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Se Marilyn Monroe parla il dialetto della Val di Blenio

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Se Marilyn Monroe parla il dialetto della Val di Blenio
IL CAFFÈ 8 maggio 2011
38
C3SOCIETÀ E COSTUME
@
Lo spettacolo
Yor Milano
mentre
doppia “A
qualcuno
piace
caldo”
Il cinema e il doppiaggio
Se Marilyn Monroe
parla il dialetto
della Val di Blenio
CLEMENTE MAZZETTA
F
orse nessuno si ricorderà de “La terra
trema”, girato nel dopoguerra: una riproposizione del dramma
dei Malavoglia di Luchino Visconti, in siciliano stretto.
Sessant’anni dopo è uscito
“L’uomo che verrà”, pellicola dedicata alla strage di Marzabotto, del
regista Giorgio Diritti: in dialetto
bolognese. Nel frattempo, il prossimo 11 maggio, in anteprima al
Cinestar di Lugano, alle 20.45 il
Teatro popolare della Svizzera italiana e Insubria (Tepsi) presenterà
“A qualcuno piace caldo”, di Billy
Wilder, tradotto nel dialetto lombardo-ticinese con tanto di titolo
“Düü testimoni scomud” e... di
cantilena bleniese. Ideatore, doppiatore e attore è Yor Milano (vedi
intervista a lato).
Prima ancora Milano aveva proposto “Se ta ciapi ta copi”, l’intramontabile epopea western con
John Wayne del film “Sentieri selvaggi”, doppiato in ticinese sempre
col gruppo Tepsi, sia in Ticino che
in Lombardia. “Due operazioni
sostanzialmente diverse - com-
menta il critico cinematografico
Mariano Morace -; nelle opere filmiche sia di Visconti sia di Diritti,
il dialetto è utilizzato come un elemento di realismo, un modo per
connotare quel determinato
mondo: un’operazione culturale,
identitaria, che non ho tema di
considerare forte. Nella Terra
Trema, ad esempio, per la prima
volta si è realizzato un film utiliz-
“A qualcuno piace
caldo”, di Billy
Wilder, è stato
tradotto in “Düü
testimoni scomud”
zando il dialetto siciliano dei pescatori, capace di caratterizzare
una società, una storia in modo
esemplare. Nelle trasposizioni di
Yor Milano, che pure ho apprezzato, siamo di fronte ad un divertissement un po’ fine a sé stesso.
Bello, divertente, ma che non va al
di là del piacere e della sorpresa di
sentire John Wayne o di Jack Lemmon imprecare o parlare in ticinese”.
Tuttavia, l’effetto di questa tradu-
zione in dialetto di film che sono
delle icone del western e della
commedia americana, dopo
un’iniziale sorpresa, è però spiazzante. La battuta finale di “Düü testimon scomud”, ovvero “A qualcuno piace caldo”, quando Lemmon travestito da bionda, svela la
propria identità al gangster, “Ho
un passato burrascoso... Ma non
capisci proprio niente. Sono un
uomo!” che gli risponde “Beh,
nessuno è perfetto” è geniale. Yor
Milano non la traduce letteralmente, ma s’inventa un nuovo dialogo, pur conservandone il senso:
“A n’ho fai da tüt... Ma ti capisi
propi mia. Mi sum mia un om!”. Al
che l’altro: “E alora: n’anca mi”. Risate inevitabili. “Le espressioni
sono certamente belle, la gente,
come ho potuto osservare nel
primo film western, si appassiona
a questa traduzione insolita, si diverte - commenta Morace -; ma
non mi pare che si vada, e che si
possa andare oltre al puro e semplice divertissement. Ho pure timore che in questa seconda esperienza manchi l’effetto sorpresa
che si è rivelata vincente con il
film western”.
[email protected]
www.tepsi.ch
http://tinyurl.com/43mqdyl
Yor Milano
“Con le radici
riscopriamo
i vecchi film”
“I
La locandina
del film
“Düü
testimoni
scomod”
in anteprima
al Cinestar
di Lugano
l’11 maggio
Una scena
originale
del film di
Wilder in
cui recita
la bella
Marylin
Monroe
Una scena
di “Düü
testimoni
scomud”
interpretata
dagli attore
del Teatro
popolare
della
svizzera
italiana
l filone western ha
avuto un grande successo, ma avevamo
voglia di cambiare. Così abbiamo puntato dritti su un capolavoro. Yor Milano alla fine
del doppiaggio, durato un
anno intero, è contento come
un ragazzino.
Il dialetto mantiene davvero
il suo fascino?
“Direi intatto. Anzi, c’è una riscoperta delle radici e la riaffermazione di una cultura e
di una identità”.
Dopo il teatro, il cinema.
Solo una scommessa?
“No. Una operazione culturale. Perché un film come
questo diretto da Wilder nel
1959 non passa ormai più in
tv. Lo rilanciamo con il dialetto, lo facciamo riscoprire
anche a chi non l’ha mai visto”.
Il dialetto in Ticino ha diverse variabili. Come si fa a
trovare quella giusta?
“In teatro, ma anche al cinema o in radio, noi adottiamo il dialetto della ferrovia. Ovvero quello conosciuto
da Airolo a Chiasso. Quando
sono nate le stazioni nella
dorsale ticinese non c’era un
capo locale, arrivava dal
Mendrisiotto. E così quella
parlata ha assunto una sorta
di universalità”.
È più facile doppiare oppure
recitare?
“Due lavori diversi. Doppiare
vuol dire non tradire il testo
ma anche rispettare il labiale.
E non è affatto facile”.
m.sp.
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