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Il training Sarò-Sarà per la Scuola Primaria

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Il training Sarò-Sarà per la Scuola Primaria
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SARO’ E SARA’
Un training per lo sviluppo della creatività
Il presente materiale è una riduzione del training – elaborato da Luciano Cerioli e Alessandro Antonietti –
incluso nel volume “Diventare ciò che si è” (Franco Angeli Editore, Milano 2001), al quale si rimanda per
la descrizione dei fondamenti teorici del training e del suo impianto generale.
La riduzione è stata messa a punto per l’applicazione in contesto scolastico qualora le condizioni di
implementazione (tempi, spazi ecc.) non permettano la realizzazione della versione estesa del training.
Infatti la presente versione, rispetto a quella estesa, non include gli episodi di Madama Carta e di Si-PuòSì. La narrazione degli episodi mantenuti nella presente versione è stata abbreviata, in qualche caso
compattando in un unico episodio più episodi della versione originale. Anche le attività inframezzate alla
narrazione (descritte in carattere corsivo nella presente versione) sono state ridotte di numero ed
estensione.
Nella presente versione ogni episodio è stato predisposto per essere svolto in una sola unità di lavoro (di
circa un’ora). Ogni episodio include, in quasi tutti i casi, tre attività, di cui una indicata come opzionale,
ossia omettibile nel caso in cui non vi sia il tempo per svolgerle tutte (o nel caso in cui il numero degli
alunni con cui si sta lavorando sia alto). Ovviamente l’effettiva durata di ogni unità di lavoro dipende da
molti fattori che possono variare da contesto a contesto (numero degli alunni, quantità delle loro risposte,
modalità di interazione dell’insegnante ecc.).
La presente versione del training è stata messa a punto grazie al lavoro di gruppo compiuto, in sede di
laboratorio formativo, dagli studenti che nell’a.a. 2013-2014 hanno frequentato il corso di Psicologia
delle Life Skills presso l’Università Cattolica di Milano. I loro nomi sono riportati in fondo al presente
documento. La revisione finale del training è stata compiuta dalla dott.ssa Chiara Valenti.
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1. IL DISEGNO MISTERIOSO
Sarà e Sarò erano due bambini - sorella e fratello - che andavano a scuola da qualche tempo. Ogni tanto si
divertivano, ma spesso si annoiavano, perché tutti i giorni sembravano uguali.
Una sera, dopo cena, siccome c'era un brutto temporale, la luce si spegneva spesso. Così la mamma e il
papà dissero ai due figli: "Su, bambini stasera non si riesce a vedere niente in TV. Andiamo tutti a letto
che è proprio una serataccia".
Sarà e Sarò non riuscivano a prendere sonno. Avevano un po' di paura, con tutti quei tuoni e lampi. Allora
si misero a parlare tra di loro per farsi un po' coraggio. Sarò stava ancora finendo di parlare quando il
cielo si illuminò improvvisamente e un tuono terribile fece spaventare i due bambini. La finestra si
spalancò e Sarà e Sarò si misero a urlare terrorizzati. Il papà accorse subito con una torcia elettrica e
disse: "Non è successo niente, bambini; è soltanto un po' di vento che ha fatto aprire la finestra. Deve
essere caduto un fulmine qui vicino. Venite di là con la mamma, fin che non torna la luce".
La luce arrivò dopo più di un'ora. Rientrati nella camera, Sarà e Sarò trovarono un gran disordine. Il vento
e la pioggia avevano buttato all’aria giochi, disegni e libri. "Guarda che schifo!" esclamò Sarà. Sarà e
Sarò si misero a sistemare e a pulire in qualche modo la stanza.
Mentre riordinavano la cameretta i due bambini notarono un foglio un po' stracciato. Sembrava un
disegno appena iniziato e non ancora finito; un disegno strano, di cui non si capiva bene il significato; un
disegno che i bambini decisero subito di chiamare il Disegno Misterioso. Sarà e Sarò osservarono a lungo
silenziosi questo disegno: che cosa significava? E perché era arrivato fin lì nella loro cameretta?
"Forse è soltanto uno scarabocchio" suggerì timidamente Sarò, senza convinzione.
"Sì, forse è proprio un pasticcio” proseguì Sarà, incerta. "Eppure mi sembra di vedere qualcosa ...".
"Aspetta, aspetta. A me sembra di vedere una specie di lago con delle grosse pietre" la interruppe Sarò.
"Pietre? " disse Sarà. "A me sembrano cespugli, cresciuti in un posto strano".
"Ora invece vedo nel disegno una specie di grande barca, con grandi vele" proseguì Sarò.
E per un po' di tempo i due bambini continuarono a raccontarsi tutto quello che di volta in volta
vedevano in quel foglio di carta portato dal vento.
Il Disegno Misterioso aveva tanto interessato Sarà e Sarò che i due bambini decisero di completarlo con
vivaci colori, cercando di aggiungere quegli elementi che avevano intravisto nel disegno e facendone
varie copie diverse. Soddisfatti, li appesero alle pareti della camera e andarono a dormire.
L'insegnante distribuisce con calma a ogni bambino la copia precedentemente fotocopiata della Tavola
1, visibile sotto. La copia deve essere un po' stropicciata e parzialmente rovinata. L'insegnante si rivolge
ai bambini e li invita a verbalizzare tutto quel che vedono nel disegno. Nel caso di iniziali perplessità dei
bambini, l'insegnante può fare qualche esempio, al fine di avviarli alla verbalizzazione.
L'insegnante invita quindi i bambini a completare a loro modo il Disegno Misterioso, avvertendoli che è
opportuno lavorare silenziosamente seguendo i propri pensieri e la propria fantasia, cercando di
disegnare quanto hanno visto precedentemente nella Tavola consegnata.
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Tavola 1
Sarò e Sarà dormirono poco quella notte: il temporale furioso della sera precedente, la bufera di vento,
l'interruzione continua della luce elettrica li avevano un po' spaventati. Ma anche il ritrovamento di quel
foglio disegnato li aveva incuriositi. Che cosa poteva essere quel disegno?
Al mattino presto Sarà e Sarò se ne stavano svegli, rintanati sotto le coperte. Sarò a un certo punto decise
di andare a guardarsi il Disegno Misterioso e le copie che avevano fatto e completato prima di andare a
letto. Si alzò piano piano, si avvicinò lentamente alla finestra e aprì leggermente le persiane per fare un
po' di luce. In mezzo ai disegni dei bambini vi era quel foglio misterioso portato dal vento. Sarò lo staccò
dalla parete e se lo portò a letto per guardarselo di nuovo.
"Sarà, Sarà! Guarda che cosa ho trovato!" disse Sarò agitato, saltando giù dal letto con quel foglio sotto
gli occhi increduli.
Ci fu un attimo di silenzio, poi dalle coperte uscì la vocina tenue e tremolante di Sarà: "Sì, lo so. Ho già
visto".
Quel disegno era proprio strano: durante la notte era cambiato!
Infatti, da quei tre oggetti che sembravano dei cespugli o dei sassi spuntavano una coda, un orecchio
lungo e una macchia di colore. In quel momento entrò nella stanza la mamma e disse: "Vestitevi e
preparatevi, bambini! E’ quasi ora di colazione". E così dicendo uscì dalla cameretta dei bambini.
Sarà e Sarò mentre facevano colazione continuavano a pensare al significato di quella coda, di
quell'orecchio, di quella macchia di colore. Che cosa mai si poteva nascondere dietro quei sassi o quei
cespugli?
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante mostra ai bambini la Tavola 2, visibile sotto, precedentemente
fotocopiata ingrandita e appesa alla parete, e lascia che i bambini la osservino. L'insegnante invita ogni
bambino a formulare più ipotesi sull'identità delle figure nascoste. Al termine, dopo essersi appuntato le
idee espresse dai bambini, riformulerà loro quanto il gruppo è stato in grado di sviluppare, facendo
notare la numerosità e la varietà delle risposte prodotte.
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Tavola 2
Sarò e Sarà erano già da un'ora a scuola, ma continuavano a pensare allo strano fatto che era capitato. Il
Disegno Misterioso durante la notte era cambiato ed erano comparse alcune figure inconfondibili: una
coda, un orecchio e una macchia di colore. Come era stato possibile ciò?
Arrivò il momento della merenda. Sarà aprì la propria cartella per prendere la fetta di torta che la mamma
le aveva preparato. Prima di prendere il dolce, però, volle dare ancora un'occhiata al Disegno Misterioso
che aveva voluto portare a scuola. Cercò nella cartella il Disegno Misterioso e rimase a bocca aperta. Sarà
si precipitò da Sarò e tutta eccitata gli disse: "Sai che cos'è successo ancora? Com'è stato possibile? Non
capisco più niente". "Calmati, Sarà" rispose Sarò. "Spiegami bene cos'è accaduto, ma con calma,
altrimenti anch’io non capisco niente".
"Vieni a vedere" continuò Sarà e, preso per mano Sarò, lo trascinò rapidamente verso la propria cartella,
dalla quale tirò fuori il Disegno Misterioso che mostrò al fratello. Anche Sarò rimase a bocca aperta. Il
Disegno Misterioso adesso non era più una figura confusa, ma un disegno chiaro, in cui si potevano
vedere con precisione alcuni personaggi. Il Disegno Misterioso si era trasformato ancora una volta!
Sarà, vista la maestra che si avvicinava, nascose subito il Disegno Misterioso nella cartella e con
un'occhiata fece capire a Sarò che ne avrebbero riparlato dopo. I due bambini si scambiarono un cenno di
intesa: "Dopo il pranzo, nella stanza della plastilina" bisbigliò Sarò nell'orecchio di Sarà e tornò dai propri
compagni per non insospettire le maestre.
Terminato il pranzo, mentre tutti i bambini erano riuniti in salone ad ascoltare una fiaba, Sarò e Sarà si
allontanarono di nascosto dal gruppo ed entrarono, senza farsi vedere da nessuno, nella stanza della
plastilina, dove di pomeriggio non andava mai nessuno. Qui Sarà tirò fuori di nuovo dalla cartella il
Disegno Misterioso
"Guarda qui! Un gatto, un coniglio, una farfalla. Ma come fanno a comparire queste cose?" continuava a
ripetere Sarà. Sarò stava zitto. Non sapeva se essere contento per quella scoperta o esserne spaventato.
Che cosa stava succedendo? E perché quel disegno continuava a cambiare? Passarono più di mezz'ora a
interrogarsi e a fare ipotesi, guardando quel foglio.
"E' inutile, ti dico, è inutile continuare a insistere! Non ci sentono! Sono come tutti gli altri. Questi
bambini hanno altro per la testa" diceva una voce proveniente dal foglio che Sarà aveva in mano, "altro
che stare ad ascoltare certe cose".
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"Non sempre è come sembra": era un’altra voce. "Ogni bambino è diverso dagli altri e i suoi pensieri sono
tanti, sono nascosti, sono in fondo e sopra la testa di ogni bambino".
"Già, proprio come i sassolini nel mare, come le nuvole nel cielo, come i fiocchi di neve sulle montagne,
come l'acqua nei fiumi". Un'altra voce ancora!
Sarà e Sarò se ne stavano immobili e silenziosi, come se ciò che stava accadendo fosse di nessun
interesse.
"Ehi, bambini! Guardateci bene e fate attenzione. Io sono un gatto dagli occhi luminosi e mi piace dire
tutto quel che penso. Il mio amico coniglio sembra un po' distratto e ha il vizio di continuare a fare
esempi e paragoni. Lui fa paragoni su tutto, lui trova sempre una cosa che assomiglia a un'altra. Provate a
dire una cosa, e lui subito vi tira fuori almeno 5 o 10 esempi. Poi c'è la farfalla; anche lei è un po' strana.
Per forza! Continua a volare di qua e di là, sopra e sotto, e per lei ormai il sopra è come il sotto, la destra
come la sinistra".
"Il dentro come il fuori, il lontano come il vicino" interruppe il coniglio, "il piccolo come il grande, il
vuoto come il pieno, la terra come il cielo, il pesante come il leggero, il corto come il lungo".
Sarà e Sarò sembravano però sordi e ciechi.
"Va bene, ho capito" riprese la voce del gatto. "Avete paura di fare amicizia con noi. In questo posto
hanno tutti paura di fare amicizia con le cose nuove e diverse".
"Eh, sì" aggiunse la farfalla. "Non sempre bastano gli occhi per vedere, non sempre bastano le orecchie
per sentire, non sempre basta diventare alti per essere grandi".
"Sono troppo spaventati, questi bambini" sospirò il gatto.
"Sono spaventati come un topolino di fronte al gatto, come un gatto di fronte a un cane, come un cane di
fronte a un leone". Era il coniglio, naturalmente.
"Oppure come un leone di fronte a un cane, un cane di fronte a un gatto, un gatto di fronte a un topo"
sorrise la farfalla.
"Chissà come sarebbe divertente" aggiunse il gatto, "vedere un gatto spaventato da un topolino. Allora
forse i gatti si nasconderebbero e i topolini starebbero sui divani e sulle sedie di casa".
L'insegnante sollecita i bambini del gruppo a immaginare situazioni analoghe (situazioni in cui le coppie
e le associazioni causa-effetto si invertono) e a verbalizzarne le conseguenze, secondo l'esempio: “Chissà
cosa succederebbe se fossero i pesci a prendere il pescatore?”. Oppure: “Chi manda a scuola i bambini?
I genitori. E se fossero i bambini a mandare a scuola i genitori, che cosa succederebbe?”. E così
analogamente, cercando di far produrre le associazioni dagli stessi bambini del gruppo. Infine chiede ai
bambini di riflettere sui nomi possibili dei personaggi parlanti.
Il gatto allora disse ai bambini: "Io sono Fluò, il gatto che pensa e dice tante cose e ha gli occhi luminosi.
Il coniglio lo chiamiamo ComeComè e immagino abbiate già capito perché. La farfalla ha per nome una
lista di numeri che non ricordiamo mai a memoria. Per noi è solo Piedaria ed anche lei è contenta di farsi
chiamare così. Questi sono i nostri nomi, ma ora dovete stare bene attenti a quello che vi debbo dire".
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2. IL MONTE PENSONE
Quella sera Sarà e Sarò, con la scusa che dovevano fare dei disegni per la scuola, chiesero ai genitori se
potevano andare nella loro cameretta subito dopo cena. "Andate, andate pure, bambini" disse la mamma.
Una volta che i bambini furono saliti in camera, la mamma si rivolse al papà, chiedendo a voce bassa:
"Ma non ti sembrano un po' cambiati quei due?" Il papà fece un cenno come per dire: "Su, non farci caso.
Sono cose di bambini".
Sarà e Sarò si erano lavati e preparati da soli, quasi senza parlare, erano un po' confusi. Confusi e curiosi,
terribilmente curiosi di assistere di nuovo a qualche fatto strano, come quelli successi la sera precedente e
durante la giornata a scuola.
I due bambini si infilarono sotto le coperte senza quasi darsi la buonanotte. Intanto il Disegno Misterioso
era appoggiato al tavolino insieme ad altri disegni. Dopo pochi minuti sembravano già addormentati. La
stanza era semibuia. Papà e mamma erano andati a letto. Il silenzio ora era quasi totale.
I bambini però incominciarono a sentire una voce, che diceva: "Certe cose si vedono solo chiudendo gli
occhi, certe cose si ascoltano chiudendo le orecchie". Da dove proveniva questa vocina? Era proprio il
gatto Fluò che, vedendo che i bambini non capivano, decise di prendere il foglio appoggiato al tavolino e
di illuminarlo con quei suoi occhi enormi per far vedere a Sarà e Sarò il Disegno Misterioso".
E Sarà e Sarò videro chiaramente che il disegno era di nuovo cambiato: non c'erano più il gatto, il
coniglio e la farfalla e quella specie di lago o di barca era invece diventato una grande montagna. Adesso
infatti si vedeva un monte con pochi alberi e senza erba, isolato. Sarà e Sarò lo vedevano bene e quel
monte così triste li aveva resi ancora più curiosi. Ma sembravano addormentati e non potevano fare
nessuna domanda.
"Questo è il Monte Pensone" riprese il gatto Fluò, mentre anche ComeComè e la farfalla Piedaria si
avvicinarono al disegno. Avevano anche loro un’espressione rattristata.
Fluò incominciò a raccontare la storia della montagna: "Era una montagna bellissima, tutta colorata,
coperta di fiori e di piante profumate, e molti animali si rifugiavano nelle sue grotte perché lì nessuno
poteva fare loro del male. I bambini si fermavano nelle sue valli a raccontare le loro storie, le loro fantasie
e i loro problemi. Ma c'erano anche alcune persone grandi: erano quelle che non si vergognavano dei
propri sentimenti, delle loro incertezze e dei loro desideri".
Fluò si fermò un attimo, quasi per assicurarsi che Sarà e Sarò capissero bene quel che stava raccontando,
poi riprese: "Tutte le sere il Monte Pensone era come una grande piazza, in cui si giocava e si
raccontavano tante cose, alcune belle, alcune meno".
"E poi… Boom! Boom! Pensone buttava fuori le bolle, come fuochi d'artificio, come la schiuma dello
spumante appena aperto" l'interruppe il coniglio, che così dicendo fece dei grandi salti per tutta la stanza.
Fluò intanto continuava a raccontare: "Il monte Pensone era una montagna davvero speciale. Gli
scienziati avevano detto che il Monte Pensone era un raro esempio di ‘vulcano di bolle’: un vulcano, cioè,
che, invece di buttare fuori lava e pietre incandescenti, lanciava in aria - come stava dicendo prima il
coniglio - grandi bolle colorate, dentro le quali si potevano vedere tante cose. I bambini andavano da
Pensone, gli parlavano dei propri pensieri e quando i pensieri erano tanti, Pensone li mandava fuori
racchiusi in tante bolle colorate".
L’insegnante distribuisce a ciascun bambino una sagoma di carta a forma di bolla (se possibile,
utilizzando fogli di colori diversi) e chiede di scrivere, o rappresentare in forma grafica, all’interno della
bolla il pensiero che in quel momento si sentono di esprimere. L’insegnante raccoglie le bolle e le
dispone sulla riproduzione ingrandita della Tavola 2 precedentemente appesa alla parete.
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Quella mattina la mamma era veramente preoccupata. Aveva chiamato più volte Sarà e Sarò ma i due
bambini non si erano ancora alzati e non avevano voglia di andare a scuola. Il papà disse alla mamma: "E'
da ieri che i bambini sono un po' strani. Forse stanno per avere l'influenza".
La mamma salì in camera dei piccoli e provò loro la febbre; poi discese dopo qualche minuto con il
termometro in mano e chiamò il papà che stava già uscendo per il lavoro: "Avevi ragione. Hanno un
febbrone tutti e due. Poveri piccoli, ecco perché se ne stavano così silenziosi e tranquilli!". "Chiama
subito il medico" rispose il papà "e poi fammi sapere". E così dicendo si precipitò fuori per non arrivare
tardi al lavoro.
Il medico arrivò verso metà mattina. Visitò i bambini e disse con voce rassicurante: "Un bel mal di gola,
cari miei. Prendete questo sciroppo alla fragola per una settimana e vedrete che tutto passerà. E inoltre
niente scuola per qualche giorno. Riposo assoluto".
Erano già le due del pomeriggio e Sarà e Sarò non avevano proprio nessuna voglia di alzarsi dal letto. La
febbre era diminuita solo un po' e avevano mangiato soltanto un piattino di pasta in bianco e bevuto un
succo d'arancia. Si sentivano tutto il corpo dolorante, proprio come se avessero fatto la scalata al Monte
Pensone. Già, il Monte Pensone. I bambini continuavano a pensarci: perché ora è così triste? Perché non
fa più le bolle?
Sarò e Sarà non avevano il coraggio di parlare di quel che avevano sentito e visto e pensavano entrambi di
aver sognato.
A un certo punto Sarò si alzò un poco dal letto per guardare meglio il Disegno Misterioso e rimase colpito
soprattutto da due sagome centrali senza volto. Cosa ci facevano quelle due figure vuote? Chi erano,
soprattutto?
Ebbe voglia di chiedere il parere di Sarà, ma vide che aveva già gli occhi chiusi. Si girò allora dall'altra
parte e sentì che poco per volta i suoi pensieri andavano sempre più lontano.
L’insegnante distribuisce a ciascun bambino una copia della Tavola 3, riportata sotto, e chiede di
completare - disegnando, colorando o attraverso la tecnica del collage - le sagome vuote al centro della
Tavola. Prima di passare all’esecuzione del compito, l’insegnante invita i bambini a riflettere sulla
possibile identità delle due figure.
Tavola 3
"Questi bambini hanno paura di quel che sentono, però credo che ce la faranno. La storia di Pensone è
lunga, complicata e triste" disse Fluò.
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"Lunga come un treno, complicata come un puzzle da mille pezzi e triste " rispose Comecomè.
I tre animaletti giravano intorno ai letti dei bambini come se cercassero qualcosa.
"Forse è giunto il momento di raccontarvi qualcosa di nuovo” sospirò il gatto e iniziò a raccontare. Riferì
che dopo alcuni anni di grande interesse e di entusiasmo, molte persone incominciarono a ritenere il
Monte Pensone una cosa normale. Qualcuno andò dal sindaco a lamentarsi perché il Monte Pensone
faceva le bolle in orari sempre più strani. Erano addirittura sorti nel paese dei gruppi di tifosi favorevoli o
contrari a Pensone. E spesso questi gruppi litigavano tra di loro. "E' un'indecenza!" sostenevano quelli
contrari. "Non si può vivere sempre con queste luci e questi rumori". "E' la nostra ricchezza" dicevano i
favorevoli. "La gente che viene a vedere Pensone compra tante cose nei nostri negozi e noi diventiamo
sempre più ricchi". Insomma, anche le persone che sembravano voler bene a Pensone in realtà pensavano
solo a se stesse e ai loro interessi e passavano il tempo a litigare su cosa era giusto e cosa era sbagliato.
"Poco per volta la gente smise di andare da Pensone, che rimase solo in compagnia di alcuni animali"
continuò triste Fluò, "finché non ebbe più voglia né la capacità di fare bolle. E così si spense e cominciò a
invecchiare" concluse il gatto "Ora avremmo bisogno di qualcuno che ci aiuti a svegliare Pensone".
Che cosa bisognava fare per far ritornare felice Pensone e fargli ritornare la voglia di fare le bolle
colorate? Fluo e i suoi amici le avevano già provate quasi tutte, avevano provato a chiedere aiuto sia ai
grandi che ai piccini ma fino a quel momento niente era sembrato funzionare.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L’insegnante chiede ai bambini di provare a immaginare che cosa si poteva
fare per riattivare il Monte Pensone. Invita ogni bambino a esporre le proprie ipotesi e quindi le
riassume.
Sarò e Sarà avevano una gran voglia di dire: "Veniamo noi! Aiutiamo noi il Monte Pensone!".
Ma come fare? Bisognava andare lontano, in un posto sconosciuto: come avrebbero fatto a trovare la
strada?
"Quasi tutto è possibile, Sarò" riprese Piedaria. "Basta ascoltarsi un po', basta non avere paura dei propri
sentimenti".
Sarò allungò una mano dalla coperta e incontrò quella della sorella che aveva fatto lo stesso gesto. Le
mani di Sarà e di Sarò si strinsero forte. Fu un attimo. E nella stanza rimase soltanto l'odore dello
sciroppo alla fragola.
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3. LA PORTA DI PENSONE
Era notte; il paesaggio era spaventoso: buio e pieno di oggetti abbandonati (come fari, cartacce e vetri
rotti). Lungo il sentiero della montagna camminavano piano piano due bambini in pigiama e tre animali:
un gatto dagli occhi molto luminosi, un coniglio che annusava ogni cosa che trovava per terra e una
farfalla che non stava ferma un momento.
Dopo aver camminato a lungo, il gruppetto giunse alla fine del sentiero. Davanti a loro, infatti, si presentò
una specie di caverna buia, in fondo alla quale si intravedeva una grande porta chiusa.
Sarò e Sarà osservavano la grande porta. Era una porta di legno scuro, molto vecchia, con una maniglia
arrugginita e una grossa serratura. I bambini se ne stavano immobili e meravigliati di fronte alla porta.
"Eccoci!" disse ComeComè "Siamo arrivati all'unica porta dalla quale si può entrare nel Monte Pensone.
Dobbiamo entrare prima che arrivi l'alba, che spegne i sogni come l’acqua spegne il fuoco".
"Bene! " disse Sarò "Apriamo subito la porta". Sarà si diresse verso la porta e provò ad abbassare la
maniglia, ma la porta non si aprì. Riprovò spingendo con più forza ma anche questa volta la porta non si
spostò di un millimetro. "E adesso come facciamo?" si domandò Sarò.
Piedaria suggerì: "Non tutte le porte si aprono spingendo…" Sarà allora disse: "Proviamo a fare il
contrario: tiriamola! " Sarò si impegnò con tutte le forze per tirare verso di sé la porta, ma questa ancora
una volta non si mosse.
"Forse la porta non si apre perché è chiusa a chiave" esclamò Sarò dopo aver rinunciato a tirarla. "Già, ma
la chiave non c'è" osservò Sarà. "Dove potrebbe essere?Anche se fosse nascosta qui vicino non
riusciremmo certo a trovarla con questo buio".
A questo punto il coniglio ComeComè disse: "Aprire una porta è come battere un cinque, potreste
provarci ". I bambini provarono a seguire il consiglio di ComeComè ma non ci riuscirono.
"Aprire una porta è come aprire un pacco" proseguì ComeComè "Provate a usare le forbici". Ma Sarò e
Sarà non le avevano.
"Allora, aprire una porta è come...". I bambini, seguendo l'esempio del coniglio, provarono a trovare altri
paragoni. Per esempio, pensarono che aprire una porta era come fare un buco nella carta. Ma tutti i
paragoni che trovarono non suggerirono loro nessuna idea utile per aprire la porta di Pensone.
L'insegnante invita i bambini ad aiutare Sarò e Sarà nel trovare esempi e paragoni, sollecitando
inizialmente il gruppo con alcuni suggerimenti. Dopo aver raccolto tutti gli esempi che il gruppo è
riuscito a produrre, prosegue nella lettura.
Sarò e Sarà se ne stavano tristi e scoraggiati davanti alla porta che non riuscivano ad aprire.
Fluò il gatto cercò allora di consolare e aiutare i bambini: "Su, non scoraggiatevi. Ci sono tanti modi per
aprire una porta. Per esempio, si può provare a lanciarle contro dei sassi. Oppure si può provare a dire
delle parole magiche. Oppure... Ma continuate voi a pensare a tutti i modi in cui si può provare ad aprire
una porta. Dite pure tutte le vostre idee, senza paura di sbagliare, anche le idee strane e impossibili. Certe
volte tra tutte le idee che ci vengono in mente c'è quella giusta che ci aiuta a risolvere i nostri problemi".
Sarò e Sarà iniziarono allora a dire liberamente tutte le cose che passavano per la loro mente. Per
esempio, Sarò disse che si poteva accendere un fiammifero e, grazie alla sua luce, cercare la chiave della
porta. Sarà propose di usare un bastone da infilare nella serratura per romperla. Oppure - aggiunse Sarò si poteva scavare un passaggio sotto la porta.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante invita i bambini a disegnare possibili idee per aprire la porta,
sottolineando che è importante che i bambini rappresentino qualsiasi idea venga loro in mente. Raccoglie
i disegni dei bambini e quindi continua la lettura.
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Purtroppo tutte le idee che vennero in mente a Sarò e Sarà si dimostrarono inutili.
Intanto stava per sorgere il sole e quindi serviva trovare presto il modo per entrare nel Monte Pensone.
A questo punto intervenne la farfalla: "Guardate le cose al contrario. Per esempio, voi adesso state
cercando di aprire la porta da fuori, giusto? Quindi, qual è il contrario di fuori?".
"Dentro! Allora forse la porta non si apre da fuori ma da dentro" esclamò Sarà, che incominciava a capire
qualcosa.
"E' vero! Che idea!" esclamò Sarò "Proviamo a gridare. Forse dietro la porta c'è un guardiano che ha le
chiavi. Se glielo chiediamo, ci aprirà la porta".
Insieme, Sarò e Sarà provarono a chiamare ad alta voce: "Per favore, tu che sei dietro la porta, aprici.
Vogliamo entrare dentro al Monte Pensone". Ma da dietro la porta nessuna voce rispose.
"Guardate la cosa al contrario!" ripeté ancora Piedaria. Sarò e Sarà si fermarono un attimo a pensare a
quale potesse essere il contrario di ciò che avevano provato a fare sino ad allora.
L'insegnante invita i bambini a rappresentare fisicamente le possibili azioni contrarie per aprire la porta.
Può aiutare i bambini mostrando le azioni sino a quel momento tentate da Sarò e Sarà.
A un tratto Sarò e Sarà capirono come aprire la porta: non dovevano usare la maniglia, ma spingere
leggermente dall’altra parte! Così fecero e la porta si aprì.
Il sole stava sorgendo dietro le montagne attorno. "In fretta, in fretta! Dentro!" ordinarono a una voce
Fluò, ComeComè e Piedaria. I bambini con un salto passarono la porta.
Entrati nel Monte Pensone, non trovarono più niente sotto i propri piedi. Iniziarono così a cadere in giù,
dentro una specie di pozzo buio. "Aiuto, mamma, papà, aiutateci!" esclamarono terrorizzati i bambini.
"Non abbiate paura" disse loro Piedaria "Nessuno è solo". Infatti Sarò e Sarà cercarono di prendersi
almeno per mano per farsi un po' di coraggio; ma non ci riuscirono. Ognuno cadeva velocemente
girandosi ora sopra, ora sotto. La farfalla, il coniglio e il gatto sembravano scomparsi. Anche la mamma
non c'era, e nemmeno il papà, e nessun altro.
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4. IL MAESTRO LOSOGIA’
"Dove siamo finiti? " disse Sarò a Sarà. I due bambini si ritrovarono in una scuola vecchia e grigia, tutta
rovinata. Una scuola proprio triste! L’unica cosa colorata che trovarono nella classe era un cartellone
polveroso, con disegnati due bambini che si davano la mano e qualche animale: un cane, una gallina, il
cavallo, il pulcino, un maialino, un leprotto, una mucca e qualcosa d'altro che non si riusciva bene a
vedere.
Guardandosi attorno Sarò e Sarà si accorsero che ai banchi erano seduti tanti bambini che se ne stavano
zitti seduti al loro banco, con un visino pallido, come se fossero tenuti prigionieri da chissà quanto tempo
in quel posto.
All’improvviso, un vocione forte e severo iniziò a dire: "Fatemi delle domande! Fatemi delle domande!".
Era il maestro Losogià, un uomo alto e tutto vestito di nero. "Fatemi una domanda! Fatemi una domanda!
Fatemi una domanda in fretta o arriva la vendetta!" continuava a urlare il maestro.
"Ma dove siamo finiti? " chiese a bassa voce Sarò a Sarà. I due fratelli erano spaventati e volevano
scappare, ma anche loro, come gli altri bambini, erano incollati a una vecchia sedia e a un vecchio banco
di scuola.
Sarò e Sarà cercarono di spiegare al maestro quello che era loro successo, ma Losogià, con voce
prepotente, disse: "Non volete fare domande al maestro Losogià? 100 saltelli per tutti, oplà! "
Tutti i bambini iniziarono a saltare, ma Sarò e Sarà rimasero fermi. Sarà, spaventata, domandò: "Ma cosa
sta succedendo qui? Perché tutti saltano? "
Losogià sbattè due volte il piede destro per terra, alzò due volte la testa in aria con gli occhi chiusi, fece
una specie di smorfia dicendo "Uh! Uh!" e scandì lentamente, come se fosse una notizia importantissima
"Succede quel che è successo". Tutti i bambini applaudivano alla risposta di Losogià.
"Ma perché battono le mani, questi bambini?" domandarono Sarò e Sarà senza ottenere dal maestro
nessuna risposta chiara. Losogià faceva strane smorfie e strani movimenti, dritto sull’attenti, batteva il
piede destro sul pavimento, alzava la testa.
"Ma guarda un po' che tipo ..." pensarono insieme Sarà e Sarò. Si sentivano un po' spaventati da Losogià,
ma nello stesso tempo veniva loro voglia di ridere nel vedere le sue mosse e il suo modo di fare.
Avrebbero voluto fare delle domande ai bambini che erano in quell’aula. Ma come era possibile con quel
tizio che continuava a fare richieste, pestare i piedi ed urlare?
L’insegnante invita i bambini a sviluppare delle idee per aiutare Sarò e Sarà a distrarre il maestro. Si
raccolgono le idee dei bambini e, se fattibili, vengono fatte realizzare per valutare l’efficacia della
proposta.
A Sarà venne un’idea! Iniziò a fare al maestro un sacco di domande. Il maestro, tutto contento, faceva i
suoi movimenti strani e rispondeva. Anche Sarò capì l’idea della sorellina: fare domande al maestro per
distrarlo così lui poteva parlare con gli altri bambini.
"Chi siete? Cosa ci fate qui dentro?" chiese Sarò a quelli che si trovavano più vicino. I bambini non
sapevano rispondere. Facevano solo domande. "Mi dite chi siete e cosa ci fate qui?" chiese Sarò. "Te lo
abbiamo già detto" rispose uno dei bambini; "Siamo partiti per andare ad aiutare Pensone?" risposero
altri. Che confusione! Tutti facevano domande e nessuno si capiva.
"Come faccio" pensò Sarò "a far capire a questi bambini che dobbiamo trovare insieme un modo per
ritornare liberi, se questi non sono capaci di rispondere e continuano a battere le mani?".
Improvvisamente Sarò capì che forse quei bambini avevano bisogno di un amico per dire quello che
provavano. Una persona di cui potevano fidarsi. Forse avevano paura!
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Oh forse per aiutare questi bambini occorreva l’amicizia. Decise quindi di fare una carezza al bambino
che gli stava più vicino. A seguito di questo gesto dolce i bambini iniziarono a essere meno tristi. Alcuni
iniziarono anche a sorridere e trovarono il coraggio per parlare.
L’insegnante invita i bambini a provare l’esperienza della carezza. Ad ogni bambino viene chiesto di fare
una carezza al suo vicino e gli si domanda che cosa provano, se è un’esperienza piacevole e se potrebbe
essere di aiuto quando sono tristi.
I bambini raccontarono che anche loro erano partiti per aiutare Pensone, ma che erano rimasti intrappolati
dal maestro Losogià. Il maestro aveva detto loro che non sapevano nulla e che avrebbero dovuto imparare
da lui, che sapeva tutto, per tanti tanti anni. Forse per sempre! "Oddio! Dovremo andare a scuola per
sempre! " pensò preoccupato Sarò.
Sarà stava ancora distraendo il maestro Losogià ma ormai non sapeva più che domande fargli. Allora la
bambina decise di proporgli degli indovinelli con degli strani disegni.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante mostra ai bambini, seguendo il testo qui di seguito, il primo
disegno della Tavola 4, riportato sotto, chiedendo di anticipare le possibili risposte.
Tavola 4a
Mostrò al maestro questo disegno e chiese: "Dimmi un po', Losogià, che cos'è questo qua?".
"Due piccole montagne!" Rispose il signore vestito di nero, dopo aver fatto tutti i suoi movimenti.
"Sbagliato!" esclamò Sarà. "Questo è il mio papà mentre fa il bagno e raccoglie il sapone caduto nella
vasca!".
I bambini della scuola rimasero all'inizio sorpresi nel vedere che Losogià non sapeva rispondere alle
domande di Sarà. "Etciù! Etciù! Etciù" faceva il povero maestro mentre si grattava il naso e si
stropicciava gli occhi. Nel guardarlo anche gli altri bambini iniziavano a divertirsi.
Non aveva fatto ancora in tempo a fermarsi, che Sarà presentò al maestro vestito di nero un altro disegno:
"E dimmi, Losogià, questo disegno cosa significherà?". Era tale la gioia nel non sentirsi più spaventati dal
signore vestito di nero che alcuni bambini presero direttamente a far domande strane al povero maestro
saltellante.
L’insegnate a questo punto interpreta il ruolo del maestro Losogià e i bambini a turno gli mostrano le
altre immagini della Tavola 4, riportate più sotto, chiedendo: “Che cosa può essere?”. L’insegnante
fornisce una risposta. I bambini forniscono poi le loro risposte.
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Tavola 4b
[Risposta: La maestra quando si trova una lucertola nella borsetta]
Tavola 4c
[Risposta: bambino dentro a un mucchio di arance]
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Tavola 4d
[Risposta: lo zio quando d’estate torna a casa in motorino (con i moscerini sui denti)]
Tavola 4e
[Risposta: il nonno che legge il giornale]
E tanti altri bambini fecero altrettanto: chi faceva disegni strani, chi poneva indovinelli divertenti, chi
faceva domande del tipo: "Che cos'è un stirpillone?". Insomma, fecero tante di quelle domande a cui
Losogià non sapeva rispondere da ridurlo ad uno straccetto nero tutto agitato.
"Etciù! Etciù! Uh! Uh! Pim! Pum! Grat! Grat!" faceva il povero Losogià sempre più velocemente, finché
a un certo punto non si sentì più niente.
Anche i bambini smisero di parlare e di fare domande e si creò un silenzio misterioso. Losogià non c’era
più! Tutti i bambini, senza parlare, aprirono la porta della classe e, salutando silenziosamente Sarà e Sarò,
uscirono dalla scuola per ritornare dalle loro mamme e dai loro papà.
Nella vecchia aula dai banchi di legno rimasero solo Sarò, Sarà e un vecchio cartellone con tanti animali
disegnati.
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I due bambini si guardarono silenziosamente più volte. Guardarono a lungo la porta. E poi il cartellone e
si accorsero che su di questo vi erano le immagini di un gatto, un coniglio e una farfalla che li invitavano
con gesti ad andare dalla parte opposta.
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5. L’IRNA DI LEDRA
Usciti della vecchia scuola del maestro Losogià, Sarò e Sarà si trovarono in un'ampia caverna con un lago
al centro. L'acqua del lago era scura, quasi nera, tanto che non si vedeva il fondo. Una sottile nebbia
avvolgeva le sponde del lago da cui salivano ogni tanto delle nuvolette di fumo.
"E' il lago di Chol Senn" sentirono chiaramente dietro di loro. Ma chi stava parlando? E quella voce ...
quella voce sembrava proprio quella del gatto Fluò. Erano ritornati, dunque, i loro amici! Si girarono
contenti e videro infatti il gatto, il coniglio e la farfalla che se ne stavano un po' lontani interessati a
guardare tutto intorno. "E' il lago di Chol Senn" continuò tranquillo Fluò come se non fosse successo
niente di strano.
A un certo punto si sentì un rumore di acqua che cade, ma tanta, tantissima acqua. Sarò e Sarà, spaventati,
si stringevano l'uno all'altra. Si guardavano disperatamente attorno per cercare di capire da che parte
provenisse il rumore, ma questo sembrava uscisse da tutte le pareti della grotta. "Il silenzio diventa
rumore, la nebbia diventa chiarezza, il basso diventa alto. Guardate il lago, bambini, senza paura" disse
con la sua voce calma Piedaria.
Senza paura? Ma come si faceva a stare tranquilli di fronte a quello che stavano vedendo? La nebbia era
infatti scomparsa e adesso il lago era chiaramente visibile. Ma era anche visibile, in mezzo al lago, una
cosa paurosa che era uscita dall'acqua …”
L’insegnante distribuisce ai bambini un foglio diviso a metà richiedendo di raffigurare da un lato “Ciò
che ti fa paura” e dall’altro “ Che cosa fai per affrontarla?”.
Era l’Irna di Ledra, una specie di drago con tante teste, che si allungavano verso i bambini.
"Non abbiate paura" disse il gatto Fluò "In questo punto della grotta l'Irna non ci può raggiungere. Però
non possiamo rimanere sempre qui nascosti. Se vogliamo proseguire il nostro viaggio dobbiamo liberarci
dell'Irna".
"Ma in che modo?" chiese con un filo di voce Sarò.
"Non sempre ciò che sembra forte vince, non sempre ciò che fa paura è potente" suggerì Piedaria volando
davanti agli occhi dei due bambini.
"Ci sono cose grandi come gli elefanti che sono buone, ci sono cose piccole come le zanzare che fanno
male”. Era ComeComè a parlare. "Già, è vero" disse Sarà come pensando tra sé e sé. Anche il nostro
dottore, all'inizio, sembrava una persona cattiva che ci metteva paura, poi abbiamo capito che lui cercava
di farci stare bene, anche se alle volte ci faceva un po’ male". "Vuoi dire che anche la nostra maestra ...? "
gli venne spontaneo dire a Sarò, mentre sentiva un po' di dispiacere per la lontananza dalla propria
insegnante.
"Ciò che è bene può essere male" ripeté nuovamente la farfalla. "Ciò che è difficile può essere facile, ciò
che dà dolore può dare gioia" aggiunse sottovoce volando in alto, lasciando i due bambini meno
spaventati dal mostro, ma impensieriti da quello che aveva appena detto. Non si capiva bene quello che
voleva dire la farfalla, ma Sarò e Sarà si trovarono a pensare a tutte quelle volte in cui avevano provato a
fare delle cose che inizialmente sembravano poco piacevoli, ma che poi li avevano lasciati contenti.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L’insegnante chiede ai bambini: “Se foste al posto di Sarò e Sarà, che cosa
fareste per sconfiggere il mostro?”. Dopo aver ascoltato le loro proposte e averle riassunte, continua il
racconto.
Sarò e Sarà avevano capito che talvolta gli ostacoli sembrano più difficili di ciò che in realtà sono, ma
non sapevano ancora come fare per evitare l'Irna di Ledra. Di nuovo Fluò cercò di aiutarli: "Piedaria"
disse il gatto "voleva farvi capire che anche questo mostro è fragile e indifeso. Fa paura, eppure è debole
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e può essere reso inoffensivo. Provate a pensare che cosa si può fare".
"Forse" tentò Sarà "si può tirargli addosso dei sassi. Forza, proviamo!" E così dicendo incominciò a
lanciare con il fratellino delle pietre contro le teste del mostro che minacciosamente si avvicinavano. Ma i
sassi rimbalzavano su quelle teste senza nessun risultato.
"Dovremmo provare" gridò allora Sarò "a colpirlo con dei grossi bastoni". Ma anche in questo modo non
ci fu nulla da fare: le teste erano robustissime. Che cosa si poteva fare, allora, per sconfiggere quel
tremendo mostro? Sarà e Sarò continuavano a pensare al modo di liberarsi dell'Irna di Ledra, finché venne
loro in aiuto ancora Piedaria.
La farfalla, invece di dare delle risposte, fece delle domande: "Perché è nato il mostro del lago? Che cosa
sarà stato a farlo diventare così grande e minaccioso?". Sono stati tutti i rifiuti lasciati dalle persone
disordinate e poco rispettose del Monte Pensone - spiegò Piedaria - a nutrire il mostro del lago. Forse
basterebbe fare il contrario per sconfiggere il mostro. Già, ma come?
"Provate a prendere alcuni barattoli o alcuni pezzi di rifiuti (Ma state attenti a scegliere oggetti che non
taglino e che non siano troppo sporchi!) che si trovano vicini al lago; dite forte all'Irna di Ledra che cosa
possono diventare e vedrete cosa succede!". Seguendo questo suggerimento di Fluò, Sarà e Sarò corsero
per la grotta a cercare oggetti di qualche utilità. Sarà trovò un barattolo di plastica un po' rovinato e alcuni
giornali. Pulì per bene il vaso, ritagliò alcuni fiori di carta e poi gridò forte a una delle teste del mostro:
"Questo è un bel vaso di fiori. E’ per te, Irna di Ledra!". Come per incanto la testa tremenda scomparve,
con tutti i rifiuti che si teneva dentro.
Anche Sarò trovò qualcosa che gli sembrava interessante: vide dietro a un sasso una grande scatola di
latta vuota. La prese, la pulì per bene, ci mise intorno della carta colorata, attaccò ai bordi due pezzi di
spago, prese due bastoncini di legno e ... "Pum! Pum! Pum! Ecco qua, mostro del lago scuro, una scatola
buttata diventa un bel tamburo!" urlò a una delle teste dell'Irna di Ledra, picchiando forte con le bacchette
di legno. E ancora una volta, improvvisamente, la testa minacciosa scomparve del tutto.
Ora i bambini avevano capito come fare per sconfiggere il mostro di rifiuti: bastava cercare delle cose che
tutti buttano via e riutilizzarle in qualche modo.
Vengono sparsi nell’aula materiali di scarto (carta, plastica e alluminio) e nel fondo collocati 3 differenti
contenitori ciascuno destinato ad un solo materiale. Su ciascun bidone verrà posta un’etichetta
raffigurante lo specifico materiale di scarto. Ai bambini viene richiesto di raccogliere gli oggetti e
buttarli nell’apposito contenitore.
Successivamente ad ogni gruppo viene assegnato un bidone e viene chiesto di creare un oggetto con i
materiali contenutivi. Terminata l’attività, ogni gruppo presenta e commenta il proprio prodotto.
Sarò e Sarà ci misero un po' di tempo a trovare tanti oggetti che potessero essere riutilizzati, ma alla fine
ci riuscirono e così nessuna testa del mostro si vide più su quel lago. L'Irna, come un pallone bucato,
dapprima si afflosciò su se stessa, poi affondò nel lago lentamente. Una grande calma e un silenzio
rassicurante tornarono nella grotta. Sarò e Sarà tirarono un respiro di sollievo. "Ce l'abbiamo fatta anche
stavolta” disse a Sarò la sorellina. “Dobbiamo ringraziare i nostri amici". "Sì, ma anche noi siamo stati
bravi" rispose Sarò. "Ed ora dove andremo a finire?".
Stavano aspettando una risposta dal gatto o dalla farfalla, quando improvvisamente l'acqua del lago
incominciò di nuovo a bollire al centro. "Oh, mamma!" urlò Sarà "Il mostro è ancora vivo! Scappiamo,
scappiamo, fin che siamo in tempo!"
"La paura spesso aiuta a non fare errori, ma altre volte non fa diventare grandi" rispose sorridendo
Piedaria, mentre guardava con calma il lago.
Sarà e Sarò si fermarono esitanti a guardare. Là, nel bel mezzo di quel lago scuro, una specie di grande
pallone gonfiato si stava alzando sull'acqua, facendo un gran rumore. "Un pallone come una pancia
gonfia, come un sacco di giocattoli, come una damigiana di aranciata" si mise ad esclamare tutto contento
il coniglio.
Ed infatti quella specie di grande pancia del mostro si alzò grande e grossa nell'aria come una gigantesca
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mongolfiera, e poi... Boom! Con un rumore enorme si spaccò buttando intorno erba, fiori, piante, piccoli
animaletti, insetti, pesci e tante cose che erano state distrutte dalle montagne di rifiuti.
"Ecco com'era il lago di Chol Senn prima che venisse rovinato dalle persone poco rispettose della natura"
disse Fluò mentre osservava meravigliato quel che stava succedendo. E la piccola comitiva - due bambini,
un coniglio, un gatto e una farfalla - si diresse verso la riva opposta del lago.
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6. IL MAGO VUTI’
Il lago di Chol Senn era ormai alle spalle e nuove voci sopraggiungevano dall'apertura nella roccia entro
cui si erano infilati Fluò, Piedaria e ComeComé, seguiti da due bambini. Sarà e Sarò si trovarono in un
lungo corridoio fatto di specchi, che riflettevano luci multicolori. Mentre percorrevano il corridoio si
udiva nell'aria una musica di sottofondo, interrotta da brevi frasi, simili a spot della tv: "Il mago Vutì su
questo canale tutti i lunedì"; "Al martedì spegni la radio; il mago Vutì esce dall'armadio!", "Al mercoledì
siediti fermo, il mago Vutì compare allo schermo!" A mano a mano che i due bambini procedevano nel
corridoio gli annunci diventavano sempre di più e più forti: "Alle tre in punto del giovedì inizia il cartone
del mago Vutì", "Attenti venerdì, non siate distratti, il mago Vutì vi farà ridere da matti". Queste frasi
rimbombavano nel corridoio, provocando un rumore crescente.
Sarà e Sarò incominciavano a sentirsi molto stanchi; trovavano sempre più difficile concentrarsi, tanto
che si erano quasi dimenticati che cosa stavano facendo in quel posto e quale era lo scopo del loro
viaggio. Ed ancora altri spot: "Sabato sera non ti preoccupare: c’è il mago Vutì che ti fa addormentare";
"Domenica prossima non fare l’offeso: il tuo televisore va lasciato sempre acceso".
Queste frasi avevano ormai occupato la mente di Sarà e Sarò che avanzavano nella galleria come fossero
dei robot. Nella testa avevano una gran confusione perché riuscivano a pensare soltanto agli spot che
avevano sentito.
L'insegnante, dividendo i bambini a gruppetti, li invita a comporre altre frasi-annuncio in cui compaiano
loro come protagonisti (i loro nomi) e che siano sempre relative agli spettacoli televisivi. Per facilitare il
compito, l'insegnante può presentare ai bambini frasi da completare con la rima. Per esempio: “Ecco
Marinella; tutte le sere in onda come … [una stella]”. Dopo aver raccolto un certo numero di frasi,
l'insegnante può aiutare i gruppi a disporle in modo da costruire una filastrocca.
Il caos intanto aveva raggiunto il suo punto massimo e i due bambini camminavano barcollando,
ripetendo come pappagalli le parole che bombardavano le loro orecchie. Senza forze, Sarà e Sarò
procedevano sempre più lentamente, sbattendo contro gli specchi della galleria. Quando ormai erano sul
punto di svenire, con le gambe flosce e la testa pesante come un pallone, Sarà e Sarò si trovarono al
termine della galleria: davanti a loro si apriva un'ampia sala con un grande e soffice divano al centro. Si
guardarono intorno un po' timorosi, ma erano talmente stanchi che si buttarono sul divano.
Dopo alcuni minuti provarono a riaprire gli occhi. Notarono così che le pareti attorno erano ricoperte da
meravigliosi televisori. Tutti i televisori erano spenti e nella stanza regnava il più assoluto silenzio. Le
loro orecchie potevano così finalmente riposare e anche nella loro mente le idee tornavano a essere
ordinate. Lentamente si rialzarono e si misero a sedere. Iniziarono a ripensare a quanto accaduto nel
corridoio, soprattutto al significato degli spot che avevano udito. "Ma chi è questo mago Vutì di cui
parlavano le voci nel corridoio?", domandò Sarà. "Non abbiamo sentito mai nessuna storia in cui ci sia un
personaggio con questo nome", osservò Sarò. "Deve essere un mago molto potente se da queste parti è
così famoso che se ne parla sempre". La conversazione dei due bambini fu bruscamente interrotta da
squilli di tromba e da una potente voce che annunciò:
"Si dia inizio alle trasmissioni!". Tutti i televisori che tappezzavano le pareti si accesero
contemporaneamente. Al fondo della sala si aprì una porta ed entrò uno strano personaggio che aveva al
posto degli occhi due televisori.
Lo strano individuo si diresse verso Sarò e Sarà e, con voce dolce e affettuosa, diede loro il benvenuto. Li
invitò quindi a mettersi comodi sul divano. "Salve bambini! Sono io il mago Vutì. Sono qui per voi, a
vostra completa disposizione" iniziò a dire il personaggio con i televisori al posto degli occhi "Il mio
desiderio è quello di accontentare tutti i vostri desideri. Chiedetemi ciò che volete e io ve lo darò. Subito.
Gratis".
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"Beh" provò a replicare, meravigliata da tanta gentilezza, Sarà "Siamo molto stanchi. Vorremmo riposare
un po’".
"Benissimo! Far riposare la gente è una delle mie specialità. Preparatevi. Vi mando subito un
programmino rilassante! ".
"No, scusaci. E’ che abbiamo la testa pesante…" insistette Sarò guardando la sorella.
"Testa pesante? Nessun problema! Ho due o tre cose programmate apposta per far diventare la testa
leggera come una piuma".
"Ma ho le orecchie distrutte dal rumore" supplicò Sarà, "e gli occhi mi bruciano! "
"Ma di cosa avete paura, bambini? Io sono Vutì. Io ho tutto quel che vi serve. Tutto! Rilassatevi. Ci penso
io alle vostre orecchie e ai vostri occhi" disse abbassando la voce soavemente.
Quello strano essere sembrava davvero gentile e premuroso. Eppure qualcosa non convinceva i bambini.
Sarò non si trattenne dal chiedere:
"Ma come fai a fare tutte queste cose?".
"Magia, magia … Basta che mi si guardi negli occhi e lì troverai tutto ciò di cui si ha bisogno". "Occhi?
Ma tu non hai occhi. I tuoi occhi sono dei televisori!" aggiunse Sarà, che sentiva un po' di disagio a causa
dell’insistenza di quello strano personaggio.
"Televisori? Ma no, non sono proprio televisori ..." rispose sorridendo quel tipo "I miei occhi sono
piuttosto degli specchi che riflettono i desideri di chi li guarda".
"Va bene, chiamali come vuoi. Ma adesso sono tutti grigi e non ci vediamo niente di interessante" si
affrettò a dire Sarò che sentiva che c'era qualcosa di sospetto in quell'incontro.
"Calma, piccoli. Non sottovalutate la potenza di Vutì. Vado a mangiare qualcosa e poi vedrete …". Così
dicendo uscì dalla porta da cui era entrato misteriosamente.
Dov'era andato? Che cosa doveva mangiare così improvvisamente? Che cosa stava preparando per i
bambini?
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante invita i bambini ad avanzare ipotesi a riguardo, inventando una
piccola storia.
I bambini se ne stavano ancora sdraiati su quel gran divano a pensare alle stranezze di quel signore,
quando da lontano si sentirono delle vocine inconfondibili: erano la farfalla Piedaria, il gatto Fluò e il
coniglio ComeComè: "Attenti bambini! Quello che vi ha parlato è il mago Vutì che possiede un grande
potere: quello di rubare i pensieri alle persone”.
"Vuoi dire" chiese Sarà al gatto "che questo mago ci …?". Non fece in tempo a finire la domanda: il
signore dagli occhi di televisione ricomparve sulla porta. Il coniglio e il gatto s’infilarono con un tuffo
sotto il divano.
"Ecco trovato ciò che fa per voi! Guardatemi negli occhi e avrete tutto ciò che mi avete chiesto". Gli
occhi del mago diedero qualche lampo, si sentì un certo brontolio e infine comparvero delle immagini.
Stupende immagini. Nei suoi occhi a televisore, Sarà e Sarò videro un bellissimo paesaggio di montagna:
un prato verde, con fiori di tutti i colori, si stendeva davanti a loro. Sullo sfondo di un cielo azzurro senza
nuvole si intravedevano lontane colline. A sinistra del prato iniziava un bosco da cui usciva un ruscello
che attraversava il prato. Una dolce e riposante musica si diffondeva nell'aria. Sarò e Sarà ammiravano lo
spettacolo trasmesso dagli occhi dello strano personaggio e, a poco a poco, sentivano il loro corpo
abbandonarsi a quelle immagini e a quella musica. Con gli occhi sempre fissi negli occhi di Vutì i due
bambini videro che a, un certo punto del filmato, una pecorella, arrivata da non si sa dove, si avvicinava
al ruscello per bere. Quando stava per immergere la testa nell'acqua ...
"Ti piace? ", chiese sottovoce Sarà al fratello. "Ssst! ", fece Sarò, infastidito dal disturbo.
"E’ un trucco, Sarò. Un trucco! " cercò di dire sottovoce Sarà al fratello, mentre cercava con lo sguardo
Fluò, ComeComè e Piedaria.
"Inventate la vostra storia. La storia è vostra, non di Vutì": le voci provenivano da sotto il divano.
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"Hai capito, Sarò? " disse convinta la bambina al fratello "Dobbiamo far diventare nostra la storia,
altrimenti Vutì ci terrà qui per sempre".
Sarò era molto confuso. Sentiva le parole della sorella, ma si sentiva nuovamente catturato dalle immagini
di Vutì. Era così bello seguire il suo spettacolo invece di fare la fatica di pensare a qualcosa …
"All’improvviso arrivò al ruscello un lupo affamato …" provò a dire a Vutì la bambina. "Appena arrivato
al ruscello" era sempre Sarà che continuava la storia "il lupo disse alla pecorella: ‘Per favore, non
mangiarmi. Non ho ancora finito di costruire la mia tana e poi oggi devo andare a trovare la mia nonna e
il suo nipotino, Cappuccetto Rosso’ ".
"Ma sei matta? " stava per dire Sarò. La pecorella che mangia il lupo? Cappuccetto Rosso? Eppure Vutì
trasmetteva la storia di Sarà senza problemi.
Sarò guardava gli occhi di Vutì e nello stesso tempo gli veniva da ridere per la storia bizzarra che stava
nascendo. Ci pensò un poco e prima che le immagini suggerite da Sarà si animassero nei televisori del
mago, provò a continuare il racconto:
"La pecorella ascoltò il lupo e gli rispose: ‘Perché devo mangiarti? Ho appena mangiato una mela che mi
ha dato una strega stamattina. Ho un mal di pancia … Una nausea. Figurati se penso al cibo in queste
condizioni. E poi stasera devo andare a cercare una scarpa a una mia amica. Pensa, dice che l’ha persa
durante un ballo con un principe: per me è un po’ esaurita, poverina … Comunque devo andarci. A
proposito, tieni d’occhio il ruscello: è passato di qui un tuo collega, poco fa, che stava litigando con una
volpe. Le diceva che l’acqua è sua. Sarà il caldo …’.
L’insegnante sollecita i bambini a ideare e sviluppare commistioni creative fra fiabe diverse,
immaginando situazioni paradossali o umoristiche.
Vutì era tanto incuriosito dalla nuova direzione che aveva preso la storia della pecorella e del lupo, da non
accorgersi che piano piano i due bambini, seguiti dai loro amici animali, si erano alzati dal divano e si
erano avvicinati a un’uscita dalla grotta, nella quale rapidamente si infilarono appena ebbero terminato di
narrare la loro versione della fiaba con cui il mago avrebbe voluto ipnotizzarli.
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7. IMITONE
In una valle di montagna illuminata dal sole, due bambini, un coniglio, un gatto e una farfalla
camminavano curiosando tra cespugli e alberi. Avevano incontrato tanti animali, ma dopo tanto
camminare, avevano notato che in quei posti così belli non abitava nessuna persona. Niente case, niente
strade, niente macchine, niente bambini e bambine. Come era possibile che in un posto così bello non
abitasse nessuno? Forse, pensavano i bambini camminando, questa valle sta in mezzo al Monte Pensone
e nessuno può arrivarci senza passare attraverso la scuola di Losogià il lago di Chol Senn e la stanza del
mago Vutì.
"Che strano, però" continuavano a discorrere Sarò e Sarà "per avere delle cose molto belle bisogna
passare in mezzo a delle cose un po' difficili. Proprio come diceva Piedaria". E provarono a immaginare
cosa sarebbe successo se invece di continuare il viaggio con il gatto, il coniglio e la farfalla, avessero
deciso di tornare a casa come i bambini della scuola di Losogià.
Stavano pensando a queste cose quando, arrivati in cima ad una piccola collina, Sarà e Sarò si trovarono
di fronte ad un paesaggio strano. C’erano intorno delle casette bianche a forma di un uovo. Ma quelle
uova non erano uova vere. Ecco laggiù, infatti, uscire da alcuni comignoli un leggero fumo.
Incuriositi, Sarò e la sorella discesero la collina per andare a vedere più da vicino quelle uova fumanti. Le
pareti, però, non erano lisce come un uovo e sembravano fatte con tante cose: foglie, arbusti, piume,
penne, erba. Ogni tanto si vedevano dei buchi, come delle finestre, ma più piccoli e rotondi. "Sembrano
delle case" disse Sarà sottovoce. "Ma chi ci abita dentro?".
"Ma sei sicura che siano delle case? Chi può averle fatte così?" aggiunse Sarò sempre a voce bassa. "Ogni
cosa può essere una casa per qualcuno" intervenne Piedaria "E ognuno ha bisogno di una casa".
"Già" fece prontamente il coniglio "Come il buco nell’armadio, come la bocca di un bambino, come la
testa di una bambina" e ricominciò a fare tutti i suoi soliti paragoni. Ma perché il buco dell’armadio, la
testa e la bocca dei bambini?
Dopo un po' si accorsero che il coniglio aveva ragione: i bambini e i loro amici animali stavano girando
sospettosi intorno a quella specie di uovo, quando dall'interno si sentì chiaramente un forte "Etciuuù!".
Fecero un salto indietro dalla paura.
L'insegnante invita i bambini a tradurre graficamente i paragoni fatti da ComeComè per trovarne il
senso, sollecitandoli con aiuti del tipo: “Chissà perché un buco nel legno può essere una casa? Per chi?
”, “Sto pensando a chi sta chiuso nelle bocca dei bambini. Chi sarà? ”.
Dopo quello strano starnuto, da tutte le case intorno si cominciarono a sentire starnuti: "Etciuuù!" da una
parte; "Etciuuù! " dall’altra; "Etciuuù!" vicino; "Etciuuù! " lontano. "Oh mamma, cosa sta succedendo
qui?" esclamò spaventato Sarò abbracciando la sorella. E subito dalla casa una voce più forte ma
ugualmente spaventata: "Oh mamma, cosa sta succedendo qui? ".
Ai bambini sparì persino la voce dalla paura. "Non abbiate paura! Venite con noi!" disse Fluò dopo che i
rumori furono terminati, e così dicendo si incamminò di nuovo verso il buco insieme ai suoi due amici.
Sarò e Sarà lo seguirono e alla fine si decisero ad entrare in quella strana casa. E qui ebbero una vera
sorpresa.
C’era un signore cicciottello più spaventato di loro. Rimasero tutti in silenzio a guardarsi e poi,
timidamente, Sarà provò a presentarsi: "Buongiorno, signore. Io sono una bambina che è entrata nel buco
della casa. Lei chi è? ". Il signore, guardando in faccia Sarà, rispose con una voce da bambina:
"Buongiorno signore, io sono una bambina che è entrata nel buco della casa. Lei chi è? ". Intanto anche da
tutte le altre case si sentiva la stessa risposta del signore.
I due bambini continuarono a guardare quello strano tipo che si metteva a imitare chiunque si avvicinasse
a lui.
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"Senta, signore" disse Sarò, "ci vuole spiegare perché continua a fare queste cose? ".
Quello rimase in silenzio un attimo, imbarazzato, e poi: "Senta, signore…".
"No! Non ripetere" l'interruppe Sarò. Il signore rimase immobile. I suoi occhi cercavano qualcosa, forse
un aiuto. Sembrava davvero in difficoltà.
"Perché ripete sempre?" continuò Sarò, che provava sempre più tenerezza per quel tipo così strano e
triste.
"Le … Le cose degli altri sono belle" rispose arrossendo il signore con una voce da bambino "Le mie non
sono belle".
"Ma" venne istintivamente da dire a Sarà. "ognuno ha delle cose belle! "
"Forse, " rispose quello con una voce da bambina "ma io non ho cose mie. Io non ho niente".
Quelle parole, dette così tristemente dal signore, fecero sentire a Sarà e Sarò un forte desiderio di aiutarlo.
Già, ma come?
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante si rivolge ai bambini dicendo: “Adesso proviamo ad aiutare il
triste signore. Per fare questo ognuno di voi si rivolga verso il proprio compagno e gli dica una qualità
bella che lui possiede. Secondo voi siamo riusciti ad aiutare il signore? Perché?”
"Perché dici che non hai niente?" gli disse la bambina sfiorandolo con la mano "Abbiamo visto tutti
quanto sei bravo ad imitare gli altri".
"Dici che davvero so fare qualcosa?" replicò timidamente il signore.
"Ma certo! " riprese Sarò.
"Senti" interruppe Sarà "Mi puoi insegnare a cambiare la voce e a fare le imitazioni così bene?".
Subito lo strano signore prese i bambini per mano e li portò all’interno della sua casa: l'ammirazione e la
curiosità di Sarà e Sarò lo portarono poco per volta a usare sempre di più la sua voce, fino al punto di dire
improvvisamente "Io".
Non sapeva come si chiamava, né conosceva gli abitanti delle altre case. I ricordi di quando era piccolo
erano pochi e confusi. Ricordava dei genitori scontenti, sempre un po’ arrabbiati e occupati in tante cose
che lui non capiva. Quando gli parlavano era soltanto per dirgli che doveva essere bravo e non dare loro
problemi. Oppure continuavano a ripetergli che altri erano più bravi di lui. Gli dicevano: "Guarda
Giovanni come è più bravo di te!", "Vedi, Enrico sì che fa contenti i suoi genitori" e altre cose del genere.
Dopo un po' di tempo andò a scuola, ma anche lì trovò alcuni bambini che gli dicevano sempre: "Smettila
di dare fastidio! Non vedi che non sei capace?”. Incominciò allora a stare sempre più da solo, perché
aveva paura di fare arrabbiare gli altri o di non riuscire a fare quello che facevano.
Passava mesi a spiare quel che facevano gli altri bambini, a copiare il loro modo di parlare e di fare. Una
sera, mentre era triste, chiuso nella sua cameretta, un temporale gli portò un disegno misterioso che lo
fece ammalare e gli fece fare tanti sogni. Quando si svegliò, si trovò in una scuola brutta in cui, il maestro
Losogià lo aveva tenuto prigioniero per tanti e tanti anni, ma alla fine era riuscito a scappare insieme ad
alcuni compagni. Si costruirono delle case ma erano troppo spaventati per uscire e così se ne stavano
chiusi dentro, guardando il mondo attraverso le finestre.
"Ma non si può stare sempre chiusi e impauriti" esclamò allora Sarò fortemente impressionato dalla storia
del signore. "Lo so. Tante volte ho provato a uscire". Ma poi la paura mi ha riportato qui dentro.
"Ti va di giocare un po' con noi?" gli chiese improvvisamente Sarà seguendo una sua idea.
"E' un gioco dove non si tratta di imitare, ma di inventare. A turno ognuno di noi dirà alcune parole e …
Ad esempio, io dico CANE-ALBERO-PAPA'; uno di noi deve raccontare una storiella con dentro queste
tre parole. E' chiaro?".
"Dài, provo io" aggiunse Sarà, cercando di incoraggiarlo. "Dunque: c'era un CANE che inseguiva un
gatto che era scappato sull'ALBERO; il cane incominciò ad abbaiare sempre più forte finché svegliò il
PAPA' che stava dormendo nella sua camera".
"Va bene" disse il signore "Voglio provare. Ma voi non mi dite niente se sbaglio?". I bambini lo
rassicurarono con un bel sorriso.
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"Incomincio io" disse Sarò. "Le mie parole sono: FUOCO-MINESTRA-LEONE". Il signore, per non
deludere i suoi nuovi amici, iniziò subito a imitare il FUOCO. In questo era bravo. Ma non sapeva che
storia inventare. Che cosa c'entra il FUOCO con la MINESTRA? "Ah, ecco" pensò, "C'è un camino con il
FUOCO acceso su cui sta bollendo una pentola con dentro la MINESTRA, e …; anzi no, c'era un signore
che tornava dal bosco nella sua casa. Era molto stanco e affamato. Accese un bel FUOCO nel camino e si
preparò una bella MINESTRA per la sera. Stava per toglierla dal fuoco quando dalla porta sentì ruggire
un LEONE che si stava avvicinando minaccioso. Allora, quando il LEONE entrò nella casa, prese la
pentola bollente di MINESTRA e gliela rovesciò addosso, facendolo scappare lontano. Può andare
bene?".
"Sei geniale!" disse Sarà.
Così passarono tutta la sera a giocare.
L'insegnante propone al gruppo un gioco analogo, valutando l'opportunità di svilupparlo meglio
successivamente all'incontro. Inizierà proponendo coppie di parole più facili, crescendo poi la difficoltà.
Si stava facendo buio. "E' ora di andare" disse a un certo punto Fluò guardando fuori dal buco della casa.
Sarà e Sarò sentivano che dovevano seguire i loro amici, ma ora avevano un amico in più che cercava
aiuto; come potevano lasciarlo solo?
"Senti" disse la bambina al signore che era tornato un po' triste, "Noi dobbiamo andare. Anche tu puoi
andare. Anche tu poi proseguire il tuo cammino. Puoi frequentare altre persone, farti degli amici. Oppure,
se ti va, cercare di tornare alla tua casa".
"Quale casa?" rispose ancora più triste il signore. "Io non ho casa. Non ne ho mai avuta. Non so nemmeno
come mi chiamo e da dove vengo".
Stava dicendo ancora queste cose quando i bambini cominciarono a imitare quel signore, che rimase un
po' sorpreso: "Sono io? Sono proprio io quello lì?". Si avvicinò allo specchio che stava appoggiato a una
parete e cominciò ad osservarsi attentamente. Guardava la propria immagine e intanto si toccava più volte
la testa, il corpo, gli occhi: "Felice, Felice è il mio nome".
Sarà e Sarò non sapevano che cos'altro dire. Lo guardarono per l'ultima volta con tanta dolcezza e
rincorsero silenziosi Fluò, ComeComè e Piedaria.
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8. IL NERO ASOR
Era notte. Un gatto, un coniglio e una farfalla, seguiti da due bambini, stavano camminando silenziosi
dentro una valle che si andava facendo sempre più piccola e stretta. Dopo qualche ora di cammino il buio
era totale. "Ma dove siamo finiti?" chiese a un certo punto la bambina al gatto che guidava il gruppo.
Quello non rispose; si girò solo un attimo e proseguì lentamente, come se conoscesse la strada a memoria.
Mentre camminavano, a un certo punto Sarò disse: "Ho sentito come una puntura sulla mano e adesso mi
fa male tutto il braccio". "Anch'io" disse Sarà "ho sentito male alla mano e adesso mi fa male il braccio".
Dopo un po' di tempo, che ai due bambini sembrò lunghissimo, da lontano si vide brillare qualcosa, forse
un fuoco o forse una luce di qualche casa. "Andiamo a cercare aiuto" supplicarono i due bambini che si
sentivano proprio male.
Arrivarono in una specie di paese tutto scuro. Dalle finestre di alcune casette trapelava un po' di luce che
a malapena rischiarava le vie del paese. I cinque amici si avvicinarono alla prima casetta e notarono che
dalla finestra tre persone li osservavano incuriositi.
"Apriteci la porta, per favore!" supplicò la bambina "Aprite, che non ci sentiamo bene!"
I visi sparirono un attimo dalla finestra, poi ricomparvero con un’espressione impaurita.
"Aprite, per favore, aprite subito" insistette Sarò bussando alla porta. Dopo qualche minuto questa si aprì
appena un poco. Uscì una specie di viso mascherato che guardò il gruppo di amici e disse sottovoce:
"Presto! Entrate subito. Fate presto". La casa era carina, molto ordinata e pulita. Un signore ed una
signora, insieme ad un bambino, guardavano stupiti Sarà e Sarò come se fossero degli animali strani.
I bambini si erano accasciati senza parlare sul divano e solo dopo qualche minuto Sarà provò a scusarsi:
"Io e mio fratello non ci sentiamo tanto bene. Ci fa male il braccio e abbiamo la febbre alta".
I due signori si guardarono in faccia silenziosi. Anche il bambino non parlava. La signora, infine, che
doveva essere la mamma del bambino, disse piano piano al piccolo: "Questo è il Nero Asor, Luigi. Vedi
che cosa succede?". Si rivolse quindi a Sarà e Sarò dicendo: "Su bambini, toglietevi tutti questi vestiti e
mettetevi questi pigiamini!". E così dicendo tirò fuori da un cassetto due specie di tutine nere che
lasciavano fuori soltanto gli occhi.
Sarà si sentiva la testa pesante e non riusciva a vedere bene intorno a sé. Quando però fissò lo sguardo su
quella signora, si accorse che anche lei portava quello strano pigiama nero, che lasciava fuori solo gli
occhi e il naso.
Il signore e il bambino, invece, avevano lo stesso pigiama nero ma con la testa fuori. Tutto questo era
molto strano, ma i due bambini non avevano né la voglia né la forza di fare domande. Si guardarono
intorno un'ultima volta per cercare il gatto, il coniglio e la farfalla e si addormentarono profondamente.
"Niente da fare, è proprio il Nero Asor".
"C'è qualche possibilità dottore?". "Dipende, dipende ...". Queste voci si facevano sempre più chiare,
mentre Sarà e Sarò aprivano lentamente gli occhi. Attorno a loro c'era la signora e il signore che li
avevano accolti la sera precedente nella loro casa e un tipo alto, pure lui tutto coperto da quella tuta nera.
"State buoni, bambini" disse con voce dolce la signora che aveva la testa libera da quella cuffia nera.
"Siete molto ammalati e dovrete stare a letto per un po' di giorni".
"Abbiamo l'influenza?" chiese preoccupato Sarò. "No ... No, un'altra malattia" rispose evasivamente la
signora a voce bassa, mentre salutava quel tipo alto.
Si mise poi a parlare anche con l'altro signore che - messosi la tuta nera sopra la testa - se ne uscì di casa
scuotendo lievemente la testa.
Dalla finestra della cameretta in cui Sarà e Sarò si trovavano entrava ormai una pallida luce ad annunciare
che si era fatto giorno. Sarà provò ad alzarsi seduta sul letto per guardare meglio fuori: "Non si vede il
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sole, sembra tutto nuvoloso come se stesse arrivando un brutto temporale" disse al fratellino, che intanto
si era alzato.
"Ma hai visto che strano?" rispose Sarò guardando dalla finestra. "E' giorno eppure sembra che sia ancora
notte".
"Mah" aggiunse Sarà, "Forse è ancora molto presto". E così dicendo si alzò faticosamente dal letto per
avvicinarsi alla finestra. Fuori si vedevano tante casette tutte uguali, tutte dipinte di nero. Qualche persona
passava veloce nella via sottostante: camminavano tutte piano piano, in fila indiana, con lo stesso passo
come se stessero marciando ed erano tutte vestite con quel pigiama nero che non lasciava fuori nulla,
tranne gli occhi e il naso.
"Che tristezza!" pensò la bambina cercando di vedere meglio.
"Non c'è neanche un colore, neanche un albero". "Ah, no! Eccone uno" si disse osservando meglio il
paesaggio. Ma in realtà quello che sembrava un albero era una lastra di ferro ritagliata a forma di albero e
poi verniciata di nero.
"Degli alberi finti?" continuò a pensare la piccola. "Perché mai non hanno lasciato quelli veri?". I suoi
pensieri furono interrotti dall'arrivo della mamma di Luigi. Era affannata. "Via, via!" esclamò subito
spaventata vedendo i bambini in piedi di fronte alla finestra. "Tornate a letto se non volete fare una brutta
fine". I bambini ubbidirono senza parlare e andarono a letto.
"Perché non ci sono alberi?" chiese improvvisamente Sarà come se continuasse un suo pensiero fisso.
"Perché ... Perché ..." tentava di rispondere la signora. "Perché è pericoloso, e non sta bene".
"Pericoloso un albero?" pensarono i due bambini, ma non provarono a replicare perché intuirono che sotto
sotto ci doveva essere qualcosa.
Fu la signora infatti a continuare: "Tante cose sono pericolose e voi bambini non potete nemmeno
immaginare come sia facile sbagliare. Bisogna stare attenti, bisogna seguire quello che fanno gli altri, non
bisogna fare di testa propria, altrimenti il Nero Asor ..." e si interruppe come se non volesse spaventare
ancora di più i piccoli ammalati.
"Nero Asor, Nero Asor ..." si chiedevano intanto Sarà e Sarò. "L'abbiamo già sentito questo nome. Che
vuol dire? Perché c'è tutta questa paura?" e incominciarono a fare domande su domande alla signora.
Questa allora raccontò che in quel posto - tanti anni prima - molti bambini e animali cominciarono ad
ammalarsi, senza che nessun dottore riuscisse a guarirli. C'era chi diceva che era un'influenza e che
sarebbe finita, ma c'erano anche quelli che - più spaventati di altri - sostenevano che era una maledizione
contro cui non c'era nulla da fare. Tutte le mamme erano spaventate per i loro bambini e non sapevano più
che cosa fare per proteggerli dalla malattia.
Un giorno, un tipo che era sempre arrabbiato con tutti, disse di aver scoperto la causa della malattia. "E'
colpa degli impiccioni e di quelli che fanno sempre domande" disse. "Se mi ubbidirete io non farò
ammalare più nessuno".
Non era vero niente, naturalmente, ma la gente era talmente spaventata che tante persone gli credettero.
In breve tempo questo tipo incominciò a ordinare alla gente che lo seguiva di strappare tutti fiori, le
piante, l'erba e ogni cosa vivente perché - diceva - erano tutte quelle cose colorate, diverse e in continua
trasformazione che avvelenavano i bambini. Disse inoltre che tutte le rose (che in quel paese erano
tantissime e di diversi tipi) andavano verniciate di nero perché così sarebbero state tutte uguali e si
sarebbero intonate meglio ai suoi gusti. E così molte persone, pur di scampare alla malattia,
incominciarono a strappare erba, asfaltare campi, abbattere alberi, verniciare di nero tutte le rose che
trovavano. Nonostante questo, c'erano però ancora tanti bambini che si ammalavano e non guarivano.
Allora la gente disse a quel tipo: "Noi ti abbiamo ubbidito, noi abbiamo strappato tutto, ma tu non sei
riuscito a liberare i nostri bambini dalla misteriosa malattia".
E quello rispose: "I vostri bambini sono stati colpiti dal Nero Asor perché vogliono mettere il naso in ogni
cosa e perché voi tutti volete fare di testa vostra. Ubbiditemi e tutti guariranno".
Fu allora che dettò le 5 Regole di Asor:
Regola 1: E' vietato uscire senza indossare la tuta nera che protegge da Asor.
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Regola 2: E' vietato tenere e coltivare fiori, piante e animali. Tutti quelli che ci sono vanno verniciati di
nero in modo da essere uguali al Nero Asor.
Regola 3: E' vietato camminare per le strade inutilmente, ma solo per andare a verniciare di nero tutte le
cose non nere che si incontrano.
Regola 4: E' vietato camminare sparpagliati e disordinati, ma bisogna stare sempre in fila e camminare
con lo stesso passo.
Regola 5: E' vietato stare a pensare inutilmente, giocare, leggere, ascoltare favole, parlare troppo, fare
domande, disegnare, ballare.
In breve tempo - concluse la mamma di Luigi - tutte le persone ubbidirono alle Regole di Asor e tutta la
vegetazione e gli animali incominciarono a morire o a scappare dopo che erano stati verniciati di nero.
Solo il Nero Asor viveva e si propagava. "Allora io e mio fratello siamo stati colpiti dal Nero Asor" disse
spaventata Sarà.
"Adesso che cosa succede? Moriremo tutti e due?".
La signora attese un po' a rispondere, poi si sforzò di sorridere e disse dolcemente: "No, non è detto.
Alcuni bambini non sono morti" ma si vedeva benissimo che era spaventata anche lei e che cercava di
fare coraggio ai due piccoli.
Provò allora a cambiare discorso dicendo: "Adesso non state a pensare a troppe cose, perché è proibito.
Mettetevi a riposare e forse Asor vi perdonerà". E se ne uscì dalla cameretta lasciando i due bambini
ancor più pensierosi.
Dopo qualche minuto fu Sarò a rompere il silenzio: "Oh, senti" disse sbuffando alla sorella, "io non ce la
faccio a stare qui come un salame. E poi che cosa abbiamo fatto di male noi ad Asor? Io voglio proprio
andare a vedere questo Nero Asor" disse deciso alzandosi dal letto.
"No, aspetta." rispose Sarà “Adesso siamo troppo ammalati. Proviamo a riposarci un po' e vediamo se ci
viene qualche idea".
Sarà non lo disse, ma contava sull'aiuto dei loro amici animali, che sembravano improvvisamente
scomparsi.
Dormirono a lungo, forse 4 o 5 ore, e quando si svegliarono saltarono giù dal letto, si tolsero la tuta nera e
si avviarono decisi per uscire di casa. Arrivarono vicino a un campo da cui spuntavano tanti fiori neri
come il carbone. Si avvicinarono a un fiore e lo guardarono attentamente: "Sarebbe dunque questo il
terribile Asor?" disse sottovoce Sarò.
"Non farti ingannare." rispose la bambina "Anche Piedaria dice sempre che le cose piccole possono essere
grandi e le cose buone cattive. Hai visto che spine lunghe?"
I bambini stettero a osservare quel fiore verniciato di nero, ma non riuscivano a provare paura. Anzi, a
loro sembrava che anche Asor soffrisse per quella vernice.
"Sì, le spine sono lunghe e forse sono avvelenate, ma forse ..." aggiunse piano piano Sarò.
"Forse cosa?" chiese Sarà. "Forse" riprese il bambino "Se Asor non fosse così verniciato si sentirebbe
meglio e non diventerebbe velenoso".
Iniziarono così a cercare ogni piccola cosa che potesse servire a colorare il Nero Asor.
Tornarono al campo con tanti piccoli oggetti raccolti: tappi di sughero, pezzi di legno e fili d'erba sfuggiti
alla vernice nera, fogli di carta strappata, bottoni e altro ancora. Buttarono tutto per terra vicino ai fiori e
incominciarono con tanta pazienza a incollare tutte le cose trovate sui petali verniciati, facendoli diventare
colorati e diversi.
Passarono ore e in quello strano paese si formò verso sera un grande assembramento di persone vestite di
nero che guardavano stupiti due bambini che coloravano un campo di fiori.
"Su, non abbiate paura!" dicevano ogni tanto i bambini a quelle persone "Non verniciate di nero tutto.
Lasciate vivere le cose vive". Ma le persone erano troppo spaventate per seguire i loro inviti e se ne
stavano ferme.
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L'insegnante invita i bambini a raccogliere del materiale colorato disponibile nella scuola. Distribuisce,
quindi, a ogni bambino un foglio su cui ha precedentemente disegnato in modo stilizzato alcune rose e
aiuta ogni bambino a comporre rose colorate utilizzando tutto il materiale individuato tramite la tecnica
del collage. Ultimati i disegni, l'insegnante li espone alla parete evidenziando come da disegni uguali si
sia arrivati a composizioni diverse e originali.
I bambini si sentivano molto stanchi e la febbre doveva essere molto alta. Ma non volevano smettere e
continuavano a desiderare che tutto ritornasse colorato e vivo come un tempo. Quanto ci sarebbe voluto?
A queste cose pensavano, Sarà e Sarò, quando i primi fiori che erano stati colorati cominciarono a
piegarsi piano piano verso terra.
"Asor sta morendo! Asor sta morendo|" urlavano spaventate alcune persone che stavano lì vicino temendo
vendetta e castigo, mentre Sarà e Sarò tentavano in ogni modo di alzare quei fiori, senza paura di pungersi
le mani.
"No, non morire" dicevano i bambini piangendo "Tu non sei cattivo, Asor. Noi vogliamo che tu viva
felice. Non morire, per favore, non morire". Questo urlavano due bambini in mezzo ad un campo ormai
del tutto inaridito, tra il silenzio e lo stupore di tante persone vestite di nero e sotto un cielo sempre più
scuro e minaccioso.
Finché successe questo: le lacrime di quei due bambini si posarono sui petali ormai inariditi di Asor e,
all'improvviso, la vernice nera cominciò a sciogliersi lentamente, lasciando intravedere tante, tante rose
colorate, che continuavano a sbocciare e alzarsi verso un cielo che brontolava di tuoni e di pioggia.
Quel campo incominciò per incanto a rinascere. Anche le nubi iniziarono a dissiparsi e la luce investì
piante verdi, casette colorate, campi di grano. In tutto il paese la vernice nera aveva iniziato a sciogliersi
lasciando comparire il volto che le cose avevano prima che fossero verniciate.
Lì, su quei fiori sempre più belli e colorati, i bambini stupefatti videro posarsi anche una farfalla
sorridente e videro saltellare un coniglio in compagnia di un gatto. Cinque, dieci, cinquanta, cento
bambini cominciarono a gridare e a togliersi quelle maschere nere che si tenevano addosso da anni e si
misero a correre contenti e a improvvisare girotondi. Dopo un po' anche alcuni adulti provarono a
togliersi la maschera, cantare, ballare e a correre liberamente nei prati che stavano tornando verdi e
profumati di erba e di fiori.
L'insegnante dà ai bambini delle carte su cui sono disegnati dei personaggi “cattivi” tratti da serie di
cartoni animati o spettacoli per l’infanzia. I bambini devono scegliere uno dei personaggi e lavorare
sull’immagine per trasformarla e rendere “buono” il personaggio.
Sarà e Sarò, in compagnia di Fluò, ComeComè e Piedaria, rimasero due giorni in quel posto, che era
tornato ad essere meraviglioso. Il terzo giorno, senza parlare, il gatto, la farfalla e il coniglio si avviarono
lungo un sentiero che portava lontano. I due bambini, senza parlare, li seguirono.
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9. LA SIGNORINA DI QUADILA’
Questo episodio prevede la lettura del racconto intercalata dalle attività, basate sulle immagini che a
mano a mano vengono menzionate nella storia, descritte alla fine.
"Chissà dove staremo andando e chi incontreremo?" si chiedevano Sarà e Sarò mentre camminavano
dietro ai loro amici animali. Erano talmente assorti nei loro pensieri che non si accorsero di essere entrati
in un appartamento, nel quale furono accolti da una signorina dalla faccia strana ma simpatica, che così si
rivolse a loro: "Oh, pev carità! Oh, cavi vagazzi, ma state un po' attenti! Oddio che giovnata, oggi. Anche
questi adesso!". La voce era acuta, ma allegra e piacevole. Dov'erano finiti Sarò e Sarà? Davvero questo
viaggio dentro a Pensone era pieno di sorprese.
I bambini e i loro amici animali si trovavano adesso in una stanza che sembrava la loro cameretta. Ma che
disordine! C’erano cose dappertutto! E quanti specchi: piccoli, grandi, rotondi, colorati. E di fronte a loro
la signorina dai capelli arruffati da cui spuntava un biglietto di carta, non aveva ancora smesso di
lamentarsi: "Va bene! Ma, santo cielo, avvisatemi qualche ova pvima. E adesso dove li metto? Oh, santo
cielo, il thé. E' pvonto il tè. Su, bambini, mettetevi comodi".
Sarò si avviò verso la porta da cui era uscita la signorina. Sarà lo seguì. Entrarono in una specie di cucina.
Era molto grande e disordinata.
"Cavini, cavini..." diceva la signorina mentre tentava di prendere a mani nude un pentolino bollente.
"Cavini vevamente. E che buffi questi vostvi amici pelosi!" (Aveva intanto rovesciato tutto il thè rimasto
sui fornelli). "Va' bene, niente tè. Bambini, vi va un bel succo di ananas?" e senza che nessuno avesse
risposto si mise a cercare un bicchiere nel frigorifero, della frutta nella lavastoviglie e un coltello nel
forno, borbottando qualcosa a proposito di certi bambini disordinati.
Si diede da fare cercando di tagliare con un cucchiaio un gomitolo di lana trovato nello scomparto dei
surgelati. Poi si girò verso Sarà e con un bel sorriso le disse: "Anche voi da Pensone, vevo?".
Sarà cercò di rispondere ma non ne ebbe il tempo: "Sì, lo so, tutti a pavole ci vogliono andave, ma poi..."
ricominciò la signorina mentre iniziò a tentare di spremere alcune castagne trovate in una scatola di
scarpe.
"Va' bè" riprese la signorina, "vi mettevò su in mansavda, pev questa notte. Sì, sì, siete vevamente cavini
e vi voglio aiutave. Su seguitemi bambini" e scomparve in un’altra stanza. Ancora una volta i bambini la
seguirono. Erano sorpresi ma anche incantati da quella strana signorina. Davvero non metteva paura, solo
un po' di agitazione.
Entrarono in camera da letto e tra un televisore sepolto sotto le coperte e un cesto di ananas appoggiato su
un cuscino la signorina sembrò trovare quel che cercava. "Ah, se solo fossevo più attenti" "Eccolo qui.
No, dunque, questo no. Ah, eccolo! Questo vi può aiutave per andave da Pensone". E mostrò ai bambini
un foglietto come questo.
Attività basata sulla Tavola 5.
Sarò e Sarà guardarono il foglio che la signorina aveva abbandonato sul letto dopo aver detto: "Una
nave... Come se si potesse andave via in nave da qui".
I bambini lasciarono che la signorina se ne andasse a cercare altre cose e si fermarono a riflettere su quel
disegno. Ormai Sarò e Sarà avevano imparato a prendere molto sul serio disegni apparentemente senza
senso. Che cosa si poteva nascondere sotto quella nave?
Dopo essersi passati più volte il disegno tra le mani e dopo aver provato a girarlo in vari modi, a Sarà
venne un'idea strana: "Perché" disse "non proviamo a cancellarlo?".
"A cancellarlo?" rispose Sarò. "Come facciamo poi a vedere cosa significa?". Ma intanto la bambina,
cercando sotto le coperte, riuscì a trovare una gomma e cominciò a cancellare il disegno.
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"E' una freccia!" esclamò Sarò.
"Sì" riprese la sorellina, "e ci indica di guardare in basso. Per terra". Così i due bambini guardarono sotto
il letto. Spostarono più volte il letto, ma per terra non c'era niente: solo il pavimento!
Intanto ricomparve la signorina che stava cercando una caffettiera nel comodino della camera. Vide i
bambini che guardavano per terra sconsolati con in mano il disegno della freccia e disse: "E' inutile, cavi
miei. Cevcate a destva e le cose stanno a sinistva, guvdate avanti e le cose stanno indietvo ... Oh, mio
Dio! Se non mi faccio subito un caffè non viesco più a pensave a niente".
Destra, sinistra, avanti, dietro ... "Sotto, sopra!" esclamò Sarò, che si distese sotto il letto e invece di
guardare in basso, guardò in alto, verso il materasso, da cui spuntavano due foglietti di plastica
trasparente come questi.
Attività basata sulle Tavole 6 e 7.
Quei due fogli di plastica non sembravano proprio di alcun interesse: c'erano solo dei tratti disegnati male
e sembrava impossibile capire cosa significassero. Sarà provò a girare variamente i foglietti, provò a
cancellare una parte di disegno, provò a metterli controluce. Niente, non si capiva proprio niente. La
sorella rubò dalle mani del fratello i due foglietti di plastica, li mise uno sull'altro e di nuovo sorridendo
rispose: "Ecco qua il disegno che cercavamo: È un bel trenino". E infatti ecco su quei fogli la figura
inequivocabile di un treno a vapore. "Dove possiamo trovare ora un trenino in questa confusione?" si
chiesero i bambini guardandosi intorno.
Provarono a cercare tra le coperte del letto ("Non si sa mai" pensarono), dentro ai comò, negli armadi, da
ogni parte ma di trenini non si trovava nemmeno l'ombra. Possibile che in quella casa dove c'era di tutto,
non ci fosse un trenino o qualcosa che assomigliasse ad esso? Provarono a pensare a treni grandi e treni
piccoli, a vapore ed elettrici, colorati e grigi, corti e lunghi, ma niente, nessuna idea che li aiutasse.
Questa volta fu Sarò a risolvere il problema. Appena rientrò nella camera per l'ennesima volta la
signorina, il bambino le corse incontro e disse abbracciandole le gambe: "Ecco il trenino che sbuffa!".
Infatti, la signorina - che i due bambini avevano deciso di chiamare amichevolmente "la signorina
Diquadilà" - non era come un treno che percorreva all'impazzata i corridoi della casa?
"Oh, cavo, no, no ..." rispose sorridendo comprensiva la signorina "Non è questo il momento dei vegali.
Su, fammi andave adesso a dave una pulitina in bagno".
"Signorina" chiese subito Sarà trattenendola per la mano "ci fa vedere cosa porta in testa?".
La signorina scuotendosi i capelli, da cui caddero due pettinini, quattro orecchini, un foglietto di carta e 3
bigodini di plastica, disse: "Scusatemi, piccoli, devo pvopvio covveve a pulive la cucina". E schizzò verso
il salotto. I due bambini la lasciarono andare sorridendo e raccolsero subito il foglietto di carta che era
caduto dalla testa della signorina. Lo guardarono ansiosi: c’era scritta la parola MAMMA. Questa volta
non fu difficile per i bambini andare a scoprire il posto in cui si nascondeva il nuovo messaggio. Tutti e
due, chissà perché, pensarono subito alla mamma della signorina e si misero dunque a cercare qualcosa
che fosse collegato alla mamma della signorina.
Dopo un po' di ricerche, nel forno della cucina trovarono infatti un ritratto di una signora di una certa età:
assomigliava un po' alla signorina, ma aveva uno sguardo un po' arrabbiato, come se fosse una persona
alla quale non andava bene mai niente. "Forse questa è la mamma della signorina" disse piano piano Sarà
e il fratello incominciò a smontare la cornice per vedere che cosa ci fosse dentro. Dentro c'era un altro
foglietto con disegnati due bicchieri.
"Ancora un messaggio misterioso?" esclamò Sarò, che cominciava a temere di passare tutta la sua vita a
cercare foglietti nascosti in quella casa. Ma Sarà si mise subito a cercare bicchieri in tutta la casa. Ne
trovò tanti, ma del nuovo messaggio misterioso non si vide alcuna traccia. Come mai?
Attività basata sulla Tavola 8.
Anche su questo disegno i bambini provarono di tutto per cogliere il significato nascosto; quindi decisero
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di chiedere aiuto a Piedaria mentre tentava di volare in qualche posto per riposare. La farfalla guardò
velocemente dall'alto il foglietto e rispose velocemente: "Che c'è di strano, bambini? Si tratta solo di una
bottiglia". "Una bottiglia?" esclamarono i bambini. Già, era proprio una bottiglia. Se ne stava lì in bella
mostra in mezzo ai due bicchieri e nessuno di loro era riuscito a vederla.
Non ci fu nemmeno bisogno di cercare la bottiglia che conteneva il messaggio misterioso. Essa stava
appoggiata sul letto, accanto alla signorina che per la prima volta i bambini videro seduta e in silenzio.
Aveva tra le mani un altro foglietto che guardava di tanto in tanto. La signorina non si agitava più come al
solito e i bambini, avvicinandosi, si accorsero che forse stava piangendo.
Quando lei si accorse della loro presenza, tentò di sorridere dicendo: "Ah, piccoli, siete qui. Vi devo dave
questo foglio". Ma quel sorriso era stentato e la mano tremava nel consegnare quel foglietto. Sopra c'era
disegnata una specie di faccia, come questa.
Attività basata sulla Tavola 9.
La signorina aggiunse: "A me fa pauva, ma a voi favà da guida pev andave da Pensone". Mentre la
signorina parlava, Sarò intuì subito, guardando il disegno, che non si trattava di una faccia, ma della carta
che si affannavano a cercare da ore per arrivare al segreto di Pensone. Piegando in due il foglio, infatti, si
poteva vedere un disegno in cui compariva una quercia, una casetta, un grande sasso davanti - pareva - a
un covone di fieno.
Attività connesse alla lettura dell’episodio
L’insegnante propone ai bambini di ricreare su cartelloni colorati il percorso che Sarò e Sarà vivono
nell’incontro con la signorina Diquadilà.
Alla parete viene appeso dall’insegnante un primo cartellone giallo raffigurante la prima stanza di
partenza del percorso nella casa.
Per accedere alla stanza successiva, ossia la prima parte della camera da letto, viene consegnata ai
bambini la Tavola 5, riportata sotto, raffigurante una nave.
Tavola 5
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Alla parete viene appeso un secondo cartellone, di colore azzurro, raffigurante la prima parte della
camera da letto. I bambini sono stimolati a ricercare il segreto che nasconde quel disegno e a cancellare
sul foglio le parti che non formano la freccia. Una volta che tutti i bambini hanno individuato la freccia
nascosta, l’insegnante la incolla sul secondo cartellone.
Il percorso procede appendendo alla parete un altro cartellone raffigurante la seconda parte della
camera con disegnato metà letto al lato destro del foglio. Vengono consegnati ai bambini due lucidi
raffiguranti, rispettivamente, la Tavola 6 e la Tavola 7, riportati: i bambini devono scoprire che,
giustapponendoli, si ottiene l’immagine completa del trenino. Una volta che tutti hanno riconosciuto
l’immagine completa, l’insegnante fissa quest’ultima al terzo cartellone.
Tavola 6
Tavola 7
Viene aggiunto il quarto cartellone con l’altra parte del letto sul lato sinistro e la Tavola 8, riportata
sotto. La tavola viene consegnata in copia ad ogni bambino che deve individuare e colorare
diversamente bicchieri e bottiglia. L’insegnante successivamente compie la stessa operazione sul
cartellone.
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Tavola 8
Viene affisso al muro l’ultimo cartellone di colore rosa raffigurante la cucina. Ai bambini viene
consegnato un pezzo della Tavola 9, visibile sotto, tagliata a mo’ di puzzle; essi devono andare ad
incollarlo nel posto corrispondente sul cartellone rosa. Una volta ricomposta l’immagine, l’insegnante
guida i bambini alla sua interpretazione.
Tavola 9
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10. IL POLPETTONE
Sarò e Sarà - seguendo i loro amici animali alla ricerca della quercia, della casetta, del grande sasso e del
covone di fieno - si trovarono in un fitto bosco in cui era difficile avanzare a causa delle alte erbacce che
ricoprivano il terreno: queste arrivavano infatti fino a raggiungere le loro spalle. Anche il gatto Fluò,
grassottello e poco agile, completamente sommerso dalla vegetazione, si muoveva a fatica tra gli arbusti e
i cespugli. Più fortunato era ComeComè che, saltando, poteva procedere a grandi balzi. Nessun ostacolo
incontrava invece Piedaria, la quale, volando, doveva soltanto fare attenzione a non sbattere contro il
tronco di qualche pianta.
La difficoltà del percorso aveva diviso i due bambini e i tre animali: ognuno camminava per proprio conto
e secondo le proprie possibilità cercando di trovare quanto indicato nella mappa fornita dalla frenetica
signorina che avevano da poco lasciato addormentata nella sua disordinata casa.
A un certo punto Sarò mandò un grido: "Aiuto, ci sono davanti a me due serpenti!". Sarà, che si trovava a
qualche passo di distanza dal fratello, all'udire quella parole guardò subito per terra e urlò: "Aiuto, un
elefante!". "Oh sciocchi bambini" pensò scuotendo la testa Fluò che era poco lontano, "come si fa a
confondere due serpenti con un elefante?". E così pensando si diresse verso i due piccoli.
Arrivato nei pressi, il gatto spalancò i già grandi occhi: davanti a lui c'erano proprio due zampe di tigre.
"Sarò, Sarà, dove siete? " gridò immediatamente.
Si precipitò intanto anche ComeComè in tempo per vedere due bambini spaventati e un gatto con il pelo
arruffato di fronte a ... ma sì, erano proprio due orecchie di una pantera.
Com'era possibile che in una così piccola parte del bosco fossero contemporaneamente presenti due
serpenti, un elefante, una tigre e una pantera? Che cosa c'era di fronte al coniglio, al gatto e ai due
bambini spaventati?
Lo sapeva Piedaria, l'unica che non si era affatto spaventata, ma guardava col suo solito sorriso l'insolita
scena. Dall'alto, infatti, essa aveva subito capito di che cosa si trattasse e disse: "Amici, non abbiate paura.
La parte non è il tutto e il tutto non è la parte".
"Piedaria, non parlare così in questi momenti. Dicci che cosa vedi da lassù" implorò con un filo di voce
Fluò.
"Ognuno di voi vede solo una parte del tutto ". Proseguì la farfalla "Tu, Fluò, da lì dove sei vedi il dietro,
ComeComè vede il davanti, Sarò vede la sinistra e Sarà la destra. Nessuno può conoscere se non
abbandona il proprio posto e va a vedere come le cose appaiono da un'altra parte".
"Sì, va bene!" dissero impazienti i bambini con la voce ancora tremante "Ma ora dicci che cosa c'è davanti
a noi. Ti prego".
Per risposta la farfalla fece un giro intorno agli amici, guardandoli bene negli occhi, e poi rispose
tranquilla: "Il Polpettone, amici. Avete incontrato il Polpettone" e se ne volò in nuovo in alto. Fluò e
ComeComè tirarono un respiro di sollievo. Non fecero altrettanto Sarò e Sarà ai quali il nome pronunciato
da Piedaria ricordava soltanto un piatto di carne che a loro non piaceva proprio.
"Ah, è il Polpettone" sospirò Fluò, lisciandosi il pelo. Si girò poi verso i due bambini e disse: "Nessuna
paura, bambini, è il Polpettone, un animale un po' brutto e sfortunato ma molto buono e tranquillo".
"Buono come un uccellino indifeso" aggiunse il coniglio, "e proprio per questo passa le sue giornate
dormendo nascosto nell'erba".
Infatti, proprio in quel momento, dall'erba alta uscì fuori una cosa che disse con voce nasale: "Chi c'è qui?
Non fatemi male. Non guardatemi, per favore". La voce sembrava spaventata come quella dei bambini e
veniva proprio da una testa di pantera con lo sguardo triste.
Quando la testa di pantera si voltò verso Sarò e Sarà, questi non furono meno sorpresi di prima: la pantera
non aveva un naso da pantera, ma una proboscide di elefante! Ad accrescere lo stupore e il timore dei
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bambini fu poi il fatto che quello strano animale, il cui corpo - lo si poteva ora vedere bene - era quello di
una tigre, per stiracchiarsi le braccia agitò in aria i due serpenti visti da Sarò.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante invita ciascun bambino a immaginarsi Polpettone e a disegnarlo
in maniera molto libera. Dopo aver raccolto i disegni, prosegue nella lettura.
Il Polpettone era davvero un brutto animale composto da pezzi di vari animali. I piedi, poi, erano
addirittura due lumache! Appena il Polpettone vide Sarò e Sarà, a lui sconosciuti, si rituffò tra le foglie e
tornò a nascondersi: "Non fatemi male. Non fatemi male. Io non faccio niente" esclamò impaurito con la
solita voce nasale.
"Adesso non avere tu paura, Polpettone. Questi bambini sono nostri amici e non vogliono farti del male".
Così Fluò volle tranquillizzare il Polpettone. Poi si girò verso i bambini e spiegò:
"Dovete sapere che il Polpettone, nonostante sembri così feroce, è un animale molto timido. Ma perché
possiate capire dovete conoscere la sua storia". E Fluò raccontò allora che in quella foresta nascosta tra le
valli del Monte Pensone vivevano due serpenti, una tigre, una pantera, un elefante e due lumache. Questi
animali non riuscivano ad avere amici perché tutti o avevano paura di loro o - è il caso delle piccole
lumache - ne avevano schifo. Anzi, proprio per questi motivi, chi incontrava questi animali cercava di far
loro del male.
Il gatto proseguì: "Fu così che un giorno questi animali decisero di mettersi insieme per vedere se in
questo modo non avrebbero spaventato più la gente. Stettero giorni e giorni abbracciati tra di loro,
chiedendo a Pensone di esaudire il loro desiderio. E così fu. Quando ci fu una grande eruzione di bolle
colorate gli animali si trovarono uniti completamente. Ma, ahimè! Con quel nuovo corpo sembravano
ancora più brutti di prima, perché non c'era stato il tempo di fare delle prove e perché alle volte si ha
troppa fretta nel chiedere".
"Povero Polpettone" pensarono Sarò e Sarà. "Come deve essere brutto stare sempre nascosti e soli. Ma
non poteva unirsi in un altro modo?". E pensarono a tutte le possibilità in cui due serpenti, una tigre, una
pantera, un elefante e due lumache si sarebbero potuti fondere in un solo animale. Immaginarono tanti
animali, ma si accorsero che ognuno aveva qualche problema.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L'insegnante invita i bambini a fare un nuovo disegno in cui si raffiguri un
diverso modo in cui i vari animali - tigre, elefante, pantera, serpenti e lumache - avrebbero potuto unirsi
per dare vita a un unico animale. Chiede quindi a ogni bambino di illustrarlo al gruppo e di spiegare i
vantaggi e gli svantaggi di ogni soluzione individuata.
Per quanto il Polpettone fosse proprio brutto e continuasse a incutere timore, Sarò e Sarà sentivano dentro
di sé il desiderio di aiutarlo ad essere meno triste.
"Non potremmo fare qualcosa per aiutare Polpettone?" domandò Sarà al fratello.
"Forse se la gente vedesse il Polpettone non come un insieme di animali feroci …" provò a dire Sarò.
"E come potrebbe avvenire ciò? " insistette Sarà.
"Bisognerebbe, per esempio, che i serpenti sembrassero altre cose": Sarò non si era dimenticato dello
spavento provato per colpa loro.
"Forse se la gente vedesse i serpenti da quassù potrebbe scambiarli per qualcos'altro" suggerì Piedaria.
"E come si vedono i serpenti da lassù?" chiese Sarà. La farfalla, chissà come, tirò fuori da sotto le ali una
piccolissima macchina fotografica. Scattò una foto e la mostrò ai bambini: "Visto da qua un serpente è
così".
"Potrebbe sembrare un cappello rovesciato" disse Sarò osservando attentamente la fotografia.
"O anche una campana" aggiunse Sarà.
"E' come un catino". Era ComeComè che si era inserito. In breve tutti provarono a dire tanti oggetti che
potevano assomigliare ai serpenti visti dall'alto.
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L’insegnante distribuisce a ogni bambino la Tavola 10, riportata sotto, invitando ad osservarla un attimo
in silenzio e a completarla con l’immaginazione in vari modi.
Tavola 10
Non era male l'idea di trasformare i pezzi di Polpettone in altri oggetti meno paurosi. Ma lui poi, il
Polpettone, come l'avrebbe presa?
"C'è però il problema della tigre", disse Sarà al fratello. "Con che cosa la gente potrebbe confonderla?".
"Se qualcuno guardasse la tigre da questa parte la vedrebbe così" rispose la farfalla mostrando un’altra
fotografia.
L'insegnante distribuisce la Tavola 11, visibile sotto, e richiede ai bambini il medesimo compito:
osservare attentamente il disegno e completarlo secondo quanto immaginato.
Tavola 11
"Più difficile sarà per l’elefante" sospirò infine Sarò, al quale le soluzioni proposte dalla farfalla erano
parse fino a quel momento troppo semplici.
"Bambini, se vi capitasse di vedere questo" Piedaria porse a Sarò e Sarà la nuova foto che aveva appena
scattato alla proboscide dell’elefante "che cosa pensereste possa essere? "
L’insegnante distribuisce la Tavola 12, riportata sotto, e chiede ai bambini di elencare, senza disegnare,
tutto ciò che il segno grafico riportato potrebbe rappresentare.
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Tavola 12
Sarò e Sarà trovarono sempre molte risposte: le fotografie scattate da Piedaria assomigliavano a tante
cose. E ora anche il Polpettone sembrava contento. "Davvero posso sembrare così? " diceva ogni tanto, e
da sotto la proboscide si vedeva una specie di sorriso.
L’ultimo problema era quello di stabilire se anche le piccole lumache - piene di vergogna al punto di non
farsi mai vedere fuori dal guscio - potessero essere scambiate per qualche oggetto piacevole. La foto
scattata al riguardo dalla farfalla lasciò i due bambini un po’ stupiti.
L’insegnante distribuisce la Tavola 13, visibile più sotto, e chiede ai bambini di elencare, senza
disegnare, tutto ciò che il segno grafico riportato potrebbe rappresentare.
Tavola 13
Le risposte trovate da Sarò e Sarà piacquero molto a Polpettone, al punto che cominciò a uscire dall’erba
e a farsi vedere senza vergogna. Ogni tanto domandava ai bambini: "Vi faccio ancora tanta paura? ". E
quelli gli risposero: "Adesso che ti conosciamo, come facciamo ad aver paura di te? ". "Forse un giorno"
pensavano i bambini "la gente avrà più fantasia e imparerà a usare di più la propria immaginazione.
Oppure forse un giorno Pensone farà ancora le bolle di sapone e allora anche Polpettone potrà diventare
un animale meno brutto".
Pensavano a queste cose, i due bambini, mentre Polpettone si allontanò piano piano. Le cose che i due
bambini gli avevano detto lo avevano molto tranquillizzato e ora aveva meno paura a mostrarsi senza
dover starsene sempre nascosto.
[ATTIVITA’ OPZIONALE] L’insegnante chiede ai bambini di pensare alla frase “La parte non è il tutto
e il tutto non è la parte” e di immaginare un amico del Polpettone, che potrebbe fargli compagnia. Si
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scelgono gli animali che lo compongono e poi ognuno ne disegna una parte per poi andare a completare
e creare il nuovo personaggio su un cartellone. Alla fine tutti insieme si decide il nome da dargli.
Sarò e Sarà ripresero a camminare nella foresta finché giunsero in una piccola vallata. Il sole stava ormai
tramontando e in fondo all’orizzonte si poteva vedere una quercia.
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11. SI-PUO'-NO
Raggiunta la quercia, Sarò e Sarà si accorsero che nelle sue vicinanze c’era anche un grande sasso, di
fianco al quale sorgeva una casetta. Quello che sulla mappa consegnata dalla signorina Diquadilà
sembrava un covone di fieno era invece un arco, una specie di alta porta, appoggiato alla montagna.
Mentre si dirigevano verso la casetta tenendosi per mano, i due bambini non si accorsero di una grande
buca nascosta dall’erba e fu così che vi precipitarono dentro. Ovunque giravano i propri occhi
incontravano soltanto le oscure, ripide e lisce pareti della buca. Da nessuna parte, lungo le pareti, si
intravedeva qualcosa che assomigliasse a un'uscita. In un angolo si intravedeva però il sottile profilo di
uno strano personaggio.
I bambini stettero un po' a guardarlo in silenzio e notarono che continuava a raccogliere per terra dei
sassolini che poi metteva nella ciotola. Ma - e questa era la cosa ancora più strana - dopo un po' prendeva
la ciotola, la svuotava e ricominciava daccapo. Sarà si fece coraggio e chiese: "Si può sapere chi sei?"
L'ometto, senza interrompere il proprio lavoro, rispose: "Si Può -No".
"Non si può?" intervenne Sarò.
"Si-Può-No, non “non si può" ribatté seccato l'ometto.
"Ascolta, Si-Può-No, sai suggerirci come uscire da questa buca?" gli chiese la bambina.
"Si-Può-No dice: non si può uscire dalla buca".
Sarò e Sarà rimasero un poco delusi dalla risposta.
"Sarò, dobbiamo uscire da qui, possibile che non ci sia una via d’uscita?" disse Sarà. L'omino smise un
attimo di riempire la ciotola e guardando in faccia i bambini rispose sicuro: "Non c'è nessuna porta".
"Ma forse non c'è bisogno di porte. Forse si può uscire dall'alto" obiettò Sarò. Anche dopo questa
affermazione Si-Può-No continuò a scoraggiare i bambini facendo capire loro che non li avrebbe molto
aiutati. Essi iniziarono così a pensare da soli a un possibile modo per lasciare la buca. Avrebbero
desiderato molto che qualcuno dei loro amici - il gatto, il coniglio o la farfalla - fosse venuto in loro aiuto,
ma nessuno di essi era apparso: dovevano, insomma, vedersela da soli.
Se l'unica apertura esistente era quella in alto, bisognava trovare qualche maniera per raggiungerla. I
bambini e l'omino erano troppo piccoli per arrivare, anche con un salto, all'apertura posta sul soffitto.
D'altra parte, le pareti della buca erano troppo lisce perché ci si potesse arrampicare e così raggiungere
l'apertura. Tuttavia se qualcosa sembra a prima vista impossibile non è detto che lo sia realmente: in
genere c'è sempre il modo per superare gli ostacoli, basta non scoraggiarsi (cosa che invece sembrava fare
Si-Può-No), avere fiducia in se stessi (altra cosa che Si-Può-No sembrava non avere) e cercare di farsi
venire delle nuove idee.
"Ah, se ci fosse qui Fluò, con i suoi consigli! Ci avrebbe detto: "Pensate a tutte i modi possibili per
raggiungere il vostro scopo" disse Sarà.
"Giusto! Che cosa potremmo fare per raggiungere l'apertura della buca dato che noi da soli non ci
arriviamo?" domandò Sarò a se stesso e a Sarà.
L'insegnante chiede a ciascun bambino di elencare i modi che Sarò e Sarà avrebbero potuto impiegare
per raggiungere l'apertura posta sul soffitto della buca. Dopo aver raccolto le risposte dei bambini,
l'insegnante prosegue il racconto.
A Sarò e Sarà vennero in mente molte cose: scale, sgabelli, corde, chiodi, colla; ma nessuna di queste
cose era disponibile nella buca.
Sarò e Sarà cercarono nuovamente di fare affidamento sugli insegnamenti dei loro amici.
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"Che cosa potrebbe suggerirci ComeComè se fosse qui?" chiese allora Sarà tentando una nuova via per
uscire dalla buca. "Lui ci direbbe che cercare dei paragoni può essere utile per trovare idee che aiutino a
risolvere i problemi", intervenne Sarò.
"Potremmo trovare dei paragoni con cose che salgono verso l'alto" disse Sarà.
L’insegnante invita ogni bambino a elencare il maggior numero di cose che salgono verso l’alto che
vengono in mente. L’insegnante chiede poi se queste cose possono suggerire qualche possibile soluzione
al problema di Sarò e Sarà. Dopo aver raccolto le risposte dei bambini l’insegnante prosegue la lettura.
"Che salgono verso l'alto sono il vapore, il fumo …" intervenne Sarà.
"Ecco un’idea: potremmo cercare di costruire una mongolfiera" propose Sarò.
"Come possiamo costruire una mongolfiera?".
"Mah, non so, con i nostri vestiti, per esempio".
"Potremmo accendere il fuoco sfregando due pietre in modo da scaldare la mongolfiera e farla salire in
alto, però non ci sono pietre …"
"Sale verso l'alto anche l'acqua del pozzo quando piove, la casa in costruzione quando il muratore
aggiunge mattone su mattone" continuò Sarà, cercando di convincersi che doveva esserci una soluzione,
mentre Si-Può-No commentava le loro proposte. Tuttavia, con tutte quelle sue critiche Si-Può-No
distruggeva sul nascere ogni tentativo di fuga. Sarò e Sarà stavano iniziando a perdere la speranza di
uscire dalla buca.
"A questo punto non potrebbe aiutarci che Piedaria, ma la nostra farfalla non si fa vedere" disse
piagnucolando Sarà.
"Ci ha già tante volte aiutato facendoci vedere le cose al contrario" proseguì Sarò.
"Al contrario, al contrario ... Ma sì! Ecco la soluzione!" esclamò Sarà.
"Quale soluzione?" domandò incuriosito Sarò.
"Non capisci? Noi cercavamo di salire, ma per salire occorre scendere" continuò eccitata Sarà.
"Ma che cosa stai dicendo? Scendere?" Sarò non comprendeva proprio la soluzione che Sarà diceva di
aver trovato.
L'insegnante rimarca che Sarò e Sarà fino a quel momento avevano cercato la soluzione pensando
all'"alto". L'insegnante invita i bambini a pensare al "basso" e a ipotizzare quale potrebbe essere la
soluzione trovata dai bambini pensando al "basso" (per esempio, costruire una galleria, cercare una
botola, ecc.). Fornita la stimolazione, l'insegnante svela la soluzione trovata da Sarò e Sarà proseguendo
la lettura.
"Sì, adesso ti spiego" incominciò a raccontare con calma Sarà .
"Potremmo scavare un fosso - ecco perché dicevo "scendere"- e ammucchiare la terra che tiriamo fuori in
modo da costruire una montagnola che a poco a poco si innalza verso l'apertura della buca. Una volta
saliti su questa montagnola, con un salto saremo fuori".
"Improponibile" era Si-Può-No a parlare "irrealizzabile, inimmaginabile ..."
Sarò e Sarà, incuranti di quei commenti, incominciarono a darsi da fare. Provarono prima con le mani
nude a fare un buco proprio sotto l'apertura della buca. Ma le mani erano piccole e la terra dura e così
dopo breve tempo i bambini cominciarono a sentire dolore alle mani.
I bambini guardarono con molto interesse la ciotola di Si-Può-No; si avvicinarono con un bel sorriso e
Sarà gli disse: "Caro Si-Può-No, avevi proprio ragione. Non si può proprio uscire da qui. Facciamo allora
un bel gioco, per far passare il tempo. Invece di contare i sassolini e metterli nella ciotola, perché non
contiamo insieme quanta terra c'è su questo pavimento?". L'omino per la prima volta sembrò sorridere
compiaciuto e siccome aveva una grande passione per contare le cose e siccome era tutto gongolante per
le parole dette dalla bambina, fu felice di partecipare al gioco.
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Sarà prese la ciotola e cominciarono a scavare un fosso proprio vicino all'apertura della buca. I bambini si
passavano di tanto in tanto la ciotola, con la quale scavavano senza farsi male le mani, mentre Si-Può-No
affondava senza paura le mani nella terra. I bambini ogni tanto sorridevano a Si-Può-No. Era talmente
preso dai suoi discorsi e dai suoi conti, che non si accorse che intanto aveva fatto un bel mucchio di terra
dietro alle sue spalle. Quando i bambini furono saliti sul mucchio di terra e furono usciti dalla buca di SiPuò-No, l'omino era arrivato a contare quattromilanovecentoventisette manciate di terra.
Sarò e Sarà ora erano soli. I loro amici animali sembravano misteriosamente scomparsi. Non vedendo
nessuno che indicasse loro che cosa fare, i due bambini, guardando bene dove mettevano i piedi, si
incamminarono verso la casetta.
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12. UNA FAMIGLIA PERFETTA
Avvicinatisi alla casa, Sarò e Sarà notarono che era simile alla loro, ma molto più bella e ben curata. I due
bambini non sapevano bene che cosa fare: avevano voglia di avvicinarsi ancora e di entrare, ma avevano
un po' di paura. E se dentro avessero trovato un altro signor Losogià? O un altro Vutì? A queste cose
stavano pensando i bambini, quando, improvvisamente, la porta della casa si aprì. I bambini si fermarono
impauriti, ma dalla casa uscì solo un profumo inconfondibile: "Ma questo" bisbigliò piano piano Sarò alla
sorellina "è l'odore delle frittelle che fa la mamma". Certamente era l'odore delle frittelle!
"Su bambini, è pronto! Il papà ha già apparecchiato per la merenda!".
Ma quale Losogià! Ma quale Vutì! Sulla porta era apparsa una signora deliziosa, che sembrava proprio la
mamma. Anzi, era più giovane, più sorridente ed anche più bella della mamma. E poi aveva una voce così
invitante che i due bambini non fecero neanche in tempo a domandarsi chi fosse che già si erano
avvicinati alla porta.
La signora fece loro un sorriso tranquillizzante, diede un bacio ai due bambini e li accompagnò all'interno
della casa come se li conoscesse da tanto tempo.
I bambini si diressero senza incertezze verso il corridoio che portava alla cucina. Lì trovarono un signore
- vestito con i jeans e la camicia che portava sempre il papà - che stava finendo di preparare la tavola.
"Forza, piccoli" disse sorridendo a Sarò e Sarà "queste frittelle sono davvero eccezionali".
I due bambini non si fecero ripetere l'invito e incominciarono a mangiare avidamente.
Non avevano tanta voglia di stare a pensare mentre mangiavano, eppure ogni tanto veniva ai bambini
qualche pensiero e qualche dubbio: chi erano quelle persone che si comportavano come se fossero il loro
papà e la loro mamma? Come facevano a conoscerli? E perché erano così premurosi e gentili?
"Beh, intanto" pensò Sarò, "non ci hanno infastidito con le solite raccomandazioni. Stiamo mangiando
tutte le frittelle che vogliamo e nessuno ci ha detto di smettere".
Non soltanto i signori tanto gentili e sorridenti lasciarono mangiare ai bambini tutte le frittelle che
avevano voluto mangiare, ma - una volta saziatisi - la signora disse loro:
"Ora cosa volete che facciamo? Volete giocare? Volete che guardiamo insieme la televisione?"
Sarò guardò in faccia la sorellina come per dire: "Hai visto che bravi?" Poi, alzandosi da tavola, disse che
voleva riposare perché sentiva un po' di male alla pancia. Anche Sarà disse che voleva andare a riposare
un po' nella cameretta, perché si sentiva un po' affaticata e stanca.
Il signore, sempre sorridendo, incalzò la signora: "Su cara, hai sentito? Sbrigati a preparare la camera e i
lettini. Non farli aspettare, che sono stanchi".
"Certo, subito, vado subito" rispose la signora, togliendosi il grembiule. E in un attimo si diresse verso la
cameretta dei bambini.
Sarà e Sarò salirono le scale stancamente. Forse avevano davvero esagerato con quelle frittelle, ma
siccome nessuno aveva loro detto di mangiarne poche, ne avevano divorate a volontà.
Arrivati nella cameretta, videro la signora affannarsi a cambiare le lenzuola, a scegliere pigiamini e
coperte. "In un attimo potrete riposare, piccoli miei" continuava a ripetere, quasi per scusarsi del fatto che
li faceva attendere.
I due bambini, infine, poterono infilarsi in lettini dalle lenzuola profumate e dopo poco tempo si
addormentarono.
Dormirono a lungo, anche se un po' agitati. Sarò aveva fatto dei brutti sogni sul papà e Sarà aveva
sognato addirittura di picchiare la mamma. Si spaventò così tanto, da svegliarsi impaurita.
Incontrò gli occhi buoni di quel signore trovato in quella misteriosa casa. "Vuoi andare a fare una
passeggiata? " suggerì subito il signore che sorrideva.
"Non so" rispose la piccola "Proviamo a svegliare prima mio fratello".
"Ma forse" riprese il signore avvicinandosi al lettino di Sarò, "forse lui vuole ancora dormire. Lo
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dobbiamo proprio svegliare?".
Non c'era bisogno di rispondere, perché Sarò nel frattempo si era svegliato. Subito il signore chiamò la
signora, che incominciò a togliere il pigiama ai bambini e, dopo aver cercato tanti vestiti, ne prese due e
vestì i due piccoli. Sarò e Sarà ebbero voglia di dire alla signora che loro sapevano già vestirsi da soli, ma
era così comodo farsi servire da quella gentile signora che se ne stettero in silenzio.
I vestiti erano molto belli. Fin troppo. I due bambini si guardarono un po' felici e sorpresi: sembravano
proprio bambini come quelli che si vedono nella pubblicità. Dopo che anche il signore e la signora si
furono preparati, uscirono tutti insieme per fare una passeggiata.
Sarà e Sarò camminarono a lungo insieme ai due signori conosciuti poche ore prima: si trovavano molto
bene con loro, perché erano sempre gentili e premurosi. Quando Sarò decise di salire su un albero, né la
signora né il signore dissero nulla. Si avvicinarono soltanto all'albero per assicurarsi che il bambino non si
facesse male. E nemmeno commentarono il fatto che Sarò si era sporcato e rovinato il bel vestito.
Fu la sorellina, anzi, a richiamare Sarò allorché decise di attraversare un ruscello con le scarpe nuove:
"Ma insomma, Sarò, stai un po' attento! Non vedi che ti bagni i piedi e che rovini le scarpe?"
Sarò, avvicinatosi a Sarà, le rispose con tono di sfida: "Pensa per te!"
Sarà rimase molto impressionata da quella frase. Aveva tante volte litigato con il fratellino, ma non
l'aveva mai sentito esprimersi in quel modo. Che cosa stava succedendogli?
L’insegnante rivolge l’ultima domanda ai bambini: perché Sarò ha avuto quel comportamento che non
aveva mai avuto?
La passeggiata durò a lungo. Solamente quando Sarò e Sarà dissero di essere stanchi, i signori li
riaccompagnarono a casa. I bambini si fecero lavare, pulire, pettinare. Stettero per ore a guardare dei
programmi alla televisione mentre i signori li aspettavano per la cena. Alla fine Sarà, sentendo fame e
vedendo che il fratello voleva continuare a guardarsi la televisione, chiese di mangiare. I due signori
subito la accompagnarono a tavola e stettero con lei a cena. Più tardi, mentre Sarà volle andare a provarsi
altri vestiti, Sarò chiese di mangiare e i due signori lo accompagnarono in cucina.
Così passò la serata. Quando Sarò e Sarà chiesero di andare a letto, la signora e il signore li aiutarono a
svestirsi e a mettersi i pigiamini e poi, sorridendo, diedero loro il bacio della buona notte.
Passarono alcuni giorni in quella famiglia. I due bambini si sentivano i veri padroni di casa, ma non erano
molto contenti. Anzi, i litigi aumentavano, i capricci pure, le insoddisfazioni anche. E quei genitori
perfetti erano sempre lì, pronti a pulire dove Sarò aveva sporcato, pronti a soddisfare le richieste più
bizzarre di Sarà, pronti ad acquistare le cose più costose, pronti a fare tutto quello che i bambini volevano.
Il sorriso di quei genitori era sempre uguale, ma il sorriso dei bambini era del tutto scomparso.
Sarò e Sarà passavano le giornate annoiandosi al computer, girovagando per il bosco a cercare qualche
animaletto da spaventare con dei giocattoli minacciosi, oppure ancora facendosi scherzi cattivi e litigando
in continuazione.
L’insegnante chiede ai bambini di individuare quali potrebbero essere le ragioni dei cambiamenti
intervenuti nei due protagonisti.
Una sera successe però una cosa strana. Fra i tanti giochi elettronici che si erano fatti comprare da quei
signori, sbucò fuori una scatola che attirò l'attenzione dei bambini.
Sulla confezione si leggeva: "Distruggi il tuo Pensone!" e c'erano tante figure che illustravano
bombardieri fantascientifici che colpivano una montagna colorata.
"Pensone ... Pensone ... " si dissero i due bambini. "Ma non è un nome che conosciamo?" Aprirono
dunque in fretta la scatola, estrassero il gioco, lo collegarono alla play station e incominciarono a giocare.
Si vedeva una specie di vulcano di bolle colorate: bastava premere alcuni tasti e uscivano bolle rosse,
verdi, gialle, quadrate, rotonde, opache, trasparenti. Nelle bolle si vedevano alcune cose non molto chiare,
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forse delle persone, forse degli animali. Il gioco consisteva nel colpire - con bombe e armi potentissime quelle bolle, facendole esplodere.
I bambini iniziarono a giocare, colpendo una grande bolla azzurra con dentro una specie di mucca, o un
cavallo. Poi distrussero due bolle verdi con all'interno due signori anziani. Poi ancora mitragliarono
alcune bolle bianche con dentro dei pulcini spennati.
Poi rimasero tutti e due bloccati con il telecomando in mano e gli occhi sbarrati: davanti a loro, in tre
bolle, c'erano un coniglio, una farfalla e un gatto. Avevano uno sguardo triste, uno sguardo strano. Si
guardarono in faccia stupiti e insieme spaventati. In un attimo incominciarono a ricordarsi di alcuni amici
che sembravano persi, di un viaggio alla ricerca di un segreto, di genitori meno sorridenti e servizievoli
che li aspettavano.
C'era tanta confusione nella testa di Sarà e Sarò: sullo schermo c'erano sempre quei tre animaletti
imprigionati nelle bolle e sulla porta della cucina c'erano quei due signori così gentili che li stavano
osservando.
"Su, bambini, giocate ancora. Perché state piangendo? " diceva quello che sembrava il papà.
"Che cosa succede, piccoli miei? " aggiungeva la signora che pareva la mamma "Su, venite qui che
facciamo un altro gioco".
Ma i bambini non sentivano più, non guardavano più. Come ipnotizzati, con i visi bagnati da grandi
lacrime, si alzarono tenendosi per mano e girarono le spalle ai signori sorridenti. Si avvicinarono con
fatica alla porta di quella casa. L'aprirono e si trovarono nel buio della notte.
L’insegnante domanda ai bambini che scelta avrebbero compiuto se fossero stati al posto dei due
protagonisti: avrebbero continuato a stare in quella casa o avrebbero deciso a un certo momento di
andarsene? L’insegnante chiede di motivare le risposte. Alla fine cerca di riassumere le motivazioni
emerse.
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13. IL SEGRETO DI PENSONE
Sarò e Sarà erano davanti alla casetta da cui erano usciti. Si trovarono soli. Nessuno passava da quelle
parti. Nessuno - ormai da tanto tempo - trovava piacere nel curiosare in quei posti misteriosi in cui ci si
sente soli. Nessuno, quindi, poté udire né vedere quei due bambini che piangevano silenziosamente.
Passò un po' di tempo. Tanto tempo.
Poi si iniziò a sentire un piccolo rumore. Era come quello di un lenzuolo, anzi di un velo, leggermente
agitato dal vento. I due bambini sembrarono risvegliarsi. Si girarono nella direzione da cui proveniva il
suono e videro che dall’arco vicino alla casa proveniva una tenue luce.
Sarò e Sarà si avvicinarono piano piano all’arco. La paura era tanta, ma più grande era la curiosità dei due
bambini. Si avvicinarono perciò ancora di più e si accorsero che dall’arco pendeva un telo leggero e quasi
fosforescente su cui era scritto qualcosa.
Sarà, che sapeva leggere più parole di Sarò, fece qualche sforzo e provò a ripetere a voce bassa quel che
stava scritto sul telo:
"Pensone è vicino.
Pensone è lontano.
Pensone ti aiuta.
Se tu gli dai la mano".
Che cosa significava?
Sarà e Sarò non riuscirono a trovare una spiegazione a quelle parole, ma qualcosa dentro di loro diceva
che erano arrivati al segreto del Monte Pensone. I bambini si fecero quindi coraggio e piano piano
provarono a scostare il telo.
Si vedeva poco, tranne qualcosa che si muoveva lì davanti a loro. I bambini si fermarono ancor più
impauriti ed anche quella cosa davanti a loro sembrò fermarsi. Dopo alcuni attimi, che sembrarono eterni,
Sarò provò a fare qualche passo avanti, tenendo sempre per mano la sorellina. E vide che anche di fronte
a loro c'erano due cose che si muovevano, come fossero ... come fossero due ... persone ... No! ... due ...
Ma sì, erano proprio due bambini! Due bambini simili a loro, che stavano sotto un arco. Sarò si fece più
coraggio ed anche Sarà si avvicinò per vedere meglio. La luce era sempre fioca, ma davanti a loro si
vedevano ormai distintamente due bambini visibilmente spaventati. Sarò e Sarà si strinsero di nuovo
vicini e videro davanti a sé un bambino e una bambina che si stringevano. Si guardarono in faccia e poi
guardarono di nuovo quei due piccoli: uguali, erano proprio uguali a loro!
"Forse abbiamo di fronte uno specchio" pensarono Sarà e Sarò, ma subito furono presi da una paura
sconosciuta.
No, non era uno specchio. Davanti a loro c'erano davvero due bambini che stavano muovendosi, che
stavano ...
Ah, eccoli che stanno parlando tra di loro e ora ... ora stanno giocando ... No, no, stanno litigando ...
Adesso arriva qualcuno: è una signora dalla faccia conosciuta, ma un po' vecchia ... li sta sgridando.
Sarò e Sarà guardavano stupiti quel che stava avvenendo sotto i loro occhi e incominciarono a sentire una
grande tristezza.
Vedevano i due avvicinarsi a grandi pericoli, li vedevano mentre piangevano o facevano piangere altre
persone. Li vedevano davanti a un negozio di giocattoli mentre facevano i capricci: volevano bambole,
automobiline, costruzioni, pupazzi. Adesso erano con un altro bambino – pallido, timido – che se ne stava
in disparte mentre loro sembravano scherzarlo e ridere di lui. Li vedevano correre e schiamazzare per la
casa mentre a letto qualcuno cercava invano di riposare. Li vedevano cambiare e modificarsi. Ora ... ora
sembravano più grandi. Erano a scuola e avevano rotto gli occhiali della maestra e li avevano messi nella
tasca del grembiule di un compagno. Ora erano tanto arrabbiati, rossi in viso e guardavano con occhi
cattivi un uomo che stava davanti a loro e che sembrava impedire loro di fare qualcosa: avrebbero voluto
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picchiarlo se non fosse stato più grande di loro. Adesso se ne stavano in un angolo, al calduccio vicino a
un termosifone, senza far niente mentre una voce da lontano li chiamava, li invitava a fare qualcosa …
non si capiva bene, forse chiedeva aiuto. Quei bambini davanti a Sarò e Sarà adesso si piegavano, si
piegavano … diventavano pallidi e cadevano per terra, si muovevano come per chiamare aiuto. Basta!
Basta! Smettetela!
Erano ormai a terra, incapaci di alzarsi. Erano malati e diventavano brutti … diventavano vecchi …
Facevano paura … Basta! Oh, mamma! Papà! Aiutateli! Portateli via! Venite! Venite, per favore!
Sarò e Sarà erano come impietriti dal terrore. Non riuscivano nemmeno a piangere, tanta era la sofferenza
che si sentivano dentro. Provavano tanta paura, ma anche tanta rabbia.
"Perché ci fanno queste cose? " pensavano tra i singhiozzi, ma la rabbia era tale che con grande fatica si
avvicinarono a quei due esseri pallidi e tremanti che stavano davanti ai loro piedi.
Si chinarono con fatica su di loro e - piangendo di dolore - riuscirono a sfiorarli con le mani. Li presero
poi piano piano da terra, e piano piano li tirarono verso di sé. Erano brutti, quei due piccoli corpi
ammalati, ma non facevano più paura. Sembravano proprio quei pulcini spennati che avevano visto in
quel gioco elettronico e che si divertivano a colpire. Erano piccoli, piccoli.
L’insegnante chiede ai bambini di proporre la propria interpretazione di quanto avvenuto. Accoglie tutte
le interpretazioni, eventualmente riformulandole in modo che siano comprensibili anche per i compagni.
E a poco a poco sembrarono rianimarsi. Si sollevarono, tornarono ad aprire gli occhi. Adesso li vedevano
giocare in un vasto prato insieme ad altri bambini. Ora stavano aiutando un compagno che probabilmente
era in difficoltà. Adesso si aggiravano esitanti per le vie di un paese sconosciuto alla ricerca di un amico
che si era perso. Ora invece erano ancora a scuola e provavano a dipingere con colori strani - verde il
cielo, viola il cespuglio, rossa la montagna - un disegno che era entrato dalla finestra trasportato dal
vento. E poi …
Poi una luce intensa. Poi un suono. Una musica. Una melodia. Dolce, dolcissima. Forte, appassionante.
E poi aria. Aria fresca. Frizzante. Profumata. E luce, luce. Colori. Musica. Profumi. Forza. Leggerezza.
E poi ... Voom! Una grande luce azzurra e viola. Voom! Un'altra luce verde e arancione. Voom!
Ancora una luce sopra. Voom! Un'altra a destra. Un'altra a sinistra.
Si vola. Si vola. Si va in alto! Sarò e Sarà si sentirono trasportare da una corrente d’aria verso l’alto.
"Ah! Hhiuuu! Andiamo! " gridavano e ridevano i bambini.
Niente più buio. Niente più dolore. Niente più paura. Ma salti, grida di gioia. E tanta, tanta felicità.
Voom! Voom! Voom! Ormai tutto quel magico posto era illuminato di colori, immerso nella musica,
sovrastato da profumi dolcissimi. E i bambini ridevano.
Leggeri. Si sentivano leggerissimi e contenti. E sembrava loro di andare nel cielo portati da quelle luci e
da quei suoni festosi. Ed ecco allora un'altra luce, come una grande bolla colorata. Arriva, arriva ... si
avvicina. Anzi, non solo una bolla, ma tante, tutte colorate.
Sarò e Sarà erano frastornati dalla gioia, ma continuavano a guardare con attenzione tutte le bolle che
sembravano salire in alto, verso una luce ancor più intensa. Cercavano qualcosa che non avevano ancora
ritrovato.
Ed infatti, ecco ... ecco lì delle bolle ancora più colorate che si stanno avvicinando ... Ed ecco un gatto
inconfondibile, dagli occhi fluorescenti. "Fluò, Fluò! " urlavano festosi i bambini, agitando le mani. Ma
non c'era nemmeno il tempo di parlarsi che già un'altra bolla avvicinava una farfalla dalle ali colorate e
dal sorriso inconfondibile: "Piedaria, dove sei stata? Ci sei mancata tanto" le gridarono i due bambini. E
quel coniglio un po' grassoccio che stava arrivando su una bolla più resistente chi poteva essere, se non
ComeComè? "Ciao, ComeComè! Vieni, vieni con noi! " i due bambini fecero in tempo a esclamare
sempre più contenti, mentre ormai si sentivano avvicinare a quella luce intensa che brillava sopra di loro.
Quelle bolle colorate si stavano alzando – percorrendo il cratere del Monte Pensone – verso un cielo
luminoso che si intravedeva sopra di loro.
Uscirono dal cratere di Pensone come se fossero stati soffiati fuori dolcemente. E videro questo
spettacolo: Pensone era tutto verde come una volta, pieno di fiori e alberi, di ruscelli e di animali e tanti
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bambini si avvicinavano al monte battendo le mani, saltando e cantando di gioia.
Il vento portò sempre più in alto le bolle colorate, finché Sarà e Sarò sembrarono due piccoli puntini nel
cielo azzurro. Guardavano pieni di gioia e senza parole quello spazio sterminato, felici di essere arrivati al
cuore di Pensone e di aver ritrovato i loro amici.
Quando il cielo si fece più blu e la notte cominciò ad apparire da lontano, due bolle luminose - che
trasportavano due bambini felicemente addormentati - iniziarono a scendere piano piano, avvicinandosi
ad un paese che i bambini avrebbero senz'altro riconosciuto.
Sembravano due piccole stelle, quelle bolle, che cercavano una casa, una cameretta, una finestra da dove
due piccoli bambini spesso scrutavano il cielo, immaginando incredibili avventure.
Le bolle si abbassarono silenziosamente ed entrarono in una cameretta, senza che nessuno si accorgesse
di nulla. C'erano due lettini, in quella cameretta. E c'era un tavolino su cui erano abbandonati dei fogli un
po' rovinati con dei disegni: una cosa alta, forse una montagna, una specie di coda, un orecchio, una
macchia di colore. Proprio quei disegni che fanno i bambini piccoli.
Le bolle deposero dolcemente sui lettini i due bambini addormentati.
Poi ... puff! Scomparvero lasciando nella stanzetta soltanto un odore di sciroppo alla fragola.
"Ancora la finestra aperta! Ma, insomma, vuoi proprio far loro prendere una broncopolmonite?".
"La finestra aperta? Ma se è da ieri sera che non salgo in camera dei bambini".
Le voci erano basse, come quelle di chi non vuol svegliare uno che dorme. Venivano dalla sala.
Sarà provò a rivoltarsi nel letto e mormorò piano: "Piedaria ... Dove siamo arrivati?". Ma lo disse come se
stesse sognando, ancora con gli occhi chiusi.
Ci fu un po' di silenzio, e poi di nuovo quelle voci: "Sta parlando ancora di una certa Piedaria" aggiunse
una voce femminile, mentre sembrava allontanarsi.
Anche Sarò mormorava qualcosa: "Era tutto dentro a Pensone … Piedaria aveva ragione ...” bisbigliava
piano piano, come se stesse parlando a se stesso.
Una mano gli accarezzò la fronte sudata e gli sistemò la coperta sulle spalle.
"Chissà mai chi saranno questi Pensone e Piedaria" proseguì la voce femminile di prima, mentre quella
maschile, che intanto si era avvicinata al lettino di Sarà, rispose: "Mah, saranno quelle solite storie che
raccontano a scuola".
"Aspetta, aspetta" proseguì la voce di prima "Sarò si sta svegliando".
"Sì, sì, va bene! Non urlare ... Ecco, hai svegliato anche la piccola" ricominciò l'uomo.
I due bambini si alzarono sbadigliando dai loro lettini e guardarono con circospezione la camera e i due
signori. Si guardarono in silenzio per qualche attimo, con un po' di meraviglia e di timore.
Fu Sarà a provare a dire qualcosa, ma lo disse con grande esitazione: "Signora, lei è stata molto buona,
ma noi abbiamo già una mamma e un papà, anche se sono un po' più brutti e meno gentili di voi".
"Ah, ma che bambini graziosi che abbiamo!" esclamò il signore aprendo la finestra della stanzetta.
"Già, soprattutto molto riconoscenti" esclamò la signora.
"Mamma! " esclamò allora Sarò, come se si fosse svegliato solo ora. "Papà!" fece subito Sarà, contenta di
aver trovato i suoi veri genitori. Il papà e la mamma rimasero un po' sorpresi, scossero la testa e poi si
avviarono borbottando: "Tu dici che è stata la febbre?"
"Può essere" rispose il papà.
Le voci sparirono, lasciando nella cameretta due bambini stanchi e sorpresi.
La mattina successiva Sarò e Sarà si alzarono, si lavarono, sistemarono i loro lettini e incominciarono a
mettere in ordine la cameretta, senza parlare. Dalla cucina arrivò poi la voce della mamma: "Su, fate
presto, è pronta la colazione!"
I due bambini rimasero un attimo perplessi. Sarò provò a chiedere: "Hai fatto le frittelle ripiene?"
"Le frittelle dopo quel che avete passato? Ma dove credete di essere?" rispose la mamma affacciandosi
alla porta della cucina "Altro che frittelle, oggi dovete mangiare poco e niente pasticci!"
Già, era proprio la mamma, quella. Forse meno gentile, forse meno bella, forse meno sorridente di quella
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che avevano incontrato nel viaggio dentro a Pensone, ma era la loro mamma.
Bevvero silenziosamente un po' di tè, continuando a fissare con ammirazione quei due loro poveri,
distratti e stanchi genitori.
Anche il suono del campanello non li meravigliò.
"Vado io" disse il papà avviandosi verso la porta.
Il papà ritornò dopo qualche minuto, con in mano due grandi buste.
"Che strano" disse, entrando in cucina "Hanno portato queste lettere per Sarà e Sarò".
I bambini stavano in silenzio, con gli occhi fissi sulle buste che il loro papà teneva in mano.
"Beh" disse infine la mamma "non guardate cosa c'è dentro?"
Sarà e Sarò erano stranamente emozionati. Era la prima volta che ricevevano una lettera personale.
Chi poteva scrivere loro? Chi li conosceva? Aprirono dunque, con molta apprensione, le buste.
Dentro trovarono una grande lettera, con un disegno e qualcosa di scritto:
"A Sarà e Sarò
perché si ricordino
che Pensone è vicino
Pensone è lontano
Ma possono sempre trovarlo
se gli daranno una mano"
Firmato: Fluò, Piedaria, ComeComè
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Studenti che hanno contribuito alla messa a punto della versione abbreviata del training
Corinna
Abba'
Valentina
Argentieri
Maria
Balossi Restelli
Noemi
Bartesaghi
Ilaria
Bastoni
Fabio Sebastiano
Bellasio
Beatrice
Bellati
Elide
Bertolini
Giulia
Biancardi
Giulia
Bonetti
Giulia
Bonizzoni
Chantal Arianna
Borinato
Mara
Bottan
Gaia Silvia
Bruschi
Isabella Maria
Cadirola
Dario
Calzone
Sara
Cannone
Elisa
Cardani
Debora
Carera
Diletta
Caruso
Teresa Federica
Carvelli
Giada
Cassina
Greta
Castellini
Maria Letizia
Cesana
Rizzi
Chiara
Alice
Chirico
Alessandra
Cipolla
Benedetta
Ciriello
Desiree
Collufio
Alessandra
Colombo
Greta
Corcione
Eleonora
Costi
50
Veronica
Crivaro
Anna Sonia
Cusmai
Viviana
De Bei
Federica
De Gregorio
Leonardo
Dell'accio
Gloria
Di Pasquale
Alice
Ferrari
Valeria
Ferrari
Vanessa
Ferretti
Cristina
Festa
Monica
Fiocchi
Bianca
Fogli
Marta
Fumagalli
Monia
Gabella
Gaia
Gadda
Andrea
Galfano
Eleonora
Galli
Serena
Germagnoli
Elisa
Gola
Mara
Gramegna
Alessio Angelo
Grillo
Kristina Ivanova
Grozeva
Alessia
Iasella
Marta
Indelicato
Assunta
La Corte
Laura
Lamponi
Carla
Lazzarini
Caterina
Lista
Jessica Sara
Lo Vetri
Serena
Locati
Martina
Loppi
Jessica
Lugara'
Giada
Maccan
Valentina
Maisano
Martina
Manfroi
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Martina
Manzoni
Federica
Martone
Federica
Marullo
Luana
Mazzeo
Martina Maria
Mazzoleni
Valentina
Merati
Monica
Michelotto
Katia
Montani
Francesca
Morganti
Barbara
Nelli
Luca
Pagani
Alessandra
Parisi
Martina
Parnigoni
Maria Cristina
Parravicini
Chiara
Passoni
Andrea Carlo
Pecoraro
Sara Teresa Myane
Pellegata
Arianna
Petriccioli
Paula Michella
Petrosino
Stefania
Pezzotta
Marta
Pigola
Costanza
Pirera
Francesca
Pozzi
Francesca
Ravasi
Stefania
Ravasi
Amanda
Renati
Camilla Monica
Restelli
Serena
Rezk
Eleonora
Riboni
Silvia
Rossetti
Claudio Amerigo Oreste
Rossetti Conti
Miriam
Ruggieri
Gloria
Russi
Giulia Lucrezia
Russo
Filippo
Sani
52
Laura
Sciocco
Valeria
Sebri
Michela
Serina
Giulia
Sferrazzo
Noemi
Sirtori
Laura
Sogaro
Cinzia
Solazzi
Stefano
Sollazzo
Federica
Spreafico
Daniela
Tacchi
Ilaria
Tassone
Eleonora
Tebi
Valentina
Temporin
Giorgia
Terlizzi
Roberta
Tessaro
Monica
Testa
Gloria
Ticozzi
Simone
Tirelli
Chiara
Tudech
Marinella
Tulone
Valentina
Varvaro
Giulia
Vismara
Alessandra
Vitali
Silvia
Vitali
Fly UP