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FeSteggiamo Verdi

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FeSteggiamo Verdi
Stagione Sinfonica
Concerto Straordinario
Festeggiamo Verdi !
Direttore
Jader Bignamini
Le Gallerie d’Italia e laVerdi
Giulio Aristide Sartorio
Risveglio (1904 - 1923)
Olio su tela, 178,4 x 396 cm
Provenienza: Milano, Collezione Giovanni Locatelli; Arena Po
Collezione Giuseppina Quattrini Locatelli (1992)
La tela fa parte, con quella di pari
dimensioni Sagra, di un dittico frutto del
rimaneggiamento da parte di Sartorio (18601932) di due pannelli che componevano uno
dei fregi decorativi realizzati tra il 1903 e il
1912, durante una stagione ricca di successi
espositivi per l’artista. In più di un’occasione,
infatti, Sartorio riadattò, totalmente o in
parte, le opere che per qualche ragione
ritornavano in studio al termine delle mostre
- la V Esposizione Internazionale d’arte di
Venezia (1903), l’Esposizione internazionale
di Saint Louis (1904), l’Esposizione nazionale
di belle arti di Milano del 1906 e The Fine
Art Society of London (1908) - o per lo
smantellamento di apparati decorativi quali i
pannelli della Casa del Popolo di Roma (1906)
o di parti del Fregio di Palazzo Montecitorio,
sede del Parlamento italiano (1908-1912).
Nel 1923, come indicato sul fronte, Sartorio
riutilizzò le due tele modificando i contenuti
delle scene per celebrare la partecipazione
italiana alla Prima guerra mondiale. In
Risveglio fu inserita la data dell’entrata in
guerra contro l’Austria, 24 maggio 1915,
mentre Sagra venne trasformata nella
celebrazione della vittoria del 4 novembre
1918, con l’aggiunta della data e di nomi del
Carso, del Piave e di Vittorio Veneto, i luoghi
dove avvennero le battaglie decisive. Realizzati
con l’ausilio di bozzetti fotografici memori
delle fotografie di Eadweard Muybridge, i nudi
panneggiati trasmettono una forte sensazione
di movimento e, da un punto di vista stilistico
e compositivo, appaiono molto vicini al Fregio
del Parlamento. A quell’epoca, Sartorio aveva
in mente i Marmi Elgin del Partenone, visti
nel 1893 al British Museum di Londra, e le
opere dei preraffaelliti Dante Gabriele Rossetti
e Edward Burne-Jones che, con Nino Costa
e Gabriele D’Annunzio, erano stati tra i suoi
primi riferimenti artistici e intellettuali.
Dal novembre 2011 l’opera è visibile
nell’allestimento di Gallerie d’Italia a Milano.
2013
10 Ottobre
FESTEGGIAMO VERDI !
La battaglia di Legnano Sinfonia
I Lombardi alla prima Crociata “Salve Maria”
Preludio al Finale dell’Atto III (violino solo e orchestra)
Oberto conte di San Bonifacio Sinfonia
“Oh, chi torna l’ardente pensiero”
Adagio per tromba
Otello “Ave Maria”
Il Trovatore Coro “Chi del Gitano” - Canzone “Stride la vampa”
Simon Boccanegra Preludio - “Come in quest’ora bruna...”
Aida Preludio
Duetto “Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta”
Gran Finale dall’Atto II
Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico
di Milano Giuseppe Verdi
Mezzosoprano
Chiara Taigi
Soprano
Violino
Tromba
Tiziana Carraro
Luca Santaniello
Alessandro Caruana
Maestro del Coro Erina
Direttore
Gambarini
Jader Bignamini
1913
10 Ottobre
FESTEGGIAMO VERDI !
Leopoldo Metlicovitz, Manifesto per il primo Centenario a Busseto
(Civica Raccolta Bertarelli, Milano)
1813
10 Ottobre
FESTEGGIAMO VERDI !
Angelo Formis, La casa natale di Verdi alle Roncole
(Museo Teatrale alla Scala)
Le musiche del programma nella loro epoca
Verdi
1854-1858
1838-1841
1842-1845
1846-1849
1850-1853
Donizetti
La figlia
del reggimento
Verdi
Nabucco
Verdi
Attila
Verdi
Stiffelio
Verdi
Un giorno
di regno
Verdi
Ernani
Verdi
Macbeth
Verdi
Rigoletto
Verdi
I Vespri siciliani
Verdi
Oberto conte
di S. Bonifacio
Verdi
I Lombardi
alla prima Crociata
Verdi
La battaglia
di Legnano
Verdi
Trovatore
Verdi
Simon
Boccanegra
Verdi
Adagio
per tromba
Verdi
I due Foscari
Verdi
I masnadieri
Verdi
La traviata
Wagner
L’oro del Reno
(rappresentazione
1876)
Donizetti
Lucrezia Borgia
Wagner
Tannhäuser
Verdi
Luisa Miller
Wagner
Lohengrin
Wagner
La Walkiria
(rappresentazione
1869)
1859-1863
1864-1867
1868-1871
1872-1875
1876-1880
Meyerbeer
L’africana
Boito
Mefistofele
Musorgskij
Boris Godunov
Čajkovskij
Eugenio
Onieghin
Gounod
Faust
Smetana
La sposa venduta
Verdi
Un ballo
in maschera
Verdi
Don Carlo
Verdi
La forza
del destino
Wagner
Tristano e Isotta
Berlioz
Les Troyens
Wagner
I Maestri cantori
di Norimberga
Bizet
Carmen
Verdi
Aida
Verdi
Messa
da Requiem
Verdi
Quartetto
archi
Wagner
Walkiria
Ponchielli
La Gioconda
Wagner
L’anello
del Nibelungo
1886-1889
1890-1893
1878-1881
1882-1885
Musorgskij
Kovancina
Čajkovskij
Mazeppa
Čajkovskij
La dama
di picche
Massenet
Manon
Mascagni
Cavalleria
rusticana
Verdi
Simon
Boccanegra
Offenbach
I racconti
di Hoffmann
Puccini
Le Villi
1894-1897
Verdi
Otello
Verdi
Falstaff
Verdi
Quattro pezzi sacri
Puccini
Edgar
Puccini
Manon
Lescaut
Puccini
La bohème
Leoncavallo
I pagliacci
I centenari di Verdi (e di Wagner) sono l’occasione per festeggiamenti e per riflessioni critiche utilissime. Ma anche l’anagrafe ha la sua importanza. Le tre tabelle cronologiche ratificano fatti già ben
noti, che spesso si finisce col trascurare. Mettendo in fila, su un arco temporale di ben oltre mezzo
secolo (1838 – 1897), le opere teatrali tuttora più popolari e presenti in repertorio, risulta evidente il
ruolo di Verdi, sul melodramma italiano prima e su quello europeo (e dunque mondiale) subito dopo.
Negli anni Quaranta, in Italia, Verdi è certamente l’erede di Rossini, Bellini e Donizetti, ma soprattutto
è colui che sgomina la concorrenza dei suoi concorrenti Mercadante, Pacini, Petrella. Infatti la tabella
1848-1858 è zeppa di opere verdiane e lascia spazio (iniziale) soltanto per l’estremo Donizetti. In
Europa entra in scena Wagner, peraltro ancora marginalizzato dai suoi giovanili ardori rivoluzionari.
Negli ventennio Sessanta-Settanta, Verdi consolida la sua posizione internazionale (Forza del destino in Russia, Don Carlos in Francia, Aida in l’Egitto), osserva da lontano i tentativi degli scapigliati
italiani Boito (Mefistofele) e Ponchielli (Gioconda). Wagner non sfonda a Parigi e si mantiene fenomeno bavarese, pur con Tristano, Maestri cantori, Anello del Nibelungo. In Francia comanda il lirismo
di Gounod e Bizet muore senza poter sfruttare il successo di Carmen. Il nuovo teatro musicale
europeo nasce in periferia, in Boemia e in Russia, con le scuole nazionali di Smetana, di Musorgkij
e Čajkovskij.
Nell’ultimo ventennio del secolo, Verdi crea capolavori come Otello e Falstaff, tuttavia la sua ridotta
attività lascia (apparentemente) spazio a una nuova generazione di operisti italiani, il verista Mascagni, il multiforme Puccini. Verdi resta l’imperatore del melodramma italiano; non solo con le sue
arie, ma anche con le sinfonie e con i cori. Come ascolteremo stasera dall’inizio alla fine, da Oberto a Otello.
Giuseppe
Verdi
Busseto 1813 - Milano 1901
La battaglia di Legnano
Composizione
1848
Sinfonia
Edizione
Ricordi
Durata
8’ ca.
Organico 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani, percussioni: cassa, piatti; archi
Prima esecuzione Roma, Teatro Argentina, 27 gennaio 1849
primo violino e direttore Emilio Angelini
I Lombardi alla prima Crociata
Composizione
1843
“Salve Maria”
Edizione
Ricordi
Durata
3’ 40” ca.
Organico 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 3 corni; archi
Prima esecuzione Milano, Teatro alla Scala, 11 febbraio 1843
primo violino e direttore Eugenio Cavallini
I Lombardi alla prima Crociata
Preludio al Finale dell’Atto III (violino solo e orchestra)
Composizione
1843
Edizione
Ricordi
Durata
4’ ca.
Organico violino solista; 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe,
3 tromboni, basso tuba; timpani, percussioni: cassa, piatti; archi
Oberto, conte di San Bonifacio
Composizione
1836
Sinfonia
Edizione
Ricordi
Durata
8’ ca.
Organico 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba;
timpani, percussioni: cassa, piatti; archi
Prima esecuzione Milano, Teatro alla Scala, 17 novembre 1839
primo violino e direttore Eugenio Cavallini
Oberto, conte di San Bonifacio
“Oh, chi torna l’ardente pensiero”
Composizione
1836
Edizione
Ricordi
Durata
8’ ca.
Organico 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni; archi
Adagio per tromba
Composizione
1837
Edizione
McNaughtan
Durata
5’ ca.
Organico tromba solista; 2 flauti, 2 clarinetti, fagotti; 2 corni; archi
Otello “Ave Maria”
Composizione
1886
Edizione
Ricordi
Durata
4’ 30” ca.
Organico solo archi, senza contrabbassi
Prima esecuzione Milano, Teatro alla Scala, 5 febbraio 1887, direttore Franco Faccio
La battaglia di Legnano, “tragedia lirica” in quattro atti su libretto di Salvadore Cammarano,
venne rappresentata la prima volta a Roma nel 1849. In quegli anni la censura ebbe un ruolo
significativo nella creazione e nella trasmissione delle opere; stabiliva ciò che si poteva o non
si poteva rappresentare e la “voce del mondo musicale” era obbligata ad adeguarsi ai criteri
imposti dai rappresentanti dei governi. Librettisti e compositori, costretti a risistemare versi e
rimaneggiare scene, in casi estremi non vedevano neppure la loro opera rappresentata - un
celebre e sfortunato esempio è il Poliuto di Donizetti a Napoli. Anche Verdi si adeguò a questa
situazione: finirono nel mirino della censura Nabucco, Ernani, Giovanna d’Arco, Rigoletto, Stiffelio
ecc. e anche La battaglia di Legnano. Il libretto esprimeva sentimenti patriottici fin troppo espliciti:
l’ambientazione in una Milano minacciata da Barbarossa o addirittura il titolo del IV atto - Morire
per la Patria! - non erano accettabili. Così la trama si spostò nel XVI secolo, Barbarossa divenne il
Duca d’Alba e il titolo, con il benestare di Verdi, mutò ne L’assedio di Harlem.
Già nella Sinfonia d’apertura, che propone temi che ritroveremo all’interno dell’opera, si
avverte un “clima sovversivo”: Verdi decise di inserire l’eco dell’inno rivoluzionario francese, la
Marsigliese. Non è il primo a farlo in un’opera: Rossini, molti anni prima, inserì un riferimento a
questa melodia nell’Italiana in Algeri facendola cantare al coro di schiavi italiani.
La Sinfonia de La battaglia di Legnano, che si apre con un Allegro marziale maestoso, è di un
certo impatto, anche se non è eseguita spesso nelle sale da concerto. Il tema della marcia
introduttiva è esposto con una combinazione energica ed efficace prima da trombe, tromboni
e cimbasso, e poi da legni e archi. La melodia si sviluppa in un Andante sostenuto – “con
espressione” – per terminare con l’Allegro che ripresenta immutato il tema iniziale eseguito
prima da legni e ottoni bassi e poi dall’orchestra. è nella coda della Sinfonia che riecheggia il
potente tema rivoluzionario francese.
Anche I Lombardi alla prima Crociata, scritta qualche anno prima, nel 1843, subì le modifiche
della censura. La forte allusione alla situazione politica e addirittura una preghiera alla
Madonna cantata dalla protagonista non convinsero il governo austriaco. L’Ave Maria intonata
da Giselda Ave Maria! – di grazie il petto / t’empie il Signore – che in te si posa [...] subì
una modifica nell’incipit; l’inizio della prima delle quattro Ave Maria scritte da Verdi divenne
Salve Maria e con queste parole fino ad oggi è rimasta. La preghiera presenta una melodia
semplice regolare, ed è accompagnata da un organico cameristico: otto violini, due viole, un
contrabbasso, flauto e clarinetti soli. La cadenza finale di questo brano presenta uno dei primi
casi di un procedimento che diventerà familiare in Verdi: cioè l’utilizzo una serie di accordi
che non hanno tra loro una logica connessione, ma che creano all’ascolto la sensazione dello
“scivolare le armonie”. Successivamente, nel 1887, Verdi compose un’altra Ave Maria (la terza).
La ritroviamo in Otello (1887) eseguita da Desdemona su testo di Boito: Ave Maria piena
di grazia, / eletta fra le spose e le vergini sei tu […]. La melodia inizia su un unico suono (Mi
bemolle) fino alle parole Prega per chi adorando a te si prostra. Gli archi con sordine riescono
a rendere meravigliosamente l’ispirazione della fede quale più alta concezione dello spirito
umano. Il canto si spegne nell’oscurità poco prima della morte della protagonista uccisa da
Otello. La sesta scena nel terzo atto de I Lombardi alla prima Crociata si apre con un brano
molto curioso (che questa sera ascolteremo). Si tratta di un “concerto per violino” in miniatura
con richiami allo stile di Paganini. Il brano è diviso in tre episodi: un preludio in stile declamato
con cadenze, un andante cantabile e una coda brillante. Nell’opera italiana questi assoli eseguiti
da strumenti sono piuttosto comuni, soprattutto perché i concerti strumentali all’epoca erano
abbastanza rari. Esiste una piccola curiosità a proposito di Verdi e il violino: alcuni anni fa
nella Biblioteca Palatina di Parma è stato scoperto un manoscritto, noto come Stramberia, che
contiene una composizione per violino e pianoforte scritta presumibilmente da un giovanissimo
Verdi. Dovrebbe risalire al 1836 o al 1838, poco prima dell’esordio di Oberto. La composizione
è costituita da tre movimenti che hanno una struttura che esula dagli schemi: il primo
movimento (che per necessità formale dovrebbe essere il più esteso) ha le stesse dimensioni
dell’ultimo, mentre il brano centrale è il più ampio.
La Sinfonia di Oberto, conte di San Bonifacio (1839) è una delle più brevi scritte da Verdi. è
suddivisa in due movimenti e al loro interno vi si ritrovano elementi melodici tratti dall’opera.
Il suono di questa composizione è esile, quasi settecentesco, un po’ come quello di Nabucco.
Ciò è inevitabile dal momento che al tempo delle prime opere verdiane le orchestre avevano
caratteristiche ben diverse da quelle che troveremo cinquant’anni dopo. L’organico era più
ridotto, gli archi erano differenti, gli ottoni non avevano pistoni, inoltre l’orchestra suonava alla
stessa altezza dei cantanti (non esisteva la buca) e i teatri erano sempre illuminati.
Il secondo atto di Oberto si apre con il recitativo E che gli resta / a proferire in sua discolpa? e
l’aria “Oh, chi torna l’ardente pensiero” seguita dalla cabaletta “Più che i vezzi e lo splendore”.
Sono eseguiti dalla protagonista Cuniza (mezzosoprano). La donna, con un sospiro di
rimpianto, rifiuta di parlare con Riccardo, suo promesso sposo, rinunciando per sempre alla sua
felicità. Il recitativo è caratterizzato da scampoli di melodia cantata poco prima dal coro delle
damigelle “Piangon le ciglia”, ed è accompagnata dai legni. L’aria che segue, un Andante, è
caratterizzata da uno schema molto convenzionale, che si attiene al modello dell’ultimo Bellini,
mentre la cabaletta “Più che i vezzi e lo splendore” ha un sapore squisitamente rossiniano sia
nell’andatura che nell’orchestrazione.
L’Adagio per tromba e orchestra in Re è invece un brano giovanile e non è inserito in un opera.
è caratterizzato da una melodia semplice, breve e cantabile, con inizio in levare, presentata
prima dall’orchestra e poi dallo strumento solista. L’Adagio è stato composto nel 1837 per uno
strumento amato da Verdi e simbolo per secoli della musica militare, utilizzato sul campo di
battaglia, per impartire ordini o solennizzare avvenimenti. Con il tempo lo strumento venne
modificato: il tubo fu ripiegato su se stesso per renderlo meno ingombrante e più comodo da
trasportare. All’inizio dell’Ottocento la tromba inoltre venne arricchita delle chiavi e dei pistoni
rendendola così capace di eseguire l’intera scala cromatica con un’estensione di circa tre ottave.
Laura Nicora
laVerdi ha eseguito l’Adagio per tromba nelle Stagioni: 2001/02, tromba Gianluigi Petrarulo,
direttore Riccardo Chailly (prima esecuzione italiana)
I Lombardi alla prima Crociata Atto I, scena VI
“Salve Maria”
Giselda:
Te, Vergin Santa, invoco!
Salve Maria! di grazia il petto
t’empie il Signore - che in te si posa;
tuo divin frutto - sia benedetto,
o fra le donne l’avventurosa!
Vergine santa, madre di Dio,
per noi tapini leva preghiera,
ond’Ei ci guardi con occhio pio
quando ne aggravi l’ultima sera!
Oberto, Atto II, scena I
“Oh chi torna l’ardente pensiero”
Cuniza:
Riccardo? . . . E che gli resta
a proferire in sua discolpa? Un giorno
dolce nel core mi scendea quel nome,
qual rugiada che avviva
i lassi fior nella stagione estiva.
Oh, soavi memorie! Oh, caro affetto!
Chi vi toglie al mio petto?
Oh, chi torna l’ardente pensiero
a’ bei sogni del tempo primiero!
Ei nel volto, nell’alma era bello . . .
Qui m’apparve . . . parlommi d’amor.
Un suo sguardo, un suo vago sorriso
m’eran vita, gioir, paradiso!
Come preci su gelido, avello
ora invano mi scendono al cor.
Più che i vezzi e lo splendore,
più che un plauso che delude,
della splendida virtude
può la voce sul mio cor.
Della misera il dolore
trovi asilo nel mio petto;
amistade è santo affetto
pari a quello dell’amor.
Otello, Atto IV, scena II
“Ave Maria”
Desdemona:
Ave Maria, piena di grazia, eletta
fra le spose e le vergini sei tu;
sia benedetto il frutto, o benedetta,
di tue materne viscere, Gesù.
Prega per chi adorando a te si prostra,
prega pel peccator, per l’innocente,
e pel debole oppresso e pel possente,
misero anch’esso, tua pietà dimostra.
Prega per chi sotto l’oltraggio piega
la fronte e sotto la malvagia sorte;
per noi, per noi tu prega, prega
sempre e nell’ora della morte nostra,
prega per noi, prega per noi, prega.
Ave Maria…nell’ora della morte.
Ave! Amen!
Giuseppe
Verdi
Busseto 1813 - Milano 1901
Il Trovatore
Coro “Chi del Gitano” - Canzone “Stride la vampa”
Composizione
1852
Edizione
Ricordi
Durata
6’ ca.
Organico 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani, percussioni: cassa, triangolo, incudine; archi
Prima esecuzione Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853, primo violino e direttore Emilio Angelini
Simon Boccanegra
Preludio - “Come in quest’ora bruna...”
Composizione
1857
Edizione
Ricordi
Durata
6’ ca.
Organico 2 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani; arpa; archi
Prima esecuzione Venezia, Teatro La Fenice, 12 marzo 1857, direttore Carlo Ercole Bosoni
Aida
Preludio
Composizione
1871
Edizione
Ricordi
Durata
4’ ca.
Organico 3 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani; archi
Prima esecuzione Il Cairo, Teatro dell’Opera, 24 dicembre 1871, direttore Giovanni Bottesini
Aida Duetto “Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta”
Edizione
Durata
Composizione
Ricordi
10’ ca.
1871
Organico 3 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani, percussioni: cassa, triangolo; archi
Aida Gran finale dell’Atto II
Composizione
1852
Edizione
Luck’s
Durata
11’ ca.
Organico 3 flauti (uno ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti; 4 corni, 6 trombe, 3 tromboni,
basso tuba; timpani, percussioni: cassa, piatti, triangolo; archi
Il trovatore (1853) è la seconda opera della ‘trilogia popolare’, insieme a Rigoletto (1851) e La
traviata (1853). è un’opera vasta e densa di suoni (Verdi la ritoccherà per il teatro di Parigi), pensata per un’orchestra subordinata ai cantanti. Non è un’opera di guerra come comunemente si
crede, ma descrive personaggi giovani e innamorati; ha come protagonista un artista – un trovatore - che canta accompagnandosi con un liuto.
L’opera è in quattro atti, ogni atto ha un titolo. Il secondo - La gitana - presenta il mondo di
Azucena e degli zingari, calderai ambulanti. Il brano di apertura – il coro Vedi! Le fosche notturne
spoglie - ricorda lo stile “alla turca” usato anche da Mozart: Verdi si serve di un ritmo binario (in
2/4) con molte acciaccature e si avvale dell’uso del triangolo. Il brano presenta un ritornello in Do
maggiore, dal sapore bandistico, eseguito a piena orchestra e cantato all’unisono Chi del gitano i
giorni abbella?. Nella versione rappresentata gli uomini battono le loro incudini (si ricorda così il
lavoro dei calderai), i bassi in battere e i tenori in levare. L’effetto che ne risulta dall’esecuzione è
completamente nuovo nell’opera italiana.
Segue il celebre Allegretto in 3/8 cantato da Azucena (mezzosoprano): Stride la vampa. Questa
“canzone caratteristica” è in realtà un brano molto drammatico. La protagonista ricorda la morte
della madre, bruciata sul rogo. La musica in Mi minore ha un richiamo cupo e mistico. Il tempo
ternario, caratteristico del ballo popolare, riflette anche la superstizione di Azucena. Il canto è
scandito dall’accompagnamento degli archi e dal suono ribattuto del Si, con cui inizia il brano, che
ritorna come un’ossessione. Il coro degli zingari ascolta queste parole e le commenta: Mesta è la
tua canzon!. Azucena risponde: Del pari mesta / Che la storia funesta/Da cui tragge argomento!
/ Mi vendica… mi vendica. Anche Simon Boccanegra, insieme a Il trovatore (ma anche Macbeth,
Stiffelio ecc.), è una di quelle opere che Verdi decise di modificare tra gli anni ’50 e gli anni ’80. La
prima rappresentazione, fissata al Teatro La Fenice nel marzo 1857 (il libretto era di Piave), non
fu un grande successo. Così, trascorsi alcuni anni, Verdi modificò parte dell’opera sollecitato da
Giulio Ricordi e aiutato da Arrigo Boito che sistemò soprattutto i versi del primo atto. Ne nacque
una seconda versione nella quale la preponderanza dell’elemento vocale cedeva il passo ad un
uso più incisivo dell’orchestra, seguendo la moda del Grand Opéra parigino. La rappresentazione
avvenne alla Scala il 24 marzo 1881 con un buon successo.
Il primo atto, preceduto da un Prologo, è ambientato all’alba nel giardino dei Grimaldi, fuori Genova. Il Preludio (modificato nelle due versioni dell’opera) apre l’atto. Nella prima versione è molto
breve, “semplice e diretto”, mentre nella seconda diventa “pittura sonora”, ricco di sfumature
armoniche. Segue la cavatina Come in quest’ora bruna cantata dalla protagonista Amelia (soprano) - una “giovine modesta quieta magra vaporosa”, quasi una monachella, anche se in questo
brano il suo tono è più ostentato. Amelia sta osservando l’orizzonte e attende l’amato Gabriele
ricordando la fanciullezza. Il brano (rivisto per la versione del 1881) è strutturato in tre parti, ha
proporzioni considerevoli, caratterizzato da un gusto “parigino”, con un ricco episodio centrale. Il
ritmo è scandito dai 9/8 e l’accompagnamento è realizzato dagli archi insieme ai flauti, clarinetti e
ottavini; questi ultimi rievocano il canto degli uccellini e la freschezza dell’aria mattutina.
Tuttavia è in Aida (1871), opera complessa e raffinata, caratterizzata dall’influsso francese e da
un notevole rinnovamento formale, che Verdi riesce a fondere alla perfezione tradizione e rinnovamento. Il sapore dell’Egitto, all’epoca una vera e propria moda, è trasmesso in modo mirabile,
attraverso una tale ricchezza armonica non presente nelle sue opere precedenti.
Il Preludio del primo atto ne è un esempio. E’ considerato superiore ad ogni altro pezzo strumentale fino ad allora scritto da Verdi. La sua robusta ed energica scrittura per archi rievoca e
precorre le Sinfonie di Brahms (la prima di queste fu portata a termine dal compositore tedesco
solo nel 1876, alcuni anni dopo la composizione di Aida). Ad un primo ascolto il Preludio di Aida
può rievocare quello di Lohengrin, ma in realtà lo schema ha caratteristiche squisitamente verdiane che insistono sulle tonalità di Re maggiore, Fa diesis e Si minore nella parte intermedia. è
costituito da due idee: la prima è collegata alla protagonista Aida ed è esposta dai violini in sor-
dina, mentre la seconda, espressa in modo più minaccioso, è collegata ai sacerdoti. I versi di Aida
furono affidati ad Antonio Ghislanzoni, al quale Verdi suggerì, raccomandò e richiese modifiche.
A proposito del duetto tra Aida (soprano) e Amneris (mezzosoprano) - Fu la sorte dell’armi a’ tuoi
funesta - nella prima scena del secondo atto (nell’opera ci sono ben cinque duetti), Verdi vuole
maggiore concisione: “il recitativo si poteva dire in minor numero di versi. […] mi pare che manchi
la parola scenica. […] intendo dire la parola che scolpisce e rende netta ed evidente la situazione”.
E ancora: “La monotonia bisogna evitarla, cercando forme non comuni. [...] Coraggio, dunque, […]
Veda dunque, se in questa accozzaglia di parole senza rima che le mando, può farmi dei buoni
versi com’Ella ne ha fatti tanti”. Nel duetto la protagonista non nasconde alla rivale il suo amore
per Radamès; le chiede compassione e indulgenza, ma Amneris non ha alcuna pietà (D’odio e
vendetta le furie ho in cor). Musicalmente il duetto si sviluppa con un ritmo regolare e Verdi, a un
certo punto, caratterizza ogni personaggio con un proprio colore orchestrale. Quello di Amneris
con gli archi (con un tremolando) e rullo dei timpani, e quello di Aida con i legni. Il celebre finale
del secondo atto dell’opera rappresenta una grandiosa celebrazione. Gli squilli di tromba di una
banda su palco (utilizzata da Verdi anche per Nabucco) sono seguiti dalla risposta dell’orchestra
in tempo di marcia. Il crescendo della musica porta al coro Gloria all’Egitto, un Allegro maestoso
in Mi bemolle eseguito su un fortissimo, e poi suddiviso tra il coro degli uomini, quello delle donne (S’intrecci il loto al lauro) e dei sacerdoti (Della vittoria agli arbitri supremi). Pare che il kedivè
d’Egitto volesse adottare questo brano come inno nazionale egiziano. Le didascalie d’azione del
libretto, così come la Disposizione scenica, indicano dopo questo coro l’ingresso di una colonna
di soldati preceduta dai trombettieri (trombe egiziane) che sfila davanti al Re. La processione è
scandita da uno dei brani strumentali più famosi della storia dell’opera. Si tratta della celebre
“marcia trionfale”, una melodia semplice, ma estremamente incisiva, creata con poche note, eseguita prima nella tonalità di La bemolle sul tempo 4/4, poi ripetuta da un altro gruppo di trombe
in altra tonalità. Segue un ballabile (brano musicale sulle cui note danzano dei ballerini), concluso
il quale si ritorna al tema del coro introduttivo (quando non si esegue il ballabile questo coro è
eseguito subito dopo la “marcia trionfale”). Qui è presentato con maggiore solennità - Grazie agli
dei - e termina con un grandioso e straordinario fortissimo eseguito dal Tutti, coro e orchestra, e
supportato ancora dalle trombe.
L. N.
laVerdi ha eseguito “Chi del gitano” da Il trovatore nelle Stagione 2012/13, Quartetto d’archi
de laVerdi, pianoforte Luigi Ripamonti, maestro del Coro Erina Gambarini
• il Preludio e aria “Come in quest’ora bruna” da Simon Boccanegra nelle Stagione 1999/00,
soprano Dimitra Theodossiou, direttore Roberto Polastri
• il Gran Finale dall’Atto II da Aida nelle Stagione 2009/10, maestri dei cori Angelo Giussani,
Mario Gaspani, direttore Jader Bignamini.
Bibliografia
Frank Walker, L’uomo Verdi, Mursia, Milano,
1964
Massimo Mila, L’arte di Verdi, Einaudi,
Torino, 1980
Giuseppe Verdi, Lettere, a cura di Edoardo
Rescigno, Einaudi, Torino, 2012
Edoardo Rescigno, Viva Verdi. Giuseppe
Verdi e la sua opera, BUR, Milano, 2012
Discografia
Adagio per Tromba, Verdi Discoveries, tromba
Gianluigi Petrarulo, Orchestra Sinfonica di Milano
Giuseppe Verdi, direttore Riccardo Chailly (DECCA)
Aida, New Philharmonia Orchestra, direttore
Riccardo Muti (EMI Classics)
La battaglia di Legnano, Orchestra Sinfonica
del Teatro alla Scala, direttore Gianandrea
Gavazzeni (MYTO)
Il trovatore, Orchestra del Teatro alla Scala di
Milano, direttore Tullio Serafin (DG)
Il trovatore, Atto II, scena I
“Chi del gitano”, “Stride la vampa”
Zingari:
Vedi! Le fosche notturne spoglie
de’ cieli sveste l’immensa volta:
sembra una vedova che alfin si toglie
i bruni panni ond’era involta.
All’opra! all’opra!
Dagli, martella.
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
Uomini:
Versami un tratto: lena e coraggio
il corpo e l’anima traggon dal bere.
Tutti:
Oh guarda, guarda! del sole un raggio
brilla più vivido nel mio/tuo bicchiere!
All’opra, all’opra...
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
Azucena:
Stride la vampa! la folla indomita
corre a quel foco, lieta in sembianza!
Urli di gioia intorno echeggiano;
cinta di sgherri donna s’avanza!
Sinistra splende sui volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
Stride la vampa! giunge la vittima
nerovestita, discinta e scalza;
grido feroce di morte levasi;
l’eco il ripete di balza in balza;
sinistra splende sui volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
Simon Boccanegra, Atto I, scena I
“Come in quest’ora bruna”
Amelia:
Come in quest’ora bruna
sorridon gli astri e il mare!
Come s’unisce, o luna,
all’onda il tuo chiaror!
Ah! Amante amplesso pare
di due verginei cor!
Ma gli astri e la marina
che dicono alla mente
dell’orfana meschina?
La notte atra, crudel,
quando la pia morente
sclamò: Ti guardi il ciel!
O altero ostel, soggiorno
di stirpe ancor più altera,
Il tetto disadorno
non obliai per te!
Ah! solo in tua pompa austera
Amor sorride a me.
S’inalba il ciel, ma l’amoroso canto
non s’ode ancora!
Ei mi terge ogni dì, come l’aurora
la rugiada dei fior, del ciglio il pianto.
Aida, Atto II, scena I
“Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta”
Amneris:
Fu la sorte dell’armi a’tuoi funesta,
povera Aida! Il lutto che ti pesa
sul cor teco divido. Io son l’amica tua...
tutto da me tu avrai... Vivrai felice!
Aida:
Misera!
Aida:
Felice esser poss’io,
lungi dal suol natio, qui dove ignota
m’è la sorte del padre e dei fratelli?
Aida:
Per sempre io piangerò!
Amneris:
Ben ti compiango! pure hanno un confine
i mali di quaggiù... Sanerà il tempo
le angosce del tuo core,
e più che il tempo, un Dio possente amore.
Aida:
(Amore, amore! Gaudio, tormento,
soave ebbrezza, ansia crudel!
Ne’ tuoi dolori la vita io sento,
un tuo sorriso mi schiude il ciel).
Amneris:
(Ah! quel pallore... quel turbamento
svelan l’arcana febbre d’amor.
D’interrogarla quasi ho sgomento,
divido l’ansie del suo terror)
Ebben: qual nuovo fremito
t’assal, gentil Aida?
I tuoi segreti svelami,
all’amor mio t’affida.
Tra i forti che pugnarono
della tua patria a danno
qualcuno... un dolce affanno
forse... a te in cor destò?
Aida:
Che parli?
Amneris:
A tutti barbara
non si mostrò la sorte.
Se in campo il duce impavido
cadde trafitto a morte.
Aida:
Che mai dicesti! Misera!
Amneris:
Sì... Radamès da’ tuoi
fu spento...
Amneris:
E pianger puoi?
Amneris:
Gli Dei t’han vendicata.
Aida:
Avversi sempre
A me furo i Numi.
Amneris:
Trema! In cor ti lessi...
Tu l’ami...
Aida:
Io!
Amneris:
Non mentire!
Un detto ancora e il vero
Saprò. Fissami in volto...
io t’ingannava... Radamès vive!
Aida:
Vive!
Ah, grazie, o Numi!
Amneris:
E ancor mentir tu speri?
Sì, tu l’ami! Ma l’amo
anch’io, intendi tu? Son tua rivale,
figlia dei Faraoni.
Aida:
Mia rivale!
Ebben sia pure... Anch’io
son tal...
Ah! che dissi mai? pietà, perdono!
Ah! pietà ti prenda del mio dolor.
È vero, io l’amo d’immenso amor.
Tu sei felice, tu sei possente,
Io vivo solo per questo amor!
Amneris:
Trema, vil schiava! Spezza il tuo core;
segnar tua morte può quest’amore;
del tuo destino arbitra sono,
d’odio e vendetta le furie ho in cor.
Aida:
Tu sei felice, tu sei possente.
Io vivo solo per questo amor!
Pietà ti prenda del mio dolor!
Amneris:
Trema, vil schiava! Spezza il tuo core.
Del tuo destino arbitra son.
D’odio e vendetta le furie ho in cor.
Coro:
Su! del Nilo al sacro lido
sien barriera i nostri petti;
non echeggi che un sol grido:
guerra e morte allo stranier!
Amneris:
Alla pompa che s’appresta,
meco, o schiava, assisterai;
tu prostrata nella polvere,
io sul trono, accanto al Re.
Aida:
Ah pietà! Che più mi resta?
un deserto è la mia vita;
vivi e regna, il tuo furore
io tra breve placherò.
Quest’amore che t’irrita
nella tomba io spegnerò.
Amneris:
Vien, mi segui, apprenderai
se lottar tu puoi con me.
Aida:
Ah! pietà!
Quest’amor
nella tomba io spegnerò.
Pietà! pietà!
Coro:
Guerra e morte allo stranier!
Amneris:
... e apprenderai
Se lottar tu puoi con me.
Coro:
Guerra e morte allo stranier!
Aida:
Numi, pietà del mio martir,
speme non v’ha pel mio dolor;
Numi, pietà del mio soffrir,
Numi, pietà, pietà, pietà!
Aida, Atto II
Gran Finale
Popolo:
Gloria all’Egitto, ad Iside
che il sacro suol protegge!
Al Re che il Delta regge
Inni festosi alziam!
Gloria! Gloria! Gloria!
Gloria al Re!
Donne:
S’intrecci il loto al lauro
sul crin dei vincitori!
Nembo gentil di fiori
stenda sull’armi un vel.
Danziam, fanciulle egizie,
le mistiche carole,
come d’intorno al sole
danzano gli astri in ciel!
Sacerdoti:
Della vittoria agl’arbitri
supremi il guardo ergete;
grazie agli Dei rendete
nel fortunato dì.
Popolo:
Come d’intorno al sole
danzano gli astri in ciel!
Inni festosi alziam al Re,
Alziamo al Re.
Sacerdoti:
Grazie agli Dei rendete
nel fortunato dì.
Popolo:
Vieni, o guerriero vindice,
vieni a gioir con noi;
sul passo degli eroi
i lauri, i fior versiam!
Gloria al guerrier, gloria!
Gloria all’egitto, gloria!
Sacerdoti:
Agli arbitri supremi
il guardo ergete;
Grazie agli Dei rendete
nel fortunato dì.
Antonio Ghislanzoni
Il maestro Verdi
Antonio Ghislanzoni (1824-1893), il futuro librettista di Aida, era stato in gioventù baritono, anche in Francia, poi impresario a Milano e commediografo.
Nel 1846 conobbe Verdi e nel ’51 cantò a Parigi nell’Ernani. Ritiratosi dalle
scene per essere stato fischiato al Teatro Carcano, iniziò una brillante carriera
di giornalista e scrittore, venendo introdotto da Giuseppe Rovani nel movimento
della Scapigliatura. Al mondo e alla vita teatrale (d’opera e di prosa) del tempo
è dedicato il suo primo romanzo, a metà fra invenzione e memorialistica, Gli
artisti da teatro, 1856. Apparso originariamente a puntate sulla rivista “Cosmorama Pittorico”, nel 1865 fu pubblicato dall’editore Daelli in cinque volumetti più uno di Commentarii, in cui Ghislanzoni raccoglieva “cenni biografici e
giudizii critici limitati agli artisti da me personalmente conosciuti”, precisando
come le sue “impressioni” fossero “affatto indipendenti da quelle del pubblico”.
Un’enciclopedia minima fatta di decine di paragrafi o semplici capoversi, come
nel caso di Giuseppina Strepponi. Verdi (come Rossini, Bellini e Donizetti) occupa uno dei più ampi, costruito con maestria di sintesi. Il suo interesse, oltre che
documentario è appunto nella franchezza di giudizio, fra cui il rilievo di “imitazione del genere mayerbeeriano” e di cedimento al “dispotismo dell’Opéra” di
Parigi, relativo a quella che chiama “terza maniera” verdiana (non fa, invece,
Museo Teatrale alla Scala
cenno alle controversie riguardo a Wagner perchè non ancora insorte quando
scriveva). È probabile che Verdi fosse almeno informato del romanzo, divenuto popolarissimo tanto da essere
continuamente ristampato da diversi grandi editori fino al 1930. Questo non impedì che nel 1868, su impulso di Arrigo Boito, lo ricevesse per affidargli la revisione della Forza del destino a cui seguirà il libretto per
Aida. Ghislanzoni prese occasione dall’incontro, il primo dopo la lontana conoscenza a Milano, per un lungo articolo sulla “Gazzetta musicale di Milano”, La casa di Verdi a Sant’Agata, rimasto “una delle pagine più note della
letteratura verdiana dell’Ottocento”, come ha scritto Marcello Conati ristampandolo. Su Ghislanzoni è disponibile
una vasta bibliografia, fra cui un breve saggio di Benedetto Croce nel vol. V della Letteratura della nuova Italia.
Il testo si riproduce inalterato nella punteggiatura e nella grafia di nomi e espressioni straniere.
Giuseppe Verdi, l’ultimo dei grandi maestri, che non cessa di alimentare lo splendido
repertorio lasciato da’ suoi predecessori, sostenendo il credito della musica italiana già molto
compromesso dalla potente concorrenza degli stranieri; deriva immediatamente da Donizetti,
come questi da Rossini e da Bellini. Pochi maestri si pronunziarono nelle prime opere con
slanci di sì franca indipendenza. Il Nabucco e i Lombardi furono, pel pubblico italiano, una
nuova rivelazione d’arte. Chi vuole scorgere nel Nabucco di Verdi una imitazione del Mosè di
Rossini; mostra di non aver compreso né l’uno né l’altro spartito. La grande aria di Zaccaria,
la profezia di questi, il duetto a baritono e soprano, tuttoché improntati di maestà religiosa,
di entusiasmo biblico, come il Mosè di Rossini; musicalmente rappresentano una innovazione.
Verdi, nelle prime opere, manifesta la propria individualità nella concitazione appassionata de’
suoi canti, colla chiarezza ritmica delle sue melodie, qualche volta un po’ banali, ma di effetto
immancabile. I suoi duetti, i suoi terzetti si svincolano affatto dalle forme più usitate. Nei pezzi
di concerto, i suoi personaggi si caratterizzano come negli a solo dell’opera; l’odio e l’amore,
la preghiera e il disprezzo cessano di parlare il medesimo linguaggio, di rispondersi con un
canto omogeneo, di confondersi nelle medesime note, nel medesimo ritmo. I terzetti di Verdi
rappresentano le tre individualità del dramma, l’una dall’altra indipendenti. L’irresistibile effetto
di questa musica è dovuto alla sorpresa dei contrasti, agli slanci inaspettati, ai rinforzi acustici
della frase culminante maestrevolmente combinati. Verdi, progressista fino dal suo esordire,
non era talento da appagarsi delle prime innovazioni, da arrestarsi sovra i primi successi.
Nelle opere, che appartengono alla sua prima maniera, egli ha prodigate le esuberanze
dell’anima giovanile, con una sbrigliatezza, che più volte diede ragione
a’ suoi detrattori. Ernani, Foscari, Giovanna d’Arco, Attila, Battaglia di
Legnano, peccano di soverchio fragore, di impeti eccessivi, di cantilene
volgari, malamente applicate. Nel Nabucco e nei Lombardi, ove l’autore
esordiente sembra aver posto maggiore cura d’arte che non in altre
opere scritte dappoi, il frastuono è eccedente, ma apparisce più logico in
ragione del subietto musicato, ed anche per il predominio di più elette
melodie, e per lo studio più accurato delle combinazioni armoniche.
Nondimeno la prima maniera del Verdi, appunto per la sua sbrigliatezza
qualche volta un po’ volgare, fece impressione nelle masse, una
impressione che produsse il delirio.
Il pubblico urlava di entusiasmo al terzetto dei Lombardi; si esaltava per
Ernani, per Elvira, pel vecchio Silva, fremeva con Attila, si infiammava
Antonio Ghislanzoni in un
ai belligeri ardori di Giovanna d’Arco. Si avvicinava il 1848 – le idee
ritratto della “Illustrazione
patriottiche, i fremiti di indipendenza si agitavano sotto una superficie
Italiana”, 1887
di calma e di ben essere; la musica di Verdi era un bisogno del tempo.
I successi di Attila, Giovanna d’Arco, dei Lombardi, erano il primo grido
della rivoluzione sotterranea; il pubblico sentiva in quella musica il presagio dei nuovi tempi,
e la accoglieva come un appello patriottico, come un inno di guerra. – La seconda maniera di
Verdi, comincia, a mio vedere, in alcune scene del Macbhet, e si sviluppa completamente in
tutte le opere che stanno fra la Luisa Miller e la Traviata – Di queste, la più perfetta è forse
il Rigoletto, la più popolare il Trovatore, la più simpatica la Traviata. In questa seconda fase
d’arte, Verdi divenne più castigato nella istromentazione, più eletto nelle melodie, e soprattutto,
più drammatico. Il Rigoletto è la vera traduzione musicale del Roi s’amuse, mentre l’Ernani non
era che una parafrasi molto sbrigliata del dramma di Vittore Ugo. Il Trovatore ha un quarto atto
sublime. La Traviata è il vero dramma moderno, il dramma intimo, sentimentale, appassionato,
straziante - a mio gusto, il dramma dove l’originalità di Verdi spicca più distinta. Dirò ancora,
che delle tre maniere di Verdi, la seconda è la meglio accetta generalmente, come quella, che
elevandosi dalle banalità, respingendo gli eccessi, temperandosi con tutte le risorse dell’arte
più perfetta, ci ha dato il vero dramma senza togliere alla musica il suo carattere melodioso,
ritmico, chiaro, il carattere italiano. – Nella terza maniera, iniziata coi Vespri Siciliani, scritti a
Parigi pel teatro dell’Opera, Verdi comincia a smarrire la propria individualità nella imitazione
di quel genere mayerbeeriano, in cui si fondono tutte le scuole, italiana, francese, tedesca,
per formare dei mosaici colossali, qualche volta un po’ stucchevoli, anche se improntati dalla
mano del genio. Così nel Guglielmo Tell, non abbiamo più il Rossini schietto della Semiramide e
dell’Otello; così nella Favorita, vediamo il Donizetti violentare la propria natura per trasformarsi
al beneplacito del gusto francese.
Dico gusto francese per modo di esprimermi, ma più esattamente dovrei dire: gusto dell’Opera.
Questo teatro ha le sue speciali esigenze in fatto di opere musicali; esso impone ai maestri un
convenzionalismo barocco, da cui nessuno che scriva per quel teatro può emanciparsi senza
rischiare una caduta. Verdi cedette come gli altri al dispotismo dell’Opera. Nei Vespri Siciliani
volle accostarsi a Meyerbeer, prendere lo stile che suol chiamarsi
francese, ed è lo stile di un teatro. Una volta entrato in questa
nuova via; una volta innamorato di questa forma grandiosa,
elaborata, calcolata, che ha le sue forti seduzioni per i nobili
intelletti; Verdi non potè riprendere la propria individualità pura
e schietta, e le sue ultime manifestazioni musicali, tuttochè
eloquentissime, parvero le meno conformi al gusto italiano.
Il Boccanegra, magnifico lavoro, la Giovanna di Guzman, e il
Ballo in maschera, non destarono in Italia i pronti entusiasmi
del Rigoletto, del Trovatore, della Traviata; sebbene la stampa,
e i così detti intelligenti, si adoperassero con zelo apostolico a
favorire i trionfi della terza maniera di Verdi.
Comunque sia, scegliete a vostro grado fra le tre maniere – le
vostre preferenze dipenderanno dal gusto, o dal pregiudizio
– è innegabile che Verdi oggimai ha preso il suo nobile posto
nella storia della musica italiana, anzi, egli segna un’epoca di
transizione, che è destinata a portare il suo nome. I pedanti, gli
Frontespizio della prima edizione
imbecilli, nemici implacabili di chi procede innovando e ottiene il
in volume de Gli artisti da teatro, 1865
successo, osano ancora discutere il genio di Verdi:
Essi non vedono come tutto il mondo sia attualmente predominato da questa musica
irresistibile, respinta, in sulle prime, dai teatri di Parigi e di Londra, e quivi divenuta popolare
più che in Italia, e da ultimo quasi esclusivamente ammirata. Venti opere, più o meno
pregievoli, modellate a tre formole differenti, venti opere, che rappresentano il progresso
drammatico di venti anni, fecero il giro dei grandi e minimi teatri di Europa, col nome di
Giuseppe Verdi. Non si discute un ingegno dopo un successo mondiale. Verdi ha fatto la
sua carriera di grande maestro, e l’Italia deve rendergli grazie di averla sì degnamente
rappresentata, egli solo, pel corso di tanti anni. Verdi si è considerevolmente arricchito colle
sue opere, portando fortuna ai suoi editori, agli impresari, agli speculatori teatrali, ed anche ai
cantanti. L’ingegno eminente, il carattere severo, quasi selvaggio, conciliano a Verdi il rispetto
di quanti lo ammirano come maestro. L’autore del Nabucco e del Rigoletto ha impiegato i suoi
capitali in compere di terreni, nelle vicinanze di Busseto sua patria, e vive da campagnolo,
quando non sia chiamato dall’arte, a cui non ha rinunziato, a presentare una nuova opera al
teatro. Verdi ottenne onorificenze, titoli e perfino la carica di deputato al primo Parlamento
italiano – tuttociò, senza prostituire il proprio carattere, senza derogare dalla propria dignità,
senza chiedere, pregato. Recentemente, alla morte di Meyerbeer, egli fu nominato successore
al grande maestro nell’Istituto di Francia.
La Strepponi fu cantante di merito non comune, sebbene pochi anni ella durasse
nell’esercizio dell’arte sua. Alla Scala di Milano, ove cantò più volte con esito sempre felice,
creò la parte di Abigaille nel Nabucco di Verdi, e in quell’opera ottenne straordinarii trionfi. Il
maestro Verdi ebbe speciale devozione ed affetto per questa cantante, che alle doti dell’artista
aggiungeva quelle del cuore, dell’ingegno, della più squisita educazione. Ritiratasi dal teatro
nel momento in cui avrebbe potuto raccogliere le più belle corone, ella si unì in matrimonio al
celebre maestro Verdi, ed ora divide le gioie domestiche e i pubblici trionfi dell’illustre maestro.
(Gli artisti da teatro, romanzo, vol. VI, Commentarii, G. Daelli e C., Milano, 1865, pp. 14-20 e 62-63)
a cura di Pasquale Guadagnolo
Cronologie
Verdi
Note biografiche
1813 - Nasce il 10 ottobre alle
Roncole, frazione di Busseto
(Parma), di famiglia modesta.
1817-28 - Studi al Ginnasio e
con il Maestro di Cappella Ferdinando Provesi. Prime composizioni per la Filarmonica di Busseto, presieduta dal suo benefattore
e futuro suocero Barezzi.
1847-48 - A Londra conosce
Mazzini, che ritrova a Milano nel
periodo delle Cinque Giornate.
Musica un inno patriottico di
Mameli. A Parigi inizia la convivenza con Giuseppina Strepponi e
ripresenta i Lombardi sul modello
“Grand-Opéra” (Jérusalem).
1849 - Scrive per la Repubblica
Romana La battaglia di Legnano,
1832-35 - Ottenuta una borsa accolta con entusiasmo. Si trasferisce con Giuseppina a Busseto.
di studio, si trasferisce a Milano. Negatagli l’ammissione
1850-51 - Pensa a un’opera
al Conservatorio, studia come
dal Re Lear, che non compirà.
Maestro di cappella.
Scrive con Piave Rigoletto,
1836-35 - Nomina a direttore osteggiato dalla censura, che
trionfa alla Fenice.
della Filarmonica di Busseto,
dove esegue una sua Messa.
1852-55 - Trae dalla Dame
Sposa Margherita Barezzi. Musica Il cinque maggio di Manzoni. aux camélias di Dumas, La traviata. La “prima” alla Fenice è
Nasce la figlia Virginia.
deludente, ma l’opera si riscatta
subito. Trionfano a Parigi Il tro1838-40 - Nasce il figlio Icilio,
vatore e Les Vêpres siciliennes.
ma poco dopo muore Virginia.
Conosce Giuseppina Strepponi,
1857 - Esito mediocre di Simon
interprete alla Scala della sua
prima opera, Oberto, conte di San Boccanegra alla Fenice. Vietato
Bonifacio. Muoiono Icilio e la mo- dalla censura a Napoli, Un ballo in
glie Margherita. L’opera buffa Un maschera trionfa a Roma.
giorno di regno non ha successo.
1859 - Sposa Giuseppina con
1842 - Con il Nabucco conquista rito religioso. Rappresenta Busseto per l’annessione del Ducato
la popolarità. Rossini lo accoglie
di Parma al Regno di Sardegna.
amichevolmente a Bologna.
Incontro con Cavour.
Iniziano i suoi “anni di galera”,
come li chiamerà, per le conti1860-61 - Al Teatro di San
nue richieste di nuove opere.
Pietroburgo gli chiedono una
nuova opera. È senatore al pri1843-44 - “Prima” alla Scala
dei Lombardi alla prima crocia- mo Parlamento italiano.
ta. Scrive per la Fenice Ernani,
che avvierà la sua affermazio- 1861 - Inno delle Nazioni, su
versi di A. Boito, per l’Esposizione
ne nazionale.
Internazionale di Londra. Succes1845-46 - Acquista un podere so a San Pietroburgo della Forza
alle Roncole. Nascono I Masna- del destino, avversata da una
parte dell’ambiente musicale.
dieri e Macbeth.
1863-67 - Debutto di Don
Carlos all’Opéra.
1868 - A Milano fa visita al
Manzoni. Muore Rossini. Progetta una Messa celebrativa
dei maggiori compositori italiani, ma l’iniziativa fallirà.
1871-72 - Discute con il ministro C. Correnti una riforma
dei Conservatori. Al Cairo va in
scena Aida per l’inaugurazione
del Canale di Suez, poi allestita alla Scala. Assiste a Bologna al Lohengrin di Wagner.
1873-75 - Muore Manzoni.
Verdi riprende in suo onore
il proposito di una Messa da
Requiem. Eseguita nella Chiesa di San Marco e alla Scala,
verrà subito replicata a Parigi,
Londra e Vienna.
1879-80 - Commissiona a
Boito libretto e ideazione scenica di Otello. Dirige a Parigi
una trionfale ripresa di Aida.
Prima esecuzione a Milano di
Pater noster e Ave Maria. Gli
viene conferita la cittadinanza
onoraria. Avvia la revisione per
la Scala di Simon Boccanegra.
1885-87 - Lavora alla riduzione in quattro atti di Don Carlos.
“Prima” alla Scala di Otello.
1890 - Acquista un terreno
per costruire una casa di riposo per musicisti.
1892-93 - Alla Scala dirige
la “Preghiera” del Mosè nel
centenario di Rossini e trionfa
ancora con Falstaff.
1897-99 - Conclude i Quattro
pezzi sacri. Fonda la Casa di
riposo per musicisti.
1901 - Muore il 27 gennaio a
Milano. I solenni funerali vedono
una partecipazione immensa.
Mezzosoprano
Compie i suoi studi musicali diplomandosi in pianoforte e canto. Debutta al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca nel
1991 nel Farnace di Vivaldi (Aquilio). Nel 1994 vince il Concorso
per Giovani Cantanti Lirici indetto dall’Associazione Amici del
Loggione del Teatro alla Scala e il concorso dell’As.Li.Co. che
le permette di debuttare nel ruolo della protagonista ne La Diavolessa di Galuppi. Debutta nei
principali ruoli di mezzosoprano esordendo in titoli verdiani come Aida (Amneris), Il trovatore
(Azucena), Don Carlo (Eboli), Nabucco (Fenena), La forza del destino (Preziosilla), oltre a opere
quali La Gioconda (Laura), Carmen (ruolo titolo), Adriana Lecouvreur (Principessa di Bouillon),
Amico Fritz (Beppe) e Il crociato in Egitto (Felicia). è stata acclamata interprete nei maggiori
teatri e festival tra cui l’Arena di Verona (Nabucco, La Gioconda, Rigoletto), il Teatro dell’Opera di
Roma (Rigoletto, Carmen), La Fenice di Venezia (Il crociato in Egitto, Nabucco), il Teatro Massimo di Palermo (Aida), lo Sferisterio di Macerata (Don Carlo), le Terme di Caracalla (Nabucco), il
Teatro della Pergola di Firenze (Aida), il Megaron Concert Hall di Atene (Aida), la Deutsche Oper
Berlin (La Gioconda), l’Opra Royal de Wallonie a Liegi (Mefistofele), la New Israeli Opera a Tel
Aviv (Don Carlo, La forza del destino, La Gioconda).
Recentemente è stata impegnata in Aida (Amneris), Samson et Dalila (Dalila) e in Maria Stuarda (Elisabetta) al Teatro Verdi di Trieste; ancora Aida al Teatro Lirico di Cagliari, Nabucco (Fenena) al Carlo Felice di Genova, Juditha Triumphans (Juditha) a Seoul. Ha inoltre interpretato
Maddalena in Rigoletto nell’edizione 2011 dello Sferisterio Opera Festival, la Sinfonia n.2 di
Mahler e Anna Bolena (Giovanna Seymour) al Teatro Verdi di Trieste, nonché Carmen a Novara.
Ha riscosso grande successo come Amneris in Aida alla Royal Albert Hall di Londra. Prossimamente sarà impegnata in tournée in Cina con la Trilogia Popolare di Verdi e canterà il Requiem
di Verdi a Londra.
Chiara Taigi
Soprano
Nata a Roma, comincia gli studi di canto con Ivenza Fogli, con
la quale successivamente si diploma. Dopo aver vinto, giovanissima, i concorsi “Agostino Lazzari”, “Toti dal Monte”, e “Angelica Catalani”, debutta ne Il turco in Italia di Rossini al Teatro
Giuseppe Verdi di Treviso, e pochi mesi dopo torna nello stesso
teatro con Der Schauspieldirektor di Mozart. Ha cantato nei
principali teatri italiani ed esteri; ricordiamo di seguito alcune
apparizioni: debutta nel ruolo di Desdemona in Otello al Teatro alla Scala, nella produzione diretta da Riccardo Muti con la regia di Graam Dic e in Cyrano di Marco Tutino a Metz. Nel 2002
debutta nel Simon Boccanegra (Amelia) con Claudio Abbado, riprende Otello agli Arcimboldi ed
è alla Opernhaus di Zurigo per il Benvenuto Cellini di Berlioz, diretta da Sir John Elliott Gardiner.
Nel gennaio 2003 debutta al Teatro San Carlo di Napoli con La Battaglia di Legnano di Verdi.
Nel settembre 2003 debuttato nel ruolo principale de La Marescialla d’Ancre di Alessandro Nini
in prima esecuzione moderna al Teatro Pergolesi di Jesi. Il 2004 la vede protagonista di tre
importanti debutti: a marzo è Maddalena di Coigny in Andrea Chénier al Teatro Politeama di
Lecce; a maggio interpreta il ruolo di Suor Angelica, diretta da Riccardo Chailly all’Auditorium di
Biografie
Tiziana Carraro
Biografie
Milano; a ottobre inaugura la stagione dell’Opéra de Nice come Amelia ne Il ballo in maschera
di Verdi, diretta da Marco Guidarini.
Nel marzo 2005, al St. Moritz/Milano Music Festival in Svizzera, debutta ne Messa da Requiem
di Verdi con l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, diretta da Romano Gandolfi. Nel
novembre 2005 il suo ritorno in Germania nel ruolo di Amelia in Un ballo in maschera; la nuova produzione (regia di Ermanno Olmi, scene e costumi di Arnaldo Pomodoro, in dvd Euroarts)
ha inaugurato la stagione 2005-2006 dell’Opera di Lipsia, in occasione dell’insediamento di
Riccardo Chailly come Generalmusikdirektor e Kappelmeister della Gewandhaus. Nel gennaio
2006 debutta in un altro importante ruolo pucciniano alla Deutsche Oper di Berlino, Giorgetta,
ne Il Tabarro, con la regia di Katharina Wagner.
Chiara Taigi affianca alla sua importante carriera teatrale quella concertistica. Nel febbraio 2009 è
con laVerdi all’Auditorium di Milano per Messa da Requiem di Verdi. Nel maggio 2010 è Leonora
in Il trovatore per l’inaugarzione del Teatro Municipal a Rio de Janiero. Nel marzo 2011 debutta
in USA come Selika ne L’africaine di Giacomo Meyerbeer al fianco di Marcello Giordani come Vasco da Gama diretta da Mo Eve Queler dell’Opera Orchestra of New York e quindi a Palm Beach
per Tosca. Estate 2011 il debutto di Nabucco accanto a Juan Ponce diretti da Pier Giorgio Morandi al Festival Euromediterreneo di Taormina con la mondovisione dell’opera in diretta. Nel 2013
inaugura le celebrazioni di Assisi davanti al Pontefice. Nel 2014/2015 è stata chiamata a far parte
del Progetto Pace nel mondo.
Alessandro Caruana
Tromba
Si diploma in tromba nel 1996 presso il Conservatorio Giuseppe
Verdi di Torino, dove nel 2008, consegue il Biennio superiore di
secondo livello con la votazione di 110 e lode.
Dal 1998 inizia a partecipare ad audizioni e concorsi che lo portano a collaborare con orchestre ed enti lirici quali l’Orchestra
Sinfonica di Savona, Filarmonica di Torino, Filarmonica Italiana,
Orchestra Guido Cantelli di Milano, Pomeriggi Musicali di Milano, Orchestra Arturo Toscanini
di Parma, Orchestra da camera di Mantova, Orchestra Nazionale della RAI, Teatro La Fenice di
Venezia, Teatro Regio di Torino, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Comunale di Bologna, Teatro
Carlo Felice di Genova, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra della Svizzera Italiana.
Dal giugno 2005 occupa il posto di Prima tromba presso l’Orchestra Sinfonica di Milano
Giuseppe Verdi. Svolge una ormai lunga attività di docente di Tromba negli istituti civici A.
Gandino di Bra (Cuneo) e Baravalle di Fossano, presso il quale frequenta un corso di perfezionamento con Roberto Rossi, prima tromba dell’Orchestra Nazionale della RAI e suo insegnante
da numerosi anni.
Luca Santaniello
Violino
Ha intrapreso lo studio del violino all’età di sei anni sotto la
guida della professoressa Lucina Invernizzi che lo ha seguito
sino al diploma. Ancora studente ha ottenuto riconoscimenti in
concorsi nazionali ed internazionali. Diplomatosi quale privatista
al Conservatorio G. Verdi di Milano nel 1992, si è perfezionato
nei due anni successivi a Sion in Svizzera, sotto la guida del maestro Tibor Varga.
Ha frequentato in seguito i corsi del maestro Pavel Vernikov e per due anni il corso di Violino
di spalla con il maestro Giulio Franzetti a Fiesole. Quale violinista del Trio Felix ha conseguito
con il massimo dei voti e la lode il diploma all’Accademia di alto perfezionamento a Pescara;
con la stessa formazione ha vinto tre concorsi nazionali e due internazionali e ha ottenuto un
contratto discografico per la realizzazione di un Cd con il Trio in La minore di Maurice Ravel
e il Trio in Re minore op. 49 di Felix Mendelssohn. Giovane diplomato ha collaborato con le
più prestigiose orchestre italiane, e si è esibito in numerosi teatri in Italia, Francia, Svizzera,
Spagna, Austria e Germania.
Dal 2000 è Spalla dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi e ha lavorato con direttori
e solisti di fama mondiale tra cui Carlo Maria Giulini, Riccardo Chailly, George Prêtre, Riccardo
Muti, Valeriy Gergiev, Zhang Xian, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Sergej Rostropovich,
Marta Argerich, Salvatore Accardo, J. Bell, K. Blacher, Enrico Dindo, Mario Brunello e molti altri.
Con la stessa formazione diretta dal Maestro Chailly ha inciso per la Decca il solo de I Lombardi
alla Prima Crociata di Verdi (il disco ha ricevuto diversi premi); nella stagione 2002-2003 si è
esibito come solista con un violino Stradivari del 1703 appartenuto a J. S. Bach e ha suonato
nelle sale più prestigiose d’Europa, Sud America, Cina, India e Giappone.
Come primo violino del Quartetto I Solisti de laVerdi ha inciso un Cd con trascrizioni di brani di
Jimi Hendrix, Janis Joplin e dei Beatles. Con questa formazione ha un’intensa attività concertistica affiancando al repertorio classico interessanti e innovative trascrizioni. Oltre al suo ruolo
di Primo violino de laVerdi, negli ultimi anni si è esibito come solista nelle rassegne dedicate
all’esecuzione dell’integrale dei concerti di Mozart e Haydn. Ha inoltre eseguito il Triplo Concerto di Ludwig van Beethoven con Simone Pedroni al pianoforte e Enrico Dindo al violoncello
nel marzo 2008 e nel maggio 2011, sempre con Simone Pedroni al pianoforte, violoncello
Mario Shirai Grigolato.
Fra gli impegni recenti come violino solo il Doppio concerto in La minore per violoncello e orchestra di Johannes Brahms. Con il Quartetto de laVerdi ha eseguito, per l’anniversario della
morte, il Quartetto per archi di Verdi al Teatro di Busseto e al Grand Hotel de Milan.
Dal 2007 si occupa anche di un’orchestra amatoriale, “laVerdi per tutti” e una di ragazzi,
l’Orchestra Sinfonica Junior (OSJ). Suona un Vuillaume copia Maggini del 1617.
Biografie
Erina Gambarini Maestro del Coro
Figlia d’arte, a tredici anni alla Scala di Milano fu la prima voce
bianca interprete di Flora nel Giro di vite di Benjaminn Britten,
iniziando un’intensa e ininterrotta attività di cantante, soprano,
studiando a Vienna con Teresa Stich-Randall. Allo studio del pianoforte con il padre Maestro Guido affianca quello di Direzione,
Interpretazione e Musica Vocale da Camera con Marcel Courod, Tecnica Vocale e Interpretazione con Gerhard Schmidt-Gaden. Nel 1989 fonda il gruppo corale Canticum Novum, che
si impone in breve tempo per la qualità e la ricca attività artistica; è con esso che inizia la
collaborazione, tra gli altri, con il Maestro Romano Gandolfi nel 1996.
Dal 2007 è Direttore del Coro Sinfonico Giuseppe Verdi di Milano, succedendo al Maestro
Gandolfi, che la chiamò come sua assistente alla fondazione del Coro nel 1998. Ha diretto
il Coro Verdi alla Sala Nervi alla presenza di S. S. Benedetto XVI, al Festival Rostropovich, al
ROH di Muscat con Carmen di Bizet, al Festival Mito, a LA7, alle Celebrazioni per l’Unità d’Italia
alla presenza del Presidente della Repubblica, ecc. Ha lavorato con Riccardo Chailly, Claudio
Abbado, Gianandrea Gavazzeni, Xian Zhang, Aldo Ceccato, Ettore Gracis, Claus Peter Flor, Christopher Hogwood, Rudolf Barshai, Vladimir Jurowski, Helmuth Rilling, Leonard Slatkin, Nevil
Marriner, Roger Norrington,Vladimir Fedoseyev, Robert King, JohnAxelrod, Patrick Fournillier.
è invitata a far parte di giurie di Concorsi Internazionali di Canto. Dal 1997 è membro dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti di Bergamo per i suoi meriti artistici. Nelle Stagioni 2011-2012
e 2012-2013 ha diretto il Coro nei concerti de laVerdi al Teatro alla Scala, rispettivamente in
War Rrequiem di Britten e Ivan il Terribile di Prokof’ev.
Fra gli impegni di questa Stagione, i Quattro pezzi sacri di Verdi, direttore Xian Zhang, Salmo
42 di Mendelsshon, direttore Helmut Rilling, la tradizionale Nona di Beethoven, direttore Xian
Zhang. Il 27 gennaio 2013 ha diretto il Coro nel Concerto a Busseto per l’anniversario della
morte di Giuseppe Verdi.
Direttore
Scelto nel 1998 dal M°Riccardo Chailly come clarinetto piccolo
dell’Orchestra Sinfonica laVerdi di Milano, Jader Bignamini inizia
il suo percorso all’interno dell’Istituzione che lo vedrà passare
dalle file dell’Orchestra al podio, fino a essere nominato nel 2010
Direttore Assistente e dal 2012 Direttore Associato.
Nato a Crema, dopo gli studi effettuati al Conservatorio di Piacenza inizia giovanissimo la sua
attività di solista con gruppi da Camera, collabora come clarinetto piccolo e primo clarinetto con
varie Orchestre (Filarmonica della Scala, Sinfonica Nazionale della RAI, dei Teatri Regio di Parma
e Comunale di Bologna), affiancando anche l’attività di direttore e concertatore, sia con gruppi da
Camera (intensa la collaborazione con l’Ensemble d’Archi de I Pomeriggi Musicali di Milano) che
con Ensemble di Fiati e Orchestre Sinfoniche.
Apprezzato per il forte carisma e la personalità dirompente, ha diretto orchestre quali quella del
Teatro San Carlo di Napoli, dell’Arena di Verona, del Maggio Musicale Fiorentino, dedicandosi
sia al repertorio operistico (Un ballo in maschera, Aida, Tosca, Andrea Chénier e Carmen) che a
quello sinfonico (dal classico al tardo romantico).
Nell’autunno 2012 partecipa per il secondo anno consecutivo al Festival MiTo con la Messe
Solennelle di Berlioz. Prosegue inoltre la sua intensa collaborazione con l’orchestra laVerdi
dove dirige, oltre a quello inaugurale, svariati concerti con programmi lirici e sinfonici (Brahms,
Cajkovskij, Glinka, Musorgskij, Prokofiev, Ravel, Respighi, Rimskij-Korsakov, Paganini, Piazzolla,
Stravinskij, Vivaldi), sia a Milano che nella tournée in Russia (Cajkovskij Hall a Mosca e Glinka
Philarmonic Hall a San Pietroburgo), collaborando con solisti quali Karen Gomyo, Francesca Dego,
Natasha Korsakova, Kolya Blacher e Lylia Zilberstein, con la quale registra la prima esecuzione
assoluta del R Concerto per pianoforte e orchestra di Nicola Campogrande.
Recenti i debutti in Giappone alla Biwako Hall di Otsu, in Brasile al Teatro Municipal di Sao Paulo
e a Palermo con l’Orchestra Sinfonica Siciliana. è stato ospite del Maggio Musicale Fiorentino e
del Festival Internazionale di Baku con un programma verdiano. Ha inaugurato con grandissimo
successo il XXXIX Festival della Valle d’Itria con Crispino e la Comare sul podio dell’Orchestra
Internazionale d’Italia.
Nel novembre 2012 ha guidato l’entusiasmante tournée, promossa dall’Ambasciata italiana e da
Intesa Sanpaolo, de laVerdi a Mosca e San Pietroburgo.
L’ 1 ottobre ha debuttato al Festival Verdi di Parma, dirigendo Simon Boccanegra per il
bicentenario verdiano. Inaugurerà inoltre la Stagione sinfonica 2013/2014 dell’Orchestra
Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, terrà concerti al Teatro Petruzzelli di Bari e
debutterà al Teatro la Fenice con La bohème.
Biografie
Jader Bignamini
Violini I
Luca Santaniello*
Danilo Giust**
Nicolai Freiherr V.
Dellingshausen
Giulio Mignone
Marco Ferretti
Marta Tosti
Edlira Rrapaj
Adriana Ginocchi
Fabio Rodella
Abramo Raule
Marco Capotosto
Delia Diaconescu
Adelaide Fezo
Violini II
Lycia Viganò*
Gianfranco Ricci*
Donatella Rosato**
Keler Alizoti
Sandra Opacic
Giorgia Righetti
Simone De Pasquale
Roberta Perozzi
Ambra Cusanna
Michaela Chiri
Daniele Cabassi
Viole
Gabriele Mugnai*
Cono Cusma’ Piccione**
Miho Yamagishi
Marco Audano
Kirill Vishnyakov
Enrico De Angelis
Mikhail Klyachko
Luca Trolese
Altin Thanasi
Violoncelli
Mario Shirai Grigolato*
Tobia Scarpolini*
Giovanni Marziliano**
Gabriele D’Agostino
Alessandro Peiretti
Nadia Bianchi
Enrico Garau
Ivan Merlini
Contrabbassi
Michele Sciandra*
Kastriot Mersini*
Toni Del Coco**
Joachim Massa
Umberto Re
Angelo Tommaso
Marco Gori
Flauti e Ottavino
Massimiliano Crepaldi*
Valeria Perretti
Ninoska Petrella
Oboi e Corno Inglese
Emiliano Greci*
Luca Stocco*
Clarinetti
Raffaella Ciapponi*
Fabio Valerio
Fagotti e
Controfagotto
Andrea Magnani*
Luigi Muscio
Corni
Sandro Ceccarelli*
Giuseppe Amatulli*
Fabio Cardone
Stefano Buldrini
Alceo Zampa
Trombe
Alessandro Ghidotti*
Alessandro Caruana
Edy Vallet
Stefano Benedetti
Daniele Colossi
Alberto Mastrocostas
Tromboni
Giacomo Ceresani*
Massimiliano Squadrito
Trombone basso
Andrea Arrigoni
Tube
Matteo Magli
Timpani
Viviana Mologni*
Percussioni
Ivan Fossati
Luca Bleu
Stefano Bardella
Arpe
Elena Meozzi
* Prima parte
** Concertino
Ispettore d’Orchestra
Amedeo Scodeggio
Soprani I
Pierangela Agosti
Simona Cataldo
Silvia Cattaneo
Giulietta Marchesini
Franca Marcucci
Regina Partel
Gianna Perrella
Anna Petrone
Mirella Sala
M. Rose Steutel
Kaoru Suzuki
Francesca Trivini
Soprani II
Nina Almark
Giannina Baldo
Laura Belloli
Anila Gjermeni
Patricia McGibbony
Elena Platone
M. Antonieta Preti
Adalgisa Ravasio
Kaoru Saito
Claudia Strano
Giosiana Troiano
Giovanna Zawadski
Mezzi
Silvana Barbi
Alessandra Faggiani
Marina Galbusera
Francesca Giorgi
Jasna Klasic
Donata Menci
Federica Moglia
M. Teresa Tramontin
Alti
Raffaella Biscuolo
Giulia Catrambone
Teodora Dimitrova
Annalisa Dossi
Marta Furlan
Silvia Maggi
M.Cristina Michel
Lidia Migliorini
Lorenza Pedrini
Giuliana Scaccabarozzi
Luciana Scolari
Roberta Zanuso
Tenori I
Gianni Brina
Lorenzo Caltagirone
Diego Chacon Torres
Luigi Fiorani
Francesco Frasca
Massimo Gavardi
Chung Yun Hwang
Francesco Lodetti
Giovanni Maestrone
Gianbattista Mazzola
Francesco Torrisi
Baritoni
Gianluca Alfano
Ottavio Aondio
Yasuo Asaki
Umberto Bocchiola
Fausto Candi
Carlo Canegallo
Claudio Ierardi
Kennosuke Kumatani
Giuseppe Lisca
Alfredo Vaca
Daniele Veltri
Tenori II
Tonino Carai
Francesco Casella
Matteo De Munari
Gianni Granata
Giuseppe Loguercio
Mirko Luppi
Biagio Meloni
Nicola Olivieri
Franco Previdi
Domenico Zattera
Bassi
Marco Baricevic
Giacomo Bruni
Giuseppe Corrieri
Andrea Locati
Riccardo Margaria
Angelo Oldani
Claudio Pezzi
Luigi Ponzi
Giorgio Senatore
Luigi Tasselli
Roberto Termine
Maestro collaboratore
Luigi Ripamonti
Segretaria del Coro
Maria Cristina Michel
Prossimi appuntamenti
Iniziative culturali
Ingresso libero
Venerdì 11 Ottobre ore 18.30
In collaborazione con Milano Musica
3
Alfonso Alberti introduce all’ascolto di Morton Feldman
The Viola in My Life
Stagione Sinfonica
4
VENERDÍ 11 ore 20.00 - DOMENICA 13 ore 16.00
Prezzi: da 13 a 31 €
D F H
E G I
In collaborazione con Milano Musica
Feldman The Viola in my life
Takemitsu Marginalia ( prima esecuzione italiana )
Stravinskij Petruška ( versione 1911 )
Viola Geneviève Strosser
Direttore Tetsuji Honna
Il programma
Feldman, Takemitzu e Stravinskij. Tre autori e tre composizioni molto diverse fra loro. Tre tempi
diversi, distribuiti in quel secolo breve che chiamiamo Novecento. Ma soprattutto tre mondi
diversi. Anzi tre continenti diversi, sia pure comunicanti.
La musica e la personalità di Morton Feldman non possono che nascere e crescere in America,
in quel crogiolo di popoli e di idee che è New York negli anni del dopoguerra. C’è voglia di trovare una via alla musica, e all’arte in generale, che sia autonoma rispetto all’Europa, contraria
allo strutturalismo, aperta ai timbri d’Oriente, ostile ai ricatti del tempo che scorre, ipnotizzata
dal dissolversi delle forme e delle architetture. Feldman è in programma con The Viola in My
Life (1971), quasi un fantasma di concerto solistico. Toru Takemitzu sta dall’altra parte degli
oceani, in un Giappone che esce industrioso dalla disfatta nucleare. Trova nella musica per il
nuovo cinema dei suoi connazionali il luogo per esprimere sonorità sottili e avvolgenti. Conosce
bene la delicata musica del suo paese e i valori profondi, pur minimalisti, che la legano ai suoni
della natura e allo scorrere delle stagioni. Da sempre ammira l’impressionismo dei francesi e,
a ben vedere, i bilanciamenti architettonici occidentali. Riesce a scrivere lavori di ampio respiro,
mantenendo dinamiche e circoscrivendo durate. Il suo Marginalia per orchestra è del 1976.
L’avanguardia di Stravinskij è caso noto, con il cubismo di Petrouska (1911) a far da ponte fra
la Russia fiabesca dell’Uccello di fuoco (1911) e quella preistorica della Sagra della primavera
(1913). Siamo dunque nell’Europa che non immagina la catastrofe militare incombente e che
pensa che la rivoluzione (sonora) che viene da Oriente sia solo la curiosa provocazione di un
artista eccentrico (Stravinskij) e di un impresario (Diaghilev) in cerca di notorietà.
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