbali. Come Benson (Benson et al., 1976) anche questi autori, nello spiegare la reduplicazione che sviluppavano i loro pazienti in ospedale, ritenevano importanti tre aspetti: poca esperienza di essere un paziente in un ospedale; circostanze confuse dopo un ricovero ed una lesione cerebrale; e l’integrazione di molte nuove informazioni con le esperienze passate riguardanti lo stesso luogo. Di conseguenza, se certe informazioni non possono essere integrate, se la capacità di sconfermare certe inferenze è limitata, la trasformazione della prima impressione di un nuovo luogo in uno familiare sembra essere molto convincente (Rohrenbach & Landis, 1995). • Numerosi lavori hanno evidenziato che, anche se a predominare, è l’emisfero destro, soprattutto frontale, in vari casi è stato trovato un coinvolgimento anche del temporale e del parietale (Ruff & Volpe, 1981; Fisher, 1982; Kapur & Turner, 1988; Murai et al., 1997; Moser et al., 1998; Budson et al., 2000; Yamada et al., 2003). • In uno studio effettuato nel 2005 da Feinberg, su pazienti con paramnesia reduplicativa, questi furono i dati ottenuti: le lesioni erano destre nel 52% dei casi, bilaterali nel 41% dei casi, e sinistre nel 7% dei casi. Inoltre trovò che mentre il mal funzionamento frontale era fondamentale per lo sviluppo del delirio, per quanto riguarda il lobo temporale era stato visto che, quando coinvolto, i luoghi familiari venivano riconosciuti come estranei (ciò che avviene nei deterioramenti cognitivi), mentre, quando non coinvolto, i luoghi estranei venivano riconosciuti come familiari (Feinberg, 2005). • In letteratura è stato descritto un caso, in cui il paziente sviluppava paramnesia reduplicativa in seguito a lesione del corpo calloso (Bez & 44 Nurmendov, 2007). • Altri autori, basandosi sui dati riportati in letteratura e sopra descritti, non si ponevano dubbi sull’importanza del danneggiamento dell’emisfero destro nel contribuire a sviluppare la paramnesia reduplicativa, ma si concentravano invece sul fatto se sia sufficiente a causarla oppure no (Kapur et al., 1988; Murai et al., 1997; Pisani et al., 2000). Altri modelli • Sulla base dei modelli precedentemente presentati, e sulla base dell’importanza che l’emisfero destro ricopre in questa sindrome, Sellal ha ampiamente sostenuto questo punto di vista, collegandosi anche molto alla letteratura sulla confabulazione, in cui i pazienti sembrano ricordare falsi ricordi, senza alcuna consapevolezza che sono falsi, spesso anche in presenza di un danneggiamento del lobo frontale (Sellal et al., 1996). A riguardo sono state provate varie spiegazioni, come per esempio: - incapacità a mantenere un preciso ordine temporale ai ricordi (attribuzione del corretto contesto temporale alle tracce di memoria) in seguito ad una disconnessione tra corteccia orbitofrontale ed amigdala, attraverso i nuclei talamici. La confabulazione insorgerebbe per l’incapacità di confrontare le esperienze attuali con le memorie degli eventi passati e per l’incapacità di reprimere tracce mnesiche irrilevanti (Shinder et al., 1996; 2003); - oppure un disturbo di recupero mnesico strategico, di cui sono responsabili le funzioni frontali: consapevolezza, recupero d’informazioni autoguidato, ecc.. La confabulazione insorgerebbe nel processo di recupero, nel seguire l’ordine temporale, nel monitorare l’output dell’informazione e la sua concordanza (Moscovitch, 1989, 1995, 1997). La DMS insorgerebbe nell’ambito di questa confusione, spiegando per esempio il motivo per cui questi pazienti hanno difficoltà a riconoscere se erano già stati in un luogo oppure no, se è familiare oppure no, ecc.. Oltre alle numerose sconferme neuroanatomiche che erano state trovate per queste ipotesi, Paterson e Zangwill, ma anche altri autori come Weinstein, differenziarono questa sindrome dalla confabulazione, in quanto questi 45 pazienti non erano in grado di correggersi, e questo non poteva essere spiegato come un semplice disturbo di memoria, ma come un aspetto delirante (Patterson & Zangwill, 1944; Weinstein, 1996). Una lesione emisferica destra è collegata anche all’anosognosia, dove i pazienti sono assolutamente inconsapevoli delle proprie difficoltà (molto spesso descritta in seguito a danni derivanti da lesioni cerebrali), suggerendo un possibile collegamento con la mancanza di consapevolezza visto in questo disturbo. • Margariti e Kontaxakis hanno considerato la DMS un disturbo d’identificazione: il disturbo si verificherebbe in una fase in cui viene attribuita identità al luogo, piuttosto che semplicemente ad un livello di riconoscimento. L’identità, per definizione comprende il concetto di unicità, e quindi l’integrazione d’informazioni affettive, personali, e percettive, integrando informazioni mnesiche recenti e remote. L’anomalia sarebbe proprio considerata un instabile processo identificativo (Margariti, M., & Kontaxakis, V., 2006). 46 2. DEMENZA CON CORPI DI LEWY 2.1. Definizione La Demenza con corpi di Lewy (DLB), oggi considerata la più comune causa di demenza dopo la Malattia di Alzheimer, prende il nome da caratteristiche inclusioni intracitoplasmatiche neuronali, chiamate Corpi di Lewy, così chiamate in onore dell’omonimo neurologo e psichiatra tedesco Friedrich Lewy, il quale, nel 1912, individuò tali inclusioni a livello del nucleo motore dorsale del nervo vago e del nucleo basale di Meynert in pazienti affetti da Malattia di Parkinson (Marui et al., 2004). 2.2. Epidemiologia La Demenza con corpi di Lewy (DLB) costituisce circa il 25% di tutte le forme di demenza osservate in età senile, seconda solo alla Malattia di Alzheimer. Sestini e colleghi hanno riportato alcuni dati di prevalenza, correlandoli all’età: la DLB rappresenterebbe il 22% di tutte le forme di demenza nei pazienti con più di 75 anni, ed il 5% nei pazienti con più di 85 anni. Il rapporto tra uomini e donne è di 1:1. L'età media di comparsa è 77,2 anni (range 55-91 anni). Il tempo medio intercorrente tra l’esordio clinico e la diagnosi di DLB è di circa 2,5 anni (Sestini et al., 2008). E' stata osservata familarità per demenza nel 24,5% dei casi. Nonostante la maggior parte dei pazienti sia affetta da una forma sporadica di Demenza con corpi di Lewy, è stato descritto un numero ristretto di famiglie con alta prevalenza, suggerendo che fattori genetici possano contribuire alla patogenesi. Un recente studio ha individuato un gene delle forme familiari di DLB nel 2q35-q36 (Bogaerts et al., 2007). 2.3. Neuropatologia Dal punto di vista neuropatologico il coinvolgimento a livello corticale riguarda, le regioni entorinali, la corteccia associativa fronto-temporoparietale, la corteccia del cingolo e l’amigdala; a livello sottocorticale 47 riguarda la substantia nigra, il nucleo basale di Meynert e del locus coeruleus. Esami PET evidenziano ipometabolismo temporo-parietale e, in alcuni casi, occipitale bilaterale. I sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti sono il sistema colinergico, dopaminergico e noradrenergico. Le lesioni caratteristiche di questa patologia sono rappresentate dai corpi di Lewy, inclusioni intracitoplasmatiche classicamente associate alla Malattia di Parkinson. Mentre nella Malattia di Parkinson si presentano con maggiore densità nei nuclei del tronco encefalico (sostanza nera, nucleo basale di Meynert, locus coeruleus, nucleo dorsale del vago), nella DLB sono presenti in maniera diffusa anche nell’ippocampo e a livello della corteccia cerebrale (Jellinger, 2006). I corpi di Lewy si riscontrano con relativa frequenza anche in altri tipi di patologie neurodegenerative e, talora, anche nel cervello anziano normale; è per tale motivo che la DLB, fino ad ora considerata un’entità nosologica a sé stante, viene attualmente ritenuta parte di un gruppo di malattie il cui fenotipo clinico può essere ricondotto direttamente alla presenza di corpi di Lewy, denominate “Lewy Body Disorders”. 2.4. Aspetti clinici Sotto il profilo clinico, la Demenza con corpi di Lewy, esordisce abitualmente con un decadimento cognitivo progressivo fluttuante con caratteristiche cortico-sottocorticali, associato molto frequentemente ad allucinazioni visive (strutturate, vivide, ricorrenti) presenti sin dall’esordio, ed a parkinsonismo prevalentemente ipocinetico-rigido. Altre manifestazioni cliniche tipiche sono rappresentate da disturbi del comportamento, della regolazione cardio-pressoria e della coscienza (caratteristici soprattutto della fase florida della malattia), da una spiccata sensibilità ai neurolettici, dalla presenza di disturbi del sonno REM e di disfunzione autonomica. La diagnosi di DLB viene posta in accordo a criteri clinici revisionati nel 2005 dal DLB consortium, che, rispetto alla precedente edizione del 1996, ha introdotto tra le caratteristiche di supporto e suggestive per la diagnosi, la positività di alcuni esami strumentali (Farina et al., 2009). 48 Disturbi cognitivi Il decadimento cognitivo, in molti casi sintomo d’esordio della DLB, si presenta tipicamente con episodi ricorrenti di confusione mentale su uno sfondo di deterioramento progressivamente ingravescente. I deficit neuropsicologici mostrati, sulla base delle aree citate nel capitolo della neuropatologia, sono sia di tipo corticale che sottocorticale: marcati disturbi dell’attenzione, di memoria (alterazione meno severa rispetto ai pazienti con Malattia di Alzheimer), di fluenza verbale, deficit delle funzioni esecutive, delle abilità visuo-costruttive e visuo-spaziali. In una percentuale che va dal 45 al 90% dei casi di pazienti con DLB, si rilevano fluttuazioni della performance cognitiva e funzionale, che consistono in episodi d’improvvisa alternanza tra confusione e lucidità. Tali fluttuazioni si manifestano con estrema variabilità nella durata (minuti o ore) e nello stato di vigilanza. Sintomi psichiatrici • Allucinazioni I sintomi dispercettivi nella DLB sono già evidenti nelle fasi precoci. Le allucinazioni sono prevalentemente visive, dettagliate, spesso ad esordio notturno, ricorrenti, con una prevalenza prossima all’80% durante il corso della malattia. Di solito sono caratterizzate da immagini animate vivide, colorate, tridimensionali, e generalmente mute. Nei pazienti con allucinazioni, è stata osservata una riduzione marcata di acetiltrasferasi a livello corticale, specialmente nella corteccia temporale e parietale ed è stato ipotizzato che lo sbilanciamento tra neurotrasmettitori monoaminergici e colinergici possa contribuire alla genesi del fenomeno dispercettivo. Alcuni autori hanno suggerito che le allucinazioni potrebbero derivare dall’associazione di un deficit nella processazione degli stimoli ambientali e una meno dettagliata evocazione delle esperienze, combinate con una normale percezione visuo-spaziale ed una conservata generazione di immagini. Rispetto ai pazienti con Malattia di Alzheimer le allucinazioni sembrano essere più gravi e persistenti: per esempio i pazienti con DLB, lamentano 49 un numero maggiore di episodi, sono maggiormente disturbati dalle loro psicosi, riferiscono una maggiore persistenza dei sintomi psicotici e riportano anche una frequenza maggiore di allucinazioni uditive. • Deliri Oltre alle allucinazioni, la DLB si associa ad una maggiore frequenza di deliri paranoidi e soprattutto deliri di misidentificazione con prevalenza compresa tra il 13 ed il 75%. Questi possono manifestarsi sotto varie forme tra le quali le più frequenti sono la sindrome di Capgras, la paramnesia reduplicativa per i luoghi, ecc…. (sopra riportate). Parkinsonismo Il parkinsonismo, presente all’esordio nel 40% circa dei casi e con maggiore frequenza negli stadi più avanzati di malattia, è tra i requisiti diagnostici della DLB. Studi di confronto sulle caratteristiche del parkinsonismo hanno messo in evidenza che le caratteristiche del disturbo motorio sono del tutto simili, o anche più invalidanti, nella DLB rispetto alla malattia di Parkinson, con o senza demenza. Nella DLB sono state descritte più frequentemente forme simmetriche, con prevalente rigidità e tremore a riposo ridotto. Il fenotipo “instabilità posturale-disturbo della deambulazione” è più rappresentato nella DLB, così come nella Malattia di Parkinson con demenza. Disturbi del sonno Il disordine comportamentale del sonno (RBD) correlato alla fase dei movimenti oculari rapidi (REM), recentemente aggiunto tra i criteri diagnostici di supporto per la DLB, è una parasonnia che si manifesta con sogni vividi, spesso a contenuto terrifico, associati ad un comportamento motorio più o meno complesso durante la fase REM; è abbastanza frequente la rilevazione di vocalizzazioni e/o di comportamento violento. Disautonomia Disturbi del sistema nervoso autonomo possono essere presenti nella DLB, di solito in seguito alla comparsa di disturbi cognitivi o, più raramente, 50 come sintomo d’esordio in associazione al parkinsonismo. Le manifestazioni più frequenti sono l’ipotensione ortostatica e l’ipersensibilità del seno carotideo, che sembrano essere più frequenti nei pazienti con DLB rispetto a quelli con malattia di Alzheimer, o ai controlli di pari età; anche l’incontinenza urinaria sembra essere più frequente negli stadi precoci di DLB che non nella malattia di Alzheimer. Disturbi dell’umore Analogamente alla malattia di Alzheimer, particolarmente frequenti nella DLB sono i sintomi depressivi con valori di prevalenza variabili dal 14 al 50%. Entrambe le forme di demenza presentano simili dati di prevalenza relativi alla diagnosi di Depressione Maggiore con valori intorno al 20%. Inoltre, come per lo stato cognitivo, nei pazienti con DLB la sintomatologia depressiva tende a manifestarsi in modo fluttuante, indipendente dal trattamento in atto, con periodi di relativo benessere alternati a periodi di grave angoscia tali da determinare soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, tentativi di suicidio. Relativamente frequente nella DLB è la presenza di ansia (30-40%), spesso sotto forma di ansia libera e generalizzata; sebbene non vi siano molti dati di comparazione con altre forme di demenza, gli studi disponibili indicano valori di prevalenza simili alla malattia di Alzheimer (Sestini et al, 2008). 2.5. Strumenti diagnostici La positività di alcuni esami strumentali, quali le metodiche di neuroimaging ed EEG, riveste un ruolo centrale soprattutto nella differenziazione della DLB da altre forme di demenza, in particolare dalla malattia di Alzheimer. La Risonanza Magnetica (RM) dell’encefalo evidenzia nella maggior parte dei pazienti affetti da DLB, una condizione di atrofia a carico delle strutture mediali del lobo temporale di grado significativamente inferiore rispetto ai pazienti con malattia di Alzheimer; questo dato correla, da un punto di vista clinico, con un minor coinvolgimento delle funzioni mnesiche nella DLB stessa. Alcuni autori hanno inoltre recentemente dimostrato anche un diverso tipo 51 d’interessamento dell’ippocampo: nella DLB l’atrofia riguarda infatti prevalentemente la regione anteriore e la regione mediana; nella malattia di Alzheimer è per lo più a carico della “coda” dell’ippocampo, zona che comprende le regioni dorsali. Nella DLB, infine, è stato documentato un maggior grado di atrofia a livello del putamen. Le metodiche di neuroimaging funzionale, SPECT e PET, permetteno di apprezzare nella DLB una marcata perdita di terminali pre-sinaptici dopaminergici a livello dello striato, con una stretta analogia con altre malattie extrapiramidali (Malattia di Parkinson, paralisi soprabulbare progressiva, atrofia multisistemica) ed una ipoperfusione a carico delle regioni occipitali, significativamente maggiore rispetto a pazienti con Alzheimer. In accordo ai criteri clinici del 2005 e alle linee guida, oltre alla SPECT, che ricopre il ruolo centrale nell’iter diagnostico della DLB, viene anche menzionato il ruolo dell’EEG, che mostra nella DLB un maggior rallentamento rispetto alla Malattia di Alzheimer e frequentemente la presenza di onde lente in sede fronto-temporale (Bozzali et al., 2006). 2.6. Criteri diagnostici della Demenza con Corpi di Lewy (McKeith et al., 2005) Caratteristica centrale (essenziale per la diagnosi di DLB possibile o probabile) 52 Demenza, intesa come un decadimento cognitivo progressivo di entità tale da interferire con le normali attività sociali o lavorative; un marcato deficit mnesico può non essere presente nelle fasi iniziali di malattia ma è generalmente presente con la sua progressione; può essere presente un preminente deficit attentivo, delle funzioni esecutive, delle abilità visuospaziali. Caratteristiche “core” (due delle seguenti caratteristiche sono sufficienti, insieme alla caratteristica centrale, per la diagnosi di DLB probabile, una per la diagnosi di DLB possibile) o fluttuazioni cognitive con marcate variazioni di attenzione e vigilanza; o allucinazioni visive ricorrenti, generalmente complesse e ben strutturate; o parkinsonismo. Caratteristiche suggestive (in presenza di una o più di queste caratteristiche, in associazione ad una o più caratteristiche “core”, si può porre diagnosi di DLB probabile; se non sono presenti caratteristiche “core”, una o più caratteristiche suggestive permettono di porre diagnosi di DLB possibile; la diagnosi di DLB probabile non può essere posta sulla base delle sole caratteristiche suggestive) o disturbi del sonno REM; o spiccata sensibilità ai neurolettici; o diminuito uptake del trasportatore della dopamina a livello dei nuclei della base dimostrato tramite PET o SPECT. Caratteristiche di supporto (presenti frequentemente ma prive attualmente di specificità diagnostica) o cadute e sincopi ricorrenti; o transitorie perdite di coscienza non altrimenti giustificabili; o disfunzione autonomica di grado severo (ipotensione ortostatica, incontinenza urinaria); o altri tipi di allucinazioni (soprattutto uditive); o deliri; o depressione; 53 o relativa integrità delle strutture temporali mediali (TC o RMN); o uptake di traccianti di perfusione (SPECT/PET) diffusamente diminuito con ridotta attività a livello occipitale. Caratteristiche che rendono meno verosimile la diagnosi di DLB o malattia cerebrovascolare; o presenza di altre malattie che possano giustificare il quadro clinico; o comparsa dei segni extrapiramidali nelle fasi avanzate di malattia. 2.7. Diagnosi differenziale La diagnosi differenziale si pone soprattutto nei confronti della Malattia di Alzheimer e della Malattia di Parkinson con demenza. Rispetto alla DLB, nella Malattia di Alzheimer sono più rare le allucinazioni, in particolare nelle fasi lievi-moderate di malattia, mentre nella DLB i sintomi dispercettivi sono già evidenti nelle fasi precoci; analoghe considerazioni valgono per il parkinsonismo, l’incontinenza urinaria e le cadute. Nella Malattia di Parkinson con demenza il deterioramento cognitivo esordisce dopo alcuni anni rispetto ai sintomi motori, mentre per la DLB vale la regola di 1 anno, ovvero insorge a meno di un anno dalla comparsa dei disturbi extrapiramidali. Una difficoltà diagnostica può venirsi a creare di fronte alla DLB senza parkinsonismo all’esordio: in questo caso le peculiarità cognitive e psichiche, la presenza di caratteristiche suggestive e di supporto, esami SPECT ed EEG, dovrebbero indirizzare verso una corretta diagnosi. 2.8. Approccio terapeutico La terapia della DLB è particolarmente complessa in quanto i pazienti con DLB sembrano essere particolarmente vulnerabili agli effetti antidopaminergici ed anticolinergici dei neurolettici convenzionali, rendendo problematico il trattamento dei sintomi psicotici. Infatti, quando trattati con i neurolettici convenzionali, sviluppano facilmente o peggiorano i sintomi extrapiramidali e possono incorrere nelle complicazioni potenzialmente fatali. Solo i neurolettici atipici più recenti 54 (quetiapina e clozapina in particolare) sembrano candidati al trattamento delle psicosi nel corso della DLB. La favorevole risposta agli anticolinesterasici, in grado di migliorare i sintomi cognitivi e psichiatrici senza indurre variazioni dei sintomi parkinsoniani durante il trattamento è nota. In particolare e’ stata recentemente dimostrata l’efficacia della rivastigmina nel determinare un miglioramento sia dello stato cognitivo che dei disturbi comportamentali. Per quanto riguarda il trattamento dei sintomi motori, i dati della letteratura sono ancora pochi e controversi. Uno studio sulla risposta in acuto alla levodopa ha dimostrato una risposta positiva nel 36% dei pazienti affetti da DLB (Sestini et al., 2008). 55 3. SINDROME DI CAPGRAS E PARAMNESIA REDUPLICATIVA NELLA DEMENZA CON CORPI DI LEWY Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, i sintomi neuropsichiatrici costituiscono caratteristiche cliniche fondamentali nella demenza con corpi di Lewy e negli ultimi anni hanno sollevato un interesse crescente nell'ambito della neurologia e della psichiatria (Hirono & Cummings, 1999). 3.1. Indagini epidemiologiche Vari studi hanno accertato la frequente coesistenza della paramnesia reduplicativa per i luoghi e della sindrome di Capgras, nella demenza con corpi di Lewy (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994). Nonostante questo, i dati sono ancora controversi. Simard ha svolto uno studio retrospettivo sui sintomi cognitivi e comportamentali nella Malattia a corpi di Lewy. Le sindromi da errato riconoscimento, sono risultati i deliri più frequenti nella malattia a corpi di Lewy interessando il 32,72% dei pazienti (89 su 272 casi), similmente alla malattia di Alzheimer (Simard et al., 2000). Anche Klatka non ha trovato differenze tra demenza con corpi di Lewy e demenza di Alzheimer (53,4%); mentre ha trovato una maggiore frequenza della demenza con corpi di Lewy (57,1%) rispetto al morbo di Parkinson (15,4%) (Klatka et al., 1996). E’ verosimile che queste sindromi siano sottostimate nella demenza con corpi di Lewy: è stata avanzata l'ipotesi che la sindrome venga più facilmente riconosciuta quando contiene caratteri di aggressività; l'atteggiamento spesso neutro se non benevolo può rendere il delirio clinicamente meno evidente (Marantz & Verghese, 2002). Ballard ha invece sottolineato come queste sindromi siano significativamente più comuni nella DLB rispetto alla malattia di Alzheimer (Ballard et al., 1999). Anche altri studi hanno accertato che i deliri di vario genere (Katzman et al., 1996) e le sindromi deliranti da 56 misidentificazione (Hirono et al., 1998, 1999) erano molto più frequenti nella demenza con corpi di Lewy, rispetto alla malattia di Alzheimer. Nagahama ha condotto uno studio su 96 pazienti con probabile DLB e 4 con possibile DLB, con l'intento di classificare i sintomi psicotici di questa malattia. I risultati hanno mostrato che il 78% dei pazienti presentava allucinazioni, il 56% presentava sindromi da errato riconoscimento (sia Capgras che reduplicazioni di luoghi e persone) e il 25% presentava deliri; queste non erano correlate al sesso, al livello di istruzione, o alla gravità del deficit cognitivo (Nagahama 2007). Harciarek (come precedentemente riportato) ha svolto una ricerca epidemiologica delle sindromi da errato riconoscimento in soggetti affetti da malattie neurodegenerative. Dei 36 pazienti con probabile Demenza con corpi di Lewy, 6 soggetti (16,6%) avevano un delirio di Capgras, metà in forma isolata, metà in associazione al “delirio del coinquilino fantasma”; inoltre nel 66,7% dei soggetti con Capgras, il delirio coesisteva con allucinazioni visive. Nessun individuo con demenza con corpi di Lewy presentava una paramnesia reduplicativa per i luoghi. Il tempo di comparsa dall'inizio della malattia era mediamente di 2 anni, sebbene la metà fosse andata incontro ad una DMS entro il primo anno. Mayeux (Mayeux et al., 1985) ha sottolineato che la presenza di aspetti extrapiramidali può contribuire allo sviluppo delle sindromi da errato riconoscimento nelle demenze. Le osservazioni di Harciarek supportano solo parzialmente quest'ipotesi poiché, diversamente dai pazienti con DLB, non è stato riscontrato nessun caso di sindrome delirante da misidentificazione, nei pazienti affetti da morbo di Parkinson, paralisi sopranucleare progressiva e degenerazione cortico basale del gruppo in esame. Sembra inoltre improbabile che deficit dei nuclei della base e un ridotto livello di dopamina siano sufficienti a produrre l'idea delirante. 3.2. Aspetti clinici Come precedentemente esposto, nella DLB, nello stesso paziente possono essere presenti diversi tipo di allucinazioni e deliri da errato riconoscimento (Nagahama et al., 2007; Harciarek, & Kertesz, 2008). 57 Relativamente a questi deliri, la sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa possono coesistere (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein; 1994). Queste due sindromi condividono in particolare alcuni aspetti (Weinstein, 1991; Weinstein & Burnham, 1994): o la duplicazione; o la persona scambiata per impostore e il luogo duplicato hanno sempre uno stretto rapporto emotivo con il paziente; o raramente vengono riferite in modo esplicito le differenze tra le due entità; o la convinzione è resistente ad ogni tentativo di critica. 3.3. Indagini strumentali In uno studio su caso singolo, affetto da Demenza con corpi di Lewy, sindrome di Capgras e paramnesia reduplicativa, l'indagine SPECT documentava una ipoperfusione nella corteccia parieto-occipitale, nel contesto di un emisfero destro complessivamente ipoperfuso, e non nella corteccia temporale mediale. Da qui è stato dedotto che i sintomi potrebbero originare non solo dal riconoscimento visuospaziale che coinvolge il sistema limbico (in particolare l'amigdala), la corteccia frontale mediale e l'emisfero destro, ma anche da un disturbo di coscienza provocato dalla presenza di corpi di Lewy diffusi (Ohara & Morita, 2006). Nagahama e colleghi, alla luce di una possibile base patofisiologica comune, dopo aver raggruppato in quattro grandi domini i sintomi psicotici della demenza a corpi di Lewy, hanno trovato che le sindromi da errato riconoscimento potrebbero essere associate ad una significativa ipoperfusione nell’ippocampo di sinistra, nell’insula, nella parte opercolare del giro frontale inferiore, e nello striato ventrale/nucleo accumbens, avvalorando l’ipotesi di una 58 dissociazione tra la componente affettiva del sensorio e le funzioni mnesiche (Signer, 1987; Christodoulou, 1991; Weinstein, 1994, Ellis & Lewis, 2001; Nagahama et al., 2009). Ciò può essere ritenuta coerente con le teorie che propongono, alla base del delirio, un'integrità del sistema ventrale temporale del riconoscimento visivo e una disconnessione delle strutture limbiche/paralimbiche (Hirstein & Ramachandran, 1997; Breen et al., 2000; Harciarek & Kertesz, 2008). Questa alterazione delle strutture paralimbiche era già stata evidenziata nei pazienti con Alzheimer che mostravano deliri da alterata identificazione. Essi mostravano un ipometabolismo significativo nelle regioni paralimbiche (aree del cingolo e orbitofrontali bilaterali) e nelle aree temporali mediali sinistre rispetto ai pazienti con Alzheimer privi di sindromi da errato riconoscimento (Mentis, 1995). Molti studi degli ultimi anni hanno messo in risalto che i pazienti con deliri da errato riconoscimento, indipendentemente dall'eziologia, hanno generalmente lesioni nell'emisfero destro o lesioni bilaterali, dando così a queste aree un ruolo dominante (Weinstein, 1994; Devinsky, 2009). Questo coincide con il riscontro nel gruppo di pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy, esaminato da Nagahama, che documentava una ipoperfusione bilaterale nella corteccia fronto-temporale e parieto-occipitale. E' stata valutata anche la possibilità che qualche processo alla base dell'errato riconoscimento sia di pertinenza emisferica sinistra. Ci sono dati in favore del fatto che l'emisfero sinistro svolga un ruolo negli stimoli emotivi positivi (Silbermann & Weingartner, 1986; Breiter & Rosen, 1999; Mobbs et al., 2003; Satterhwaite et al., 2009), pertanto un deficit di questi 59 processi potrebbe implicare una visione negativa del percetto e contribuire alla dissonanza tra le percezioni sensoriali e le risposte affettive. 3.4. Indagini Neuropatologiche I corpi di Lewy rappresentano la caratteristica anatomo-patologica distintiva di tale demenza. Essi presentano un evidente accumulo a livello della corteccia (in particolare lobo frontale e amigdala), della corteccia del cingolo e della sostanza nera del tronco encefalico. I neuroni maggiormente vulnerabili al danno degenerativo sono quelli del prosencefalo basale, del sistema limbico e della neocorteccia e questo può giustificare l'esordio precoce dei disturbi delle funzioni esecutive e del comportamento (Braak et al., 2003; Uchikado et al., 2002; Kovarie et al., 2003); studi clinico-patologici hanno dimostrato che la densità di corpi di Lewy corticali, specialmente nel lobo frontale e nel sistema limbico, correla con la sindrome disesecutiva e con i disturbi del comportamento (Horimoto et al., 2003; Iseki, 2004). Sono presenti, inoltre, i neuriti di Lewy nella sostanza nera, nella regione ippocampale, nel nucleo dorsale del vago, nel nucleo basale del Meynert e nella corteccia transentorinale. Queste profonde alterazioni neuritiche probabilmente sono più determinanti nella formazione dei sintomi psichiatrici rispetto ai corpi di Lewy (Gomez-Tortosa et al., 1999). Nella maggior parte dei pazienti sono anche presenti alterazioni tipiche dell'Alzheimer, come placche senili e neuriti, mentre sono relativamente scarsi gli ammassi neurofibrillari. In un 30% dei pazienti si osserva anche una patologia vascolare minore (McKeith, 2002). Marantz e colleghi hanno condotto degli studi neuropatologici in pazienti con demenza a corpi di Lewy e delirio di Capgras. In un soggetto sono stati rilevati anche leucoencefalopatia e infarti lacunari bilaterali della sostanza bianca e dei nuclei della base. In un secondo paziente, in cui era stata riscontrata ipoperfusione occipitale, l'autopsia ha rilevato la presenza di considerevoli placche neuritiche nella corteccia occipitale e visiva associativa. In un altro soggetto, l'autopsia ha evidenziato oltre ai corpi di 60 Lewy nella neocorteccia anche infarti lacunari multipli nella sostanza bianca frontale e parietale (Marantz & Verghese, 2002). Già in uno studio precedente, erano stati riscontrati numerosi micro-infarti lacunari nella sostanza bianca dei lobi frontali e parietali, in un paziente affetto da delirio di Capgras e DLB (Diesfeldt & Troost, 1995). Questi casi ci suggeriscono che tali lesioni neuritiche ed ischemiche potrebbero contribuire alla genesi di sindromi come il delirio di Capgras e la paramnesia reduplicativa, in soggetti affetti da demenza con corpi di Lewy. Nel 2006 è stato condotto uno studio neuropatologico specifico delle vie visive in pazienti affetti da malattia con corpi di Lewy, in presenza di deliri da errato riconoscimento. Per chiarire il rapporto tra l'errato riconoscimento e le alterazioni della via visiva è stata analizzata la via visiva primaria (il corpo genicolato laterale e la corteccia visiva primaria), la via visiva secondaria (il pulvinar, le aree 18 e 19 di Brodmann, e la corteccia temporale inferiore), l'amigdala e la sostanza nera. Il maggiore coinvolgimento della via visiva secondaria ha suggerito una disfunzione nel riconoscimento di oggetti, di forma e colore. Inoltre l'amigdala, mostrando maggiore perdita neuronale, è risultata ancora più compromessa delle vie visive, portando ad ipotizzare che non sia in grado di modulare correttamente la componente emotiva del riconoscimento visivo. Queste scoperte avvalorano l’ipotesi che le sindromi da errato riconoscimento, nei pazienti con malattia a corpi di Lewy, potrebbero essere conseguenza di un deficit nella via visivoamigdaloidea (Yamamoto et al., 2006). Yamamoto ha successivamente esteso la sua ricerca al claustro, regione nota per avere forti connessioni con le aree visive. Il claustro ha mostrato una grande quantità di corpi di Lewy e neuriti in concentrazione simile alla corteccia temporale inferiore, nell'insula, nell'amigdala, nell'area di Brodmann 18,19 e nella corteccia transentorinale. Al contrario l'area pre e post centrale e la corteccia temporale trasversa mostravano una compromissione inferiore. Questi dati suggeriscono che le alterazioni sono più accentuate nelle aree visive che in quelle uditive o somatosensoriali, e che il deficit della via visivo-claustrale partecipa nei deliri di 61 riconoscimento insieme alla via visivo-amigdaloidea (Yamamoto et al., 2007). 62 STUDIO SPERIMENTALE 4. SCOPO DEL LAVORO La natura della sindrome di Capgras e della paramnesia reduplicativa per i luoghi, come è stato esposto nella rassegna della letteratura, non è stata ancora compresa, e la conoscenza delle variabili neuropsicologiche che possono contribuire alla genesi di questi disordini resta incompleta. Scopo del presente studio è quello di risolvere le controversie riguardo la natura di queste due sindromi nei soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy. Ciò è stato fatto attraverso una valutazione sistemica di differenti domini neuropsicologici: analizzando in particolare, se l’errata identificazione dipende da un disturbo visopercettivo oppure da un disturbo di assegnazione della familiarità. Nello studio sulla sindrome di Capgras è stato aggiunto e preso in considerazione anche il dominio cognitivo legato all’analisi delle emozioni. Per esplorare la compromissione cognitiva sottostante tali disturbi, sono state utilizzate due batterie, appositamente costruite, di cui parleremo nel capitolo “batteria sperimentale”. A tale scopo sono stati selezionati tre gruppi di soggetti: ! soggetti con Demenza a corpi di Lewy (DLB) ! soggetti con Malattia di Alzheimer (AD) ! soggetti di controllo esenti da patologie neuro-psichiatriche (N) ai quali sono state somministrate le numerose prove. Lo stesso gruppo di soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy, sono stati suddivisi in differenti sottogruppi nei due studi effettuati: ! analisi della sindrome di Capgras ! analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi. La predizione è che i risultati ottenuti dalle prestazioni svelino dissociazioni tra i gruppi. 63 5. MATERIALI E METODI 5.1. Soggetti inclusi nello studio Quattro gruppi di soggetti sono stati inclusi in ognuno dei due studi. Una popolazione di soggetti di controllo, esenti da patologie neuropsichiatriche, un gruppo di pazienti affetti da AD, e un gruppo di pazienti affetti da DLB. I pazienti con DLB sono stati ulteriormente divisi in due sottogruppi: nel primo studio sulla base della presenza di sindrome di Capgras; nel secondo studio sulla base della presenza di paramnesia reduplicativa per i luoghi. Nessuno dei pazienti affetti da AD presentava CS o PR. Le diagnosi sono state effettuate sulla base della storia clinica, degli esiti dell’esame neurologico e neuropsicologico, degli esami di laboratorio (emocromo, glicemia, funzionalità epatica e renale, funzionalità tiroidea, vitamina B12 ed acido folico, markers di proliferazione cellulare, luescreening) e degli esami strumentali (TC encefalo/RMN encefalo) in accordo ai criteri internazionali di McKeith (Mc Keith et al., 1996) e di NINCDS ADRDA (McKhann et al., 1984; Blacker et al., 1994; Dubois et al., 2007). 5.2. Caratteristiche demografiche dei pazienti Le caratteristiche demografiche dei pazienti sono evidenziate in dettaglio in tabella 1 e 2, in appendice. Analisi della sindrome di Capgras Il gruppo DLB con sindrome di Capgras (DLB-CS) è costituito da 8 soggetti distinti in 3 maschi e 5 femmine, di età media pari a 72 anni (deviazione standard 5,45 anni) con un range variabile tra 66 e 82 anni, e di scolarità media pari a 7,75 anni (deviazione standard 4,37 anni) con un range variabile tra 3 e 13 anni. Il gruppo DBL senza sindrome di Capgras (DBLnocs) è costituito da 6 soggetti distinti in 3 maschi e 3 femmine, di età media pari a 72 anni 64 (deviazione standard 3,29 anni) con un range variabile tra 69 e 77 anni, e di scolarità media pari a 6 anni (deviazione standard 4 anni) con un range variabile tra 0 e 11 anni. Il gruppo AD è costituito da 14 soggetti distinti in 5 maschi e 9 femmine, di età media pari 73,86 anni (deviazione standard 7,06 anni) con un range variabile tra 54 e 80 anni, e di scolarità media pari a 5,35 anni (deviazione standard 1,65 anni) con un range variabile tra 2 e 8 anni. Il gruppo di controllo esente da patologie neuro-psichiatriche (N) è costituito da 14 soggetti distinti in 7 maschi e 7 femmine, di età media pari a 71,57 anni (deviazione standard 7,47 anni) con un range variabile tra i 53 e 80 anni, e di scolarità media pari a 7 anni (deviazione standard 2,51 anni) con un range variabile tra 3 e 11 anni. Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi Il gruppo DLB con paramnesia reduplicativa per i luoghi (DLB-PR) è costituito da 7 soggetti distinti in 4 maschi e 3 femmine, di età media pari a 71,71 anni (deviazione standard 5,09 anni) con un range variabile tra 66 e 82 anni, e di scolarità media pari a 7,28 anni (deviazione standard 3,86 anni) con un range variabile tra 3 e 13 anni. Il gruppo DLB senza paramnesia reduplicativa (DLBnopr) è costituito da 7 soggetti distinti in 2 maschi e 5 femmine, di età media pari a 72,29 anni (deviazione standard 4,19 anni) con un range variabile tra 66 e 77 anni, e di scolarità media pari a 6,71 anni (deviazione standard 4,72 anni) con un range variabile tra 0 e 13 anni. I soggetti affetti da AD ed il gruppo di soggetti esente da patologie neuropsichiatriche reclutati per l’analisi della sindrome di Capgras (caratteristiche demografiche riportate nella sezione precedente) sono stati utilizzati come gruppo di controllo per la paramnesia reduplicativa dei luoghi. 5.3. Esame neuropsicologico generale Un esame neuropsicologico approfondito, volto ad esaminare in dettaglio le principali funzioni cognitive attraverso test neuropsicologici mirati, è 65 stato effettuato a tutti i pazienti, come parte fondamentale ed integrante, per la diagnosi. La valutazione funzionale è stata eseguita mediante le scale ADL (attività di vita quotidiana) (Brorsson & Asberg, 1984) e IADL (attività strumentali della vita quotidiana) (Bookman et al., 2007). La valutazione neuropsicologica di screening è stata eseguita mediante il MMSE (Mini Mental State Examination; Folstein et al., 1975); oltre al MMSE sono state somministrate le Matrici Colorate Progressive di Raven (Raven, 1965) che esplorano in dettaglio le abilità logico-deduttive per materiale non verbale. Le funzioni esecutive sono state somministrate tramite il Test di Stroop (valori normativi del nostro laboratorio), il Test di Luria (Piccirilli et al., 1989) e il Weigl’s test (Spinnler & Tognoni, 1987). Il linguaggio è stato esplorato tramite compiti di fluenza verbale sia per accesso lessicale (categorie) che per accesso fonologico (lettere); sono stati inoltre eseguiti nella maggioranza dei pazienti compiti di denominazione di figure, di lettura e di matching verbo-visivo (valori normativi del nostro laboratorio). La memoria a breve termine è stata esplorata nelle componenti verbale e spaziale tramite rispettivamente il Digit Span (ripetizione di sequenze di numeri) ed i Cubi di Corsi (Spinnler & Tognoni, 1987). La prassia costruttiva e la memoria spaziale a breve ed a lungo termine sono state indagate mediante la copia e la rievocazione immediata e dopo la latenza di 15 minuti della figura di Rey B (Luzzi et al., 2011). La memoria a breve ed a lungo termine nella componente verbale è stata indagata mediante la rievocazione immediata e dopo la latenza di 15 minuti delle 15 parole di Rey (valori normativi del nostro laboratorio). La prassia ideomotoria è stata indagata mediante il Test per l’aprassia ideomotoria di De Renzi (Spinnler & Tognoni, 1987). La visuopercezione è stata esplorata in tutti i soggetti mediante un test di screening costituito dalle figure sovrapposte di L. Ghent (Ghent et al., 1995), ed in maggior dettaglio tramite la VOSP (Visual Object and Space 66 Perception Battery) realizzato da E. Warrington (Warrington and James, 1991). Di seguito sono riportate alcune brevi descrizioni delle prove appena menzionate. ADL: L’Index of Independence in Activities of Daily Living di Katz (Index of ADL o Katz Index) è uno strumento di misura dell’indipendenza funzionale nelle attività di base della vita quotidiana. L’Indice di Katz valuta la capacità di compiere sei attività, che consentono il soddisfacimento di bisogni fisiologici e di sicurezza, fondamentali della persona e la cui compromissione determina uno stato di dipendenza funzionale. Tali attività furono empiricamente selezionate da Katz secondo una sequenza gerarchica che corrisponde allo sviluppo funzionale infantile e indagano (in ordine di complessità decrescente) la capacità del soggetto di: 1. lavarsi (fare il bagno); 2. vestirsi; 3. utilizzare il gabinetto; 4. spostarsi; 5. controllare la continenza; 6. alimentarsi. (Brorsson & Asberg, 1984). IADL: la scala Instrumental Activities of Daily Living valuta la capacità del soggetto nelle attività strumentali della vita quotidiana, quali usare il telefono, fare la spesa, preparare il cibo, governare la casa, utilizzare i mezzi di trasporto, assumere i farmaci e usare il denaro. Per ogni attività viene assegnato un punteggio da 0 a 2 dove 0 indica completa autonomia e due incapacità (Bookman et al., 2007). Mini Mental State Examination (MMSE): è un test che valuta l'efficienza ed il deterioramento intellettivo. Comprende 30 item che fanno riferimento a sette ambiti cognitivi differenti: orientamento nel tempo, nello spazio, registrazione di parole, attenzione e calcolo, rievocazione, linguaggio e 67 prassia costruttiva. Il punteggio va da un minimo di 0 a un massimo di 30 punti (Folstein et al. 1975). Matrici progressive colorate di Raven: questo test evidenzia abilità analitiche non dipendenti da nozioni apprese precedentemente; nella soluzione sono implicate sia abilità spaziali che di ragionamento. Il test è costituito da tre serie (A, Ab e B) di 12 item ciascuna a complessità crescente. Il paziente viene invitato a scegliere un disegno, tra quelli numerati riportati al di sotto del modello, che completi la serie presentata. Il criterio di scelta, suggerito dall'esaminatore, deve essere sempre quello di trovare la figura che forma con quelle fornite un insieme logico. Sono ammessi ripensamenti e cambi di scelta ma non è possibile ritornare sulle matrici già esaminate. Il tempo massimo per l'intera prova è 30 minuti; se il paziente impiega un tempo inferiore al previsto viene indicato. Per il calcolo del punteggio si considera il numero di risposte date entro il tempo massimo e il numero di risposte esatte fornite entro questo tempo di tutte le quattro serie di matrici (Raven, 1965). Test di Stroop: è un test che valuta la variazione nei tempi di reazione nell'esecuzione di un compito in due diverse condizioni. Il compito prevede di pronunciare ad alta voce il colore con cui è stampata una parola (ad esempio bisogna dire "ROSSO", quando la parola è stampata con il colore rosso). Le condizioni del compito sono due: condizione incongruente (es. parola verde scritta in rosso) rispetto a quella congruente (parola rosso scritta in rosso). Sequenze motorie di Luria (Movimenti Sequenziali ed Alternati in modo Rapido): in questo test sono proposte tre sequenze di movimenti (appunto rapidamente alternati). La prima prova consiste nella sequenza di chiusura ed apertura del pugno alternando la posizione delle mani: la destra è posta con il palmo verso il basso su di una superficie piana con le dita strette, mentre la sinistra è accanto con le dita aperte a ventaglio. Al paziente è chiesto di stringere e rilasciare alternativamente le dita di ogni mano (in modo tale da avere sempre una mano in una posizione e l'altra nell'altra). Prima di cominciare il test, è concessa al paziente una prova pratica della 68 durata di 5 secondi. La seconda prova consiste nel fare eseguire una sequenza di due movimenti utilizzando un solo arto superiore alla volta. L'arto viene appoggiato su una superficie con l'avambraccio flesso a 90° sul braccio, e le dita della mano chiuse a pugno. Il soggetto deve flettere l'avambraccio sul braccio portando la mano verso la spalla. Allo stesso tempo deve aprire le dita della mano a ventaglio. La terza prova consiste nella sequenza pugno-taglio-palmo, in cui l'esaminatore, mostrata la sequenza delle posizioni da far assumere alla mano (prima pugno piatto sul tavolo, poi mano a taglio sul tavolo, infine palmo sul tavolo), chiede al paziente di imitare i suoi movimenti. Una volta che il paziente ha imitato correttamente la sequenza, gli è richiesto di continuare senza l'esemplificazione da parte dell'esaminatore. Dopo che il paziente ha completato tre percorsi indipendenti attraverso l'intera sequenza, l'esaminatore chiede altre 10 rapide esecuzioni dell'intera sequenza. Vengono registrati il numero di sequenze completate correttamente. (Piccirilli et al. 1989). Weigl's test: questo test fornisce una misura dell'abilità nel cogliere somiglianze sopra ordinate fra diversi stimoli, ed è considerato un test di pensiero categoriale. Il materiale del test è costituito da 12 oggetti in legno, potenzialmente raggruppabili per forma (4 cerchi, 4 quadrati e 4 triangoli), colore (3 verdi, 3 gialli, 3 rossi e 3 blu), seme (4 con quadri, 4 con picche e 4 con cuori), spessore (4 spessi 4 mm, 4 spessi 8 mm e 4 spessi 12 mm) e dimensioni (un quadrato, un triangolo ed un cerchio hanno rispettivamente diametro, lato e cateto di 30 mm, le dimensioni delle altre tre categorie possibili sono 60 mm, 90 mm, 120 mm). Il test può essere svolto secondo due modalità, una attiva (è il paziente a svolgere il compito richiesto dall'esaminatore) e l'altra passiva (il task è svolto dall'esaminatore e il paziente deve solo esplicitare il critero applicato). Nella modalità attiva l'esaminatore indica 12 pezzetti di legno e sottolinea che, benché diversi, possono essere raggruppati in modo che all'interno di ogni gruppo tutti condividano una caratteristica e invita il paziente a farlo. Il tempo massimo concesso per ogni raggruppamento è di 3 minuti. Se il soggetto raggruppa correttamente i pezzetti di legno 69 secondo uno dei criteri precedentemente enunciati, l'esaminatore li ripropone in ordine random invitando a compiere un raggruppamento secondo un altro criterio, fino a trovare tutte la soluzioni. Nel momento in cui il soggetto non intuisce alcun raggruppamento o non riesce a trovarne altri oltre a quelli già individuati, si passa all'altra modalità. Nella modalità passiva è l'esaminatore a mostrare i raggruppamenti non individuati e ad invitare il paziente a descrivere a parole (o a gesti) il criterio alla base del raggruppamento. Il tempo massimo è di 1 minuto per ciascun raggruppamento (Spinner & Tognoni, 1987). Test di fluenza: questo test studia la produzione orale di parole che iniziano o con una determianta lettera (per accesso fonologico) oppure che fanno parte di una determinata categoria (per accesso lessicale). Entrambe le prove sono composte da tre task. Nel primo caso l'esaminatore chiede al paziente di dire quante più parole possibili iniziano con la lettera dell'alfabeto fornita (vanno esclusi i nomi propri, i numeri, ed alcune parole con un suffisso differente). Nel secondo caso l’esaminatore chiede al paziente di dire quante più parole possibili conosce, che fanno parte della categoria fornita (es. colori, animali e frutta). Digit span: questo test valuta lo span di memoria verbale (memoria di cifre), ed è composto da due differenti test: il Digit Forward, in cui le cifre vengono ripetute dalla prima all'ultima, ed il Digit Backward, in cui la ripetizione è effettuata in senso inverso. Il test è formato da coppie di sequenze di numeri. L'esaminatore legge la prima sequenza numerica (con una velocità approssimativamente pari ad un numero al secondo); quando questa è ripetuta dal paziente correttamente, l'esaminatore legge quella successiva, più lunga di un numero rispetto alla precedente, ed il test continua fino a che il soggetto fallisce una coppia di sequenze oppure ripete correttamente l'ultima sequenza (composta da nove numeri). Cubi di Corsi: questo test misura lo span di memoria visuo-spaziale, ovvero la quantità di informazioni visuo-spaziali che possono essere trattenute nella memoria a breve termine. Lo stimolo è rappresentato da 70 una tavoletta di legno di 32 x 25 cm, in cui sono incollati 9 cubetti di 45 mm di lato, disposti asimmetricamente, e numerati dal lato rivolto verso l'esaminatore e non quello osservato dal paziente. Seduto di fronte al paziente l'esaminatore tocca con l'indice i cubetti in una sequenza standard di lunghezza crescente (da due fino a dieci cubetti), al ritmo di un cubetto ogni 2 secondi, tornando con l'indice sul tavolo dopo aver toccato ogni singolo cubo. Terminata la dimostrazione della sequenza, l'esaminatore chiede al paziente di riprodurre questa sequenza toccando i cubetti nello stesso ordine. Sono eseguite tre sequenze per ciascuna serie. Se il soggetto riproduce correttamente almeno due sequenze su tre, si somministra la serie successiva (Spinnler & Tognoni, 1987). Prassia costruttiva, Copia della figura complessa B di Rey: studia la presenza di disturbi nelle attività che richiedono l'assemblaggio di alcune parti di uno stimolo per la riproduzione di un modello. Il paziente è invitato a copiare la figura che viene posta di fronte a lui. La valutazione viene eseguita in modo quantitativo, contando il numero di elementi riprodotti in modo corretto dal paziente, le proporzioni tra le figure, le sovrapposizioni e la precisone nel collocare i dettagli (Luzzi et al., 2011). Rievocazione a breve e a lungo termine della figura B di Rey: dopo aver copiato la figura B di Rey l'esaminatore lascia osservare il modello della figura al paziente per circa 10 secondi, quindi toglie il modello dalla vista del paziente chiedendogli di riprodurre la figura su un foglio (rievocazione a breve termine). A distanza di circa 15 minuti, dopo aver distratto il soggetto con compiti verbali, l'esaminatore chiede nuovamente al paziente di riprodurre la figura B di Rey (rievocazione a lungo termine) (Luzzi et al., 2011). Rey Auditory Verbal Learning Test (AVLT): questo test misura sia lo span di memoria immediata (Total effect), sia l'apprendimento di materiale verbale (Long term). Consiste di 5 presentazioni di una lista comprendente 15 parole. Al paziente viene chiesto di ripetere al termine della lettura delle 15 parole eseguita con l'esaminatore, il maggior numero di parole che egli riesce a ricordare. L'esaminatore trascrive le parole richiamate dal paziente 71 nello stesso ordine in cui queste sono rievocate. Terminate le 5 prove il soggetto viene distratto con compiti non verbali, al termine dei quali l'esaminatore chiede lui di rievocare spontaneamente il maggior numero di parole possibile dalla lista di quelle precedentemente apprese. Al termine di questa prova l'esaminatore legge ad alta voce una serie di parole, avvertendo preventivamente il soggetto che alcune di queste fanno parte della lista di parole precedentemente apprese. Compito del soggetto è riconoscere se le parole lette dall'esaminatore sono già state presentate precedentemente oppure no (prova di riconoscimento). Prassia ideomotoria: si valuta la capacità del paziente, una volta rievocata la rappresentazione mentale del movimento richiesto, di attivare la corretta sequenza motoria per attuare il movimento stesso. Questo test comprende sia delle prove di imitazione di gesti simbolici (con un determinato significato, ad esempio il gesto del “ciao”, del saluto militare, del segno della croce), sia non simbolici (senza questo significato), che vanno a mettere in luce un'aprassia ideomotoria, in quanto nell'esecuzione di questi movimenti non influisce la rievocazione della sequenza motoria necessaria a compiere il gesto stesso, ma l'esecuzione della sequenza stessa. I movimenti da imitare vengono eseguiti con le dita, con l'intera mano o con l'intero arto superiore. Ogni gesto è presentato sino a tre volte se la prooduzione non è corretta, e riceve un punteggio da 3 a 0 a seconda che l'esecuzione sia giusta la prima, la seconda, la terza volta, oppure mai (De Renzi & Faglioni, 1996). Discriminazione di forme visive: questa batteria di test valuta la presenza di un'agnosia appercettiva, ovvero un'incapacità, da parte del paziente, nel riconoscimento di un oggetto, dovuto ad un deficit nell'assemblaggio dei dati sensoriali percepiti (in condizioni di campo visivo, acuità visiva e percezione cromatica normali), in modo da ricostruire la forma stessa dell'oggetto. A tale scopo abbiamo utilizzato la Visual Object Spatial Perception (VOSP), batteria di test elaborata da Warringhton e James (1991), che consta di diversi subitem: 1. Shape detection (riconoscimento di forme): al soggetto sono 72 2. 3. 4. 5. 6. 7. mostrate una serie di 20 immagini, tutte costituite da un mosaico di quadratini bianchi e neri. In alcune immagini al centro della figura i quadratini sono disposti in modo tale da dar luogo ad una croce dai contorni più o meno formati. Il soggetto deve indicare se percepisce la croce al centro del foglio in esame. Incomplete letter (lettere incomplete): al paziente sono mostrate, una alla volta, una serie di 20 lettere dell'alfabeto degradate. Il paziente deve indicare a quale lettera dell'alfabeto corrisponde l'immagine che sta oservando. Silhouttes: al soggetto sono presentati 30 fogli. Ciascun foglio contiene un'immagine simile all'ombra (quindi lievemente deformata) di un oggetto reale. Il soggetto deve riconoscere e quindi denominare l'oggetto. Real object decision task (decisione dell'oggetto reale): al soggetto sono presentati 20 fogli, in ognuno dei quali sono disegnati quattro oggetti di cui solo uno è somigliante ad un oggetto reale. Il soggetto deve indicare, senza bisogno di fornire il nome, quale oggetto rappresenta l'oggetto realmente esistente. Dot counting (conteggio di punti): al soggetto sono presentati 10 fogli su cui sono contenuti, in posizione centrale, un numero variabile di punti neri (da 5 a 10). Il soggetto deve indicare quanti punti sono presenti nel foglio. Number location (localizzazione dei numeri): al soggetto sono presentati una serie di 10 fogli. Ciascun foglio contiene 2 quadrati. All'interno di un quadrato (A) sono contenuti alcuni numeri dislocati in posizione random. Nell'altro quadrato (B) è contenuto un punto nero. Al soggetto è chiesto di indicare quale numero del quadrato A corrisponde in termini di posizione spaziale al punto nel quadrato B. Position discrimination: al soggetto sono mostrati 20 fogli di carta, in ciascuno dei quali sono presenti due quadrati. All'interno di ogni quadrato è presente un punto nero. In un quadrato il punto 73 8. è al centro dello stesso, mentre nell'altro quadrato è dislocato in una posizione diversa. Il soggetto deve indicare quale è il quadrato in cui il punto si trova esattamente al centro. Cube analisys (analisi di cubi): al soggetto sono presentati 10 fogli in cui sono contenuti i disegni di cubi in prospettiva. Al paziente è chiesto di indicare il numero totale di cubi che riesce ad individuare in ogni pagina. 5.4. Batteria sperimentale La batteria per la valutazione della sindrome di Capgras è costituita da tre parti, una formata da prove visuopercettive, una formata da prove che analizzano il riconoscimento emotivo, ed una formata da prove di riconoscimento della familiarità, contenenti un totale di 6 prove. La batteria per la valutazione della paramnesia reduplicativa per i luoghi è costituita invece da due parti, una formata da prove visuopercettive, ed una formata da prove di riconoscimento della familiarità. Sulla base di alcune ipotesi proposte in letteratura, secondo le quali alla base della paramnesia reduplicativa per i luoghi vi era un disturbo delle funzioni mnesiche (Staton et al., 1982; Ewert et al., 1985; Kapur et al., 1988), sarebbe stato corretto includere nel presente lavoro, anche l’analisi delle abilità mnesiche come terzo dominio cognitivo d’indagine. In realtà (come riportato nel capitolo 5.3), avendo già una valutazione approfondita delle funzioni mnesiche dall’esame neuropsicologico generale, eseguito antecedentemente alla diagnosi, è stato possibile escludere tale dominio dalla qui presente analisi sperimentale visto che non vi erano differenze significative nelle prove mnesiche tra i due gruppi sperimentali: pazienti DLB con paramnesia reduplicativa per i luoghi e pazienti DLB senza paramnesia reduplicativa per i luoghi. Per quanto riguarda lo studio volto ad indagare la sindrome di Capgras, sono state utilizzate prove che riguardano volti e personaggi; per quanto riguarda invece lo studio sulla paramnesia reduplicativa per i luoghi, sono state utilizzate prove che riguardano edifici. 74 La scelta degli item delle prove è stata realizzata sulla base di uno studio pilota condotto su volontari italiani. Tale procedura, in seguito a varie modifiche e sostituzioni, ha permesso di ipotizzare la validità delle prove. Tutte le prove sono state eseguite in modo computerizzato, ed ogni compito era preceduto da alcuni item, volti ad assicurare che il soggetto avesse pienamente compreso le istruzioni. Ogni valutazione è stata preceduta da un colloquio e da una raccolta anamnestica con i familiari. Anamnesi Come sopra accennato, ogni valutazione è stata preceduta da un colloquio con i familiari per un’approfondita raccolta anamnestica. Per aiutarci nella conduzione del colloquio è stato costruito un questionario centrato su alcuni aspetti fondamentali: deliri, non riconoscimento delle persone familiari, non riconoscimento di luoghi ed allucinazioni. Per ciascuna di queste voci erano state stilate varie domande ed era inoltre richiesto di dare un punteggio per quanto riguardava la frequenza, la gravità e lo stress emotivo e psicologico (vedi tabella 3 in appendice). 5.4.1 Batteria sperimentale sindrome di Capgras Per quanto riguarda l’indagine relativa alla sindrome di Capgras, in merito alla valutazione delle abilità percettive, sono state costruite ed utilizzate le seguenti prove: 1. Riconoscimento di genere Al soggetto sono mostrati una serie di 30 fotografie a colori, che raffigurano volti umani (vedi fig.1 in appendice). Per ogni item, al soggetto era chiesto di indicare se il volto presentato era maschile oppure femminile. Nel costruire la prova è stato tenuto conto di eliminare alcuni dettagli (es. capelli) e del bilanciamento di variabili come il genere (15 volti maschili e 15 volti femminili), in modo da evitare distorsioni dei risultati, facilitazioni o l’insorgenza di nuove variabili da considerare. 75 2. Riconoscimento di età Al soggetto sono mostrati una serie di 30 item, ciascuno formato da due fotografie di volti umani a confronto (vedi fig.2 in appendice). Per ogni item, al soggetto era chiesto di indicare quale dei due volti era più giovane. Come nella precedente prova, sono stati eliminati i dettagli che potevano falsificare i risultati, ed oltre al bilanciamento della variabile genere è stato tenuto conto anche della posizione di presentazione del target (in modalità random 15 volte il target era presentato a destra e 15 volte era presentato a sinistra). 3. Discriminazione percettiva Al soggetto sono mostrati una serie di 30 item, ciascuno formato da due fotografie di volti umani a confronto, ripresi da diverse prospettive (vedi fig.3 in appendice). Per ogni item, al soggetto era chiesto di indicare quando si trattava della stessa persona fotografata in due prospettive diverse, oppure quando i due volti appartenevano chiaramente a due persone diverse. Oltre alle variabili tenute sotto controllo nelle precedenti prove, in questo caso la presentazione era in bianco e nero; e inoltre è stato tenuto conto anche della variabile prospettiva (in modalità random, nella metà dei casi il volto del target era rivolto verso destra, e nell’altra metà era rivolto verso sinistra). In merito alla valutazione delle abilità di riconoscimento emotivo, è stata utilizzata la seguente prova: 4. Associazione di emozioni Viene mostrata una serie di 30 immagini. In ogni immagine sono raffigurati 3 volti che esprimono emozioni: al centro è sempre presente lo stimolo di riferimento, agli estremi invece c’è il target e un distrattore (vedi fig.4 in appendice). Le emozioni considerate sono quelle primarie, citate da Ekman (Ekman et al., 1972): felicità, sorpresa, disgusto, rabbia, paura e tristezza. Al soggetto viene chiesto di scegliere tra le due possibilità, il volto che sta provando la stessa emozione che prova il volto stimolo posto 76 al centro dello schermo. Le variabili tenute sotto controllo sono il genere e la posizione di presentazione del target. Per quanto riguarda invece le prove sul riconoscimento della familiarità, e della memoria semantica, sono state utilizzate le seguenti prove: 5. Riconoscimento persone familiari Vengono mostrate 62 fotografie: 31 riguardano persone familiari al paziente, e 31 riguardano invece persone che il paziente non conosce (per motivi di privacy, le immagini non sono state riportate in appendice). Con la parola “persone familiari” consideriamo persone molto vicine al paziente, che non dovrebbe avere difficoltà nel riconoscere: figli, nipoti, genitori, sorelle, fratelli, amici stretti, marito o moglie. E’ stata inserita anche qualche foto del paziente stesso e quando è stato possibile i familiari sono stati presentati in diverse epoche della loro vita. Le fotografie scelte, erano poi inserite in modalità random tra i vari distrattori (anch’essi accuratamente selezionati). Al paziente era chiesto di indicare quali soggetti le risultavano familiari e in caso affermativo di chi si trattava. In questo caso è stato tenuto conto del genere, età e numero di soggetti per foto, nella scelta target/distrattori. Per tale prova, è stata indispensabile la collaborazione dei familiari dei pazienti, che hanno reperito ed aiutato a scannerizzare le diverse foto necessarie. 6. Discriminazione di volti famosi Al soggetto sono mostrati 108 item, composti da 54 personaggi famosi, e 54 personaggi non famosi (vedi fig.5 in appendice). I personaggi celebri erano stati equamente selezionati da 6 periodi diversi (1950, 1960, 1970, 1980, 1990, 2000), in modo da ridurre la variabile mnesica, nel confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo. Durante la presentazione effettuata in modo random, al paziente veniva chiesto se il personaggio proposto poteva essere considerato famoso oppure una persona comune. Di seguito riporto alcuni esempi dei personaggi selezionati: 77 " " " " " " 1950’: Totò, Brigitte Bardot, ecc… 1960’: Anna Magnani, Aldo Moro, ecc.. 1970’: Corrado, Francesco Cossiga, ecc.. 1980’: Raffaella Carrà, Bettino Craxi, ecc.. 1990’: Lady Diana, Roberto Benigni, ecc.. 2000’: Barack Obama, Julia Roberts, ecc.. 5.4.2 Batteria sperimentale paramnesia reduplicativa per i luoghi Per quanto riguarda invece l’indagine sull’eziologia della paramnesia reduplicativa per i luoghi, in merito alla valutazione delle abilità percettive, sono state costruite ed utilizzate le seguenti prove: 1. Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva Viene mostrato una serie di 15 immagini. In ogni immagine sono raffigurati 5 edifici: al centro è sempre presente lo stimolo di riferimento, mentre agli estremi del foglio abbiamo un target (identico allo stimolo al centro), un distrattore semanticamente correlato allo stimolo centrale, un distrattore visivamente correlato allo stimolo centrale e un distrattore non correlato (vedi fig.6 in appendice). Gli stimoli scelti erano abitazioni singole, palazzi e fabbriche. Al soggetto viene chiesto di trovare tra le 4 alternative, l’edificio identico a quello centrale. Anche in questo caso la prova veniva presentata in bianco e nero, e le variabili bilanciate sono state: la posizione di presentazione del target e dei distrattori, ed il tipo di stimolo. 2. Riconoscimento edifici in diversa prospettiva Questa prova è identica alla precedente, ma in questo caso aumenta la difficoltà. Gli item di cui si compone questa prova sono 33, ed il target da trovare tra le 4 possibilità, non è posto nella stessa prospettiva dello stimolo di riferimento posto al centro (vedi fig.7 in appendice). In questo caso al paziente viene chiesto di trovare lo stesso edificio che 78 vede al centro, ma semplicemente visto da una prospettiva diversa: lo stimolo centrale è sempre in prospettiva frontale, mentre il target è ruotato di circa 45°. Di conseguenza, tra le variabili da tenere sotto controllo e da bilanciare, è stata presa in considerazione anche la variabile prospettiva. Per quanto riguarda invece le prove sull’assegnazione di familiarità, sono state utilizzate le seguenti prove (anche in questo caso grazie alla collaborazione dei familiari dei pazienti): 3. Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa Vengono mostrate 10 fotografie: 5 riguardano luoghi familiari esterni all’abitazione del paziente, e 5 riguardano invece luoghi che il paziente non conosce (vedi fig.8 in appendice). Per luoghi esterni all’abitazione, abbiamo considerato: giardino, abitazione vista da fuori, garage, entrata di casa, quartiere o strade in prossimità della casa. Al paziente era chiesto di indicare gli item che le risultavano familiari, ed in caso affermativo dove si trovavano questi luoghi. Come per la precedente prova, è stata fondamentale l’accuratezza nel selezionare i target e i distrattori. 4. Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa Vengono mostrate 26 fotografie: 13 riguardano luoghi ed oggetti familiari interni alla propria abitazione, e 13 riguardano invece luoghi ed oggetti non familiari (vedi fig.9 in appendice). Per luoghi ed oggetti interni all’abitazione, abbiamo considerato: soggiorno, camere, bagno, cucina, quadri, ecc.. Al soggetto era chiesto di indicare gli item che risultavano a lui familiari. Come per le precedenti prove, è stata fondamentale l’accuratezza nello scegliere i target e i distrattori. 79 5.5. Attribuzione dei punteggi Le prestazioni vengono espresse in termini di numero di risposte corrette sul totale. Nelle prove di familiarità, viene registrato anche il tipo di errore, suddividendoli in falsi riconoscimenti o falsi positivi (item estraneo, segnalato dal paziente come familiare) e non riconoscimenti o falsi negativi (item familiare, segnalato dal paziente come estraneo). Ogni risposta è stata analizzata dal punto di vista qualitativo, ed approfondita, se necessario, alla ricerca della presenza o assenza di anomalie. Tutte le risposte e i dettagli che il paziente aggiungeva, erano accuratamente trascritti e sottoposti ad analisi e attribuzione del punteggio in un secondo momento. 5.6. Procedura Ogni valutazione cognitiva era preceduta da un colloquio e dalla somministrazione del questionario sopradescritto ai familiari, per un’approfondita raccolta dei dati e per una specifica anamnesi riguardante la sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i luoghi. Come precedentemente accennato le prove per il riconoscimento della familiarità erano personalizzate e quindi costruite prima di ogni valutazione: erano i familiari a cercare le foto di cui necessitavamo, venivano poi da noi selezionate, scelti i relativi distrattori, scannerizzate e preparate per la presentazione su computer in modo randomizzato. Venivano poi somministrati i test nell’ordine sopra citato. Successivamente si è proceduto, entro un periodo di tempo limitato allo scopo di garantire da parte dello stesso esaminatore la massima affidabilità di giudizio, ad analizzare ed attribuire i punteggi che durante la valutazione erano rimasti incerti. 5.7. Analisi statistica I confronti tra gruppi sperimentali e gruppi di controllo sono stati eseguiti mediante test parametrico: ANOVA one-way per confronto tra più gruppi. 80 Poiché l’analisi coinvolge confronti statistici multipli è stato adottato un livello conservativo di significatività p<0.01. 81 6. RISULTATI Anche questa sezione, è stata suddivisa in due capitoli, per l’analisi separata dei dati ottenuti nello studio sull’eziologia della sindrome di Capgras e nello studio sull’eziologia della paramnesia reduplicativa per i luoghi. 6.1. Risultati: analisi sindrome di Capgras Di seguito riporto i dati ottenuti dalle analisi effettuate. Saranno esaminate preliminarmente le variabili demografiche e quindi le variabili cognitive. 6.1.1. Variabili demografiche Le analisi sono state eseguite mediante test parametrico ANOVA one-way per confronto tra più gruppi, ed il livello di significatività assunto è stato pari a p<0,01. Dal confronto non emergono differenze significative tra i gruppi per quanto riguarda le variabili età, sesso e scolarità. 6.1.2 Valutazione neuropsicologica I risultati ottenuti nei 6 task sono riportati in dettaglio nella tabella 4 in appendice. Nei grafici riportati in appendice sono messi a confronto i punteggi totali ottenuti dai 4 gruppi rispettivamente nelle prove visuopercettive: riconoscimento di genere, riconoscimento d’età, discriminazione percettiva; nella prova emotiva; e rispettivamente nelle prove di assegnazione della familiarità: discriminazione di volti famosi e riconoscimento di persone familiari (analizzando separatamente sia gli errori con falsi positivi che quelli con falsi negativi). Di seguito i dettagli. Analisi delle prove visuopercettive Riconoscimento di genere: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB (DLB-CS e DLBnocs), e nel confronto tra entrambi i gruppi di soggetti con DLB ed i soggetti affetti da AD. Differenze altamente significative si 82 evidenziano invece nel confronto tra i soggetti affetti da DLB-CS ed i soggetti N (Md = -5,05; p<0,001); nel confronto tra i soggetti affetti da DLBnocs ed i soggetti N (Md = -6,09; p<0,001); e nel confronto tra i soggetti affetti da AD ed il gruppo di soggetti N (Md = - 3,05; p = 0,002); evidenziando che in tale prova i pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche ottengono punteggi superiori, rispetto ai pazienti affetti da patologie, che non evidenziano differenze significative tra di loro (vedi grafico 1 in appendice). Riconoscimento d’età: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB, nel confronto tra entrambi i gruppi di soggetti con DLB ed i soggetti affetti da AD, e nel confronto tra il gruppo di soggetti con AD ed il gruppo di soggetti N. Risulta significativo un’unica differenza: tra il gruppo di soggetti affetti da DLBCS ed il gruppo di soggetti N (Md = - 3,27; p = 0,005); ovvero i pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras mostrano una prestazione significativamente peggiore nei confronti del gruppo di controllo esente da patologie neuropsichiatriche, ma non nei confronti degli altri gruppi sperimentali (vedi grafico n.2 in appendice). Discriminazione percettiva: mentre la prestazione tra i due gruppi affetti da DLB (DLB-CS ed DLBnocs) risulta sovrapponile, i restanti confronti mostrano tutti differenze altamente significative: • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 3,55; p = 0,005) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,19; p < 0,001) • Pazienti DLBnocs nei confronti dei pazienti AD (Md = - 6,26; p < 0,001) • Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 10,9; p < 0,001) • Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 4,64; p < 0,001). Commento: le migliori prestazioni sono ottenute dai pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche, seguiti dai pazienti affetti da Malattia di Alzheimer, ed infine dai soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy (senza distinzioni significative tra i due gruppi) (vedi grafico n.3 in appendice). Analisi della prova emotiva Associazione di emozioni: mentre non si evidenziano differenze rilevanti tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-CS e DLBnocs); e tra il gruppo di soggetti affetti da DLBcs ed il gruppo di soggetti affetti da AD, i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative: • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 4,82; p = 0,001) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,32; p < 0,001) • Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,07; p < 0,001) • Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 3,5; p = 0,004). Commento: tranne il confronto tra gruppo di soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy e soggetti affetti da Malattia di Alzheimer, le prestazioni dei vari gruppi risultano stratificate come nel task precedente (vedi grafico n.4 in appendice). 83 Analisi delle prove di assegnazione della familiarità Discriminazione di volti famosi: mentre non si evidenziano differenze rilevanti nel confronto tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-CS e DLBnocs); e nel confronto tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnocs ed il gruppo di soggetti affetti da AD, le restanti analisi presentano tutte differenze altamente significative: • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 14; p = 0,01) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 26,93; p < 0,001) • Pazienti DLBnocs nei confronti dei soggetti N (Md = - 19,83; p = 0,001) • Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 12,92; p = 0,006). (vedi grafico n.5 in appendice). Riconoscimento persone familiari: non si evidenziano differenze rilevanti tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnocs ed i gruppi di controllo, e tra i due gruppi di controllo (AD e N), i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative: • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti DLBnocs (Md = - 9,97; p = 0,003) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = - 12,8; p < 0,001) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = - 16,37; p < 0,001) Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras eseguono una prestazione significativamente peggiore sia nei confronti di pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy che non presentano sindrome di Capgras; sia nei confronti degli altri gruppi di controllo (vedi grafico n.6 in appendice). Riconoscimento persone familiari. Falsi positivi: non si evidenziano differenze rilevanti tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnocs ed i due gruppi di controllo; e tra i due gruppi di controllo (AD e N), i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative: • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti DLBnocs (Md = 7,9; p < 0,001) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei pazienti AD (Md = 10,36; p < 0,001) • Pazienti DLB-CS nei confronti dei soggetti N (Md = 11,5; p < 0,001) Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras eseguono un maggior numero di errori di errato riconoscimento e quindi una prestazione significativamente peggiore sia nei confronti di pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy che non presentano sindrome di Capgras; sia nei confronti degli altri gruppi di controllo (vedi grafico n.7 in appendice). Riconoscimento persone familiari. Falsi negativi: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB, nel confronto tra entrambi i gruppi di soggetti con DLB ed i soggetti affetti da AD, e nel confronto tra il gruppo di soggetti con AD ed il gruppo di soggetti N. Risulta significativo un’unica differenza: tra il gruppo di soggetti affetti da DLB-CS ed il gruppo di soggetti N (Md = 4,87; p = 0,019); a sostegno del fatto che i pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy e sindrome di Capgras mostrano una prestazione significativamente peggiore nei confronti del gruppo di controllo esente da 84 patologie neuropsichiatriche, ma non nei confronti con gli altri gruppi di soggetti (vedi grafico n.8 in appendice). 6.2. Risultati: analisi paramnesia reduplicativa per i luoghi Come per la precedente sezione, saranno eseguiti dapprima i confronti relativi alle variabili demografiche, e quindi i confronti tra le variabili cognitive. 6.2.1. Variabili demografiche Dal confronto non emergono differenze significative tra i gruppi per quanto riguarda le variabili età, sesso e scolarità. 6.2.2 Valutazione neuropsicologica I risultati ottenuti nei 4 task sono riportati in dettaglio nella tabella 5 in appendice. Nei grafici riportati in appendice sono messi a confronto i punteggi totali ottenuti dai 4 gruppi rispettivamente nelle prove visuopercettive: riconoscimento edifici nella stessa prospettiva e riconoscimento edifici in prospettiva diversa; e rispettivamente nelle prove di assegnazione della familiarità: riconoscimento elementi interni familiari della propria casa, e riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa (analizzando separatamente, per entrambe le prove, sia gli errori con falsi positivi, che quelli con falsi negativi). Di seguito i dettagli. Analisi delle prove visuopercettive Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva: non si evidenziano differenze significative nel confronto tra i due gruppi di soggetti con DLB (DLB-RP e DLBnorp), nel confronto tra i soggetti affetti da DLB senza RP ed i due gruppi di controllo (AD e N); e nel confronto tra i due gruppi di controllo. Differenze altamente significative si evidenziano invece nel confronto tra i soggetti affetti da DLB-RP ed i soggetti AD (Md = -3,07; p<0,001); nel confronto tra i soggetti affetti da DLB-RP ed i soggetti N (Md = -3,5; p<0,001). Commento: i pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy e paramnesia reduplicativa per i luoghi mostrano una prestazione significativamente peggiore nei confronti del gruppo affetto da AD e nei confronti del gruppo di controllo esente da patologie neuropsichiatriche, ma non nei confronti dell’altro gruppo affetto da DLB senza RP (vedi grafico n.9 in appendice). 85 Riconoscimento edifici in prospettiva diversa: non si evidenziano differenze rilevanti tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-PR e DLBnorp), i restanti confronti presentano tutti differenze significative: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 9,09; p < 0,001) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 13,17; p < 0,001) • Pazienti DLB nei confronti dei pazienti AD ai limiti della significatività (Md = - 4,28; p = 0,011) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = - 8,35; p < 0,001) • Pazienti AD nei confronti dei soggetti N (Md = - 4,07; p = 0,003). Commento: le migliori prestazioni sono ottenute dai pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche, seguiti dai pazienti affetti da Malattia di Alzheimer, ed infine dai soggetti affetti da Demenza con corpi di Lewy (senza distinzioni significative tra i due gruppi) (vedi grafico n.10 in appendice). Analisi delle prove di assegnazione della familiarità Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa: non si evidenziano differenze significative tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp); e tra i due gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi sono tutte significative: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 3,6; p = 0,001) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,1; p < 0,001) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD ai limiti della significatività (Md = 3,9; p = 0,011) • Pazienti DLBnopr nei confronti dei soggetti N (Md = - 6,4; p < 0,001). Commento: i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp) non differiscono significativamente tra di loro, ma mostrano prestazioni significativamente inferiori, in particolare il gruppo DLB-PR, rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti con AD e rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche (vedi grafico n.11 in appendice). Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa. Falsi positivi: non si evidenziano differenze rilevanti nel confronto tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnorp ed il gruppo di soggetti affetti da AD; e nel confronto tra i due gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi presentano tali dati: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti DLBnorp (Md = 3,51; p = 0,009) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 4,63; p < 0,001) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 6,2; p < 0,001) • Pazienti DLB-norp nei confronti dei soggetti N (Md = 2,28; p = 0,006) Commento: i pazienti affetti da DLB-RP eseguono un maggior numero di errori di errato riconoscimento e quindi una prestazione significativamente peggiore nei confronti di tutti gli altri gruppi (vedi grafico n.12 in appendice). 86 Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa. Falsi negativi: non si evidenziano differenze rilevanti tra il gruppo di soggetti affetto da DLB esente da RP ed i gruppi di controllo, i restanti confronti presentano tutti differenze altamente significative: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti DLBnorp (Md = 3,94; p = 0,005) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 3,21; p = 0,003) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 4,14; p < 0,001) Commento: i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy e paramnesia reduplicativa per i luoghi, eseguono un maggior numero di non riconoscimenti sia nei confronti con pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy che non presentano paramnesia reduplicativa; sia nei confronti con gli altri gruppi di controllo (vedi grafico n.13 in appendice). Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa: non si evidenziano differenze significative tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp); e tra i due gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi presentano differenze altamente significative: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = - 2,82; p < 0,001) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = - 3,29; p < 0,001) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD (Md = - 2,37; p = 0,001) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = - 2,83; p < 0,001). Commento: i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp) non differiscono significativamente tra di loro, ma mostrano prestazioni significativamente inferiori rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti con AD e rispetto al gruppo di controllo formato da pazienti esenti da patologie neuropsichiatriche (vedi grafico n.14 in appendice). Riconoscimenti elementi esterni familiari della propria casa. Falsi positivi: in tale analisi non si evidenziano differenze significative nei confronti effettuati. Riportiamo comunque alcuni dati, perché molto prossimi al limite di significatività: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,49; p = 0,019) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 1,57; p = 0,011) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,42; p = 0,039) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = 1,5; p = 0,025). Commento: i pazienti affetti da DLB (indifferentemente dalla presenza o meno di RP) eseguono un maggior numero di errori di errato riconoscimento rispetto ai due gruppi di controllo (AD e N), per una differenza prossima ai limiti della significatività (vedi grafico n.15 in appendice). Riconoscimenti elementi esterni familiari della propria casa. Falsi negativi: mentre non si evidenziano differenze rilevanti nel confronto tra i due gruppi di soggetti affetti da DLB (DLB-RP e DLBnorp); nel confronto tra il gruppo di soggetti affetti da DLBnorp ed il gruppo di soggetti affetti da AD; e nel confronto tra i due gruppi di controllo (AD e N), le restanti analisi presentano tali dati: • Pazienti DLB-RP nei confronti dei pazienti AD (Md = 1,33; p = 0,002) • Pazienti DLB-RP nei confronti dei soggetti N (Md = 1,71; p < 0,001) • Pazienti DLBnorp nei confronti dei soggetti N (Md = 1,33; p = 0,002) 87 A sostegno del fatto che i pazienti affetti da Demenza con corpi di Lewy (in particolare il gruppo DLB-RP) eseguono un maggior numero di non riconoscimenti e quindi una prestazione significativamente peggiore nei confronti degli altri gruppi di controllo (vedi grafico n.16 in appendice). 88 7. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI La sindrome di Capgras e la paramnesia reduplicativa per i luoghi sono, dal punto di vista speculativo, alcuni dei deliri monotematici più interessanti ed affascinanti. Nel presente lavoro sono stati analizzati pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy che presentavano o meno tali deliri, al fine di individuare la base neuropsicologica sottostante a queste manifestazioni. La letteratura in merito è piuttosto corposa, ma nonostante l’enorme mole di lavori e lo sviluppo di diverse ipotesi e modelli cognitivi, una base neuro cognitiva certa per queste due sindromi resta tuttora da definire. In tal senso, il presente studio è in grado di apportare nuove conoscenze a questo intrigante capitolo, poiché, per la prima volta esamina, in maniera dettagliata tre connotati che sono stati ripetutamente ritenuti responsabili delle due sindromi in discussione: le funzioni visuopercettive, il riconoscimento emotivo e il senso di familiarità. Particolare attenzione è stata dedicata alla costruzione di una batteria il più possibile ecologica, che possa cogliere al meglio i tre aspetti, in particolare l’attributo familiarità. Al tal fine, i test sono personalizzati e sono stati costruiti con ausilio di fotografie personali. L’ipotesi testata nel presente lavoro, che scaturisce dall’analisi dei deliri in termini qualitativi, è quella secondo cui i pazienti non sarebbero in grado di gestire correttamente l’attributo familiarità e presenterebbero perciò, nei confronti di stimoli noti e conosciuti (volti familiari e luoghi familiari) un delirio con errata attribuzione dell’identità ad uno stimolo percepito correttamente. Questa ipotesi scaturisce dalla definizione classica di questi due deliri e viene avvalorata dall’osservazione dei pazienti nella comune pratica clinica. Il paziente affetto da CS o PR sviluppa una falsa idea, ad esempio che un soggetto familiare sia stato sostituito da un estraneo (analoga esperienza riguarda i luoghi familiari secondo cui un dettaglio, ad esempio un comodino, è analogo al comodino personale, ma non è “quel comodino”). L’oggetto del delirio usualmente condivide le stesse 89 caratteristiche fisiche del duplicato (il figlio del paziente è analogo a quello reale ma è ad esempio più buono; il comodino è uno uguale a quello personale). Spesso il paziente non sa esplicitare dettagli né il motivo della diversa identità percepita, ma è fermamente convinto del fatto che oggetto e duplicato siano fisicamente identici. Per valutare come le diverse variabili cognitive possano entrare in gioco nella formazione del delirio sono stati esaminati pazienti affetti da demenza con corpi di Lewy. Un gruppo di pazienti affetti da malattia di Alzheimer sono stati scelti come soggetti di controllo (in aggiunta a soggetti sani) al fine di poter fornire evidenza della dissociazione di alcune performance solo all’interno della demenza con corpi di Lewy e al fine di poter identificare un pattern cognitivo differenziale nelle due malattie. I risultati del lavoro hanno infatti confermato, quanto già noto in letteratura (Dalrymple-Alford, 2001), ovvero il diverso pattern cognitivo delle due demenze, con maggiore compromissione degli aspetti visuopercettivi nella DLB piuttosto che nella malattia di Alzheimer. Le variabili percettive si sono distribuite analogamente nei due gruppi di soggetti afffetti da DLB con o senza deliri (Capgras e paramnesia reduplicativa), mostrando che non risultano significativamente diverse tra soggetti affetti o non affetti, dai due deliri in oggetto. Il riconoscimento delle emozioni, sebbene compromesso nei soggetti affetti da DLB non si è rivelato altro parametro utile a differenziare i soggetti con e senza deliri. Diversamente, l’attribuzione della familiarità, compromessa in entrambi i gruppi di pazienti affetti da DLB ha rivelato risultati interessanti e meritevoli di discussione. L’analisi qualitativa degli errori, eseguita in letteratura per la prima volta, ha identificato una presenza significativamente maggiore di falsi positivi in soggetti affetti da CS rispetto ai non affetti, ovvero i soggetti con CS manifestano enormi difficoltà non tanto nel riconoscere i propri familiari, ma tendono ad attribuire una familiarità errata a soggetti sconosciuti. Questa tendenza, apparentemente in contrasto con il delirio di Capgras, in realtà, potrebbe essere interpretata come parte dello stesso delirio: ovvero 90 così come il paziente tende a dare più di una identità ad un soggetto familiare (il figlio diventa, ad esempio, il figlio “buono” ed il figlio “cattivo”), vede ed intesse relazioni di familiarità con soggetti estranei. Quale sia la base dell’errata attribuzione di familiarità e soprattutto della esagerata e patologica tendenza ad attribuire una familiarità a soggetti e cose non familiari resta tuttora da determinare in termini neuro-anatomici e teorici. La presenza di analoghi risultati da un punto di vista quantitativo nella paramnesia reduplicativa per i luoghi, rafforza la selettività dei risultati ottenuti e consente di approntare una interpretazione analoga a quella della sindrome di Capgras per la paramnesia reduplicativa per i luoghi. In particolare, relativamente a quest’ultimo aspetto, un ulteriore dato emerge a conferma del deficit di attribuzione di familiarità. E’ interessante notare come i soggetti affetti da paramnesia reduplicativa per i luoghi abbiano prestazioni inferiori e una quota significativamente maggiore di falsi positivi rispetto ai pazienti senza delirio per i dettagli interni alla propria abitazione. Questa dissociazione non viene riscontrata nell’analisi degli elementi esterni alla propria abitazione: a nostro avviso è spiegabile in termini di differenza tra il concetto di familiarità in senso stretto e di conoscenza. Un dettaglio personale (ad esempio un soprammobile) è vissuto come familiare da un soggetto ed è parte del proprio vissuto intimo (“entro le mura dove avviene la vita con i propri cari”), mentre dettagli esterni alla propria abitazione sono più spesso “conosciuti”, ma non “familiari” (ad esempio il soggetto conosce e riconosce gli esterni della propria palazzina , ma è verosimile che questi dettagli non abbiano per lui un valore di “familiare” in senso emotivo). Questa dissociazione tra dettagli familiari in senso stretto e in senso lato potrebbe spiegare i risultati. In alternativa può essere ipotizzato un errore metodologico legato al minor numero di item presi in considerazione nell’esame di dettagli esterni alla propria abitazione rispetto ai dettagli interni. Ad avvalorare la nostra ipotesi che scinde il “familiare” dal “conosciuto” sta la dissociazione tra le performance dei soggetti, nei confronti di volti 91 familiari e volti famosi. I volti famosi, per estensione potrebbero essere paragonati ai dettagli esterni della propria abitazione, essendo i primi volti “conosciuti” e non “familiari”, basati maggiormente su una dimensione legata alla semantica e non agli aspetti di memoria autobiografica ed emotiva. La specifica del presente lavoro, che può costituire terreno fertile per ulteriori studi, è nella distinzione del tutto ecologica tra materiale “familiare” che assume una connotazione mnesico-emotiva legata alla proria esperienza personale, rispetto a quegli aspetti principalmente semantici che fanno parte del proprio bagaglio di conoscenze e che non condividono con le prime gli aspetti teorici e verosimilmente neuro anatomici. In conclusione, il presente lavoro è a favore di una interpretazione dei deliri monotematici di Capgras e paramnesia reduplicativa per i luoghi in termini di alterata attribuzione di familiarità con tendenza esagerata da parte del paziente ad attribuire identità a soggetti familiari e non familiari. 92 8. APPENDICE Tabelle: TABELLA N.1 Variabili demografiche (analisi della CS) Numero soggetti Età Media Deviazione Std. Range Scolarità Media Deviazione Std. Range Sesso M/F DLB con CS 8 DLB senza CS 6 AD N 14 14 72 5,45 66-82 72 3,29 69-77 73,86 7,06 54-80 71,57 7,47 53-80 7,75 4,37 3-13 3/5 6 4 0-11 3/3 5,35 1,65 2-8 5/9 7 2,51 3-11 7/7 Legenda: DLB = Demenza a corpi di Lewy CS = sindrome di Capgras AD = Malattia di Alzheimer N = soggetti di controllo M = maschi F = femmine N.S. = non significativo TABELLA N.2 Variabili demografiche (analisi della RP) Numero soggetti Età Media Deviazione Std. Range Scolarità Media Deviazione Std. Range Sesso M/F DLB con PR 7 DLB senza PR 7 AD N 14 14 71,71 5,08 66-82 72,29 4,19 66-77 73,86 7,06 54-80 71,57 7,47 53-80 7,28 3,86 3-13 4/3 6,71 4,72 0-11 2/5 5,35 1,65 2-8 5/9 7 2,51 3-11 7/7 93 Legenda: DLB = Demenza a corpi di Lewy RP = paramnesia reduplicativa per i luoghi AD = Malattia di Alzheimer N = soggetti di controllo M = maschi F = femmine N.S. = non significativo TABELLA N.3 Anamnesi A. Deliri Il paziente crede cose che non sono vere? Per esempio, insiste sul fatto che qualcuno sta cercando di fargli del male o di rubargli qualcosa? Dice che i componenti della famiglia non sono chi dicono di essere, o che la casa non è la sua? Non mi riferisco a semplice sospettosità, ma al fatto che il paziente sia convinto che queste cose gli stanno realmente accadendo. □ non applicabile □ no □ si n.a. 1. 2. 3. 4 5. 6. no s Il paziente crede di essere in pericolo o che qualcuno gli voglia fare del male Il paziente crede che qualcuno lo stia derubando ? Il paziente crede che il coniuge lo tradisca? Il paziente crede che i famigliari vogliano abbandonarlo? Il paziente crede che le immagini della televisione o le fotografie delle riviste siano realmente presenti in casa e cerca di interagire con esse? Il paziente mostra di credere ad altre cose insolite?...................................................................... FREQUENZA GRAVITA’ STRESS EMOTIVO E PSICOLOGICO □ Raramente: meno di una volta a settimana □ Lieve: i deliri sono presenti ma sembrano innocui e producono poco disturbo al paziente □ Moderata: i deliri sono distu ba ti e dirompenti □ Marcata: i deliri sono molto distruttivi e rappresentano una delle principali cause dei disturbi comportamentali □ nessuno □ Talvolta: circa una volta alla settimana □ Frequentemente: diverse volte alla settimana ma non tutti i giorni □ Molto frequentemente: una più volte al g orno □ minimo □ lieve □ moderat □ severo □ grave A1. Non riconoscimento delle persone familiari Il paziente non riconosce i parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli), oppure li attribuisce ad un’identità diversa. □ non applicabile □ no □ si n.a. 1. Il paziente crede che il coniuge o altre persone non sono in realtà chi dicono di essere? 2. Il paziente considera i parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli) come degli impostori ? In caso di risposta positi a alla precedente domanda: Il paziente ammette che gli impostori 3 no si 94 4. 5. 6. 7. 8. 9. hanno un aspetto uguale o simile ai parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli)? Il paziente si dimostra senza emozioni di fronte ai parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli)? Ascoltando per telefono la voce dei parenti più stretti (genitori, coniuge, figli o fratelli) non la riconoscono o la scambiano per quella di altre persone? Il paziente respinge in svariati ambiti la collaborazione con parenti stretti? Il paziente non si fida dei parenti stretti (genitori, coniuge, figli, o fratelli)? Il paziente non si riconosce nelle foto o nello specchio? Il paziente riferisce altre situazioni di non riconoscimento e di percezione alterata di persone familiari?.......................................................................................................................................... FREQUENZA GRAVITA’ STRESS EMOTIVO E PSICOLOGICO □ R ramente: meno di una volta al a settimana □ Lieve: i non riconoscimenti sono presenti ma sembrano innocui e producono poco disturbo al paziente □ Moderata: i non riconoscimenti sono d sturban i e dirompenti □ Marcata: i non riconoscimenti sono molto distruttivi e rappresentano una delle principali cause dei disturbi comportamentali □ nessuno □ Talvolta: circa una volta alla settimana □ Frequentemente: diverse volte alla settimana ma non tutti i giorni □ Molto frequentemente una o più volte al giorno □ minimo □ lieve □ moderat □ severo □ grave A2. Non riconoscimento di luoghi Il paziente non riconosce luoghi a lui familiari (es. abitazione) e li scambia per altri luoghi. □ non applicabile □ no □ si n.a. 1. 2. 3. 4. Il paziente crede che il luogo in cui abita in realtà non sia casa sua? Il paziente si perde in luoghi a lui familiari? Il paziente non riconosce luoghi che sono stati per lui importanti nel passato (es. luogo di lavoro, abitazione precedente)? Il paziente non riconosce come familiari oggetti della propria casa (es. quadri, souvenir)? 5. Il paziente è in grado di spostarsi in modo autonomo in luoghi esterni? 6.. Il paziente riferisce altre situazioni di non riconoscimento di luoghi o elementi familiari?........................................................................................................................................ FREQUENZA GRAVITA’ STRESS EMOTIVO E PSICOLOGICO □ Raramente: meno di una volta alla settimana □ Lieve: i non riconoscimenti sono presenti ma sembrano innocui e producono poco disturbo al paziente □ Moderata: i non riconoscimenti sono disturbanti e dirompenti □ Marcata: i non riconoscimenti sono molto distruttivi e rappresentano una delle principali cause dei disturbi comportamentali □ nessuno □ Talvolta: circa una volta alla settimana □ Frequentemente: diverse volte alla settimana ma non tutti i giorni □ Molto frequentemente: una o più volte al giorno no si □ minimo □ lieve □ moderato □ severo □ grave 95 B. Allucinazioni uditive Il paziente sente cose che non esistono, cose che non sono presenti? Con questa domanda non intendo solo convinzioni sbagliate, ma voglio sapere se il paziente presenta una percezione anormale di suoni. □ non applicabile □ no □ si n.a 1. 2. 3. 4. 5. no si Il paziente dice di sentire delle voci o si comporta come se le sentisse? Il paziente parla con persone che non sono present ? Il paziente obbedisce ad ordini di persone sconosciute? Il paziente si sente minacciato oppure offeso da persone sconosciute? Il paziente riferisce o mostra di avere altre esperienze sensoriali insolite?................................................................. FREQUENZA GRAVITA’ STRESS EMOTIVO E PSICOLOGICO □ Raramente: meno di una volta alla settimana □ Lieve: le allucinazioni sono presenti ma sembrano innocui e producono poco disturbo al paziente □ Moderata: le allucinazioni sono disturbanti e dirompenti □ Marcata: le allucinazioni sono molto distruttivi e rappresentano una delle principali cause dei disturbi comportamentali □ nessuno □ minimo □ lieve □ moderato □ severo □ grave □ Talvolta: circa una volta alla settimana □ Frequentemente: diverse volte alla settimana ma non tutti i giorni □ Molto frequentemente: una o più volte al giorno Analisi della sindrome di Capgras: TABELLA N.4 Batteria sperimentale sindrome di Capgras PAZIENTI Riconoscimento di genere (0-30) DLB-CS 23,37 ± 3,6 DLBnocs 22,33 ± 1,97 AD 24,92 ± 2,81 N 28,43 ± 0,76 Riconoscimento di età (0-30) 26,37 ± 3,92 27,5 ± 1,87 28,43 ± 1,55 29,64 ± 0,63 Discriminazione percettiva (0-30) 19,37 ± 1,92 16,67 ± 0,82 22,92 ± 3,1 27,57 ± 1,74 Associazione di emozioni (0-30) Discriminazione di volti famosi (0-108) Riconoscimento persone familiari (0-62) 20,25 ± 3,15 63,25 ± 31,77 46,62 ± 8,75 22,5 ± 1,52 80,66 ± 10,32 55,6 ± 5,68 25,07 ± 3,32 87,57 ± 10,35 58,43 ± 3,27 28,58 ± 1,1 100,5 ± 5,83 62 ± 0 Riconoscimento volti familiari. falsi positivi 11,5 ± 5,23 3,6 ± 2,41 1,14 ± 2,03 0 Riconoscimento volti familiari. falsi negativi 4,87 ± 6,59 2,8 ± 3,7 2,43 ± 2,93 0 Denominazione emozioni (0-18) 9,4 ± 2,19 11,4 ± 3,91 14,08 ± 2,51 17 ± 1,94 Legenda: DLB-CS = Demenza a corpi di Lewy con sindrome di Capgras DLBnocs = Demenza a corpi di Lewy senza sindrome di Capgras AD = Malattia di Alzheimer N = soggetti di controllo senza patologie neuropsichiatriche 96 Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi: TABELLA N.5 Batteria sperimentale paramnesia reduplicativa per i luoghi PAZIENTI Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva (0-15) Riconoscimento edifici in diversa prospettiva (0-33) Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa (0-26) Riconoscimento elementi interni familiari. Falsi positivi Riconoscimento elementi interni familiari. Falsi negativi Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa (0-10) Riconoscimento elementi esterni familiari. Falsi positivi Riconoscimento elementi esterni familiari. Falsi negativi DLB-RP 11,5 ± 2,88 19,33 ± 3,61 17 ± 3,11 DLBnopr 13,43 ± 1,72 24,14 ± 3,53 18,75 ± 3,94 AD 14,57 ± 0,65 28,43 ± 3,32 23,5 ± 2,28 N 15 ± 0 32 ± 0,85 26 ± 0 6,5 ± 3,96 4,14 ± 3,11 6,41 ± 1,79 4,85 ± 1,68 0,25 ± 0,45 7,17 ± 2,32 1,57 ± 1,5 0,93 ± 1,82 9,51 ± 0,2 0 0 10 ± 0 1,57 ± 1,71 1,71 ± 1,11 1,5 ± 1,97 1,33 ± 1,21 0,06 ± 0,25 0,42 ± 0,006 0 0 Legenda: DLB-RP = Demenza a corpi di Lewy con paramnesia reduplicativa per i luoghi DLBnorp = Demenza a corpi di Lewy senza paramnesia reduplicativa per i luoghi AD = Malattia di Alzheimer N = soggetti di controllo senza patologie neuropsichiatriche 97 Alcuni item tratti dalle batterie sperimentali: Figura n.1 Riconoscimento di genere “Volto maschile o femminile?” Figura n.2 Riconoscimento di età “Chi è più giovane?” Figura n.3 Discriminazione percettiva “E’ la stessa persona vista in prospettive diverse, oppure sono due persone diverse?” 98 Figura n.4 Associazione di emozioni “Chi, tra le due possibilità, sta provando la stessa emozione, provata dal soggetto al centro dello schermo?” Figura n.5 Discriminazione di volti famosi famosa non famosa famoso non famoso Item presentati singolarmente. A fianco alcuni esempi di target e distrattori. “Secondo lei, questa persona è stata, oppure è famosa?” 99 Figura n.6 Riconoscimento edifici nella stessa prospettiva “Quale tra i 4 edifici posti agli estremi, è identico a quello al centro?” Figura n.7 Riconoscimento edifici in prospettiva diversa “Quale tra i 4 edifici posti agli angoli, è lo stesso di quello al centro, ma visto da una prospettiva diversa?” 100 Figura n.8 Riconoscimento elementi esterni familiari della propria casa Item presentati singolarmente. A fianco alcuni esempi di target e distrattori. “Questo luogo Le sembra familiare?” Figura n.9 Riconoscimento elementi interni familiari della propria casa Item presentati singolarmente. A fianco alcuni esempi di target e distrattori. “Questa, è la sua cucina?” 101 Grafici: Analisi della sindrome di Capgras: Grafico n.1 Grafico n.2 102 Grafico n.3 Grafico n.4 103 Grafico n.5 Grafico n.6 104 Grafico n.7 Grafico n.8 105 Analisi della paramnesia reduplicativa per i luoghi: Grafico n.9 Grafico n.10 106 Grafico n.11 Grafico n.12 107 Grafico n.13 Grafico n.14 108 Grafico n.15 Grafico n.16 109 9. BIBLIOGRAFIA Alexander, M.P., Stuss, D., & Benso, D.F. (1979) Capgras syndrome: a reduplicative phenomenon. Neurology. 29; 334-9. Ballard, C., Holmes, C., & McKeith, I. (1999). Psychiatric morbidity in dementia with Lewy bodies: a prospective clinical and neuropathological comparative study with Alzheimer's disease. American Journal of Psychiatry. 156; 1039-1945. Barrett, S.E., Rugg, M.D., & Perrett, D.I. (1988). Event-related potentials and the matching of familiar and unfamiliar faces. Neuropsychologia. 26 (1); 105-117. Barton, J.J. (2003). 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Wondrous strange: the neuropsychology of abnormal beliefs. Mind and Language. 15; 47-73. 124 RINGRAZIAMENTI: Durante questi tre anni ho avuto il piacere di collaborare con diverse persone che hanno contribuito alla mia crescita umana e professionale, vorrei quindi esprimere a loro, tutta la mia gratitudine. Un ringraziamento particolare va al mio Tutor, la Dr. Simona Luzzi, una persona che si è mostrata sempre disponibile con i suoi suggerimenti e consigli, rivelatisi fondamentali. La sua guida mi ha permesso di portare a termine questo lavoro, ed ha reso questo percorso estremamente formativo. Un grazie colmo di sincero affetto per le opportunità che mi ha offerto. Altrettanto vivamente ringrazio il Prof. Leandro Provinciali, per avermi ospitato presso la Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ancona, per la disponibilità ed il supporto scientifico fornitomi. Grazie a tutti gli amici e colleghi dello splendido gruppo di ricerca di cui ho fatto parte, Viviana, Katia, Valentina, e ai restanti colleghi, che tutti insieme hanno contribuito a rendere la quotidianità lavorativa, enormemente piacevole. Grazie ai miei genitori, che mi hanno donato il privilegio dello studio, e che hanno contribuito fortemente a costruire quella parte del mio carattere che mi ha permesso di raggiungere, nonostante le difficoltà, traguardi importanti della mia vita. Desidero inoltre ringraziare mia zia Tiziana per l’aiuto fornitomi, mio fratello Lorenzo per la grandissima forza che ha saputo darmi nelle difficoltà, la mia fidanzata Martina che, con il suo amore, ha saputo comprendere il sacrificio del nostro tempo insieme per lo studio e i tanti impegni, e con loro, le mie nonne, i miei familiari, e tutte le persone che mi sono state vicine in questi anni e che mi hanno sostenuto e incoraggiato in modo illimitato. Grazie a tutti. Alessio 125