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E il Simeto mormorò… - Provincia Regionale di Catania

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E il Simeto mormorò… - Provincia Regionale di Catania
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RICORRENZE
E il Simeto mormorò…
Non fu impresa facile, per gli Angloamericani, occupare la Piana di
Cat ania. In attesa del Museo della Battaglia di Sicilia, voluto dalla
Giunta Musumeci, ospitiamo un resoconto di quelle giornate memorabili
ll’alba del 10 luglio 43 sui
160 chilometri di litorale da
Fontane Bianche a Licata,
2590 navi da guerra alleate 18 per chilometro - riversavano la 7° e l’8° Armata alleate di Patton e
Montgomery con 115.000 soldati inglesi e
66.000 americani su 14.000 veicoli, armati di
1800 cannoni e 600 tank, coperti da 2510 aerei
operativi sui difensori della Sicilia: 160.000 italiani e 28.000 tedeschi con soli 498 cannoni e
157 panzer (non contiamo i carri italiani in
quanto buoni solo per un museo) con 175
aerei tedeschi e circa altrettanti italiani, sugli
aeroporti siciliani su cui l’aviazione alleata
imperversava senza sosta: nei dieci giorni
prima dello sbarco i soli aeroporti della Piana di
Catania Fontanarossa, Gerbini e Sigonella,
erano stati attaccati e bombardati una media di
sei volte al giorno ognuno. Con queste premesse gli sbarchi furono un immediato e totale successo anche se gli ameri-cani a Gela il 10
e l’11 passarono brutti momenti a causa della
Panzer Division “Hermann Goering”. Gli incrociatori americani Boise e Savannah però, rovesciando sulle truppe nemiche attaccanti 5000
colpi da 152 mm in tre ore risolsero il problema annientando la divisione “Livorno” e bloccando la “Goering”. Per gli inglesi invece tutto
era stato più facile: appena una passeggiata. Le
truppe italiane di presidio nella munitissima
base di Augusta, senza nemmeno avere visto il
nemico, nella notte del 9, avevano distrutto i
cannoni ed erano fuggiti in massa.
Montgomery, convinto di avere la vittoria in
tasca, il 13 luglio ordinava alla 1° Brigata di
sbarco aereo, a Kairouan in Tunisia, “Marston,
tonight” cioè di catturare il ponte di Primosole
quella notte. Gli uomini si imbarcarono sugli
aerei e… furono massacrati dal tiro contraereo
delle navi alleate. Di 1850 uomini solo 296 a
varie riprese raggiunsero l’obiettivo, sopraffecero i pochi difensori italiani e si prepararono ad
aspettare la 50° Divisione scozzese che era
bloccata a Carlentini dalle retroguardie tede-
A
Lungo la statale 114,
circa un chilometro
dopo il torrente
Buttacelo, sulla corsia
di marcia in direzione Catania, accanto a un vecchio canale d’irrigazione in disuso, un cippo in lingua inglese segna il
punto di massima
avanzata delle truppe
della 151 Brigata
scozzese, e commemora i caduti della
Dur ham light infantry
nella battaglia della
Piana.
sche. Arrivarono prima i tedeschi.
L’Hauptmann (capitano) Franz Stangerberg
riunì tutti gli uomini che riuscì a trovare tra
Catania ed il ponte di Primosole e li condusse
all’attacco impedendo ai parà inglesi di consolidarsi. la fanteria ed i tank inglesi arrivarono la
notte del 15 e dopo una sosta notturna, preceduti dal fuoco di 70 cannoni andarono all’attacco: sbatterono però sui parà tedeschi arrivati il giorno prima direttamente sulla zona di
battaglia: la fanteria scozzese, andata all’attacco in lunghe file di stile napoleonico fu massacrata. Il 16 gli inglesi lanciavano un nuovo
attacco: 159 cannoni dovevano spianare la
strada alla fanteria all’attacco tirando una
media di 15 colpi su ogni soldato italo-tedesco
presente al fronte. Dopo 4 ore di tale bombardamento la 151° Brigata Durham light infantry
partiva all’attacco e non passava: la fanteria
veniva falciata a meno di 50 m dai parà del 3°
Fjr dell’Oberst (colonnello) Heilmann, il difensore di Montecassino, i tank distrutti uno dopo
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l’altro a distanza ravvicinata. I superstiti difensori si ritirarono sul torrente Buttaceto, ultima
linea di difesa di Catania. Montgomery però,
constatato che mille metri di avanzata erano
costati mille uomini, fermava ogni attacco su
Catania che veniva occupata solo il 5 agosto
quando i tedeschi avevano deciso di abbandonarla per ritirare verso Messina tutte le loro
unità, che in quei giorni dopo le battaglie di
Centuripe - la Cassino di Sicilia - e di Troina,
Il ricordo di un
ragazzo di allora
Su quei giorni dello sbarco angloamericano nella Piana di Catania riceviamo il ricordo Michele Ilardi un ramacchese che ora vive
a Letoianni in provincia di Messina:
il 17 luglio le truppe arrivarono a
Ramacca e ricordo chiaramente che il giorno
prima delle temuta o sperata “liberazione”
un gruppo di miei concittadini si improvvisarono antifascisti compreso il Podestà dell’epoca e con bandiere angloamericane(approntate alla ben meglio) si recarono in contrada
Monaci per arrendersi o salutare i “liberatori”.Solo che forse la foga,la mimetizzazione
dei mezzi le fisionomie li fecero incappare in
un gruppo di tedeschi in ritirata che ……li
costrinsero a precipitosamente a tornare sui
loro passi coprendoli di ridicolo”Che io ricordi ogni resistenza terminòil 18 agosto.
Costò lutti ,rovine,sangue;vi furono
sbandamenti,viltà ,fughe in massa.Di contro
eroismi
e
tenute
tenaci
di
militari.Io,allora,ragazzo cercavo di fissare
scene e fatti e tutt’ora sono rimasti indelebili
nella mia memoria”
avevano imposto una battuta d’arresto alle
strapotenti unità alleate.
Per Monty la battaglia della Piana di
Catania: “Fu una strage sanguinosa ed una
delle più dure bat-taglie combattute dalla mia
armata”. E ne aveva ben ragione: nonostante
una superiorità di 15 a 1 in uomini, 20 a 1 in
cannoni e in tank , non paragonabili perché
inesistenti nella controparte navi ed aerei, non
era riuscito a concludere alcunché di militarmente accettabile: la difesa si era sfaldata per
sue debolezze intrinseche, ma dove non si era
sfaldata aveva dimostrato, pur con tutti gli
svantaggi nel numero e nei mezzi, di essere
insuperabile: a Troina, come ricorda l’ammiraglio Morrison nel volume “Sicilia, Salerno,
Anzio”, gli italiani del 5° Fanteria Aosta e i
panzer Grenadier della 15° Divisione avevano
contrattaccato alla baionetta e ributtato gli
americani ben 24 volte in 6 giorni. Nella Piana
di Catania, insomma, il “morbido, basso ventre dell’asse” di Churchill era diventato la coda
di un coccodrillo. L’indigestione sarebbe avvenuta a Cassino e ad Anzio.
Fabrizio Francaviglia
Il museo dello
Sbarco
Mancano ormai gli ultimi ritocchi: il
Museo dello Sbarco 1943 è quasi pronto.
Realizzato all’interno degli spazi culturali
delle Ciminiere di viale Africa, l’area espositiva proporrà, secondo i più rigorosi criteri storiografici, uno spaccato di quella
fase
determinante per la storia
dell’Europa.
Il periodo preso in esame va dallo
sbarco, avvenuto il 10 luglio, all’armistizio
di Cassibile, l’8 settembre. La presenza
lungo il percorso espositivo di numerosi
pannelli esplicativi, oltre a rispondere a
precise esigenze didascaliche, permette di
seguire anche gli eventi più complessi.
Nel Museo trovano spazio documenti, fotografie, manifesti a stampa, ma
anche armi, munizionamenti, uniformi.
“Ma, per carità, non chiamiamolo
Museo della guerra – sottolinea il presidente della provincia, Nello Musumeci -,
tutt’altro. Vuole essere, invece, un modo
per far conoscere la storia alle nuove
generazioni e sensibilizzarle sull’inutilità
della guerra per risolvere i conflitti internazionali”.
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