la lettura fa l`uomo completo… lo scrivere fa l`uomo esatto
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la lettura fa l`uomo completo… lo scrivere fa l`uomo esatto
S.M.S. “LUIGI SETTEMBRINI” CLASSE II B 2011-2012 LA LETTURA FA L’UOMO COMPLETO… LO SCRIVERE FA L’UOMO ESATTO F. BACONE, Saggi 1 Parole ed emozioni LA II B SI RACCONTA ISTITUTO LUIGI SETTEMBRINI Insegnante: Prof.ssa Paola Cistriani Anno scolastico 2011-2012 2 Se potessi pienamente dar vita ai miei sentimenti E liberi farli scorrer e concretamente fermarli…, Come chiudere le emozioni in uno scrigno che le custodisca O sprigionarle, e riviverle senza che il tempo le assopisca…! Non sono le parole che fissano i pensieri ché fuggono e volano via, Disperdono le voci e instabili si mostrano i ricordi. A mantenere vive le speranze, i sogni e le passioni… Bastano una penna e una pagina bianca da riempire. 3 Scrivere, forse sognare, è una Esperienza entusiasmante, come cercare nel profondo di sé, Confrontarsi con le proprie debolezze, paure, sogni, speranze... Ogni parola scritta è una parte di noi che condividiamo con gli altri. Non pensieri o riflessioni particolari, basta scrivere ciò che si pensa. Dare ad altri le proprie idee, renderli partecipi delle proprie opinioni. All’inizio può sembrare difficile, ma andando avanti Basta aprirsi al mondo senza preoccuparsi delle critiche altrui. 4 Secondo me ogni libro è un lingotto d’oro, è piccolo, ma prezioso, Emozionante, entusiasmante, grandioso, divertente. Come una persona va capito, solo così può essere splendido. Ognuno nel leggere, legge sé stesso e lo scrittore aiuta a ritrovarsi. Non si fa solo per divertimento o per acculturarsi, si legge per vivere. Da ovunque si venga si ha da raccontare, scrivere è “parlare senza essere interrotti”. A volte sono il protagonista e ogni parola letta mi muove come un burattino. Biografie, romanzi, diari, tutti diversi, ma tutti con la voglia di trasmettere degli scrittori. 5 Introduzione “Senza la scrittura, ogni cosa diventerà insipida. Leggere non avrebbe più senso.” V.S. Naipaul Felicità, libertà, fantasia. Sono questi i sentimenti che provo quando scrivo un qualsiasi testo. Possiamo fare ciò che più ci piace, possiamo immaginare un mondo diverso da quello in cui viviamo, in una nostra nuova dimensione dove tutto è perfetto secondo i nostri desideri. Scrivere è raccontare qualcosa alle persone, stupirle, affascinarle! Potremmo paragonarlo a un’incredibile arte, potremmo definirlo come la meravigliosa scienza del comunicare. Non togliendo nulla alla lettura, altra cosa straordinaria e utile per la vita di tutti i giorni. Tuttavia devo anche dire che la lettura stessa dipende dalla scrittura, quindi senza quest’ultima non sarebbe possibile sfogliare e apprezzare un bel libro. Anche scrivendo noi meditiamo profondamente e vaghiamo all’interno della nostra stessa anima, raccogliamo le nostre idee più gioiose e le trasmettiamo agli altri! Viaggiamo in un mondo interamente nostro, sogniamo, realizziamo qualcosa che mai nella vita potrebbe accadere! Condividiamo con tutti quanti i nostri pensieri più segreti e veri! Facciamo un esempio banale ma molto significativo: il grande Dante Alighieri avrebbe saputo esprimere tutto ciò che ha detto nella Divina Commedia esponendolo a voce, oralmente? Di sicuro la sua mente sarebbe stata davvero limitata e non avrebbe composto un capolavoro, poiché scrivendo acquisiamo un senso di libertà che nessun uomo sulla Terra potrebbe darci. Pierluigi Damosso 6 “Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri.” Francesco Petrarca Le pagine ruvide che sfiorano le dita, il tempo che scorre, minuto per minuto… Assaporiamo le avventure e immaginiamo tutto un altro mondo. Non possiamo essere interrotti! Ma come è possibile provare un turbine di emozioni? Semplice: leggendo. Forse la lettura, i libri, sono alcune delle cose più importanti che possediamo. Leggere ti permette di sognare, leggere rende possibile l’impossibile, ti fa creare un mondo tutto tuo dove nessuno è protagonista. Ci sei solo tu, il tempo e le pagine che scorrono una dopo l’altra. Insomma, leggere migliora la vita di tutti noi, la rende più ricca e saporita: così noi ragazzi, amici e compagni, abbiamo deciso di scrivere insieme questo libro che non contiene ciò che comunemente viene definito “tema scolastico”. Questo libro contiene ognuno di noi, le nostre emozioni, quello che realmente proviamo e le nostre esperienze che rendono le giornate più intriganti e avventurose. E dopotutto che cosa può volere dalla vita un ragazzino come tanti altri? L’avventura! Cerchiamo la novità, la risata, a volte anche il rischio, ma soprattutto delle giornate interessanti. Ecco, questo è proprio ciò che vogliamo trasmettere ai lettori. Qui hanno spazio storie d’amicizia, esperienze che ci hanno spaventati, le nostre riflessioni, i pensieri personali e molto altro ancora! In breve speriamo di trasmettere le nostre emozioni più intense attraverso questi racconti, come la lettura ha trasmesso emozioni profonde a noi che questo libro lo abbiamo scritto. Alice Iacomacci 7 La mia adolescenza tra sogni e realtà 8 “L’età di passaggio” Fin da quando ero piccola ho sempre ammirato i ragazzi più grandi, sembravano quasi supereroi con un superpotere molto particolare: la pubertà. Li osservavo in continuazione, provavo ad imitarli senza ottenere grandi risultati. Il mio punto di riferimento era mio fratello, per me era quasi un idolo; l’ho visto crescere tanto in poco tempo, la sua voce si è modificata ed ogni tanto sparisce senza lasciare tracce. E’ entrato nel misterioso mondo dell’adolescenza. Purtroppo i cancelli di questo mondo non si aprono tanto facilmente; ci vuole del tempo e quando si è finalmente pronti a varcare la soglia della maturità , spesso si scopre che non è affatto come ce lo si aspetta. La pubertà non è una cosa che si acquisisce senza sforzo, in un batter d’occhio, ma è un processo molto lento caratterizzato da varie tappe, alcune delle quali molto lunghe e difficili. Ad esempio il cambiamento dell’aspetto: ci si è abituati alla pelle liscia e morbida da neonati, quando iniziano a spuntare brufoli e puntini neri, si iniziano a passare ore davanti allo specchio per sistemare i capelli che non ce la fanno a stare fermi. Per non parlare di quanto si fa attenzione all’abbigliamento. Per gli adolescenti l’immagine è molto importante. Però non è soltanto il fisico ad essere cambiato, la trasformazione maggiore si ha nel carattere. Nel mio caso sono diventata molto più chiusa, in particolare con i miei genitori. Spesso sto sdraiata sul mio letto a fantasticare senza aprire bocca, salvo urlare di andarsene a chiunque provi a rivolgermi la parola. Sto delle ore a pensare: “ Cosa farò domani?” Mi piace immaginare il mio futuro. Non ho ancora chiaro nella mia mente cosa farò in futuro e ogni volta che faccio congetture le cose cambiano. Comunque in ogni mio sogno sono ricca e famosa e la mia vita è perfetta, senza problemi, ovviamente so che non potrebbe mai accadere, ma sognare non costa nulla, no? Comunque l’adolescenza non ha solo lati negativi, infatti ci si sente più liberi di pensare con la propria testa, senza essere influenzati dai propri genitori. Ora posso prendere decisioni da sola e mi sento molto più autonoma. E’ difficile conquistarsi la fiducia dei propri genitori e spesso si finisce per farli arrabbiare; in questo periodo sono molto in difficoltà con loro, perché non fanno altro che dirmi che devo diventare più responsabile ed io non riesco a capire cosa vogliano gli altri da me. In fondo la vita è come un viaggio, spesso si incontrano degli ostacoli che vanno superati e a volte si deve scegliere tra due strade differenti. Chi fa la scelta giusta arriva prima e più facilmente alla meta e non sempre la strada più comoda è quella giusta. L’adolescenza è di sicuro una strada difficile o almeno che può sembrare difficile, ma con un poco di impegno si può arrivare a scoprire che non c’è niente di complicato, basta essere se stessi. Se si riflette un attimo, possiamo paragonare un ragazzo ad un bocciolo, pronto a sbocciare e un adolescente ad un germoglio che si prepara a diventare un bellissimo 9 fiore. La pubertà è una fase di passaggio tra l’età infantile e quella adulta, l’età dell’insicurezza e della paura di non essere accettati, ma anche l’età della crescita, come un frutto ancora acerbo che non va colto troppo presto, bisogna aspettare per ottenere il meglio. L’adolescenza è un’avventura fantastica che va vissuta per arrivare al pieno controllo di sé e delle proprie capacità, certo può riservare qualche delusione, ma sicuramente le delusioni aiutano a formare la personalità di ciascuno di noi , infatti si dice “bisogna imparare dai propri errori”, che durante l’adolescenza sono davvero tanti. In conclusione va detto che questa è un’età fantastica, piena di divertimenti e non va sprecata lamentandosi del fatto che non si è ancora adulti, ma bisogna godersela appieno. Rossana Maletto 10 L’adolescenza è un periodo… L’ adolescenza è un periodo della vita in cui cresciamo e ci trasformiamo non solo nel fisico, ma anche nel modo di sentire, vivere, provare emozioni. Ci poniamo i primi interrogativi sulla vita e cerchiamo delle risposte. È una fase importante perché lentamente cominciamo a farci le nostre idee, opinioni e a ragionare in maniera autonoma passando attraverso le nostre emozioni e le nostre esperienze. In questo periodo della mia vita, il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media ha significato un momento importante per la mia crescita. Ho dovuto affrontare i professori e entrare in un nuovo gruppo, la mia classe, con il quale mi trovo molto bene. Ho cominciato a conquistare un minimo di autonomia come per esempio ritornare a casa da solo da scuola, organizzarmi lo studio e i pomeriggi con i miei compagni senza più l’aiuto dei miei genitori, che comunque mi controllano e mi seguono. Grazie alla nuova scuola e ai contatti con i miei amici mi sono reso conto che bisogna avere senso di responsabilità nei confronti del proprio dovere se si vuole che gli altri abbiano fiducia in te, come per esempio i genitori. Questo periodo della mia vita ha anche degli aspetti più complicati che riguardano il mio modo di essere. A volte mi sento triste e combattuto tra momenti di grande felicità e allegria, quando per esempio incontro i miei amici o quando gioco a rugby, e altri in cui tutto mi sembra difficile e insuperabile, come quando non riesco come vorrei a scuola oppure quando ho dei litigi con gli altri a cui voglio bene: gli amici e la mia famiglia. Mi domando come poter superare i momenti più difficili. A volte passa tutto in un attimo, altre volte ci metto più tempo; allora penso a quello che mi piacerebbe fare da grande, il telecronista sportivo, e in quei momenti mi consola il pensiero che non sono solo e ho tanti amici che mi vogliono bene. Tutte queste mie emozioni che sono rinchiuse nella mia mente sono come dei movimenti che vanno e vengono. Fanno parte di me e del mio momento di crescita che è l’adolescenza, che sembra come un’influenza che si cura con il passare del tempo, ma che mi permette di costruire la mia vita. Giangiacomo Doglio 11 Come le piante… Noi ragazzi siamo come le piante: quando cresciamo abbiamo bisogno di più spazio e meno attenzioni. "Buongiorno" mi ha svegliato mia mamma. Ero talmente eccitata che al primo richiamo sono saltata in piedi sul letto! Poche ore più tardi sarei dovuta stare su un aereo solamente con una mia amica e l'hostess di accompagnamento. Aspettavo quel giorno da tantissimo tempo; ero molto esaltata all'idea di trascorrere due settimane da sola in un prestigioso college per una vacanza studio, ma ero anche un po' agitata. Ricordo che mio fratello fece il suo primo campo estivo quando avevo dieci anni, e quando i miei genitori lo proposero anche a me, io feci un risolino come dire " ma siete pazzi?! Non ci andrò mai!" E invece eccomi qua, sono diventata adolescente e con me sono cambiati anche i miei pensieri. Più che la voglia di imparare e divertirmi mi aveva spinto a compiere questa avventura la voglia di libertà. Di distaccarmi da tutto e da tutti, di spegnere il cellulare, di guardarmi intorno e dire: "queste settimane sono mie e me le godo!" Ho tirato su la serranda e ho chiuso la porta nella speranza di qualche minuto di privacy. Ho aperto la valigia per ricontrollarla l'ultima volta. Intanto che la guardavo mi sentivo fiera e pensavo "questa valigia l'ho fatta io!" Non avevo mai preparato una valigia da sola. In genere era mia mamma che la faceva e ultimamente decidevamo insieme cosa mi sarei dovuta portare. Evidentemente era cambiata anche lei o forse il suo parere su me stessa, perchè quando il giorno precedente le sono andata a domandare quando avremmo fatto la valigia mi ha risposto che ero abbastanza matura per farla da sola e che lei avrebbe controllato alla fine! Ero immersa nei miei pensieri quando mio fratello entrò nella mia stanza. Io l'ho pregato più volte di uscire, ma non mi ha ascoltata. A quel punto ho urlato, mi aveva veramente infastidito. Ero diventata grande e avevo bisogno dei miei spazi e della mia privacy. Fino ai sette anni condividevo la camera con mio fratello e quando i miei decisero di fare i lavori io mi misi a piangere…: ero ancora piccola e avevo bisogno di una figura più grande che mi proteggesse da eventuali mostri che sarebbero potuti uscire dal letto o dall'armadio. Adesso non so che darei se vivesse in un'altra casa. Mi sono andata a lavare e vestire e in un minuto ero pronta. Mi sono messa ad aspettare in salone. Ho cominciato a fare uno dei miei soliti film mentali: sarei arrivata al college, avrei incontrato l'amore della mia vita, un'amica, possibilmente americana, da cui sarebbe stato difficilissimo separami. Sì, e magari il mio insegnante di inglese sarebbe stato Johnny Deep. Sono tornata alla realtà. Intanto mi era arrivato un messaggio da una mia amica. L'ho guardato: "zero voglia di partire". Sono rimasta pietrificata. L'ho chiamata e mi ha detto che era una di quelle giornate no in cui odi tutto e tutti. Capita spesso anche a me. 12 L'ho rassicurata dicendole che le sarebbe passato. Bene mia mamma era pronta, avevo l'adrenalina che saliva insieme all'ansia. Ho preso la valigia e ho salutato mio fratello e mio padre, sono uscita di casa sentendomi, finalmente, grande! Ilaria Manzocchi 13 Tutto è possibile, nulla è reale. L' adolescenza è come il vetro, se si rompe non si ricompone… Se si cerca sul vocabolario la parola ''adolescenza'' si trova una descrizione oggettiva. Ma essere adolescenti non c' entra con tutto ciò che viene descritto. Essere ragazzi è come avere una fiaccola nello stomaco che vuole esplodere spruzzando creatività, originalità e voglia di vivere. Ma alcune volte questa fiaccola è troppo ardente e viene spenta con l' aiuto della famiglia e degli amici. Un adolescente vuole conoscere, sperimentare, come un uccellino che esce dal nido, consapevole dei pericoli a cui va incontro, ma non potrà rimanere sempre nel nido. A volte capita di fare sogni assurdi, irrealizzabili, ma forse è proprio l'impossibile che poi diventerà possibile. Mondi paralleli, nascere in un altro corpo, essere soli in tutto l' universo, sono questi i sogni che faccio, ma quando sogno è come trovarmi in una bolla che vola via tra le nuvole, isolata da tutto e da tutti, immersa, con la mia bolla, tra tutti i palloncini volati via dalle mani dei bambini e tutti fermi in uno spicchio di cielo. Ma poi qualcuno mi sveglia e mi ritrovo nella vita frenetica di tutti i giorni, girando e rigirando da una parte all'altra senza sosta, non è più come nella bolla, ora bisogna preoccuparsi dei voti, degli sports e della salute. Essere adolescenti è come essere un' esplosione di emozioni: gelosia, rabbia, amore, amicizia... Ogni tanto mi verrebbe voglia di correre, senza pensare a dove finirò, come tornerò a casa, come farà il mio corpo a sopportare lo sforzo: la terra è tonda, quindi a casa ci torno comunque. Il mio carattere sta cambiando, comincio a pensare a cosa vorrò fare nel mio futuro, penso a come posso essere una buona amica, come posso prendere bei voti. Il mio cervello è come una fabbrica di emozioni; è irrefrenabile, continua a produrre senza sosta, ma chissà, magari è proprio con pensieri che gli scienziati hanno fatto le prime scoperte. Ogni oggetto che tocco, ogni cosa che vedo mi sembra poco e allora penso a cosa potrei fare per migliorare quell'oggetto, inventando macchine nella mia testa, schemi stravaganti per poi tirarne fuori qualcosa di buffo, ma che nella sua ‘buffezza‘ diventa normale. Qualsiasi sciocchezza ci sembra un' enormità e scoppiamo a piangere, ma ogni volta che piango penso perché? Non sono così, conosco la realtà, conosco le condizioni di vita di certe persone e penso sempre come sarebbe bello da adulta aiutarle e allora perché piango? È una risposta che ancora non mi so dare, e spero che con il tempo e con l'esperienza riuscirò ad avere una conclusione che non sia la solita: stai crescendo, è normale. No, vorrei una risposta che venga dal mio cuore e da ciò che ho appreso. Sono su un autobus e viaggio verso il mio futuro, ignara di ciò che mi aspetta, ma consapevole che sarò io a stabilirlo. Ho un sogno in una stanza del mio cuore, ma solo io ho la chiave che apre la porta per accedere a quella stanza. Sono disposta a tutto per inseguire il mio sogno. Non finirò tra gli ignavi. Non so se ho reso bene l'idea, ma una banale descrizione non basterebbe per descrivere l'adolescenza, servirebbe un libro intero. Michela Oneto 14 Quando parliamo… Quando parliamo di adolescenza dobbiamo prima di tutto chiarire se si tratta di un periodo bello o brutto della nostra vita. È una decisione soggettiva, che varia a seconda degli individui e dei ruoli. Sicuramente, ad esempio, mia madre preferirebbe che fossi rimasta una bambina, che si diverte a costruire castelli di sabbia e piange quando rimane sola, ma se qualcuno mi ponesse questa domanda risponderei che si tratta di un periodo bellissimo. A volte mi chiedo se sono ancora io sotto i vestiti. Non è rimasto niente della Bianca di qualche anno fa, pochi anni sono riusciti a cancellare tutto, carattere, aspetto, mentalità, gusti… Tutto è cambiato. Ma no, sono ancora io, in fondo. Sono sempre quella bambina che aveva paura del buio e che saltava al collo della madre urlando di gioia. Sono cambiata, ma sono sempre la stessa. Tutto quello che faceva parte del mio carattere è solo nascosto dentro di me. Sono come un fiore d’arancio in primavera, sbocciato insieme a mille altri, e insieme a mille altri diventerà una succosa arancia, e insieme a mille altri, alle fine, cadrà dall’albero, appassito. La mia camera improvvisamente diventa piccola, troppo piccola per ospitare la mia voglia di correre, di scaricare energia. La mia vita è divenuta una continua lotta, i miei genitori non si rassegnano al fatto che sto crescendo. So benissimo che prima di poter dire “mamma, sto uscendo” ed ottenere una risposta distratta, quasi disinteressata, dovrà passare molto tempo e prima dovrò dar prova di affidabilità. Ciò che caratterizza l’adolescenza è il fatto di non dar troppo peso alle situazioni, alle liti. Talvolta mi capita di arrabbiarmi, di chiudermi in camera e poi di uscirne, dimenticandomi del motivo del litigio. È il periodo che trasforma i bambini in persone adulte e responsabili, almeno teoricamente. Qualche volta mi sorprendo a pensare al mio futuro. Ho idee piuttosto vaghe in proposito. Non sono così ingenua come le mie cugine, convinte di poter vivere in una fattoria o di fare l’esploratrice, semplicemente immagino un’Italia senza crisi, senza disoccupazione, dove vivono persone felici. Immagino di viaggiare, conoscere il mondo, tuffarmi nelle acque cristalline dei Carabi, di esplorare la giungla, di scalare montagne…, e mi sorprendo a guardare la finestra aperta, aperta sul mondo. Bianca Patarnello 15 La mia vita è fantastica! Sono una ragazzina di undici anni che adora sognare. Molto spesso mi fermo davanti ai posters pubblicitari e sogno la mia vita come se ci fossi dentro. Quando ritorno nel mio mondo mi sembra tutto gas, vapore e niente libertà. La realtà in cui vivo non è come quella dei sogni, ma fantasticare una vita migliore mi fa svegliare con i sorriso al mattino. Uno dei miei più grandi desideri è quello di essere libera e non avere regole, devo dire che i miei genitori e chi mi sta intorno mi lasciano i miei spazi. Ho un carattere molto stravagante, c'è chi mi dice che sono pazza, chi crede che io sia antipatica, chi simpatica, il mio carattere cambia in continuazione, veramente non lo so neanche io come sono. I miei amici sono la mia vita, con loro faccio quello che voglio, sono libera! Mi aiutano quando ho bisogno, piangono quando piango, sono tutto per me. Ci sono però quelle persone che non riesco a sopportare, sono come una spada tra mille cuori, sono felice di poter sciegliere i miei amici come piace a me. Ritengo che la scuola oltre che un luogo dove si studia sia anche un ambiente dove stare con gli amici ed esprimersi. I miei genitori vivono e passano con me questi annni, lasciandomi sognare l'impossibile senza privarmi del piacere di vivere. Prima non avevo desiderio di esprimermi con i miei genitori, adessso al contrario mi piace molto. Una cosa che odio sono quelle giornate devastanti, che vanno storte da quando ti alzi fino a quando vai a dormire. Tutti ce l'hanno con te e tu ce l'hai con il mondo. Mi innervosisco per qualsiasi cosa, in queste giornate mi sento come in carcere, isolata da tutti. Per fortuna ci sono anche quelle giornate fantastiche in cui tutto è rose e fiori, l'universo ti sorride e tu sorridi a esso, tutti ti vogliono bene, nessuno si arrabbia, siamo tutti calmi. Se non vedo bronci e se non li faccio io, mi può bastare per una giornata bella e candida come la neve. Nella mia vita c'è un elemento troppo importante che non può mancare, mio fratello. Lui è più piccolo di me, è buono, simpatico e giocherellone, ma anche un po' dispettoso, con lui faccio tutto l'impossibile e inimaginabile. A lui dico tutto, insieme giochiamo , sogniamo e ci divertiamo, lui è indispensabile. Ci sono tante cose negative nella mia vita, ma la mia famiglia, i miei professori, i miei amici e nemici rendono tutto il negativo in positivo. Le persone che mi stanno intorno mi rendono felice. Alice Parrella 16 Gli adolescenti… Gli adolescenti sono considerati da tutti un po’ strani. Come se ci si dovesse tenere distanti. Questo lo pensavo anche io da piccola: quando vedevo i ragazzi grandi mi mettevo paura. Al contrario, ora che sono un’adolescente, mi accorgo che non è così. Infatti , è vero che siamo euforici, magari lo siamo più del solito, ma non è questa l’unica nostra caratteristica, ma è quella che si nota di più, perché è anche quella che dà più fastidio a noi ed a quelli che ci stanno intorno . Infatti, gli adolescenti vogliono scoprire, provare, pensare e sognare. La cosa più importante nella vita di un adolescente sono gli amici. Loro ci sono sempre nella vita di un adolescente, non si può vivere senza. Facendo un paragone gli adolescenti sono come la luna, che sta per diventare piena, età adulta; passa da uno spicchio, inizio dell’ adolescenza, alla luna piena. Come la luna cambia da uno spicchio a luna a piena, così gli adolescenti maturano, fino a diventare adulti e responsabili, ma come la luna è illuminata sempre da un raggio di luce, così gli adolescenti sono illuminati sempre dalla speranza e dalla forza. Spesso gli adolescenti sono in contrasto con la famiglia. Questo nasce perché gli adolescenti vogliono assomigliare ai grandi, ma ovviamente la famiglia si oppone e quindi nasce un conflitto. Ma gli adolescenti sognano anche. Sognano, sognano, sognano, ma poi vengono sempre riportati alla realtà che non è un sogno, ma è un incubo. Ma come vivo io l’adolescenza ? Inizierò a raccontare da quando avevo 10 anni. Ovviamente non ero un adolescente, ma avevo paura di diventarlo. Tutti quelli che ho conosciuto la facevano sembrare una cosa bruttissima, da cui si doveva scappare. Ora invece la trovo bellissima: le amicizie si rafforzano, anche se ci sono alti e bassi. Infatti alcune giornate sono solare, vado d’accordo con tutti, altre invece è come se stessi in una stanza chiusa e affollata, urlo ma nessuno mi sente. Invece il mio sogno è quello di fare qualcosa di buono per il mondo, e non morire senza che nessuno mi ricordi. Ebbene questo è un adolescente. Cecilia Perinelli 17 Cambiamento e sogni: l'adolescenza "Vista dai giovani, la vita è un avvenire infinitamente lungo. Vista dai vecchi, un passato molto breve." Arthur Schopenhauer L’adolescenza è un momento di crescita, di cambiamenti e di sogni che vorremmo diventassero realtà. “Quasi adolescenti” siamo come degli uccelli che stanno imparando a volare, perché è il momento in cui bisogna alzarsi e decidere il proprio destino, capire le nostre inclinazioni. Alcune volte mi capita di vagare con i pensieri e mi pongo domande come cosa farò da grande, ancora non ho un’idea ben precisa, ma vorrei sicuramente fare qualcosa per aiutare il mondo. Sto molto tempo a fantasticare, ma ad un certo punto devo tornare con i piedi per terra: pensare al presente, mi devo impegnare nello studio, poi ci sarà un momento in cui le mie idee si faranno più chiare. E’ un periodo di cambiamenti : ora voglio più autonomia e libertà. Vorrei decidere i miei programmi quotidiani da sola senza che nessuno mi dica cos’è meglio o peggio. Per esempio vorrei andare ai campi estivi solo con le mie amiche. Quando si è adolescenti, secondo me, una delle cose fondamentali è avere amici sinceri con cui mi posso confidare e sopratutto con cui divertirmi. Mi trovo bene con i miei nuovi amici. Io non saprei come definire il mio carattere, però so per certo che sono timida. I sogni per i ragazzi sono fondamentali, perché aiutano ad affrontare la vita con più allegria e serenità. Ci sono giornate uggiose, quando non vado d’accordo con i miei familiari. Ma alla fine un raggio di sole risplende dentro di me e tutto si risolve al meglio. L’adolescenza è un momento di confusione, non riesco a capire bene chi sono, perché cambio. Oltre ai genitori, ti accompagnano e aiutano anche i libri, infatti ci sono molti racconti che trattano sull’adolescenza e quando li leggo capisco che non sono l’unica ad essere turbata. Il mio sogno è di poter scrivere libri di fantasia e comici per far divertire la gente. Giada Smorto 18 Per me… L’adolescenza per me è una caratteristica del nostro corpo che solo noi, arrivati a questa età, possiamo capire e provare. Capita certi giorni che sei abbattuta, pallida, e non sai perché, poi ti svegli un giorno e noti qualcosa… che vorresti a volte rifiutare, ma non puoi, sei diventata grande. Certe volte mi sveglio di colpo per un sogno fatto, io da bambina e poi d’improvviso grande, tanto grande, ed ho paura, non so di cosa esattamente, ma ho questa sensazione. Ad occhi aperti mi metto a pensare a cosa è cambiato da quando ero bambina ad oggi, di certo il rapporto con i mie coetanei, la profondità con la quale ci rapportiamo ora, assolutamente diversa, intensa e profonda. I sentimenti che provo ora, le reazioni che ho nei confronti di mia madre, talvolta assolutamente e inutilmente bruschi. Noto che non sono mai tranquilla, che devo fare ciò che ho voglia di fare altrimenti rispondo male, insomma mi controllo con molta difficoltà, e poi non mi piaccio più, e capisco che per mia madre è molto difficile in certe occasioni non perdere la pazienza. Ho mille desideri che vorrei si realizzassero, vorrei tanto riuscire a fare la biologa marina, amo il mondo marino ed il mondo animale in genere; avere tanti figlie ed un marito da amare ed essere amata. Una bella e felice famiglia insomma che duri per sempre. Credo di avere un buon rapporto con i mie compagni di classe e con i mie coetanei in genere, anche se la mia timidezza, che talvolta diventa un limite, mi porta qualche volta a non esser capita dai mie amici. Tuttavia spero che questa fase di cambiamento e di sviluppo termini al più presto! Anna Testi 19 Tutti hanno vissuto… L'adolescenza... Tutti hanno vissuto o vivranno questo periodo pieno di ripensamenti, sogni e solitudine. Io sto appena varcando la soglia per entrare in questo mondo pieno di incertezza. Come una bambina appena nata che apre gli occhi per la prima volta alla luce del sole. Ho già un esempio di un ragazzo che sta vivendo pienamente l'adolescenza, mio fratello, di quindici anni. A scuola, ma anche a casa, parliamo spesso di questo argomento, quindi all'incirca già so quali saranno i miei cambiamenti. Sicuramente, cosa che faccio tutt'oggi, avrò la possibilità di decidere da sola come vestirmi, seguendo i miei gusti. Devo cominciare, partendo da ora, a dimostrarmi una persona affidabile agli occhi dei miei genitori, in modo che essi possano aver fiducia in me, cominciando a rendermi il più possibile indipendente da loro. Credo che mi capiterà spesso di sognare ad occhi aperti e di pensare alla mia, futura, immaginaria carriera da grande. Perdersi nella fantasia e pensare di salire sul palco di Sanremo e subito dopo tornare alla realtà di tutti i giorni e rendersi conto che queste sono solo illusioni, quasi impossibili... Gli ideali, il tempo prossimo si possono solo sperare. Oltre alla mia trasformazione mentale, sicuramente, anche il mio aspetto fisico muterà e credo che lo accetterò in ogni sua forma. A supportarti dopo questi mille momenti di difficoltà ci sono sempre gli amici. Sono le stampelle che ti sorreggono, la coperta calda che ti difende dal freddo. Solo loro possono capire come ti senti realmente perché stanno vivendo anche loro questo periodo. Personalmente sto incominciando a vivere anche io questo periodo non nel modo più giusto perché sto litigando più frequentemente con mia madre. Facile è parlare e spiegare cosa bisogna fare nei momenti difficili dell'adolescenza, ma poi quando ci si trova realmente in quella situazione è complicato regolare le emozioni. Questo è ciò che accade a me... Espongo tutte le mie emozioni, anche se involontariamente e non riesco a fermarle. A complicarmi questo periodo è anche mia madre che penso debba essere più comprensiva riguardo ai miei sbagli e rendermi più semplice l'adolescenza. Nonostante ciò la reputo una madre che cerca di dare il più possibile ai suoi figli e che li educa nel modo migliore. Per questo motivo credo che l'adolescenza riguardi principalmente l'adolescente stesso, ma anche la sua famiglia e chi gli sta attorno. Rosa Maria Tommasini 20 “ La maturazione dei frutti” “Era come un liquor suttile e molle” L. Ariosto Stiamo crescendo, siamo ragazzi maturi che hanno appena sfogliato dodici pagine della propria vita. È ora di comportarsi da ragazzi che prendono sul serio la vita, ma che si divertono alla stesso tempo. Siamo come dei diamanti grezzi che devono essere sfregati, lavorati e ripuliti, dai quali poi usciranno fuori dei preziosi splendidi brillanti. Con il tempo il nostro carattere matura come un frutto in estate. Questo cambiamento è successo anche a me nei primi mesi di scuola; all’inizio avevo preso la via sbagliata per la mia vita, una strada tortuosa e pericolosa ma, fortunatamente, ora sono di nuovo su una via sicura. Crescendo bisogna anche capire la differenza tra sogni e realtà. Credo che, almeno una volta ad ognuno di noi, sia capitato di fare un sogno riguardante il proprio futuro. Proprio una sera, dopo aver mangiato con la mia famiglia, sono andata a dormire e ho iniziato a sognare… In questo sogno sembrava che andasse tutto a meraviglia: ero una donna di successo, un medico importante, rilevante, ero ricca , benestante, avevo una casa molto grande, lussuosa e sfarzosa con un giardino enorme, smisurato. Ero vestita sempre con abiti di marche firmate e costose. Questo sogno andava avanti con scene che raffiguravano la mia presunta vita futura. La mattina mi sveglio e rifletto sul sogno della notte precedente. Avevo capito che più di un sogno era un incubo perché le vere priorità della mia vita sono la famiglia, la fede, l’amore, l’amicizia, la solidarietà e la giustizia e non il successo, la fama e i soldi, che servono sempre, ma non devono essere al primo posto nei nostri ideali. Chiara Vaccaro 21 Antologia Riflessioni da brani scelti 22 La mia mamma Sin dalle prime ore del mattino inizio a prendere in giro mia madre. La mattina quando mi sveglio la trovo già nel suo bagno, e sembra che ci abbia dormito dentro perché la sera la lascio lì e la mattina la ritrovo sempre lì. Chissà cosa avrà da fare di tanto importante! Poi quando finalmente riesce a uscire dal bagno dimentica sempre qualcosa e deve rientrarci. Dopo aver fonato i capelli li riempie di qualche chilo di lacca, meglio non passare davanti al bagno in quel momento perché c'è una nube pericolosa che viaggia, minacciando anche l'olfatto più resistente. Poi si passa alla fase “scelta delle scarpe”. Mia madre ha tantissime paia di scarpe tanto che la mattina se le prova tutte, ma alla fine sceglie sempre le stesse. Dopodiché mette il detersivo e l'ammorbidente nella lavatrice e l'avvia. Quando finalmente sembra che abbia finito, inizia a controllare se ha preso tutto ed ecco che puntualmente , dopo aver chiusa la porta, e a volte anche per le scale, si rende conto che le manca qualcosa e rientriamo. Poi inizia la nostra corsa a piedi, in quel tratto di strada mi rammenta tutto ciò che devo fare durante la giornata e nel parlare si distrae e magari non vede dove mette i piedi... Per non parlare di quando le si è rotto il tacco per strada, praticamente zoppicava vistosamente e cercava di far finta di niente! Quando rientra di pomeriggio, non appena entra in casa inizia a chiamarmi, una, due, tre, quattro volte... perché, anche se le rispondo, lei non sente, penso che probabilmente inizia ad avere dei seri problemi d'udito. Poi mi chiede dei compiti, se li ho svolti e tutti i santi giorni mi ricorda che la scuola ha priorità su tutto e che devo compiere al meglio il mio dovere, altrimenti mi toglie giochi e sport. Io le rispondo che lo so, ma lei me lo ripete puntualmente, penso che cominci a dimenticare anche ciò che dice... Verso l'ora di cena è indaffaratissima in cucina e le può capitare che dalla pentola messa sul fornello fuoriesca qualcosa, come quella volta che si è versato del brodo, è cascato sul fornello e c'è stata una fiammata. Però deve dire che le viene sempre tutto buonissimo, anche se mi piace prenderla in giro anche su questo! Sì, perché in effetti io le faccio anche degli scherzi e poi ci ridiamo su perchè lei è fantastica così com'è! Francesco Graziani 23 La mia cara mamma Avrei potuto scegliere tra cento persone, nel senso che conosco tanta gente che mi stuzzica l’ironia, ma alcuni vanno esclusi perché sono permalosi, altri perché non basterebbe una vita intera, altri perché ho paura delle loro reazioni. Alla fine ho deciso di scrivere un testo ironico sulla mia cara mamma che in realtà è un misto: è permalosa ed ho paura delle sue reazioni, ma tanto sono sicuro che non leggerà questo testo. Mia madre è una barzelletta, la mattina non le puoi parlare fino a che non beve il caffè. Dopo è meglio, ma non tanto, e non solo perché è nervosa, ma anche perché assomiglia alla moglie di Frankestein e ho una foto che lo dimostra. Fatta colazione, usciamo tutti insieme, e meno male che per andare a scuola la macchina la guida mio padre perché la mamma guida come quella della Carica dei 101, Crudelia DeMon. Mia madre è una fissata del pulito: passa sempre l’aspirapolvere, tanto che ti viene la voglia di spararle o che l’aspirapolvere la risucchi. Lava i panni in continuazione consumando scatole e scatole di detersivi, però devo ammettere che mi piace avere i vestiti sempre profumati. Il resto della giornata lo passa volentieri al telefono, anzi, diciamo che sta sempre al telefono e metteteci pure che non parla sottovoce, ma che urla tanto che la sentono anche in provincia. Nonostante tutto, però, è la mia mamma e le voglio tanto bene. Daniele Ingenito 24 Uno strano “strisciamento”… Molte persone sono comiche nei loro modi di fare, ma sicuramente i ragazzi sono i vincitori di chi assume le posizioni più bizzarre. Ho sempre pensato che gli adulti ci stimassero proprio per questo, perché noi ragazzi riusciamo a metterci nelle posizioni più strampalate. Nella mia classe ci sono molti "vermi striscianti". Noi diamo l'impressione che la nostra colonna vertebrale venga sostituita da una molla. E grazie a questa molla non riusciamo mai a stare fermi per un minuto. Ci dobbiamo alzare e saltare da un banco all'altro. Durante la lezione possiamo assumere ogni posizione, la più strana. Ed è facile anche che quando appoggiamo la testa sul banco ci si chiudano gli occhi dalla stanchezza. Siamo capaci anche di scivolare lentamente sotto il banco per evitare che le professoresse ci chiamino alla lavagna, per paura di addormentarci con il gesso in mano. Per prendere la penna, invece di alzarci cerchiamo sempre la via più difficile, strisciando lentamente piano piano andiamo sotto il banco. Dopo averla presa non ci rialziamo normalmente, ma facciamo lo stesso tragitto di prima strisciando e lentamente ci rimettiamo sulla sedia accovacciati. Questo "strisciamento" tra il pavimento e la sedia accade spesso il lunedì e tutti sanno il perché e noi lo definiamo il giorno maledetto. A ricreazione la musica cambia: da "vermi striscianti" ci trasformiamo in "alligatori affamati" che divorano la propria merenda e si trovano anche dei mendicanti che chiedono un pezzetto della merenda avanzata a qualcuno. Al suono della campanella ci ritiriamo nei nostri banchi strisciando piano piano. Le giornate non sono sempre così, ma il lunedì è il giorno dei vermi striscianti. Il venerdì è il giorno che tutti i ragazzi amano e il nostro cervello funziona meglio. Diciamo che noi ragazzi siamo le creature più divertenti di tutto il mondo e non ci manca mai un ragionamento bizzarro per renderci ancora più divertenti Giorgia Petrella 25 Amici a scelta Sono un ragazzo molto testardo, quando mi metto in testa una cosa non c'è modo che qualcuno possa farmi cambiare idea, anche se ho torto. Il mio carattere è molto strano, infatti la maggior parte delle persone è molto diversa da me. Uno solo dei miei amici ha il carattere identico al mio, si chiama Giorgio. Ogni volta che ci vediamo iniziamo a discutere anche su piccolissime sciocchezze, perché uno dei due deve aver sempre ragione, ma in fondo discutere con lui è la cosa più divertente che esista. A mio parere gli amici sono per noi fonte di vita e serenità, sono persone che ci scegliamo da soli, per questo sono davvero speciali. Per quanto mi riguarda non scelgo assolutamente gli amici basandomi sulla loro popolarità, ma dal loro modo di essere e dal supporto che ti offrono nei momenti più brutti. Penso che le più grandi amicizie nascono solo vivendo momenti che non potrai mai dimenticare, con le persone a cui vuoi veramente bene. Dopo quasi due anni di scuola media credo di aver commesso solo un errore: il pregiudizio verso alcune persone che adesso sono amici indispensabili per me. Giulio Cicolella 26 Un'amica inimitabile La prima volta che la vidi mi sembrava una persona chiusa e timida, ma questo era solo la prima impressione, infatti il detto “l'apparenza inganna” non è falso, soprattutto per lei. Una persona talmente originale che si mette due orecchini diversi, dicendo che non li trovava uguali. Quando la professoressa la richiama lei abbassa la testa e sgrana gli occhi, talmente tanto, che gli escono fuori. È talmente chiacchierona che dalla Calabria fino al FriuliVenezia Giulia sanno quello che le è successo nella giornata Lei si definisce una persona molto alternativa, quando si sta parlando, dal calcio alla moda, lei deve sempre dire la sua. È talmente simpatica che l'humor american non le fa un baffo. Il suo massimo di ascolto è di un minuto e poi dice una cosa che non c'entra niente. Analizziamo insieme quello che per lei significa “suo problema”: quando inizia a parlare di questo hai tre possibilità: 1) dirle che ha ragione 2) annuire con la testa 3) dirle che non è vero; ma dopo un po' scopri che la terza è impraticabile perché, se la contraddici, ci puoi discutere per un‘ intera giornata finché non decidi di dirle che ha ragione. Su di lei si potrebbe fare un film perché è molto spiritosa ed è un'ottima amica. Grazie a tutte queste caratteristiche possiamo dire che lei è l'unica e inimitabile Alice. Matteo Conti 27 Il mio futuro Ogni volta che rifletto sulla mia vita non penso quasi mai al mio futuro, anche perché sono ancora molto giovane. Le rare volte che ci penso mi vengono in mente le idee più strane e particolari. Il mio futuro lo descrivo in una sola parola: equilibrio. Mi dovrò scegliere, infatti, un lavoro adatto alla mie capacità e che mi piaccia. Le professioni a cui penso di più sono l’avvocato e il giornalista. L’avvocato perché principalmente mi affascina il fatto di essere indipendente e anche perché mi piace parlare ed esporre una difesa o un’accusa. Vorrei anche essere un giornalista perché amo raccontare le cose che accadono, ma anche perché mio padre professa questo mestiere e mi ha trasmesso parte della sua passione. Nonostante i miei grandi sogni, non riesco a decidere che strada intraprendere nei prossimi anni della mia vita. Per adesso mi rilasso e non ci penso molto, non è ancora arrivato il momento delle scelte. Spero soltanto che quando arriverà la mia occasione, io la sappia cogliere e imbocchi la strada giusta. Pierluigi Damosso 28 Sogno di diventare… Io, come Oscar, voglio diventare una star, una persona famosa, ma i problemi non sono pochi e gli ostacoli sono molti, quindi ho deciso che per adesso mi limiterò a sognare a occhi chiusi, cioè solo quando dormo. Oggi, 23 ottobre del 2044, sono andata a scuola e ho incontrato la prof. Cistriani mentre si dirigeva verso la sala professori nell'intento di cambiare registro dove avrebbe messo i voti delle povere vittime colte in fragrante sul fatto, cioè di non aver studiato. Ad un certo punto la professoressa si accorse di me, forse perché la stavo fissando da più di due tocchi di orologio dopo il suono ripetuto della campanella, quindi come un topo in cerca di formaggio, mi diressi velocemente verso la mia classe, la 2B. Ooooh, la 2B e' il mio posto preferito dove ci si può divertire, giocare, confidarsi con gli amici, ma si deve pure studiare. Ho molti segreti, ma non oso scriverli sopra questo foglio di carta che tutti possono leggere, così che un mio segreto diverrebbe la notizia del giorno e piano piano lo saprebbe tutta la scuola, perché sapete come si dice, la scuola è piccola, la gente mormora e, eccolo la' che in giro di due giorni lo saprebbero tutti. Ora basta parlare di me, parliamo invece della persona più importante nella vita: la mamma. La mamma, quella figura che ti sta sempre con il fiato sul collo pero' ti vuole bene più di ogni altra cosa al mondo, e ne ho avuto la prova esattamente tre giorni fa, quando sono rientrata a casa da pallavolo. Entrando ho buttato il mio zaino all'ingresso, e mi sono diretta subito in cucina per bere un bicchiere d'acqua, perché ero più assetata di un mammut; poi sono tornata all'ingresso e ho visto mia madre che batteva furiosamente il suo piedino per terra e inoltre aveva uno sguardo che mi fulminava come i fulmini di Zeus. Quando l’ho guardata, mi ha spiegato le regole fondamentali della casa, tra cui non lasciare lo zaino all'ingresso. Beh, dopo quella sgridata, ci penso non due volte, ma dieci prima di lasciare il mio zaino all'ingresso. Il punto e' che la mamma, sì alcune volte ti sgrida e sa essere anche molto severa, ma ti aiuta a diventare una persona migliore ed e' per questo che ho molta stima di lei. Victoria Giannetti 29 Il futuro è il cassetto dei nostri sogni ''Papà come sarà il mondo nel futuro?'' ''Spetta a noi deciderlo, possiamo lasciarlo così, inquinato e mal gestito o possiamo agire e cambiar. Chiudo gli occhi e pochi secondi dopo mi ritrovo vestita da futurnauta a bordo di una macchina del tempo. ''Whauw! Chissà dove sono?'' penso guardandomi in giro, poi sento una voce meccanica che dice: ''digitare nome del luogo e del periodo che si vuole visitare''. Io eseguo e inserisco i dati: 13 Marzo 2599. Non succede nulla, ma poi con mia grandissima sorpresa si accende la navicella e viene avvolta in un vortice di luce che ci trascina in pochi attimi in un mondo parallelo. Mi trovo sempre a bordo, ma sta volando! Sento una strana sensazione, un misto di curiosità, paura e fascino; sono sola sull'aereo e lo sto pilotando io, come una vera professionista. Decido di vedere come è il mondo, come lo abbiamo trattato e allora scendo in Africa. Vengo accolta con grande felicità da tutti gli abitanti. Pensavo di trovare povertà e tristezza, ma no. Non è così. Conosco una ragazza, Binah, lei mi spiega cos'era successo: qualcuno si era preoccupato di loro creando una associazione contro le terribili condizioni di vita che dovevano sopportare gli africani. L'associazione aveva cambiato il destino di ogni abitante dell' Africa, creando vere e proprie città, con farmacie, un sistema di acquedotti e fognature, aveva abolito ogni forma di crudeltà contro ogni essere vivente, e aveva stabilito un governo solido ed efficace, con una costituzione dettagliata e rispettata da ogni cittadino. Sono davvero basita di fronte a queste parole, allora faccio scorta di viveri e acqua e continuo il mio viaggio. Mi avvio verso l'Afganistan, atterro molto distante e poi proseguo a piedi per paura di qualche attacco. Arrivo a Kabul ansiosissima, ma vedo un gruppo di bambini giocare con gli aquiloni, mentre i genitori chiacchierano tranquillamente in un bar. Mi avvicino a un bambino e gli domando cos'era successo, come si è conclusa la guerra e sopratutto perché. Il ragazzo mi risponde che per merito di una pace fatta tra le nazioni e gli stati che combattevano aveva fatto tornare il paese in uno stato di serenità e felicità. Poi chiedo come avevano fatto a riparare tutti i danni con i pochi soldi rimanenti, lui mi risponde che molti stati hanno aiutato a pagare i lavori per riparare le città, hanno lavorato tutti i cittadini per rimetterle in piedi e ha funzionato perché in pochi anni sono riusciti a concludere l'operazione. Faccio un giro per il paese ed è tutto vero, in Afganistan c'è la pace. Riprendo l' aereo e vado in Alaska, lì hanno di sicuro bisogno di aiuto, sopportano condizioni metereologiche allucinanti. Atterro in un villaggio che da lontano sembrava male organizzato. Sono accolta da una famiglia gentilissima composta da sei membri. Mi dicono però che alcuni dei loro figli stanno studiando, capisco la loro situazione, dico che sono genitori fantastici che lasciano andare i figli in un altro continente rinunciando a stare con loro per evitare che provino le stesse emozioni che stanno provando loro adesso. Mi guardano come se fossi un alieno, e mi dicono che i figli studiano in scuole appena dietro casa. Non capisco com'è possibile e chiedo spiegazioni. Loro mi dicono che sono venuti dei volontari per aiutarli e hanno costruito dei villaggi con i migliori impianti di riscaldamento del 30 mondo così anche loro potevano condurre una vita normale e così è stato, ora vivono l'estate come in qualunque altro posto del mondo e non devono neppure preoccuparsi del cibo perché arriva una nave ogni mese con scorte di cibo e giochi per i bambini dal Canada. Ancora confusa e scioccata prendo l' aereo e arrivo fino in Grecia. Il mare è limpidissimo, le città pulite e con servizi ben funzionanti. Ogni città ha un sito storico, e vari musei dove si espongono i ritrovamenti degli ultimi scavi fatti in quelle zone. Ancora una volta chiedo informazioni a una guida di un museo che era in pausa pranzo. Il signore è gentilissimo, concede a me il suo tempo libero per permettermi di capire cosa era accaduto. Inizia a raccontare che non da molti anni tutti gli abitanti della Grecia avevano pagato delle tasse affinché si potessero avviare delle procedure di pulizia del mare, restauro delle città e riavvio dei mezzi di trasporto. Inizialmente la popolazione era abbastanza povera, ma poi pian piano la Grecia si è arricchita sempre di più e ora è al primo posto come quantità di turisti ogni anno e ha anche vinto qualche premio per le spiagge più pulite. Sono molto soddisfatta del mio viaggio e non volevo rovinarlo, ma come posso non dar un occhiata al mio paese. Allora faccio benzina, sorvolo per un breve tratto il mediterraneo e atterro a Roma. Arrivo davanti a San Pietro e vedo questa enorme lastra di marmo con incise le nuove riforme che erano state attuate: i mezzi propri, se con con un permesso, il weekend non potevano circolare, sono stati aumentati i controlli per gli autobus, per i posteggi, per il pagamento delle tasse e perfino per controllare se i cittadini gettavano i rifiuti nei cassonetti. I servizi pubblici funzionano meglio e più rapidamente, Ostia è stata pulita, dal mare alla città, i siti storici sono stati più pubblicizzati, queste e molte altre migliorie sono state applicate a tutta la nazione. È davvero molto realistico, ma non è il presente, perciò se vogliamo che il mondo sia veramente così, noi, tutti insieme, dobbiamo agire ora, soprattutto noi giovani perché siamo il futuro. Mi do un pizzicotto e sono sveglia pronta a trasformare quello che ora è un sogno in realtà. Michela Oneto 31 Un piccolo desiderio un grande segreto Ognuno di noi ha un piccolo desiderio e un grande segreto che non riesce a tenere dentro. Per alcune persone lo scrivere è un modo di liberarsi ed esprimere così la propria rabbia e la propria gioia. Io invece mi libero completamente con il disegno. Dovete sapere che non sono una ragazza che si esprime senza difficoltà, anzi, spesso lo trovo difficile perché ho paura di offendere chi ho di fronte. Ecco perché per esprimermi liberamente disegno. La maggior parte delle ragazze della mia età ha il proprio diario segreto dove scrivere tutti i pensieri e tutte le emozioni. Beh, io non ho un diario, ho una psicologa e vi auguro di non averne una a questa età perché è difficile esporre i propri problemi e sopratutto dire cosa pensi delle persone grandi. Non è una cosa noiosa, però forse andarci da grande sarebbe più semplice, nel senso che secondo me i grandi a volte sono più "crudeli" di noi ragazzi; per loro infatti è più semplice parlare, giudicare e esprimere la propria opinione. Ma anche noi abbiamo un nostro carattere, un po’ faticoso da gestire, senza bambini la vita sarebbe più facile e sicuramente più noiosa per i nostri genitori: anche essi sono stati bambini, perciò alcune volte ci capiscono. Io non vorrei andare più dalla psicologa. A Ludovica, la mia migliore amica, ho confidato questo piccolo grande segreto. A dire la verità a giugno finirò e il prossimo anno avrò più libertà. Vi darò due consigli se vostro padre e vostra madre decidono di mandarvi da una psicologa: uno, se non ci volete andare giurate di scrivere tutti i giorni sul diario, anche voi maschi, ma se avete letto il "diario di una schiappa" vi consiglio di prendere un diario senza scritta, altrimenti vi rovinate la reputazione se vi beccano. Secondo, se dalla psicologa non sapete cosa dire, improvvisate perché il silenzio che si forma è imbarazzante. Vi auguro di avere una vita semplice, se esiste, o altrimenti affrontate con coraggio tutti gli ostacoli che troverete, vi assicuro vi aiuteranno a crescere. Giorgia Petrella 32 2 diari, 2 persone, 2 vite, 2 momenti diversi, ma la stessa richiesta : pace!!!! Anne Frank e Zlata Filipovic sono 2 ragazze, vissute in tempo diverso, ma sempre in epoche di guerra. L‘una è riuscita a salvarsi, l’altra no . Anne era ebrea ed ha vissuto la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti, Zlata ha vissuto nella guerra della ex Iugoslavia. Hanno cose in comune e cose diverse: entrambe scrivono per dimenticare, il diario è un amico, tutte e due vivevano in una famiglia normale, come bambini normali: guardavano la TV, facevano sport, ma con la guerra tutto è cambiato: si devono nascondere in luoghi segreti per scappare dall’odio. A nessuna delle due piace il luogo dove si nascondono e non si sentono a loro agio. Tutte e due detestano la guerra e l’odio, ma hanno ancora una speranza, come se fossero in un pozzo profondo e devono arrampicarsi con delle corde per salvarsi. Ad alcuni le corde sono state tagliate, perché hanno perso le speranza, ma a loro no. Le cose diverse sono che loro non vanno a scuola, ma Zlata frequenta corsi pomeridiani di musica, mentre Anne deve procurarsi da sola i libri di testo. Inoltre Anne ha un bisogno materiale di scrivere, mentre Zlata cresce scrivendo. Leggendo alcuni passi dei loro diari si nota come la guerra cambia le persone: infatti queste 2 ragazze diventano grandi, e hanno pensieri molto maturi per la loro età ed è triste vedere come conoscano la cruda realtà. Cecilia Perinelli 33 Stop alla guerra Anne Frank e Zlata Filipovic sono coetanee, vissute in due periodi di guerra diversi. Entrambe le ragazzine, non avendo amici a cui riferire ciò che provano decidono di avere degli amici di carta a cui daranno pure un nome. Dai loro diari si può capire che le bambine sono infelici a causa della guerra che ha causato in loro e nelle loro famiglie una tristezza, che prima era del tutto inesistente. Guardano il mondo nascoste in una cantina, infatti non possono uscire dalla loro "abitazione" per paura dei soldati nemici che controllano il territorio e che, appena vedono qualcuno, sparano. La guerra sta distruggendo la loro infanzia, la loro gioia di vivere, ma anche i loro parenti che dimagriscono a vista d'occhio da un giorno a l'altro. Ma, nonostante tutto non perdono la speranza di vedere la bandiera della pace sventolare nel vento. Personalmente, trovo inutile la guerra perché non risolve niente, anzi distrugge anche la vita di persone innocenti, come i bambini... Rosa Maria Tommasini 34 Anne e Zlata Anne e Zlata sono due bambine quasi adolescenti che scrivono un diario per esprimere i loro sentimenti e le loro idee. Questi due diari, ormai diventati racconti e libri per ragazzi, narrano entrambi dell'infanzia di queste due bambine passata in balia della guerra. I diari sono molto simili, ad esempio: Anne scrive il suo come se stesse parlando alla sua migliore amica di nome Kitty, Zlata fa lo stesso, ma questa volta il nome della sua amica è Mimmy. Quando scoppiò la guerra sia Anne che Zlata dovettero lasciare la scuola, di conseguenza abbandonarono gli studi, però le due ragazze riuscirono comunque a seguire dei corsi: Anne un corso di corrispondenza di stenografia, Zlata i corsi di musica e matematica. La vita era diventata così difficile che le due protagoniste dovettero vivere in condizioni estreme. Zlata dovette vivere nella cantina di casa sua senza poter uscire, mentre Anne in una situazione ancora più difficile, infatti fu costretta a stare nella soffitta di un ufficio. Entrambe dicono però che, anche se i luoghi in cui erano costrette a vivere erano disagevoli, dovevano per forza restarci perché grazie a quei nascondigli avrebbero avuto una remota speranza di salvarsi. La cosa che mi ha commosso di più è stata che sia Anne che Zlata dimostrano nei loro diari che hanno ancora una speranza e non vogliono arrendersi. Victoria Giannetti 35 Una paura passata Da bambino, avevo appena sei anni, uscì al cinema il film Spider-man. La visione di quel film provocò in me un grande terrore per i ragni perché il protagonista viene morso da un ragno e, dopo una dolorosa trasformazione, scopre di avere dei poteri. La scena che mi impressionò molto fu quella in cui sulle mani del protagonista, dopo il morso del ragno, nascevano dei piccoli peletti a forma di uncino che gli sarebbero serviti per arrampicarsi sulle pareti. Questa scena suscitò nella mia immaginazione la paura che qualsiasi ragno, anche il più piccolo e innocuo, potesse farmi del male. Ogni volta che vedevo un ragno o una ragnatela correvo via con la sudarella; questa paura mi ha accompagnato per molto tempo e mi ha esposto a brutti scherzi da parte di mia sorella e di mio padre. Mia sorella mi ha fatto uno scherzo orribile: si era divertita a disegnare un ragno sulla parete del letto, perciò ogni sera o non riuscivo a dormire per paura che si spostasse verso di me o dormivo per terra. Ancora più terribile fu lo scherzo di mio padre che aveva disegnato un ragno tra una mattonella e l’altra, vicino al pulsante dello sciacquone. Avevo fatto pipi e quando alzai la mano per spingere il pulsante, sono scappato terrorizzato. Un pomeriggio decisi di farla finita con la paura dei ragni. Presi uno straccio e mi avventai sul ragno con tutto il corpo. Tolto lo straccio rimasi sorpreso, perché il ragno non era morto, in quanto era solo un disegno. Da questo episodio, piano piano la mia paura per i ragni è scomparsa del tutto. Riccardo Anselmi 36 I regali a Natale fanno la differenza Il giorno di Natale di qualche anno fa, ero ancora piccolo e ansioso dell’arrivo dei regali di Natale. Erano le dieci di sera quando chiesi a mia nonna che regali avrei ricevuto. Mia nonna mi rispose che per me non c’era nessun regalo per Natale da parte di nessuno. A me sembrava tutto molto strano perché, sì mi ero comportato un po’ male quell’ anno, ma non tanto da non ricevere regali. Così, ancora confuso, andai a chiederlo a mia madre che però mi rispose la stessa cosa. Avendo la conferma di tutti, diventai triste e andai a letto sapendo che tanto non arrivava niente. Dopo un’ora mi svegliai, erano le undici e quarantacinque e ancora si stava giocando a carte. Andai in salone e non trovai alcun regalo come mi avevano già detto. Quindi andai a seguire la partita di carte. Poi però, andando a prendere un cioccolatino in salone, trovai tutti i miei regali e pensai che almeno Babbo Natale avesse capito che me li meritavo. Tutti, contenti, mi dissero che per sbaglio la polvere di Babbo Natale mi aveva portato dei regali. La presi male pensando che ci fossero dei fantasmi. Solo dopo qualche anno avevo capito che si erano coalizzati per farmi uno scherzo. Federico Lai 37 Un pessimo scherzo Ero rimasta a casa da sola ed era molto tardi. Stavo vedendo un film dell'orrore nonostante mi facesse paura. Finito il film andai in camera mia per dormire, anzi, per tentare. Poco prima di girare a sinistra del corridoio che in quel momento mi sembrava non finisse mai, tutte le luci accese si spensero. Un terrore inaudito mi prese il cuore e iniziai a sudare freddo. Presi la prima torcia che trovai e aprii l'impianto della luce. Non capivo più niente! Decisi di chiamare i miei genitori ma non rispondevano. Lo stesso le mie sorelle. Ma cosa stava succedendo? "È solo una stupida coincidenza" pensai in quel momento. Infatti avevo ragione perché due minuti dopo le luci si riaccesero per mia grande fortuna. Mi distesi sul letto ed ero ancora tremante quando la televisione si accese da sola. Pensai che era un’ ulteriore coincidenza e che non dovevo preoccuparmi, eppure ero nel panico. Oltretutto degli strani rumori per tutta casa iniziarono a manifestarsi incessantemente. Era tardissimo e molto probabilmente la mia casa era infestata. Che potevo fare? L'unica cosa che mi venne in mente fu di prendere un bastone ed esplorare per poi colpire l'eventuale ladro.Tutte le luci erano accese, ma non vi era alcun rumore... Un passo, due, tre passi, finché... Ahhh!!!!! Diciamo solo che ero sulla soglia dell'infarto. Chi era l'artefice? Mia sorella ovviamente. Avendo scoperto dell'horror in cui mi ero imbattuta pensò bene di mettersi una maschera da killer e di utilizzare una mazza per spaventarmi a morte. Ero così terrorizata che nemmeno l'avevo sentita rientrare! Prima la picchiai per vendicarmi, poi mi fece le sue scuse, ma per una settimana non feci altro che guardarmi le spalle! Alice Iacomacci 38 Solanas: un piccolo paese. ma ricco di emozioni. Solanas è un piccolo paese che si trova nel sud della Sardegna dove ho trascorso l’estate da quando sono nato. È un luogo isolato come un deserto, ma ricco per le sue bellezze. Si riconosce dal bel mare che sembra di colore verde smeraldo, dallo strano colore della sabbia con quel suo giallo particolare e infine dalle piante, come i fichi d’india e gli ulivi. Per me Solanas è un ”paese tradito” perché d’estate tutti vanno per vedere e “assaggiare con gli occhi” il suo bel mare, mentre d’inverno è sempre isolato come una mosca nel deserto. Mi è sempre piaciuta Solanas per la sua aria di paese con due piccole chiese, tre piccoli supermercati, i piccoli immobili e le sue ville di cui una è proprio la mia. Sono molto affezionato a questo piccolo paese, perché qui ho vissuto metà della mia vita con mio cugino di nome Andrea che l’ha reso ancora più allegro. Penso che Solanas abbia un sentimento grazie anche alle persone che ci vivono. I miei nonni l’hanno vista nascere e ci sono molto affezionati. Il mio divertimento è solo lì con i miei cugini in qualsiasi punto di Solanas. D’estate lì sono sempre allegro, ma quando ne esco divento triste improvvisamente. L’unica che non è soddisfatta di Solanas è mia madre perché dice che non si può stare sempre con le stesse persone. Le do ragione perché è giusto che lei possa conoscere nuove persone di un altro luogo, ma le do torto perché non bisogna abbandonare i propri cari e quello che ti sta intorno. Con delle riflessioni direi che Solanas assomiglia al villaggio che descrive Giacomo Leopardi nella poesia intitolata “il sabato del villaggio”. Federico Lai 39 Cartesio “La lettura di buoni libri è come una conversazione con uomini magnifici dei secoli passati. Parlare con loro è come viaggiare” 40 “I libri sono ali che aiutano a volare, i libri sono vele che fanno navigare” Sono nata forse dalle magiche parole di un libro o dal prodigio di una fata… Di sicuro la mia vita scorre nei sentieri di un mondo incantato: il mondo dei libri. Sono proprio loro, i libri, che nella mia casa, come nella mia vita, regnano sovrani incontrastati. Quando leggo, mi isolo dal mondo e mi concentro sulla storia come se la mia camera diventasse una giungla o, perché no, magari un castello! Bisogna crescere leggendo perché leggere fa crescere. La frase di Cartesio, mi ha colpito molto e la approvo in tutti i sensi. I libri “veri”sono ricchi di metafore e similitudini per trasmettere al lettore un’emozione indescrivibile come la lettura. Per fortuna la mia famiglia legge molto e fin da quando ero piccola, mi hanno trasmesso questa passione. I libri sono come degli amici che ti fanno viaggiare nella fantasia, quando e dove vuoi. Penso che la lettura possa rappresentare uno dei giochi preferiti dei bambini, un gioco in cui si viaggia, si cresce, si esplora in compagnia di tanti nuovi amici. Difficilmente un bimbo diventerà un lettore se non vede l'esempio dei genitori, per questo ringrazio la mia famiglia. La lettura è sempre stata fondamentale per l'uomo. La capacità di leggere e scrivere gli ha permesso di svilupparsi e di evolversi. Grazie ai libri possiamo crescere culturalmente, divertirci, incuriosirci e volare con la fantasia. Non credo sia vero che la passione per la lettura sia in calo, ma piuttosto, sia "mutata". Attualmente gli adolescenti hanno perso la voglia di leggere, magari per sembrare grandi oppure perché la considerano cosa da bambini, ma la lettura non ha età, perciò bisogna dare loro una chance! Chissà, magari in un futuro, la tradizione di leggere si riprenderà, anche se ormai computers e videogames l'hanno sostituita. Non mi stancherò mai di leggere, perché leggere è come navigare in un mare di parole infinite. Agnese Rocchegiani 41 “La lettura è un viaggio che non costa nulla” Cartesio fu un filosofo del 1600. Una sua frase importantissima è : “la lettura di buoni libri è come una conversazione con uomini magnifici dei secoli passati. Parlare con loro è come viaggiare”. Con questa frase, vuole spiegarci l’importanza dei libri, delle grandi botti da cui attingere cultura e tenersela ben stretta. Cartesio parla pure di un viaggio. Esistono diversi tipi di viaggi: viaggi di piacere come una gita, il viaggio sacro, come i pellegrini, che vanno in un luogo dove, magari è apparsa la Madonna, per pregare e ricevere la grazia. Poi c’è il viaggio della speranza, molto contemporaneo, compiuto dalle persone che vengono da paesi poveri dove c’è la guerra, per venire in posti ricchi; infine c’è il viaggio immaginario , come quello dell’Eneide e dell’Odissea. Ma i viaggi non si compiono solo tra “luoghi”, sia immaginari che reali, ma anche nel tempo; questo è proprio il viaggio che l’autore intende. L’autore come “ buoni libri “ vuole indicare i libri classici. Ma perché proprio i libri classici? Perché questi libri ‘buoni’ sono ricchi di insegnamenti. Cartesio ci dice anche che è come parlare “con gli uomini del passato”, quelli che li hanno scritti e perché quei libri hanno affascinato milioni e milioni di persone. I classici sono i più belli, quelli che, quando inizi a leggere, dici: “nooo, …il solito classico…”, mentre poi ti affascinano con l’energia e la grazia delle parole. Sono libri a cui si riconosce un solo difetto: “li si legge troppo in fretta”. Non è a caso che i genitori ci dicono “leggi i classici“. Anche io ho letto molti classici. Quelli che mi sono piaciuti di più sono stati: il Barone rampante, il Visconte dimezzato, Uomini e topi e l’Amico ritrovato. Sono uno spaccato della società del tempo antico e del pensiero dell’autore, e sono libri che non andranno mai persi. Cecilia Perinelli 42 Non è solo un passatempo… Su questa frase si potrebbe fare un lunghissimo dibattito, ma io proverò a spiegarla in poche pagine. La lettura non è solo un passatempo, è immergersi con l' anima nel luogo descritto, vivere quelle emozioni, vedere quei fatti; ed è qui che si nota la differenza tra un buon libro e uno di poco valore. La lettura di grandi classici è, non solo bellissima di per sé, ma è anche affascinante il modo in cui è scritto, i costumi dell'epoche: è quasi come fare un viaggio nel passato e conoscere gli artisti di grande fama, capire ciò che pensavano, il loro modo di esprimersi, come è nata la nostra lingua. Questa per me è l' avventura più bella che si possa mai vivere. I diari, le autobiografie, i romanzi, ognuno è speciale, ognuno ti fa vivere emozioni diverse, capire come si sentiva lo scrittore. Le parole dei libri, legate insieme, compongono quasi una melodia che cattura il lettore e lo fa addentrare nel libro. Un libro che dura una stagione non accende dentro di te alcuna scintilla, non sa capire esattamente ogni lato sensibile del lettore, un libro non buono non riesce a farlo, certo può essere una lettura comica, fantastica, ma non è la stessa cosa che leggerne uno che ha ammaliato diverse generazioni. Se dovessi paragonare un libro a qualcosa penserei ad un uccello, uno splendido e maestoso uccello pronto a portare il lettore al di là di ogni immaginazione e farlo volare via, non pensando ai problemi, alle difficoltà, ma, fidando nell'uccello e abbandonandosi, vivere parola per parola ogni pagina. Quando leggo, non lo faccio a voce alta, perché mi piace immaginare un'azione con una voce che mi spiega in sottofondo e mi piace pensare che quella sia di un narratore del tempo. Devo ammettere che inizialmente la lettura dei grandi classici non mi allettava molto, ma mi sono ricreduta, capendo la straordinaria bellezza di questi libri e le varie trame sempre coinvolgenti e piene di significato. Leggere è come se ci fosse un'esplosione nella tua testa di sensazioni, colori e vestiti d'epoca: è un' emozione stranissima, ma entusiasmante e bella. Pensare di dialogare con Dante Alighieri o Giovanni Boccaccio è fantastico perché in fin dei conti noi, persone come loro, seppure vissute in epoche e mondi diversi, in un modo o nell'altro, viviamo sempre le stesse storie. Questa è la parte più bella dei libri, che non hanno confini, perché la fantasia e l'immaginazione non hanno fine e si possono pensare le cose più stravaganti, affascinanti e curiose. I libri sono questo per me, sono tutto ciò che uno vuole. Michela Oneto 43 Le cose scritte rimangono per sempre “Verba volant scripta manent” Per me la lettura è molto importante, per non dire fondamentale. Non solo perché insegna a parlare e a scrivere con correttezza di termini, ma anche perché apre la mente. Trovo molto giusta la frase di Cartesio, infatti leggendo un classico spesso si possono trovare delle riflessioni provenienti dalla mente dell’autore. Leggendo puoi avere idee tue sugli stessi argomenti, quindi leggere i loro libri è come confrontarsi con loro. Per di più leggere provoca sentimenti contrastanti, prediligere un personaggio, provare pietà o rabbia verso di lui, e se il racconto fosse autobiografico, le emozioni ricadrebbero sull’autore. Perciò tra il lettore e colui che ha scritto l’opera ci sarebbe un rapporto che supera la comunicazione. Quando un libro è scritto con passione, colui che lo legge è trasportato al suo interno, come se vivesse in prima persona i fatti raccontati. Questo è, secondo me , il viaggio di cui parla Cartesio. Un viaggio immaginario nella propria fantasia e in quella dell’autore. Leggere per me fa rilassare, distoglie il lettore dai suoi problemi per farlo concentrare su quelli altrui e sulle loro emozioni e sulle loro sensazioni. Quindi, quando leggi, ti senti libero e senza troppi pensieri. Almeno fino a quando non chiudi il libro; a quel punto la verità ti casca addosso e torni a pensare a tutte le cose che non vanno bene e che ti preoccupano. Una frase che mi torna in mente spesso, mentre scrivo o leggo qualcosa è: “La carta è più paziente degli uomini”. Infatti quando leggi, la carta può essere sottoposta a qualsiasi tortura. Mi è capitato di emozionarmi e di commuovermi tanto da piangere per la sorte di personaggi mai esistiti, creati dalla fantasia di uomini capaci. Cosa sono personaggi importanti, famosi, ma anche tragici come Romeo e Giulietta? Solo parole scritte sulla carta che pazientemente le ha conservate. Queste parole sanno aprire la mente e far emozionare persone che vivono molto tempo dopo l’autore. La differenza tra un grande classico e un libro qualsiasi è proprio questa: un classico verrà letto per molto tempo dando emozioni ed insegnamenti, inducendo grandi riflessioni. I grandi classici non tramonteranno mai perché le cose scritte rimangono immutate per sempre. Rossana Maletto 44 Un viaggio infinito Cartesio con questa frase ci vuole far capire l’importanza dei grandi classici, che suscitano nel lettore uno stato di impassibilità. Grandi classici come l’Eneide, l’Iliade e l’Odissea hanno affascinato intere generazioni fino ai nostri giorni, anche se sono stati scritti in epoche molto remote. Sono stati scritti anche molti altri classici, sia nell’epoca medievale, sia in quella moderna. Per me gli autori di questi libri vogliono riportare ai posteri grandi guerre o importanti scoperte che possono variare da libro a libro. Gli uomini dell’antichità hanno fatto molto per proteggere questi trattati e sono arrivati a noi grazie agli amanuensi che li ricopiavano nei loro monasteri. Cartesio scrive nella sua frase: ‘leggere questi libri è come conversare con gli uomini migliori dei secoli passati’. Questa frase è molto vera, infatti quando ti capita di leggere un grande classico te ne rendi subito conto. Questi classici sono fatti apposta per attrarre il lettore. Tra i più importanti, oltre a quelli scritti da Omero, vorrei assolutamente ricordare “ La Divina Commedia” scritta da Dante Alighieri nel 1300. Nel 1300 ci sono stati molti poeti famosi trai quali lo stesso Dante, Boccaccio e Petrarca. Tutti e tre hanno lasciato un segno indelebile nella letteratura. Non solo i trecentisti hanno rivoluzionato la nostra cultura, ma anche molti altri autori di altre epoche. Quindi questi classici sono molto importanti per me e spero che giungeranno intatti ai posteri. Francesco Graziani 45 Cartesio : Illusione o realtà? Vero. Una sola parola: verità. È la verità che afferma Cartesio. Ho letto diversi libri e anche io mi rispecchio fortemente in queste idee. Nonostante Cartesio sia del 1600, la sua frase accomuna ognuno di noi. La lettura è uno strumento straordinario e per questo motivo va trattata con cura e passione. La lettura è la storia, la lettura siamo NOI. “Parlare con gli uomini migliori dei tempi passati”. Cartesio ha meditato sicuramente su questo frase. Infatti ha un significato molto profondo e bisogna andare oltre. Quello che il filosofo ci vuole dire, secondo me, è che i libri sono una fonte di vita. Sono così magnifici da farti tornare indietro nel tempo, solo con i loro racconti. Quindi è quasi un dovere continuare a leggere, perché solo essendo colti e preparati si va avanti nella vita, solo così avremo un futuro. L’obiettivo primario dell’uomo, milioni di secoli or sono, era quello di procurarsi del cibo e trovare un rifugio. Quello dell’uomo contemporaneo è di avere una famiglia e professare un mestiere redditizio. Ma non saremmo niente senza la cultura o senza la lettura di buoni libri. In mancanza di queste siamo in balia del caso, con esse, invece, siamo più forti e in grado di affrontare la vita, e magari con un bel romanzo che ci accompagna. “Conversare con loro è come viaggiare”. Ma viaggiare dove? Nelle storie? Credo che la seconda domanda faccia al caso nostro. Viaggiamo direttamente con l’autore e il protagonista. In ogni genere di posto, situazione. Proviamo tutto ciò che prova il protagonista , a volte ci rispecchiamo in lui, con i nostri difetti e i nostri limiti. Leggere un libro classico, ovvero un racconto storico, indimenticabile, che nei secoli rimarrà ancora è una sensazione indescrivibile. In qualche modo senti qualcosa dentro di te. Quel libro ci sarà ancora, farà appassionare i tuoi figli e così i figli dei tuoi figli. Leggere è come quando fai un viaggio, ti instauri in un’altra cultura a te estranea, ti imbatti in situazioni sconosciute anche inverosimili. Ma in un libro devi imparare a viaggiare e soprattutto devi imparare a vagare nella tua anima, ad assorbire l’insegnamento del racconto, come suscita l’autore. Concludendo mi permetterei di aggiungere tre o quattro parole al pensiero di Cartesio: “Leggere è vivere”. Pierluigi Damosso 46 Viaggiare, fantasticare, scoprire In questa frase Cartesio aveva racchiuso tanti significati, probabilmente, però penso che ognuno di noi ne potrebbe dare diversi. Un po’ mi ci rispecchio, poichè ogni volta che leggo un libro, mi immedesimo in una parte e mi sembra di parlare con i personaggi. Questo mi capita anche con i libri di testo, che trattano di fatti interessanti e che mi sembra di vivere. Quando penso a questa frase mi vengono in mente quelle poche cose che ho studiato sulla "Divina Commedia" di Dante, grande classico della letteratura italiana. Mi sembra di essere trasportata in luoghi fantastici, dentro mentalità diverse al di fuori del mondo reale, in una conversazione con Dante, in prima persona. Direi che i miei genitori non possono più pensare né come Cartesio, poiché è un grande filosofo, né come me, perché alla loro età si perde ogni tipo di immaginazione. Cartesio è un filosofo del 1600, quindi non penso che adesso si possano trovare frasi come questa, così ispirartici di tante idee. Immagino che voglia spiegare che quando si legge bisogna farlo con cura, con molta attenzione, pensando e ripensando, provando a fantasticare su tutte le situazioni e cercare di ritrovarsi in altri mondi reali e surreali. Penso che una lettura classica, letta così, potrebbe essere più emozionante e intrigante, non noiosa come la definirebbero tutti. Commentare questa frase è come parlare direttamente con Cartesio, raccontare a lui i miei pensieri sulla sua frase. Leggere questa frase è come se a un certo punto mi girassi e mi ritrovassi in un altro mondo e l'aria diventasse limpida. Insomma penso che questa sia fantastica, allo stesso tempo ricca di significati. Alice Parrella 47 Cibo e fantasia 48 Il grande giorno C’è una gran confusione nella pasticceria “Dolci e fantasia”. È la pasticceria più grande del mondo ed è lì che si svolgono, proprio adesso, le elezioni di Miss Pasticcino 2011. Le concorrenti, quest’anno, sono venti, l’orgoglio di Paolo e Chiara, proprietari del negozio. Molte si sono aggiustate il ciuffo di panna, così elegante con quella forma a ricciolo, di moda in questi tempi. Altre si sono decorate con delle graziose scaglie di cioccolato, con delle piogge (o nevicate?) di zucchero a velo o con cuoricini e stelle di crema. Alcune hanno addirittura deciso di chiudersi in un forno, per dare un bel colore dorato alla pelle. Attraverso le teche di cristallo affollatissime, torte, pasticcini e biscotti osservano l’importante evento. La vincitrice interpreterà il personaggio principale in un film, che sarà diffuso anche nelle case degli esseri umani, da girare a Parigi dal famoso regista Torroncino Morbido. Non solo è un regista famoso, ma discende dalla nobile dinastia 50% Nocciola! La presentatrice è un’elegantissima torta Sacher, con una voce così forte da farsi sentire senza microfono da circa duemila dolci in tutto il mondo; si crede che questa voce così forte le serva per gridare ai clienti della pasticceria: “mangiatemi!”. Il suo vestito è del cioccolato più pregiato, e per questo è molto orgogliosa di sé stessa. La giuria è composta da sei biscotti accuratamente selezionati tra i migliori della terra: ognuno di loro viene da un posto diverso. Uno di loro ha assistito al più grande concorso di bellezza di tutti i tempi: l’elezione di Miss Cioccolatino, che si ripete una volta ogni dieci anni. Tutte le concorrenti, sotto i loro bellissimi sorrisi e le loro decorazioni, sono emozionatissime, e alcune di loro hanno paura di svenire al primo passo sul palco. Ecco la prima concorrente, la seconda, la terza e così via, e con un piccolo rumore di tacchi e un frusciare di vestiti, tutte le concorrenti sono sul palco. Dovranno cantare, ballare, sfilare davanti alla folla e ognuna si esibirà in una sua specialità. Quasi tutti i dolci assistono alle elezioni di Miss Pasticcino, direttamente o alla televisione: alla fine delle esibizioni, molta gente non riesce a staccare lo sguardo. Ecco che, dopo cinque minuti di riflessione e di silenzio, il portavoce della giuria consegna alla torta Sacher una grossa busta gialla. La presentatrice fa una corsetta fino al centro del palco, con tutte le concorrenti allineate alle spalle. Con la sua voce potente, assume un tono solenne e pronuncia le parole: “la vincitrice è …” Poi ripete, con lo stesso tono: “la vincitrice è… Azzurrina Muffin!!!” Un timido gridolino di gioia attraversa la sala, anzi, il negozio intero. La vincitrice si fa avanti, elegante nella sua semplicità. Ha dei pantaloni attillati, azzurro chiaro, una camicetta di seta azzurra a pallini bianchi e un giubbottino classico, senza maniche, rosso con una striscia bianca e le pieghe ben ordinate. Delle scarpette con i tacchi, rosse avvolgono le sue graziose estremità, ha una borsetta bianca a tracolla. Ha lucidato con estrema cura la sua ciliegina scarlatta, facendo attenzione a mantenere la fogliolina in quella posizione che aveva impiegato ore a stabilire. Anche gli occhiali rotondi avevano attirato la simpatia dei sei biscotti-giuria. Ormai sembra più che ovvio a tutti : Azzurrina Muffin è perfetta per essere Miss Pasticcino e, soprattutto, per interpretare l’elegante e simpatica pasticcina parigina del film! Milena Dal Piaz 49 Isabella e le uova dolci C’era una volta una ragazza di nome Isabella. La sua famiglia era in ottime condizioni economiche e vivevano in una splendida villa che si trovava all’interno di un fitto bosco, ma i genitori di Isabella erano sempre assenti e non si curavano di lei. Un pomeriggio la ragazza si sentì sola, come al solito, ma quella volta decise di fare una cosa senza senso: scappò di casa. Dopo due ore di intenso cammino, Isabella si trovò davanti ad un grande albero che a prima vista sembrava essere diverso dagli altri. La ragazza era sfinita e decise di sedersi accanto a quell’albero per sfogare la sua rabbia. Iniziò a piangere, talmente tanto che il prato sotto di lei era diventato di un verde splendente, come se prendesse vita. E fu proprio così, una voce con un timbro molto strano, deciso e imponente, la fece sobbalzare in piedi. Si guardò intorno ma non vide nessuno, a un certo punto quella voce riprese a parlare: “Mi hai risvegliato da un sonno da cui pensavo non sarei mai uscito. Grazie, te ne sono debitore.” Isabella ancora sconvolta capì che era stato l’albero a parlare. Si girò verso di esso e rimase a bocca aperta, era di un marrone intenso e di un verde lucente. Era completamente cambiato. Ancora scossa, Isabella disse: “Chi sei? Che cosa sei? Non mi fare del male!” L’albero la rasserenò: “Tranquilla non faccio male a nessuno. Voglio solo ringraziarti per avermi svegliato con le tue magiche lacrime. Ho visto che sei triste! Tieni, prendi una di queste.” L’albero si chinò e dalla sua schiena spuntarono delle uova, uova di uno strano colore. Isabella ebbe un attimo di esitazione ma dopo qualche secondo allungò la mano e prese un uovo. L’albero a quel punto le disse: “Mangialo, vedrai, ti farà star meglio!”. Isabella portò l’uovo alla bocca e lo mangiò, senza pensarci due volte. Dopo un istante, le sue lacrime svanirono e si trasformarono in un sorriso. Un sorriso che non aveva mai tirato fuori. Capì il suo errore e tornò a casa più in fretta che poteva salutando velocemente l’albero, sicura che domani gli avrebbe fatto visita. Passò una splendida serata con i suoi genitori e l’indomani pomeriggio Isabella andò dal suo nuovo amico un po’ speciale. Era l’unico amico che avesse mai avuto. Trascorreva ogni pomeriggio insieme all’albero e ogni giorno quest’ultimo le dava un uovo per rallegrarla. Ma un pomeriggio i genitori decisero di fare una sorpresa ad Isabella tornando prima a casa. Non la trovarono e provarono a chiamarla a gran voce, ma nessuno rispose. Rassegnati dall’inutilità di cercare in casa, corsero nel bosco per trovarla, con quasi nessuna speranza. Dopo molte ore di ricerca il sole stava calando e per Isabella era ora di tornare a casa, ma appena si volse vide i suoi genitori che correvano disperati, chiamandola. I genitori corsero da lei con sguardo furioso. Cercò subito di scusarsi, ma i genitori erano arrabbiatissimi e avevano ormai deciso una punizione perfida: Isabella non avrebbe potuto più uscire di casa per il resto della vita. La ragazza scoppiò a piangere e con una frase riuscì a far cambiare idea ai genitori: “Mamma, Papà…, voi siete molto indaffarati con il lavoro e io mi sento molto sola 50 quando non ci siete! Ho incontrato l’unico compagno che mi capisce e mi tratta come una vera amica: quest’albero. Mi ha aiutato quando ero triste e sola e mi ha fatto sentire davvero speciale. Vi prego, non fatemi questo.” I genitori a questa frase si commossero e lasciarono a Isabella l’opportunità di andare a trovare ogni volta che voleva il suo nuovo amico. E, mentre tutta la famiglia felice si stava avviando verso casa, l’albero fece l’occhiolino a Isabella e lei capì che quella frase che aveva convinto i genitori era dovuta a quelle uova di sapore dolciastro che la salvarono dall’eterna infelicità. Giulio Cicolella 51 Luisa e Dario Grazie a un recente studio sulla dietetica dei ragazzi tra i nove i quattordici anni, condotto da una nota personalità in questo campo, possiamo arrivare a capire quale sia la più corretta alimentazione da eseguire da un individuo compreso in questa fascia d'età. La ricerca non è incentrata solo sugli aspetti scientifici, ma affronta il problema delle cattive abitudini alimentari degli adolescenti. Infatti i ragazzi sono frequentemente influenzati da fonti esterne riguardo il mangiare. Al giorno d'oggi i nutrizionisti, per diffondere una corretta alimentazione, utilizzano vari espedienti, come racconti di storie dove la morale è la corretta alimentazione. Leggendo la relazione dell'esperto prima citato ci siamo imbattuti in un interessante racconto che vale la pena di riportare. La storia narra di due frutti: una mela di nome Luisa e una banana di nome Dario; quest'ultimo aveva una personalità estroversa, a differenza di Luisa, un frutto dolcissimo e molto gentile, ma timida. Questi due giovani si conoscevano solo perché vivevano sullo stesso pianerottolo, ma non c'era molto feeling tra loro. Un pomeriggio mentre entrava fortuitamente in una mensa dei poveri, Luisa lo vide molto felice mentre serviva dei cibi essenziali, ma sani. Si avvicinò e lo salutò con tanta ammirazione perché quello che Dario stava facendo per la gente era molto bello. Luisa gli chiese se volesse andare con lei e dei suoi amici al cinema, e Dario molto entusiasta dell'invito accettò. Appena arrivarono videro un signore anziano in difficoltà e lo aiutarono. Tra i due vicini di casa nacque un'intesa talmente forte da trasformarsi in amore. Insieme iniziarono a progettare di impegnare la loro vita nella costruzione di una nuova mensa per bambini poveri, dove avrebbero prestato molta attenzione nel sensibilizzarli in modo giocoso a una corretta alimentazione. Una sera mentre erano alla mensa dei poveri a servire il cibo, Dario chiese a Luisa di sposarlo e lei con entusiasmo le rispose subito di sì. Dopo qualche mese si sposarono ed ebbero subito un figlio che chiamarono Macedonia. Dario e Luisa crearono molti eventi per raccimolare il denaro per la loro mensa dei sogni. Molti furono a donare soldi e aiuti, trovarono architetti, avvocati, pensionati, giovani e ognuno contribuì per quello che poteva dare e fare. Dopo tre anni dalla nascita di Macedonia, inaugurarono “Passion fruit” la mensa per bambini più allegra del mondo perché dall'amore non possono che nascere e crescere progetti per buone intenzioni. Matteo Conti 52 L’albero dalle uova dolci e la Fata Una fata dagli occhi blu, dai vestiti eleganti e dai capelli d’oro, faceva crescere un albero che produceva uova dolci. Per questo motivo tutti i bambini desideravano di poter assaggiare un giorno quelle uova. Ma la fata non consentiva loro di avvicinarsi all’albero e di raccogliere le uova se non dopo essersi accertata che i bambini avessero compiuto una buona azione. L’albero con i suoi splendidi frutti però attirava l’attenzione di tutti i bambini, buoni e cattivi. Per questo motivo dei bulletti del paese che, ovviamente, non riuscivano a meritare le dolci uova, decisero di rubarle e nasconderle per farne una scorpacciata l’indomani. Così si diressero verso il campo dove cresceva il magico albero e lo spogliarono di tutte le sue uova. Ma la fata, saggia e magica com’era, si era accorta che quei ragazzi stavano tramando di rubarle le uova. Si recò sotto l’albero e quando lo vide spoglio dei bei frutti, con una magia, riuscì a far sì che le uova magiche rubate, da dolci diventassero più aspre e amare del fiele. Così quando i ladri bambini assaggiarono le uova la loro bocca si infuocò e per una settimana intera non riuscirono a mangiare. Distrutti da tanta sofferenza decisero di recarsi dalla fata per farsi perdonare. La fata apprezzò il loro gesto e regalò ad ognuno di loro un uovo dolce. Ancora oggi si racconta che i bulletti siano ancora lì a leccarsi i baffi. E così, da quel giorno in poi, anche chi fino ad allora era stato cattivo prese un uovo non per furto, ma per merito. Margherita Criscuolo 53 L’incredibile storia di Mr. Banana e Mr. Apple C’era una volta, in un paese sperduto delle regioni calde e aride, una casetta alquanto stravagante. Lì ci vivevano i signori Apple. Intanto dall’altra parte della strada, vicino alla casa della famiglia di cui vi ho appena parlato, c’era una villa imponente. In quel luogo da nobili vivevano i signori Banana. Le due famiglie si odiavano, l’una gelosa dell’altra. Ma non si accorgevano che sbagliavano entrambe. La famiglia degli Apple invidiava la villa dei Banana, ma allo stesso tempo quest’ultima odiava la prima per un motivo assai più importante di una stupida casa, la detestava per il fatto che nella casa degli Apple c’era l’amore. Era proprio l’amore che regnava lì dentro. I problemi si affrontavano e si risolvevano e nessuno aveva da lamentarsi, perché la cosa più importante è la famiglia. Ma nonostante questo i due membri più piccoli delle due “casate” rivali erano ottimi amici. C’erano sempre l’uno per l’altro in ogni momento e si conoscevano a memoria. L’unico momento in cui litigavano era quando il piccolino degli Apple cercava di sbucciare il bambino dei Banana. Anche se, poco dopo, la pace arrivava sempre. Ma un giorno i signori Banana, decisero di architettare un piano, uno stratagemma per farli separare, e anche se il piano era arduo, non mancava loro la voglia di rovinare l’amicizia dei bambini. “Dobbiamo trovare un modo, uno spiraglio. Un elemento che distrugga la loro amicizia”, sussurrò piano la signora Banana. Il marito grugnì come era suo solito e rispose in tono di chi si è appena svegliato: “Ma come? …È impossibile! …Aspetta”, riflettè per qualche attimo e ... “Ho trovato. Potremmo dire a nostro figlio che il bambino Apple ha parlato male di lui e che noi lo abbiamo sentito mentre andavamo a buttare la spazzatura.” Per un attimo la signora Banana guardò fissamente e indecisa il cassonetto dei rifiuti, ma poi acconsentì. Così andarono dal figlio e in tono teatrale dissero: “Tuo padre. Ha sentito il figlio degli Apple che malediceva il tuo nome…, piagnucolava, essendo geloso di ciò che possediamo”. Il bambino inizialmente non ci credette, ma, condizionato dai genitori in modo così crudele, si trangugiò questa bugia e la dette per vera. A questo punto si vestì velocemente e andò di corsa, senza neanche preoccuparsi della strada, a casa degli Apple. Suonò educatamente il citofono. Lo ricevette alla porta la signora degli Apple: “Ciao tesoro, ti chiamo mio figlio?”, con la voce più dolce che potesse avere. “ Me lo trovo da solo”, rispose il bambino senza pensarci. Entrò bruscamente in casa e bussò alla camera del suo migliore amico, il ragazzino degli Apple lo accolse e lo fece mettere comodo sul suo letto. A questo punto uscirono le parole pungenti di Mr. Banana. Mr. Apple si stupì e non credette che i genitori del suo amico, avessero potuto dire una cosa così grave. Allora con il tono più amichevole che aveva gli disse: 54 “Amico mio, ti sono stato sempre vicino e non ti ho mai tradito. Anche se i nostri genitori sono rivali, ti ho sempre voluto bene e considerato come un fratello. Non potrei mai volerti male o fartene”. A queste parole l’altro ragazzo arrossì e all’improvviso dette uno spontaneo abbraccio al suo migliore amico. Un abbraccio che solo un amico può dare. Pierluigi Damosso 55 Tim e Sara Tim è proprio un bel ragazzo !!!!! Alto, magro, con un bellissimo colorito giallo sole, orgoglio della famiglia, casco di banane, è maturato da poco ed è in cerca di qualche bella bananina. Sara, invece, è una splendida mela della grande famiglia Melinda, di color rosso fuoco ed ha una forma perfettamente sferica ed una polpa dolce e zuccherina : una mela da sogno. Sara osservava sempre Tim con occhi sognanti e già si immaginava al suo fianco per sempre. Anche Tim aveva notato quella mela tanto carina ed, essendo stanco delle solite banane, tutte magre, tutte alte, tutte gialle – e se provassi a cambiare frutto? – si chiedeva. Così cominciò a prendere seriamente in considerazione Sara. Osservandola si innamorò delle sue forme tondeggianti, e del suo rosso sgargiante. Fu amore a prima vista, una vera passione che suscitò in loro un grande e vero sentimento. Nel loro paese, la Macedonia, era stata istituita una legge che impediva ai diversi tipi di frutta di frequentarsi. Però i due innamorati non volevano rinunciare alla loro passione. Così il giorno della festa nazionale, durante il discorso del sindaco Perindo, si impadronirono del microfono e fecero un lungo, anzi no, un lunghissimo discorso, ispirato alla bellezza, alla diversità e al fatto che una legge non può ostacolare il vero amore. Pur di farli smettere, per non far addormentare tutto il paese dalla noia, il sindaco diede loro ragione e abolì la legge. Tutto il paese tirò un sospiro di sollievo, in particolare le famiglie di Tim e Sara che non ne potevano più di tutti i lamenti dei giovani frutti. Però rimaneva ancora un problema: il matrimonio; le famiglie Casco e Melinda avevano già preparato una bellissima casetta a forma di Ananas; però non avevano idea di come una mela e una banana potessero avere dei fruttini. Il problema venne risolto dal mago mandarino: Fruttosio. Egli trasformò con un incantesimo Tim e Sara in un nuovo piatto di frutta. Da allora in poi tutte le coppie di giovani innamorati si recarono dal mago Fruttosio, che li unisce in una splendida …MACEDONIA, che oltre ad essere gustosa fa anche bene alla salute. Victoria Giannetti 56 La storia d’amore tra la mela e la banana C’era una volta nel paese di fruttolandia una famiglia molto nobile e altolocata, era la famiglia delle mele, la quale voleva dare in sposa la sua primogenita, la principessa Melania, a colui che avrebbe dimostrato di essere coraggioso e degno. Tanti si offrirono, ci furono delle file chilometriche di pretendenti, ma tutti furono rifiutati dalla principessa perché non corrispondevano alle sue aspettative, pur essendo di famiglie nobili, di aspetto gradevole e ardimentosi; finché un giorno la principessa decise di fuggire dal castello di nascosto, vestita da semplice cittadina. Uscì dal castello e si avviò verso la zona esterna della città in cerca di un principe ma non conoscendo molto bene quella zona si perse. Trascorse una notte fuori, finché al mattino un giovane ragazzo la trovò e la aiutò conducendola nella propria abitazione. Questo ragazzo, che si chiamava Bananido, apparteneva alla famiglia delle banane e lei, sapendo che la famiglia delle banane era la più povera della città, non si fidò molto di lui. Quando la principessa entrò dentro la sua casa rimase molto sorpresa perché non era una dimora grande e lussuosa, ma una casetta molto piccola dentro la quale c’era solo un letto, un tavolo e una cucina. I due iniziarono a parlare: Bananido le chiese perché si fosse smarrita, Melania gli rispose che apparteneva alla famiglia delle mele e che era la principessa del paese. Bananido sorpreso si inchinò al suo cospetto e le chiese perché si fosse avventurata in quella zona e Melania gli rispose che era in cerca di un principe, e gli disse che tutti i ragazzi che le si presentavano erano belli sì, ma non erano come li voleva lei. A quel punto Bananido chiese alla principessa se volesse rimanere con lui e che il giorno dopo l’avrebbe riportata alla reggia. Melania accettò l’invito, anche perché parlando con lui, capì che era un ragazzo onesto e gentile. Intanto al castello il re che aveva scoperto che la figlia era scappata e mandò degli uomini a cercarla. Il giorno dopo Bananido si svegliò alle cinque perché doveva mungere le sue mucche con lo scopo di prendere il latte per la colazione. Quando la principessa si svegliò trovò già il latte pronto a tavola e fece colazione con Bananido. Finito di fare colazione, la principessa montò sul cavallo di Bananido e in breve raggiunsero il castello. La principessa scese dal cavallo e salutò ringraziando Bananido, poi, salite le scale del palazzo, arrivò dal padre che le chiese cosa le fosse successo. Gli raccontò tutta la storia e disse che aveva trovato un ragazzo onesto e gentile e che lo voleva sposare. Il re pieno di felicità chiese alla principessa di dirgli il suo nome e Melania rispose che si chiamava Bananido e che apparteneva alla famiglia delle banane. Il re dopo aver sentito quest’ultima frase assunse un tono severo e disse alla principessa che non era possibile che le si sposasse con un ragazzo della famiglia delle banane. 57 La principessa fece capire al padre quanto amava quel ragazzo e gli disse che l’importante non è essere ricchi o nobili bensì essere onesti, buoni, gentili e altruisti. A quel punto il re rimase senza parole e capì che la figlia aveva perfettamente ragione. Lei ringraziò il padre e con l’aiuto delle guardie andò a casa di Bananido e gli chiese se voleva diventare il suo principe. Bananido pieno di felicità accettò e i due ritornarono al castello, dove il giorno dopo si festeggiò il loro matrimonio e vissero felici e contenti. Francesco Graziani 58 Una bella macedonia Un giorno di una calda estate, una banana si sentiva molto sola e decise di scappare dal suo paese per cercare compagnia e fresco. Dopo aver viaggiato a lungo e visto molti posti, si ritrovò su una panchina a prendere il sole e a riflettere sulla propria solitudine. Stava quasi per piangere quando sentì un rumore dietro di sé, si girò e vide una mela rotolare giù dalla collina tra le foglie. Si avvicinò per soccorrerla, ma la mela subito si mise in piedi e, ridendo, disse alla banana : “ Accidenti che brutto volo! Mi sembrava di non fermarmi mai!”. La banana guardava la mela a bocca aperta per capire se si fosse fatta male. Poi alla fine la invitò a sedersi per riprendere fiato e così, dopo una lunga chiacchierata, decisero di proseguire insieme la loro avventura alla ricerca di compagnia. La banana raccontò da dove veniva, riferì del gran caldo del suo paese e di come si era staccata da tante sorelle. La mela raccontò che lei veniva da un posto troppo freddo dove pioveva tanto e c’era tanta umidità. Così, parlando del più e del meno, tra un capitombolo ed uno scivolone, lungo la strada accolsero un goffo e peloso kiwi, caduto da un carretto, più in là una grossa arancia in compagnia di un piccolo mandarino e, entrando in città, una grossa ananas, dall’aria arrogante, si unì al gruppo. Tutti insieme ridendo e scherzando, ognuno raccontando la sua, si avviarono verso la strada principale e, dopo aver girovagato a lungo, decisero di trovare una fonte per rinfrescarsi. Ci fu grande meraviglia quando si vennero a trovare al centro di una splendida piazza, davanti ad una fontana da cui zampillava maraschino. Allora tutti insieme si tuffarono dentro e, con una grande sbronza, diedero vita a una bella macedonia. Riccardo Anselmi 59 La vita di una scodella Voi pensate che la vita di una scodella sia una lagna, che i giorni nella vita di una scodella siano tutti uguali, che non ci sia niente da raccontare su una scodella. E anche io lo pensavo, infatti non mi ricordavo nemmeno un racconto su di essa e neppure una poesia o una canzone. Poi mi capitò di vedere una scodella nascosta in un angolino. Era impossibile vederla, ma mi sono accorto di essa dal profumo della minestra che conteneva. Quando cercai di prenderla si infilò in un buco dove era impossibile raggiungerla. Addirittura era una scodella parlante, allora le dissi che poteva fidarsi perché non le avrei fatto alcun male e così mi raccontò la sua storia. “La mia vita è sempre stata una lagna, – disse la scodella – sempre le solite pappe, le solite pastasciutte, le solite minestre, tanto è vero che voi umani dite: “…ecco la solita minestra” quando si tratta della solita cosa già vista. Infatti io non mi sono mai appassionata a nessuna minestra, le ospitavo per il tempo che finivano nella bocca dei miei padroni e …addio, senza rimpianti. Però, un giorno, capitarono sul tavolo pomodori, sedani, cipolle, carote e patate che non avevo mai visto prima. Erano belli e profumati. Chiesi da dove venissero e mi risposero: “Noi veniamo dalla Nuova Zelanda”. “E dove sta?” chiesi, “Dall’altra parte del mondo, abbiamo fatto un viaggio lunghissimo per arrivare” mi risposero. Tra noi in pochi minuti nacque un’amicizia e quando furono adagiati su di me decisi che stavolta non mi sarei separato da essi perché non si trattava della solita minestra, volevo salvarli dalla bocca dei miei padroni e in cambio mi sarei fatta portare in Nuova Zelanda e mi sarei stabilita là”. “Scappai dal tavolo quando nessuno mi vide e mi misi in viaggio, ma devo aver perso la strada perché non riesco a raggiungere la Nuova Zelanda, anzi, a dire il vero, ancora devo capire dove sta. Tu non mi potresti aiutare?” chiese la scodella. Ci crediate o no, misi la scodella in una scatola e feci un bel pacchetto. Poi andai alla Posta e ci salutammo per sempre. L’avevo spedita in Nuova Zelanda quella insolita minestra. Daniele Ingenito 60 Dolcilandia… Nel paese di Dolcilandia, nella regione della panna, per essere precisi nella città dei bignè, si teneva ogni anno il famoso concorso di “miss pasticcino”. Dolcilandia era un paese fantastico; era stato creato dalle fate buone e si trovava nel regno della fantasia dei bambini. Lì, i fiumi e i laghi erano di limonata, di quella dolce però, non di quella aspra che piace solo ai dottori e le montagne erano di cacao e, se arrivavi molto in alto, potevi perfino staccare un pezzetto di nuvola di zucchero filato. Potevi vedere dovunque cascate di cioccolata calda e alberi di lecca-lecca. Si potevano osservare numerose variopinte colline di gelato ricoperte da fiori di marshmallow. Le case erano fatte del più puro cioccolato bianco con finestre di zucchero e tegole di biscotto. Gli abitanti erano orsetti gommosi, omini di marzapane e dolcetti buonissimi. C’erano feste tutti i giorni e la più importante era, appunto, il concorso di “miss pasticcino”. Quell’anno le favorite per il titolo erano miss Crostatina, una crostatina alla ciliegia molto antipatica, e madonna Cassata, una cassata molto egoista e viziata. Vi era poi una ciambellina molto gentile e graziosa che aspirava al titolo, purtroppo però era la servetta di madonna cassata che non le aveva permesso di iscriversi al concorso. La povera Ciambellina era dunque costretta a passare le sue giornate a lavorare per la cassata, piangendo lacrime di crema. Un giorno madonna Cassata invitò a casa sua l’organizzatore del concorso: un orsetto gommoso alla menta di nome Mentolino. Durante il pranzo l’orsetto sentì il pianto di Ciambellina e, con una scusa, si allontanò da tavola per controllarne la provenienza; così scoprì la ciambellina disperata che tra le lacrime gli raccontò la sua situazione. Per Mentolino fu amore a prima vista, quella ciambella era tanto dolce e carina…, le promise che avrebbe fatto qualunque cosa pur di farla partecipare al concorso, così si dettero appuntamento alla fontana delle caramelle per il giorno successivo. Mentolino tornò dalla cassata, ma il suo cuore stava ancora navigando nei bellissimi e zuccherini occhi di Ciambellina, che, da parte sua, sentiva nascere una speranza e un nuovo sentimento verso quell’orsetto tanto gentile… Il giorno dopo i due innamorati si incontrarono ed escogitarono un piano fantastico; quando Ciambellina tornò a casa si sentiva tanto felice da non accorgersi nemmeno dei rimproveri di madonna Cassata. Il giorno del concorso Mentolino chiamò tutte le più belle pasticcine del regno per premiare “miss pasticcino”, tra esse c’erano madonna Cassata, miss Crostatina e una bellissima dolcetta misteriosa che indossava un elegantissimo vestito di zucchero filato e uno stupendo paio di scarpe di meringa, sul volto portava una maschera dello stesso materiale. L’orsetto prese un foglio e iniziò a leggere: - miss pasticcino di quest’ anno è… Ciambellina! - Allora la dolcetta misteriosa fece un passo avanti e si tolse la maschera: era proprio lei, Ciambellina. 61 Cassata era rossa dalla rabbia mentre Mentolino poneva la splendida corona di cioccolato sul capo della nuova reginetta. Tutti i sogni di Ciambellina si erano realizzati; lei e l’orsetto si stringevano in un dolcissimo abbraccio che avrebbe sciolto anche il più duro dei cuori di cioccolata. Rossana Maletto 62 Chiara Miss Pasticcino non è il titolo di un film né il nome di una mousse, è semplicemente il nomignolo con il quale etichettavamo Chiara. Era una ragazza vanitosa ed altezzosa con un pessimo carattere che l’aveva allontanata da quei pochi amici che, sfidando ogni legge sulle persone antipatiche, nonostante ciò, le volevano bene e le volevano essere vicini ad ogni costo. Si riteneva bella, intelligente e persino affascinante. Il suo unico problema era però la voglia che aveva di ingurgitare tutto ciò che conteneva zucchero, meglio chiamato dolce. Si vantava di essere una grande estimatrice di mousse, creme, bignè, torte, gelati e cosi via, però la verità era che a furia di mangiare tutti quei dolci, Miss Pasticcino era diventata una meringa con i piedi. I capelli rossi e il naso a patata le conferivano un’aria da plumcake, tanto che quando camminava tra la gente, si sentiva persino un odore di dolci appena sfornati. C’era qualcuno che asseriva persino che Chiara si profumasse con lo zucchero filato sciolto nell’acqua. Ma forse questo era proprio esagerato. Non so se si rendesse conto del suo strano modo di vivere, certo è che il giorno in cui decisi di avvicinarla non ebbi una brillante idea. Era appena finito l’inverno e già si respirava un’aria diversa, con il sole che prepotentemente cercava di rendere le giornate ancora più miti. Clara non deve essersi alzata alla stessa maniera quel giorno, perché dal suo cervello zuccheroso si sviluppò un’idea alquanto strana. Voleva rendersi visibile alla gente ed al mondo, ma soprattutto quel giorno voleva che tutti si accorgessero di lei. Fu cosi che mentre noi ci riunivamo per la solita gita in bici al fiume che tagliava in due il paese dove mi trovavo, Miss Pasticcino superò sé stessa. Sì, perché, si presentò con un cappellino a falde larghe, larghissime, con sopra una varietà coloratissima di bignè. Fu un grande ‘guarda guarda’ generale, soprattutto perché Clara non si era resa conto che con il suo cappellino aveva stuzzicato l’appetito degli uccellini che si trovavano in quel posto; quando se ne accorse fu troppo tardi. Miss Pasticcino si muoveva goffamente per liberarsi dai volatili, e fu cosi che si ritrovò a gambe all’aria dentro il fiume gelato. Inutile descrivere le risate di noi tutti. Adesso si sentiva veramente nell’aria profumo di zucchero filato e mentre in coro urlavamo: “Ehi!! Miss Pasticcino, come va???” Clara, ovvero Miss Pasticcino, mostrava una risata divertita, e così, per la prima volta, vedemmo Clara ridere di gusto, ma era un gusto diverso da quello che provava dall’ingurgitare dolci di ogni tipo. Federica Miani 63 Che c’è per cena… “Che c’è per cena ?” “Minestra” Questo era il dialogo che puntualmente si ripeteva alle otto di sera, senza nessuna variante. Erano ventotto giorni che si mangiava minestra, da quando mi avevano portato dal medico, che aveva prescritto quella dieta. Ormai ero capace di distinguere, a seconda della tonalità assunta dal piatto, le verdure che erano state utilizzate nella zuppa. Iniziava a nascere in me un desiderio di vendetta. Volevo essere come gli eroi dei miei libri, scappare di casa, vendicarmi, ma non avevo ancora letto di qualcuno che si era trovato nell’imbarazzante situazione di dipendenza da una dieta. Accadde quando mi venne servita la minestra: cavoli e carote. L’odore del cavolo iniziava già a diffondersi nell’aria e ci voleva tutta la buona volontà di mia madre per dire che era delizioso. Per me era decisamente troppo. Già valutavo le possibilità di raggiungere la porta della camera senza essere intercettata da mia madre. Solo allora mi accorsi che la minestra si muoveva. Girava vorticosamente su se stessa, fino a raggiungere una velocità tale che si sollevò in aria. Ne uscì fuori una figura. Era incappucciata e non riuscivo a vedere il viso, ma onestamente non ne avevo nessuna voglia, tanta era la paura che mi incuteva solo il cappuccio di quell’essere. La prima cosa che pensai fu di scappare, ma le gambe non risposero ai miei ordini. Sto sognando, pensai, oppure sono morta e questo è il guardiano dell’inferno. Ma non potevo essere morta. Sentivo ancora l’odore della minestra e mia madre che cucinava cantando un motivetto e…, e poi sentii la voce. Era profonda e lontana, come se provenisse veramente dall’Oltretomba. “Il tempo è quanto di più sicuro e allo stesso tempo incerto possa esistere. Giocare con esso può essere pericoloso quanto istruttivo. A te è data l’opportunità di capire e cambiare”, mi disse quell’essere. Detto questo mi prese per mano, diedi un’ultima occhiata alla stanza e a mia madre che continuava a cantare senza prestarmi alcuna attenzione, già rassegnata a volare ad altezze vertiginose o a sprofondare nelle cavità della Terra o…, ma non accadde niente del genere. Sembrava che fosse cambiato il paesaggio, come se avessero cambiato la scenografia di uno spettacolo. Un attimo prima ero in salotto, davanti al piatto di minestra, un attimo dopo ero in…, in realtà non avevo idea di dove fossi; sapevo solo di trovarmi lontanissimo da casa, forse addirittura su un altro pianeta. Non riconoscevo quel luogo così desolato e senza anima viva. Non sapevo quanto tempo fosse passato, se un secondo o dei secoli. Iniziavo a capire cosa intendeva quell’essere quando mi disse che giocare con il tempo poteva essere pericoloso. Ero ancora immersa in questi pensieri quando mi accorsi che il mio accompagnatore era sparito. Non potevo certamente definirla una compagnia allegra e vivace e la 64 sua conversazione era pressoché inesistente, ma mi dava conforto il pensiero di avere qualcuno accanto in quella valle desolata. Dopo alcuni minuti di totale disperazione, decisi di incamminarmi. Vagavo senza una meta, senza seguire un sentiero; l’unica certezza era che faceva molto caldo. Arrivai in un villaggio e capii subito che non ero su un altro pianeta, ero in Africa: in uno dei tanti villaggi africani tanto raffigurati nei libri. A scuola avevo anche fatto una ricerca, ma non mi sono mai interessata all’argomento. Vedevo molti ragazzi, avevano la mia età, forse anche più piccoli, e già lavoravano. I più piccoli restavano a casa, a rotolarsi nel fango, piangendo, sotto il controllo dei più grandi. Era chiaro che non mangiavano da alcuni giorni e che non avevano mai mangiato a sufficienza. Entrai in una casa. Casa in realtà è una parola grossa, era più che altro una capanna. Pensavo che mi avrebbero cacciato, invece nessuno parve accorgersi della mia presenza. Evidentemente erano abituati a ricevere persone, e quel via vai era perfettamente nella norma. La capanna era praticamente vuota. C’era solo della paglia per terra, con qualche straccio messo a mo’ di coperta, che evidentemente costituiva il letto dei ragazzi, e qualche sgabello. La porta della capanna era aperta e vidi un bambino che passava per la strada. Era magro, con le guance scavate, le costole che si sarebbero potute contare. Mi fissò con occhi supplichevoli. Ci guardammo negli occhi tutti e due per un secondo. Che differenza c’era fra lui e me? Nessuna. Però io ero benestante e lui povero, io mangiavo bene e lui non mangiava a sufficienza rischiando di morire di fame. C’era un fosso a separarci, eppure per un secondo ci siamo sentiti uniti, come due fratelli. Poi se ne andò. “Credo che hai visto abbastanza”. Trasalii. Accanto a me c’era quell’essere, il mio accompagnatore. Mi prese per mano. La capanna sparì con la stessa facilità con cui era apparsa e mi ritrovai a casa. Mia madre stava ancora cantando. Bianca Patarnello 65 Gianduiotto… Gianduiotto era un paesino sperduto tra le montagne. Nessuno sapeva della sua esistenza perché era stato costruito da un mago oscuro stanziatosi lì molti anni prima. All’inizio era un piccolo agglomerato di capanne, ma poi molti popoli avevano lasciato il loro segno; archi, chiese, maestosi palazzi reali ed una fabbrica. Una fabbrica? Sì, una fabbrica di pasticcini. Nel paese c’era la tradizione dell’arte del fare i pasticcini. Gianduiotto era governato dalla ricchissima famiglia, che viveva in un palazzo maestosissimo. I componenti di questa ricchissima famiglia erano 3; la contessa De Gianduiottis, una signora sui quarant’anni, sempre truccata e ben vestita, sempre agghindata e con i capelli acconciati con corone e forcine. Poi c’era il conte De Gianduiotto, sempre vestito con un elegantissimo gessato e sempre con il naso ficcato in qualche libro o giornale. Il conte e la contessa avevano una figlia, Meringa. Aveva circa 11 anni, i capelli color cannella, lunghi fino alla vita, la pelle chiara e vellutata con qualche neo qua e là e con gli occhi blu oceano. Meringa viveva tutto il giorno nel castello, senza neanche poter uscire nel cortile. Ma perché? Perché molti anni prima, ad una festa aveva mangiato così tanti dolci, tutti in una volta, che aveva avuto mal di pancia fino ad arrivare in punto di morte, ma poi, per la felicità dei suoi parenti e del paesino, si era rimessa. Meringa avrebbe tanto voluto vedere la fabbrica di pasticcini, e perché no, mangiarne pure uno. Dalla finestra vedeva tutti i bambini che si sedevano sulle panchine e, ridendo e scherzando, si godevano quel pasticcino. Ogni giorno questo desiderio cresceva di più, finché, un pomeriggio, mentre stava comodamente accoccolata sulla poltrona, sentì qualcosa vibrare. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Successe lo stesso per altre tre volte. Poi ne capì l’origine: era un vaso. Il vaso continuò a tremare finché non fu sul punto di cadere. Meringa, istintivamente lo prese e al contatto con la sua mano ne uscì una fata: era fatta di luce ed intorno a lei aleggiava una nebbiolina biancastra. “etciuuù!!!” starnutì. Poi con fare irrequieto volò per tutta la stanza, lasciandosi dietro polvere di fata. Meringa era terrorizzata; le fate le aveva viste solo nei libri. Allora la fata le si avvicinò e con una voce vellutata le chiese: “tu vorresti vedere la fabbrica dei pasticcini, vero?” “Sssì..., sì...” rispose tremante Meringa. Il volto della fata si illuminò. Alzò la bacchetta e.... Meringa si sentì mancare: i suoi capelli ed il suo corpo si trasformarono in panna e si arrotolarono a mo’ di cono. “ecco fatto” disse contenta “ed ora ...alla fabbrica” e puntò la sua bacchetta sopra le loro teste ed un vortice le prese; Meringa vide con la coda dell’occhio che la fata si stava trasformando in una ciliegia e si era posata sulla sua testa. “Uuuuuuuuuuuu” “tumtumtumtumtum” facevano le macchine. Meringa si alzò. Era in un posto dove faceva maledettamente caldo. Si guardò intorno, si trovava in una sala immensa; c’erano libri di cucina accatastati, uno sull’altro. Immensi registri, trofei, bacinelle per mettere la pasta ed un armadio mezzo aperto dove si intravedevano chili e chili di farina, di cacao e di altre cose buone. Sentì la fata che le sussurrava all’orecchio: “vedi, questo è il magazzino. Lì ci sono le dispense” disse indicando l’armadio “quel cacao è tutto da mettere sui pasticcini e quei trofei sono quelli che ha vinto la fabbrica. Vieni, mettiamoci qui dentro ed aspettiamo che 66 qualcuno ci venga a prendere” disse indicando una bacinella. Proprio pochi istanti dopo entrò un cuoco e le portò via. Le macchine che facevano rumore erano i forni. Il cuoco le portò in una stanza. Meringa riuscì a leggere “cuoricini”; era fuori di sé, le piacevano tanto. Il cuoco posò la bacinella su un ripiano altissimo, così Meringa potè vedere tutto bene dall’alto. Ma all’improvviso una manona prese la bacinella. Doveva essere usata per fare l’impasto!! Così vennero impastate prima con le uova, poi aggiunsero sale e farina, ne fecero un grande impasto e le misero nel frigo con il domopack. Stesero la pasta e la stritolarono bene bene con il mattarello e le misero nel fondo a 180 gradi. Meringa era sfinita, era stata sballottata a destra ed a manca. La fata, pure lei stremata, con un ultimo sforzo prese la bacchetta e tornarono a casa. Meringa a quel punto sentì un dolore acutissimo al piede e si alzò. Era disorientata. Tutto il viaggio che aveva fatto era vero? Si guardò intorno. C’era qualcosa di familiare ....La polvere di fata!!!! Allora era tutto vero! Corse dalla mamma, l’abbracciò e le chiese se poteva andare fuori. La mamma impallidì, ma Meringa le promise che non si sarebbe mai abbuffata come la volta precedente. La mamma non sapeva, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di magico ed acconsentì. Da quella volta Meringa potè uscire tutte le volte che voleva e visse come una bambina normale. Da grande inventò la meringa, un dolce con la panna che assomigliava molto a quello in cui la fata l’aveva trasformata da bambina e per questo vinse il titolo di “MISS PASTICCINO” . Cecilia Perinelli 67 Una piccola minestra e un grande desiderio Tutti i giorni il sole illuminava Foodtown, una città non come tutte le altre. Era magica e al posto delle persone per le strade girovagavano cibi di ogni tipo, tutti indaffarati ad iniziare una giornata faticosa. Tra la confusione risaltava un cupcake stanco che trascinava la sua valigetta per terra, accanto a lui c’era una melanzana che tutta contenta cantava una canzone e sua figlia si tappava le orecchie supplicando la madre di smetterla. Dietro di loro camminava una coppia di cipolle, felice e contenta che si abbracciava amorosamente. Foodtown era una città indaffarata ed aveva sempre avuto i posti di lavoro migliori di tutto il mondo; solo una fabbrica era rimasta vuota, perché nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere un posto di lavoro al Minignam, una fabbrica dall’aspetto terrificante, dove si preparavano le minestre più disgustose di tutto Foodtown. Un giorno nella piccola cittadina passeggiava una piccola minestrina dall’aspetto delizioso, il suo nome era Soup ed il suo più grande desiderio era quello di diventare un cuoco molto speciale. Soup non aveva molti amici, era sempre solo e pensava soltanto alla cucina. Tutte le sere aiutava la mamma a cucinare e lei gli aveva sempre detto che avrebbe avuto un grande futuro come chef. Questo desiderio era grande nel cuore di Soup, sempre di più, però non si avverava mai e la piccola minestrina perse le speranze. Una mattina passeggiando nel bosco nella speranza di trovare un altro hobby, vide accovacciato per terra un umano, sì esatto, un umano! Soup rimase un po’ perplesso, ma poco dopo si avvicinò chiedendo se avesse bisogno di aiuto. Lo strano umano si alzò faticosamente dicendo che lo avrebbe aiutato. A quel punto Soup non capì più nulla, disse che non aveva bisogno di aiuto. L’uomo senza esitare iniziò a camminare e dietro di lui ciondolava la minestrina. Ad un certo punto l’uomo si fermò davanti ad un capannone bianco e invitò la minestrina ad entrare. Dentro Soup vide il suo sogno, si trovava davanti ad ogni genere di attrezzo da cucina, rimase scioccato, sbalordito e senza parole. L’uomo pensando di essere stato scortese si presentò e disse che si chiamava Lenny e a sua volta si presentò anche Soup. Lenny iniziò a spiegargli il motivo per cui lo voleva aiutare e cosi iniziò la sua storia. Tanto tempo prima, quando Foodtown non era ancora nata, c’era al suo posto una città di umani, Newcites, e nessuno voleva che nella città ci fossero creature magiche. Lenny confidò a Soup che egli aveva dei poteri magici ed era immortale e lo voleva aiutare. Lenny gli disse che era il suo bis bis nonno ed era stato uno chef famosissimo, il più bravo di tutta Newcites. Lenny disse che non avrebbe potuto continuare a vivere in Newcities e quindi decise di morire per finta, altrimenti la sua vita sarebbe stata un inferno. Soup rimase a bocca aperta per quella storia così incredibile e non poteva credere che fosse davvero suo nonno. Soup era così giovane ed aveva una vita intera davanti e allora gli chiese come avrebbe potuto aiutarlo a diventare uno chef esperto. Il nonno rispose che nulla è impossibile e gli disse di presentarsi l’indomani mattina alle 8.00 per la lezione. Così Soup, ancora scioccato, lentamente ritornò a casa e durante la notte pensò come fosse possibile che avesse conosciuto il suo bis bis nonno. La mattina seguente fece quello che gli aveva ordinato suo nonno ed arrivato al capannone iniziò la lezione. Soup si divertì 68 un mondo, imparò molte cose ed tante nuove ricette. Migliorava da un giorno all’altro; il nonno rimase stupito dalla bravura e dall’abilità di Soup. Diventato ormai un cuoco esperto, il nonno gli disse che ormai non aveva più bisogno di lezioni di cucina e lo pregò di andare e di trovare la sua strada, ma Soup non sapeva cosa fare. A quel punto il nonno disse: “Vai tu sai che fare!”. Questa frase gli rimase in mente per tutta la notte, così la mattina decise di andare a chiedere un posto di lavoro nella fabbrica del Minignam. Lo assunsero perché tanto non sapevano che altro fare, pur non nutrendo in lui alcuna fiducia. Però, preparata la minestra, Soup chiamò tutti i cittadini di Foodtown e dopo che tutti l’ebbero assaggiata la trovarono buonissima, squisita e, dopo avere espresso ognuno il proprio giudizio, affermarono: ”Questa non è la solita minestra”. Minignam diventò la fabbrica più famosa di tutto l’universo e fu l’unica ad avere 100 stelle d’oro. Questa storia racconta che nulla è impossibile, basta metterci tutta la volontà per avverare il proprio sogno. Giorgia Petrella 69 Il Natale da un altro punto di vista Mi presento, sono Rold e sono un tacchino. Vivo a Natalandia, là dove il Natale è la cosa più importante per ogni cittadino. Vi farò un riassunto della mia vita: sono nato nel pollaio della famiglia Tradur. Ho vissuto una vita piena di tristezza: ogni 22 dicembre spariva un mio compare e pensavo, sin da pulcino, che prima o poi sarebbe stato il mio turno. Ed è proprio ora che il mio più grande incubo si avvererà: è la vigilia di Natale. Facciamo un po' di giustizia, ho delle piume fantastiche e mi considerano il più bello del pollaio, perché uccidermi?!. Domani mattina i miei padroni mi verranno a prendere e se trovo una buona scusa per salvarmi, bene, altrimenti ci rimetto le penne. Ho provato tutta la notte ad inventarmi un piano, ma niente…, fino a che ….ecco il lampo di genio: posso fare qualcosa che mi sostituisca alla cena, non so cosa mi faranno dopo averlo preparato, perché nessun tacchino prima di me, ammesso che io ce la faccia, c'è riuscito, ma vale la pena tentare. Ci fu un lungo discorso tra me e Tom Tradur: << Sei pronto polletto o hai una scusa buona per salvarti?>> e io risposi con fierezza << Sì, mi sostiturerò con un'altra prelibatezza della cucina>> e Tom irritato dalla mia risposta disse <<Ok, ti do tre giorni, altrimenti...>> Non finì neanche la frase che ero già andato in cucina a preparare qualcosa. Oggi è il primo giorno. Ho pensato di preparare una frittata a base di uova di tacchino. È semplice prenderle alle tacchine, visto che pendono dal mio becco. Adesso ho un vero e grande problema: non ho idea di come si cucini!!! Come fare? Come fare…? Posso improvvisare, ma se non va bene cosa mi faranno? Ok, è l'unica chance, proviamo! Tre uova andranno bene e le metterò nell'acqua per venti minuti, poi la metterò su un vassoio ed ecco servita, mm... potrebbe funzionare. Andando da una parte all'altra della cucina ecco finita questa specie di frittata. Adesso che è oramai pomeriggio serviamo ''questa prelibatezza", il padrone la sta per assaggiare, speriamo che vada bene... Ecco l'ha messa in bocca e adesso, chissà perché si starà dirigendo verso il bagno... Dopo un po' di riflessioni mi viene in mente che la frittata non era per niente buona. Ora è il secondo giorno e dovrò rifare un'altra cosa, ma cosa? Proviamo con la pizza, posso metterci sopra del sugo, formaggio e erbe del pollaio, questa ricetta l'ho già provata, è semplice. Gira e rigira per la cucina ecco fatta questa squisitezza. <<Pronta per servirvi capo>> Ecco la sta assaggiando, e dice << E' buona pollo...>> <<Tacchino, grazie>> ed egli <<Ah, sì, sì certo.... è buona, ma è classica quindi hai la tua ultima possibilità>>. Un'ultima possibilità! Ma come? Aveva detto pure che era buona! Passerò tutta la notte sveglio finché non mi verrà in mente qualcosa; le cose dolci forse le considera speciali, una torta, ma certo! Potrò chiedere aiuto al figlio di Tom, Renato, è girata voce che è un ottimo cuoco e ama gli animali. Perché non ci ho pensato prima! 70 Sono riuscito a dormire questa notte, adesso mi precipito nella stanza di Renato a chiedergli aiuto << Renato, ti prego dammi una mano, non so come fare la torta>> <<Ok, calmati meleagris, è il tuo nome scientifico, se tu non lo sapessi, è semplice, vieni in cucina e te lo insegnerò>>. Finalmente ecco finita la torta con la mia fantasia, un pizzico di aiuto di Renato e la fame di Tom Tradur, che mi hanno aiutato a sopravvivere. Giada Smorto 71 C’era una volta… C’era una volta una piccola cittadina di Provincia di nome Ortolandia situata tra le immense ed incantate valli nel territorio di Pezzolandia, nelle quali gli abitanti, gli Ortolani, coltivavano le più desuete e sconosciute tipologie di verdure al fine di partecipare ogni anno, il primo dicembre, ad un importantissimo ed ambito concorso denominato "NON E' LA SOLITA MINESTRA". A questa importante manifestazione partecipavano tutti i migliori cuochi dei paesi limitrofi al fine di accaparrarsi l'ambito e tanto voluto trofeo della "RAPA D'ORO". Nell'aria già aleggiava il profumo delle deliziose minestre che i cuochi cominciavano a preparare. La giuria era composta da 10 "assaggiatori" scelti tra i più famosi chef della zona. Si trattava della prima edizione in cui i migliori cuochi di Ortolandia partecipavano, uno in particolare di nome Rapanello era tra quelli che gareggiavano con tanto entusiasmo. Rapanello era un ragazzo molto giovane, ma con una vasta esperienza nel campo culinario e soprattutto espertissimo "Minestraro". Proveniva da una famiglia molto umile dove il piatto principale era la zuppa di verdura in crosta di pane che sua madre preparava soventemente con ingredienti genuini coltivati nelle verdi valli di Pezzolandia. Nonostante la sua bravura e la sua mitezza, Rapanello non era ben visto dagli altri concorrenti che temevano una sua partecipazione e una sua vittoria al concorso e cercavano in tutti i modi di ostacolarlo. Tra i cuochi disonesti ne spiccava uno in particolare di nome Pepenero che aveva la fama di essere un grande impostore. Pepenero era stato il vincitore dell'ultimo concorso di Ortolandia e non aveva nessuna intenzione di farsi rubare il famigerato titolo di cuoco migliore e cercò quindi in tutti i modi di ostacolare il giovane ragazzo. Arriva finalmente il tanto atteso giorno, i cuochi sono tutti schierati in piazza Verde, tutti allineati con le loro ciotole davanti che sprigionavano i più intesi profumi. Soltanto Rapanello non aveva la sua ciotola, ma una pagnotta di pane svuotata al centro dove aveva riposto la sua deliziosa minestra. Tutti guardavano esterrefatti la particolare ciotola curiosi di assaggiare la minestra contenuta in essa. Pepenero era violaceo, gli tremavano le gambe, capiva che Rapanello gli avrebbe potuto strappare il titolo tanto ambito. Tutti gli ortolani cominciarono ad applaudire quando entrarono i 10 assaggiatori che in un battibaleno si preparavano con il cucchiaio in mano ed il tovagliolo messo a triangolo sul davanti ad assaggiare le minestre. Ad un certo punto Pepenero, non curante dei giurati che lo stavano osservando, gettò nella ciotola di Rapanello una sostanza amara. Pepenero era certo che avrebbe così rovinato il gusto della deliziosa minestra e quindi offeso il palato raffinato degli assaggiatori. Ma questi ultimi, accortisi della mossa disonesta, non vollero nemmeno assaggiare la minestra in crosta di pane ed assegnarono all’unanimità a Rapanello il premio della "RAPA D'ORO" e riconobbero la sua originalità nell'arte per aver preparato una minestra che non era la "Solita minestra". Pietro Taragoni 72 La sciamana Nel Mozambico c’era un piccolo villaggio formato da capanne fatte di fango e sterpaglia. Non era bello, ma era ordinato e pulito. A causa delle guerre e delle malattie il villaggio si era spopolato e vi erano rimasti solo donne e bambini oltre alla Sciamana Maru ed al suo aiutante Cocu, con la testa di uccello. In quel villaggio il cibo era poco o niente. I bambini si limitavano a mangiare biscotti preparati dalle loro mamme con la terra, vermi o insetti. Questo comportava che i bambini si ammalassero spesso. La sciamana e il suo aiutante cercavano di alleviare le loro sofferenze. Preparava pozioni con le erbe e gli insetti per i malati ma la situazione peggiorava di giorno in giorno. Maru, disperata, decise di giocare l’ultima carta: inviò il suo aiutante Cocu in Angola alla ricerca di alcune erbe particolari e rare. Quelle erbe, insieme a particolari ingredienti, sarebbero state utilizzate per preparare una torta magica curativa e nutritiva: mangiandola, nessuno si sarebbe più ammalato e non avrebbe più avuto bisogno di cibo per molto tempo. Cocu impiegò circa un mese per trovare gli ingredienti per la torta magica. Al suo ritorno la sciamana preparò subito il dolce. Lavorò incessantemente tutta la notte perché voleva prepararlo per il giorno seguente quando i due gemelli figli del capo villaggio compivano dodici anni. Fece una torta di tre piani utilizzando miele, polline e farina di Kamut oltre a pozioni magiche ed erbe salutari. Decorò la torta con la frutta secca che gli aveva portato il suo aiutante ed infine la spolverò con il nettare dei fiori. Man mano che Maru andava avanti con la torta Cocu diventava sempre più triste perché sapeva quale era il prezzo da pagare per salvare il villaggio: infatti la Sciamana avrebbe dovuto sacrificare la propria vita. All’alba la torta magica era pronta. Cocu indossò l’abito buono, prese la torta e si recò nella piazza del villaggio. Tutti gli abitanti attirati dall’odore del dolce si recarono immediatamente nel luogo da dove proveniva l’invitante profumo. Cocu impettito annunciò che bisognava festeggiare il compleanno dei gemelli. Tutti mangiarono a sazietà e con loro grande sorpresa più mangiavano e più la torta si rigenerava e più si sentivano in forze. La sciamana infatti era riuscita ad ottenere, con l’aiuto degli spiriti del bene, che il villaggio avrebbe avuto il dolce nutritivo fino all’arrivo delle piogge. Dopo aver lungamente festeggiato, le donne e i bambini si recarono in corteo presso l’abitazione di Maru. Rimasero sorpresi perché non trovarono la sciamana; la chiamarono invano per ringraziarla. Infine Cocu illustrò loro cosa era successo. Tutti precipitarono nello sconforto, come avrebbero fatto a sopravvivere senza la cara e buona Maru. Cocu spiegò che, anche se non la vedevano più, Maru sarebbe stata sempre con loro e non li avrebbe mai abbandonati. Li invitò a tornare a casa con un pezzo di torta che miracolosamente era comparsa nella casa. Emanuele Tata 73 Ogni giorno la scuola mi regala esperienze di vita collettiva, ma mi pone anche di fronte a scelte di responsabilità individuale 74 Un nuovo inizio Quando ho letto la traccia di questo tema che la professoressa Cistriani ci ha assegnato, ho riflettuto su una cosa: Il motivo di questo compito. Mi ci sono voluti pochi secondi di tempo per arrivarci. Farò una breve premessa. L’anno scorso ho cominciato le Medie alla scuola Luigi Settembrini e conoscevo solo pochi, ma fedeli amici. Nonostante questo ho fatto moltissime conoscenze, caratterizzate dal fatto che avevamo tutti lo stesso scopo, ovvero quello di fare amicizia. E così è stato. Ma in questo secondo anno di scuola le cose non vanno molto bene, visto che ormai ci conosciamo tutti e siamo diventati troppo vivaci nel corso del nostro cammino insieme. Particolarmente è una la cosa che noi della 2B pratichiamo di continuo: un rumore devastante. E questo è dovuto a tutti, in vista del fatto che siamo ventinove e quando ogni persona parla col proprio compagno si scatena l’inferno. Ma un vero inferno. Adesso probabilmente mi starete prendendo per uno che se ne lava la mani e mette in luce solo i difetti degli altri, ma non è assolutamente vero, perché in questo tema parlerò accuratamente del nostro problema e dirò una delle cose più vere di tutte. Uno dei primi che fa chiasso sono io. Adesso, contrariamente a quello che ho detto prima, non prendetemi per un ragazzaccio che non rispetta le regole, mi faccio solo un po’ prendere la mano quando sono in compagnia dei miei amici. Questo è negativo e lo ammetto. Quindi la punizione dei professori è dovuta soprattutto al fatto della mia presenza in classe. Credetemi, non voglio fare la vittima, anche se ci riesco molto bene. Non sono da solo è ovvio, ma diciamo che contribuisco al comportamento negativo della mia classe. Ciò succedeva di continuo, fino al momento del pagellino di due settimane fa, che mi ha fatto riflettere in modo profondo e sono giunto all’unica e giustissima conclusione: Cambiare comportamento fin da subito e evitare chiacchierate con i compagni. Quando ci ho pensato, credevo fosse impossibile, ma adesso con un po’ di impegno ci sto riuscendo, contro le mie stesse aspettative. Anche la classe, che ha avuto un’ondata di pagellini di insufficienze in condotta ha dovuto ammettere di non essere nel giusto. E tutti hanno cambiato registro. Quindi pian piano, evitando il chiasso e i fastidiosi rumori che spesso facevamo e quindi procuravamo alle altri classi, stiamo migliorando progressivamente e forse c’è ancora un barlume di speranza per il viaggio istruttivo. Ma non dobbiamo rilassarci troppo. Per niente. Sono certo che alla prima mossa falsa saremo subito presi in fallo e il camposcuola verrà cancellato. L’unico nostro grande obiettivo per adesso è quello di non perdere tempo e voglia di comportarci correttamente in classe, sempre. A ogni ora e soprattutto con ogni professore che viene nella nostro aula. Non voglio dare insegnamenti alle gente, ma solo dei piccoli consigli, basati dalla mia negativa esperienza. Sono arrivato ad un certo punto ad avere tutta la classe 75 contro, anche se i miei veri amici sono rimasti con me e mi hanno difeso, per quanto potevano. Ma non ci si deve più pensare, ora che è tutto rientrato e possiamo definirci un scolaresca normale. Non più brava delle altre, ma neanche inferiore ai valori del rispetto e della lealtà, che non dovrebbero mai mancare. Come ho già detto la nostra unica preoccupazione in questo momento è di guardare avanti e non al passato, di comportarci bene senza farci condizionare dai nostri compagni, o meglio trascinarli sulla giusta condotta. E parla uno come me, uno dei peggiori ragazzi di quella classe. I miei amici sono migliori di me e forse per questo hanno più possibilità di capire quello che voglio dire. Vorrei esprimere altre due mie idee. Quando ancora il mio comportamento era sbagliato, non mi ero reso conto che facevo prendere la colpa a persone che non c’entravano niente . Con questo tema vorrei chiedere scusa a ciascuno di loro. Mi piacerebbe andare a Venezia e per conquistarcela dobbiamo tutti ritornare sui nostri passi. Credo che questa sia la strada giusta per uscire dal tunnel che ci sta impedendo di dimostrare agli altri che siamo migliori. Perché questo motto esisterà sempre: “nella gioia e nel dolore, 2B unico amore!” Pierluigi Damosso 76 La scuola media Nella vita il passaggio, forse, più importante è quello dall’infanzia all’adolescenza. È un punto della vita che rimarrà impresso nel tuo cuore, per i primi amori o le prime cotte, per l’amicizia sincera, per un amico speciale…. Secondo me, in questa fase ognuno scopre chi è veramente. La scuola media è determinante per ognuno di noi, è una specie di guida in sé stessi, nella quale scoprirai cose di te che non conoscevi e soprattutto le medie saranno un importante ostacolo che ti metterà a dura prova. È una scuola ricca di difficoltà e responsabilità sulle quali i ragazzi dovranno riflettere attentamente per affrontarle in modo corretto. Certo tutto questo con l’aiuto degli amici. Ogni persona li avrà, chi di meno e chi di più, comunque l’importante è che ci siano quei due, tre o quattro che ti fanno sentire speciale in ogni momento, che ti vogliono bene veramente per quello che sei e che ti aiutano quando ne hai bisogno. Ogni giorno a scuola viviamo esperienze diverse, alcune belle altre di meno, ma sono sicuramente eventi che ci fanno crescere e maturare. Le medie, come dicevo prima, ci mettono di fronte a impegnative responsabilità, come per esempio: studiare ogni giorno, comportarsi educatamente, ricordarsi il materiale, tornare da soli a casa, prendere l’autobus, vivere civilmente… Per alcuni è più facile, ma per altri può risultare più complicato, quindi tutti dovrebbero aiutare tutti per rendere la vita più facile ad ognuno di noi ,anche solo con pochi semplici gesti, che ci caratterizzerebbero come una vera famiglia. Giulio Cicolella 77 “A ognuno la sua parte” La scuola non dà solo nozioni fondamentali riguardanti le materie scolastiche, ma anche insegnamenti per vivere in una società. Infatti ogni giorno, stando seduti sui banchi di scuola, arricchiamo il nostro bagaglio culturale e facciamo esperienze di vita di gruppo. Però per far sì che la piccola comunità scolastica funzioni bene ognuno deve svolgere i suoi compiti correttamente. La scuola è un meccanismo perfetto e coloro che la compongono sono i suoi ingranaggi; se ognuno fa la sua parte tutto procede alla perfezione, ma se qualcuno non adempie ai suoi doveri il meccanismo si inceppa e non dà più i risultati sperati. Per questo è importante che, pur essendo in tanti, ciascuno faccia attenzione a non far fermare il meccanismo. Infatti è vero che sbagliando si impara, però ciò non vuol dire che ogni errore è perdonato: sbagliare serve per migliorarsi e non farlo più in futuro. A scuola ogni giorno si imparano il rispetto delle regole e degli altri; due concetti che esprimono sempre la stessa cosa perché se c’è il rispetto delle regole automaticamente c’è anche il rispetto degli altri e se uno dei due viene a mancare manca anche l’altro. Per evitare di rovinare l’equilibrio della classe basta pensare alle conseguenze che potrebbero derivare dalle proprie azioni. Per esempio, se ogni volta che non c’è una professoressa in classe ognuno pensasse che urlando disturba gli altri, forse non urlerebbe. Una persona sola non fa un grande danno; però se ad urlare è tutta la classe il caos aumenta e di conseguenza anche il fastidio per gli altri è maggiore. Sicuramente non si può pretendere sempre la perfezione da tutti perché nessuno è perfetto. L’importante è che ciascuno, nel suo piccolo, si impegni a far funzionare a dovere quel meccanismo perfetto che è la scuola. Rossana Maletto 78 Tanto vale andare a scuola La luce del sole mi batte sugli occhi, la sveglia a sua volta batte i rintocchi. La mamma mi dice di alzarmi, io non ci penso e continuo a girarmi. Sto al caldo nel mio letto a castello Poi sento un piede in faccia, è mio fratello; non scende mica dalla scala, quell'imbranato! Mi massaggio la faccia ma resto addolorato. Urla mio padre: hai fatto colazione? A me interessa il sonno, non l'alimentazione! A quel punto mia madre accende pure l'aspirapolvere. lo dai preparativi non vorrei farmi coinvolgere Ma a malincuore abbandono le lenzuola Perché, alla fine, tanto vale andare a scuola. Daniele Ingenito 79 Il mondo che vorrei è pieno di… 80 Cambio di gioco! La guerra, l’odio, la crisi economica globale, dare valore solo ai soldi. Questi sono alcuni degli aspetti del nostro pianeta. Lo sappiamo ormai tutti, il mondo è pieno di continui conflitti e la pace sembra un sogno irraggiungibile. Non sono pessimista, vorrei anche io essere all’oscuro di tutto, non pensare a nulla e starmene tranquillamente seduto a giocare alla playstation, come se non stesse accadendo niente. Il fatto è che non posso. Nell’antichità i filosofi e i letterati si interessavano alla ricerca del senso della vita e della verità; si occupavano di scienza, matematica, astronomia e di problemi sociali. Ma questi grandi uomini non ci sono più, sono solo un lontano ricordo. Essi danno lustro all’Occidente, ricordiamo Aristotele, Socrate, senza scordarci di Dante Alighieri. Gente che ha segnato la lunghissima storia dell’uomo. Adesso, purtroppo, tutto il mondo deve pensare a cose più materiali e nessuno perde tempo a creare, a sperimentare. Perché ormai ci siamo dimenticati di stupire, di inventare, di scoprire! La guerra e l’odio reciproco impediscono alla Terra di crescere e svilupparsi nel modo più giusto. Il mondo è pieno di politici. Non esistono più i geni, gli ideatori di un tempo, o magari ci sono, ma non si fanno vedere. E quindi il momento che sta passando il nostro pianeta limita l’intelligenza e la creatività dell’uomo, costringendolo a chiudersi in sé stesso. Nonostante le ombre dell’epoca attuale, dobbiamo riconoscere anche parecchie luci. Fra cui la nascita della tecnologia moderna, senza cui sarebbe impossibile vivere a tutt’oggi. Quindi in termini calcistici, darei questo punteggio alla partita “Antichità” contro “Età contemporanea”: 1-1. E come sempre si sente dire nelle telecronache sportive: “Cambio di gioco!” Pace. Amore. Benessere fisico e morale. Stupore e intelligenza. Ecco gli aspetti del mondo che desidererei. Un mondo dove non esiste nessuna crisi, dove la guerra è ormai un lontano ricordo e dove da tempo regna la pace. In questo caso, allora sì che la Terra andrebbe sfruttata interamente, in un pianeta in cui non sarebbe presente nessun tipo di insoddisfazione personale, nessun motivo di piangere bensì di rallegrarsi per ciò che il mondo ci offre! Probabilmente non accadrà mai, ma sforziamoci di immaginarcelo. Il rispetto dell’ambiente e delle persone che lo abitano sarebbero due dei canoni più importanti presenti in questo nuovo meraviglioso mondo. Non ci sarebbe alcun problema dal punto di vista economico e politico, perché saremmo tutti in grado di esprimere la propria opinione e partecipare attivamente a tutte le proposte che ci vengono offerte. Vorrei un pianeta pieno di opportunità e gioia di vivere. Noi siamo giovani, siamo pieni di idee e di progetti. E allora mi pongo spontaneamente questa domanda: perché non possiamo essere noi a cambiare il mondo? Pierluigi Damosso 81 Ogni giorno… Ogni giorno quando leggiamo i giornali o ascoltiamo il telegiornale veniamo informati su quello che succede nel mondo e in Italia. Purtroppo la maggior parte delle notizie che riceviamo sono drammatiche. Ci sono guerre in corso in varie parti della Terra, popolazioni distrutte dalla violenza e dalla povertà e dalla fame, bambini che soffrono e che in certe zone del pianeta non arrivano neanche al primo anno di vita. L’idea che mi sono fatto è che esiste una grande ingiustizia: i pochi fortunati che sono nati nelle aree sviluppate e ricche possono permettersi una vita serena e dignitosa e poi c’è la maggior parte degli abitanti della Terra che non riesce neanche a sopravvivere. Questo è quello che non vorrei che accadesse più. Il mondo che vorrei dovrebbe essere basato sul senso di giustizia e pace. Vorrei che finissero le guerre che producono solo morte e distruzione e arricchiscono poche persone. Vorrei che tutti gli uomini avessero la possibilità di essere nutriti, curati e assistiti; che tutti potessero avere un lavoro dignitoso senza essere sfruttati, con uno stipendio adeguato e la possibilità di avere un’istruzione. Esistono ormai tante Associazioni umanitarie che si dedicano al miglioramento delle condizioni di vita soprattutto nelle zone sottosviluppate. Per me queste associazioni umanitarie dovrebbero essere finanziate di più e aiutate nel loro lavoro. Penso però che nel mondo che vorrei ognuno di noi deve mettere da parte il proprio egoismo e pensare agli altri, solo così si potrà migliorare. Nel mondo che vorrei la natura dovrebbe essere rispettata. Il nostro pianeta sta subendo un danno a causa dell’inquinamento e lo sfruttamento della terra e tutto ciò si vede come conseguenza sulla salute dell’uomo e sulle sue condizioni di vita. Bisogna trovare delle soluzioni per fermare la distruzione del nostro pianeta pensando di vivere più secondo natura ed eliminando tutto quello che è inquinante. Bisognerebbe eliminare i grandi interessi che ci sono dietro a sfruttamento della terra, lottare contro gli interessi dei corrotti. Ci sono moltissime cose che vanno cambiate, tanti aspetti con i quali io non sono d’accordo. Quelli che ho elencato sono solo una piccola parte delle situazioni drammatiche e negative che sono di ogni giorno in tutte le parti del mondo. Sono convinto che ci vuole una grande forza che può venire soltanto dalla volontà di cambiare le cose, per fare in modo che i desideri di cambiamento positivo possano diventare reali. Giangiacomo Doglio 82 Il loro futuro è il nostro presente Tutti noi oggi ci chiediamo come sarà il mondo nel futuro, anche le persone che sono vissute nel passato se lo sono chiesto. Le persone vissute nel periodo della guerra desideravano un futuro migliore, magari un mondo in cui regnava la pace e non c'era il bisogno di combattere. Le persone schiavizzate desideravano un mondo in cui tutti erano liberi. Il loro futuro è il nostro presente, i loro sogni sono la nostra realtà, ma anche noi oggi abbiamo dei sogni da realizzare. Anche noi pensiamo che tante cose non vanno bene in questa epoca dove tutto è multimediale, rapido, veloce, dove oggi è già domani. Eppure in questa epoca, ci sono persone che muoiono di fame ogni giorno, persone povere che non possono comprare il necessario per i figli, persone che perdono il lavoro, persone anziane lasciate morire in solitudine. In questa epoca inoltre stiamo distruggendo l'ambiente in cui viviamo. Il male peggiore è sicuramente la perdita dei valori e il degrado dell'essere umano. Le persone non sono più solidali tra di loro, non si aiutano più, ognuno pensa per sé. Sarebbe bello invece avere un mondo dove tuttti collaborano per lo stesso obiettivo: renderlo migliore. Un mondo dove ci si aiuta, dove tutti si salutano e sorridono, dove nessuno sporca o inquina l'ambiente, dove tutti hanno una parola di conforto per un altro, dove chi ha di più aiuta chi è meno fortunato. Un mondo insomma dove ci si vuol bene, come una grande famiglia. Il mondo che vorrei è pieno di Amore. Francesco Graziani 83 Il mondo dei miei sogni Erano le 10,00 di sera e stanca mi buttai sul letto pensando al mio mondo ideale immaginandolo sotto ai miei piedi, io regina di tutto e sovrana insuperabile. Non che vorrei ritornare alla monarchia, ma mi piacerebbe almeno una volta nella vita essere importante, con qualcuno che mi ritiene importante, che sente i miei problemi e che mi ascolta. Ero sdraiata a pensare al mio mondo quando i miei occhi si chiusero immergendosi in un sonno profondo e la mia mente incominciò a sognare: avventure, viaggi, feste, poi si fermò su un argomento che mi assorbì e incuriosì. Sul mondo, su come lo desidererei, gioioso come la pubblicità Barilla; tutti insieme contenti; sì, un pò impossibile, ma nei sogni nulla è impossibile: un mondo felice in cui nessuno ti urla contro, nessuno ti giudica e nessuno ti minaccia. Sì, un mondo più sicuro, più felice, dove le giornate non sono mai brutte, ma forse un mondo troppo felice non farebbe mai conoscere la tristezza, la paura, l’odio, l’avventura, solo la felicità. Forse è proprio la tristezza, la paura che fanno imparare e che fanno capire i momenti più tristi e fanno ragionare sul perché della vita. Lo so come sarà il mio mondo; sì, sono proprio sicura, un mondo più giusto, con tristezza, felicità e anche odio, ma più sano, più pulito, dove puoi essere sicuro di ciò che respiri, di ciò che mangi e ti guardi intorno e vedi la natura, quel verde che ti fa sentire meglio, più felice. E case perfette per mantenere un mondo più pulito, e, quando stai giù o quando hai litigato e quando non ti senti capita, ti immergi nei prati perfetti per camminare e riflettere. Dove ti puoi ascoltare, dove puoi capire quelle domande così misteriose. Secondo me, proprio grazie alla paura e all’odio, ho scoperto il piacere della natura e grazie a questa riesco a tirarmi su, a sentirmi meglio. Tutte queste risposte un giorno le scoprirò, ma adesso sono sicura come sarà il mio mondo e credo che migliorerà perché diventando più grande mi troverò davanti a nuove esperienze e nuove idee e a quel punto il mio mondo sarà perfetto. Giorgia Petrella 84 Persone… Persone alle quali non manca nulla, hanno di che nutrirsi e possono soddisfare ogni bisogno; nel mio mondo perfetto tutti avranno un lavoro adatto alle loro capacità che non crei loro alcuna difficoltà e che li renda felici e soddisfatti di loro stessi e della loro vita. Non ci saranno differenze sociali e, per quanto la gente sia diversa, ognuno avrà gli stessi diritti e le stesse possibilità degli altri di condurre una vita dignitosa; non si dovranno vedere persone chiedere l’elemosina ai semafori, perché vederle mi crea un peso al cuore. Per risolvere i problemi i Paesi useranno la diplomazia e non le armi, ma anche nella vita di tutti i giorni si useranno le parole al posto della violenza e tutti saranno più comprensivi; in questo modo vivremo in armonia. Inoltre si faranno molte scoperte in tutti i campi, in particolare in quello della scienza, così si riusciranno a debellare molte malattie; per di più tutti avranno una cultura maggiore e saranno in grado di parlare con gli altri senza timore. I giovani assisteranno gli anziani permettendo loro di vivere senza difficoltà, nessuno verrà abbandonato ed avrà sempre qualcuno a cui affidarsi e a cui chiedere aiuto; nessuno verrà isolato o maltrattato e troverà sempre sostegno in ogni occasione. Ogni persona rispetterà il pianeta, non ci saranno discariche ma impianti per il riciclaggio, si useranno le energie rinnovabili e il mondo sarà più pulito, come più puliti saranno i mari. Questo permetterà lo sviluppo della flora e della fauna, così oltre a pesare meno sul nostro pianeta lo renderemo più bello. Il dolore non potrà scomparire, ma cercheremo di accettarlo, di usarlo per renderci più forti, provando ad alleviare quello degli altri. So che è difficile che ciò accada, ma non impossibile e forse in un futuro non troppo remoto accadrà. In ogni caso, sognare non costa nulla e, anche se a nessuno interessano le fantasie di una ragazzina come me, potendo, vorrei inviare a tutti il messaggio di cercare di fare qualsiasi cosa per avvicinarsi un po’ di più alla prospettiva di un mondo migliore. Rossana Maletto 85 Vorrei alzarmi una mattina… Vorrei alzarmi una mattina, svegliata dagli uccelli e vedere il mondo sorridere, malgrado tutto. Vorrei… Vorrei che il lupo baciasse l’uccello, e che il cacciatore abbracciasse l’uccello. Vorrei che i nemici si stringessero la mano. Vorrei… Vorrei che l’uomo proteggesse la storia perché è da essa che bisogna partire per costruire un futuro migliore. Vorrei… Vorrei che l’uomo proteggesse la natura, e che ne capisse la selvaggia bellezza e la sua importanza. Vorrei… Vorrei un mondo più vicino ai desideri dei giovani perché essi rappresentano un mondo migliore. Vorrei non aver paura del futuro. Vorrei… Bianca Patarnello 86 Camminando… “Miseria e grandezza di questo mondo: non offre verità ma amori. Regna l'Assurdità e l'amore si perde.” Albert Camus Camminando per strada in un pomeriggio di ottobre mi guardo intorno: il mondo è così diverso da quello delle favole. Il cemento ricopre ogni cosa, ai lati delle strade c’è gente che chiede l’elemosina; sui lampioni ci sono fogli ormai stropicciati di giovani, avvisi di ragazzi che cercano lavoro; ragazzi che sono laureati, giovani menti a cui però non si dà la possibilità di esprimersi e sono come lasciati morire. Accendo la tivù e sento: “oggi due romeni sono morti alla stazione e non avevano una fissa dimora”. La notizia è terrificante, mi stringe il cuore e penso: perché il mondo non dà a tutte le persone la stessa opportunità? Tornando a casa a pranzo il telegiornale dice: “altri 2 immigrati sono morti rovesciati da un barcone” e allora penso: perché ci sono persone che in barca ci vanno per vacanza e questi, invece, per salvarsi? Poi apro il giornale e leggo “in Afghanistan è stato messo in carcere un giornalista che era contro il regime” ed allora mi chiedo: perché un uomo non può avere libertà di parola, di un proprio pensiero? Mio padre mi racconta: “oggi è stato condannato un uomo straniero perché è stato sorpreso a vendere alcune borse che erano copia di quelle firmate ed è stato condannato a 2 anni di carcere” e pensi : perché lui e non magari assassini che vengono lasciati liberi solo dopo 2 anni di carcere? Allora, andando a letto penso: il mondo che vorrei è pieno di: - bontà e gentilezza, che battano il male che sta consumando il mondo e le persone; - di libertà di parola e di pensiero, la cosa per cui l’uomo ha combattuto in tutte le epoche e combatterà ancora; - offerte ai giovani di nuove opportunità, perché vengano aiutati nel cammino degli studi, perché loro saranno la nuova generazione; - che la legge sia uguale per tutti, senza distinzione; - che tutte le persone ritornino a capire che tutti siamo uguali Cecilia Perinelli 87 Tutto accadde… Tutto accadde una domenica mattina. Il cielo era limpido e splendente, così decisi di andare in giro per Roma. Aspettai alla fermata per circa mezz’ora, ma poi finalmente l’88 arrivò e, salita sull’autobus, cominciai a guardare fuori dal finestrino. Passata davanti alla caserma, vidi dei soldati con, al posto della pistola, un grande bastone candito e giocavano tra di loro a nascondino. Poco dopo l’autobus passò davanti l’ospedale, c’era tanta gente che usciva allegra, senza più alcuna malattia e felice di ritornare a vivere nella propria casa. All’aeroporto vidi i militari, contenti di non fare più guerre, scendere dagli aerei e riabbracciare le proprie famiglie e i propri figli. Il percorso dell’88 sembrava infinito ed io continuavo ad osservare il mondo da quel vetro, ero vicino a Villa Borghese, mi sembrava tutto così diverso: vedevo i bambini giocare con gli anziani, correvano felici e spensierati, tutti i giovani desideravano parlare con loro, chiedere del loro passato delle loro storie cosi coinvolgenti: l’avevo capito, da quel giorno gli anziani non si sarebbero sentiti più soli. Continuavo a sorridere ed a pensare, ma qualcosa attirò la mia attenzione: riconobbi quell’anziana signora che da anni chiedeva sempre l’elemosina vestita di solito di stracci, ma l’avevo riconosciuta, era lei, ma in panni diversi e con un sorriso unico, a vederla ora aveva un aspetto da nobile: aveva ritrovato la sua famiglia ed ora la sua ricchezza era l’affetto e il non sentirsi più abbandonata. Tutto era più limpido e pulito, forse era stata la neve caduta eccezionalmente nei giorni passati o forse tutto aveva un aspetto più magico, più severo, anche l’aria era più pulita, infatti non si vedeva un’automobile, non un camion o una moto, tutti andavano a piedi o in bicicletta, scoprendo il piacere di guardarsi negli occhi e di sorridersi e parlarsi. Forse sognavo ad occhi aperti, no non era possibile! Proseguivo il mio percorso, l’autobus era vuoto, il conducente mi guardava sorridendo e ad un tratto mi disse di tenermi forte…, non capivo. Tutto aveva assunto una prospettiva diversa, vedevo le cose dall’alto, tutto era sempre più lontano, volavamo, sì, volavamo su Roma. A volte basta poco per vedere le cose da un’altro aspetto, felice guardavo questo mondo che sembrava aver cancellato gli orrori, le miserie, l’odio, la povertà e la solitudine. Ma ad un tratto sentii una voce che mi diceva: “signorina, prego, mi faccia vedere il biglietto. Non capivo, mi guardava con aria minacciosa… Purtroppo avevo capito cosa mi era successo Mi ero addormentata sognando un mondo diverso…, il mondo che anche solo per pochi attimi ho desiderato e il il mondo in cui vorrei vivere. Agnese Rocchegiani 88 “Apri gli occhi e inizia a cambiare” Il mondo è come un libro con tante pagine da poter sfogliare durante la nostra vita, ma non tutto è meraviglioso. In questo enorme “libro” ci sono pagine orribili della storia del mondo: una di queste è stata lo sterminio degli ebrei e, oggi, viene ricordato con la giornata della memoria, la Shoa, che ci fa capire che si ricorda per non far sì che riaccada. Immaginiamo di vivere in un mondo nel quale accadono soltanto cose belle, non ci sono guerre, c’è la pace in ogni stato, non ci sono differenze di etnia, uomini e donne vengono rispettati allo stesso modo, non ci sono violenze, i bambini non lavorano nelle fabbriche… Sarebbe bellissimo e fantastico se il mondo fosse veramente così ma, secondo me, le cose brutte accadono per farci capire che non dobbiamo compiere gli stessi errori nella nostra vita. Noi siamo la nuova generazione e possiamo cambiare la realtà di oggi e trasformare il nostro futuro in qualcosa di migliore. Un argomento che viene sottovalutato è quello della raccolta differenziata ma se noi la facessimo, aiuteremmo l’ambiente che ci circonda; se tutti noi rispettassimo l’ambiente in modo adeguato facendo anche piccole ma significanti azioni potremmo cambiare ciò che ci aspetta nel futuro. Se agiamo nel presente miglioriamo il nostro futuro e quello delle generazioni che verranno dopo di noi. Talvolta potremmo fare i piccoli spostamenti da un luogo all’altro non usufruendo della macchina, autobus, taxi, possiamo muoverci a piedi migliorando così l’atmosfera. Facendo un piccolo gesto come buttare la sigaretta, ormai spenta, nel cestino renderemmo i luoghi pubblici più puliti. Sarebbe bellissimo se in Afganistan non ci fosse la guerra e tutti i cittadini vivessero in uno stato di pura serenità e felicità. Sarebbe fantastico se i mari, laghi, fiumi, oceani venissero realmente tutelati, fossero puliti, e così non ci sarebbero problemi legati alla fauna e alla flora marina. Sarebbe splendido se in Africa, come in altri paesi, i bambini non fossero sfruttati e discriminati lavorando nelle miniere e nelle fabbriche perché ognuno ha diritto a una adeguata educazione scolastica per il bene del nostro futuro. Quindi dobbiamo capire che questo è il momento adatto per agire e per cambiare ciò che ci aspetta nel futuro rendendo il mondo un posto migliore nel quale ci piace abitare in modo sereno in tutti gli stati. Bisogna solo scegliere cosa fare con il tempo che ci viene concesso. Chiara Vaccaro 89 Donare è amore, altruismo 90 Donare è Donare è un gesto d’amore, un sorriso e uno sguardo sono pieni di calore, e la nostra vita è fatta di bene e male ma per superare le difficoltà, l’amore è ciò che rimane. Donare è affetto verso gli altri, la vita che si consuma man mano che va avanti. La dolcezza di un amico che ci prende per mano ci dà la forza per andare lontano. L’amicizia e la generosità sono essenziali per tutta l’umanità. Ma non si può andare avanti senza questi aspetti importanti. Una vita piena di emozioni ci regala un senso di serenità, per vivere in pace e tranquillità. Edoardo Cappella 91 Viva l’amore Viva l'amore. Donare è un po' giocare, giocare con amore che rima con dolore, ma anche con vigore. Amore nel donare, amore nell'amare. Amare è altruismo e certo non razzismo. Amore in tutto il mondo, che gira sempre in tondo e genera gli amori e mescola i colori di uomini e di razze perché, lo penso io, veniam tutti da Dio. Matteo Conti 92 Dammi un’altra vita Dammi un’altra vita, ti prego fratello, dammi un’altra vita e tutto sarà più bello. Ti porterò con me da mattina a sera e con il tuo aiuto avrò una vita vera. Ti porterò con me a correre nei prati e ad incontrare i tuoi amati. Dammi un’altra vita. Donami un’altra vita e un’altra vita avrai. Margherita Criscuolo 93 Un pomeriggio d’inverno “Anche il più egoista non si nega di tanto in tanto il piacere del proprio altruismo.” Giovanni Soriano Un pomeriggio d’inverno di tanti anni fa, in un paesino di montagna coperto di neve, tutti si preparavano alle feste di Natale. In chiesa si faceva il presepe, in famiglia si addobbava l’albero, i negozi abbellivano con fiocchi rossi le loro vetrine e il sindaco aveva mobilitato cinque squadre di operai per far brillare le strade di luci bianche, verdi e azzurre. Tutti correvano a destra e a manca in cerca di regali, avvolti nelle loro sciarpe calde e soffici e tornavano a casa carichi di mille pacchi tra le braccia. Soltanto una persona se ne stava ferma all’angolo della strada, davanti all’ingresso del supermercato. Era un’anziana signora, vestita di abiti poveri, ma sorridente e volenterosa. Si chiamava Mafalda. Non chiedeva l’elemosina: si offriva di aiutare i clienti a portare le pesanti buste della spesa fino al parcheggio delle macchine e, in cambio, da qualcuno di loro riceveva 50 centesimi o un euro dai più generosi. Le giornate trascorrevano faticose e lente per la vecchia Mafalda, che comunque non perdeva la pazienza e la gentilezza con tutti… Da quando era arrivata in quel luogo con la sua famiglia dopo un lungo viaggio dalla Romania, nessuno si era mai fermato a parlare con lei, a chiederle come si chiamasse, a salutarla con un buongiorno amichevole. Purtroppo c’era anche chi, qualche volta, la derideva o la insultava. Anche quel pomeriggio, verso l’imbrunire, quattro o cinque ragazzi appena usciti dal liceo, dopo essersi fermati a bere una birra in piazza per festeggiare l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie, erano passati davanti al supermercato e per divertirsi facevano a gara a chi riusciva a tirare le lattine vuote più vicine “al trono della regina dei cassonetti”, come chiamavano la cassetta di frutta che la povera Mafalda usava da sgabello per riposare di tanto in tanto le sue gambe stanche. Il rumore improvviso la spaventò, le loro facce arroganti la rattristarono molto e il disprezzo che trapelava dalle loro risate sguaiate la fece sentire profondamente sola e abbandonata al suo destino. Proprio in quel momento passarono di lì tre amici di circa 12 anni, due ragazzi e una ragazza. Erano Joe, Adam e Tilly. Non avevano mai fatto caso alla vecchia del supermercato, ma in quel momento la scena che si svolgeva davanti ai loro occhi li fece rabbrividire di sdegno. Non avendo il coraggio di sfidare dei ragazzi tanto più grandi di loro, aspettarono che quelli fossero andati via e poi si avvicinarono a Mafalda, che nel frattempo aveva cominciato a piangere silenziosamente. Arrivandole accanto si accorsero che c’era un terribile fetore di mondezza tra i cassonetti dove stava la vecchia donna… e tutto il paesino, visto da quello sgabello in mezzo agli scatoloni vuoti del supermercato, sembrava diverso, forse più strano, forse più finto, così vicino…, ma così lontano….. Mafalda asciugò in fretta le lacrime passandosi le mani sporche sul viso e si sforzò di sorridere ai bambini, come faceva di solito con tutti. Questo gesto li commosse 94 ancora di più. Joe prese un’altra cassetta di frutta, la piazzò di fronte a quella di Mafalda e un momento dopo i tre amici furono tutti seduti lì, per cercare di consolarla in qualche modo. Tilly tirò fuori dallo zaino un pacchetto di fazzolettini di carta e gliene passò uno, Adam raccolse le lattine di birra rotolate ai suoi piedi e Joe ruppe il ghiaccio con qualche domanda. Dopo mezz’ora di conversazione in una lingua mista tra l’italiano, il latino e lo spagnolo avevano fatto amicizia e sapevano molte cose in più. Mafalda era arrivata dalla Romania insieme al marito e a quattro figli, ormai da circa due anni. All’inizio aveva trovato una sistemazione in una roulotte del campo rom abusivo vicino al piccolo campo di calcio del paese, ma lì non c’era acqua, né bagni, né luce. In quell’ambiente di estrema miseria tutti erano a rischio di commettere qualche grossa sciocchezza per sopravvivere…., così, per salvare i suoi figli dalla cattiva strada, aveva abbandonato il campo ed ora viveva con loro in una baracca abbandonata da alcuni giostrai che avevano lasciato la zona per trasferirsi in città. Con i pochi soldi che riusciva a racimolare davanti al supermercato con i suoi piccoli servizi, Mafalda comprava qualcosa da mangiare per la famiglia, mentre il marito girava tutto il giorno alla ricerca di un lavoretto. Alla sera si ritrovavano tutti insieme, stanchi ma felici di poter mangiare senza aver rubato e senza aver abbandonato la retta via dell’onestà e della bontà. Alla fine del racconto Mafalda non piangeva più, ma avevano cominciato a piangere tutti e tre i ragazzi, anche se nessuno di loro lo avrebbe mai ammesso, e d’altra parte il buio della sera camuffava bene la situazione. Rimasero in silenzio per qualche istante e si alzarono solo quando Mafalda li pregò di andare subito a casa per non far preoccupare i loro genitori del ritardo. Le obbedirono, ma le promisero che sarebbero tornati da lei il giorno dopo. Quella sera niente era più lo stesso ai loro occhi. Entrarono nelle loro case ben riscaldate, con la cena fumante pronta sul tavolo, la play station che li aspettava per la partita di fine giornata e il computer che li chiamava su facebook… Nessuno di loro aveva una gran voglia di giocare né di cenare né di chattare né di sapere cosa c’era dentro quei pacchi sotto l’albero che diventavano ogni giorno più numerosi….. Fino al giorno prima erano così contenti di tutto questo…, o almeno pensavano di esserlo…, ma adesso continuavano a pensare a Mafalda e ad immaginarela sua serata, al freddo, nella baracca spoglia ai margini del paese. Una cosa però avevano voglia di farla: raccontare a qualcuno quello che era successo. Joe, Adam e Tilly si sentirono al cellulare e decisero di condividere tutto con tutti… A cena parlarono con i loro genitori. Raccontarono loro ogni cosa e questa volta anche gli adulti si commossero profondamente. Dopo cena, su face book, raccontarono a tutti gli amici quanto era accaduto… Joe aveva una pagina di fans di Harry Potter con tantissimi contatti e pubblicò la notizia anche lì… Tutti dovevano sapere quanta nobiltà d’animo c’era nella vecchia Mafalda e nessuno più avrebbe dovuto permettersi di deriderla o di offenderla in alcun modo…. In rete tutti furono d’accordo. Anche i genitori fecero una catena di telefonate per parlare della cosa e presto tutto il paesino era sensibilizzato. Il giorno dopo i tre amici tornarono da Mafalda. E il giorno dopo, e il giorno dopo ancora….: restavano una mezz’oretta con lei, approfittando del fatto che la scuola 95 era sospesa, le tenevano compagnia, facevano quattro risate. Dopo una settimana molti altri facevano come loro e con Mafalda c’era sempre qualcuno che passando scambiava una buona parola con lei. Quei liceali che le avevano tirato le lattine di birra si chiedevano cosa diavolo stesse accadendo, ma qualsiasi cosa fosse, decisero, come al solito, di seguire la massa e quindi anche loro diventarono gentili con la vecchia rom, senza sapere esattamente il perché. Joe, Adam e Tilly erano contenti e Mafalda non faceva che ringraziarli per tutti i nuovi amici che lei aveva trovato. Ma a questo punto accadde qualcosa di inaspettato…. Alla vigilia di Natale Mafalda non venne al supermercato. I tre ragazzi si chiesero tutto il giorno cosa fosse successo e a turno la aspettarono al solito posto per l’intero pomeriggio. Finalmente, verso sera, arrivò affannata. La sua figlia più grande aspettava un bambino, ma date le condizioni disagiate di vita, rischiava di perderlo proprio ora al settimo mese di gravidanza. Mafalda era stata tutto il giorno in ospedale e lì i medici le avevano detto che non c’era molto da fare: servivano delle trasfusioni di sangue e soprattutto serviva una casa più accogliente per portare a termine la gravidanza. I tre ragazzi si guardarono e seppero subito cosa fare. Joe chiamò suo zio che aveva una ditta di prefabbricati, Adam lanciò un appello su facebook per una raccolta fondi e Tilly radunò tutti i genitori della classe per la raccolta del sangue. Così, il giorno stesso, riuscirono ad acquistare una casetta di legno con i soldi che i ragazzi donarono restituendo tutti i loro regali di Natale ai negozi dove i parenti li avevano comprati, mentre i genitori andarono tutti a donare il sangue e ne fecero sacche sufficienti per salvare la gravidanza. Il giorno dopo era il 25 dicembre e fu il Natale più bello che quel paesino avesse mai vissuto. Tutti portarono qualcosa alla Casetta. Qualcuno una minestra calda, qualcuno un litro di latte, qualcuno una coperta, qualcuno un vestitino per il futuro neonato, un passeggino usato, un giocattolo…... Mafalda aveva il cuore che le scoppiava di felicità. La giovane mamma incinta potè così arrivare al giorno del parto in un ambiente caldo e protetto, circondata dall’affetto di tutti, chiedendosi ogni giorno con rammarico come avrebbe mai potuto ricambiare tutto questo. Quando cominciarono le doglie, fu portata nell’ospedale della città più vicina, dove anche gli infermieri e i medici, ormai, conoscevano la sua storia. Prima di entrare in sala parto, l’ostetrica le chiese se volesse donare il cordone ombelicale. Le spiegò che altrimenti sarebbe andato buttato. Viceversa, se lei lo avesse donato, avrebbe potuto salvare la vita di un bambino malato di leucemia. La giovane mamma non ebbe il minimo dubbio. Si ricordò di una signora che le aveva regalato il lettino da campo per il neonato, era tanto buona e parlando le aveva raccontato che suo figlio aveva proprio quella malattia. Sì, certo, avrebbe donato il cordone! Anche lei, pur essendo povera di tutto, poteva fare un dono grandissimo alla comunità. Quel bambino ammalatosi salvò e tutti insieme quell’anno fecero una grandissima esperienza di vita: scoprirono la gioia di donare, non tanto i loro soldi, quanto il loro cuore, gli uni agli altri! Pierluigi Damosso 96 Il donare… Il donare per me significa dare ad altri una cosa con l’intenzione di recare piacere. Il donare è generosità, solidarietà verso coloro che soffrono o vivono in condizioni diverse dalle nostre. Si può essere solidali con il prossimo in molti modi: con l’aiuto ai deboli, il soccorso alle persone bisognose, confortando chi soffre. Per esempio in Italia come in molti altri paesi europei, il volontariato è una grande forza che agisce in vari settori. Tra le varie forme di solidarietà, altruismo, generosità, la donazione degli organi rappresenta un gesto ancora più umano e generoso. Per me rendersi utile è una delle cose che dà più soddisfazione nella vita. Donare i propri organi è sicuramente il modo migliore di dare un senso alla vita perché è dare una nuova speranza di vita, che è il bene più prezioso che abbiamo. Mi capita di ascoltare le notizie drammatiche al telegiornale e sempre più spesso, soprattutto quando a morire tragicamente sono persone giovani se non addirittura bambini, vengono autorizzate dalle famiglie le donazioni degli organi. All’inizio mi sono chiesto più volte cosa potesse significare, come potesse avvenire che una mamma o un papà volessero questo. Mi sono domandato quale fosse il fine di una scelta simile. Ho cominciato a riflettere, mi sono informato per capire come potesse avvenire praticamente un espianto e ho capito che ormai da anni, oggi, trasferire gli organi da un corpo che muore ad uno che può continuare a vivere non è più un miracolo, qualcosa di inspiegabile, ma una grande opportunità che la scienza offre all’uomo. La persona che muore può dare attraverso questo gesto una speranza a un’altra famiglia per aiutare le persone che soffrono. Sapere che una parte dei tuoi organi continua a vivere nel corpo di un’altra persona e che può darle un futuro, una speranza è un qualcosa che mi ha fatto capire l’importanza di questo dono e di questo scambio che vale più di qualsiasi parola perché ridà la vita. Penso al caso di Marta Russo: attraverso la sua associazione che ha proposto questo concorso ho saputo che questa giovane studentessa romana, uccisa all’università a soli 22 anni, aveva già capito il valore di questo enorme gesto di solidarietà perché ancora in vita aveva scelto di donare i suoi organi. Vorrei che noi ragazzi fossimo aiutati, sostenuti ed educati a capire il grande valore della donazione degli organi, vorrei che la scuola, i professori, le nostre famiglie ci indirizzassero verso questo percorso per essere da adulti, come fece Marta, donatori di amore, di speranza e di vita. Giangiacomo Doglio 97 Aiutami Aiutami e te ne sarò grato, aiutami e saremo sempre insieme, aiutatami e correremo insieme su un prato, aiutami, allevia le mie pene! Non farmi abbracciar la morte, non farmi abbracciare i miei cari, strappati a noi da una triste sorte con una sofferenza senza pari. Ti prego fratello, sii generoso per un povero bambino malato fa’ che ci sia un domani gioioso. Aiutami a rinascere, voleremo insieme e avremo entrambi delle vite vere. Victoria Giannetti 98 Vorrei essere un dono Se io fossi un dono vorrei essere amore senza ricevere nulla in cambio, ma solo dare affinché ognuno ne abbia ricolmo il cuore, perché donare vuol dire amare. Se io fossi un elemento vorrei essere acqua per dissetare, per non farla mancare ad alcuno e vorrei pure essere un buon cibo per sfamare, affinché di fame non muoia mai più nessuno. Se io fossi un dolore vorrei essere lieve, per togliere tutte le sofferenze del mondo con la speranza che ogni malattia sia innocua e breve. Sei io fossi..., ma io sono solo un ragazzino e tante cose non le posso fare, ma di certo non smetterò mai d'amare. Francesco Graziani 99 Non ho bisogno Non ho bisogno di sentirti per sapere che ci sei, non ho bisogno di vederti per sapere che ci sei, non ho bisogno di nulla, so che ci sei. Ogni tuo ricordo è come oro per me, ogni tuo sorriso mi spinge a continuare a vivere, ogni tua parola è come un tesoro inestimabile. Piango, ma di colpo smetto, sorrido e penso a te; piango, ma mi convinco che è tutto inutile e ancora penso a te; piango di nuovo, ma sta volta sono forte e sorrido al mondo, piango e piango e piango... Tutte quelle lacrime riempiono il mio viso di tristezza, ma pensare a te mi fa tornare felice. Tanto è il dolore quanto la gioia, tanto è il desiderio di rivederti quanto quello di non farlo, tanto è bello ricordarti quanto non provarci per paura di soffrire, tanto è bello amarti quanto..., non posso fare paragoni, questo è semplicemente un pizzico d'amore. Alice Iacomacci 100 Donare Donare è dividere con gli altri il più grande tesoro tra tanti, certo il più prezioso dono, né l’argento né l’oro ma l’amore, l’amicizia, il perdono. Donare è dare senza aspettarsi nulla in cambio dagli altri, regalare non solo cose materiali, ma anche un sorriso scoprire un po’ di tenerezza anche nei cuori più scaltri, aprire il proprio cuore anche a quelli di cui non conosci il viso. Donare è far del bene senza provare dolore alcuno, rendere più felici gli altri e alleggerire il proprio cuore, far pace con il mondo e regalare un sorriso ad ognuno. Donare è fare un piccolo gesto per gli altri e uno immenso per sé, ritagliare sulla terra, con un sorriso, un angolo di paradiso, ecco che cosa donare è. Rossana Maletto 101 Chi pensa che donare significhi… Chi pensa che donare significhi acquistare per compiacere un amico, un conoscente o un parente, dico che dovrebbe cercare di essere meno superficiale e di mettersi nei panni degli altri. È pur vero che la vita è bella anche se qualche volta essa può sembrarci ingiusta, soprattutto se sulla bilancia “quotidiana” mettiamo le cose positive e negative. Spesso il bilancio non è mai equo: le controversie, il dolore per la perdita di un amico o di un caro ci tolgono la voglia di guardarci dentro. Ma se per un attimo ci fermiamo e riflettiamo, se in tutto questo squarcio infinito troviamo la forza di donarci un pensiero di bene, di amore per noi stessi, allora il miracolo è compiuto: siamo esseri pronti a ridare felicità a chi è senza speranza, rassegnato agli eventi che la vita quotidiana gli ha riservato. Siamo altresì pronti a donare amore. Ma cosa significa veramente amare? Mi rendo conto che oggi tutti parlano d’amore e lo danno per scontato, ma solo pochi sanno realmente percepirlo e donarlo senza avere nulla in cambio. Con questo tema desidero indurre in riflessione tutte quelle persone che a mio parere credono di sapere “a modo loro” donare amore agli altri, senza condizioni. L’essenza dell’amore, la giusta regola rivolta al prossimo, non significa trovare la persona che ci ami e ci renda felici, ma riflettere sul modo con il quale poter aiutare, comprendere in poche parole, senza nulla pretendere, senza nessuna condizione, come scelta di vita, per il rispetto di tutte quelle vite che hanno bisogno di noi. Dedicarsi agli altri, aiutare il prossimo a trovare la propria strada e far sì che sia felice. Un altro aspetto dell’amore è la responsabilità. Si è responsabili dei nostri simili e delle loro esigenze, bisogna perciò rispettare la libertà individuale e se si pensa che amore voglia dire solo amare una persona, allora questo altro non è che un sentimento di puro egoismo. È qui che ognuno di noi deve guardarsi dentro per conoscere e comprendere la vita. Ognuno di noi può colorare il suo mondo in base alle proprie esperienze e così provare a concretizzare l’amore in altruismo. Ma l’altruismo esiste davvero? Bisognerebbe analizzare il rapporto che c’è tra noi e gli altri, io credo che tanto più si è in sintonia con le proprie necessità, tanto più si è presenti ed attenti alle altrui esigenze. Bisogna ascoltare ciò che ci arriva dal più profondo del cuore, sforzarci di capire le nostre e le altrui necessità. Solo riuscendo ad ascoltare questi sentimenti, l’attenzione verso il prossimo diventerà cosa naturale, come naturale è l’ottimismo che quotidianamente metteremmo nella nostra vita. In conclusione credo che bisogna essere sé stessi in prima battuta e donare agli altri ciò che qualcuno più generoso di noi ha già donato inequivocabilmente a noi, alla nostra stessa vita, rendendoci persone serene e reali. Federica Miani 102 Donare è una cosa semplice… Questo non è un concetto facile da spiegare, ma io ci proverò. In tutto il mondo, ovunque si giri il mappamondo, c' è sempre qualcuno infelice, che avrebbe bisogno di un aiuto. Ma fortunatamente c'è spesso qualcuno che gli stringe la mano, che gli sta accanto, che lo aiuta a non avere paura dell' indomani. Donare è una cosa semplice, ma è anche una delle emozioni più splendide e entusiasmanti che esistano. Quando si regala qualcosa a qualcuno meno fortunato è come regalargli un pezzo del tuo cuore, passargli un po' della tua felicità, facendo del bene a chi se lo merita. La felicità e l'amore veri sono sentimenti che non tutti provano veramente, bisogna viverle queste emozioni per capire ciò che sto descrivendo. Vedere il sorriso sul volto di un bambino, i suoi occhi luccicare, le sue braccia pronte a stringerti in un abbraccio per la felicità, anche semplicemente perché gli è stato donato un giocattolo, vedere come un banale pezzo di plastica colorato possa portare il bambino in un mondo parallelo dove quel pezzo di plastica si muove e parla come un uomo; questo, tutto questo, è come se centomila mani ti prendessero e ti lanciassero in cielo accanto a quegli angeli che suonano per te un'angelica melodia, sapere che la gioia di quel bimbo è tutta per causa sua è una sensazione indescrivibile, ma davvero bellissima. Ogni bambino si chiede perchè Babbo Natale fa il giro del mondo solo per dare cose, senza mia riceverle, ma in realtà il regalo più bello è il suo, ovvero vedere la gioia, l'allegria che è riuscito a portare nell'animo di ogni singolo bambino. Perché sono le piccole cose che un giorno o l' altro diventeranno grandi, una stretta di mano domani sarà un bacio in fronte. Donare un sorriso rende felice il cuore, arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona. Non serve donare migliaia di soldi per rendere felice qualcuno, basta un bacio, una parola dolce e un abbraccio per farlo sentire protetto e sempre al sicuro. Michela Oneto 103 Quando si ama… “Quando si ama non vi è nulla di meglio che dare sempre, tutto, la propria vita, il proprio pensiero, il proprio corpo, tutto quello che si possiede, sentire quel che si dà; mettere in gioco tutto e poter dare sempre di più” G. de Maupassant La storia che sto per raccontare è inventata, ma non posso dire che non sia mai successa. Forse in luoghi diversi, in circostanze diverse, con motivazioni differenti, ma non mi stupirei che nella mente di qualcuno, leggendola, riaffiorasse il ricordo di un episodio simile. Questa storia parla di un uomo. Era un uomo semplice, povero, di quelli che per strada la gente tende ad evitare, ma ben presto sarebbe diventato un eroe. Non aveva una casa, o, per meglio dire, il suo concetto di casa era molto diverso da quello che abbiamo noi. Considerava casa sua ogni panchina, ogni parco della grande metropoli in cui viveva. Non possedeva niente, solo qualche soldo guadagnato spazzando via le foglie e viveva la vita affrontando i problemi minuto per minuto, senza pensare al futuro. Non aveva nessun ideale, nessun sogno, nessuna motivazione che gli desse la forza di mettere un passo dopo l’altro, viveva e basta. I giorni si susseguivano senza nessuna differenza. Viveva isolato dal mondo, non odiava la sua vita perché l’aveva scelta, né cercava di migliorarla, perché questo significava avere un rapporto, per quanto minimo, con la gente. Per comprendere a fondo la sua vita bisogna partire dalla sua concezione dell’amore. Amare per lui significava essere pronto a donare la sua vita per gli altri e, non ritenendosi in grado di compiere un gesto così estremo, rifiutava qualunque rapporto con gli altri. Quella sera sembrava uguale a tutte le altre. Camminava su una strada buia, o male illuminata, alla ricerca di una panchina dove passare la notte. Non era triste, oramai era privo di qualsiasi emozione, ma si sentiva vuoto, inutile. Era immerso nei sui pensieri, quando un urlo disperato lacerò l’aria. Cercò di capire da dove veniva. Poco più avanti un gruppo di ragazzi era in piedi davanti ad un’auto nera. Vicino a loro c’era una ragazzina. Non era alta, doveva avere tredici o quattordici anni e si dimenava disperata tra le braccia di uno di loro. Aveva paura, le si leggeva il terrore sul volto rigato di lacrime. Anche l’uomo aveva paura e per un attimo la parte razionale del suo cervello gli disse di scappare, ma poi guardò negli occhi la ragazza. Si guardarono per pochi secondi, uno sguardo intenso, pieno di disperazione e di supplica. 104 Poi tutto accadde in un lampo. L’uomo si lanciò sul ragazzo che bloccava la ragazzina, il quale, colto di sorpresa, lasciò la presa permettendo alla ragazza di fuggire. Vide allora, come al rallentatore, il ragazzo che estraeva una pistola, gliela puntava contro e sentì un dolore acutissimo, tanto che stentò a credere che potesse essere così forte, poi non sentì più nulla. Si risvegliò in ospedale. La prima cosa che vide fu la ragazza. La guardò negli occhi, quelli occhi tormentati, le prese le mani nelle sue, grosse e pelose, senza smettere di guardarla, con uno sguardo carico di affetto, di amore. Sì, era stato in grado di sacrificare la sua vita per lei, era stato in grado di amare. Qualche minuto dopo chiuse gli occhi per sempre. Bianca Patarnello 105 “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Per comprenderlo pienamente occorre chiedersi cosa significa la parola amore. L'amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Nel momento in cui l’amore non è rivolto esclusivamente verso sé stessi ma verso gli altri, esso si coniuga con l’altruismo che va inteso proprio come manifestazione dell’amore verso gli altri anche attraverso la comprensione dei bisogni altrui. L’atto di donare è, dunque, una manifestazione di amore e altruismo. Un dono può essere materiale o morale. Si può donare agli altri beni materiali di cui hanno bisogno: ad esempio, proprio in prossimità del Natale, nella mia parrocchia è stata organizzata una raccolta di viveri per le famiglie più bisognose del quartiere. Anche io e le mie sorelle partecipiamo a queste raccolte donando i giochi che non usiamo più tanto, ma che sono ancora belli, o dei vestiti. Il dono morale più grande è quello di darsi al prossimo, manifestando affetto, solidarietà o semplicemente con una parola di conforto a chi è in un momento difficile della sua vita… La bellezza del donare è la sua gratuità dal momento che, se lo si fa con sincerità, non ci si aspetta nulla in cambio. Penso, però, che la gratuità del gesto è solo apparente perché in realtà chi dona si arricchisce interiormente. Il sorriso di una persona in difficoltà, un “… grazie amico”, un abbraccio, sono le grandi ricompense per la nostra anima che contribuiscono a fare di noi delle persone vere. Anche il volontariato è un grande esempio di cosa significa donare. È un’attività gratuita svolta da alcuni cittadini a favore della collettività, dei malati e dei bisognosi. Una forma di volontariato molto importante è quella che si svolge a Lourdes. Lì ogni anno vengono accompagnati migliaia di persone con handicap proprio dai volontari dell’UNITALSI. Mia nonna, Sara, è una di loro e lo ha fatto per trent’anni. Forse la forma estrema della donazione avviene proprio con la donazione degli organi attraverso la quale si arriva a donare la vita a chi è affetto da gravi malattie che, senza il trapianto, porterebbero inevitabilmente alla morte.. Una grande associazione dei donatori di organi è l’A.I.D.O., Associazione italiana per i donatori di organi, che permette ad ognuno di donare organi per salvare una vita in pericolo. Perché donare? Perché prelevando organi e tessuti da una persona deceduta è possibile salvare la vita a qualcun altro o rendere migliore l'esistenza di malati afflitti da patologie incurabili. Ognuno di noi si potrebbe chiedere per quale motivo dovrebbe essere un donatore di organi ma c’è una semplice risposta: perché, è possibile che un giorno potremmo 106 avere bisogno di un trapianto e quindi saremmo grati alla persona o alla famiglia che ha donato l’organo per salvare la nostra vita. Noi tutti viviamo in una grande comunità ed è bello pensare di poter fare affidamento sugli altri nel momento della difficoltà. Sicuramente ognuno di noi, con l’esempio concreto del proprio comportamento disinteressato, può contribuire a creare una società in cui la fiducia e l’amore verso il prossimo siano la regola e non l’eccezione. Se ognuno di noi ama e dona diventa bello e lo ha detto propria la Madonna a uno dei veggenti di Medjugorje che Le chiese:” Mamma Celeste ma perché sei così bella?” e la Madonna rispose: “Perché amo.” Chiara Vaccaro 107 Sally Sally è una giovane ragazza, che frequenta l’ultimo anno di liceo. Abita con i genitori ed il fratello più piccolo in una palazzina al centro di Birmingham, una città dell’Inghilterra. A guardarla uno direbbe: “è una bella ragazza, alta, slanciata, con grandi occhi color del bosco, e sembrerebbe pure simpatica”. Ma Sally si portava avanti sin dalla nascita un tumore al cuore, che era peggiorato man mano che cresceva ed i chirurghi l’avevano messa in lista d’attesa per un intervento al cuore. Sally questo lo sapeva, ma nonostante tutto era sempre allegra. Era da 3 anni o più felicemente innamorata di un ragazzo, Brian, un ragazzo colto, con splendidi capelli biondo-castani e gli occhi azzurri come il cielo. Brian amava Sally e lei amava lui. Era sorprendente come stavano bene insieme: andavano al cinema ogni sabato e si divertivano molto. Bryan non sapeva della sua malattia. Sally glielo aveva provato a dire tante volte, ma non ci era riuscita. Ormai glielo doveva dire. Gli doveva dire che si sarebbe dovuta operare prima o poi. Così un giorno prese coraggio: ” Bryan”, disse con la voce tutta tremante, “c’è una cosa che ti volevo dire da tanto tempo. I medici mi hanno diagnosticato da quando ero piccola una malattia al cuore e quindi mi dovrò operare il più presto possibile, altrimenti… beh, se non trovano un cuore compatibile con il mio… per il resto dei miei giorni dovrò vivere attaccata ad una macchina elettrica… Sai, te lo volevo dire per non farti preoccupare…”. Bryan a quelle parole rimase basito. Poi se ne andò, inventandosi che doveva fare i compiti e corse via. Il giorno dopo si videro al parco. Lui era sempre molto strano, ma abbozzò qualche sorriso. Il giorno dopo non si fece più vedere. E neanche l’altro ancora. Sally era sempre preoccupatissima. Ma il giorno dopo arrivò una telefonata a casa di Sally. Era l’ospedale che diceva che era arrivato un cuore compatibile con il suo. Subito chiamò la madre ed il padre ed andarono all’ospedale. Sally riaprì gli occhi: era in una stanza bianca, in un letto bianco. Aveva i ricordi confusi, anche se, secondo dopo secondo, ricordava sempre più: l’arrivo all’ospedale e poi l’operazione. Avrebbe tanto voluto vedere i suoi genitori, ma come si sa la prima settimana non può entrare nessuno, la terza solo parenti vestiti con appositi camici e non si possono avvicinare più di 2 metri dal letto. E poi, a 2 mesi dall’intervento, i parenti potevano liberamente entrare. Sally aspettava di poter riabbracciare i genitori, il fratello e Bryan. Finalmente il suo desiderio si avverò: infatti una mattina si alzò ed accanto a lei c’erano i suoi genitori. La madre che era una bella donna, di solito sempre truccata e pettinata, ora aveva le unghie smangiucchiate ed i capelli arruffati. Il padre aveva invece le occhiaie. Appena si girò verso di loro il loro volto si illuminò “Sally” mormorarono e la abbracciarono. Nei giorni seguenti l’andarono a trovare il fratello, la nonna, gli zii, i cugini e gli amici. Sally era contenta di queste visite, ma non vedeva Bryan, che gli era sembrato così preoccupato al riguardo. Gli voleva dire che era andato tutto bene. I giorni passavano veloci, ma lei non lo vedeva, anche se con il suo nuovo cuore lo sentiva più vicino. Ogni volta che l’infermiera le diceva che c’era una visita le si illuminava il volto perché pensava che fosse Bryan. Ma invece non era lui. Passarono le settimane e Sally tornò a casa. Era triste, pensava che Bryan l’aveva tradita. 108 Felicissima di essere tornata a casa, entrò in camera e vide una busta sul letto. Si avvicinò. Era di Bryan. La aprì…. Era scritta con un bell’inchiostro blu, diceva: “Sally, io ti volevo tanto bene e te ne vorrò per sempre. Spero che tu mi perdonerai per non avertelo detto prima, ti ho donato il mio cuore perché sei la mia vita.” Cecilia Perinelli 109 Cosa fare… Cosa fare per essere felici? Possiamo immaginare di volare in un cielo azzurro, ma abbandonati come astronauti male equipaggiati. O nuotare come pesci d’oceano in un mare blu profondo senza respiro e sguardo e mai emergere dal fondo. Possiamo si immaginare, ma invano, se mai ad altrui doniamo e amiamo dal profondo del cuore. Donare sé stessi fino lassu’ come una gara a chi dà di più amore e solidarietà per la vera felicità. Pietro Taragoni 110 Abbiamo il dono… Abbiamo il dono della vita e la possibilità di fare del bene. Donare è amore per gli altri. Donare è una spinta che vien dal cuore. Donare gratifica noi e chi riceve. Donare non è dare ciò che resta, ma dividere ciò che si ha. Donare è sconfiggere il male. Donare è aiutare il prossimo. Donare dà senso alla giornata. Donare allarga il cuore e infonde tenerezza. Donare è importante, Dante dice: “Chi sa donare, nell’Inferno non dovrà passare”. Donare illumina la vita. Giada Smorto 111 Sonetto per Marta Russo La mattina del 9 maggio tu sei nata, studentessa di giurisprudenza, nell’università la Sapienza. Vittima accidentalmente dell’omicidio, a Roma giorni di disagio, dispiacere e dolore e finiti tutti i giorni della tua vita. Non posso immaginare il dolore ancora dei tuoi genitori, ormai senza speranza. Nella tua breve vita, ormai finita, i momenti più importanti, la tua vita, la nascita, lo sviluppo e la morte. Anna Testi 112 Qualcosa di proprio… Donare significa dare qualcosa di proprio a un'altra persona. È quindi un gesto che può essere compiuto solo se si ha un senso di altruismo e carità. Non è facile rinunciare a qualcosa a cui teniamo per farne un dono, ma se prevale il senso di altruismo tutto è più facile. Ogni tanto arrivano delle lettere che chiedono di inviare ai bambini bisognosi dei paesi poveri dei soldi. Una volta convinsi mia madre a spedire un contributo ai bambini dell’Africa colpiti da una grave malattia agli occhi. Dovetti scegliere se comperare una nuova maglia o fare la donazione. Decisi di rinunciare alla maglia nuova anche perché ne avevo già tante. Sicuramente è più facile fare regali quando si ha già il necessario. È molto più difficile essere generosi quando si hanno a disposizione pochi soldi e bisogna rinunciare qualcosa che soddisfa i nostri bisogni per donare agli altri. Quando si fa un regalo è felice chi lo riceve ed è anche gratificato chi lo dona, soprattutto se vede che il regalo è gradito perché il suo gesto di amore ed il suo eventuale sacrificio è stato apprezzato. Qualche tempo fa, per esempio, cercavo un regalo per mio fratello, mio padre mi accompagnò in giro per Roma. Cercavo qualcosa che fosse sia utile che bello. Ho cercato per molte ore e finalmente ho trovato quello giusto. Mio fratello fu contentissimo del regalo, tutti i miei sforzi furono ripagati dalla sua gioia e dalla sua sorpresa. Ci sono anche persone che pur avendo le possibilit, non fanno mai regali ed altre che li fanno solo per rispettare la tradizione, ma farebbero volentieri a meno di regalare qualcosa. Queste persone sono sicuramente delle persone aride di sentimento che amano solo sé stessi e non sanno provare gioia nel donare e nella felicità degli altri. A me personalmente piace molto fare regali, ma sono molto contento anche quando li ricevo, soprattutto se sono inaspettati. Emanuele Tata 113 Se io fossi… 114 S’I’ FOSSI UCCELLO VOLEREI NEL CIELO S’i’ fossi uccello volerei nel cielo. S’i’ fossi stella lo illuminerei. S’i’ fossi nuvola fuggirei. S’i’ fossi tuono non urlerei. S’i’ fossi fata andrei in giro a regalare gioia e terrei da tutti lontana la noia. Volerei in cielo e sulla terra butterei dolci e giochi per tutti gli amici miei. Ma sto sognando, è questa la verità, molto diversa e la realtà. A volte soffro in questo mondo, ma se sogni e speri lo rendi più giocondo Margherita Criscuolo 115 Se fossi il sole… Se fossi il sole mi illuminerei. Se fossi acqua allora sai che farei? Comincerei a giocar col mondo e mille cascate formerei. Se fossi Dio sulla luce regnerei. Se fossi il Male allora scapperei. Se fossi il Re me la godrei, perché ogni persona dalla mia parte avrei. Se fossi architetto costruirei qualcosa di grande. Se fossi il più ricco la finanzierei. Se fossi immortale mai cesserei di dedicarmi a lei. Se fossi Pierluigi, come io sono e sarò, una bella famiglia metterei su, e nulla le farei mancare più. Pierluigi Damosso 116 Se fossi Se fossi pura come sono mi sacrificherei per i deboli. Se fossi Impura sai che farei, all'inferno me ne andrei. Se fossi cibo sfamerei il mondo. Se fossi acqua lo disseterei. Se fossi pace distruggerei la feroce guerra. Se fossi musica rallegrerei il mondo. Se fossi tempo mi fermerei. Se fossi luna illuminerei la notte. Se fossi un eroe salverei il mondo. Se fossi medico lo curerei. Se fossi amore lo bacerei. Victoria Giannetti 117 S'i' fosse stelle illuminerei il mondo S'i' fosse stelle illuminerei il mondo. S'i' fosse un dolore vorrei essere lieve. S'i' fosse un ruscello scenderei giocondo. S'i' fosse di colore bianco vorrei essere la neve. S'i' fosse il vento soffierei per accarezzare. S'i' fosse il tempo vorrei andare piano. S'i' fosse l'acqua scorrerei per dissetare. S'i' fosse un viaggio vorrei andar lontano. S'i' fosse un tuono vorrei non far rumore per non spaventare i bambini del mondo. S'i' fosse un organo vorrei essere un cuore. S'i' fosse un gioco vorrei essere un girotondo così che tutti si tengono per mano con amore, in questo grande cerchio che è il mondo. Francesco Graziani 118 Sonetto S'i’ fosse amicizia io sorriderei e a nessuno dei miei amici mentir potrei S'i’ fosse amor, il mio cor mi guiderebbe; s'i’ invece fosse odio, che cosa orrbile sarebbe! S'i’ fosse forzuto, allor tutti i bulli vesserei ed ogni debole di certo aiuterei. S'i’ fosse adulta sapete chi sarei? Una donna colta e giusta senz'altro diverrei! S'i’ fosse infanzia giocherei nella casetta tanto amata; s'i’ fosse una fanciulla come ormai son diventata penserei al gioco e della scuola me ne sarei dimenticata; S'i’ fosse un sogno andrei dal nonno; s'i’ fosse un incubo sognerei il buio pesto e s'i’ invece fosse un gioco lancerei la palla in un cesto. Alice Iacomacci 119 Se io fossi la libertà Se io fossi la libertà mi diffonderei, se io fossi il razzismo, invece, sparirei. Se io fossi la generosità scioglierei l’animo dei duri di cuore; se io fossi l’ egoismo, invece, imiterei chi muore. Se io fossi l’ amore entrerei nei cuori della gente. Se io fossi l’ odio, come le parole per un sordo, che nulla sente, non mi farei più vedere né sentire. Se io fossi la gentilezza sarei indispensabile come è per gli uomini dormire. Se io fossi la dolcezza condannerei l’asprezza. Se io fossi la forza aiuterei la debolezza. Se fossi uguaglianza sparirei, perché la diversità è la nostra bellezza. Se io fossi la vita, sarei come un corridore a fine gara, darei il massimo. Se fossi la morte sarei la degna conclusione di uno spettacolo fantastico, come un sipario che si chiude per far entrare il prossimo. Rossana Maletto 120 Se fossi un colore Se fossi un colore sarei il verde, per colorare il mondo come la speranza. Se fossi un fiore sarei il gelsomino, per profumare il mondo come una sera d'estate. Se fossi una nota sarei tutta la scala, per riempire il mondo di una musica felice. Sono solo Ilaria, ma mi piacerebbe un giorno, da grande, portare speranza, musica e profumo nel mondo Ilaria Manzocchi 121 ‘E se il mondo cambiasse?’ E se il mondo potesse parlare? Direbbe che poi non sta tanto male. Basterebbe solo un po’ più pensare , a chi ha fame e non può mangiare. E se un bambino potesse sempre giocare? Giocherebbe con la luna ed il sole, con l’acqua del mare, perché a volte basta poco per sentirsi speciale. E se fossi un mago? Cambierei i cuori di chi vuol far la guerra e commettere errori. E se volessimo eliminare il male? Allora dovremmo fare qualcosa di speciale, affinché ogni giorno sia sempre un po’ Natale. Agnese Rocchegiani 122 Si fossi ricco… Si fossi ricco donerei ai poveri. Si fossi egoista cercherei di condividere le cose. Si fossi generoso donerei tutto per le persone bisognose. Si fossi la persona più generosa al mondo a tutti donerei una cosa. Si fossi pieno di grazia rifarei il mondo dal principio e tutti d’animo uguale farei. Si fossi pieno d’amore a tutti donerei un animo gentile. Si fossi innamorato darei tutto ciò che possiedo alla donna che amo. Si fossi un soldato combatterei per la gioia e per un futuro migliore per tutti Antonio Schettino 123 Se fossi padre Se fossi padre parlerei d’amore, darei oro nelle mie mani, metterei entusiasmo nei miei occhi e abbraccerei i miei figli a tutte le ore. Se fossi padre canterei di gioia, fermerei il tempo per goderlo senza guardare ciò che capita intorno e la mia vita non conoscerebbe noia. Se fossi padre nessun peso sentirei, accarezzerei il mondo con le mie mani e nella vita ogni persona aiuterei. Se fossi padre bacerei le stelle, le illuminerei tutte per farle brillare e percorrerei l’universo fino a toccarle Pietro Taragoni 124 Ci sono giorni in cui non mi sento capito e non capisco gli altri 125 Fronteggiare un avvenimento senza problemi Ogni mattina mi alzo stanca, sorridente, triste, arrabbiata, spaventata, tutto dipende da come ho dormito; da cosa ho sognato, da quello che è successo la giornata prima e da quello che mi aspetta, il se mi sveglio dalla parte sbagliata del letto, se il giorno prima ho avuto una nota, se mia madre è arrabbiata con me o tante altre cose negative. In queste giornate mi sento esclusa dal mondo, da tutti, sembra che io sia il mondo e che non ci sia nessun altro. L’elemento principale è l’angoscia e la preoccupazione alle quali non riesco a far fronte, per grandi motivi tra cui il fatto di non essere compresa dagli altri e che quindi gli altri non possano aiutarmi, non riuscire a farmi comprendere nemmeno più. Questo rende impossibile l’andamento delle giornate, diventano devastanti. C’è una parte positiva in tutto ciò: quando sono solo io, quindi con nessun’altro vicino, mi chiudo in me stessa e rifletto su mille argomenti, discussioni, alle quali non avevo mai fatto caso. Questa cosa, la prima volta che mi è successo, mi è sembrata molto strana, ma ormai ci ho fattio l’abitudine. È successo quando, in terza elementare, sono stata sgridata, per la prima volta, dalla mia maestra di inglese perché non ero attenta, qualche secondo dopo mi sentivo chiusa in una bolla, gli altri mi passavano accanto e io sembravo non esistere per loro. Parlavo, ma non capivano, e mi infastidiva molto, loro cercavano di comunicare, ma mi sembrava non capissi niente. La sera ne parlai con mia madre che mi spiegò che può capitare a tutti e che poi passa, perché qualunque sia il tuo problema basta che ci credi e puoi risolverlo. Il giorno dopo, impaurita, sono tornata a scuola e ho salutato una mia compagna, convinta che lei mi rispondesse:”cosa hai detto?”, ma non fu così, lei mi rispose come tutti i giorni e lì ho capito che non devo farmi intimorire da niente e da nessuno. Alice Parrella 126 Incomprensioni e litigi Ci sono tante cose che apprezzo della mia vita, ma se c’è ne è una a cui non rinuncerei mai, è questa: mangiare la pizza. Può sembrare una cosa molto infantile o molto stupida, ma per me non lo è affatto. Come per molti altri ragazzi anche io vivo dei momenti in cui non capisco gli altri e tanto meno mi sento capita, e questo accade molto spesso con i miei genitori. Di certo non chiedo di mangiare chili di pizza perché sinceramente non sono affatto una ragazza obesa, ma d’altro canto, nemmeno li accetterei! Semplicemente vorrei non essere assillata dalla mia famiglia in continuazione per una cosa insulsa come questa che poi non è altro che un gradito sfizio per me. Ammetto di non essere una persona con il fisico perfetto, al contrario di tante altre mie coetanee, ma non me ne faccio una colpa perché dopotutto se non ci godiamo le cose adesso quando lo potremo fare di nuovo? Come dicevo prima, ci sono certi giorni che vorrei poter sparire da questo mondo. Ogni volta è sempre la stessa storia e questo fatto di scontrarmi con i miei genitori per una cosa così insulsa non mi piace affatto. Se vengono a scoprire che ho mangiato anche solo un misero pezzo di pizza succede il finimondo! Mia madre inizia a sbraitarmi contro dicendomi che lei si è stufata di dirmi sempre cosa devo mangiare e che se non sono capace di rispettare le sue regole, allora non la devo più assillare, ma fare come mi pare, col rischio di diventare obesa come i ragazzini che fanno vedere in televisione. Mio padre dice le stesse cose e aggiunge che non mi capisce. Dice che prima mi lamento tanto perché non ho il fisico delle altre ragazze e poi mi sfondo di pizza. Le mie sorelle poi, in questa storia non sono certo lì a difendermi, anzi… Sono sempre pronte ad appoggiare i miei genitori! Le stesse cose mi vengono dette dagli altri miei familiari, ma in modo più “delicato”. La cosa peggiore è quando mia madre mi porta dal medico ogni santo mese per vedere se sono ingrassata. Oltretutto molte volte mi capita di essere presa in giro da altre persone perché sono un pochino in carne, al contrario di loro, e questo non mi piace affatto. Quando i miei genitori mi dicono queste cose mi viene sempre da piangere perché immagino di diventare come quei bambini che hanno problemi di peso e perché mi rendo conto che non diventerò mai bella come le altre ragazze che tutti ammirano. In questo campo, il parere dei miei amici lo lascio stare perché non saprei nemmeno cosa mi risponderebbero e preferisco non saperlo… Davvero non capisco quando fanno così. Mi sento davvero una poveraccia che non ha speranza di diventare bella quanto le altre ragazze e questo mi fa soffrire molto. Oltretutto non so nemmeno come reagire perché, dato che sono i miei genitori, non mi permetterei mai di mancare di rispetto, ma questo loro comportamento non lo sopporto. Non comprendo perché mi trattino in questo modo e davvero non c’è la faccio più a sentirmi così pressata per una stupidaggine come questa. Sinceramente mi viene da pensare che devo rassegnarmi perché non riuscirò mai a raggiungere il 127 mio obiettivo e cioè avere un fisico bello come quello delle mie compagne, tanto cosa altro potrei fare? Certo, se si trattasse solo di un misero pezzo di pizza non starei qui a lamentarmi, ma non si tratta solo di quello. È un continuo discutere su tutto. E una volta sul cibo, una volta sui compiti, una volta per come mi sono comportata. Basta! Non posso più sopportare tutta questa oppressione da parte loro su ogni cosa! Anche io sono un essere umano e ho il diritto di avere i miei difetti, ma essere sempre criticata e sentirsi una nullità non mi fa sentire bene perché non è per niente bello non essere capita da nessuno, provare questa tristezza e non avere chi ti dia comprensione perché anche lui ha problemi come i miei. Questa è forse l’unica cosa in cui posso dire di non essere per nulla contenta, ma il problema resta e non so come affrontare i miei genitori e dire cosa penso davvero. Una volta per tutte vorrei riuscire a dire che sarei tanto curiosa di vedere se hanno davvero il coraggio, come dicono loro, di non assillarmi più e lasciarmi diventare “obesa” perché in realtà si rimangiano sempre la parola e, da capo a piedi, mi stanno di nuovo con il fiato sul collo. Inoltre vorrei tanto spiegare che ormai ho tredici anni e so badare a me stessa e, per quanto mai potessi esagerare nel mangiare, non arriverei mai al punto di diventare obesa. Proprio come ho detto prima, conosco i miei limiti, cosa che invece non loro sanno perché non sono me. Infine direi loro di mettermi alla prova una volta per tutte per dimostrare che hanno una figlia matura e che ormai non ha più bisogno di questi rimproveri perché è abbastanza grande da capire da sola. Mi piacerebbe tanto farlo, ma non penso proprio di poterci riuscire. Alice Iacomacci 128 Pensandoci bene… Pensandoci bene è molto difficile non avere incomprensioni con gli altri, ogni giorno ci vuole impegno per evitare complicazioni. Ho notato che il mio umore non è sempre allegro e sereno. Capisco questo cambiamento quando c’è un motivo, molte volte resto sorpreso dal mio modo di essere che non sempre proviene però da motivi esterni. Con il passare del tempo ho imparato a non dare molto peso a questi stati d’animo passeggeri. La cosa che più mi dispiace, quando sono triste, e se qualcuno insiste sul mio stato d’animo senza capire che la cosa migliore sarebbe non parlare e non farci caso. Questa situazione mi mette a disagio perché non so che cosa dire e preferirei che gli altri facessero finta di niente. Ci sono state situazioni in cui mi sono sentito incolpato ingiustamente senza riuscire a comprendere come fa un compagno a essere così vigliacco sapendo che un altro è punito al suo posto, anche se è un suo amico. Ancora più grave è quando tutti pensano di avere sempre ragione e quando riconoscono l’errore ormai è troppo tardi e non ha più importanza, non pensando al valore che ciò può avere per noi. Anche con i genitori ci sono problemi, qualche volta capita che si preoccupano troppo e che sono troppo invadenti facendomi sentire oppresso e limitato nei miei desideri. Anche durante il gioco fra compagni c’è sempre qualcuno che quando perde non lo ammette e fa di tutto per restare nel gioco. Riccardo Anselmi 129 Ci sono… Ci sono giorni in cui non mi sento capito e non capisco gli altri. Essere compreso dagli adulti e dagli amici qualche volta è difficile, ma sono poche le volte che mi succede. Mi sono messo a riflettere seriamente sull'argomento e penso che è normale alla mia età incominciare ad essere indipendente, esprimere il mio pensiero e il mio modo di essere, anche perché sto vivendo il periodo dell'adolescenza con tutti i cambiamenti che ne seguono. Spesso parlo con ragazzi della mia età e ci confrontiamo sui problemi che ci troviamo ad affrontare nella vita di tutti i giorni e in casa. Ci sono momenti che va tutto male, cosi almeno sembra, e altri che va tutto bene. Mi sento un ragazzo ascoltato ma qualche volta non capito, forse perché la vita è diventata cosi frenetica che anche gli altri hanno molte cose su cui riflettere e problemi da risolvere, così reagisco in modo impulsivo, pensando di fare la cosa giusta e invece mi accorgo che non è cosi. La mia reazione, può essere interpretata dagli adulti in modo sbagliato, invece è solo quell'insicurezza che spesso prende il sopravvento dentro di me. È importante anche per me cercare di capire le persone a cui voglio bene, perché mi ricoprono di affetto e amore tutti i giorni, facendomi vivere in modo sereno. Mi ritengo fortunato anche perché i problemi fanno parte della vita e ci sono ad ogni età, basta superarli sempre con il sorriso sulle labbra. Fondamentale è il rapporto con la famiglia, devo dialogare sempre con i miei genitori e confrontarmi, per dare l'opportunità di farmi conoscere e capire; non si può dare tutto per scontato solo perché sono mamma e papà: per far sì che tutto funzioni c'è bisogno di amore, intelligenza, pazienza e rispetto dalle due parti. Edoardo Cappella 130 Un tornado di incomprensioni. La scuola è come una seconda casa, è un posto dove tutti noi ci troviamo a nostro agio. Ogni giorno lo passiamo insieme ai nostri compagni, ormai diventati parte di noi, per le risate, gli scherzi, le battute e a volte anche per discussioni che alla fine non fanno altro che avvicinarci di più l'uno all'altro. Io credo che gli amici siano indispensabili, perché anche con un piccolo gesto possono farti tornare il sorriso, ma ci sono alcuni momenti che trovo incomprensibile quello che fanno o che pensano e questo mi irrita un po'. Molti comportamenti sono davvero ridicoli ma finché si tratta di persone a cui io non tengo particolarmente non ci faccio caso, ma quando riguarda amici per me importanti è davvero fastidioso. Questi comportamenti portano a litigi da cui si può tranquillamente uscire ma, a volte, si rischia di perdere un amico considerato speciale. Penso che se davvero tieni ad una persona, cerchi di farle capire quello che ti provoca disturbo, evitando contrasti che portano solo malesseri, senza tenersi tutto dentro per poi, eventualmente, esplodere in uno sfogo improduttivo se non negativo. Durante i giorni che trascorriamo con i compagni ci rendiamo conto di quanto essi siano importanti e con tutto il tempo che passiamo insieme impariamo a conoscerci sempre meglio. Per questo trovo assurdo che alcuni giorni mi sento non capito dai miei compagni e allora penso che poi non mi conoscano così bene come mi aspettavo. Questi giorni sono davvero cupi, tutto risulta più difficile poiché non riesco più a pensare a niente. Senza amici le giornate sono vuote e molte volte, per non soffrire, basta sopportare e avere pazienza, come nella maggior parte delle occasioni della vita, anche se non sei d'accordo. Perché in fondo....., cosa sarebbe un mondo senza amici? Giulio Cicolella 131 L'adolescenza Le persone grandi dicono che l'adolescenza sia un'età bella, spensierata e piena di sogni. Forse gli adulti sono già troppo adulti e, lontani dalla mia età, si sono dimenticati di come questo periodo della vita sia pieno di contrasti, di ombre e luci, di momenti di follia che si alternano a momenti di sconforto. La differenza di età può far vedere le cose in modo totalmente diverso, e se i grandi hanno l'esperienza, forse non posseggono quella mentalità moderna di noi ragazzi. Io mi trovo proprio in questa fase della vita e mi accorgo che anche con persone poco più grandi di me non c'è proprio quella sintonia che vorrei avere con loro. Quando mi sveglio la mattina, qualche volta mi sento triste e non so neppure io il motivo e cerco di capire il mio stato d'animo e non trovo una spiegazione logica, figuriamoci se la trovano gli adulti. In questi casi, in cui non capisco neanche me stesso, è logico che mi senta lontano da tutti e che tutti mi sembrino degli estranei che non riescono a comprendermi. Lo stesso vale se mi sento allegro ed euforico, mentre giustamente non è detto che tutti lo debbano essere e così tra me e gli altri si crea un grande abisso. La giovane età non è automaticamente un periodo di gioia, basta poco per farci cambiare umore e anche fra coetanei possiamo essere felici in momenti diversi, quindi non c'è nulla di più disomogeneo che la giovinezza. Forse certi momenti che passiamo, ognuno con esperienze e risultati diversi, ci allontanano invece che unirci e ci fanno sentire soli e non compresi e il problema può essere di non essere capiti; prima o dopo tocca a tutti e può far sì che unisca noi giovani e ci avvicini , ma mai ci unificherà alle generazioni precedenti perché esperienze diverse fanno crescere in modo differente. Matteo Conti 132 Oggi proprio non va! Eh si!! Ci sono dei giorni in cui proprio non va. Farei meglio a starmene nella mia camera e chiudere la porta a tre mandate. Non ho voglia di parlare e sentire nessuno, se non i miei cantautori preferiti. In quei momenti solo loro riescono a descrivere il mio stato d’animo. Infatti, a volte mi capita di vivere giornate in cui tutto sembra andare per il verso sbagliato e di parlare un’altra lingua. Non so perché, in alcuni giorni non riesco proprio a capire quello che gli altri dicono e vogliono da me, e soprattutto non riesco farmi capire da nessuno. Non so di chi sia la colpa, se mia o degli altri, ma certo è che quando succede mi sento davvero triste. Le incomprensioni maggiori sono con mio fratello, con cui spesso litigo per motivi che, a ben pensarci, sono davvero di nessuna importanza: il computer, il telefono, l’ultima fetta di torta… Però è proprio vero che in alcuni momenti o in alcune giornate anche le cose più sciocche sono capaci di metterti di cattivo umore. In quei momenti mi sento triste e sola e provo un forte sentimento di rabbia e ogni cosa mi appare più grigia del fumo. Ma poi, per fortuna, basta poco per rimettermi di buon umore, anche solo la telefonata delle mie amiche più care. Ed è proprio parlando con le mie amiche che ho scoperto che ciò non capita solo a me, ma anche a loro spesso succede di sentirsi come un alieno sulla terra. Questo mi ha fatto pensare... Sarà un problema tipico della mia età? Forse, ma quando mi capita di veder discutere gli adulti, anche solo al semaforo o in fila al supermercato, capisco che l’incomprensione è un problema che coinvolge le persone di qualunque età. A volte poi, proprio non capisco perché mia madre si preoccupa tanto quando esco con le mie amiche ed in queste occasioni è capace di chiamarmi sul cellulare anche ogni quarto d’ora. Ma forse sono ansie comprensibili perché accadono tanti fatti terribili di cui spesso le vittime sono proprio i ragazzi della mia età. Comunque devo ammettere che in questo periodo sono particolarmente contenta e questo grazie anche alle mie compagne e compagni di scuola con cui passo momenti bellissimi. Con loro riesco a confidarmi, certa che sapranno capirmi e consigliarmi nel modo migliore. Mi intristisco solo quando penso che questi due anni insieme sono volati e che, inevitabilmente, con alcune ed alcuni di loro sarò costretta a separarmi. Margherita Criscuolo 133 L’incomprensione: il fenomeno più comune e fastidioso fra gli esseri umani “Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita. L'incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi profondi sull'anima.” Romano Battaglia Una delle sensazioni più brutte che una persona può provare è proprio l’incomprensione. Da essa ne scaturiscono i litigi e le discussioni. Tutti noi ragazzi siamo continuamente non capiti dalla famiglia e dagli insegnanti. Ogni tanto credo sia normale essere incompresi: nel mondo ogni persona la pensa diversamente. Succede molto spesso di accostare due individui per il loro carattere, apparentemente molto simili: potranno andare d’accordo e avere la stessa opinione in determinate situazioni, ma dovranno anche scontrarsi con alcune incomprensioni. Tuttavia uno dei due potrebbe non accettare i difetti dell’altro e, senza neanche accorgersene, da un piccolo equivoco può nascere una grande lite. Anche io, come tutti gli esseri umani, sono soggetto a continue incomprensioni di natura diversa. Il primo caso di cui vi parlo si svolge all’interno della mia famiglia. Avendo un fratello più grande è molto difficile la mia vita sotto questo punto di vista. Fra noi due avvengono continue discussioni e non siamo mai d’accordo. Anche con i miei genitori non è tutto “rosa e fiori”. Alcune volte mi capita di non riuscire a comprenderli fino in fondo, causando anche dei brutti momenti. Secondo me, la vita deve essere trascorsa nel modo più tranquillo e sereno. Qualora io venga non compreso il mondo mi crolla addosso e sono quasi incapace di rialzarmi. Personalmente cerco di essere me stesso con la mia famiglia come lo sono con gli amici. Ciò significa che cerco sempre di ridere, di essere spiritoso, di sollevare il morale generale, quando si è tristi e sconsolati. Solo che spesso vengo frainteso. Mi viene attribuita la voglia di litigare, ma posso assicurare che le mie intenzioni non tendono a quello scopo bensì a quello totalmente opposto. Ciò accade spesso e allo stesso tempo non esito a innervosirmi con tutti quelli che si rivolgono a me fastidiosamente. Il secondo luogo dove sono incompreso, anche se molto raramente, è con gli amici. Non fraintendetemi. Non significa che io sia un emarginato o roba del genere. Sono pieno di amici, ma tutto questo comporta alcuni problemi. Non mi arrabbio quasi mai con loro, tuttavia dentro di me, se le affermazioni che mi dicono sono pungenti e meschine, mi infastidisco vertiginosamente. Come terzo e fondamentale esempio, vorrei esporvi il problema che ho con la scuola. Per l’amor del cielo, credo di andare molto bene, ma nonostante questo nell’ambito 134 scolastico emergono alcune divergenze che vorrei evitare. A volte mi sento preso di mira dai professori e accusato ingiustamente per qualcosa che non ho commesso. Accadono spesso dei malintesi fra me e gli insegnanti perché non siamo capaci di intenderci. Volete sapere il trucco? Sforzarsi di chiarire le proprie posizioni, cercare di parlare, di esprimere meglio ciò che veramente volevamo dire, soprattutto impegnarsi ad ascoltare l’altro, le sue ragioni, il suo punto di vista, cercando di mettersi un po’ di più nei suoi panni. E se è necessario, essere disponibili a mutare il proprio modo di pensare, a fare un passo indietro, ad ammettere di essere stato frettoloso o superficiale nel giudizio. Qualche volta l’intervento di una terza persona più obiettiva di noi può essere molto utile a capirsi di più. Insomma una mediazione talvolta è non solo opportuna, ma assolutamente indispensabile. Ma se poi, nonostante i nostri tentativi di conciliazione e di spiegazione, l’altra persona rimane chiusa, aggressiva e polemica, dimostrandosi non disposta ad una comunicazione autentica e profonda, allora conviene non pensarci più e andare avanti per la propria strada. Ognuno nella propria vita deve affrontare delle difficoltà, chi più chi meno. L’importante è non abbattersi e continuare a rialzarsi. Non bisogna fermarsi al primo ostacolo, al primo paletto da abbattere, perché un giorno, ci troveremmo davanti alla stessa difficoltà e solo in quel momento, con l’esperienza e con la serietà, sapremo come risolverla e a “disegnare” un futuro adatto a ognuno a di noi. Pierluigi Damosso 135 Capire o non capire… Questo è il dilemma… Nella mia vita abituale mi capita molto spesso di non essere capita o addirittura di non capire i pensieri e le idee delle persone che mi stanno attorno. Queste situazioni si presentano nella maggior parte dei casi quando si parla con i propri genitori… Nel corso della mia vita ho scoperto, anche dalle piccolezze, quanto i miei genitori non mi capiscano, perlopiù quando si parla di problemi scolastici. Ad esempio quando i prof., dal nostro punto di vista, ci fanno dei “ dispetti” o quando si discute dell’andamento scolastico nel momento in cui a casa arriva la pagella. Questo a mio avviso succede perché i nostri genitori, come i nostri nonni e zii, sono cresciuti in tempi diversi dai nostri e non vogliono rassegnarsi all’idea che è cambiato tutto da quando loro erano solo dei dodicenni. Un'altra situazione in cui non mi sento sono capita dai miei genitori è quella che riguarda la mia adolescenza perché secondo me loro hanno una mentalità più chiusa e non comprendono i momenti in cui ho bisogno di starmene da sola con i miei pensieri, credono che stia male, ma non è così; invece, quando ho bisogno di stare con loro e di parlare un po’, cominciano a non capire di cosa io abbai bisogno. Ci sono anche dei giorni in cui sono io a non riescire a capire cosa vogliano intendere le persone con cui vivo, non solo in casa, ma anche nell’ambito scolastico . Un chiaro esempio in cui non riesco a capire gli altri è durante le ore di inglese. Noi classe seconda B della scuola Luigi settembrini abbiamo come insegnante di inglese la professoressa Pianura. È una prof. davvero brava, però io, come alunna, non riesco proprio a capirla, ma non per il modo in cui ci spiega le cose, quanto nel modo in cui ci sgrida… Ha come base un grande tormentone che usa nei confronti dei ragazzi che non riescono a rispondere alle sue domande, il tormentone è: “Giannetti non ti arrampicare sugli specchi perché poi mi cadi nel burrone senza fondo“. Secondo me essere compresi dagli altri e comprendere gli altri non è sempre una cosa tanto facile, per il semplice fatto che non siamo tutti uguali. Per questo penso che ci dovremmo sforzare nel capire i bisogni delle persone e riuscire ad aiutarli nei momenti difficili della vita, in cui forse parlare servirebbe capire e a farsi capire. Victoria Giannetti 136 Ascoltare per capire e sentirsi capiti Personalmente non mi capita spesso di non essere capito, però ci sono varie situazioni, sia a scuola sia a casa, dove non capisco gli altri. A volte può capitare che a scuola alcuni compagni assumono dei comportamenti per me incomprensibili, come quando prendono in giro qualcuno. Ecco, questo è un atteggiamento molto fastidioso soprattutto quando la vittima presa di mira non ha abbastanza coraggio per difendersi. Più volte ho provato di farmi capire e di spiegare che non è un atteggiamento moralmente corretto e che non è un modo di scherzare, ma quasi sempre non sono stato compreso. A casa poi mi è capitato che ad un rimprovero di mia madre io all'inizio non mi sia sentito capito però, poi, dialogando con lei, ho cercato di capire le sue motivazioni. Ecco, la maggior parte delle volte mi rendo conto che il difficile sta proprio nel cercare di capire chi ti sta di fronte. In un confronto con le persone non sempre ascoltiamo, ma ci mettiamo sulla difensiva, convinti delle nostre ragioni, senza dare agli altri la possibilità di spiegare, con il risultato di non sentirci capiti e di chiuderci in noi stessi. Quando mi è successo a casa, ho avvertito questo stato d'animo, ma poi ho ripensato alle parole di mia madre e mi sono reso conto che in fondo aveva ragione e che quel rimprovero l'avevo proprio meritato! Questa riflessione mi ha portato a chiederle scusa e a riprendere il nostro dialogo. Penso che tutte le incomprensioni possono essere superate parlando apertamente con gli altri, ma soprattutto mettendosi in ascolto degli altri. Franceesco Graziani 137 Perché tutto intorno a me è così difficile? Ci sono giorni in cui sento il mondo sulle mie spalle, tutti i problemi di tutte le persone mi sembrano culminare nella mia testa dove avviene un caos pieno di brutti voti, licenziamenti, problemi familiari di tutte le persone del mondo, e più cerco di liberarmi da questo caos, più mi ci ritrovo in mezzo come una mosca in un bicchiere d'acqua. Appena provo ad aprirmi, a parlarne con i genitori e gli amici mi ritrovo proprio sommersa di problemi. Io voglio vivere, divertirmi, svagarmi, buttarmi senza pensare, vivendo la vita come un sogno. Vorrei guardare la mia vita proprio come guardo la tv e fermarla quando sto vivendo un bel momento e andare avanti veloce quando ho da affrontare un bel problemone e non so come. Vorrei poter tornare indietro per rimediare ai danni che ho fatto inconsapevolmente, ma per fortuna e sfortuna tutto ciò non può accadere, una cosa fatta è fatta e non si può tornare indietro. Ho tantissime domande da fare, ma non trovo mai nessuno che mi sappia rispondere come vorrei; non trovo nessuno pronto ad ascoltarmi e aiutarmi, così scrivo, scrivo perché quando sono solo io, i fogli bianchi e la penna, i problemi svaniscono, tutto svanisce. C'è gente che si svaga urlando, correndo, meditando, pregando, ma io scrivo, e la magia mi attraversa l'omero, l'ulna e le falangi, per poi arrivare fino alla penna, dove avviene una sottospecie di sinapsi e mi sembra di vivere in simbiosi con la penna diventando un tutt'uno, e poi tutto viene da sé, naturalmente, senza che io ci debba pensare le parole mi escono facili ed è l' unico modo per farmi capire perché la definizione di scrivere è proprio parlare senza essere interrotti. Perché trovare una persona disposta ad ascoltarti nell‘elencare tutti i tuoi problemi è proprio un'impresa impossibile e, certo, un foglio non è come una persona, ma mi accontento di farmi capire così. Mi capita spesso di sentire uscire la parola “no“ dalle labbra dei miei genitori e quando accade mi verrebbe voglia urlare a tutto fiato ''lo so che ora non avete dodici anni, ma tutti sono stati giovani, o no? Voi dovreste sapere ciò che un giovane vuole, vuole vivere e dicendo di no continuamente voi non farete altro che tenerlo chiuso in un vaso di vetro, dove lui cerca di gridare per farsi liberare, ma nessuno lo sente''. Urlerei così tanto da frantumarmi le corde vocali e distruggermi i polmoni, così mi chiudo in camera mia, comincio a scrivere e capisco tutto: tutti sono stati giovani, ma prima o poi l' adulto va fatto, bisogna diventare consapevoli del fatto che sarebbe bello poter fare tutto, e si potrebbe anche, ma solo se fossi sola in tutta la terra, e credetemi, a volte vorrei che fosse proprio così, ma il mondo non è perfetto, non sono tutti fatti di caramelle, tutti hanno un po' di carbone dentro, c'è chi sa sopprimerlo e chi lo fa diventare sempre più grande sopprimendo le caramelle. A volte vorrei che tutto il mondo si mettesse in ‘stembai‘, così da poter dire tutto ciò che provo senza essere criticata da nessuno. La gente a volte non capisce il momento per fare delle battute, non capisce perché mi senta così triste, e a volte non lo capisco nemmeno io, ma c'è anche gente che sa farti far scavare dentro di te per trovare il problema e annientarlo, questo ce lo dimostra anche la storia, narrandoci di tutte quelle persone straordinarie che sono riuscite in imprese 138 fantastiche. Quindi capita di sentirsi feriti, traditi o semplicemente non capiti, ma non bisogna buttarsi giù, bisogna esserne consapevoli e risolvere il problema con calma e ragionevolezza, perché ci sono sempre due vie che ti portano a superare quel periodo: una è sopprimere tutto e tenerselo dentro diventando aggressivi e l'altra è cercare di farsi capire e attendere con calma la risposta al problema che prima o poi arriva sempre. Michela Oneto 139 “Adolescenza = incomprensione” Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita. L'incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi profondi sull'anima. Romano Battaglia, Silenzio, 2005 Entro in casa. Butto lo zaino per terra, vado in camera e mi butto sul letto. Ecco , questo è un mio tipico giorno in cui non sono capita dagli altri e non capisco gli altri. Capita a tutti, giovani e adulti, maschi e femmine, che alcune giornate non siamo compresi e non capiamo gli altri. Ognuno ha le sue ragioni: gli adulti a causa di un problema di lavoro, gli adolescenti a causa di un litigio con un amico o con un familiare o di ingiustizie scolastiche, che a me capitano tante volte. Soprattutto gli adolescenti, che sono in un periodo di crescita sono incompresi. Mentre altri giorni siamo solari e ci sentiamo d’ accordo ed in armonia con tutti. Anche questo può capitare a causa di un bel voto a scuola o di una bella uscita con gli amici. Ma sono soprattutto gli adolescenti ad essere incompresi, soprattutto perché in questa fase dello sviluppo, ed io lo posso dire molto bene perché anche io sono una adolescente, non siamo più noi stessi. In noi cambiano molte cose, le esigenze, il modo di pensare, di agire, i propri gusti e le proprie passioni. Per me sentirsi incompresi è molto brutto e doloroso: ti senti cascare il mondo addosso, è frustante, ti senti sottovalutato. Molte volte mi sento incompresa: mi ricordo che alle elementari avevo litigato con una mia carissima amica perché mi aveva rubato un braccialetto; mi ero arrabbiata con lei ma nessuno mi dava ragione, molti appoggiavano lei ed allora mi sentii terribilmente incompresa. Questo lo posso ricollegare anche a molti libri che ho letto, come il signore delle mosche. In questo libro i personaggi si sentono incompresi l’uno dall’altro, questo perché hanno diverse età e caratteri. Cecilia Perinelli 140 Un mondo capovolto Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi… emozioni… Lucio Battisti Ci sono giornate in cui ti svegli e vedi il mondo capovolto, e già sai che andrà tutto storto: non hai voglia di alzarti e non si vuole fare neanche una sana e nutriente colazione. Arrivano i miei genitori e mi propongono di fare una bella passeggiata, ma visto che secondo la mia testa il mondo è al contrario, rispondo di ‘no’, pensando di essere stanca. Così cercano di convincermi, ma niente, oramai la giornata è partita male e non mi sento capita: se uno è stanco ha il diritto di riposarsi?!. Non riesco a capire come appena svegliati si abbia la forza di prendere il cane e andare fino al parco più vicino e passarci quasi tutta la mattinata. Molte volte, però, i miei genitori “vincono” ed eccomi dopo mezz’ora in tuta. Quando esco e respiro aria nuova, mi sento già meglio e questa camminata diventa più piacevole, scherzosa e divertente. Ci sono molti altri esempi in cui non capisco e credo di non essere capita. È come se vivessi in un mondo di punti interrogativi. Non comprendo gli altri quando si tratta di iniziative prese momento su momento. Non mi sento capita quando sono sicura di aver ragione su qualcosa e gli altri non mi ascoltano e proseguono con le loro idee. Quando si affrontano giornate così, mi sento come un uccello in gabbia che non comprende la felicità dell’uomo di averlo sotto chiave e non essere capito nella voglia di librarsi nel cielo blu e limpido. Una delle frasi a cui si può pensare per affrontare una giornata partita male, è “agire, non reagire”. In fin dei conti il dì va sempre a finire al meglio: basta respirare profondamente per cacciare la rabbia e affrontare il tutto con un semplice e bel sorriso. Giada Smorto 141 Molte volte… Molte volte non riesco a capire le persone che mi stanno attorno, specialmente i miei genitori. Ancora non ho capito il motivo di tale disfunzione comunicativa. Un esempio è quando mia madre mi dice, spesso e volentieri, di studiare e anticiparmi i compiti mentre io, invece, vorrei rilassarmi o parlare dei miei problemi. Una cosa che invece mi ha stupito è che anche le piccolezze sono, per i miei genitori, motivo di critica e arrabbiatura: quando arriva la pagella o un brutto voto e allora criticano solo e non pensano al perché di quel voto. Nell’adolescenza è normale non essere capiti perché è un periodo di cambiamento di abitudini e emozioni. Anche perché i genitori sono chiusi e non sono aperti a nuove tendenze. Pensando all’antica non capiscono se sono triste o felice, se devo parlare loro o devo rimanere chiuso in me stesso e tenermi tutto dentro. Invece ci sono giorni in cui non capisco cosa si aspettino le persone da me nell’ambito scolastico. Un esempio si questo e la prof. Pianura che si aspetta risposte eccellenti in poco tempo. Per me comprendere le persone e essere compresi non è facile, visto che ognuno è diverso. Ecco perché è importante sforzarsi nel capire i bisogni delle persone nei momenti difficili come l’adolescenza, infatti è importante parlare. Emanuele Tata 142 Vita da adolescente Ora sto iniziando il mio periodo da adolescente. Durante l'adolescenza, la vita di molti ragazzi generalmente cambia, certe volte positivamente, ma altre volte negativamente. Io la definisco un "momento di riflessione", infatti credo che sia il passaggio dall'infanzia all'età adulta. In questo periodo riflettiamo sulla nostra vita futura, nella maggior parte dei casi sognando. Mi capita spesso di sognare pensando a progetti e percorsi prossimi da intraprendere seguendo le mie attitudini. Come in ogni cambiamento, ci sono sempre delle paure, delle indecisioni e dei momenti difficili. Sono questi i momenti in cui qualcuno dovrebbe venire ad aiutarti per farti ragionare meglio. Alcune persone adulte sicuramente non mi aiutano in questi casi e credono che vadano superati da soli perché dicono che si impara piangendo. Non ritengo giusto questo modo di pensare perché bisognerebbe essere sempre incoraggiati a superare gli ostacoli. Gli adolescenti hanno bisogno di tanta comprensione da parte degli adulti, anche se il più delle volte questi non ne hanno. Questo rende gli adolescenti nervosi e trovano come loro unico punto di riferimento gli amici. Infatti anche loro stanno vivendo questo periodo e capiscono come ci si sente, rincuorandoci ogni volta che ci troviamo a sfogarci. In ogni caso mi rendo conto che gli adolescenti non possono avere la stessa esperienza degli adulti. Rosa Maria Tommasini 143 Apparentemente da solo Ci sono giorni strani in cui non mi sento capito perché ho una diversa idea dagli altri e non concordo con le idee altrui. Mi sento solo, isolato dal mondo, niente mi può distrarre e il giorno diventa notte. In questi giorni così strani mi siedo sul letto e rifletto. Mi chiedo cosa mai ho fatto di male per meritarmi questo isolamento dal mondo; mi sento indifeso e senza diritti perché non rispettano le mie idee e non riesco a trovare una soluzione. Rifletto per vedere se c’è qualcosa di sbagliato. Rifletto e rifletto, ma non trovo soluzione e quindi prendo il cattivo vizio di pensare che sono gli altri il problema. Di solito considero che una persona abbia sbagliato e tutti l’hanno seguita, ma non è così. Sono idee che condividono tra di loro ritenendole giuste, ma anche io penso di avere ragione. In queste situazioni, però, non mi soffermo a riflettere perché sono preso dalla rabbia e dall’idea di essere nel giusto. Dopo molte ore però, comincio ad essere più consapevole di me stesso: dopo aver fatto pace capisco tutto e riesco a vedere anche i lati positivi di queste persone. Perciò, dopo aver meditato a lungo, capisco che bisogna rispettare anche le idee altrui e non solo le proprie. Federico Lai 144 La bolla del passato Certe volte la vita reale è talmente brutta che non vorresti neanche affrontare le difficoltà, ma vorresti abbandonare e smettere di combattere. Non capisco il bisogno degli altri di sfogarsi con me, non so, forse perché ero allora la più debole della classe. Forse sì, ma non ha senso prendersela con una bambina di nove anni che non ha ancora scoperto il modo di difendersi, che non sa come affrontare gli ostacoli della vita. Lei sì che sapeva come spegnermi il sorriso in un momento di gioia. Nessuno sa come mi sentivo. Nessuno capisce quando racconto la mia infanzia, nessuno ha mai detto: “Ti capisco, ci sono passata anch’io”. Nessuno ha mai fatto nulla, tutti hanno sempre detto: “Mi dispiace” e poi riprendevano a raccontare i loro problemi, le loro difficoltà, tutti! Ogni volta che racconto della mia infanzia pensano che è solo il passato e devo guardare al presente. Nessuno sa come è stato difficile superare quel trauma che mi ha influenzato da piccola. Come lei ha sempre detto, ho sempre ritenuto che ero inutile, che non sapevo nulla e ero solo un’ignorante senza speranze di migliorare. A me non importa niente che il passato è passato, nel mio piccolo pezzo di cuore quei momenti sono troppo difficili da dimenticare, quegli insulti sulla mia intelligenza…, quei momenti in cui mi ha fatto sentire uno straccio…, quel suo guardarmi come per dire: “Tu sei inutile”. Non mi sentivo capita da nessuno e non riuscivo a capire gli altri. Ero io, da sola, in una piccola bolla isolata e all’interno rimbombavano i suoi rimproveri. Anche adesso mi succede di rimanere in una piccola bolla e sento, a volte, che non mi capisce nessuno e non riesco a capire gli altri. Quando i miei genitori mi strillano io mi sento un vero straccio, una vera nullità che non è utile a nessuno. È come se ritornassi al passato e i miei genitori si trasformassero nella mia maestra e la stanza, nella mia classe. Tutti quei rimproveri, da semplici, diventano pesanti e io, piccola, impotente a subire. Ecco come mi sentivo a subire quei rimproveri. Adesso non è più così grazie ad una persona speciale. Avrò ancora dei momenti difficili, dei momenti belli e dei momenti di totale isolmento quando ripenserò alla mia infanzia. Ci saranno giorni in cui non mi sentirò capita e non capirò gli altri, in cui mi arrenderò per la troppa fatica di affrontare. Affrontare, affrontare… e la mia pazienza finirà, ma grazie alle esperienze fatte avrò le armi giuste per combattere senza arrendermi. Giorgia Petrella 145 Tendenze adolescenziali Il problema della comprensione di noi adolescenti è senz’altro uno dei temi più ricorrenti e discussi. Si dice di frequente che gli adolescenti si sentono capiti poco e che fanno fatica a rapportarsi con il mondo adulto. Tutto questo ha un fondo di verità. Per spiegare il perché credo che bisogna interrogarsi sulle cause di questo modo di essere dell’adolescente. Il periodo dell’adolescenza coincide con la fase dello sviluppo del ragazzo, periodo in cui, forse più che in ogni altra fase, si assiste a grandi cambiamenti fisici e mentali. L’adolescente vive perciò un grande fermento che contribuisce a creare le situazioni più varie sul piano psicologico. È così che il ragazzo può trascorrere giornate con umori e sensazioni di segno opposto. In questa fase di crescita, in molti casi, l’adolescente tende a considerarsi già adulto e ad assumere un eccesso di sicurezza. Tale sicurezza lo porta spesso a non relazionarsi in maniera giusta con l’adulto, che può essere visto come un antagonista. Ho riscontrato questo comportamento anche in me, quando per esempio ho chiesto ai miei genitori di potermi iscrivere su un social-network. Pontamente non hanno accolto la mia richiesta e, a quel punto, io non mi sono sentito capito. Ho contestato la loro decisione per il fatto che molti altri ragazzi della mia età hanno ottenuto ciò senza problemi. Ai miei occhi la decisione è apparsa ingiusta e mi sono sentito tradito proprio dalle persone a me più care. I motivi di contrasto possono essere diversi, ma sempre derivano da una visione diversa dell’adolescente rispetto al mondo che si appresta a conoscere. Personalmente mi capita di non riuscire a capire il punto di vista altrui, di pensare che io stia nella ragione e di non riuscire ad accettare le ragioni degli altri. Ritengo che questa situazione di incomprensione reciproca tra adulto e adolescente sia dovuta alle differenti esperienze di vita vissute e che in molti casi potrebbe essere appianata con il trascorrere degli anni e la conseguente maturazione dell’adoloscente. Infatti l’adolescente ha trascorso poche esperienze di vita, relazionandosi con un ristretto ambito di soggetti e situazioni costituiti quasi unicamente dalla scuola, dalla famiglia e in minima parte dagli amici. L’adulto, invece, avendo trascorso più esperienze e avendo imparato di più dalla vita ha accumulato le proprie idee e visioni della vita, che si discostano necessariamente dalle visioni adolescenziali. Ma malgrado tutto l’adolescente deve fare il proprio percorso, fatto anche di errori e punti di vista sbagliati, perché ciò lo aiuterà a diventare adulto e a fare tesoro delle esperienze fatte. Pietro Taragoni 146 Sono proprio io “La collera non è mai senza ragione, ma raramente ne ha una buona” B. Franklin Non credo che sulla Terra esista qualcuno che non si sia svegliato con il piede storto. Ci sono persone a cui capita di rado, altre a cui capita spesso, altre invece a cui capita periodicamente perché fa parte del loro carattere. Ho conosciuto un esemplare di questo tipo, una ragazzina che si rispecchia benissimo in questa descrizione. Ci sono mattine in cui si alza già con il presentimento di dovere affrontare una giornata faticosa. Va alla finestra, guarda il cielo, le nuvole la pioggia, un povero uccello in cerca di riparo, l’umore non migliore del colore cereo del cielo. Da quel momento inizia la sua giornata, fatta di liti, urla e nervosismo, in cui il suo carattere emerge in tutta la sua maestosità. Tutto sembra essersi rivoltato contro di lei, litiga con la sorella, si lascia con il fidanzato, prende una nota arriva tardi a scuola. Ci sono momenti in cui si chiede se sia un problema suo o dell’universo circostante, momenti in cui si guarda allo specchio, nella speranza di ritrovare la bambina gioiosa e vivace di un tempo, ma vede solo un viso pallido e degli occhi ginfi di lacrime. Osserva una foto di qualche anno fa. Guarda la piccola bambina sorridente, spensierata, con gli occhi luminosi e fatica acredere che sia veramente lei, che sia veramente lei qualche anno fa. Sembra passata una vita da quando correva per i prati rincorrendo i conigli, da quando giocava con le bambole. Prima sapeva a mala pena cos’era la rabbia, mentre ora ci convive abitualmente. Durante queste giornate non sembra il cervello a comandare i suoi movimenti, le sue decisioni, ma un essere estraneo a lei, un demone. Le cose più assurde sembrano ora del tutto normaali, fanno parte della quotidianità. Urla, strilli, litigi, che prima le erano del tutto estranei, ora sono parte del suo carattere. Quella ragazzina sono io. Bianca Patarnello 147 La non comprensione, un problema di tutti Ci sono dei giorni in cui proprio non mi sento capita e non comprendo gli altri, cerco di spiegarmi, ma la gente mi guarda e ride come se mi stesse prendendo in giro, mi sento la pecora nera del gruppo, un pesce fuor d’acqua e capisco che a quel punto è meglio tacere, vorrei sparire dal mondo e chiudermi in me stessa senza dover spiegare a nessuno la mia tristezza. In quei momenti mi sembra tutto più difficile, più complicato. Ogni banalità si trasforma in qualcosa di impossibile, ogni problema si trasforma in lacrime che cercano di scappare via veloci come un leone quando avvista la preda. Cerco di nascondermi e, come diceva Petrarca, di camminare a testa bassa cercando di non vedere niente che mi faccia ricordare la tristezza. Vorrei che esistesse una stanza dove non ci fosse niente, una stanza bianca solo per me, facile da raggiungere in ogni momento. Mi guardo intorno, ma sembra tutto diverso, più buio, più difficile. A volte mi capita di alzarmi la mattina, come si dice, con il piede sbagliato, svegliarmi male e cominciare la giornata in modo orribile. E da quel momento è tutto una lamentela, mi viene da piangere per qualsiasi cosa, a partire dai cereali della colazione finiti. Mi viene da litigare con tutti per ogni banalità e da piangere. Vorrei non farmi vedere, vorrei che nessuno venisse da me a chiedere: “che hai?”. Io rispondo che non ho niente, ma ovviamente nessuno mi crede “non si piange se non si ha niente”, e a quel punto mi sento ancora peggio, mi sento l’unica a cui succedono queste cose. Mi sento stupida, banale, egoista, inutile! Con il tempo ho capito che la non comprensione è un problema di tutti e si può risolvere solo confrontandosi. A volte mi sento così incompresa ed esclusa che penso che niente al mondo potrebbe tirarmi su. Poi penso agli amici, l’unica via d’uscita da questa incomprensione. Ne parlo con delle persone fidate e mi sento subito meglio, più libera, più leggera, come se avessi buttato via un peso e poco dopo sto subito meglio. Ilaria Manzocchi 148 Capire è difficilissimo, ma farsi capire è una smisurata ambizione Comunicare con gli altri è la cosa più facile del mondo e lo è ancora di più se la persona che ti sta davanti è un amico che ci conosce profondamente. A volte basta un solo sguardo per essere compresi. Altre volte, invece, può non essere così facile farsi comprendere dall’altro: basta un tono diverso di voce, un gesto, una parola fuori luogo per essere fraintesi. Credo che molto dipenda dalla capacità nostra e degli altri di saper ascoltare senza pensare ad altro quando qualcuno parla e senza avventarsi in giudizi affrettati e superficiali. In particolare, in questo periodo, che gli adulti definiscono come la nostra adolescenza, a volte mi capita di non essere capita soprattutto da loro. Mi sembra come se non avessero mai affrontato questa fase della vita e fossero nati già grandi. Talvolta mi piacerebbe avere più libertà di quanta me ne viene concessa dai miei genitori. Vorrei sentirmi più accettata e più grande. Mi capita, a volte, di voler fare una metamorfosi ed entrare in un corpo adulto per capire come ci si sente e per quale motivo spesso noi adolescenti non veniamo capiti. Vorrei che in certe circostanze gli adulti comprendessero ciò di cui abbiamo bisogno confidando nelle nostre capacità. Ma devo confessare che la maggior parte delle volte siamo proprio noi ragazzi a non capire gli adulti, perché non sappiamo ancora distinguere il bene dal male e, soprattutto, i pericoli in cui possiamo incorrere. In questi momenti ci interessa solo quel che vogliamo e crediamo che le nostre motivazioni siano le più corrette e le più giuste rispetto a quelle degli adulti. Ma deve essere proprio in questi momenti che, per essere considerati pronti ad affrontare le difficoltà nel modo giusto, dobbiamo imparare a confrontarci e a dialogare con chi ha più esperienza di noi. Questo, forse, potrebbe aiutarci a capire le ragioni degli adulti, anche se tutto ciò è molto complicato. Dobbiamo ricordarci sempre che anche i nostri genitori sono passati per questa fase, facendo anche degli errori, ma, crescendo, hanno lasciato questa fermata e sono andati avanti in modo onesto e giusto nella loro vita. Anche se pensiamo che loro non ci capiscano in realtà ci comprendono pienamente, ma devono scegliere quello che è meglio per la nostra vita. Ricordo una frase famosa di Paul Valéry: “Se noi non capissimo gli altri, non capiremmo più noi stessi”. Esagerare è sbagliato: questa è la verità, non si può evitare ogni difficoltà perché prima o poi qualcosa non va. È una canzone che sento spesso in televisione e solo ora mi rendo conto del suo significato. Per questo motivo capire è difficilissimo e farsi capire, a volte, è davvero una smisurata ambizione. Chiara Vaccaro 149 Conclusione Qui termina questa nostra piccola avventura fatta non solo di tante frasi, ma anche di emozione e di passione che abbiamo voluto provare a fissare nel tempo per poterle poi risvegliare e riviverle attraverso la lettura di queste pagine. “Verba volant, scripta manent” nt” dicevano gli antichi Romani riprendendo un antico motto babilonese: le parole passano, gli scritti restano. Questo libro è l’impegno perché da oggi valga anche per noi. Scrivere però non è importante solo per custodire la memoria di quello che è stato; può essere utile anche per conoscere meglio sé stessi, per migliorarsi, per prepararsi al futuro. I nostri temi sono stati scritti non solo per divertire, ma in alcuni casi per farci riflettere su importanti problematiche, come co e il rapporto tra gli adolescenti e i genitori, la corretta alimentazione, la responsabilità individuale, individuale la capacità di operare scelte con maturità e riflessione, la necessità di non dimenticare e, infine, l’esigenza di offrire per il piacere della solidarietà. Tramite questi esti scritti abbiamo provato a raccontare are qualcosa di d noi: progetti, opinioni, ambizioni; solitamente essi vengono letti, corretti, commentati e subito dopo, spesso, dimenticati. Questa volta,, invece, vogliamo tentare di conservarli e fare in modo che possano possano offrire spunto, negli anni, ai ragazzi che verranno, verranno per conoscere e confrontare idee ed aspettative, nella speranza che ciò possa servire loro a considerare e, eventualmente, imparare dalle nostre riflessioni e dagli errori, sperando nella loro comprensione com per i nostri limiti. Attraverso questi componimenti abbiamo raccontato cose che pensavamo di non riuscire a dire,, alcune volte svelando o una parte del nostro carattere che ignoravamo: paure, speranze, speranze sogni, aspirazioni, nostalgie …. Siamo sicuri che, che se tra qualche anno ci capiterà di rileggere queste pagine, ricorderemo con un po’ di commozione come eravamo e quel che sentivamo al tempo della nostra adolescenza; forse queste frasi ci appariranno ingenue e un po’ infantili, ma sicuramente sincere, autentiche au e ci racconteranno di noi stessi. Abbiamo inventato storie fantastiche, comiche, del terrore; ci siamo cimentati con la poesia poe componendo i primi sonetti. Abbiamo bbiamo messo in comune frammenti di vite diverse! Non ci aspettavamo, al momento della scrittura, scr che questo lavoro avrebbe potuto sfidare il tempo. Tutto ciò ci emoziona ed entusiasma come se stessimo per pubblicare il nostro primo vero libro. Anche per questo, oltre che per tutto quello che ha fatto e farà per noi, vorremmo fare un ringraziamento ringraziam speciale alla nostra professoressa che ha migliorato la nostra scrittura e ci ha permesso di realizzare questo lavoro perseverando nel progetto, nonostante i nostri infiniti timori e tentennamenti. Rossana Maletto, Bianca Patarnello,, Cecilia Perinelli 150 La classe seconda B 2011-2012: Anselmi Riccardo Cappella Edoardo Cicolella Giulio Conti Matteo Criscuolo Margherita Dal Piaz Milena Damosso Pierluigi Doglio Giangiacomo Giannetti Victoria Graziani Francesco Iacomacci Alice Ingenito Daniele Lai Federico Maletto Rossana Manzocchi Ilaria Miani Federica Oneto Michela Parrella Alice Patarnello Bianca Perinelli Cecilia Petrella Giorgia Rocchegiani Agnese Schettino Antonio Smorto Giada Taragoni Pietro Tata Emanuele Testi Anna Tommasini Rosa Maria Vaccaro Chiara 151 INDICE Acrostici pag. 3 Introduzione “ 6 La mia adolescenza tra sogni e realtà “ 8 “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ 22 23 26 28 33 36 39 40 48 74 80 90 114 125 “ 150 “ 151 1. Riflessioni su letture dall’antologia - Caricatura - Amicizia - Il futuro - Anne e Zlata - Paura - Vacanze 2. Cartesio: la lettura di buoni libri… 3. Cibo e fantasia 4. Ogni giorno la scuola mi regala… 5. Il mondo che vorrei 6. Donare è amore e altruismo 7. Se io fossi … Sonetti 8. Ci sono giorni… Conclusione La classe seconda B 2011-2012 152