«Mio Signore e mio Dio!» «Gettate la rete dalla parte destra della
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«Mio Signore e mio Dio!» «Gettate la rete dalla parte destra della
Xxxxxxxxxxxxxx 00 La Nostra Voce - Aprile 2016 mensile di cultura e informazione cristiana APRILE 2016 Otto giorni dopo venne Gesù Gv 20, 19-31 «Mio Signore e mio Dio!» Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce Gv 21, 1-19 «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete» PARROCCHIE S. FRANCESCA CABRINI - CODOGNO ASSUNZIONE B.V. MARIA - TRIULZA Xxxxxxxxxxxxxx 00 La Nostra Voce - Aprile 2016 LA NOSTRA VOCE mensile di cultura e informazione cristiana Direttore responsabile: Don Giorgio CROCE ANNO 33 - N° 8 - APRILE 2016 registrato presso il Tribunale di Lodi in data 03/11/86 al N° 189 Pubblicato il 1-04-2016 - Tiratura copie N° 300 Sede redazione e stampa: PARROCCHIA SANTA FRANCESCA CABRINI Viale Papa Giovanni XXIII n° 1 - 26845 CODOGNO (LO) Sito web: www.cabrinitriulza.it Posta elettronica: [email protected] Sito web della Parrocchia S. Francesca Cabrini di Houston (Texas, USA): sfchoutx.org Tempo di S. Pasqua 1 La Nostra Voce - Aprile 2016 “ Come possiamo noi fare echeggiare nel mondo una tale notizia? Noi siamo testimoni di questo fatto. Siamo la voce che si perpetua di anno in anno nella storia. Siamo la voce che si diffonde in cerchi sempre più larghi nel mondo. Siamo la voce che ripete la testimonianza di coloro che lo videro con i propri occhi e lo toccarono con le loro mani. Siamo i trasmettitori, da una generazione all’altra, da un popolo all’altro, del messaggio di vita della Risurrezione di Cristo. Siamo la voce della Chiesa, per questo fondata, per questo diffusa nell’umanità, per questo militante, per questo vivente e sperante, per questo, pronta a confermare col proprio sangue la propria parola. E’ il messaggio della fede che, come tromba d’angelo, squilla ancor oggi nel cielo e sulla terra: è risorto. Il Cristo è risorto! Non importa, fratelli, se l’esperienza della caducità delle forze umane delude ogni giorno le nostre fragili speranze d’uno stabile orientamento della società umana; e non importa nemmeno se dal progresso stesso generato dallo sviluppo moderno e dalla cultura sovrana degli utili segreti della natura sembra derivare all’uomo non pienezza, non sicurezza di vita, ma piuttosto tormento d’insoddisfatte aspirazioni; non importa perché una nuova, originale, inesauribile sorgente di vita è stata infusa nel mondo da Cristo Risorto, operante per quanti ne ascoltano la Parola, ne accolgono lo spirito e ne compongono il mistico Corpo, nel mondo e nel tempo. ” Beato Papa Paolo VI A tutte le Comunità Parrocchiali di S. Francesca Cabrini e Assunzione B. V. Maria in Triulza giunga l’augurio di una Serena e Gioiosa S. Pasqua piena di vita e di speranza. Don Giorgio, parroco Giubileo della Misericordia 2 La Nostra Voce - Aprile 2016 DIOCESI DI LODI “Siate misericordiosi, come il Padre vostro” Le sette opere di misericordia spirituale (Sussidio per i Gruppi di Ascolto della Parola 2015-2016) 3. Insegnare agli ignoranti 3 - SEGUITO “Vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio” (Sap 13,1-10) 1 Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, a dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. 2 Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dei, reggitori del mondo. 3 Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. 4 Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. 5 Difatti dalla bellezza e grandezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. 6 Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. 7 Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. 8 Neppure costoro però sono scusabili, 9 perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano? 10 Infelici anche coloro le cui speranze sono in cose morte E che chiamarono dei le opere di mani d’uomo, oro e argento, lavorati con arte, e immagini di animali, oppure una pietra inutile, opera di mano antica. Giubileo della Misericordia Commento Il capitolo XIII del libro della Sapienza, nei primi nove versetti è seria presa di distanza dalla così detta religione dei pagani. Questa critica ragionata prende in esame quel meccanismo tipico di molti popoli, antichi e non solo, di divinizzare elementi cosmici, forze naturali e astri. Il testo inizia con un’affermazione sull’inconsistenza, letteralmente soffio di vento, rivolta a tutti coloro che divinizzano le cose create al posto del loro creatore. Costoro, si dice, sono vani, nel senso di privi di fondamento, caduchi esattamente come Adamo, l’uomo che è soffio e di terra. Sono soffio di vento, dice il testo, coloro che vivevano nell’ignoranza, non furono capaci di riconoscere e non riconobbero. Essi ignorano il Dio unico e vero perché non sono in grado di risalire dalla creazione al Creatore. Si sono fermati alle opere, senza percepire alcuna distinzione tra le cose buone da Lui create e Colui che è. Non furono capaci di riconoscere nonostante ad ogni uomo sia concessa la possibilità effettiva di conosce Dio contemplando la sua creazione; dagli effetti alla causa. Per questo allora essi non riconobbero Dio. Sei opere della creazione, come per indicarla tutta, sono state divinizzate: fuoco, vento, aria veloce, volta stellata, acqua impetuosa e luci del cielo. L’elenco comprende i corpi celesti e gli elementi della natura ed in questo modo il testo prende le distanze sia dalle correnti filosofiche del tempo, ed in specie lo stoicismo, 3 La Nostra Voce - Aprile 2016 sia dalla religione popolare. Questo procedimento di divinizzazione delle cose ha in sé un vizio fondamentale, che il testo porta a galla. Si tratta di un problema di conoscenza: costoro non colgono la relazione di somiglianza o la proporzione esistente tra il Creatore e le sue creature. La somiglianza impressa dal Creatore alle sue creature è la via, per analogia, cui giungere alla vera conoscenza di Dio. Questo procedimento si fonda su un assunto fondamentale: la differenza radicale, pur nella somiglianza, tra Creatore e creatura. Le cose create somigliano al loro Creatore, certo, ma al tempo stesso, non sono il Creatore. Considerazioni simili sono quelle di Paolo in apertura alla lettera ai Romani con l’intento di mostrare come sia i Giudei, quanto i Pagani, pur avendo modo di conoscere Dio per vie diverse, si sono allontanati da lui. Paolo è convinto che questo corrisponda ad un disegno misterioso di Dio che ha voluto racchiudere tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia. I Pagani a differenza dei Giudei, non avendo avuto la possibilità di conoscere la rivelazione potrebbero in qualche modo essere giustificati, ma non è così. L’Apostolo scrive: “Infatti le perfezioni [di Dio] invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro Giubileo della Misericordia mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen” (Rom 1,20-25). Interessante è sottolineare come ciò che essi ritenevano “sapienza”, li ha resi in realtà stolti impedendo loro di vedere, al di là delle cose create, il Creatore. Questo ci suggerisce che l’ignoranza non sempre e solo mancanza di erudizione. La seconda parte del capitolo, dal versetto 10 in poi, è una critica piuttosto ironica dell’idolatria. Sono infelici, dice il testo, nel senso di riprovevoli, condannabili e degni di commiserazione coloro che mettono la loro speranza, posto che in vero spetta a Dio, in manufatti umani, gli idoli appunto. La duplice critica alla religione della natura e all’idolatria risente dell’ambiente culturale in cui il libro della Sapienza viene composto: il giudaismo ellenistico. L’antica fede nel Signore Dio d’Israele deve fare i conti con le convinzioni religiose dell’ambiente culturale e sociale pagano in cui il Popolo vive. Attualizzazione Ignorante, come abbiamo potuto vedere, non vuol dire essere senza cultura o senza erudizione. Ignorante è colui che non conosce le cose che invece dovrebbe conoscere e può anche essere un docente universitario o un noto scrittore. L’uomo odierno non di rado conosce i dettagli più minuti del reale, il progresso delle scienze è in questo campo impressionante, ma perde di vista l’essenziale: ignora quale sia il 4 La Nostra Voce - Aprile 2016 senso del vivere, ignora quale sia il destino che alla fine dell’esistenza terrena ci attende, ignora se la nostra esistenza sia frutto del puro caso oppure disegno provvidenziale di amore. Ignorare ossia non conoscere il Creatore, nostro e di tutto quanto ci circonda, è oscurità profonda. Dante nel Paradiso illustra la sua ascesa verso la Santissima Trinità come una illuminazione sempre più intensa: Dio è luce e chi lo conosce è nella sua luce luminosissima. L’ignoranza di Dio è oscurità penosa che domanda di essere rischiarata. La prima forma di carità che la Chiesa, ogni battezzato quindi, è chiamata ad esercitare verso l’umanità è questa: l’annuncio della verità affinché l’essenziale sia posseduto. Ecco il senso della seconda opera di misericordia spirituale: istruire gli ignoranti. La salvezza dei nostri fratelli direttamente e per sé – diceva il cardinal Biffi – non sarà tanto il frutto della nostra affabile capacità di ascolto e di dialogo – cosa importante però e da non trascurare – ma della verità divina rivelata in Gesù e proclamata senza scolorimenti e senza mutilazioni. La conoscenza di Dio, luce autentica della vita di ogni uomo, ci raggiunge attraverso tre grandi fonti: la creazione, come ci insegna la Sapienza, la Parola di Dio e la tradizione della fede. Si tratta allora di guardare e di ascoltare per giungere alla vera luce. Ci sono come tre grandi parole che non dobbiamo mai smettere di ascoltare e meditare: la Parola impressa nella creazione, quella scritta nero su bianco nella Bibbia e quella vissuta dalla comunità credente, la Chiesa di Cristo. Istruire gli ignoranti è un’opera di per sé universale: tutti ne siamo destinatari. Ciascuno di noi deve al contempo ritenersi maestro ed alunno, saggio ed ignorante. Tutti abbiamo bisogno di essere istruiti quanto all’essenziale ed al tempo stesso siamo chiamati ad istruire altri. Giubileo della Misericordia 5 La Nostra Voce - Aprile 2016 Domande per il discernimento • Sono disposto a lasciarmi istruire nella mia “ignoranza” di Colui che è l’essenziale? • Mi lascio guidare in questo senso dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione sempre viva della Chiesa ed in particolare dal suo magistero? • Sono disposto ad istruire con umile carità i miei fratelli intorno alla Verità che è Cristo Gesù senza scolorimenti e senza mutilazioni? • Ho lo dolce fortezza di “istruire” anche i lontani? Preghiera Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova; tardi ti ho amato! Tu eri dentro di me, e io stavo fuori, ti cercavo qui, gettandomi, deforme, sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le creature che, pure, se non esistessero in te, non esisterebbero per niente. Tu mi hai chiamato e il tuo grido ha vinto la mia sordità; hai brillato, e la tua luce ha vinto la mia cecità; hai diffuso il tuo profumo, e io l’ho respirato, e ora anelo a te; ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te; mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace. Sant’Agostino, Le Confessioni, X, 27 3 - CONTINUA PENSIERI • Forse come credenti, come Chiesa, dobbiamo operare dei salti di qualità. Pauper si oppone a potens. Quindi quando dico “lasciare le ricchezze” intendo soprattutto “lasciare il potere, la volontà di dominio”. Noi dovremmo fare una operazione di spogliazione, perché soltanto Gesù Cristo sia benedetto e glorificato. Come Chiesa non dovremmo cercare legami con il potere, non dovremmo prostituirci. Questa Chiesa che abita i sotterranei della Storia e non i palazzi dei potenti, deve togliersi la corazza di Saul per prendere la fionda di Davide. (da “Il fuoco della Pace” - Don Tonino Bello) • Se Dio è uno, il genere umano è uno. (mistico orientale del Medioevo da “Il fuoco della Pace” - Don Tonino Bello) • La povertà di Chiara non è una povertà di comodo: non manca di lavorare; è audacia di contare presso il Padre dei cieli più che gli uccelli dell’aria e i gigli del campo; è forza di proclamazione a tutto il mondo che l’uomo vero, l’uomo liberato, è come il Figlio di Dio: ricco soltanto di tutta la mitezza dell’amore che ignora la paura e la difesa e si lascia “mangiare”, ricco soltanto di tutta la forza dell’amore che vince l’avversario con l’umile dolcezza del perdono. (da “Come fonte sigillata” Sorelle Povere di Santa Chiara) • Il ricco non è quello che ha più del povero, ma quello che in forza della sua ricchezza domina il povero, quello che non deve dire grazie a nessuno, perché ciò che riceve non lo riceve per grazia, ma perché gli è dovuto. (da “Profezia della Povertà” - p. D. M. Turoldo) Giubileo della Misericordia 6 La Nostra Voce - Aprile 2016 Storia della conversione di Höss, “l’animale” di Auschwitz Il gerarca nazista, che supervisionò la morte di oltre tre milioni di persone, trovò un prete disposto a confessarlo prima della morte. «La confessione durò e durò e durò» L’amore e il perdono di Dio può arrivare fino a un livello scandaloso, fino all’assoluzione di un gerarca nazista, comandante del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. La storia, riportata da Aleteia, è stata raccontata durante un incontro in occasione dell’Anno della misericordia negli Stati Uniti da suor Gaudia e suor Emmanuela, della congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia. ATTO DI UMANITÀ. Höss compì un unico atto di umanità. Un giorno portarono ad Auschwitz «un’intera comunità di gesuiti» tranne il superiore e questo, disperato, volle raggiungere i suoi confratelli intrufolandosi nel campo di concentramento. Le guardie lo scoprirono e lo portarono da Höss, certi che il comandante avrebbe ordinato la sua esecuzione. Invece il sacerdote fu liberato, lasciando le guardie sconcertate. L’ANIMALE. Nel lager di Auschwitz in Polonia morirono circa tre milioni di persone, un sesto degli ebrei uccisi durante l’Olocausto, insieme a diversi cristiani e santi come san Massimiliano Kolbe e santa Benedetta dalla Croce (Edith Stein). Rudolf Höss, soprannominato “animale” dai sopravvissuti allo sterminio, nei tre anni di mandato come comandante diresse l’esecuzione di oltre 2 milioni e mezzo di detenuti e assistette alla morte per fame o malattia di un altro mezzo milione. Finito il suo mandato, supervisionò anche l’esecuzione di 400 mila ebrei ungheresi. «L’AMORE CHE NON MERITIAMO». Quando la guerra finì Höss fu arrestato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. Ma l’ex comandante non era terrorizzato tanto dalla morte quanto dalla detenzione, convinto che le guardie polacche si sarebbero vendicate «torturandolo per tutto il tempo della prigionia e provocandogli una pena inimmaginabi- Höss sale al patibolo Giubileo della Misericordia le». La sua sorpresa fu quindi enorme quando vide che «uomini le cui mogli, figlie e figli, uccisi ad Aushwitz, lo trattavano bene. Non riusciva a capacitarsene». Secondo le suore fu quello il momento della conversione: quello della misericordia, che è «l’amore che non meritiamo». Sì, «non meritava il loro perdono, bontà, gentilezza. Eppure li ricevette tutti». SOLO UN PRETE. Höss, cresciuto in quella fede cattolica che poi abbandonò in gioventù, chiese di potersi confessare. Le guardie provarono a cercare un sacerdote disponibile, ma «le ferite ancora molto vive» non resero facile trovare chi «volesse ascoltare la sua confessione». E infatti «non trovarono nessuno». L’ex comandante si ricordò improvvisamente di quel gesuita, padre Wladyslaw Lohn, che aveva risparmiato anni prima. Supplicò le guar- 7 La Nostra Voce - Aprile 2016 die di cercarlo. Il gesuita, rintracciato proprio nel santuario della Divina misericordia di Cracovia, dove era diventato cappellano delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, accettò di confessare Höss. LA CONFESSIONE. La confessione «durò e durò e durò, finché non gli diede l’assoluzione: “Ti sono perdonati i tuoi peccati. Rudolf Hoss, tu “l’animale”, i tuoi peccati ti sono perdonati. Vai in pace». Il giorno successivo, prima dell’esecuzione, il gesuita tornò per dare la Comunione al condannato. La guardia che era presente confessò poi che quello fu uno dei momenti più belli della sua vita: «Vedere quell’animale in ginocchio, con le lacrime agli occhi, come un bambino che sta per ricevere la Prima Comunione, Gesù, con il cuore». Benedetta Frigerio (“Tempi”) Dio è come lo zucchero Mancavano cinque minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della quinta elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi. Alle ore 16 in punto arrivò la maestra per iniziare l'esame scritto di catechismo: i promossi sarebbero stati ammessi alla prima comunione, esattamente una settimana dopo. Immediatamente un silenzio generale piombó nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande. Prima domanda: "Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?", cominció a dettare la maestra. econda domanda: "Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l'ha mai visto?". Dopo venti minuti, tutti avevano consegnate le risposte. La maestra lesse ad una ad una le prime ventinove; erano piú o meno ripetizione di parole dette e ascoltate molte volte: "Dio è nostro Padre, ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste" Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione alla Prima Comunione. Poi chiamò Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni. Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere. La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò. Singhiozzando Ernestino lesse: "Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se lui non c'è la nostra vita è amara, è senza gusto". Un applauso forte riempì l'aula e la maestra ringraziò Ernestino per la risposta così originale, semplice e vera. Poi completò: "Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l'essere convinti che Dio fa parte della nostra vita". • Se la nostra vita è amara, forse è perché manca lo zucchero... • S. Francesca Cabrini 8 La Nostra Voce - Aprile 2016 Madre Cabrini: L’educazione del cuore, il cammino dell’interiorità a cura di Suor Maria Barbagallo, msc (14 - seguito) 5. Esperienze missionarie di oggi Le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù conservano col passare degli anni questa impronta fondamentale impressa da Santa Francesca Cabrini. Nonostante il mutare dei tempi, delle situazioni e delle stesse Missioni che spesso sono molto diverse da quelle fondate da Madre Cabrini, si cerca di avere presente la visione carismatica che si ispira al Sacro Cuore di Gesù, al suo amore e alla sua misericordia per l’umanità. Con il Concilio Vaticano II, ci si avviava verso una riforma profonda dello stile di Comunità e di Missione, ma la Superiora Generale così scriveva alle Suore in una delle sue prime Lettere: «La prossima festa del Sacro Cuore ci trovi tutte ardenti di fede e di amore per questo Cuore Divino che ci ha chiamate alla sua sequela e ci sostiene con la Sua grazia. Il Cuore ferito del Salvatore è il segno vivente, il simbolo del Suo amore per noi. Prepariamoci a questa grande solennità con una fervorosa novena. Entriamo nel Cuore Divino di Cristo attraverso quella ferita che noi stesse abbiamo aperto con i nostri peccati e preghiamolo di purificare l’anima nostra con le fiamme del Suo amore. Attingiamo da Lui la ricchezza delle virtù che devono informare la nostra vita religiosa, lasciamoci riempire dalla Sua grazia e con fiducia illimitata impegniamoci ad aderire generosamente alla santa volontà di Dio e a riprodurre in noi quelle disposizioni di umiltà, di obbedienza e di carità che Gesù ha vissuto nella Sua vita terrena. “Che cosa possiamo temere se il Sacro Cuore ci protegge? E che cosa non possiamo sperare se confidiamo nel Cuore di un Padre così potente e misericordioso?” ci dice la nostra Santa Madre. L’amore purificatore di Dio potrà così operare nel nostro Istituto il rinnovamento voluto dalla Santa Madre Chiesa, il rinvigorimento dello spirito della nostra Santa Fondatrice che farà di ciascuna di noi una Missionaria secondo il Cuore di Cristo». Qualche anno dopo la stessa Madre così esortava le Suore in occasione dei 250 Anniversario di Canonizzazione: «Si tratta di credere fermamente nella potenza della chiamata di Dio, che ci sollecita S. Francesca Cabrini 9 La Nostra Voce - Aprile 2016 per una crescente apertura al suo amore e per apertura intendiamo spogliamento, liberazione da quanto ci lega a noi stesse, per un’ascesi più rapida, più gioiosa verso il traguardo della divina carità. Si tratta di andare contro-corrente, di sforzarci continuamente per correre verso la meta, come ci ricorda l’Apostolo, e di superare ogni mediocrità: fantasie, capricci della sensibilità e dell’orgoglio, chiacchiere inutili, critiche, leggerezze, vanità, tutto ciò che ingombra lo spirito, annebbia lo sguardo di fede, tradisce il nostro ideale e ne appesantisce il cammino. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Chiediamo incessantemente al Signore questa purezza di intenzioni e di vita che ci faccia tendere verso Colui che solo vale ed è l’Unico necessario. Apriamo quindi il cuore alla speranza e alla gioia ed accogliamo il risultato del nostro comune lavoro con il grido del cieco di Gerico: “Signore, fate che io veda!” Fate che, coscienti della nostra aridità spirituale e desiderose di corrispondere al vostro amore, riceviamo questo seme di grazia con fede viva e interiore docilità perché esso doni frutti abbondanti di vita. Quest’anno ricorre il 25° anniversario della canonizzazione della nostra Santa Madre: 1946-1971. Riunite in un solo cuore, eleviamo lode e grazie al Signore per averci donato una Guida così grande, così piena di Lui, così attuale, così universale. Prepariamoci o solennizzare, durante l’anno, nel periodo più propizio, questa ricorrenza a noi tanto cara, per contare la nostra profonda gratitudine al buon Dio, irraggiare la luce di quei tesori di grazie di cui era pieno il cuore della nostra Madre, e a lei offrire l’omaggio del nostro impegno interiore, fecondo per la costruzione dei Regno di Dio». Ad una Suora che le confidava i suoi problemi nel gestire alcune situazioni personali e forse in procinto di voler lasciare la Congregazione, risponde: «Non si preoccupi tanto né poco delle contraddizioni umane: Dio solo è il nostro Giudice, la nostra Luce e la nostra Forza. Andate avanti con semplicità, lavorando per il Signore, tutte unite tra voi con legami d’amore. Non finirò mai di raccomandarvi la carità, solo la carità, tutto l’altro è a servizio di questa, perché la carità è Dio. Che importa il resto? Stabilitevi nella carità e porterete grande frutto. Andiamo presso il Cuore Divino e da Lui imploriamo il Suo Fuoco d’amore: Egli non attende che questo, e quanto può purificarci il cuore perché la carità trionfi in tutti e sempre, accogliamolo di buon cuore. E Gesù non finì sulla croce perché l’Amore trionfasse? Vogliatevi bene, lavorate unite nel Signore ed Egli feconderà il vostro operare”. Nel tuo cuore palpita il Suo Cuore dolcissimo, è Egli il Padrone di tutta la tua vita ed è la chiave della tua felicità; rivolgi a Lui i palpiti angosciati del tuo animo. Non pensare mai neppure lontanamente di poterlo un giorno abbandonare, tradire, Lui che è l’Amore, la Bontà, la Misericordia, Lui che ti ha scelto fra molte per colmarti dei suoi doni divini. La tua delicatezza e la tua profondità spirituale non ti porteranno mai a questo S. Francesca Cabrini 10 La Nostra Voce - Aprile 2016 punto estremo, ma, te ne supplico, per la tua pace e per la tua serenità, volgiti a Lui con cuore aperto, libero, fiducioso. Il Signore vuole il primo posto nel tuo cuore, vuole tutto il tuo amore. Potrei dirti tante altre cose, ma non posso che ripeterti questa divina realtà: l’Amore ti ama di un Amore infinito, delicato, umano e ti vuole tutta per Lui, per colmarti delle sue divine ricchezze, apri il tuo cuore all’amore e digli che, con la sua grazia, ad ogni costo, vuoi essere fedele a Lui per sempre. Ti seguo con affetto fraterno, sai che ti voglio tanto bene ed ho tanto desiderio di saperti serena, felice. Ti vedrei anche volentieri, se vuoi scrivimi, verrei lì a “...”. Ti porto nel cuore e ti raccomando in particolare alla Madonna. E’ la nostra mamma potente, che tutto può ottenere dal Cuore di Cristo. Con lei tutto è facile, dolce, possibile. Prega anche tu, è in particolare la tua Protettrice». Le Missionarie immerse nel cuore della missione si trovano ogni giorno a tu per tu con la miseria del mondo; miseria spirituale e materiale. Così Sr. Suany, una Missionaria del Sacro Cuore che lavora in Brasile scrive sulla sua esperienza: «Condividere la mia esperienza di vita religiosa missionaria guardando allo stile di vita che chiamiamo “Educazione del cuore” mi sembra che per prima cosa questo significa che il Signore, Dio della vita, vuole educare il mio cuore poiché lui mi ha concesso il dono della vocazione alla Vita Consacrata Cabriniana, per la quale mi sento immensamente grato perché nonostante le mie fragilità umane, lui confida in me. Dio mi dà e mi ha dato l’occasione di vivere molte belle e ricchissime esperienze del suo amore. Ho avuto la possibilità di lavorare nelle scuole, nelle zone rurali con la gente del popolo, in programmi di formazione per leadership, ho fatto parte di ONGs per la difesa della vita tra le persone più povere, ho vissuto tra la gente che lotta per avere la terra, l’acqua, ho collaborato nella formazione delle giovani che desiderano la Vita Religiosa. Sono state diverse le mie esperienze pastorali e missionarie nei vari Stati del Brasile e fuori, in Italia per tre anni; sempre ho sentito la mano di Dio posarsi su di me, avvolgermi e rendermi sicura, specialmente nei momenti più oscuri ed esigenti, quando avvertiva la mia piccolezza e fragilità. In quei momenti Lui mi parlava, e mi faceva capire che senza di Lui non si può fare nulla. Nelle Missioni inserite nei contesti delle famiglie più povere e bisognose, dove è più evidente e più sfidante la vulnerabilità, ho sentito e sento che la mia esperienza è stata un continuo imparare a vivere la fede e la speranza, a crescere nella capacità di servire, senza aspettare nessuna ricompensa. Ho imparato a non avere aspettative troppo grandi, ma accontentarmi di vivere nella donazione e nell’ascolto degli altri. Il saper ascoltare è fondamentale in questi contesti, è importante essere una presenza, molte volte silenziosa (come quella della Vergine Santissima), ma sempre accogliente e fraterna. Quando la gente mi cerca per dare sfogo al loro dolore e ai loro conflitti, io cerco sempre di mettermi in un atteggiamento di Ascolto, cercando di ascoltare con il cuore e S. Francesca Cabrini 11 La Nostra Voce - Aprile 2016 di aiutare a scoprire l’amore di Dio e di fare scoprire che siamo amati da Dio e ho cercato di dare a queste persone la certezza del loro valore perché fossero capaci di sollevare la testa e credere nella vita e nei valori cristiani. Ho l’impressione che partendo da un atteggiamento di accoglienza amorosa e semplice per presentare la Parola di Dio come un consistente alimento per andare avanti, di far conoscere la vita di Madre Cabrini, avverto che il cuore della gente viene toccato e “educato” per potere avere un modo nuovo di guardare verso Dio e verso lo vita. O che è importante cercare di andare incontro, di farsi prossimi degli altri, di interessarsi alla loro vita (siano essi giovani, bambini, anziani, adulti, adolescenti). Si tratta di valorizzarli, trattarli come persone degne di rispetto. Tutto questo ci fa comprendere che la missione di educare il cuore non consiste nel fare cose straordinarie e sconvolgenti, ma significa Amore con semplicità e umiltà. Nella missione dove attualmente mi trovo, nella periferia della città di Fortaleza, nel Nord Est del Brasile, sento molto il grido di giovani donne e uomini, che invocano la vita. Mi sento una goccia d’acqua nell’oceano, perché è una realtà dove quasi tutti i giorni muoiono giovani perché assassinati, si uccidono a causa del traffico di droga, per la violenza, e le famiglie devono caricare i dolori delle loro perdite. Manca un sistema basico di risanamento, vi sono comunità escluse e private dei loro diritti. In questo contesto si trova inserito la nostra Casa di Formazione nella fase del pre-Noviziato. Io seguo due giovani pre-novizie. Cerco con l’aiuto dello Spirito Santo e di S. F. Cabrini, di accompagnare queste giovani nel loro discernimento vocazionale, aiutando a fare questo cammino di scoperta del disegno di Dio per ciascuna di loro. Lo faccio proponendo alcuni programmi, con la vita comunitaria, e con l’esperienza missionaria di evangelizzazione tra le famiglie e le comunità del popolo. Comprendo che il Signore mi continua ad educare ogni giorno ad essere più umile. Vado sperimentando come ogni persona è un mistero ed è una sfida aiutare in questo cammino di discernimento vocazionale, ma vedo anche la bellezza dell’amore di Dio in ciascuna giovane e vedo come Lui lavora perché arrivino a dare la loro risposta vocazionale nella gioia e nella capacità di assumere la “croce” di ogni giorno contemplando la “croce” che vive il nostro popolo. Penso che la missione di collaborare alla Formazione significa crescere nell’imparare l’Educazione del Cuore, sostenendo sempre le giovani perché riescano ad orientarsi e guardare sempre a Gesù, al suo Progetto d’amore e di liberazione, come ci indica Francesca Cabrini. Certo, sperimento la mia debolezza, ma posso allo stesso tempo sperimentare in me stessa le parole di San Paolo: «è nella debolezza che mi sento forte» e con la protezione di Madre Cabrini mi sento sempre più spinta a servire, collaborando nell’educazione del cuore laddove Gesù mi ha messa, in un continuo spogliamento secondo il detto di Madre Cabrini: «Scioglietevi e mettete le ali». 14 - CONTINUA Via Crucis nel quartiere 12 La Nostra Voce - Aprile 2016 La Via Crucis dei giovanissimi… Come la Veronica: «Il tuo volto, Signore, io cerco» Lo scorso 18 marzo il gruppo giovanissimi ha animato la Via Crucis lungo il Viale Giovanni XXIII e Via Don Fiorani. Nell’anno della Misericordia i ragazzi hanno drammatizzato cinque scene della Passione di Gesù con l’obiettivo di presentare a tutti alcuni tratti del volto misericordioso di Dio. La Via Crucis proposta, infatti, si è ispirata alla Veronica e al gesto che ha contraddistinto la sua vita: asciugando con un fazzoletto il volto sfigurato di Gesù, ella ha ritrovato impresso sullo stesso i tratti di quel volto. Siamo stati dunque esortati a fare come lei, a chiedere a Gesù di imprimere nei nostri cuori il suo volto per essere a nostra volta, nel nostro piccolo, espressione e strumenti della misericordia del Padre verso tutti. Per questo, abbiamo attraversato cinque luoghi decisivi della Passione di Gesù e siamo andati alla scoperta dei tratti di questo volto, che abbiamo visto svelarsi a poco a poco su un grande fazzoletto. Ci siamo quindi recati al cenacolo, al Getsemani, al palazzo di Caifa, nel cortile del pretorio e al Calvario e i personaggi che abbiamo incontrato, parlandoci di ciò che è successo in quei luoghi, ci hanno permesso di riconoscere in Gesù i tratti del Tradito, dell’Abbandonato, del Condannato, del Deriso e del Crocifisso. Al cenacolo, i discepoli ci hanno parlato dell’istituzione dell’Eucarestia e del tradimento di Giuda e ci hanno permesso di capire che Gesù è il «Tradito» e che si consegna a noi ancora oggi, ogni giorno, nell’Eucarestia. Noi, invece, non sempre comprendiamo la portata di questo dono, spesso partecipiamo distrattamente alla Santa Messa e non sappiamo ricambiare la Sua amicizia. Al Getsemani i discepoli Giacomo e Giovanni ci hanno confessato la loro paura di essere arrestati e ci hanno riferito come sono fuggiti, abbandonando Gesù, solo, nelle mani delle guardie del tempio. Abbiamo quindi scoperto in Gesù l’«Abbandonato», e ci siamo interrogati su quante volte, ancora oggi, ciascuno di noi fugge dalle proprie responsabilità o cerca delle scappatoie, in quanto incapace di testimoniare coerentemente la sua fede. Nel palazzo di Caifa abbiamo ascoltato il dialogo tra un servo e Pietro, in cui quest’ultimo ha ammesso di aver rinnegato il suo Maestro, e di aver poi incontrato il Suo sguardo, ma non pieno di condanna nei suoi confronti, bensì Via Crucis nel quartiere pieno di amore e di perdono. Di Gesù abbiamo quindi svelato il tratto del «Condannato» che, però, non condanna e non giudica, ma solamente ama e perdona e ci siamo interrogati sulla necessità di apprendere questo nuovo modo di giudicare, che è quello della misericordia. Nel cortile del pretorio abbiamo incontrato due guardie che discutevano sul modo in cui si sono prese gioco di Gesù, percuotendolo, flagellandolo, insultandolo, deridendolo, senza che Egli reagisse in alcun modo. Di Gesù abbiamo quindi scoperto il tratto del «Deriso» e ci siamo esaminati su quante volte, per paura di essere noi stessi derisi perché cristiani, facciamo finta di non conoscerLo. Infine, al Calvario, nel dialogo tra il sommo sacerdote ed un centurione abbiamo compreso come Gesù non è sceso dalla croce proprio per mostrarci il Suo amore senza misura. Gesù, il «Crocifisso», ci ha amati da morire essendo stato fedele fino in fondo al progetto del Padre. 13 La Nostra Voce - Aprile 2016 Sul grande fazzoletto abbiamo quindi svelato, tappa dopo tappa, con l’aiuto dei bambini più piccoli, il grande amore che Dio ha riversato su di noi. Infatti, nei tratti via via scoperti abbiamo potuto riconoscere rispettivamente: negli occhi e nel naso, la forma di una croce; nella bocca il mondo; nella corona di spine un recinto. Attraverso la Passione del Figlio ci è stato perciò svelato il volto misericordioso del Padre, un amore che abbraccia – nel segno della croce – il mondo intero, quindi ciascuno di noi. Chiediamo a Gesù di imprimere nei nostri cuori i tratti del Suo volto, per essere sempre più a Sua immagine e somiglianza e portare a tutti la Sua misericordia. Un ringraziamento speciale a don Giorgio per la fiducia accordataci; alle catechiste del gruppo giovanissimi per la preziosissima collaborazione in tutto; ai ragazzi, disponibili e davvero bravi nell’interpretare e nel commentare le scene; ai bambini della catechesi, per aver partecipato numerosi e per averci aiutato a svelare i tratti del volto di Gesù sul grande fazzoletto; al coro per i canti che hanno favorito la meditazione; ai proprietari delle case presso cui abbiamo «sostato» per averci accolti; a tutti coloro che, con grande disponibilità, da dietro le quinte, a vario titolo hanno collaborato per la realizzazione di questa via crucis; e a tutti voi che avete partecipato e pregato con noi, con grande devozione e raccoglimento. Grazie a tutti! Sr Daniela Azione Cattolica 14 La Nostra Voce - Aprile 2016 Il punto dell’Azione Cattolica nella nostra parrocchia Gli iscritti all’Azione Cattolica illustrano la situazione e le finalità del movimento e ricordano delle persone del recente passato che hanno lasciato un indelebile ricordo ed esempio Un colpo d’occhio sull’associazione: quanti siete? spirito ed avvicinarsi sempre di più alla conoscenza di se stessi e di Gesù. La nostra associazione di Azione Cattolica è composta da circa 40 persone: 23 adulti, 7 giovani e 9 ragazzi di ACR. In che modo la vostra associazione ha un rapporto costruttivo con il territorio? Ci sono iniziative particolarmente significative in quest’ambito? In che modo i giovani nella vostra associazione sono protagonisti? I giovani sono protagonisti perché si dedicano all’azione educativa dei piccoli, organizzando attività ludiche, facendo vivere la sequela di Gesù, attraverso le relazioni tra i ragazzi e il divertimento nella condivisione. Alcuni giovani, infatti, sono impegnati nel cammino dell’iniziazione cristiana ed affiancano alcuni catechisti. Ci sono poi altri che svolgono il servizio dei ministranti ed alcuni educatori che si occupano dell’ACR. Chi è l’adulto di AC nell’associazione di Codogno S. Francesca Cabrini? Tutti credono che l’uomo sia un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto dei rapporti interpersonali ispirati alla fede, alla giustizia ed alla carità. Questi valori inducono a cercare sempre di migliorare se stessi e partecipare alle iniziative per arricchire lo Come associazione, la nostra realtà tende ad essere presente nella comunità sui temi che interessano la vita delle persone, tra cui la famiglia, l’educazione, la serenità spirituale, la misericordia di Dio, la carità verso il prossimo; in particolare, le persone si trovano coinvolte nel dibattito culturale ed ecclesiale, dando priorità ai temi educativi ed alla fondamentale importanza del ruolo della famiglia, attraverso una dinamica che consente un reale approfondimento ed una connessione con la vita di tutti i giorni, ossia si cerca di far conciliare la fede ed il credo nella vita quotidiana mediante la propensione dell’uomo a comportarsi secondo un’attitudine conforme ai valori cristiani ed al senso di giustizia e onestà che dovrebbe caratterizzare gli ambiti lavorativi e non, per poter dare un futuro, una speranza migliore in un domani più sensibile ai proble- Azione Cattolica mi mondiali di corruzione ed indifferenza nei confronti di coloro che vivono in condizioni peggiori, sia economicamente che umanamente. La famiglia è il primario soggetto educativo, perché genera la vita e per questo motivo deve essere considerato tale. Spesso, però, si constata l’esistenza di famiglie “distrutte” dalla falsità, dalla mancanza di amore, dalla sfiducia, dalla non fedeltà o dall’incapacità di impegnarsi in una crescita sempre migliore del valore spirituale che dovrebbe regnare. Essa mostra un immenso e incondizionato amore ed apre al mondo, alle relazioni, alla vita esterna che a volte spaventa perché troppo caotica, incoerente e poco organizzata, favorendo una presa di coscienza, un coinvolgimento totale e capillare che stimoli il protagonismo degli stessi responsabili, che si sono assunti il compito di guidare tutte le famiglie, i giovani ed i ragazzi alla scoperta di un mondo reale che può essere vissuto all’insegna della gioia nella condivisione, della generosità e carità mediante gesti sinceri verso il prossimo, della pace nei cuori e nelle menti per “vedere non tanto con gli occhi, ma con il cuore” le bellezze della vita e saper cogliere le varie opportunità proposte nella positività, rafforzati dalla fede onesta e sincera. Vige, dunque, uno stimolo verso modalità più consone ad attuare scelte dinamiche “ad hoc”, su misura, nel contesto di appartenenza. Ci sono stati nel vostro passato associativo testimoni luminosi, che ancora oggi in qualche modo illuminano ancora la vostra strada? Nel passato associativo ci sono state due figure importanti che hanno illuminato la nostra realtà e che sono state di esempio per tutta la comunità: la signora Severgnini ed il signor Pinotti, i quali hanno contribuito alla vita par- 15 La Nostra Voce - Aprile 2016 rocchiale cercando di trasmettere il meglio di loro stessi con tanto impegno e fatica. La signora ha aiutato nei campiscuola, in sacrestia ed è stata un punto di riferimento importante nell’Unitalsi, mentre il secondo è stato sacrestano finché la salute glielo ha permesso. La loro tenacia, perseveranza e forza di vita hanno un valore importante ancora oggi, perché la loro dedizione all’oratorio nella cura della chiesa e nell’assistenza dei malati rappresenta come l’amore di Dio si riversa sui fratelli e come è possibile donare il proprio contributo per migliorare e sostenere una realtà importante. Il loro impegno ha dimostrato che tutti gli obiettivi prefissati possono essere realizzati con tanta buona volontà e soprattutto coraggio nel voler vivere la propria vita al cento per cento, manifestando la propria vicinanza e disponibilità sia nelle situazioni belle che in quelle di difficoltà. Queste persone sono “la storia” della nostra parrocchia, perché hanno dato davvero tanto e sono stati ricompensati dall’affetto e dalla gioia dei volti delle persone che hanno riconosciuto la loro testimonianza di vita. Possiamo ricordare anche alcuni giovani che ora sono testimoni luminosi: Don Alessandro Curotti e Suor Laura Vignaroli che da poco hanno consacrato la propria vita a Gesù, consapevoli della bellezza del volto di Gesù e delle loro capacità che posso impiegare nella vita di tutti i giorni per rispondere alla grande e costante chiamata del Signore. Entrambi sono stati al servizio dei piccoli e della parrocchia, prima di intraprendere questo nuovo e meraviglioso cammino; attraverso la loro scelta rispondono alla vocazione di donare la loro vita completamente ai giovani, Don Alessandro come salesiano e Suor Laura come figlia dell’oratorio, e sono per questo motivo frutto della fede. • Caritas 16 La Nostra Voce - Aprile 2016 Riassunto resoconto 2015 delle attività delle Associazioni caritative della comunità pastorale di Codogno > INTRODUZIONE Nella città di Codogno sono operative cinque associazioni caritative di ispirazione cristiana che si occupano delle persone e delle famiglie che si trovano in uno stato di disagio sociale ed economico. Le cinque associazioni sono: • Caritas delle parrocchie S. Biagio e S. Francesca Cabrini • Gruppo di Volontariato Vincenziano • Centro Aiuto alla Vita (CAV) • U.N.I.T.A.L.S.I. • Caritas della parrocchia di Don Bosco I primi quattro gruppi hanno la loro sede nella Casa della Carità in Via S. Francesca Cabrini n. 1, mentre il quinto Gruppo opera nella sede della parrocchia Don Bosco in Viale Cairo. Tutte le associazioni sono un “servizio segno” del Vangelo della Carità cristiana, che sollecita il coinvolgimento di tutta la comunità cristiana. Operano con l’obiettivo di assistere i bisognosi mediante l’ascolto e la comprensione delle problematiche specifiche delle persone e delle famiglie per creare un percorso di miglioramento della propria condizione. > LE RISORSE Le risorse finanziarie arrivano dagli associati, da offerte dei fedeli delle parrocchie, di privati, da enti di beneficenza come l’Opera Pia Pedrazzini Guaitamacchi, l’Associazione Polenghi, il Comune di Codogno, Caritas Lodigiana, Progetto Gemma per il CAV, aziende e banche, vendite benefiche di oggettistica e altro. Le associazioni ringraziano tutti coloro che contribuiscono e rendono possibile il loro operato. Le risorse alimentari provengono da più fonti: dal Centro Raccolta Solidale, dal Banco Alimentare, dall’Agea, da donazioni di aziende alimentari, dalle raccolte durante la Quaresima e l’Avvento, dalla raccolta del Grest e da acquisti diretti delle Associazioni. Per il CAV esiste un canale specifico di rifornimento dalla sede di Lodi. Il vestiario e le calzature provengono dalle donazioni dei cittadini. Il materiale fornito viene selezionato e reso disponibile a titolo gratuito. Le associazioni ringraziano tutti coloro che contribuiscono e rendono possibile il nostro operato. Caritas 17 La Nostra Voce - Aprile 2016 > GLI INTERVENTI I dati dell’assistenza sono riassunti qui di seguito: Associazioni N. Volontari N. ascolti N. fam. assist. Aiuti economici Borse alimenti Caritas 32 611 174 € 75.557 2.321 Caritas Don Bosco 15 135 35 € 8.279 409 GV Vincenziano 14 1042 99 € 66.839 1.422 CAV 10 625 148 2 na 73 2413 Unitalsi TOTALE € 4.962 (conf.) 7.777 na na na 456 € 155.637 4.152 Il peso stimato degli alimenti distribuiti è stimato in Kg. 55.000. Inoltre, nel 2015 sono state distribuite gratuitamente n. 789 paia di scarpe e n. 176 altri oggetti e tantissimi capi di vestiario. Nel totale borse alimenti sono state escluse il numero delle confezioni erogate dal CAV. > ASCOLTO SOCIO-SANITARIO Sono stati effettuati n. 263 ascolti di complessive n. 56 famiglie/persone singole per 43 aperture settimanali; sono stati forniti medicinali per un costo complessivo di € 6.440. > SPORTELLO ASCOLTO LAVORO Si sono rivolte al nostro sportello n. 135 persone e per n. 54 di esse sono stati redatti i curricula. Abbiamo una banca dati che ci permette di soddisfare le richieste di personale e cogliamo l’occasione per invitare coloro che cercano persone per qualsiasi lavoro (badanti, baby sitter, colf, operai, ecc.) a rivolgersi a noi. > ZONE DI PROVENIENZA DELLE FAMIGLIE/PERSONE ASSISTITE Zona Caritas Numero % 62 35,6 Caritas D. Bosco Numero % 9 25,6 GV Vincenzo Numero % 41 41,5 Totale Numero % 112 36,3 Africa 70 40,2 22 63,0 42 42,5 134 43,5 Europa 25 14,4 2 5,6 8 8,0 35 11,4 Sud Amer. 11 6,4 1 2,9 6 6,0 18 5,8 6 3,4 1 2,9 2 2,0 9 3,0 Italia Asia TOTALE 174 100 35 100 99 100 308 100 r Aiuto alla Vita è 148 con provenienza Il numero delle mamme assistite dal Centro Italia 7 (4,7%), Africa 114 (77,5), Est Europa 20 (13,5%), Sud America 5 (3,3%) e Asia 2 (1,5%). Pedagogia 18 La Nostra Voce - Aprile 2016 L’arte del perdono deve essere imparata durante l’infanzia. Un bambino può imparare a chiedere scusa quando è ancora piccolo e il suo livello di comprensione dell’importanza del perdono richiesto e donato deve crescere insieme a lui. In questo modo pone le basi per la crescita morale e relazionale degli anni successivi. I genitori devono accompagnare i bambini attraverso una serie di tappe semplici ma decisive. Il primo passo da compiere per insegnare ai nostri figli a chiedere scusa consiste nel condurli ad assumersi la responsabilità del loro comportamento. Questo percorso può cominciare molto presto e in contesti moralmente neutri. Assumersi la responsabilità delle proprie parole e delle proprie azioni è il primo passo per imparare a chiedere scusa. Generalmente, i bambini si assumono di buon grado la responsabilità delle loro azioni positive. «Ho mangiato tre forchettate di spinaci. Posso avere il budino, adesso?». «Sono il più veloce di tutti a correre». «Ho disegnato una bella automobile durante l’ora di arte». Sono tutte affermazioni di assunzione di responsabilità per azioni positive. Invece, i bambini non sono così pronti ad assumersi la responsabilità per azioni meno nobili. Qual è stata Pedagogia 19 La Nostra Voce - Aprile 2016 l’ultima volta in cui avete sentito un bambino di tre anni ammettere: «Ho mangiato il dolce che la mamma aveva detto di lasciar stare» oppure: «Ho spinto Nicolino»? Un’assunzione di responsabilità a questo livello richiede un notevole sforzo di attenzione da parte dei genitori, che devono con pazienza correggere tutte le frasi del tipo «Si è rotto!» in frasi che cominciano per “io”: «Io l’ho rotto!» Il secondo passo per insegnare ai bambini a chiedere scusa consiste nell’aiutarli a comprendere che le loro azioni influiscono sempre sugli altri. «Se aiuti la mamma a preparare la tavola, la mamma è felice. Se giochi con la palla in casa e rompi la lampada, la mamma è triste. Se dici alla sorellina: “Ti voglio bene”, lei si sente amata, se invece le dici: “Ti odio”, si sente ferita. Le tue parole e le tue azioni aiutano o feriscono altre persone. Quando aiuti qualcuno, ti senti bene, quando invece ferisci una persona, stai male». Gli esseri umani sono fragili e vulnerabili. Tutti portano un’etichetta che dice: «Trattare con cura, maneggiare con cautela, merce delicata». Il terzo passo per insegnare ai bambini a chiedere scusa consiste nell’aiutarli a comprendere che nella vita ci sono sempre regole. La più importante è la regola d’oro insegnata da Gesù: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu. Vi sono però tante altre regole, molte delle quali sono finalizzate ad aiutarci a vivere bene. «Non si gioca a palla in casa» è una regola che molti genitori hanno stabilito per ovvie ragioni. «Non dobbiamo prendere nulla che non ci appartenga. Non dobbiamo dire cose non vere su altre persone. Non dobbiamo attraversare la strada senza esserci accertati che non provengano veicoli da una parte e dall’altra. Dobbiamo dire “grazie” quando una persona ci offre qualcosa o dice qualcosa di bello sul nostro conto. Dobbiamo andare a scuola tutti i giorni feriali, se non siamo ammalati o non c’è un problema grave». Il quarto passo per aiutare i bambini a imparare a chiedere scusa consiste nel far loro comprendere che è necessario chiedere scusa, per mantenere buoni rapporti interpersonali. Quando ferisco una persona con le mie parole o con il mio comportamento, costruisco una barriera tra quella persona e me. Se non imparo a chiedere scusa, la barriera rimane e il mio rapporto con quella persona è incrinato. Le mie Pedagogia 20 La Nostra Voce - Aprile 2016 parole o le mie azioni offensive spingono le persone lontano da me e, in assenza di una richiesta di scuse, quelle persone continueranno ad allontanarsi. Il bambino, l’adolescente o l’adulto che non impara questa realtà alla fine si ritroverà isolato e solo. Tutto questo può essere riassunto in una specie di scaletta di cinque gradini, che per i più piccoli può essere quasi un gioco: 1. Esprimere rammarico: «Mi dispiace»; 2. Assumersi le proprie responsabilità: «Ho sbagliato»; 3. Cercare di rimediare: «Che cosa posso fare per riparare?»; 4. Impegnarsi sinceramente per il futuro: «Cercherò di non farlo più»; 5. Chiedere scusa: «Puoi perdonarmi?». L’obiettivo è che i bambini acquisiscano una specie di “mentalità del perdono”. Il livello di capacità in questo senso dovrebbe crescere con l’età ed è molto simile al processo di apprendimento di una lingua. In ogni caso, il metodo più efficace per insegnare ai bambini più grandi a parlare i linguaggi del perdono è costituito dall’esempio. Quando i genitori chiedono scusa ai loro figli per le parole dure o il trattamento ingiusto di cui hanno dato prova, offrono l’insegnamento più efficace. I bambini piccoli fanno quello che dicono i genitori; i figli più grandi fanno ciò che fanno i genitori. Se i genitori imparano a chiedere scusa uno all’altra, ai loro figli e ad altre persone, allora i figli impareranno anche a parlare i linguaggi del perdono. Siamo più simili a bestie quando uccidiamo. Siamo più simili a uomini quando giudichiamo. Siamo più simili a Dio quando perdoniamo. Bruno Ferrero - Anna Peiretti (Bollettino Salesiano) CHIODI C’era una volta un ragazzo dal carattere molto difficile. Si accendeva facilmente, era rissoso e attaccabrighe. Un giorno, suo padre gli consegnò un sacchetto di chiodi, invitandolo a piantare un chiodo nella palizzata che recintava il loro cortile tutte le volte che si arrabbiava con qualcuno. Il primo giorno, il ragazzo piantò trentotto chiodi. Con il passare del tempo, comprese che era più facile controllare la sua ira che piantare chiodi e, parecchie settimane dopo, una sera, disse a suo padre che quel giorno non si era arrabbiato con nessuno. Il padre gli disse: «È molto bello. Adesso togli dalla palizzata un chiodo per ogni giorno in cui non ti arrabbi con nessuno». Dopo un po’ di tempo, il ragazzo poté dire a suo padre che aveva tolto tutti i chiodi. Il padre allora lo prese per mano, lo condusse alla palizzata e gli disse: «Figlio mio, questo è molto bello, però guarda: la palizzata è piena di buchi. Il legno non sarà mai più come prima. Quando dici qualcosa mentre sei in preda all’ira, provochi nelle persone a cui vuoi bene ferite simili a questi buchi. E per quante volte tu chieda scusa, le ferite rimangono». Riflessione 21 La Nostra Voce - Aprile 2016 Qualcosa è già cambiato I l detto “anno bisesto anno funesto” sebbene sia prematuro per sbilanciarsi a favore o contro, poiché nel momento in cui sto scrivendo siamo solo al terzo mese dell’anno, posso tuttavia affermare che preferirei davvero che tutti quanti gli anni a venire fossero bisestili. Il perché è presto detto: non avrei mai immaginato che la lettura del mio manoscritto “La vita che non c’è”, invogliasse chicchessia a volermi conoscere di persona. Invece è accaduto per davvero. Lo scorso mese di gennaio, credo nella prima quindicina, ricevo una telefonata da una certa Elisabetta Montani che ovviamente non conosco. Subito dopo l’essersi presentata m’informa, con estrema gentilezza e un tono di voce “elegante”, che vorrebbe il numero di telefono di Paola perché era già da qualche mese che alla Messa del loro quartiere, il Don Bosco, non l’aveva più incontrata e sospettava le fosse capitato qualcosa di sgradevole. Mentre le sto dettando il numero mi coglie impreparato nell’attimo in cui racconta d’aver letto il mio libro. Libro che le era stato regalato proprio da Paola, amica di cortile di mia moglie e l’unica che, da quando ancora lavorava, veniva spesso a trovarla. Così, colgo l’occasione e le rispondo che mi farebbe piacere ricevere due righe in merito a quanto “recepito” da quella lettura. Ma subito si ritrae dicendomi che non è tanto brava a scrivere e che quindi trasferirà quell’incarico a sua figlia. Al ché non batto ciglia, mi sta bene così! Non sono poi così esigente, ci mancherebbe pure! Poco prima dei saluti di rito, però, aggiunge che sarebbe contenta se l’andassi a trovare fornendomi, seduta stante, l’indicazione “geografica”: abitiamo di fronte al supermercato LIDL. Nell’immediato non le prometto nulla, però la rassicuro sul fatto che non mancherò di farle visita quanto prima. La voce che ascolto dal telefono di casa appena qualche giorno dopo, se ben ricordo il giorno del mio onomastico, è di Simona, la figlia di Elisabetta che, tra le altre cose raccontate, mi confida che vuole conoscermi di persona perché, al telefono, preferisce il bello della diretta e guardare negli occhi l’interlocutore. Comunque, per farla breve, quando riagganciamo i rispettivi ricevitori, lo facciamo con un ostacolo di meno da superare perché ci salutiamo con un sospirato quanto liberatorio (almeno per me) “tu”. Incredibile mi dico, mentre ancora sto guardando il numero sul display! Non mi era mai capitato che dopo una buona mezz’ora di colloquio telefonico avessi già stretto “amicizia”. Qualche tempo dopo, è di nuovo attraverso il doppino telefonico che con Simona ci scambiamo informazioni reciproche e confidenze relative al suo trascorso per arrivare, alla fine, a formularmi il desiderio di scrivere un libro a quattro mani, cioè col mio “supporto”. Lì per lì, rimango un poco sorpreso e altrettanto restio di fronte a quella proposta, soprattutto dopo l’aver scoperto della sua attuale occupazione: insegnante “amorevole” di Greco e Latino in quei di Lodi. Il giorno preciso non lo ricordo bene perché i pochi neuroni dichiarati ancora attivi stanno tuttora svernando all’estero, ma di certo era uno dei pomeriggi di fine febbraio con il sole a riscaldarlo quando, prima di rincasare con le provviste, decido di recarmi a casa dei Montani per coronare l’invito e per mantenere la promessa. Alla cortesia ricevuta non si rifiuta nulla! L’abitazione però non la trovo subito e allora suono alla porta della prima casa che incontro di fronte al Lidl che, come le altre passate in rassegna, non reca alcun nome sulla targhetta. Ricevuta l’informazione desiderata dalla gentile signora che s’affaccia alla Riflessione porta, vado poi a colpo sicuro e, stavolta, suono il campanello giusto. Al secondo ripetuto squillo (il postino suona sempre due volte) ascolto l’aprirsi della porta in simultanea con lo scatto della serratura del cancelletto esterno, quindi, a passo lento varco la prima soglia mentre da dietro la porta di casa vedo sbucare un faccino incuriosito. Ma non mi stupisco più del necessario perché non avendo annunciato il mio arrivo la sorpresa era scontata, poi mentre mi avvicinavo all’ingresso, assieme al faccino comparve anche il resto. Avanzavo verso quella persona che non avevo mai visto fino a che, e non so bene per quale misteriosa alchimia, disse: « Ma tu sei Nino?». Possibile che abbia visto qualche mia foto segnaletica... sono sempre stato accorto, pensavo! «Sì», le risposi, proseguendo con «allora tu devi essere Simona». «Ti ho portato un regalino» e così dicendo le porsi una copia del mio secondo libro “La figlia del padrone”. In casa c’era anche il padre, mentre la sua mamma Elisabetta arrivò dopo una ventina di minuti. L’accoglienza ricevuta, è superfluo rimarcarlo, è stata delle migliori! Poi verso le 18 e 30 levai le tende per ritornare all’ovile, il mio, ma con la certezza di avere lasciato sul posto qualche cosa di inspiegabilmente piacevole e d’averlo ricevuto a mia volta. Passano altri due giorni quando, nel tardo pomeriggio del venerdì di quella stessa settimana, Simona ricambiò la sorpresa suonando alla mia porta. Era di fretta e allora siamo rimasti a chiacchierare nell’ingresso, fino a quando, in procinto di salutarmi m’avvinghia, letteralmente, in un tale abbraccio da farmi scordare il posto in cui mi trovavo e per qualche attimo persi le coordinate di riferimento! Da quel gesto così spontaneo e rassicurante è come se avessi ricevuto una trasfusione istantanea di un’intera sacca di plasma. Tanto che, per riavermi dalla graditissima emo- 22 La Nostra Voce - Aprile 2016 zione buttai lì, a mo’ di battuta, quale fosse il suo gruppo sanguinio per scongiurare scompensi ematici al mio. Da quella volta ci siamo parlati al telefono e rivisti in altre due occasioni, ma ancora non abbiamo definito l’impostazione, l’impronta da seguire per la stesura del libro, perché quando ci si incontra abbiamo talmente tante cose da raccontarci che il tempo ci sfugge di mano. Ognuno con il proprio sofferto passato di perdita da “condividere”, da ascoltare, e che implica risposte immediate che solo il raffronto diretto può rilasciare, ma che poi, ne sono certo, immersi nell’appropriato silenzioso spazio, di nuovo elabora. Dire che sono contento di questa Amicizia è come se non dicessi nulla. Infatti, in occasione dell’ultimo confronto-incontro, le avevo confessato che non ero certo di meritarmi la sua Amicizia perché, testuali parole, “tu voli troppo in alto”. L’Amore, la fede cieca nel nostro Dio, la disponibilità gratuitamente elargita verso il prossimo, la rendono privilegio unico a quei pochi che riescono a coglierne il candore. Io, ancora sorpreso e non completamente convinto di poter “accedere” a così tanta Grazia, mi ritengo davvero fortunato. Arrivato a questo punto non vorrei chiudere l’articolo con frasi fatte del tipo “se son rose fioriranno” perché, crisantemi a parte, qualsiasi altro fiore va benissimo, anzi, l’intesa che s’è spontaneamente creata, forse perché parliamo la stessa lingua di chi ha sperimentato il dolore, ha fin da ora attecchito mostrando i primi germogli. L’ho scritto in altre occasioni che non ho mai brillato per eccesso di acume. Come potrei? Non sono niente e nessuno, ma quando il BENE mi sfiora, so riconoscerlo! Sì, lo ripeto, sono fortunato per davvero perché, in questo mondo impossibile dove la maggioranza delle persone vede solo ciò che sembri ma pochi vedono ciò che realmente sei, qualcosa è già cambiato. Bassano (Nino) Fusari Riflessione 23 La Nostra Voce - Aprile 2016 Rimpianti, rimorsi… o solo ricordi indelebili? Forse, per mettere un poco d’ordine tra gli scaffali della mia mente che un trascorso da asceta inetto aveva ammucchiato in ordine sparso, o magari, per farne solo oggetto di riflessioni antiche e mai superate da un qualche cosa che nell’inconscio ancora mi esorta a rimuginare, eccomi qui, in lotta perenne con me stesso, per un ulteriore tentativo di capirci, se non altro, almeno una cosa in più di ieri. Sì va raccontando, a tal proposito, che la psicologia del rimorso sia caratterizzata da uno stato di pena, da un significativo turbamento della mente che sconfini dentro una sorta di dolore morale tale da provocare una percezione di rammarico che, nel tempo, associato al senso di colpa, innescano nell’individuo malinconia e depressione. Per contro, la persona incapace di provare rimorso, è spesso classificata come sociopatica la cui caratteristica di rilievo è di trattare i suoi simili secondo esigenze proprie narcisistiche, ovvero, seguendo schemi privi di empatia. Dal punto di osservazione spirituale si denota invece che in alcune religioni il rimorso è usato come stato necessario allo scopo di dimostrare l’esistenza del peccato. Punta, quindi, a porre l’attenzione alla coscienza morale dell’individuo, e da essa inizia per risollevare le sorti dell’anima e termina con l’infondere di nuovo la serenità perduta. E che dire in merito al rimpianto? Da quanto ho potuto assimilare, pare si trat- ti di una reazione negativa, conscia ed emotiva a comportamenti avuti nel passato che, in genere è accompagnato da tristezza o disagio. Emozioni che si manifestano dopo che un individuo prende coscienza del fatto che avrebbe dovuto fare una determinata cosa e non l’ha fatta. Tirando le dovute somme, deduco allora, che il rimpianto si distingue dal rimorso, in quanto quest’ultimo genera sensazioni molto più emotive che sono difficili da spiegare e da comprendere in modo obiettivo. In termini di intensità emotiva il rimpianto può essere identificato come la versione soft del rimorso che dalla società è tuttora giudicato come violento o vergognoso. Un ultimo ragguaglio in campo letterario nonché retorico, suggerisce che il rimpianto è anche una forma di evocazione o espressione di mancanza, assenza! Dopo le succitate disquisizioni che tolgono senz’altro qualche ombra in merito, e per riallacciarmi alle righe introduttive, forse ho capito che il mio problema non contempla nessuno dei due termini fin qui osservati, ma ne propone un terzo: il dubbio. Sì, probabilmente, sono costantemente assalito dal dubbio di non aver fatto tutto ciò che era possibile fare per mia moglie. E il dubbio, se pure diverso dal rimpianto, alla fine, produce gli stessi effetti collaterali. Per ciò che riflette il mio trascorso da infermiere casalingo, non ho quindi rimpianti degni di nota, ma vorrei riportare in luce il disappunto che ancora mi pun- Riflessione gola allorché, da alcune persone che venivano da mia moglie per una visita fugace, ricevevo encomi da lasciarmi senza parole. “E sì, perché anche questa signora, come più volte è capitato con altre e in circostanze analoghe, cara Enrica, tra un po’ o appena prima dei saluti, ti dirà quanto sei stata fortunata ad avere un marito come me e che benedizione sono per te.” Di me parlano con un’ammirazione quasi reverenziale. Alcune, alzando gli occhi al cielo, paragonano il sottoscritto al tuo angelo custode, mentre altre, addirittura a un santo. “Tutti questi anni a farle da infermiere rinunciando a una vita normale…ogni moglie dovrebbe avere un marito così,” dicevano altre. Elogiavano, a parer mio e a loro insaputa, il “buon umore” che manifestavo loro durante le visite al nostro domicilio, ma se soltanto avessero conosciuto quali e quanti ostacoli ho dovuto superare nel mio profondo per non riversare sugli altri tutta quanta la disperazione accumulata, sarebbero giunte a conclusioni molto differenti. Ammiravano il “coraggio” con cui affrontavo la vita e il mio animo, a loro discrezione, molto nobile, allo stesso modo in cui avrebbero adulato il comportamento di chi ha sconfitto una grave deformità o un difetto che relega il detentore nell’area down. Grazie, ma non lo merito proprio! In ogni caso, non mi riconosco e neppure mi colloco in questa versione beatificata e gratuitamente elargita. Perché ci sono stati dei momenti in cui, di vedere mia moglie obbligata a letto dalla malattia, senza più la capacità di esprimersi nemmeno a gesti, proprio non lo sopportavo. E così, capitava me la prendessi con lei (come se il fatto di non esprimersi fosse dipeso dalla sua volontà, una vera incoe- 24 La Nostra Voce - Aprile 2016 renza da parte mia che proprio non sapevo gestire), poiché vedevo i confini della mia esistenza ristringersi sempre di più e che, a causa della sua malattia, si consumavano forse gli anni migliori del nostro arco vitale. Lo ricordo fin troppo bene quando, disperato e impotente oltre ogni immaginabile frontiera, avrei voluto soltanto liberarmi dalla sua dipendenza. Anche se, alla fine, o appena prima di esaurire la carica interna della mia batteria, rinfrancato e rassicurato a ogni volta dal conforto delle preghiere, ho resistito fino all’ultimo, ma da qui a “divenire” santo, per quanto mi riguarda, ce ne vuole di fantasia. Chi dei mei coetanei non ricorda quando la normalità di quei tempi dettava la regola, di norma taciuta, in cui erano i famigliari a farsi carico dei propri cari caduti in disgrazia o, più semplicemente, anzitempo invecchiati? Perché oggi chi fa semplicemente il proprio dovere aiutando il congiunto desta scalpore ed è visto e quindi valutato alla stregua di un santo? I nonni ad esempio, da che mi ricordo, erano assistiti fino alla morte dai loro famigliari che, nonostante l’assenza più assoluta delle comodità offerte dagli attuali presidi medici, avveniva dignitosamente tra le mura domestiche! Nelle case di riposo ci finivano solo quelle persone che non avevano più nessuno cui fare riferimento. Ciò che un tempo la carità verso il prossimo era la regola, oggi è stata sovvertita e rimpiazzata dall’indifferenza che, assieme all’egoismo, il suo stretto compagno, riscrivono la storia di un mondo privo di sentimenti autentici che va sempre più confinandosi alla deriva. Bassano (Nino) Fusari Il dolce tipico 25 La Nostra Voce - Aprile 2016 Ecco come è nata la colomba pasquale La colomba è, insieme all’uovo di cioccolato, uno dei dolci tipici della tradizione di Pasqua: diffusa su tutto lo Stivale, la ricetta originaria è di provenienza lombarda, sebbene negli anni si siano sviluppate le più creative varianti da regione a regione. Quando nasce e quali sono i significati di questa prelibatezza? La storia della colomba pasquale è da sempre circondata da miti e leggende: sono infatti moltissime le interpretazioni sulla sua nascita, sebbene appaia ormai certo come derivi invece da un’idea commerciale nei primi anni del ‘900. Di seguito, le informazioni sia sulla versione ufficiale che sui racconti più suggestivi. Ufficialmente si fa risalire la nascita della colomba nei primi decenni del novecento, grazie a un’intuizione industriale rivelatasi un successo. Il tutto accade a Milano negli anni ’30 presso le strutture della ditta Motta, quando il direttore della pubblicità Dino Villani avanzò una proposta vincente. L’azienda, già conosciuta per i suoi famosi panettoni, decise di trovare una strategia per riutilizzare macchinari e ingredienti natalizi anche nei mesi successivi. Nacque così la colomba: un dolce che sfrutta le medesime procedure di preparazione, rifinito da uno strato superficiale di mandorle. La preparazione classica prevede farina, burro, uova, zucchero, buccia d’arancia candita e le già citate mandorle, ma negli anni ne sono state create numerose varianti. In brevissimo tempo, grazie anche alla fama degli apprezzati panettoni del gruppo, la colomba si diffuse rapidamente tra i consumatori, diventando il dolce irrinunciabile odierno per la domenica di Pasqua. La forma tipica sembra riferirsi alla tradizione cristiana: il volatile è infatti un animale che ricorre frequentemente nelle scritture, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento. Dall’Arca di Noè alla Risurrezione di Cristo, la colomba nella religione è rappresentazione dello Spirito Santo, della speranza e della salvezza. Oltre ai significati connessi al culto, in moltissime culture mondiali la colomba è universalmente accettata come il simbolo della pace e della prosperità. Sebbene la paternità da parte dell’azienda Motta sia più che assodata, negli anni si sono sviluppate molte leggende sul conto della colomba pasquale. Proprio perché simbolica- Il dolce tipico 26 La Nostra Voce - Aprile 2016 mente legata alla tradizione cristiana, non è da escludersi che nei secoli siano stati preparati degli alimenti, non necessariamente dei dolci, con questa forma. Risalire all’autenticità di questi racconti è, tuttavia, molto difficile. La prima interpretazione farebbe risalire la colomba alla zona di Pavia nel VI secolo: dopo l’assedio della città, al re longobardo Alboino sarebbe stato offerto un pane dolce dalle forme del pacifico volatile. Altre fonti parlando invece di un’origine relativa a San Colombano, da cui il dolce prenderebbe il nome. Nel 600, il santo venne invitato con i suoi monaci alla corte della regina longobarda Teodolinda. Questi pare rifiutarono un banchetto ricco di carni e selvaggina, per far penitenza pur non essendo un venerdì di quaresima. Il santo, allora abate, per evitare la regina potesse offendersi, avrebbe quindi trasformato le pietanze servite in pani bianchi e candidi, dalle tipiche forme della colomba. Una terza leggenda, infine, farebbe risalire la colomba pasquale alla battaglia di Legnano del 1176: si racconta come tre colombe si posarono sopra le insegne longobarde, portando fortuna e vittoria all’esercito del Carroccio. Come è facile comprendere da questi brevi racconti, accertarne senza dubbio l’origine non è possibile, poiché intrisi di significati simbolici nonché di eventi anche sovrannaturali. Va comunque sottolineato come queste colombe originarie, ovvero dei pani bianchi e dolci, differiscano fortemente dalla ricetta degli anni ’30 giunta praticamente intatta fino ai giorni nostri, un fatto che confermerebbe ulteriormente la nascita in quel di Milano agli inizi del secolo breve. Ogni paese ha delle tipiche tradizioni che accompagnano la Pasqua. Qui vi presentiamo alcuni esempi di tradizioni pasquali intorno al mondo. Bulgaria - Nei giorni precedenti la Pasqua si fanno grandi pulizie nelle case, si cucinano i “kozunaks” e si colorano uova: il primo uovo deve essere colorato di rosso, perché possa portare la salute. A mezzanotte del Sabato Santo la gente si scambia gli auguri e le uova di Pasqua. Danimarca - A Pasqua, in Danimarca, tradizione vuole che tutto sia colorato di giallo, dalle candele alla tovaglia, mentre le case vengono decorate con rami fioriti e uova dipinte. Finlandia - La Pasqua in Finlandia ha gli stessi riti e tradizioni della vicina Svezia. Durante il pranzo pasquale, si mangiano il “Pasha” a base di formaggio e il “Mammi“, il tradizionale budino pasquale di segale. Germania - Per i bambini il simbolo della Pasqua è rappresentato da un “coniglietto“. Le finestre vengono abbellite con disegni di coniglietti, uova e altri motivi. Nei vasi si mettono alcuni rami che vengono poi addobbati. La domenica di Pasqua è il giorno in cui i bambini vanno alla ricerca delle uova (I genitori nascondono nel giardino o in casa delle uova di cioccolato). Altra tradizione sono i fuochi di Pasqua, il cui costume vive ancora specialmente nella Germania settentrionale, e che offrono uno spettacolo notturno veramente affascinante. Il fuoco di Pasqua deve essere acceso con mezzi naturali: con la silice o strofinando due pezzi di legno, o con una grossa lente; a volte i lumi delle chiese vengono spenti e poi riaccesi con la fiamma di questo “fuoco sacro”. Alle ceneri vengono attribuite proprietà soprannaturali: vengono sparse dai contadini per i campi per propiziare il buon raccolto. Favola 27 La Nostra Voce - Aprile 2016 Il baffo della tigre Una giovane donna di nome Yun Ok si recò a casa di un eremita che viveva su una montagna, per chiedergli una pozione magica. «Mio marito», spiegò Yun Ok «mi è molto caro. Negli ultimi tre anni è stato lontano a combattere in guerra, e ora che è ritornato mi parla a malapena. Voglio una pozione da dare a mio marito, in modo che ritorni amorevole e gentile come era un tempo». «La pozione si può fare, ma l'ingrediente essenziale è il baffo di una tigre viva. Portamelo e io ti darò ciò che ti serve». «Il baffo di una tigre viva!» esclamò Yun Ok. «Come posso procurarmelo?». «Se la pozione è importante per te, ci riuscirai», concluse l'eremita. Yun Ok andò a casa e pensò intensamente a come fare per procurarsi l'ingrediente fondamentale. Poi una notte, uscì furtivamente di casa con in mano una ciotola di riso e sugo di carne e si recò nel luogo dove viveva la tigre, e la chiamò. La tigre non uscì. La donna si recò ogni notte alla montagna, portandosi sempre qualche passo più vicino alla grotta, tanto che un po' alla volta la tigre si abituò alla sua presenza. Una notte la bestia feroce e la donna rimasero a guardarsi al chiaro di luna; la notte seguente Yun Ok poté parlare alla tigre con voce dolce e tranquilla. L'indomani, la tigre mangiò il cibo che le veniva porto. Finché, quasi sei mesi dopo, la giovane poté sfiorarle gentilmente la testa con la mano. Infine una notte, dopo aver accarezzato la testa della belva, Yun Ok disse: «O tigre, animale generoso, devo avere uno dei tuoi baffi; non arrabbiarti con me!» Detto questo le tagliò un baffo. La tigre non si arrabbiò. Yun Ok scese lungo il sentiero, non camminando, ma correndo, tenendo il baffo stretto in mano, fino alla casa dell'eremita. «Maestro! Ho il baffo della tigre! Ora potete preparare la pozione che mi avete promesso, in modo che mio marito torni a essere amorevole e gentile!» L'eremita prese il baffo e lo esaminò e lo lasciò cadere nel fuoco che bruciava nel camino. «Oh, signore!» esclamò la giovane donna, angosciata. «Che cosa ne avete fatto!» «Raccontami come te lo sei procurato», disse l'eremita. «Be', sono andata ogni notte alla montagna con una piccola ciotola di cibo. Dapprima mi sono tenuta a distanza, poi mi sono avvicinata ogni volta un po' di più, conquistando la fiducia della tigre. Le ho parlato con gentilezza e in tono rassicurante, per farle capire le mie buone intenzioni. Sono stata paziente. Ogni notte le ho portato del cibo, sapendo che non l'avrebbe mangiato; tuttavia non ho rinunciato e sono tornata ripetutamente da lei. Non ho mai parlato aspramente, non l'ho mai rimproverata...». «Certo, certo, hai reso mansueta la tigre e conquistato la sua fiducia e il suo affetto». «Ma voi avete gettato il baffo nel fuoco!» esclamò Yun Ok. «Ora è tutto inutile!». «No, non c'è più bisogno del baffo. Yun Ok, lascia che ti chieda una cosa, un uomo è forse più feroce di una tigre? È meno sensibile alla cortesia e alla sollecitudine? Se sei in grado di conquistare l'amore e la fiducia di un animale feroce, tramite la gentilezza e la pazienza, certamente potrai fare lo stesso con tuo marito, non credi?». • Per essere amati è indispensabile essere amabili • Note di Vita Parrocchiale N O T E 28 La Nostra Voce - Aprile 2016 P A R R O C C H I A L I Parrocchia S. FRANCESCA CABRINI DOMENICA 10 APRILE 92^ GIORNATA NAZIONALE PER L'UNIVERSITA' CATTOLICA Sappiamo come oggi è importante preparare persone che nell'ambito sociale sappiano testimoniare il messaggio cristiano attraverso la cultura e la professionalità. Per questo l'Università Cattolica che ha il compito di preparare i professionisti di domani ha bisogno del sostegno di tutta la Chiesa sia a livello spirituale (preghiera), sia a livello economico (offerte). In questa domenica troveremo sulle panche l'apposita busta per il nostro aiuto e sostegno. Tema di quest'anno: "NELL'ITALIA DI DOMANI IO CI SARO’. DA OGGI". PROFESSIONE DI FEDE DICIANNOVENNI Sabato 19 Marzo, in Cattedrale in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, hanno professato solennemente e pubblicamente la loro fede le nostre ragazze: Elisa Casali e Giada Pagani A loro l'augurio, che ciò che hanno espresso con le parole, possano travare nella loro vita una testimonianza viva e concreta nella Chiesa e per il mondo. Note di Vita Parrocchiale 29 La Nostra Voce - Aprile 2016 MESE MARIANO - MAGGIO 2016 E' il mese dedicato alla Vergine Maria attraverso la devozione popolare che ci aiuta a vivere con fede il tempo Pasquale ed inoltre accompagna i momenti importanti della vita edella crescita della Comunità Cristiana attraverso il dono dei Sacramenti. Chiediamo l'intercessione materna di Maria che con le sue grazie non mancherà di venire in aiuto a tutte le nostre necessità. PROGRAMMA: 1 MAGGIO - ORE 20.45 APERTURA MESE MARIANO PARROCCHIALE Inizio preghiera Mariana in Chiesa Fiaccolata alla Cappella di S. Giuseppe in V.le Pertini (Polo Industriale) N.B.: Si ricorda che tutte le sere alle ore 20.45 incontro Mariano in Chiesa fino a Venerdì. Tutti i Sabati alle ore 20.30 presso le Edicole Mariane nella Parrocchia della Triulza. BENEDIZIONE DELLE CASE Finito i palazzi, ora la visita è presso le case nelle vie. Ricordo sempre chi non avesse ricevuto la visita e la desidera è pregato di avvertire in Sagrestia. RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO OGGETTO: Raccolta generi alimentari e pannolini nella Quaresima 2016 a favore del C.A.V. Con la presente, ringraziamo lei Don Giorgio e tutte le famiglie della sua Parrocchia che, generosamente hanno donato quanto in oggetto, per i bisogni delle mamme che sono sostenute del nostro Centro Aiuto alla Vita. Per i volontari del C.A.V. Bianca Zanotti Bianchi Note di Vita Parrocchiale 30 La Nostra Voce - Aprile 2016 GITE E PELLEGRINAGGI PELLEGRINAGGIO A LODI “PORTA SANTA” SABATO 21 MAGGIO PARTENZA ORE 15,00 DAVANTI ALLA CHIESA SONO APERTE LE ISCRIZIONI PRESSO LA SAGRESTIA GITA IN ROMANIA: Monasteri e Castelli: cuore e leggende di un paese DAL 5 AL 12 AGOSTO Per il programma e iscrizioni rivolgersi al ParrocoITA IN RO- MANIA: Monasteri e Castelli cuore e leggende di un paese DAL 5 AL 12 AGOSTO Per il programma e le iscrizioni rivolgersi al Parroco. PELLEGRINAGGIO GIUBILARE A ROMA DALL’8 ALL’11 SETTEMBRE Il Vescovo invita tutta la Diocesi a partecipare al: Passaggio della Porta Santa in San Pietro, all’Udienza Papale e all’Angelus Domenicale. Quota di partecipazione €. 395,00. All’iscrizione €. 100,00 da versare entro l’8 Giugno presso il Parroco. Note di Vita Parrocchiale 31 La Nostra Voce - Aprile 2016 OFFERTE MESE DI MARZO Per la Chiesa Funerale (D'Agostino) €. 100,00 - per le necessità della Parrocchia N.N. €. 50,00 - N.N. €. 20,00 - N.N. €. 10,00 - N.N. €. 50,00 - N.N. €. 20,00 - Famiglia Galligioni €. 500,00 - Ad onore Madonna: N.N. €. 50,00 Lampada SS. Sacramento Anna Sig. Cibra Mori N.N. €. €. €. €. 5,00 5,00 5,00 10,00 Incaricati Vie: Papa Giovanni, De Gasperi Passerini Medaglia Kennedy Scala O (Cappelletti) Scala N (Marazzi M.) Scale V (N.N.) €. €. €. €. €. €. 20,00 20,00 25,00 10,00 10,00 15,00 Varie: Carità Diocesana Rappresentazioni Teatrali Vendita Miele Omaggio ulivo nelle case Iniziativa Caritativa Quaresima Uova pasquali €. 157,85 €. 385,00 €. 60,00 €. 1.523,35 €. 117,00 €. 100,00 Cassa Ufficio Defunti: €. 36,50 Fiori per Altare: Gruppo donne €. 97,00 €. 5,00 Lampada tomba Don Ennio: Marignani Sante Messe 32 La Nostra Voce - Aprile 2016 SANTE MESSE DI APRILE 1 Vn 1° PRIMO VENERDI’ DEL MESE 2 Sb Ore 16:00 - Adorazione Eucaristica 17:00 - Canto del Vespero 17:15 - Benedizione Eucaristica 17:30 - def.ti Giuseppina e Giuseppe LINZAGHI 20:30 - Adorazione Eucaristica Pro Populo 3 DO Ore 8:00 - def.ti fam. PEDRINI 4 5 6 7 8 9 11:00 - def.ti fam. STOPPA Ln def.ti cg. Maria e Antonio e figli Mt def.ti cg. Giacomina e Gianni FREGONI Mc def.ta Anna ORSI Gv UFFICIO PER I DEFUNTI DELLA PARROCCHIA Vn def.to Paolo ROCCA Sb def.ti cg. Domenica e Vincenzo FOLETTI 10 DO Ore 8:00 - Pro Populo 11:00 - def.to G. Battista POLENGHI 11 Ln def.ti cg. Antonia e Giuseppe ZAMMATI 12 Mt def.ti cg. Nina e Guerino e fam. SEMINARI 13 Mc def.ti fam. SERGIO 14 Gv def.to Antonio FILIPAZZI 15 Vn def.ti cg. Gesuina e Gaetano 16 Sb libera 17 DO Ore 8:00 - def.ti fam.e CIBRA - STOPPINI ed Elvira e Fernando 11:00 - def.to Filippo STORARI 18 Ln def.ti cg. Giovanna e Alessandro e genero Livio 19 Mt libera 20 Mc def.te Carmela ed Elisa MAZZA 21 Gv libera 22 Vn def.ti cg. Gino e Irma 23 Sb Pro Populo Sante Messe 33 La Nostra Voce - Aprile 2016 24 DO Ore 8:00 - def.ti fam. PALAZZINA 11:00 - def.ti fam.e MONICO - VESCHI 25 Ln libera 26 Mt libera 27 Mc def.to Quintino CAGNONI 28 Gv libera 29 Vn def.ti fam.e FREGONI - ASCONA 30 Sb libera MESSE LIBERE Sabato 16 - Martedì 19 - Giovedì 21 - Lunedì 25 - Martedì 26 Giovedì 28 - Sabato 30 SANTE MESSE DI MAGGIO 1 DO Ore 8:00 - def.ti Nuncia ed Ernesto CAVIADA 2 3 4 5 6 11:00 - Pro Populo Ln def.ti fam. TAGLIAFERRI Mt def.to Vincenzo IANNUCCI Mc def.ti cg. Adele e Alessandro SALVI Gv UFFICIO PER I DEFUNTI DELLA PARROCCHIA Vn 1° PRIMO VENERDI’ DEL MESE Ore 16:00 - Adorazione Eucaristica 17:00 - Canto del Vespero 17:15 - Benedizione Eucaristica 17:30 - def.ta Teresa GALLONI 20:30 - Adorazione Eucaristica Note di Vita Parrocchiale 34 La Nostra Voce - Aprile 2016 Casa Parrocchiale - Custode tel. 33949 N O T E P A R R O C C H I A L I Parrocchia ASSUNZIONE B.V. MARIA BENEDIZIONE DELLE CASE Con la S. Pasqua, dopo la metà di Aprile, inizierà la Benedizione delle case nella frazione e nel Polo Industriale. Come ormai consuetudine saremo sempre avvisati per tempo. MESE MARIANO - MAGGIO 2016 (1° Maggio vedi Cabrini) SABATO 7 MAGGIO - ORE 20.30 - INCONTRO MARIANO EDICOLA MADONNA DI CARAVAGGIO OFFERTE MESE DI MARZO Carità Diocesana €. 85,50 Iniziativa Festa del papà €. 120,00 Per i fiori: Gruppo donne €. 35,00 Sante Messe - Triulza 35 La Nostra Voce - Aprile 2016 SANTE MESSE DI APRILE 3 DO Ore 9:30 - Pro Populo 6 Mc Ore 16:00 - def.ti Getano GRAZIOLI e familiari 10 DO Ore 9:30 - Simone BOFFELLI 13 Mc Ore 16:00 - def.ta Teresa CODECA’ 17 DO Ore 9:30 - Pro Populo 20 Mc Ore 16:00 - libera 24 DO Ore 9:30 - def.ti Giorgio, Maria e Paola 27 Mc Ore 16:00 - libera MESSE LIBERE Mercoledì 20 - Mercoledì 27 SANTE MESSE DI MAGGIO 1 DO Ore 9:30 - per intenzione 5 Gv Ore 20:00 - def.ti Gaetano GRAZIOLI e familiari Xxxxxxxxxxxxxx La Nostra Voce - Aprile 2016