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la lettura fa l`uomo completo… lo scrivere fa l`uomo esatto
S.M.S. “LUIGI SETTEMBRINI”
CLASSE II B
2011-2012
LA LETTURA FA L’UOMO
COMPLETO…
LO SCRIVERE FA L’UOMO
ESATTO
F. BACONE, Saggi
1
Parole ed
emozioni
LA II B SI
RACCONTA
ISTITUTO LUIGI SETTEMBRINI
Insegnante:
Prof.ssa Paola Cistriani
Anno scolastico 2011-2012
2
Se potessi pienamente dar vita ai miei sentimenti
E liberi farli scorrer
e concretamente fermarli…,
Come chiudere le emozioni in uno scrigno che le custodisca
O sprigionarle, e riviverle senza che il tempo le assopisca…!
Non sono le parole che fissano i pensieri ché fuggono e volano via,
Disperdono le voci e instabili si mostrano i ricordi.
A mantenere vive le speranze, i sogni e le passioni…
Bastano una penna e una pagina bianca da riempire.
3
Scrivere, forse sognare, è una
Esperienza entusiasmante, come cercare nel profondo di sé,
Confrontarsi con le proprie debolezze, paure, sogni, speranze...
Ogni parola scritta è una parte di noi che condividiamo con gli altri.
Non pensieri o riflessioni particolari, basta scrivere ciò che si pensa.
Dare ad altri le proprie idee, renderli partecipi delle proprie opinioni.
All’inizio può sembrare difficile, ma andando avanti
Basta aprirsi al mondo senza preoccuparsi delle critiche altrui.
4
Secondo me ogni libro è un lingotto d’oro, è piccolo, ma prezioso,
Emozionante, entusiasmante, grandioso, divertente.
Come una persona va capito, solo così può essere splendido.
Ognuno nel leggere, legge sé stesso e lo scrittore aiuta a ritrovarsi.
Non si fa solo per divertimento o per acculturarsi, si legge per vivere.
Da
ovunque si venga si ha da raccontare, scrivere è “parlare senza
essere interrotti”.
A
volte sono il protagonista e ogni parola letta mi muove come un
burattino.
Biografie,
romanzi, diari, tutti diversi, ma tutti con la voglia di
trasmettere degli scrittori.
5
Introduzione
“Senza la scrittura, ogni cosa diventerà insipida.
Leggere non avrebbe più senso.”
V.S. Naipaul
Felicità, libertà, fantasia. Sono questi i sentimenti che provo
quando scrivo un qualsiasi testo. Possiamo fare ciò che più ci
piace, possiamo immaginare un mondo diverso da quello in cui
viviamo, in una nostra nuova dimensione dove tutto è perfetto
secondo i nostri desideri.
Scrivere è raccontare qualcosa alle persone, stupirle, affascinarle!
Potremmo paragonarlo a un’incredibile arte, potremmo definirlo
come la meravigliosa scienza del comunicare.
Non togliendo nulla alla lettura, altra cosa straordinaria e utile per
la vita di tutti i giorni. Tuttavia devo anche dire che la lettura
stessa dipende dalla scrittura, quindi senza quest’ultima non
sarebbe possibile sfogliare e apprezzare un bel libro.
Anche scrivendo noi meditiamo profondamente e vaghiamo
all’interno della nostra stessa anima, raccogliamo le nostre idee
più gioiose e le trasmettiamo agli altri! Viaggiamo in un mondo
interamente nostro, sogniamo, realizziamo qualcosa che mai nella
vita potrebbe accadere!
Condividiamo con tutti quanti i nostri pensieri più segreti e veri!
Facciamo un esempio banale ma molto significativo: il grande
Dante Alighieri avrebbe saputo esprimere tutto ciò che ha detto
nella Divina Commedia esponendolo a voce, oralmente? Di sicuro
la sua mente sarebbe stata davvero limitata e non avrebbe
composto un capolavoro, poiché scrivendo acquisiamo un senso di
libertà che nessun uomo sulla Terra potrebbe darci.
Pierluigi Damosso
6
“Sono posseduto da una passione inesauribile
che finora non ho potuto né voluto frenare.
Non riesco a saziarmi di libri.”
Francesco Petrarca
Le pagine ruvide che sfiorano le dita, il tempo che scorre, minuto per
minuto… Assaporiamo le avventure e immaginiamo tutto un altro
mondo. Non possiamo essere interrotti! Ma come è possibile provare un
turbine di emozioni? Semplice: leggendo. Forse la lettura, i libri, sono
alcune delle cose più importanti che possediamo. Leggere ti permette di
sognare, leggere rende possibile l’impossibile, ti fa creare un mondo
tutto tuo dove nessuno è protagonista. Ci sei solo tu, il tempo e le
pagine che scorrono una dopo l’altra. Insomma, leggere migliora la vita
di tutti noi, la rende più ricca e saporita: così noi ragazzi, amici e
compagni, abbiamo deciso di scrivere insieme questo libro che non
contiene ciò che comunemente viene definito “tema scolastico”. Questo
libro contiene ognuno di noi, le nostre emozioni, quello che realmente
proviamo e le nostre esperienze che rendono le giornate più intriganti e
avventurose. E dopotutto che cosa può volere dalla vita un ragazzino
come tanti altri? L’avventura! Cerchiamo la novità, la risata, a volte
anche il rischio, ma soprattutto delle giornate interessanti. Ecco, questo
è proprio ciò che vogliamo trasmettere ai lettori. Qui hanno spazio
storie d’amicizia, esperienze che ci hanno spaventati, le nostre
riflessioni, i pensieri personali e molto altro ancora! In breve speriamo di
trasmettere le nostre emozioni più intense attraverso questi racconti,
come la lettura ha trasmesso emozioni profonde a noi che questo libro
lo abbiamo scritto.
Alice Iacomacci
7
La mia adolescenza
tra sogni e realtà
8
“L’età di passaggio”
Fin da quando ero piccola ho sempre ammirato i ragazzi più grandi, sembravano
quasi supereroi con un superpotere molto particolare: la pubertà. Li osservavo in
continuazione, provavo ad imitarli senza ottenere grandi risultati.
Il mio punto di riferimento era mio fratello, per me era quasi un idolo; l’ho visto
crescere tanto in poco tempo, la sua voce si è modificata ed ogni tanto sparisce
senza lasciare tracce. E’ entrato nel misterioso mondo dell’adolescenza. Purtroppo i
cancelli di questo mondo non si aprono tanto facilmente; ci vuole del tempo e
quando si è finalmente pronti a varcare la soglia della maturità , spesso si scopre
che non è affatto come ce lo si aspetta.
La pubertà non è una cosa che si acquisisce senza sforzo, in un batter d’occhio, ma è
un processo molto lento caratterizzato da varie tappe, alcune delle quali molto
lunghe e difficili. Ad esempio il cambiamento dell’aspetto: ci si è abituati alla pelle
liscia e morbida da neonati, quando iniziano a spuntare brufoli e puntini neri, si
iniziano a passare ore davanti allo specchio per sistemare i capelli che non ce la
fanno a stare fermi.
Per non parlare di quanto si fa attenzione all’abbigliamento. Per gli adolescenti
l’immagine è molto importante.
Però non è soltanto il fisico ad essere cambiato, la trasformazione maggiore si ha
nel carattere. Nel mio caso sono diventata molto più chiusa, in particolare con i miei
genitori. Spesso sto sdraiata sul mio letto a fantasticare senza aprire bocca, salvo
urlare di andarsene a chiunque provi a rivolgermi la parola. Sto delle ore a pensare:
“ Cosa farò domani?”
Mi piace immaginare il mio futuro. Non ho ancora chiaro nella mia mente cosa farò
in futuro e ogni volta che faccio congetture le cose cambiano. Comunque in ogni
mio sogno sono ricca e famosa e la mia vita è perfetta, senza problemi, ovviamente
so che non potrebbe mai accadere, ma sognare non costa nulla, no?
Comunque l’adolescenza non ha solo lati negativi, infatti ci si sente più liberi di
pensare con la propria testa, senza essere influenzati dai propri genitori. Ora posso
prendere decisioni da sola e mi sento molto più autonoma.
E’ difficile conquistarsi la fiducia dei propri genitori e spesso si finisce per farli
arrabbiare; in questo periodo sono molto in difficoltà con loro, perché non fanno
altro che dirmi che devo diventare più responsabile ed io non riesco a capire cosa
vogliano gli altri da me.
In fondo la vita è come un viaggio, spesso si incontrano degli ostacoli che vanno
superati e a volte si deve scegliere tra due strade differenti. Chi fa la scelta giusta
arriva prima e più facilmente alla meta e non sempre la strada più comoda è quella
giusta.
L’adolescenza è di sicuro una strada difficile o almeno che può sembrare difficile,
ma con un poco di impegno si può arrivare a scoprire che non c’è niente di
complicato, basta essere se stessi.
Se si riflette un attimo, possiamo paragonare un ragazzo ad un bocciolo, pronto a
sbocciare e un adolescente ad un germoglio che si prepara a diventare un bellissimo
9
fiore. La pubertà è una fase di passaggio tra l’età infantile e quella adulta, l’età
dell’insicurezza e della paura di non essere accettati, ma anche l’età della crescita,
come un frutto ancora acerbo che non va colto troppo presto, bisogna aspettare
per ottenere il meglio.
L’adolescenza è un’avventura fantastica che va vissuta per arrivare al pieno
controllo di sé e delle proprie capacità, certo può riservare qualche delusione, ma
sicuramente le delusioni aiutano a formare la personalità di ciascuno di noi , infatti
si dice “bisogna imparare dai propri errori”, che durante l’adolescenza sono davvero
tanti.
In conclusione va detto che questa è un’età fantastica, piena di divertimenti e non
va sprecata lamentandosi del fatto che non si è ancora adulti, ma bisogna godersela
appieno.
Rossana Maletto
10
L’adolescenza è un periodo…
L’ adolescenza è un periodo della vita in cui cresciamo e ci trasformiamo non solo
nel fisico, ma anche nel modo di sentire, vivere, provare emozioni. Ci poniamo i
primi interrogativi sulla vita e cerchiamo delle risposte. È una fase importante
perché lentamente cominciamo a farci le nostre idee, opinioni e a ragionare in
maniera autonoma passando attraverso le nostre emozioni e le nostre esperienze.
In questo periodo della mia vita, il passaggio dalla scuola elementare alla scuola
media ha significato un momento importante per la mia crescita. Ho dovuto
affrontare i professori e entrare in un nuovo gruppo, la mia classe, con il quale mi
trovo molto bene. Ho cominciato a conquistare un minimo di autonomia come per
esempio ritornare a casa da solo da scuola, organizzarmi lo studio e i pomeriggi con
i miei compagni senza più l’aiuto dei miei genitori, che comunque mi controllano e
mi seguono. Grazie alla nuova scuola e ai contatti con i miei amici mi sono reso
conto che bisogna avere senso di responsabilità nei confronti del proprio dovere se
si vuole che gli altri abbiano fiducia in te, come per esempio i genitori. Questo
periodo della mia vita ha anche degli aspetti più complicati che riguardano il mio
modo di essere. A volte mi sento triste e combattuto tra momenti di grande felicità
e allegria, quando per esempio incontro i miei amici o quando gioco a rugby, e altri
in cui tutto mi sembra difficile e insuperabile, come quando non riesco come vorrei
a scuola oppure quando ho dei litigi con gli altri a cui voglio bene: gli amici e la mia
famiglia. Mi domando come poter superare i momenti più difficili. A volte passa
tutto in un attimo, altre volte ci metto più tempo; allora penso a quello che mi
piacerebbe fare da grande, il telecronista sportivo, e in quei momenti mi consola il
pensiero che non sono solo e ho tanti amici che mi vogliono bene.
Tutte queste mie emozioni che sono rinchiuse nella mia mente sono come dei
movimenti che vanno e vengono. Fanno parte di me e del mio momento di crescita
che è l’adolescenza, che sembra come un’influenza che si cura con il passare del
tempo, ma che mi permette di costruire la mia vita.
Giangiacomo Doglio
11
Come le piante…
Noi ragazzi siamo come le piante: quando cresciamo abbiamo bisogno di più spazio
e meno attenzioni. "Buongiorno" mi ha svegliato mia mamma. Ero talmente eccitata
che al primo richiamo sono saltata in piedi sul letto! Poche ore più tardi sarei dovuta
stare su un aereo solamente con una mia amica e l'hostess di accompagnamento.
Aspettavo quel giorno da tantissimo tempo; ero molto esaltata all'idea
di trascorrere due settimane da sola in un prestigioso college per una vacanza
studio, ma ero anche un po' agitata. Ricordo che mio fratello fece il suo primo
campo estivo quando avevo dieci anni, e quando i miei genitori lo proposero anche
a me, io feci un risolino come dire " ma siete pazzi?! Non ci andrò mai!" E invece
eccomi qua, sono diventata adolescente e con me sono cambiati anche i miei
pensieri.
Più che la voglia di imparare e divertirmi mi aveva spinto a compiere
questa avventura la voglia di libertà. Di distaccarmi da tutto e da tutti, di spegnere il
cellulare, di guardarmi intorno e dire: "queste settimane sono mie e me le godo!"
Ho tirato su la serranda e ho chiuso la porta nella speranza di qualche minuto di
privacy. Ho aperto la valigia per ricontrollarla l'ultima volta. Intanto che la guardavo
mi sentivo fiera e pensavo "questa valigia l'ho fatta io!" Non avevo mai preparato
una valigia da sola. In genere era mia mamma che la faceva e ultimamente
decidevamo insieme cosa mi sarei dovuta portare. Evidentemente era cambiata
anche lei o forse il suo parere su me stessa, perchè quando il giorno precedente le
sono andata a domandare quando avremmo fatto la valigia mi ha risposto che ero
abbastanza matura per farla da sola e che lei avrebbe controllato alla fine! Ero
immersa nei miei pensieri quando mio fratello entrò nella mia stanza. Io l'ho
pregato più volte di uscire, ma non mi ha ascoltata. A quel punto ho urlato, mi
aveva veramente infastidito. Ero diventata grande e avevo bisogno dei miei spazi e
della mia privacy. Fino ai sette anni condividevo la camera con mio fratello e
quando i miei decisero di fare i lavori io mi misi a piangere…: ero ancora piccola e
avevo bisogno di una figura più grande che mi proteggesse da eventuali mostri
che sarebbero potuti uscire dal letto o dall'armadio. Adesso non so che darei se
vivesse in un'altra casa. Mi sono andata a lavare e vestire e in un minuto ero pronta.
Mi sono messa ad aspettare in salone. Ho cominciato a fare uno dei miei soliti film
mentali: sarei arrivata al college, avrei incontrato l'amore della mia vita,
un'amica, possibilmente americana, da cui sarebbe stato difficilissimo separami. Sì,
e magari il mio insegnante di inglese sarebbe stato Johnny Deep. Sono tornata alla
realtà. Intanto mi era arrivato un messaggio da una mia amica. L'ho guardato: "zero
voglia di partire". Sono rimasta pietrificata. L'ho chiamata e mi ha detto che era una
di quelle giornate no in cui odi tutto e tutti. Capita spesso anche a me.
12
L'ho rassicurata dicendole che le sarebbe passato. Bene mia mamma era pronta,
avevo l'adrenalina che saliva insieme all'ansia. Ho preso la valigia e ho salutato mio
fratello e mio padre, sono uscita di casa sentendomi, finalmente, grande!
Ilaria Manzocchi
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Tutto è possibile, nulla è reale.
L' adolescenza è come il vetro, se si rompe non si ricompone…
Se si cerca sul vocabolario la parola ''adolescenza'' si trova una descrizione
oggettiva. Ma essere adolescenti non c' entra con tutto ciò che viene descritto.
Essere ragazzi è come avere una fiaccola nello stomaco che vuole esplodere
spruzzando creatività, originalità e voglia di vivere. Ma alcune volte questa fiaccola è
troppo ardente e viene spenta con l' aiuto della famiglia e degli amici. Un
adolescente vuole conoscere, sperimentare, come un uccellino che esce dal nido,
consapevole dei pericoli a cui va incontro, ma non potrà rimanere sempre nel nido.
A volte capita di fare sogni assurdi, irrealizzabili, ma forse è proprio l'impossibile che
poi diventerà possibile. Mondi paralleli, nascere in un altro corpo, essere soli in tutto
l' universo, sono questi i sogni che faccio, ma quando sogno è come trovarmi in una
bolla che vola via tra le nuvole, isolata da tutto e da tutti, immersa, con la mia bolla,
tra tutti i palloncini volati via dalle mani dei bambini e tutti fermi in uno spicchio di
cielo. Ma poi qualcuno mi sveglia e mi ritrovo nella vita frenetica di tutti i giorni,
girando e rigirando da una parte all'altra senza sosta, non è più come nella bolla, ora
bisogna preoccuparsi dei voti, degli sports e della salute.
Essere adolescenti è come essere un' esplosione di emozioni: gelosia, rabbia, amore,
amicizia... Ogni tanto mi verrebbe voglia di correre, senza pensare a dove finirò,
come tornerò a casa, come farà il mio corpo a sopportare lo sforzo: la terra è tonda,
quindi a casa ci torno comunque. Il mio carattere sta cambiando, comincio a
pensare a cosa vorrò fare nel mio futuro, penso a come posso essere una buona
amica, come posso prendere bei voti. Il mio cervello è come una fabbrica di
emozioni; è irrefrenabile, continua a produrre senza sosta, ma chissà, magari è
proprio con pensieri che gli scienziati hanno fatto le prime scoperte.
Ogni oggetto che tocco, ogni cosa che vedo mi sembra poco e allora penso a cosa
potrei fare per migliorare quell'oggetto, inventando macchine nella mia testa,
schemi stravaganti per poi tirarne fuori qualcosa di buffo, ma che nella sua ‘buffezza‘
diventa normale.
Qualsiasi sciocchezza ci sembra un' enormità e scoppiamo a piangere, ma ogni volta
che piango penso perché? Non sono così, conosco la realtà, conosco le condizioni di
vita di certe persone e penso sempre come sarebbe bello da adulta aiutarle e allora
perché piango? È una risposta che ancora non mi so dare, e spero che con il tempo e
con l'esperienza riuscirò ad avere una conclusione che non sia la solita: stai
crescendo, è normale. No, vorrei una risposta che venga dal mio cuore e da ciò che
ho appreso. Sono su un autobus e viaggio verso il mio futuro, ignara di ciò che mi
aspetta, ma consapevole che sarò io a stabilirlo. Ho un sogno in una stanza del mio
cuore, ma solo io ho la chiave che apre la porta per accedere a quella stanza. Sono
disposta a tutto per inseguire il mio sogno. Non finirò tra gli ignavi. Non so se ho
reso bene l'idea, ma una banale descrizione non basterebbe per descrivere
l'adolescenza, servirebbe un libro intero.
Michela Oneto
14
Quando parliamo…
Quando parliamo di adolescenza dobbiamo prima di tutto chiarire se si tratta di un
periodo bello o brutto della nostra vita. È una decisione soggettiva, che varia a
seconda degli individui e dei ruoli. Sicuramente, ad esempio, mia madre
preferirebbe che fossi rimasta una bambina, che si diverte a costruire castelli di
sabbia e piange quando rimane sola, ma se qualcuno mi ponesse questa domanda
risponderei che si tratta di un periodo bellissimo.
A volte mi chiedo se sono ancora io sotto i vestiti. Non è rimasto niente della Bianca
di qualche anno fa, pochi anni sono riusciti a cancellare tutto, carattere, aspetto,
mentalità, gusti… Tutto è cambiato. Ma no, sono ancora io, in fondo. Sono sempre
quella bambina che aveva paura del buio e che saltava al collo della madre urlando
di gioia. Sono cambiata, ma sono sempre la stessa. Tutto quello che faceva parte del
mio carattere è solo nascosto dentro di me.
Sono come un fiore d’arancio in primavera, sbocciato insieme a mille altri, e insieme
a mille altri diventerà una succosa arancia, e insieme a mille altri, alle fine, cadrà
dall’albero, appassito.
La mia camera improvvisamente diventa piccola, troppo piccola per ospitare la mia
voglia di correre, di scaricare energia. La mia vita è divenuta una continua lotta, i
miei genitori non si rassegnano al fatto che sto crescendo. So benissimo che prima
di poter dire “mamma, sto uscendo” ed ottenere una risposta distratta, quasi
disinteressata, dovrà passare molto tempo e prima dovrò dar prova di affidabilità.
Ciò che caratterizza l’adolescenza è il fatto di non dar troppo peso alle situazioni,
alle liti. Talvolta mi capita di arrabbiarmi, di chiudermi in camera e poi di uscirne,
dimenticandomi del motivo del litigio.
È il periodo che trasforma i bambini in persone adulte e responsabili, almeno
teoricamente.
Qualche volta mi sorprendo a pensare al mio futuro. Ho idee piuttosto vaghe in
proposito. Non sono così ingenua come le mie cugine, convinte di poter vivere in
una fattoria o di fare l’esploratrice, semplicemente immagino un’Italia senza crisi,
senza disoccupazione, dove vivono persone felici. Immagino di viaggiare, conoscere
il mondo, tuffarmi nelle acque cristalline dei Carabi, di esplorare la giungla, di
scalare montagne…, e mi sorprendo a guardare la finestra aperta, aperta sul
mondo.
Bianca Patarnello
15
La mia vita è fantastica!
Sono una ragazzina di undici anni che adora sognare. Molto spesso mi fermo
davanti ai posters pubblicitari e sogno la mia vita come se ci fossi dentro. Quando
ritorno nel mio mondo mi sembra tutto gas, vapore e niente libertà. La realtà in cui
vivo non è come quella dei sogni, ma fantasticare una vita migliore mi fa svegliare
con i sorriso al mattino. Uno dei miei più grandi desideri è quello di essere libera e
non avere regole, devo dire che i miei genitori e chi mi sta intorno mi lasciano i miei
spazi. Ho un carattere molto stravagante, c'è chi mi dice che sono pazza, chi crede
che io sia antipatica, chi simpatica, il mio carattere cambia in continuazione,
veramente non lo so neanche io come sono. I miei amici sono la mia vita, con loro
faccio quello che voglio, sono libera! Mi aiutano quando ho bisogno, piangono
quando piango, sono tutto per me. Ci sono però quelle persone che non riesco a
sopportare, sono come una spada tra mille cuori, sono felice di poter sciegliere i
miei amici come piace a me. Ritengo che la scuola oltre che un luogo dove si studia
sia anche un ambiente dove stare con gli amici ed esprimersi. I miei genitori vivono
e passano con me questi annni, lasciandomi sognare l'impossibile senza privarmi del
piacere di vivere. Prima non avevo desiderio di esprimermi con i miei genitori,
adessso al contrario mi piace molto. Una cosa che odio sono quelle giornate
devastanti, che vanno storte da quando ti alzi fino a quando vai a dormire. Tutti ce
l'hanno con te e tu ce l'hai con il mondo. Mi innervosisco per qualsiasi cosa, in
queste giornate mi sento come in carcere, isolata da tutti. Per fortuna ci sono anche
quelle giornate fantastiche in cui tutto è rose e fiori, l'universo ti sorride e tu sorridi
a esso, tutti ti vogliono bene, nessuno si arrabbia, siamo tutti calmi. Se non vedo
bronci e se non li faccio io, mi può bastare per una giornata bella e candida come la
neve. Nella mia vita c'è un elemento troppo importante che non può mancare, mio
fratello. Lui è più piccolo di me, è buono, simpatico e giocherellone, ma anche un
po' dispettoso, con lui faccio tutto l'impossibile e inimaginabile. A lui dico tutto,
insieme giochiamo , sogniamo e ci divertiamo, lui è indispensabile. Ci sono tante
cose negative nella mia vita, ma la mia famiglia, i miei professori, i miei amici e
nemici rendono tutto il negativo in positivo. Le persone che mi stanno intorno mi
rendono felice.
Alice Parrella
16
Gli adolescenti…
Gli adolescenti sono considerati da tutti un po’ strani. Come se ci si dovesse tenere
distanti. Questo lo pensavo anche io da piccola: quando vedevo i ragazzi grandi mi
mettevo paura.
Al contrario, ora che sono un’adolescente, mi accorgo che non è così. Infatti , è vero
che siamo euforici, magari lo siamo più del solito, ma non è questa l’unica nostra
caratteristica, ma è quella che si nota di più, perché è anche quella che dà più
fastidio a noi ed a quelli che ci stanno intorno .
Infatti, gli adolescenti vogliono scoprire, provare, pensare e sognare. La cosa più
importante nella vita di un adolescente sono gli amici. Loro ci sono sempre nella vita
di un adolescente, non si può vivere senza.
Facendo un paragone gli adolescenti sono come la luna, che sta per diventare piena,
età adulta; passa da uno spicchio, inizio dell’ adolescenza, alla luna piena. Come la
luna cambia da uno spicchio a luna a piena, così gli adolescenti maturano, fino a
diventare adulti e responsabili, ma come la luna è illuminata sempre da un raggio di
luce, così gli adolescenti sono illuminati sempre dalla speranza e dalla forza.
Spesso gli adolescenti sono in contrasto con la famiglia. Questo nasce perché gli
adolescenti vogliono assomigliare ai grandi, ma ovviamente la famiglia si oppone e
quindi nasce un conflitto.
Ma gli adolescenti sognano anche. Sognano, sognano, sognano, ma poi vengono
sempre riportati alla realtà che non è un sogno, ma è un incubo.
Ma come vivo io l’adolescenza ?
Inizierò a raccontare da quando avevo 10 anni. Ovviamente non ero un adolescente,
ma avevo paura di diventarlo. Tutti quelli che ho conosciuto la facevano sembrare
una cosa bruttissima, da cui si doveva scappare. Ora invece la trovo bellissima: le
amicizie si rafforzano, anche se ci sono alti e bassi. Infatti alcune giornate sono
solare, vado d’accordo con tutti, altre invece è come se stessi in una stanza chiusa e
affollata, urlo ma nessuno mi sente. Invece il mio sogno è quello di fare qualcosa di
buono per il mondo, e non morire senza che nessuno mi ricordi.
Ebbene questo è un adolescente.
Cecilia Perinelli
17
Cambiamento e sogni: l'adolescenza
"Vista dai giovani, la vita è un avvenire
infinitamente lungo. Vista dai vecchi,
un passato molto breve."
Arthur Schopenhauer
L’adolescenza è un momento di crescita, di cambiamenti e di sogni che vorremmo
diventassero realtà.
“Quasi adolescenti” siamo come degli uccelli che stanno imparando a volare, perché
è il momento in cui bisogna alzarsi e decidere il proprio destino, capire le nostre
inclinazioni. Alcune volte mi capita di vagare con i pensieri e mi pongo domande
come cosa farò da grande, ancora non ho un’idea ben precisa, ma vorrei
sicuramente fare qualcosa per aiutare il mondo.
Sto molto tempo a fantasticare, ma ad un certo punto devo tornare con i piedi per
terra: pensare al presente, mi devo impegnare nello studio, poi ci sarà un momento
in cui le mie idee si faranno più chiare.
E’ un periodo di cambiamenti : ora voglio più autonomia e libertà. Vorrei decidere i
miei programmi quotidiani da sola senza che nessuno mi dica cos’è meglio o peggio.
Per esempio vorrei andare ai campi estivi solo con le mie amiche.
Quando si è adolescenti, secondo me, una delle cose fondamentali è avere amici
sinceri con cui mi posso confidare e sopratutto con cui divertirmi. Mi trovo bene con
i miei nuovi amici.
Io non saprei come definire il mio carattere, però so per certo che sono timida.
I sogni per i ragazzi sono fondamentali, perché aiutano ad affrontare la vita con più
allegria e serenità.
Ci sono giornate uggiose, quando non vado d’accordo con i miei familiari. Ma alla
fine un raggio di sole risplende dentro di me e tutto si risolve al meglio.
L’adolescenza è un momento di confusione, non riesco a capire bene chi sono,
perché cambio.
Oltre ai genitori, ti accompagnano e aiutano anche i libri, infatti ci sono molti
racconti che trattano sull’adolescenza e quando li leggo capisco che non sono
l’unica ad essere turbata.
Il mio sogno è di poter scrivere libri di fantasia e comici per far divertire la gente.
Giada Smorto
18
Per me…
L’adolescenza per me è una caratteristica del nostro corpo che solo noi, arrivati a
questa età, possiamo capire e provare.
Capita certi giorni che sei abbattuta, pallida, e non sai perché, poi ti svegli un giorno
e noti qualcosa… che vorresti a volte rifiutare, ma non puoi, sei diventata grande.
Certe volte mi sveglio di colpo per un sogno fatto, io da bambina e poi d’improvviso
grande, tanto grande, ed ho paura, non so di cosa esattamente, ma ho questa
sensazione.
Ad occhi aperti mi metto a pensare a cosa è cambiato da quando ero bambina ad
oggi, di certo il rapporto con i mie coetanei, la profondità con la quale ci
rapportiamo ora, assolutamente diversa, intensa e profonda. I sentimenti che provo
ora, le reazioni che ho nei confronti di mia madre, talvolta assolutamente e
inutilmente bruschi. Noto che non sono mai tranquilla, che devo fare ciò che ho
voglia di fare altrimenti rispondo male, insomma mi controllo con molta difficoltà, e
poi non mi piaccio più, e capisco che per mia madre è molto difficile in certe
occasioni non perdere la pazienza.
Ho mille desideri che vorrei si realizzassero, vorrei tanto riuscire a fare la biologa
marina, amo il mondo marino ed il mondo animale in genere; avere tanti figlie ed
un marito da amare ed essere amata. Una bella e felice famiglia insomma che duri
per sempre.
Credo di avere un buon rapporto con i mie compagni di classe e con i mie coetanei
in genere, anche se la mia timidezza, che talvolta diventa un limite, mi porta
qualche volta a non esser capita dai mie amici.
Tuttavia spero che questa fase di cambiamento e di sviluppo termini al più presto!
Anna Testi
19
Tutti hanno vissuto…
L'adolescenza... Tutti hanno vissuto o vivranno questo periodo pieno di
ripensamenti, sogni e solitudine. Io sto appena varcando la soglia per entrare in
questo mondo pieno di incertezza. Come una bambina appena nata che apre gli
occhi per la prima volta alla luce del sole. Ho già un esempio di un ragazzo che sta
vivendo pienamente l'adolescenza, mio fratello, di quindici anni. A scuola, ma anche
a casa, parliamo spesso di questo argomento, quindi all'incirca già so quali saranno i
miei cambiamenti. Sicuramente, cosa che faccio tutt'oggi, avrò la possibilità di
decidere da sola come vestirmi, seguendo i miei gusti. Devo cominciare, partendo
da ora, a dimostrarmi una persona affidabile agli occhi dei miei genitori, in modo
che essi possano aver fiducia in me, cominciando a rendermi il più possibile
indipendente da loro. Credo che mi capiterà spesso di sognare ad occhi aperti e di
pensare alla mia, futura, immaginaria carriera da grande. Perdersi nella fantasia e
pensare di salire sul palco di Sanremo e subito dopo tornare alla realtà di tutti i
giorni e rendersi conto che queste sono solo illusioni, quasi impossibili... Gli ideali, il
tempo prossimo si possono solo sperare. Oltre alla mia trasformazione mentale,
sicuramente, anche il mio aspetto fisico muterà e credo che lo accetterò in ogni sua
forma. A supportarti dopo questi mille momenti di difficoltà ci sono sempre gli
amici. Sono le stampelle che ti sorreggono, la coperta calda che ti difende dal
freddo. Solo loro possono capire come ti senti realmente perché stanno vivendo
anche loro questo periodo. Personalmente sto incominciando a vivere anche io
questo periodo non nel modo più giusto perché sto litigando più frequentemente
con mia madre. Facile è parlare e spiegare cosa bisogna fare nei momenti difficili
dell'adolescenza, ma poi quando ci si trova realmente in quella situazione è
complicato regolare le emozioni. Questo è ciò che accade a me... Espongo tutte le
mie emozioni, anche se involontariamente e non riesco a fermarle. A complicarmi
questo periodo è anche mia madre che penso debba essere più comprensiva
riguardo ai miei sbagli e rendermi più semplice l'adolescenza. Nonostante ciò la
reputo una madre che cerca di dare il più possibile ai suoi figli e che li educa nel
modo migliore. Per questo motivo credo che l'adolescenza riguardi principalmente
l'adolescente stesso, ma anche la sua famiglia e chi gli sta attorno.
Rosa Maria Tommasini
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“ La maturazione dei frutti”
“Era come un liquor suttile e molle”
L. Ariosto
Stiamo crescendo, siamo ragazzi maturi che hanno appena sfogliato dodici pagine
della propria vita.
È ora di comportarsi da ragazzi che prendono sul serio la vita, ma che si divertono
alla stesso tempo.
Siamo come dei diamanti grezzi che devono essere sfregati, lavorati e ripuliti, dai
quali poi usciranno fuori dei preziosi splendidi brillanti. Con il tempo il nostro
carattere matura come un frutto in estate.
Questo cambiamento è successo anche a me nei primi mesi di scuola; all’inizio
avevo preso la via sbagliata per la mia vita, una strada tortuosa e pericolosa ma,
fortunatamente, ora sono di nuovo su una via sicura.
Crescendo bisogna anche capire la differenza tra sogni e realtà.
Credo che, almeno una volta ad ognuno di noi, sia capitato di fare un sogno
riguardante il proprio futuro.
Proprio una sera, dopo aver mangiato con la mia famiglia, sono andata a dormire e
ho iniziato a sognare… In questo sogno sembrava che andasse tutto a meraviglia:
ero una donna di successo, un medico importante, rilevante, ero ricca , benestante,
avevo una casa molto grande, lussuosa e sfarzosa con un giardino enorme,
smisurato. Ero vestita sempre con abiti di marche firmate e costose.
Questo sogno andava avanti con scene che raffiguravano la mia presunta vita
futura. La mattina mi sveglio e rifletto sul sogno della notte precedente.
Avevo capito che più di un sogno era un incubo perché le vere priorità della mia vita
sono la famiglia, la fede, l’amore, l’amicizia, la solidarietà e la giustizia e non il
successo, la fama e i soldi, che servono sempre, ma non devono essere al primo
posto nei nostri ideali.
Chiara Vaccaro
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Antologia
Riflessioni da brani scelti
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La mia mamma
Sin dalle prime ore del mattino inizio a prendere in giro mia madre.
La mattina quando mi sveglio la trovo già nel suo bagno, e sembra che ci abbia
dormito dentro perché la sera la lascio lì e la mattina la ritrovo sempre lì. Chissà cosa
avrà da fare di tanto importante!
Poi quando finalmente riesce a uscire dal bagno dimentica sempre qualcosa e deve
rientrarci.
Dopo aver fonato i capelli li riempie di qualche chilo di lacca, meglio non passare
davanti al bagno in quel momento perché c'è una nube pericolosa che viaggia,
minacciando anche l'olfatto più resistente.
Poi si passa alla fase “scelta delle scarpe”.
Mia madre ha tantissime paia di scarpe tanto che la mattina se le prova tutte, ma
alla fine sceglie sempre le stesse.
Dopodiché mette il detersivo e l'ammorbidente nella lavatrice e l'avvia.
Quando finalmente sembra che abbia finito, inizia a controllare se ha preso tutto ed
ecco che puntualmente , dopo aver chiusa la porta, e a volte anche per le scale, si
rende conto che le manca qualcosa e rientriamo.
Poi inizia la nostra corsa a piedi, in quel tratto di strada mi rammenta tutto ciò che
devo fare durante la giornata e nel parlare si distrae e magari non vede dove mette i
piedi...
Per non parlare di quando le si è rotto il tacco per strada, praticamente zoppicava
vistosamente e cercava di far finta di niente!
Quando rientra di pomeriggio, non appena entra in casa inizia a chiamarmi, una,
due, tre, quattro volte... perché, anche se le rispondo, lei non sente, penso che
probabilmente inizia ad avere dei seri problemi d'udito.
Poi mi chiede dei compiti, se li ho svolti e tutti i santi giorni mi ricorda che la scuola
ha priorità su tutto e che devo compiere al meglio il mio dovere, altrimenti mi toglie
giochi e sport.
Io le rispondo che lo so, ma lei me lo ripete puntualmente, penso che cominci a
dimenticare anche ciò che dice...
Verso l'ora di cena è indaffaratissima in cucina e le può capitare che dalla pentola
messa sul fornello fuoriesca qualcosa, come quella volta che si è versato del brodo,
è cascato sul fornello e c'è stata una fiammata.
Però deve dire che le viene sempre tutto buonissimo, anche se mi piace prenderla in
giro anche su questo!
Sì, perché in effetti io le faccio anche degli scherzi e poi ci ridiamo su perchè lei è
fantastica così com'è!
Francesco Graziani
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La mia cara mamma
Avrei potuto scegliere tra cento persone, nel senso che conosco tanta gente che mi
stuzzica l’ironia, ma alcuni vanno esclusi perché sono permalosi, altri perché non
basterebbe una vita intera, altri perché ho paura delle loro reazioni. Alla fine ho
deciso di scrivere un testo ironico sulla mia cara mamma che in realtà è un misto: è
permalosa ed ho paura delle sue reazioni, ma tanto sono sicuro che non leggerà
questo testo.
Mia madre è una barzelletta, la mattina non le puoi parlare fino a che non beve il
caffè. Dopo è meglio, ma non tanto, e non solo perché è nervosa, ma anche perché
assomiglia alla moglie di Frankestein e ho una foto che lo dimostra. Fatta colazione,
usciamo tutti insieme, e meno male che per andare a scuola la macchina la guida
mio padre perché la mamma guida come quella della Carica dei 101, Crudelia
DeMon.
Mia madre è una fissata del pulito: passa sempre l’aspirapolvere, tanto che ti viene
la voglia di spararle o che l’aspirapolvere la risucchi. Lava i panni in continuazione
consumando scatole e scatole di detersivi, però devo ammettere che mi piace avere
i vestiti sempre profumati.
Il resto della giornata lo passa volentieri al telefono, anzi, diciamo che sta sempre al
telefono e metteteci pure che non parla sottovoce, ma che urla tanto che la
sentono anche in provincia.
Nonostante tutto, però, è la mia mamma e le voglio tanto bene.
Daniele Ingenito
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Uno strano “strisciamento”…
Molte persone sono comiche nei loro modi di fare, ma sicuramente i ragazzi sono i
vincitori di chi assume le posizioni più bizzarre. Ho sempre pensato che gli adulti ci
stimassero proprio per questo, perché noi ragazzi riusciamo a metterci nelle
posizioni più strampalate. Nella mia classe ci sono molti "vermi striscianti". Noi
diamo l'impressione che la nostra colonna vertebrale venga sostituita da una molla.
E grazie a questa molla non riusciamo mai a stare fermi per un minuto. Ci dobbiamo
alzare e saltare da un banco all'altro. Durante la lezione possiamo assumere ogni
posizione, la più strana. Ed è facile anche che quando appoggiamo la testa sul banco
ci si chiudano gli occhi dalla stanchezza. Siamo capaci anche di scivolare lentamente
sotto il banco per evitare che le professoresse ci chiamino alla lavagna, per paura di
addormentarci con il gesso in mano. Per prendere la penna, invece di alzarci
cerchiamo sempre la via più difficile, strisciando lentamente piano piano andiamo
sotto il banco. Dopo averla presa non ci rialziamo normalmente, ma facciamo lo
stesso tragitto di prima strisciando e lentamente ci rimettiamo sulla sedia
accovacciati. Questo "strisciamento" tra il pavimento e la sedia accade spesso il
lunedì e tutti sanno il perché e noi lo definiamo il giorno maledetto. A ricreazione la
musica cambia: da "vermi striscianti" ci trasformiamo in "alligatori affamati" che
divorano la propria merenda e si trovano anche dei mendicanti che chiedono un
pezzetto della merenda avanzata a qualcuno. Al suono della campanella ci ritiriamo
nei nostri banchi strisciando piano piano. Le giornate non sono sempre così, ma il
lunedì è il giorno dei vermi striscianti. Il venerdì è il giorno che tutti i ragazzi amano
e il nostro cervello funziona meglio. Diciamo che noi ragazzi siamo le creature più
divertenti di tutto il mondo e non ci manca mai un ragionamento bizzarro per
renderci ancora più divertenti
Giorgia Petrella
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Amici a scelta
Sono un ragazzo molto testardo, quando mi metto in testa una cosa non c'è modo
che qualcuno possa farmi cambiare idea, anche se ho torto. Il mio carattere è molto
strano, infatti la maggior parte delle persone è molto diversa da me.
Uno solo dei miei amici ha il carattere identico al mio, si chiama Giorgio.
Ogni volta che ci vediamo iniziamo a discutere anche su piccolissime sciocchezze,
perché uno dei due deve aver sempre ragione, ma in fondo discutere con lui è la
cosa più divertente che esista.
A mio parere gli amici sono per noi fonte di vita e serenità, sono persone che ci
scegliamo da soli, per questo sono davvero speciali.
Per quanto mi riguarda non scelgo assolutamente gli amici basandomi sulla loro
popolarità, ma dal loro modo di essere e dal supporto che ti offrono nei momenti
più brutti.
Penso che le più grandi amicizie nascono solo vivendo momenti che non potrai mai
dimenticare, con le persone a cui vuoi veramente bene.
Dopo quasi due anni di scuola media credo di aver commesso solo un errore: il
pregiudizio verso alcune persone che adesso sono amici indispensabili per me.
Giulio Cicolella
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Un'amica inimitabile
La prima volta che la vidi mi sembrava una persona chiusa e timida, ma questo era
solo la prima impressione, infatti il detto “l'apparenza inganna” non è falso,
soprattutto per lei. Una persona talmente originale che si mette due orecchini
diversi, dicendo che non li trovava uguali.
Quando la professoressa la richiama lei abbassa la testa e sgrana gli occhi, talmente
tanto, che gli escono fuori. È talmente chiacchierona che dalla Calabria fino al FriuliVenezia Giulia sanno quello che le è successo nella giornata
Lei si definisce una persona molto alternativa, quando si sta parlando, dal calcio alla
moda, lei deve sempre dire la sua. È talmente simpatica che l'humor american non
le fa un baffo. Il suo massimo di ascolto è di un minuto e poi dice una cosa che non
c'entra niente.
Analizziamo insieme quello che per lei significa “suo problema”: quando inizia a
parlare di questo hai tre possibilità: 1) dirle che ha ragione 2) annuire con la testa 3)
dirle che non è vero; ma dopo un po' scopri che la terza è impraticabile perché, se la
contraddici, ci puoi discutere per un‘ intera giornata finché non decidi di dirle che ha
ragione.
Su di lei si potrebbe fare un film perché è molto spiritosa ed è un'ottima amica.
Grazie a tutte queste caratteristiche possiamo dire che lei è l'unica e inimitabile
Alice.
Matteo Conti
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Il mio futuro
Ogni volta che rifletto sulla mia vita non penso quasi mai al mio futuro, anche
perché sono ancora molto giovane.
Le rare volte che ci penso mi vengono in mente le idee più strane e particolari.
Il mio futuro lo descrivo in una sola parola: equilibrio.
Mi dovrò scegliere, infatti, un lavoro adatto alla mie capacità e che mi piaccia.
Le professioni a cui penso di più sono l’avvocato e il giornalista.
L’avvocato perché principalmente mi affascina il fatto di essere indipendente e
anche perché mi piace parlare ed esporre una difesa o un’accusa.
Vorrei anche essere un giornalista perché amo raccontare le cose che accadono, ma
anche perché mio padre professa questo mestiere e mi ha trasmesso parte della sua
passione.
Nonostante i miei grandi sogni, non riesco a decidere che strada intraprendere nei
prossimi anni della mia vita.
Per adesso mi rilasso e non ci penso molto, non è ancora arrivato il momento delle
scelte.
Spero soltanto che quando arriverà la mia occasione, io la sappia cogliere e
imbocchi la strada giusta.
Pierluigi Damosso
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Sogno di diventare…
Io, come Oscar, voglio diventare una star, una persona famosa, ma i problemi non
sono pochi e gli ostacoli sono molti, quindi ho deciso che per adesso mi limiterò a
sognare a occhi chiusi, cioè solo quando dormo.
Oggi, 23 ottobre del 2044, sono andata a scuola e ho incontrato la prof. Cistriani
mentre si dirigeva verso la sala professori nell'intento di cambiare registro dove
avrebbe messo i voti delle povere vittime colte in fragrante sul fatto, cioè di non
aver studiato. Ad un certo punto la professoressa si accorse di me, forse perché la
stavo fissando da più di due tocchi di orologio dopo il suono ripetuto della
campanella, quindi come un topo in cerca di formaggio, mi diressi velocemente
verso la mia classe, la 2B.
Ooooh, la 2B e' il mio posto preferito dove ci si può divertire, giocare, confidarsi con
gli amici, ma si deve pure studiare.
Ho molti segreti, ma non oso scriverli sopra questo foglio di carta che tutti possono
leggere, così che un mio segreto diverrebbe la notizia del giorno e piano piano lo
saprebbe tutta la scuola, perché sapete come si dice, la scuola è piccola, la gente
mormora e, eccolo la' che in giro di due giorni lo saprebbero tutti.
Ora basta parlare di me, parliamo invece della persona più importante nella vita: la
mamma.
La mamma, quella figura che ti sta sempre con il fiato sul collo pero' ti vuole bene
più di ogni altra cosa al mondo, e ne ho avuto la prova esattamente tre giorni fa,
quando sono rientrata a casa da pallavolo.
Entrando ho buttato il mio zaino all'ingresso, e mi sono diretta subito in cucina per
bere un bicchiere d'acqua, perché ero più assetata di un mammut; poi sono tornata
all'ingresso e ho visto mia madre che batteva furiosamente il suo piedino per terra e
inoltre aveva uno sguardo che mi fulminava come i fulmini di Zeus. Quando l’ho
guardata, mi ha spiegato le regole fondamentali della casa, tra cui non lasciare lo
zaino all'ingresso.
Beh, dopo quella sgridata, ci penso non due volte, ma dieci prima di lasciare il mio
zaino all'ingresso. Il punto e' che la mamma, sì alcune volte ti sgrida e sa essere
anche molto severa, ma ti aiuta a diventare una persona migliore ed e' per questo
che ho molta stima di lei.
Victoria Giannetti
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Il futuro è il cassetto dei nostri sogni
''Papà come sarà il mondo nel futuro?''
''Spetta a noi deciderlo, possiamo lasciarlo così, inquinato e mal gestito o possiamo
agire e cambiar.
Chiudo gli occhi e pochi secondi dopo mi ritrovo vestita da futurnauta a bordo di
una macchina del tempo. ''Whauw! Chissà dove sono?'' penso guardandomi in giro,
poi sento una voce meccanica che dice: ''digitare nome del luogo e del periodo che
si vuole visitare''. Io eseguo e inserisco i dati: 13 Marzo 2599. Non succede nulla, ma
poi con mia grandissima sorpresa si accende la navicella e viene avvolta in un vortice
di luce che ci trascina in pochi attimi in un mondo parallelo. Mi trovo sempre a
bordo, ma sta volando! Sento una strana sensazione, un misto di curiosità, paura e
fascino; sono sola sull'aereo e lo sto pilotando io, come una vera professionista.
Decido di vedere come è il mondo, come lo abbiamo trattato e allora scendo in
Africa. Vengo accolta con grande felicità da tutti gli abitanti. Pensavo di trovare
povertà e tristezza, ma no. Non è così. Conosco una ragazza, Binah, lei mi spiega
cos'era successo: qualcuno si era preoccupato di loro creando una associazione
contro le terribili condizioni di vita che dovevano sopportare gli africani.
L'associazione aveva cambiato il destino di ogni abitante dell' Africa, creando vere e
proprie città, con farmacie, un sistema di acquedotti e fognature, aveva abolito ogni
forma di crudeltà contro ogni essere vivente, e aveva stabilito un governo solido ed
efficace, con una costituzione dettagliata e rispettata da ogni cittadino. Sono
davvero basita di fronte a queste parole, allora faccio scorta di viveri e acqua e
continuo il mio viaggio. Mi avvio verso l'Afganistan, atterro molto distante e poi
proseguo a piedi per paura di qualche attacco. Arrivo a Kabul ansiosissima, ma vedo
un gruppo di bambini giocare con gli aquiloni, mentre i genitori chiacchierano
tranquillamente in un bar. Mi avvicino a un bambino e gli domando cos'era
successo, come si è conclusa la guerra e sopratutto perché. Il ragazzo mi risponde
che per merito di una pace fatta tra le nazioni e gli stati che combattevano aveva
fatto tornare il paese in uno stato di serenità e felicità. Poi chiedo come avevano
fatto a riparare tutti i danni con i pochi soldi rimanenti, lui mi risponde che molti
stati hanno aiutato a pagare i lavori per riparare le città, hanno lavorato tutti i
cittadini per rimetterle in piedi e ha funzionato perché in pochi anni sono riusciti a
concludere l'operazione. Faccio un giro per il paese ed è tutto vero, in Afganistan
c'è la pace. Riprendo l' aereo e vado in Alaska, lì hanno di sicuro bisogno di aiuto,
sopportano condizioni metereologiche allucinanti. Atterro in un villaggio che da
lontano sembrava male organizzato. Sono accolta da una famiglia gentilissima
composta da sei membri. Mi dicono però che alcuni dei loro figli stanno studiando,
capisco la loro situazione, dico che sono genitori fantastici che lasciano andare i figli
in un altro continente rinunciando a stare con loro per evitare che provino le stesse
emozioni che stanno provando loro adesso. Mi guardano come se fossi un alieno, e
mi dicono che i figli studiano in scuole appena dietro casa. Non capisco com'è
possibile e chiedo spiegazioni. Loro mi dicono che sono venuti dei volontari per
aiutarli e hanno costruito dei villaggi con i migliori impianti di riscaldamento del
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mondo così anche loro potevano condurre una vita normale e così è stato, ora
vivono l'estate come in qualunque altro posto del mondo e non devono neppure
preoccuparsi del cibo perché arriva una nave ogni mese con scorte di cibo e giochi
per i bambini dal Canada. Ancora confusa e scioccata prendo l' aereo e arrivo fino in
Grecia. Il mare è limpidissimo, le città pulite e con servizi ben funzionanti. Ogni città
ha un sito storico, e vari musei dove si espongono i ritrovamenti degli ultimi scavi
fatti in quelle zone. Ancora una volta chiedo informazioni a una guida di un museo
che era in pausa pranzo. Il signore è gentilissimo, concede a me il suo tempo libero
per permettermi di capire cosa era accaduto. Inizia a raccontare che non da molti
anni tutti gli abitanti della Grecia avevano pagato delle tasse affinché si potessero
avviare delle procedure di pulizia del mare, restauro delle città e riavvio dei mezzi di
trasporto. Inizialmente la popolazione era abbastanza povera, ma poi pian piano la
Grecia si è arricchita sempre di più e ora è al primo posto come quantità di turisti
ogni anno e ha anche vinto qualche premio per le spiagge più pulite. Sono molto
soddisfatta del mio viaggio e non volevo rovinarlo, ma come posso non dar un
occhiata al mio paese. Allora faccio benzina, sorvolo per un breve tratto il
mediterraneo e atterro a Roma. Arrivo davanti a San Pietro e vedo questa enorme
lastra di marmo con incise le nuove riforme che erano state attuate: i mezzi propri,
se con con un permesso, il weekend non potevano circolare, sono stati aumentati i
controlli per gli autobus, per i posteggi, per il pagamento delle tasse e perfino per
controllare se i cittadini gettavano i rifiuti nei cassonetti. I servizi pubblici funzionano
meglio e più rapidamente, Ostia è stata pulita, dal mare alla città, i siti storici sono
stati più pubblicizzati, queste e molte altre migliorie sono state applicate a tutta la
nazione. È davvero molto realistico, ma non è il presente, perciò se vogliamo che il
mondo sia veramente così, noi, tutti insieme, dobbiamo agire ora, soprattutto noi
giovani perché siamo il futuro. Mi do un pizzicotto e sono sveglia pronta a
trasformare quello che ora è un sogno in realtà.
Michela Oneto
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Un piccolo desiderio un grande segreto
Ognuno di noi ha un piccolo desiderio e un grande segreto che non riesce a tenere
dentro. Per alcune persone lo scrivere è un modo di liberarsi ed esprimere così la
propria rabbia e la propria gioia. Io invece mi libero completamente con il disegno.
Dovete sapere che non sono una ragazza che si esprime senza difficoltà, anzi,
spesso lo trovo difficile perché ho paura di offendere chi ho di fronte. Ecco perché
per esprimermi liberamente disegno. La maggior parte delle ragazze della mia età
ha il proprio diario segreto dove scrivere tutti i pensieri e tutte le emozioni. Beh, io
non ho un diario, ho una psicologa e vi auguro di non averne una a questa età
perché è difficile esporre i propri problemi e sopratutto dire cosa pensi delle
persone grandi. Non è una cosa noiosa, però forse andarci da grande sarebbe più
semplice, nel senso che secondo me i grandi a volte sono più "crudeli" di noi ragazzi;
per loro infatti è più semplice parlare, giudicare e esprimere la propria opinione. Ma
anche noi abbiamo un nostro carattere, un po’ faticoso da gestire, senza bambini la
vita sarebbe più facile e sicuramente più noiosa per i nostri genitori: anche essi sono
stati bambini, perciò alcune volte ci capiscono. Io non vorrei andare più dalla
psicologa. A Ludovica, la mia migliore amica, ho confidato questo piccolo grande
segreto. A dire la verità a giugno finirò e il prossimo anno avrò più libertà. Vi darò
due consigli se vostro padre e vostra madre decidono di mandarvi da una psicologa:
uno, se non ci volete andare giurate di scrivere tutti i giorni sul diario, anche voi
maschi, ma se avete letto il "diario di una schiappa" vi consiglio di prendere un
diario senza scritta, altrimenti vi rovinate la reputazione se vi beccano. Secondo, se
dalla psicologa non sapete cosa dire, improvvisate perché il silenzio che si forma è
imbarazzante. Vi auguro di avere una vita semplice, se esiste, o altrimenti affrontate
con coraggio tutti gli ostacoli che troverete, vi assicuro vi aiuteranno a crescere.
Giorgia Petrella
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2 diari, 2 persone, 2 vite, 2 momenti diversi, ma la stessa richiesta :
pace!!!!
Anne Frank e Zlata Filipovic sono 2 ragazze, vissute in tempo diverso, ma sempre in
epoche di guerra. L‘una è riuscita a salvarsi, l’altra no . Anne era ebrea ed ha vissuto
la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti, Zlata ha vissuto nella guerra della ex
Iugoslavia. Hanno cose in comune e cose diverse: entrambe scrivono per
dimenticare, il diario è un amico, tutte e due vivevano in una famiglia normale,
come bambini normali: guardavano la TV, facevano sport, ma con la guerra tutto è
cambiato: si devono nascondere in luoghi segreti per scappare dall’odio. A nessuna
delle due piace il luogo dove si nascondono e non si sentono a loro agio. Tutte e due
detestano la guerra e l’odio, ma hanno ancora una speranza, come se fossero in un
pozzo profondo e devono arrampicarsi con delle corde per salvarsi. Ad alcuni le
corde sono state tagliate, perché hanno perso le speranza, ma a loro no.
Le cose diverse sono che loro non vanno a scuola, ma Zlata frequenta corsi
pomeridiani di musica, mentre Anne deve procurarsi da sola i libri di testo. Inoltre
Anne ha un bisogno materiale di scrivere, mentre Zlata cresce scrivendo. Leggendo
alcuni passi dei loro diari si nota come la guerra cambia le persone: infatti queste 2
ragazze diventano grandi, e hanno pensieri molto maturi per la loro età ed è triste
vedere come conoscano la cruda realtà.
Cecilia Perinelli
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Stop alla guerra
Anne Frank e Zlata Filipovic sono coetanee, vissute in due periodi di guerra diversi.
Entrambe le ragazzine, non avendo amici a cui riferire ciò che provano decidono di
avere degli amici di carta a cui daranno pure un nome. Dai loro diari si può capire
che le bambine sono infelici a causa della guerra che ha causato in loro e nelle loro
famiglie una tristezza, che prima era del tutto inesistente. Guardano il mondo
nascoste in una cantina, infatti non possono uscire dalla loro "abitazione" per paura
dei soldati nemici che controllano il territorio e che, appena vedono qualcuno,
sparano. La guerra sta distruggendo la loro infanzia, la loro gioia di vivere, ma anche
i loro parenti che dimagriscono a vista d'occhio da un giorno a l'altro. Ma,
nonostante tutto non perdono la speranza di vedere la bandiera della pace
sventolare nel vento. Personalmente, trovo inutile la guerra perché non risolve
niente, anzi distrugge anche la vita di persone innocenti, come i bambini...
Rosa Maria Tommasini
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Anne e Zlata
Anne e Zlata sono due bambine quasi adolescenti che scrivono un diario per
esprimere i loro sentimenti e le loro idee.
Questi due diari, ormai diventati racconti e libri per ragazzi, narrano entrambi
dell'infanzia di queste due bambine passata in balia della guerra.
I diari sono molto simili, ad esempio: Anne scrive il suo come se stesse parlando alla
sua migliore amica di nome Kitty, Zlata fa lo stesso, ma questa volta il nome della
sua amica è Mimmy.
Quando scoppiò la guerra sia Anne che Zlata dovettero lasciare la scuola, di
conseguenza abbandonarono gli studi, però le due ragazze riuscirono comunque a
seguire dei corsi: Anne un corso di corrispondenza di stenografia, Zlata i corsi di
musica e matematica.
La vita era diventata così difficile che le due protagoniste dovettero vivere in
condizioni estreme. Zlata dovette vivere nella cantina di casa sua senza poter uscire,
mentre Anne in una situazione ancora più difficile, infatti fu costretta a stare nella
soffitta di un ufficio. Entrambe dicono però che, anche se i luoghi in cui erano
costrette a vivere erano disagevoli, dovevano per forza restarci perché grazie a quei
nascondigli avrebbero avuto una remota speranza di salvarsi.
La cosa che mi ha commosso di più è stata che sia Anne che Zlata dimostrano nei
loro diari che hanno ancora una speranza e non vogliono arrendersi.
Victoria Giannetti
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Una paura passata
Da bambino, avevo appena sei anni, uscì al cinema il film Spider-man.
La visione di quel film provocò in me un grande terrore per i ragni perché il
protagonista viene morso da un ragno e, dopo una dolorosa trasformazione, scopre
di avere dei poteri. La scena che mi impressionò molto fu quella in cui sulle mani del
protagonista, dopo il morso del ragno, nascevano dei piccoli peletti a forma di
uncino che gli sarebbero serviti per arrampicarsi sulle pareti.
Questa scena suscitò nella mia immaginazione la paura che qualsiasi ragno, anche il
più piccolo e innocuo, potesse farmi del male. Ogni volta che vedevo un ragno o una
ragnatela correvo via con la sudarella; questa paura mi ha accompagnato per molto
tempo e mi ha esposto a brutti scherzi da parte di mia sorella e di mio padre.
Mia sorella mi ha fatto uno scherzo orribile: si era divertita a disegnare un ragno
sulla parete del letto, perciò ogni sera o non riuscivo a dormire per paura che si
spostasse verso di me o dormivo per terra.
Ancora più terribile fu lo scherzo di mio padre che aveva disegnato un ragno tra una
mattonella e l’altra, vicino al pulsante dello sciacquone.
Avevo fatto pipi e quando alzai la mano per spingere il pulsante, sono scappato
terrorizzato.
Un pomeriggio decisi di farla finita con la paura dei ragni. Presi uno straccio e mi
avventai sul ragno con tutto il corpo.
Tolto lo straccio rimasi sorpreso, perché il ragno non era morto, in quanto era solo
un disegno. Da questo episodio, piano piano la mia paura per i ragni è scomparsa
del tutto.
Riccardo Anselmi
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I regali a Natale fanno la differenza
Il giorno di Natale di qualche anno fa, ero ancora piccolo e ansioso dell’arrivo dei
regali di Natale.
Erano le dieci di sera quando chiesi a mia nonna che regali avrei ricevuto.
Mia nonna mi rispose che per me non c’era nessun regalo per Natale da parte di
nessuno.
A me sembrava tutto molto strano perché, sì mi ero comportato un po’ male quell’
anno, ma non tanto da non ricevere regali.
Così, ancora confuso, andai a chiederlo a mia madre che però mi rispose la stessa
cosa.
Avendo la conferma di tutti, diventai triste e andai a letto sapendo che tanto non
arrivava niente. Dopo un’ora mi svegliai, erano le undici e quarantacinque e ancora
si stava giocando a carte.
Andai in salone e non trovai alcun regalo come mi avevano già detto. Quindi andai a
seguire la partita di carte.
Poi però, andando a prendere un cioccolatino in salone, trovai tutti i miei regali e
pensai che almeno Babbo Natale avesse capito che me li meritavo. Tutti, contenti,
mi dissero che per sbaglio la polvere di Babbo Natale mi aveva portato dei regali. La
presi male pensando che ci fossero dei fantasmi.
Solo dopo qualche anno avevo capito che si erano coalizzati per farmi uno scherzo.
Federico Lai
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Un pessimo scherzo
Ero rimasta a casa da sola ed era molto tardi. Stavo vedendo un film dell'orrore
nonostante mi facesse paura.
Finito il film andai in camera mia per dormire, anzi, per tentare. Poco prima di girare
a sinistra del corridoio che in quel momento mi sembrava non finisse mai, tutte le
luci accese si spensero. Un terrore inaudito mi prese il cuore e iniziai a sudare
freddo. Presi la prima torcia che trovai e aprii l'impianto della luce. Non capivo più
niente!
Decisi di chiamare i miei genitori ma non rispondevano. Lo stesso le mie sorelle. Ma
cosa stava succedendo?
"È solo una stupida coincidenza" pensai in quel momento. Infatti avevo ragione
perché due minuti dopo le luci si riaccesero per mia grande fortuna. Mi distesi sul
letto ed ero ancora tremante quando la televisione si accese da sola. Pensai che era
un’ ulteriore coincidenza e che non dovevo preoccuparmi, eppure ero nel panico.
Oltretutto degli strani rumori per tutta casa iniziarono a manifestarsi
incessantemente.
Era tardissimo e molto probabilmente la mia casa era infestata.
Che potevo fare?
L'unica cosa che mi venne in mente fu di prendere un bastone ed esplorare per poi
colpire l'eventuale ladro.Tutte le luci erano accese, ma non vi era alcun rumore... Un
passo, due, tre passi, finché... Ahhh!!!!! Diciamo solo che ero sulla soglia
dell'infarto. Chi era l'artefice? Mia sorella ovviamente. Avendo scoperto dell'horror
in cui mi ero imbattuta pensò bene di mettersi una maschera da killer e di utilizzare
una mazza per spaventarmi a morte. Ero così terrorizata che nemmeno l'avevo
sentita rientrare! Prima la picchiai per vendicarmi, poi mi fece le sue scuse, ma per
una settimana non feci altro che guardarmi le spalle!
Alice Iacomacci
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Solanas: un piccolo paese. ma ricco di emozioni.
Solanas è un piccolo paese che si trova nel sud della Sardegna dove ho trascorso
l’estate da quando sono nato. È un luogo isolato come un deserto, ma ricco per le
sue bellezze.
Si riconosce dal bel mare che sembra di colore verde smeraldo, dallo strano colore
della sabbia con quel suo giallo particolare e infine dalle piante, come i fichi d’india
e gli ulivi. Per me Solanas è un ”paese tradito” perché d’estate tutti vanno per
vedere e “assaggiare con gli occhi” il suo bel mare, mentre d’inverno è sempre
isolato come una mosca nel deserto.
Mi è sempre piaciuta Solanas per la sua aria di paese con due piccole chiese, tre
piccoli supermercati, i piccoli immobili e le sue ville di cui una è proprio la mia.
Sono molto affezionato a questo piccolo paese, perché qui ho vissuto metà della
mia vita con mio cugino di nome Andrea che l’ha reso ancora più allegro.
Penso che Solanas abbia un sentimento grazie anche alle persone che ci vivono.
I miei nonni l’hanno vista nascere e ci sono molto affezionati.
Il mio divertimento è solo lì con i miei cugini in qualsiasi punto di Solanas.
D’estate lì sono sempre allegro, ma quando ne esco divento triste improvvisamente.
L’unica che non è soddisfatta di Solanas è mia madre perché dice che non si può
stare sempre con le stesse persone.
Le do ragione perché è giusto che lei possa conoscere nuove persone di un altro
luogo, ma le do torto perché non bisogna abbandonare i propri cari e quello che ti
sta intorno.
Con delle riflessioni direi che Solanas assomiglia al villaggio che descrive Giacomo
Leopardi nella poesia intitolata “il sabato del villaggio”.
Federico Lai
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Cartesio
“La lettura di buoni libri è come una
conversazione con uomini magnifici dei
secoli passati. Parlare con loro è come
viaggiare”
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“I libri sono ali che aiutano a volare, i libri sono vele che fanno navigare”
Sono nata forse dalle magiche parole di un libro o dal prodigio di una fata… Di sicuro
la mia vita scorre nei sentieri di un mondo incantato: il mondo dei libri.
Sono proprio loro, i libri, che nella mia casa, come nella mia vita, regnano sovrani
incontrastati. Quando leggo, mi isolo dal mondo e mi concentro sulla storia come se
la mia camera diventasse una giungla o, perché no, magari un castello! Bisogna
crescere leggendo perché leggere fa crescere. La frase di Cartesio, mi ha colpito
molto e la approvo in tutti i sensi. I libri “veri”sono ricchi di metafore e similitudini
per trasmettere al lettore un’emozione indescrivibile come la lettura. Per fortuna la
mia famiglia legge molto e fin da quando ero piccola, mi hanno trasmesso questa
passione. I libri sono come degli amici che ti fanno viaggiare nella fantasia, quando e
dove vuoi. Penso che la lettura possa rappresentare uno dei giochi preferiti dei
bambini, un gioco in cui si viaggia, si cresce, si esplora in compagnia di tanti nuovi
amici. Difficilmente un bimbo diventerà un lettore se non vede l'esempio dei
genitori, per questo ringrazio la mia famiglia. La lettura è sempre stata
fondamentale per l'uomo. La capacità di leggere e scrivere gli ha permesso di
svilupparsi e di evolversi. Grazie ai libri possiamo crescere culturalmente, divertirci,
incuriosirci e volare con la fantasia. Non credo sia vero che la passione per la lettura
sia in calo, ma piuttosto, sia "mutata". Attualmente gli adolescenti hanno perso la
voglia di leggere, magari per sembrare grandi oppure perché la considerano cosa da
bambini, ma la lettura non ha età, perciò bisogna dare loro una chance! Chissà,
magari in un futuro, la tradizione di leggere si riprenderà, anche se ormai computers
e videogames l'hanno sostituita. Non mi stancherò mai di leggere, perché leggere è
come navigare in un mare di parole infinite.
Agnese Rocchegiani
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“La lettura è un viaggio che non costa nulla”
Cartesio fu un filosofo del 1600. Una sua frase importantissima è : “la lettura di
buoni libri è come una conversazione con uomini magnifici dei secoli passati. Parlare
con loro è come viaggiare”. Con questa frase, vuole spiegarci l’importanza dei libri,
delle grandi botti da cui attingere cultura e tenersela ben stretta. Cartesio parla
pure di un viaggio. Esistono diversi tipi di viaggi: viaggi di piacere come una gita, il
viaggio sacro, come i pellegrini, che vanno in un luogo dove, magari è apparsa la
Madonna, per pregare e ricevere la grazia. Poi c’è il viaggio della speranza, molto
contemporaneo, compiuto dalle persone che vengono da paesi poveri dove c’è la
guerra, per venire in posti ricchi; infine c’è il viaggio immaginario , come quello
dell’Eneide e dell’Odissea.
Ma i viaggi non si compiono solo tra “luoghi”, sia immaginari che reali, ma anche nel
tempo; questo è proprio il viaggio che l’autore intende.
L’autore come “ buoni libri “ vuole indicare i libri classici. Ma perché proprio i libri
classici?
Perché questi libri ‘buoni’ sono ricchi di insegnamenti. Cartesio ci dice anche che è
come parlare “con gli uomini del passato”, quelli che li hanno scritti e perché quei
libri hanno affascinato milioni e milioni di persone. I classici sono i più belli, quelli
che, quando inizi a leggere, dici: “nooo, …il solito classico…”, mentre poi ti
affascinano con l’energia e la grazia delle parole. Sono libri a cui si riconosce un solo
difetto: “li si legge troppo in fretta”. Non è a caso che i genitori ci dicono “leggi i
classici“. Anche io ho letto molti classici. Quelli che mi sono piaciuti di più sono
stati: il Barone rampante, il Visconte dimezzato, Uomini e topi e l’Amico ritrovato.
Sono uno spaccato della società del tempo antico e del pensiero dell’autore, e sono
libri che non andranno mai persi.
Cecilia Perinelli
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Non è solo un passatempo…
Su questa frase si potrebbe fare un lunghissimo dibattito, ma io proverò a spiegarla
in poche pagine. La lettura non è solo un passatempo, è immergersi con l' anima nel
luogo descritto, vivere quelle emozioni, vedere quei fatti; ed è qui che si nota la
differenza tra un buon libro e uno di poco valore. La lettura di grandi classici è, non
solo bellissima di per sé, ma è anche affascinante il modo in cui è scritto, i costumi
dell'epoche: è quasi come fare un viaggio nel passato e conoscere gli artisti di
grande fama, capire ciò che pensavano, il loro modo di esprimersi, come è nata la
nostra lingua. Questa per me è l' avventura più bella che si possa mai vivere. I diari,
le autobiografie, i romanzi, ognuno è speciale, ognuno ti fa vivere emozioni diverse,
capire come si sentiva lo scrittore. Le parole dei libri, legate insieme, compongono
quasi una melodia che cattura il lettore e lo fa addentrare nel libro. Un libro che
dura una stagione non accende dentro di te alcuna scintilla, non sa capire
esattamente ogni lato sensibile del lettore, un libro non buono non riesce a farlo,
certo può essere una lettura comica, fantastica, ma non è la stessa cosa che
leggerne uno che ha ammaliato diverse generazioni.
Se dovessi paragonare un libro a qualcosa penserei ad un uccello, uno splendido e
maestoso uccello pronto a portare il lettore al di là di ogni immaginazione e farlo
volare via, non pensando ai problemi, alle difficoltà, ma, fidando nell'uccello e
abbandonandosi, vivere parola per parola ogni pagina. Quando leggo, non lo faccio
a voce alta, perché mi piace immaginare un'azione con una voce che mi spiega in
sottofondo e mi piace pensare che quella sia di un narratore del tempo.
Devo ammettere che inizialmente la lettura dei grandi classici non mi allettava
molto, ma mi sono ricreduta, capendo la straordinaria bellezza di questi libri e le
varie trame sempre coinvolgenti e piene di significato. Leggere è come se ci fosse
un'esplosione nella tua testa di sensazioni, colori e vestiti d'epoca: è un' emozione
stranissima, ma entusiasmante e bella.
Pensare di dialogare con Dante Alighieri o Giovanni Boccaccio è fantastico perché in
fin dei conti noi, persone come loro, seppure vissute in epoche e mondi diversi, in
un modo o nell'altro, viviamo sempre le stesse storie. Questa è la parte più bella dei
libri, che non hanno confini, perché la fantasia e l'immaginazione non hanno fine e
si possono pensare le cose più stravaganti, affascinanti e curiose.
I libri sono questo per me, sono tutto ciò che uno vuole.
Michela Oneto
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Le cose scritte rimangono per sempre
“Verba volant scripta manent”
Per me la lettura è molto importante, per non dire fondamentale. Non solo perché
insegna a parlare e a scrivere con correttezza di termini, ma anche perché apre la
mente.
Trovo molto giusta la frase di Cartesio, infatti leggendo un classico spesso si
possono trovare delle riflessioni provenienti dalla mente dell’autore.
Leggendo puoi avere idee tue sugli stessi argomenti, quindi leggere i loro libri è
come confrontarsi con loro.
Per di più leggere provoca sentimenti contrastanti, prediligere un personaggio,
provare pietà o rabbia verso di lui, e se il racconto fosse autobiografico, le emozioni
ricadrebbero sull’autore.
Perciò tra il lettore e colui che ha scritto l’opera ci sarebbe un rapporto che supera
la comunicazione.
Quando un libro è scritto con passione, colui che lo legge è trasportato al suo
interno, come se vivesse in prima persona i fatti raccontati.
Questo è, secondo me , il viaggio di cui parla Cartesio. Un viaggio immaginario nella
propria fantasia e in quella dell’autore.
Leggere per me fa rilassare, distoglie il lettore dai suoi problemi per farlo
concentrare su quelli altrui e sulle loro emozioni e sulle loro sensazioni.
Quindi, quando leggi, ti senti libero e senza troppi pensieri. Almeno fino a quando
non chiudi il libro; a quel punto la verità ti casca addosso e torni a pensare a tutte le
cose che non vanno bene e che ti preoccupano.
Una frase che mi torna in mente spesso, mentre scrivo o leggo qualcosa è: “La carta
è più paziente degli uomini”. Infatti quando leggi, la carta può essere sottoposta a
qualsiasi tortura. Mi è capitato di emozionarmi e di commuovermi tanto da
piangere per la sorte di personaggi mai esistiti, creati dalla fantasia di uomini capaci.
Cosa sono personaggi importanti, famosi, ma anche tragici come Romeo e
Giulietta? Solo parole scritte sulla carta che pazientemente le ha conservate.
Queste parole sanno aprire la mente e far emozionare persone che vivono molto
tempo dopo l’autore.
La differenza tra un grande classico e un libro qualsiasi è proprio questa: un classico
verrà letto per molto tempo dando emozioni ed insegnamenti, inducendo grandi
riflessioni.
I grandi classici non tramonteranno mai perché le cose scritte rimangono immutate
per sempre.
Rossana Maletto
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Un viaggio infinito
Cartesio con questa frase ci vuole far capire l’importanza dei grandi classici, che
suscitano nel lettore uno stato di impassibilità. Grandi classici come l’Eneide, l’Iliade
e l’Odissea hanno affascinato intere generazioni fino ai nostri giorni, anche se sono
stati scritti in epoche molto remote. Sono stati scritti anche molti altri classici, sia
nell’epoca medievale, sia in quella moderna. Per me gli autori di questi libri vogliono
riportare ai posteri grandi guerre o importanti scoperte che possono variare da libro
a libro. Gli uomini dell’antichità hanno fatto molto per proteggere questi trattati e
sono arrivati a noi grazie agli amanuensi che li ricopiavano nei loro monasteri.
Cartesio scrive nella sua frase: ‘leggere questi libri è come conversare con gli uomini
migliori dei secoli passati’. Questa frase è molto vera, infatti quando ti capita di
leggere un grande classico te ne rendi subito conto. Questi classici sono fatti
apposta per attrarre il lettore. Tra i più importanti, oltre a quelli scritti da Omero,
vorrei assolutamente ricordare “ La Divina Commedia” scritta da Dante Alighieri nel
1300. Nel 1300 ci sono stati molti poeti famosi trai quali lo stesso Dante, Boccaccio
e Petrarca. Tutti e tre hanno lasciato un segno indelebile nella letteratura. Non solo
i trecentisti hanno rivoluzionato la nostra cultura, ma anche molti altri autori di altre
epoche. Quindi questi classici sono molto importanti per me e spero che
giungeranno intatti ai posteri.
Francesco Graziani
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Cartesio : Illusione o realtà?
Vero. Una sola parola: verità. È la verità che afferma Cartesio.
Ho letto diversi libri e anche io mi rispecchio fortemente in queste idee.
Nonostante Cartesio sia del 1600, la sua frase accomuna ognuno di noi. La lettura è
uno strumento straordinario e per questo motivo va trattata con cura e passione.
La lettura è la storia, la lettura siamo NOI.
“Parlare con gli uomini migliori dei tempi passati”. Cartesio ha meditato
sicuramente su questo frase. Infatti ha un significato molto profondo e bisogna
andare oltre.
Quello che il filosofo ci vuole dire, secondo me, è che i libri sono una fonte di vita.
Sono così magnifici da farti tornare indietro nel tempo, solo con i loro racconti.
Quindi è quasi un dovere continuare a leggere, perché solo essendo colti e preparati
si va avanti nella vita, solo così avremo un futuro.
L’obiettivo primario dell’uomo, milioni di secoli or sono, era quello di procurarsi del
cibo e trovare un rifugio. Quello dell’uomo contemporaneo è di avere una famiglia e
professare un mestiere redditizio. Ma non saremmo niente senza la cultura o senza
la lettura di buoni libri.
In mancanza di queste siamo in balia del caso, con esse, invece, siamo più forti e in
grado di affrontare la vita, e magari con un bel romanzo che ci accompagna.
“Conversare con loro è come viaggiare”.
Ma viaggiare dove? Nelle storie?
Credo che la seconda domanda faccia al caso nostro.
Viaggiamo direttamente con l’autore e il protagonista. In ogni genere di posto,
situazione. Proviamo tutto ciò che prova il protagonista , a volte ci rispecchiamo in
lui, con i nostri difetti e i nostri limiti.
Leggere un libro classico, ovvero un racconto storico, indimenticabile, che nei secoli
rimarrà ancora è una sensazione indescrivibile. In qualche modo senti qualcosa
dentro di te. Quel libro ci sarà ancora, farà appassionare i tuoi figli e così i figli dei
tuoi figli.
Leggere è come quando fai un viaggio, ti instauri in un’altra cultura a te estranea, ti
imbatti in situazioni sconosciute anche inverosimili.
Ma in un libro devi imparare a viaggiare e soprattutto devi imparare a vagare nella
tua anima, ad assorbire l’insegnamento del racconto, come suscita l’autore.
Concludendo mi permetterei di aggiungere tre o quattro parole al pensiero di
Cartesio:
“Leggere è vivere”.
Pierluigi Damosso
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Viaggiare, fantasticare, scoprire
In questa frase Cartesio aveva racchiuso tanti significati, probabilmente, però penso
che ognuno di noi ne potrebbe dare diversi. Un po’ mi ci rispecchio, poichè ogni
volta che leggo un libro, mi immedesimo in una parte e mi sembra di parlare con i
personaggi. Questo mi capita anche con i libri di testo, che trattano di fatti
interessanti e che mi sembra di vivere.
Quando penso a questa frase mi vengono in mente quelle poche cose che ho
studiato sulla "Divina Commedia" di Dante, grande classico della letteratura italiana.
Mi sembra di essere trasportata in luoghi fantastici, dentro mentalità diverse al di
fuori del mondo reale, in una conversazione con Dante, in prima persona.
Direi che i miei genitori non possono più pensare né come Cartesio, poiché è un
grande filosofo, né come me, perché alla loro età si perde ogni tipo di
immaginazione. Cartesio è un filosofo del 1600, quindi non penso che adesso si
possano trovare frasi come questa, così ispirartici di tante idee. Immagino che
voglia spiegare che quando si legge bisogna farlo con cura, con molta attenzione,
pensando e ripensando, provando a fantasticare su tutte le situazioni e cercare di
ritrovarsi in altri mondi reali e surreali.
Penso che una lettura classica, letta così, potrebbe essere più emozionante e
intrigante, non noiosa come la definirebbero tutti.
Commentare questa frase è come parlare direttamente con Cartesio, raccontare a
lui i miei pensieri sulla sua frase.
Leggere questa frase è come se a un certo punto mi girassi e mi ritrovassi in un altro
mondo e l'aria diventasse limpida.
Insomma penso che questa sia fantastica, allo stesso tempo ricca di significati.
Alice Parrella
47
Cibo
e fantasia
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Il grande giorno
C’è una gran confusione nella pasticceria “Dolci e fantasia”. È la pasticceria più
grande del mondo ed è lì che si svolgono, proprio adesso, le elezioni di Miss
Pasticcino 2011. Le concorrenti, quest’anno, sono venti, l’orgoglio di Paolo e Chiara,
proprietari del negozio. Molte si sono aggiustate il ciuffo di panna, così elegante con
quella forma a ricciolo, di moda in questi tempi. Altre si sono decorate con delle
graziose scaglie di cioccolato, con delle piogge (o nevicate?) di zucchero a velo o con
cuoricini e stelle di crema. Alcune hanno addirittura deciso di chiudersi in un forno,
per dare un bel colore dorato alla pelle. Attraverso le teche di cristallo
affollatissime, torte, pasticcini e biscotti osservano l’importante evento. La vincitrice
interpreterà il personaggio principale in un film, che sarà diffuso anche nelle case
degli esseri umani, da girare a Parigi dal famoso regista Torroncino Morbido. Non
solo è un regista famoso, ma discende dalla nobile dinastia 50% Nocciola! La
presentatrice è un’elegantissima torta Sacher, con una voce così forte da farsi
sentire senza microfono da circa duemila dolci in tutto il mondo; si crede che questa
voce così forte le serva per gridare ai clienti della pasticceria: “mangiatemi!”. Il suo
vestito è del cioccolato più pregiato, e per questo è molto orgogliosa di sé stessa. La
giuria è composta da sei biscotti accuratamente selezionati tra i migliori della terra:
ognuno di loro viene da un posto diverso. Uno di loro ha assistito al più grande
concorso di bellezza di tutti i tempi: l’elezione di Miss Cioccolatino, che si ripete una
volta ogni dieci anni. Tutte le concorrenti, sotto i loro bellissimi sorrisi e le loro
decorazioni, sono emozionatissime, e alcune di loro hanno paura di svenire al primo
passo sul palco. Ecco la prima concorrente, la seconda, la terza e così via, e con un
piccolo rumore di tacchi e un frusciare di vestiti, tutte le concorrenti sono sul palco.
Dovranno cantare, ballare, sfilare davanti alla folla e ognuna si esibirà in una sua
specialità. Quasi tutti i dolci assistono alle elezioni di Miss Pasticcino, direttamente
o alla televisione: alla fine delle esibizioni, molta gente non riesce a staccare lo
sguardo. Ecco che, dopo cinque minuti di riflessione e di silenzio, il portavoce della
giuria consegna alla torta Sacher una grossa busta gialla. La presentatrice fa una
corsetta fino al centro del palco, con tutte le concorrenti allineate alle spalle. Con la
sua voce potente, assume un tono solenne e pronuncia le parole: “la vincitrice è …”
Poi ripete, con lo stesso tono: “la vincitrice è… Azzurrina Muffin!!!”
Un timido gridolino di gioia attraversa la sala, anzi, il negozio intero. La vincitrice si
fa avanti, elegante nella sua semplicità. Ha dei pantaloni attillati, azzurro chiaro, una
camicetta di seta azzurra a pallini bianchi e un giubbottino classico, senza maniche,
rosso con una striscia bianca e le pieghe ben ordinate. Delle scarpette con i tacchi,
rosse avvolgono le sue graziose estremità, ha una borsetta bianca a tracolla. Ha
lucidato con estrema cura la sua ciliegina scarlatta, facendo attenzione a mantenere
la fogliolina in quella posizione che aveva impiegato ore a stabilire. Anche gli
occhiali rotondi avevano attirato la simpatia dei sei biscotti-giuria.
Ormai sembra più che ovvio a tutti : Azzurrina Muffin è perfetta per essere Miss
Pasticcino e, soprattutto, per interpretare l’elegante e simpatica pasticcina parigina
del film!
Milena Dal Piaz
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Isabella e le uova dolci
C’era una volta una ragazza di nome Isabella. La sua famiglia era in ottime
condizioni economiche e vivevano in una splendida villa che si trovava all’interno di
un fitto bosco, ma i genitori di Isabella erano sempre assenti e non
si curavano di lei.
Un pomeriggio la ragazza si sentì sola, come al solito, ma quella volta decise
di fare una cosa senza senso: scappò di casa. Dopo due ore di intenso cammino,
Isabella si trovò davanti ad un grande albero che a prima vista sembrava essere
diverso dagli altri. La ragazza era sfinita e decise di sedersi accanto a quell’albero
per sfogare la sua rabbia. Iniziò a piangere, talmente tanto che il
prato sotto di lei era diventato di un verde splendente, come se prendesse
vita. E fu proprio così, una voce con un timbro molto strano, deciso e
imponente, la fece sobbalzare in piedi. Si guardò intorno ma non vide nessuno,
a un certo punto quella voce riprese a parlare: “Mi hai risvegliato da un sonno
da cui pensavo non sarei mai uscito. Grazie, te ne sono debitore.” Isabella
ancora sconvolta capì che era stato l’albero a parlare. Si girò verso di esso e
rimase a bocca aperta, era di un marrone intenso e di un verde lucente. Era
completamente cambiato. Ancora scossa, Isabella disse: “Chi sei? Che cosa sei?
Non mi fare del male!” L’albero la rasserenò: “Tranquilla non faccio male a
nessuno. Voglio solo ringraziarti per avermi svegliato con le tue magiche
lacrime. Ho visto che sei triste! Tieni, prendi una di queste.” L’albero si
chinò e dalla sua schiena spuntarono delle uova, uova di uno strano colore.
Isabella ebbe un attimo di esitazione ma dopo qualche secondo allungò la mano e
prese un uovo. L’albero a quel punto le disse: “Mangialo, vedrai, ti farà star
meglio!”. Isabella portò l’uovo alla bocca e lo mangiò, senza pensarci due
volte. Dopo un istante, le sue lacrime svanirono e si trasformarono in un
sorriso. Un sorriso che non aveva mai tirato fuori. Capì il suo errore
e tornò a casa più in fretta che poteva salutando velocemente l’albero, sicura
che domani gli avrebbe fatto visita. Passò una splendida serata con i suoi
genitori e l’indomani pomeriggio Isabella andò dal suo nuovo amico un po’
speciale. Era l’unico amico che avesse mai avuto. Trascorreva ogni pomeriggio
insieme all’albero e ogni giorno quest’ultimo le dava un uovo per rallegrarla.
Ma un pomeriggio i genitori decisero di fare una sorpresa ad Isabella tornando
prima a casa. Non la trovarono e provarono a chiamarla a gran voce, ma nessuno
rispose. Rassegnati dall’inutilità di cercare in casa, corsero nel bosco per trovarla,
con quasi nessuna speranza.
Dopo molte ore di ricerca il sole stava calando e per Isabella era ora di tornare a
casa, ma appena si volse vide i suoi genitori che correvano disperati, chiamandola. I
genitori corsero da lei con sguardo furioso. Cercò subito di scusarsi, ma i
genitori erano arrabbiatissimi e avevano ormai deciso una punizione perfida:
Isabella non avrebbe potuto più uscire di casa per il resto della vita. La ragazza
scoppiò a piangere e con una frase riuscì a far cambiare idea ai genitori: “Mamma,
Papà…, voi siete molto indaffarati con il lavoro e io mi sento molto sola
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quando non ci siete! Ho incontrato l’unico compagno che mi capisce e mi tratta
come una vera amica: quest’albero. Mi ha aiutato quando ero triste e sola e mi
ha fatto sentire davvero speciale. Vi prego, non fatemi questo.” I genitori a
questa frase si commossero e lasciarono a Isabella l’opportunità di andare a
trovare ogni volta che voleva il suo nuovo amico. E, mentre tutta la famiglia
felice si stava avviando verso casa, l’albero fece l’occhiolino a Isabella e
lei capì che quella frase che aveva convinto i genitori era dovuta a quelle uova
di sapore dolciastro che la salvarono dall’eterna infelicità.
Giulio Cicolella
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Luisa e Dario
Grazie a un recente studio sulla dietetica dei ragazzi tra i nove i quattordici anni,
condotto da una nota personalità in questo campo, possiamo arrivare a capire quale
sia la più corretta alimentazione da eseguire da un individuo compreso in questa
fascia d'età.
La ricerca non è incentrata solo sugli aspetti scientifici, ma affronta il problema delle
cattive abitudini alimentari degli adolescenti. Infatti i ragazzi sono frequentemente
influenzati da fonti esterne riguardo il mangiare. Al giorno d'oggi i nutrizionisti, per
diffondere una corretta alimentazione, utilizzano vari espedienti, come racconti di
storie dove la morale è la corretta alimentazione. Leggendo la relazione dell'esperto
prima citato ci siamo imbattuti in un interessante racconto che vale la pena di
riportare.
La storia narra di due frutti: una mela di nome Luisa e una banana di nome Dario;
quest'ultimo aveva una personalità estroversa, a differenza di Luisa, un frutto
dolcissimo e molto gentile, ma timida. Questi due giovani si conoscevano solo
perché vivevano sullo stesso pianerottolo, ma non c'era molto feeling tra loro.
Un pomeriggio mentre entrava fortuitamente in una mensa dei poveri, Luisa lo vide
molto felice mentre serviva dei cibi essenziali, ma sani. Si avvicinò e lo salutò con
tanta ammirazione perché quello che Dario stava facendo per la gente era molto
bello.
Luisa gli chiese se volesse andare con lei e dei suoi amici al cinema, e Dario molto
entusiasta dell'invito accettò. Appena arrivarono videro un signore anziano in
difficoltà e lo aiutarono. Tra i due vicini di casa nacque un'intesa talmente forte da
trasformarsi in amore. Insieme iniziarono a progettare di impegnare la loro vita nella
costruzione di una nuova mensa per bambini poveri, dove avrebbero prestato molta
attenzione nel sensibilizzarli in modo giocoso a una corretta alimentazione. Una sera
mentre erano alla mensa dei poveri a servire il cibo, Dario chiese a Luisa di sposarlo
e lei con entusiasmo le rispose subito di sì. Dopo qualche mese si sposarono ed
ebbero subito un figlio che chiamarono Macedonia. Dario e Luisa crearono molti
eventi per raccimolare il denaro per la loro mensa dei sogni. Molti furono a donare
soldi e aiuti, trovarono architetti, avvocati, pensionati, giovani e ognuno contribuì
per quello che poteva dare e fare. Dopo tre anni dalla nascita di Macedonia,
inaugurarono “Passion fruit” la mensa per bambini più allegra del mondo perché
dall'amore non possono che nascere e crescere progetti per buone intenzioni.
Matteo Conti
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L’albero dalle uova dolci e la Fata
Una fata dagli occhi blu, dai vestiti eleganti e dai capelli d’oro, faceva
crescere un albero che produceva uova dolci. Per questo motivo tutti i bambini
desideravano di poter assaggiare un giorno quelle uova. Ma la fata non
consentiva loro di avvicinarsi all’albero e di raccogliere le uova se non dopo
essersi accertata che i bambini avessero compiuto una buona azione. L’albero
con i suoi splendidi frutti però attirava l’attenzione di tutti i bambini, buoni
e cattivi. Per questo motivo dei bulletti del paese che, ovviamente, non
riuscivano a meritare le dolci uova, decisero di rubarle e nasconderle per farne
una scorpacciata l’indomani. Così si diressero verso il campo dove cresceva il
magico albero e lo spogliarono di tutte le sue uova. Ma la fata, saggia e
magica com’era, si era accorta che quei ragazzi stavano tramando di rubarle le
uova. Si recò sotto l’albero e quando lo vide spoglio dei bei frutti, con una
magia, riuscì a far sì che le uova magiche rubate, da dolci diventassero più aspre
e amare del fiele. Così quando i ladri bambini assaggiarono le uova la loro bocca si
infuocò e per una settimana intera non riuscirono a mangiare. Distrutti da
tanta sofferenza decisero di recarsi dalla fata per farsi perdonare. La fata
apprezzò il loro gesto e regalò ad ognuno di loro un uovo dolce. Ancora oggi
si racconta che i bulletti siano ancora lì a leccarsi i baffi. E così, da quel
giorno in poi, anche chi fino ad allora era stato cattivo prese un uovo non per
furto, ma per merito.
Margherita Criscuolo
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L’incredibile storia di Mr. Banana e Mr. Apple
C’era una volta, in un paese sperduto delle regioni calde e aride, una casetta
alquanto stravagante. Lì ci vivevano i signori Apple.
Intanto dall’altra parte della strada, vicino alla casa della famiglia di cui vi ho appena
parlato, c’era una villa imponente. In quel luogo da nobili vivevano i signori Banana.
Le due famiglie si odiavano, l’una gelosa dell’altra. Ma non si accorgevano che
sbagliavano entrambe. La famiglia degli Apple invidiava la villa dei Banana, ma allo
stesso tempo quest’ultima odiava la prima per un motivo assai più importante di
una stupida casa, la detestava per il fatto che nella casa degli Apple c’era l’amore.
Era proprio l’amore che regnava lì dentro. I problemi si affrontavano e si risolvevano
e nessuno aveva da lamentarsi, perché la cosa più importante è la famiglia.
Ma nonostante questo i due membri più piccoli delle due “casate” rivali erano
ottimi amici. C’erano sempre l’uno per l’altro in ogni momento e si conoscevano a
memoria. L’unico momento in cui litigavano era quando il piccolino degli Apple
cercava di sbucciare il bambino dei Banana. Anche se, poco dopo, la pace arrivava
sempre.
Ma un giorno i signori Banana, decisero di architettare un piano, uno stratagemma
per farli separare, e anche se il piano era arduo, non mancava loro la voglia di
rovinare l’amicizia dei bambini.
“Dobbiamo trovare un modo, uno spiraglio. Un elemento che distrugga la loro
amicizia”, sussurrò piano la signora Banana.
Il marito grugnì come era suo solito e rispose in tono di chi si è appena svegliato:
“Ma come? …È impossibile! …Aspetta”, riflettè per qualche attimo e ... “Ho trovato.
Potremmo dire a nostro figlio che il bambino Apple ha parlato male di lui e che noi
lo abbiamo sentito mentre andavamo a buttare la spazzatura.”
Per un attimo la signora Banana guardò fissamente e indecisa il cassonetto dei
rifiuti, ma poi acconsentì.
Così andarono dal figlio e in tono teatrale dissero: “Tuo padre. Ha sentito il figlio
degli Apple che malediceva il tuo nome…, piagnucolava, essendo geloso di ciò che
possediamo”.
Il bambino inizialmente non ci credette, ma, condizionato dai genitori in modo così
crudele, si trangugiò questa bugia e la dette per vera.
A questo punto si vestì velocemente e andò di corsa, senza neanche preoccuparsi
della strada, a casa degli Apple.
Suonò educatamente il citofono.
Lo ricevette alla porta la signora degli Apple: “Ciao tesoro, ti chiamo mio figlio?”,
con la voce più dolce che potesse avere.
“ Me lo trovo da solo”, rispose il bambino senza pensarci.
Entrò bruscamente in casa e bussò alla camera del suo migliore amico, il ragazzino
degli Apple lo accolse e lo fece mettere comodo sul suo letto. A questo punto
uscirono le parole pungenti di Mr. Banana. Mr. Apple si stupì e non credette che i
genitori del suo amico, avessero potuto dire una cosa così grave. Allora con il tono
più amichevole che aveva gli disse:
54
“Amico mio, ti sono stato sempre vicino e non ti ho mai tradito. Anche se i nostri
genitori sono rivali, ti ho sempre voluto bene e considerato come un fratello. Non
potrei mai volerti male o fartene”.
A queste parole l’altro ragazzo arrossì e all’improvviso dette uno spontaneo
abbraccio al suo migliore amico. Un abbraccio che solo un amico può dare.
Pierluigi Damosso
55
Tim e Sara
Tim è proprio un bel ragazzo !!!!! Alto, magro, con un bellissimo colorito giallo sole,
orgoglio della famiglia, casco di banane, è maturato da poco ed è in cerca di qualche
bella bananina.
Sara, invece, è una splendida mela della grande famiglia Melinda, di color rosso
fuoco ed ha una forma perfettamente sferica ed una polpa dolce e zuccherina : una
mela da sogno.
Sara osservava sempre Tim con occhi sognanti e già si immaginava al suo fianco per
sempre.
Anche Tim aveva notato quella mela tanto carina ed, essendo stanco delle solite
banane, tutte magre, tutte alte, tutte gialle – e se provassi a cambiare frutto? – si
chiedeva.
Così cominciò a prendere seriamente in considerazione Sara.
Osservandola si innamorò delle sue forme tondeggianti, e del suo rosso sgargiante.
Fu amore a prima vista, una vera passione che suscitò in loro un grande e vero
sentimento.
Nel loro paese, la Macedonia, era stata istituita una legge che impediva ai diversi
tipi di frutta di frequentarsi.
Però i due innamorati non volevano rinunciare alla loro passione.
Così il giorno della festa nazionale, durante il discorso del sindaco Perindo, si
impadronirono del microfono e fecero un lungo, anzi no, un lunghissimo discorso,
ispirato alla bellezza, alla diversità e al fatto che una legge non può ostacolare il
vero amore.
Pur di farli smettere, per non far addormentare tutto il paese dalla noia, il sindaco
diede loro ragione e abolì la legge.
Tutto il paese tirò un sospiro di sollievo, in particolare le famiglie di Tim e Sara che
non ne potevano più di tutti i lamenti dei giovani frutti.
Però rimaneva ancora un problema: il matrimonio; le famiglie Casco e Melinda
avevano già preparato una bellissima casetta a forma di Ananas; però non avevano
idea di come una mela e una banana potessero avere dei fruttini.
Il problema venne risolto dal mago mandarino: Fruttosio.
Egli trasformò con un incantesimo Tim e Sara in un nuovo piatto di frutta.
Da allora in poi tutte le coppie di giovani innamorati si recarono dal mago Fruttosio,
che li unisce in una splendida …MACEDONIA, che oltre ad essere gustosa fa anche
bene alla salute.
Victoria Giannetti
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La storia d’amore tra la mela e la banana
C’era una volta nel paese di fruttolandia una famiglia molto nobile e altolocata, era
la famiglia delle mele, la quale voleva dare in sposa la sua primogenita, la
principessa Melania, a colui che avrebbe dimostrato di essere coraggioso e degno.
Tanti si offrirono, ci furono delle file chilometriche di pretendenti, ma tutti furono
rifiutati dalla principessa perché non corrispondevano alle sue aspettative, pur
essendo di famiglie nobili, di aspetto gradevole e ardimentosi; finché un giorno la
principessa decise di fuggire dal castello di nascosto, vestita da semplice cittadina.
Uscì dal castello e si avviò verso la zona esterna della città in cerca di un principe ma
non conoscendo molto bene quella zona si perse.
Trascorse una notte fuori, finché al mattino un giovane ragazzo la trovò e la aiutò
conducendola nella propria abitazione.
Questo ragazzo, che si chiamava Bananido, apparteneva alla famiglia delle banane e
lei, sapendo che la famiglia delle banane era la più povera della città, non si fidò
molto di lui.
Quando la principessa entrò dentro la sua casa rimase molto sorpresa perché non
era una dimora grande e lussuosa, ma una casetta molto piccola dentro la quale
c’era solo un letto, un tavolo e una cucina.
I due iniziarono a parlare: Bananido le chiese perché si fosse smarrita, Melania gli
rispose che apparteneva alla famiglia delle mele e che era la principessa del paese.
Bananido sorpreso si inchinò al suo cospetto e le chiese perché si fosse avventurata
in quella zona e Melania gli rispose che era in cerca di un principe, e gli disse che
tutti i ragazzi che le si presentavano erano belli sì, ma non erano come li voleva lei.
A quel punto Bananido chiese alla principessa se volesse rimanere con lui e che il
giorno dopo l’avrebbe riportata alla reggia.
Melania accettò l’invito, anche perché parlando con lui, capì che era un ragazzo
onesto e gentile.
Intanto al castello il re che aveva scoperto che la figlia era scappata e mandò degli
uomini a cercarla.
Il giorno dopo Bananido si svegliò alle cinque perché doveva mungere le sue
mucche con lo scopo di prendere il latte per la colazione.
Quando la principessa si svegliò trovò già il latte pronto a tavola e fece colazione
con Bananido.
Finito di fare colazione, la principessa montò sul cavallo di Bananido e in breve
raggiunsero il castello.
La principessa scese dal cavallo e salutò ringraziando Bananido, poi, salite le scale
del palazzo, arrivò dal padre che le chiese cosa le fosse successo.
Gli raccontò tutta la storia e disse che aveva trovato un ragazzo onesto e gentile e
che lo voleva sposare.
Il re pieno di felicità chiese alla principessa di dirgli il suo nome e Melania rispose
che si chiamava Bananido e che apparteneva alla famiglia delle banane.
Il re dopo aver sentito quest’ultima frase assunse un tono severo e disse alla
principessa che non era possibile che le si sposasse con un ragazzo della famiglia
delle banane.
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La principessa fece capire al padre quanto amava quel ragazzo e gli disse che
l’importante non è essere ricchi o nobili bensì essere onesti, buoni, gentili e altruisti.
A quel punto il re rimase senza parole e capì che la figlia aveva perfettamente
ragione.
Lei ringraziò il padre e con l’aiuto delle guardie andò a casa di Bananido e gli chiese
se voleva diventare il suo principe.
Bananido pieno di felicità accettò e i due ritornarono al castello, dove il giorno dopo
si festeggiò il loro matrimonio e vissero felici e contenti.
Francesco Graziani
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Una bella macedonia
Un giorno di una calda estate, una banana si sentiva molto sola e decise di
scappare dal suo paese per cercare compagnia e fresco. Dopo aver viaggiato a
lungo e visto molti posti, si ritrovò su una panchina a prendere il sole e a
riflettere sulla propria solitudine. Stava quasi per piangere quando sentì un
rumore dietro di sé, si girò e vide una mela rotolare giù dalla collina tra le
foglie. Si avvicinò per soccorrerla, ma la mela subito si mise in piedi e, ridendo,
disse alla banana : “ Accidenti che brutto volo! Mi sembrava di non fermarmi
mai!”. La banana guardava la mela a bocca aperta per capire se si fosse fatta
male. Poi alla fine la invitò a sedersi per riprendere fiato e così, dopo una
lunga chiacchierata, decisero di proseguire insieme la loro avventura alla
ricerca di compagnia. La banana raccontò da dove veniva, riferì del gran caldo
del suo paese e di come si era staccata da tante sorelle. La mela raccontò che
lei veniva da un posto troppo freddo dove pioveva tanto e c’era tanta umidità.
Così, parlando del più e del meno, tra un capitombolo ed uno scivolone,
lungo la strada accolsero un goffo e peloso kiwi, caduto da un carretto, più in
là una grossa arancia in compagnia di un piccolo mandarino e, entrando in
città, una grossa ananas, dall’aria arrogante, si unì al gruppo. Tutti insieme
ridendo e scherzando, ognuno raccontando la sua, si avviarono verso la strada
principale e, dopo aver girovagato a lungo, decisero di trovare una fonte per
rinfrescarsi. Ci fu grande meraviglia quando si vennero a trovare al centro di
una splendida piazza, davanti ad una fontana da cui zampillava maraschino.
Allora tutti insieme si tuffarono dentro e, con una grande sbronza, diedero
vita a una bella macedonia.
Riccardo Anselmi
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La vita di una scodella
Voi pensate che la vita di una scodella sia una lagna, che i giorni nella vita di una
scodella siano tutti uguali, che non ci sia niente da raccontare su una scodella. E
anche io lo pensavo, infatti non mi ricordavo nemmeno un racconto su di essa e
neppure una poesia o una canzone. Poi mi capitò di vedere una scodella nascosta in
un angolino. Era impossibile vederla, ma mi sono accorto di essa dal profumo della
minestra che conteneva. Quando cercai di prenderla si infilò in un buco dove era
impossibile raggiungerla. Addirittura era una scodella parlante, allora le dissi che
poteva fidarsi perché non le avrei fatto alcun male e così mi raccontò la sua storia.
“La mia vita è sempre stata una lagna, – disse la scodella – sempre le solite pappe,
le solite pastasciutte, le solite minestre, tanto è vero che voi umani dite: “…ecco la
solita minestra” quando si tratta della solita cosa già vista. Infatti io non mi sono mai
appassionata a nessuna minestra, le ospitavo per il tempo che finivano nella bocca
dei miei padroni e …addio, senza rimpianti. Però, un giorno, capitarono sul tavolo
pomodori, sedani, cipolle, carote e patate che non avevo mai visto prima. Erano
belli e profumati. Chiesi da dove venissero e mi risposero: “Noi veniamo dalla Nuova
Zelanda”. “E dove sta?” chiesi, “Dall’altra parte del mondo, abbiamo fatto un
viaggio lunghissimo per arrivare” mi risposero. Tra noi in pochi minuti nacque
un’amicizia e quando furono adagiati su di me decisi che stavolta non mi sarei
separato da essi perché non si trattava della solita minestra, volevo salvarli dalla
bocca dei miei padroni e in cambio mi sarei fatta portare in Nuova Zelanda e mi
sarei stabilita là”. “Scappai dal tavolo quando nessuno mi vide e mi misi in viaggio,
ma devo aver perso la strada perché non riesco a raggiungere la Nuova Zelanda,
anzi, a dire il vero, ancora devo capire dove sta. Tu non mi potresti aiutare?” chiese
la scodella. Ci crediate o no, misi la scodella in una scatola e feci un bel pacchetto.
Poi andai alla Posta e ci salutammo per sempre. L’avevo spedita in Nuova Zelanda
quella insolita minestra.
Daniele Ingenito
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Dolcilandia…
Nel paese di Dolcilandia, nella regione della panna, per essere precisi nella città dei
bignè, si teneva ogni anno il famoso concorso di “miss pasticcino”.
Dolcilandia era un paese fantastico; era stato creato dalle fate buone e si trovava
nel regno della fantasia dei bambini.
Lì, i fiumi e i laghi erano di limonata, di quella dolce però, non di quella aspra che
piace solo ai dottori e le montagne erano di cacao e, se arrivavi molto in alto, potevi
perfino staccare un pezzetto di nuvola di zucchero filato.
Potevi vedere dovunque cascate di cioccolata calda e alberi di lecca-lecca. Si
potevano osservare numerose variopinte colline di gelato ricoperte da fiori di
marshmallow. Le case erano fatte del più puro cioccolato bianco con finestre di
zucchero e tegole di biscotto.
Gli abitanti erano orsetti gommosi, omini di marzapane e dolcetti buonissimi.
C’erano feste tutti i giorni e la più importante era, appunto, il concorso di “miss
pasticcino”. Quell’anno le favorite per il titolo erano miss Crostatina, una crostatina
alla ciliegia molto antipatica, e madonna Cassata, una cassata molto egoista e
viziata.
Vi era poi una ciambellina molto gentile e graziosa che aspirava al titolo, purtroppo
però era la servetta di madonna cassata che non le aveva permesso di iscriversi al
concorso.
La povera Ciambellina era dunque costretta a passare le sue giornate a lavorare per
la cassata, piangendo lacrime di crema.
Un giorno madonna Cassata invitò a casa sua l’organizzatore del concorso: un
orsetto gommoso alla menta di nome Mentolino.
Durante il pranzo l’orsetto sentì il pianto di Ciambellina e, con una scusa, si
allontanò da tavola per controllarne la provenienza; così scoprì la ciambellina
disperata che tra le lacrime gli raccontò la sua situazione.
Per Mentolino fu amore a prima vista, quella ciambella era tanto dolce e carina…, le
promise che avrebbe fatto qualunque cosa pur di farla partecipare al concorso, così
si dettero appuntamento alla fontana delle caramelle per il giorno successivo.
Mentolino tornò dalla cassata, ma il suo cuore stava ancora navigando nei bellissimi
e zuccherini occhi di Ciambellina, che, da parte sua, sentiva nascere una speranza e
un nuovo sentimento verso quell’orsetto tanto gentile…
Il giorno dopo i due innamorati si incontrarono ed escogitarono un piano fantastico;
quando Ciambellina tornò a casa si sentiva tanto felice da non accorgersi nemmeno
dei rimproveri di madonna Cassata.
Il giorno del concorso Mentolino chiamò tutte le più belle pasticcine del regno per
premiare “miss pasticcino”, tra esse c’erano madonna Cassata, miss Crostatina e
una bellissima dolcetta misteriosa che indossava un elegantissimo vestito di
zucchero filato e uno stupendo paio di scarpe di meringa, sul volto portava una
maschera dello stesso materiale.
L’orsetto prese un foglio e iniziò a leggere: - miss pasticcino di quest’ anno è…
Ciambellina! - Allora la dolcetta misteriosa fece un passo avanti e si tolse la
maschera: era proprio lei, Ciambellina.
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Cassata era rossa dalla rabbia mentre Mentolino poneva la splendida corona di
cioccolato sul capo della nuova reginetta.
Tutti i sogni di Ciambellina si erano realizzati; lei e l’orsetto si stringevano in un
dolcissimo abbraccio che avrebbe sciolto anche il più duro dei cuori di cioccolata.
Rossana Maletto
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Chiara
Miss Pasticcino non è il titolo di un film né il nome di una mousse, è semplicemente
il nomignolo con il quale etichettavamo Chiara. Era una ragazza vanitosa ed
altezzosa con un pessimo carattere che l’aveva allontanata da quei pochi amici che,
sfidando ogni legge sulle persone antipatiche, nonostante ciò, le volevano bene e le
volevano essere vicini ad ogni costo. Si riteneva bella, intelligente e persino
affascinante. Il suo unico problema era però la voglia che aveva di ingurgitare tutto
ciò che conteneva zucchero, meglio chiamato dolce. Si vantava di essere una
grande estimatrice di mousse, creme, bignè, torte, gelati e cosi via, però la verità
era che a furia di mangiare tutti quei dolci, Miss Pasticcino era diventata una
meringa con i piedi. I capelli rossi e il naso a patata le conferivano un’aria da
plumcake, tanto che quando camminava tra la gente, si sentiva persino un odore di
dolci appena sfornati. C’era qualcuno che asseriva persino che Chiara si profumasse
con lo zucchero filato sciolto nell’acqua. Ma forse questo era proprio esagerato.
Non so se si rendesse conto del suo strano modo di vivere, certo è che il giorno in
cui decisi di avvicinarla non ebbi una brillante idea. Era appena finito l’inverno e già
si respirava un’aria diversa, con il sole che prepotentemente cercava di rendere le
giornate ancora più miti. Clara non deve essersi alzata alla stessa maniera quel
giorno, perché dal suo cervello zuccheroso si sviluppò un’idea alquanto strana.
Voleva rendersi visibile alla gente ed al mondo, ma soprattutto quel giorno voleva
che tutti si accorgessero di lei. Fu cosi che mentre noi ci riunivamo per la solita gita
in bici al fiume che tagliava in due il paese dove mi trovavo, Miss Pasticcino superò
sé stessa. Sì, perché, si presentò con un cappellino a falde larghe, larghissime, con
sopra una varietà coloratissima di bignè. Fu un grande ‘guarda guarda’ generale,
soprattutto perché Clara non si era resa conto che con il suo cappellino aveva
stuzzicato l’appetito degli uccellini che si trovavano in quel posto; quando se ne
accorse fu troppo tardi. Miss Pasticcino si muoveva goffamente per liberarsi dai
volatili, e fu cosi che si ritrovò a gambe all’aria dentro il fiume gelato. Inutile
descrivere le risate di noi tutti. Adesso si sentiva veramente nell’aria profumo di
zucchero filato e mentre in coro urlavamo: “Ehi!! Miss Pasticcino, come va???”
Clara, ovvero Miss Pasticcino, mostrava una risata divertita, e così, per la prima
volta, vedemmo Clara ridere di gusto, ma era un gusto diverso da quello che
provava dall’ingurgitare dolci di ogni tipo.
Federica Miani
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Che c’è per cena…
“Che c’è per cena ?”
“Minestra”
Questo era il dialogo che puntualmente si ripeteva alle otto di sera, senza nessuna
variante.
Erano ventotto giorni che si mangiava minestra, da quando mi avevano portato dal
medico, che aveva prescritto quella dieta.
Ormai ero capace di distinguere, a seconda della tonalità assunta dal piatto, le
verdure che erano state utilizzate nella zuppa.
Iniziava a nascere in me un desiderio di vendetta. Volevo essere come gli eroi dei
miei libri, scappare di casa, vendicarmi, ma non avevo ancora letto di qualcuno che
si era trovato nell’imbarazzante situazione di dipendenza da una dieta.
Accadde quando mi venne servita la minestra: cavoli e carote. L’odore del cavolo
iniziava già a diffondersi nell’aria e ci voleva tutta la buona volontà di mia madre per
dire che era delizioso.
Per me era decisamente troppo. Già valutavo le possibilità di raggiungere la porta
della camera senza essere intercettata da mia madre.
Solo allora mi accorsi che la minestra si muoveva. Girava vorticosamente su se
stessa, fino a raggiungere una velocità tale che si sollevò in aria. Ne uscì fuori una
figura. Era incappucciata e non riuscivo a vedere il viso, ma onestamente non ne
avevo nessuna voglia, tanta era la paura che mi incuteva solo il cappuccio di
quell’essere. La prima cosa che pensai fu di scappare, ma le gambe non risposero ai
miei ordini. Sto sognando, pensai, oppure sono morta e questo è il guardiano
dell’inferno. Ma non potevo essere morta. Sentivo ancora l’odore della minestra e
mia madre che cucinava cantando un motivetto e…, e poi sentii la voce. Era
profonda e lontana, come se provenisse veramente dall’Oltretomba. “Il tempo è
quanto di più sicuro e allo stesso tempo incerto possa esistere. Giocare con esso
può essere pericoloso quanto istruttivo. A te è data l’opportunità di capire e
cambiare”, mi disse quell’essere.
Detto questo mi prese per mano, diedi un’ultima occhiata alla stanza e a mia madre
che continuava a cantare senza prestarmi alcuna attenzione, già rassegnata a volare
ad altezze vertiginose o a sprofondare nelle cavità della Terra o…, ma non accadde
niente del genere. Sembrava che fosse cambiato il paesaggio, come se avessero
cambiato la scenografia di uno spettacolo.
Un attimo prima ero in salotto, davanti al piatto di minestra, un attimo dopo ero
in…, in realtà non avevo idea di dove fossi; sapevo solo di trovarmi lontanissimo da
casa, forse addirittura su un altro pianeta. Non riconoscevo quel luogo così desolato
e senza anima viva. Non sapevo quanto tempo fosse passato, se un secondo o dei
secoli. Iniziavo a capire cosa intendeva quell’essere quando mi disse che giocare con
il tempo poteva essere pericoloso.
Ero ancora immersa in questi pensieri quando mi accorsi che il mio accompagnatore
era sparito. Non potevo certamente definirla una compagnia allegra e vivace e la
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sua conversazione era pressoché inesistente, ma mi dava conforto il pensiero di
avere qualcuno accanto in quella valle desolata.
Dopo alcuni minuti di totale disperazione, decisi di incamminarmi.
Vagavo senza una meta, senza seguire un sentiero; l’unica certezza era che faceva
molto caldo. Arrivai in un villaggio e capii subito che non ero su un altro pianeta, ero
in Africa: in uno dei tanti villaggi africani tanto raffigurati nei libri. A scuola avevo
anche fatto una ricerca, ma non mi sono mai interessata all’argomento. Vedevo
molti ragazzi, avevano la mia età, forse anche più piccoli, e già lavoravano. I più
piccoli restavano a casa, a rotolarsi nel fango, piangendo, sotto il controllo dei più
grandi. Era chiaro che non mangiavano da alcuni giorni e che non avevano mai
mangiato a sufficienza. Entrai in una casa. Casa in realtà è una parola grossa, era più
che altro una capanna. Pensavo che mi avrebbero cacciato, invece nessuno parve
accorgersi della mia presenza. Evidentemente erano abituati a ricevere persone, e
quel via vai era perfettamente nella norma. La capanna era praticamente vuota.
C’era solo della paglia per terra, con qualche straccio messo a mo’ di coperta, che
evidentemente costituiva il letto dei ragazzi, e qualche sgabello. La porta della
capanna era aperta e vidi un bambino che passava per la strada. Era magro, con le
guance scavate, le costole che si sarebbero potute contare. Mi fissò con occhi
supplichevoli. Ci guardammo negli occhi tutti e due per un secondo. Che differenza
c’era fra lui e me? Nessuna. Però io ero benestante e lui povero, io mangiavo bene e
lui non mangiava a sufficienza rischiando di morire di fame. C’era un fosso a
separarci, eppure per un secondo ci siamo sentiti uniti, come due fratelli. Poi se ne
andò.
“Credo che hai visto abbastanza”. Trasalii. Accanto a me c’era quell’essere, il mio
accompagnatore. Mi prese per mano. La capanna sparì con la stessa facilità con cui
era apparsa e mi ritrovai a casa.
Mia madre stava ancora cantando.
Bianca Patarnello
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Gianduiotto…
Gianduiotto era un paesino sperduto tra le montagne. Nessuno sapeva della sua
esistenza perché era stato costruito da un mago oscuro stanziatosi lì molti anni
prima. All’inizio era un piccolo agglomerato di capanne, ma poi molti popoli
avevano lasciato il loro segno; archi, chiese, maestosi palazzi reali ed una fabbrica.
Una fabbrica? Sì, una fabbrica di pasticcini. Nel paese c’era la tradizione dell’arte del
fare i pasticcini. Gianduiotto era governato dalla ricchissima famiglia, che viveva in
un palazzo maestosissimo. I componenti di questa ricchissima famiglia erano 3; la
contessa De Gianduiottis, una signora sui quarant’anni, sempre truccata e ben
vestita, sempre agghindata e con i capelli acconciati con corone e forcine. Poi c’era
il conte De Gianduiotto, sempre vestito con un elegantissimo gessato e sempre con
il naso ficcato in qualche libro o giornale. Il conte e la contessa avevano una figlia,
Meringa. Aveva circa 11 anni, i capelli color cannella, lunghi fino alla vita, la pelle
chiara e vellutata con qualche neo qua e là e con gli occhi blu oceano. Meringa
viveva tutto il giorno nel castello, senza neanche poter uscire nel cortile. Ma
perché? Perché molti anni prima, ad una festa aveva mangiato così tanti dolci, tutti
in una volta, che aveva avuto mal di pancia fino ad arrivare in punto di morte, ma
poi, per la felicità dei suoi parenti e del paesino, si era rimessa. Meringa avrebbe
tanto voluto vedere la fabbrica di pasticcini, e perché no, mangiarne pure uno. Dalla
finestra vedeva tutti i bambini che si sedevano sulle panchine e, ridendo e
scherzando, si godevano quel pasticcino. Ogni giorno questo desiderio cresceva di
più, finché, un pomeriggio, mentre stava comodamente accoccolata sulla poltrona,
sentì qualcosa vibrare. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Successe lo stesso
per altre tre volte. Poi ne capì l’origine: era un vaso. Il vaso continuò a tremare
finché non fu sul punto di cadere. Meringa, istintivamente lo prese e al contatto con
la sua mano ne uscì una fata: era fatta di luce ed intorno a lei aleggiava una
nebbiolina biancastra. “etciuuù!!!” starnutì. Poi con fare irrequieto volò per tutta la
stanza, lasciandosi dietro polvere di fata. Meringa era terrorizzata; le fate le aveva
viste solo nei libri. Allora la fata le si avvicinò e con una voce vellutata le chiese: “tu
vorresti vedere la fabbrica dei pasticcini, vero?”
“Sssì..., sì...” rispose tremante Meringa. Il volto della fata si illuminò. Alzò la
bacchetta e.... Meringa si sentì mancare: i suoi capelli ed il suo corpo si
trasformarono in panna e si arrotolarono a mo’ di cono. “ecco fatto” disse contenta
“ed ora ...alla fabbrica” e puntò la sua bacchetta sopra le loro teste ed un vortice le
prese; Meringa vide con la coda dell’occhio che la fata si stava trasformando in una
ciliegia e si era posata sulla sua testa.
“Uuuuuuuuuuuu” “tumtumtumtumtum” facevano le macchine. Meringa si alzò. Era
in un posto dove faceva maledettamente caldo. Si guardò intorno, si trovava in una
sala immensa; c’erano libri di cucina accatastati, uno sull’altro. Immensi registri,
trofei, bacinelle per mettere la pasta ed un armadio mezzo aperto dove si
intravedevano chili e chili di farina, di cacao e di altre cose buone. Sentì la fata che
le sussurrava all’orecchio: “vedi, questo è il magazzino. Lì ci sono le dispense” disse
indicando l’armadio “quel cacao è tutto da mettere sui pasticcini e quei trofei sono
quelli che ha vinto la fabbrica. Vieni, mettiamoci qui dentro ed aspettiamo che
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qualcuno ci venga a prendere” disse indicando una bacinella. Proprio pochi istanti
dopo entrò un cuoco e le portò via. Le macchine che facevano rumore erano i forni.
Il cuoco le portò in una stanza. Meringa riuscì a leggere “cuoricini”; era fuori di sé, le
piacevano tanto. Il cuoco posò la bacinella su un ripiano altissimo, così Meringa
potè vedere tutto bene dall’alto. Ma all’improvviso una manona prese la bacinella.
Doveva essere usata per fare l’impasto!! Così vennero impastate prima con le uova,
poi aggiunsero sale e farina, ne fecero un grande impasto e le misero nel frigo con il
domopack. Stesero la pasta e la stritolarono bene bene con il mattarello e le misero
nel fondo a 180 gradi. Meringa era sfinita, era stata sballottata a destra ed a manca.
La fata, pure lei stremata, con un ultimo sforzo prese la bacchetta e tornarono a
casa. Meringa a quel punto sentì un dolore acutissimo al piede e si alzò. Era
disorientata. Tutto il viaggio che aveva fatto era vero? Si guardò intorno. C’era
qualcosa di familiare
....La polvere di fata!!!! Allora era tutto vero! Corse dalla mamma, l’abbracciò e le
chiese se poteva andare fuori. La mamma impallidì, ma Meringa le promise che non
si sarebbe mai abbuffata come la volta precedente. La mamma non sapeva, ma nei
suoi occhi c’era qualcosa di magico ed acconsentì. Da quella volta Meringa potè
uscire tutte le volte che voleva e visse come una bambina normale. Da grande
inventò la meringa, un dolce con la panna che assomigliava molto a quello in cui la
fata l’aveva trasformata da bambina e per questo vinse il titolo di “MISS
PASTICCINO” .
Cecilia Perinelli
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Una piccola minestra e un grande desiderio
Tutti i giorni il sole illuminava Foodtown, una città non come tutte le altre. Era
magica e al posto delle persone per le strade girovagavano cibi di ogni tipo, tutti
indaffarati ad iniziare una giornata faticosa. Tra la confusione risaltava un cupcake
stanco che trascinava la sua valigetta per terra, accanto a lui c’era una melanzana
che tutta contenta cantava una canzone e sua figlia si tappava le orecchie
supplicando la madre di smetterla. Dietro di loro camminava una coppia di cipolle,
felice e contenta che si abbracciava amorosamente. Foodtown era una città
indaffarata ed aveva sempre avuto i posti di lavoro migliori di tutto il mondo; solo
una fabbrica era rimasta vuota, perché nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere
un posto di lavoro al Minignam, una fabbrica dall’aspetto terrificante, dove si
preparavano le minestre più disgustose di tutto Foodtown.
Un giorno nella piccola cittadina passeggiava una piccola minestrina dall’aspetto
delizioso, il suo nome era Soup ed il suo più grande desiderio era quello di diventare
un cuoco molto speciale. Soup non aveva molti amici, era sempre solo e pensava
soltanto alla cucina. Tutte le sere aiutava la mamma a cucinare e lei gli aveva
sempre detto che avrebbe avuto un grande futuro come chef. Questo desiderio era
grande nel cuore di Soup, sempre di più, però non si avverava mai e la piccola
minestrina perse le speranze. Una mattina passeggiando nel bosco nella speranza di
trovare un altro hobby, vide accovacciato per terra un umano, sì esatto, un umano!
Soup rimase un po’ perplesso, ma poco dopo si avvicinò chiedendo se avesse
bisogno di aiuto. Lo strano umano si alzò faticosamente dicendo che lo avrebbe
aiutato. A quel punto Soup non capì più nulla, disse che non aveva bisogno di aiuto.
L’uomo senza esitare iniziò a camminare e dietro di lui ciondolava la minestrina. Ad
un certo punto l’uomo si fermò davanti ad un capannone bianco e invitò la
minestrina ad entrare. Dentro Soup vide il suo sogno, si trovava davanti ad ogni
genere di attrezzo da cucina, rimase scioccato, sbalordito e senza parole. L’uomo
pensando di essere stato scortese si presentò e disse che si chiamava Lenny e a sua
volta si presentò anche Soup. Lenny iniziò a spiegargli il motivo per cui lo voleva
aiutare e cosi iniziò la sua storia.
Tanto tempo prima, quando Foodtown non era ancora nata, c’era al suo posto una
città di umani, Newcites, e nessuno voleva che nella città ci fossero creature
magiche. Lenny confidò a Soup che egli aveva dei poteri magici ed era immortale e
lo voleva aiutare. Lenny gli disse che era il suo bis bis nonno ed era stato uno chef
famosissimo, il più bravo di tutta Newcites. Lenny disse che non avrebbe potuto
continuare a vivere in Newcities e quindi decise di morire per finta, altrimenti la sua
vita sarebbe stata un inferno. Soup rimase a bocca aperta per quella storia così
incredibile e non poteva credere che fosse davvero suo nonno. Soup era così
giovane ed aveva una vita intera davanti e allora gli chiese come avrebbe potuto
aiutarlo a diventare uno chef esperto. Il nonno rispose che nulla è impossibile e gli
disse di presentarsi l’indomani mattina alle 8.00 per la lezione. Così Soup, ancora
scioccato, lentamente ritornò a casa e durante la notte pensò come fosse possibile
che avesse conosciuto il suo bis bis nonno. La mattina seguente fece quello che gli
aveva ordinato suo nonno ed arrivato al capannone iniziò la lezione. Soup si divertì
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un mondo, imparò molte cose ed tante nuove ricette. Migliorava da un giorno
all’altro; il nonno rimase stupito dalla bravura e dall’abilità di Soup. Diventato ormai
un cuoco esperto, il nonno gli disse che ormai non aveva più bisogno di lezioni di
cucina e lo pregò di andare e di trovare la sua strada, ma Soup non sapeva cosa
fare. A quel punto il nonno disse: “Vai tu sai che fare!”. Questa frase gli rimase in
mente per tutta la notte, così la mattina decise di andare a chiedere un posto di
lavoro nella fabbrica del Minignam. Lo assunsero perché tanto non sapevano che
altro fare, pur non nutrendo in lui alcuna fiducia. Però, preparata la minestra, Soup
chiamò tutti i cittadini di Foodtown e dopo che tutti l’ebbero assaggiata la
trovarono buonissima, squisita e, dopo avere espresso ognuno il proprio giudizio,
affermarono: ”Questa non è la solita minestra”. Minignam diventò la fabbrica più
famosa di tutto l’universo e fu l’unica ad avere 100 stelle d’oro. Questa storia
racconta che nulla è impossibile, basta metterci tutta la volontà per avverare il
proprio sogno.
Giorgia Petrella
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Il Natale da un altro punto di vista
Mi presento, sono Rold e sono un tacchino. Vivo a Natalandia, là dove il Natale è la
cosa più importante per ogni cittadino.
Vi farò un riassunto della mia vita: sono nato nel pollaio della famiglia Tradur.
Ho vissuto una vita piena di tristezza: ogni 22 dicembre spariva un mio compare e
pensavo, sin da pulcino, che prima o poi sarebbe stato il mio turno.
Ed è proprio ora che il mio più grande incubo si avvererà: è la vigilia di Natale.
Facciamo un po' di giustizia, ho delle piume fantastiche e mi considerano il più bello
del pollaio, perché uccidermi?!. Domani mattina i miei padroni mi verranno a
prendere e se trovo una buona scusa per salvarmi, bene, altrimenti ci rimetto le
penne.
Ho provato tutta la notte ad inventarmi un piano, ma niente…, fino a che ….ecco il
lampo di genio: posso fare qualcosa che mi sostituisca alla cena, non so cosa mi
faranno dopo averlo preparato, perché nessun tacchino prima di me, ammesso che
io ce la faccia, c'è riuscito, ma vale la pena tentare.
Ci fu un lungo discorso tra me e Tom Tradur: << Sei pronto polletto o hai una scusa
buona per salvarti?>> e io risposi con fierezza << Sì, mi sostiturerò con un'altra
prelibatezza della cucina>> e Tom irritato dalla mia risposta disse <<Ok, ti do tre
giorni, altrimenti...>> Non finì neanche la frase che ero già andato in cucina a
preparare qualcosa.
Oggi è il primo giorno. Ho pensato di preparare una frittata a base di uova di
tacchino. È semplice prenderle alle tacchine, visto che pendono dal mio becco.
Adesso ho un vero e grande problema: non ho idea di come si cucini!!! Come fare?
Come fare…? Posso improvvisare, ma se non va bene cosa mi faranno? Ok, è l'unica
chance, proviamo! Tre uova andranno bene e le metterò nell'acqua per venti
minuti, poi la metterò su un vassoio ed ecco servita, mm... potrebbe funzionare.
Andando da una parte all'altra della cucina ecco finita questa specie di frittata.
Adesso che è oramai pomeriggio serviamo ''questa prelibatezza", il padrone la sta
per assaggiare, speriamo che vada bene... Ecco l'ha messa in bocca e adesso, chissà
perché si starà dirigendo verso il bagno... Dopo un po' di riflessioni mi viene in
mente che la frittata non era per niente buona.
Ora è il secondo giorno e dovrò rifare un'altra cosa, ma cosa? Proviamo con la pizza,
posso metterci sopra del sugo, formaggio e erbe del pollaio, questa ricetta l'ho già
provata, è semplice.
Gira e rigira per la cucina ecco fatta questa squisitezza.
<<Pronta per servirvi capo>> Ecco la sta assaggiando, e dice << E' buona pollo...>>
<<Tacchino, grazie>> ed egli <<Ah, sì, sì certo.... è buona, ma è classica quindi hai la
tua ultima possibilità>>.
Un'ultima possibilità! Ma come? Aveva detto pure che era buona!
Passerò tutta la notte sveglio finché non mi verrà in mente qualcosa; le cose dolci
forse le considera speciali, una torta, ma certo! Potrò chiedere aiuto al figlio di Tom,
Renato, è girata voce che è un ottimo cuoco e ama gli animali. Perché non ci ho
pensato prima!
70
Sono riuscito a dormire questa notte, adesso mi precipito nella stanza di Renato a
chiedergli aiuto << Renato, ti prego dammi una mano, non so come fare la torta>>
<<Ok, calmati meleagris, è il tuo nome scientifico, se tu non lo sapessi, è semplice,
vieni in cucina e te lo insegnerò>>.
Finalmente ecco finita la torta con la mia fantasia, un pizzico di aiuto di Renato e la
fame di Tom Tradur, che mi hanno aiutato a sopravvivere.
Giada Smorto
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C’era una volta…
C’era una volta una piccola cittadina di Provincia di nome Ortolandia situata tra le
immense ed incantate valli nel territorio di Pezzolandia, nelle quali gli abitanti, gli
Ortolani, coltivavano le più desuete e sconosciute tipologie di verdure al fine di
partecipare ogni anno, il primo dicembre, ad un importantissimo ed ambito
concorso denominato "NON E' LA SOLITA MINESTRA". A questa importante
manifestazione partecipavano tutti i migliori cuochi dei paesi limitrofi al fine di
accaparrarsi l'ambito e tanto voluto trofeo della "RAPA D'ORO".
Nell'aria già aleggiava il profumo delle deliziose minestre che i cuochi
cominciavano a preparare. La giuria era composta da 10 "assaggiatori" scelti tra i
più famosi chef della zona. Si trattava della prima edizione in cui i migliori cuochi
di Ortolandia partecipavano, uno in particolare di nome Rapanello era tra quelli
che gareggiavano con tanto entusiasmo. Rapanello era un ragazzo molto
giovane, ma con una vasta esperienza nel campo culinario e soprattutto
espertissimo "Minestraro". Proveniva da una famiglia molto umile dove il piatto
principale era la zuppa di verdura in crosta di pane che sua madre preparava
soventemente con ingredienti genuini coltivati nelle verdi valli di Pezzolandia.
Nonostante la sua bravura e la sua mitezza, Rapanello non era ben visto dagli altri
concorrenti che temevano una sua partecipazione e una sua vittoria al concorso
e cercavano in tutti i modi di ostacolarlo. Tra i cuochi disonesti ne spiccava uno in
particolare di nome Pepenero che aveva la fama di essere un grande impostore.
Pepenero era stato il vincitore dell'ultimo concorso di Ortolandia e non aveva
nessuna intenzione di farsi rubare il famigerato titolo di cuoco migliore e cercò
quindi in tutti i modi di ostacolare il giovane ragazzo. Arriva finalmente il tanto
atteso giorno, i cuochi sono tutti schierati in piazza Verde, tutti allineati con le
loro ciotole davanti che sprigionavano i più intesi profumi. Soltanto Rapanello
non aveva la sua ciotola, ma una pagnotta di pane svuotata al centro dove aveva
riposto la sua deliziosa minestra. Tutti guardavano esterrefatti la particolare
ciotola curiosi di assaggiare la minestra contenuta in essa. Pepenero era violaceo,
gli tremavano le gambe, capiva che Rapanello gli avrebbe potuto strappare il
titolo tanto ambito. Tutti gli ortolani cominciarono ad applaudire quando
entrarono i 10 assaggiatori che in un battibaleno si preparavano con il cucchiaio
in mano ed il tovagliolo messo a triangolo sul davanti ad assaggiare le minestre.
Ad un certo punto Pepenero, non curante dei giurati che lo stavano osservando,
gettò nella ciotola di Rapanello una sostanza amara. Pepenero era certo che
avrebbe così rovinato il gusto della deliziosa minestra e quindi offeso il palato
raffinato degli assaggiatori. Ma questi ultimi, accortisi della mossa disonesta, non
vollero nemmeno assaggiare la minestra in crosta di pane ed assegnarono
all’unanimità a Rapanello il premio della "RAPA D'ORO" e riconobbero la sua
originalità nell'arte per aver preparato una minestra che non era la "Solita
minestra".
Pietro Taragoni
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La sciamana
Nel Mozambico c’era un piccolo villaggio formato da capanne fatte di fango e
sterpaglia. Non era bello, ma era ordinato e pulito. A causa delle guerre e delle
malattie il villaggio si era spopolato e vi erano rimasti solo donne e bambini oltre
alla Sciamana Maru ed al suo aiutante Cocu, con la testa di uccello. In quel villaggio
il cibo era poco o niente. I bambini si limitavano a mangiare biscotti preparati dalle
loro mamme con la terra, vermi o insetti. Questo comportava che i bambini si
ammalassero spesso. La sciamana e il suo aiutante cercavano di alleviare le loro
sofferenze. Preparava pozioni con le erbe e gli insetti per i malati ma la situazione
peggiorava di giorno in giorno. Maru, disperata, decise di giocare l’ultima carta: inviò
il suo aiutante Cocu in Angola alla ricerca di alcune erbe particolari e rare. Quelle
erbe, insieme a particolari ingredienti, sarebbero state utilizzate per preparare una
torta magica curativa e nutritiva: mangiandola, nessuno si sarebbe più ammalato e
non avrebbe più avuto bisogno di cibo per molto tempo. Cocu impiegò circa un
mese per trovare gli ingredienti per la torta magica. Al suo ritorno la sciamana
preparò subito il dolce. Lavorò incessantemente tutta la notte perché voleva
prepararlo per il giorno seguente quando i due gemelli figli del capo villaggio
compivano dodici anni. Fece una torta di tre piani utilizzando miele, polline e farina
di Kamut oltre a pozioni magiche ed erbe salutari. Decorò la torta con la frutta secca
che gli aveva portato il suo aiutante ed infine la spolverò con il nettare dei fiori.
Man mano che Maru andava avanti con la torta Cocu diventava sempre più triste
perché sapeva quale era il prezzo da pagare per salvare il villaggio: infatti la
Sciamana avrebbe dovuto sacrificare la propria vita. All’alba la torta magica era
pronta. Cocu indossò l’abito buono, prese la torta e si recò nella piazza del villaggio.
Tutti gli abitanti attirati dall’odore del dolce si recarono immediatamente nel luogo
da dove proveniva l’invitante profumo. Cocu impettito annunciò che bisognava
festeggiare il compleanno dei gemelli. Tutti mangiarono a sazietà e con loro grande
sorpresa più mangiavano e più la torta si rigenerava e più si sentivano in forze. La
sciamana infatti era riuscita ad ottenere, con l’aiuto degli spiriti del bene, che il
villaggio avrebbe avuto il dolce nutritivo fino all’arrivo delle piogge.
Dopo aver lungamente festeggiato, le donne e i bambini si recarono in corteo presso
l’abitazione di Maru. Rimasero sorpresi perché non trovarono la sciamana; la
chiamarono invano per ringraziarla. Infine Cocu illustrò loro cosa era successo. Tutti
precipitarono nello sconforto, come avrebbero fatto a sopravvivere senza la cara e
buona Maru. Cocu spiegò che, anche se non la vedevano più, Maru sarebbe stata
sempre con loro e non li avrebbe mai abbandonati. Li invitò a tornare a casa con un
pezzo di torta che miracolosamente era comparsa nella casa.
Emanuele Tata
73
Ogni giorno
la scuola mi regala
esperienze di vita collettiva,
ma mi pone anche di fronte
a scelte di responsabilità individuale
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Un nuovo inizio
Quando ho letto la traccia di questo tema che la professoressa Cistriani ci ha
assegnato, ho riflettuto su una cosa: Il motivo di questo compito.
Mi ci sono voluti pochi secondi di tempo per arrivarci. Farò una breve premessa.
L’anno scorso ho cominciato le Medie alla scuola Luigi Settembrini e conoscevo solo
pochi, ma fedeli amici.
Nonostante questo ho fatto moltissime conoscenze, caratterizzate dal fatto che
avevamo tutti lo stesso scopo, ovvero quello di fare amicizia.
E così è stato.
Ma in questo secondo anno di scuola le cose non vanno molto bene, visto che ormai
ci conosciamo tutti e siamo diventati troppo vivaci nel corso del nostro cammino
insieme.
Particolarmente è una la cosa che noi della 2B pratichiamo di continuo: un rumore
devastante.
E questo è dovuto a tutti, in vista del fatto che siamo ventinove e quando ogni
persona parla col proprio compagno si scatena l’inferno. Ma un vero inferno.
Adesso probabilmente mi starete prendendo per uno che se ne lava la mani e mette
in luce solo i difetti degli altri, ma non è assolutamente vero, perché in questo tema
parlerò accuratamente del nostro problema e dirò una delle cose più vere di tutte.
Uno dei primi che fa chiasso sono io. Adesso, contrariamente a quello che ho detto
prima, non prendetemi per un ragazzaccio che non rispetta le regole, mi faccio solo
un po’ prendere la mano quando sono in compagnia dei miei amici.
Questo è negativo e lo ammetto. Quindi la punizione dei professori è dovuta
soprattutto al fatto della mia presenza in classe. Credetemi, non voglio fare la
vittima, anche se ci riesco molto bene. Non sono da solo è ovvio, ma diciamo che
contribuisco al comportamento negativo della mia classe. Ciò succedeva di
continuo, fino al momento del pagellino di due settimane fa, che mi ha fatto
riflettere in modo profondo e sono giunto all’unica e giustissima conclusione:
Cambiare comportamento fin da subito e evitare chiacchierate con i compagni.
Quando ci ho pensato, credevo fosse impossibile, ma adesso con un po’ di impegno
ci sto riuscendo, contro le mie stesse aspettative.
Anche la classe, che ha avuto un’ondata di pagellini di insufficienze in condotta ha
dovuto ammettere di non essere nel giusto.
E tutti hanno cambiato registro.
Quindi pian piano, evitando il chiasso e i fastidiosi rumori che spesso facevamo e
quindi procuravamo alle altri classi, stiamo migliorando progressivamente e forse
c’è ancora un barlume di speranza per il viaggio istruttivo.
Ma non dobbiamo rilassarci troppo. Per niente. Sono certo che alla prima mossa
falsa saremo subito presi in fallo e il camposcuola verrà cancellato. L’unico nostro
grande obiettivo per adesso è quello di non perdere tempo e voglia di comportarci
correttamente in classe, sempre. A ogni ora e soprattutto con ogni professore che
viene nella nostro aula.
Non voglio dare insegnamenti alle gente, ma solo dei piccoli consigli, basati dalla
mia negativa esperienza. Sono arrivato ad un certo punto ad avere tutta la classe
75
contro, anche se i miei veri amici sono rimasti con me e mi hanno difeso, per quanto
potevano. Ma non ci si deve più pensare, ora che è tutto rientrato e possiamo
definirci un scolaresca normale. Non più brava delle altre, ma neanche inferiore ai
valori del rispetto e della lealtà, che non dovrebbero mai mancare.
Come ho già detto la nostra unica preoccupazione in questo momento è di guardare
avanti e non al passato, di comportarci bene senza farci condizionare dai nostri
compagni, o meglio trascinarli sulla giusta condotta.
E parla uno come me, uno dei peggiori ragazzi di quella classe. I miei amici sono
migliori di me e forse per questo hanno più possibilità di capire quello che voglio
dire.
Vorrei esprimere altre due mie idee. Quando ancora il mio comportamento era
sbagliato, non mi ero reso conto che facevo prendere la colpa a persone che non
c’entravano niente . Con questo tema vorrei chiedere scusa a ciascuno di loro.
Mi piacerebbe andare a Venezia e per conquistarcela dobbiamo tutti ritornare sui
nostri passi. Credo che questa sia la strada giusta per uscire dal tunnel che ci sta
impedendo di dimostrare agli altri che siamo migliori.
Perché questo motto esisterà sempre:
“nella gioia e nel dolore, 2B unico amore!”
Pierluigi Damosso
76
La scuola media
Nella vita il passaggio, forse, più importante è quello dall’infanzia all’adolescenza.
È un punto della vita che rimarrà impresso nel tuo cuore, per i primi
amori o le prime cotte, per l’amicizia sincera, per un amico speciale…. Secondo
me, in questa fase ognuno scopre chi è veramente. La scuola media è
determinante per ognuno di noi, è una specie di guida in sé stessi, nella quale
scoprirai cose di te che non conoscevi e soprattutto le medie saranno un
importante ostacolo che ti metterà a dura prova. È una scuola ricca di
difficoltà e responsabilità sulle quali i ragazzi dovranno riflettere
attentamente per affrontarle in modo corretto. Certo tutto questo con l’aiuto
degli amici. Ogni persona li avrà, chi di meno e chi di più, comunque l’importante è
che ci siano quei due, tre o quattro che ti fanno sentire speciale
in ogni momento, che ti vogliono bene veramente per quello che sei e che ti
aiutano quando ne hai bisogno. Ogni giorno a scuola viviamo esperienze diverse,
alcune belle altre di meno, ma sono sicuramente eventi che ci fanno crescere e
maturare. Le medie, come dicevo prima, ci mettono di fronte a impegnative
responsabilità, come per esempio: studiare ogni giorno, comportarsi educatamente,
ricordarsi il materiale, tornare da soli a casa, prendere l’autobus, vivere civilmente…
Per alcuni è più facile, ma per altri può risultare più complicato, quindi
tutti dovrebbero aiutare tutti per rendere la vita più facile ad ognuno di noi ,anche
solo con pochi semplici gesti, che ci caratterizzerebbero come una vera
famiglia.
Giulio Cicolella
77
“A ognuno la sua parte”
La scuola non dà solo nozioni fondamentali riguardanti le materie scolastiche, ma
anche insegnamenti per vivere in una società. Infatti ogni giorno, stando seduti sui
banchi di scuola, arricchiamo il nostro bagaglio culturale e facciamo esperienze di
vita di gruppo.
Però per far sì che la piccola comunità scolastica funzioni bene ognuno deve
svolgere i suoi compiti correttamente. La scuola è un meccanismo perfetto e coloro
che la compongono sono i suoi ingranaggi; se ognuno fa la sua parte tutto procede
alla perfezione, ma se qualcuno non adempie ai suoi doveri il meccanismo si
inceppa e non dà più i risultati sperati.
Per questo è importante che, pur essendo in tanti, ciascuno faccia attenzione a non
far fermare il meccanismo. Infatti è vero che sbagliando si impara, però ciò non vuol
dire che ogni errore è perdonato: sbagliare serve per migliorarsi e non farlo più in
futuro.
A scuola ogni giorno si imparano il rispetto delle regole e degli altri; due concetti
che esprimono sempre la stessa cosa perché se c’è il rispetto delle regole
automaticamente c’è anche il rispetto degli altri e se uno dei due viene a mancare
manca anche l’altro.
Per evitare di rovinare l’equilibrio della classe basta pensare alle conseguenze che
potrebbero derivare dalle proprie azioni. Per esempio, se ogni volta che non c’è una
professoressa in classe ognuno pensasse che urlando disturba gli altri, forse non
urlerebbe. Una persona sola non fa un grande danno; però se ad urlare è tutta la
classe il caos aumenta e di conseguenza anche il fastidio per gli altri è maggiore.
Sicuramente non si può pretendere sempre la perfezione da tutti perché nessuno è
perfetto. L’importante è che ciascuno, nel suo piccolo, si impegni a far funzionare a
dovere quel meccanismo perfetto che è la scuola.
Rossana Maletto
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Tanto vale andare a scuola
La luce del sole mi batte sugli occhi,
la sveglia a sua volta batte i rintocchi.
La mamma mi dice di alzarmi,
io non ci penso e continuo a girarmi.
Sto al caldo nel mio letto a castello
Poi sento un piede in faccia, è mio fratello;
non scende mica dalla scala, quell'imbranato!
Mi massaggio la faccia ma resto addolorato.
Urla mio padre: hai fatto colazione?
A me interessa il sonno, non l'alimentazione!
A quel punto mia madre accende pure l'aspirapolvere.
lo dai preparativi non vorrei farmi coinvolgere
Ma a malincuore abbandono le lenzuola
Perché, alla fine, tanto vale andare a scuola.
Daniele Ingenito
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Il mondo che vorrei
è pieno di…
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Cambio di gioco!
La guerra, l’odio, la crisi economica globale, dare valore solo ai soldi. Questi sono
alcuni degli aspetti del nostro pianeta. Lo sappiamo ormai tutti, il mondo è pieno di
continui conflitti e la pace sembra un sogno irraggiungibile.
Non sono pessimista, vorrei anche io essere all’oscuro di tutto, non pensare a nulla
e starmene tranquillamente seduto a giocare alla playstation, come se non stesse
accadendo niente. Il fatto è che non posso.
Nell’antichità i filosofi e i letterati si interessavano alla ricerca del senso della vita e
della verità; si occupavano di scienza, matematica, astronomia e di problemi sociali.
Ma questi grandi uomini non ci sono più, sono solo un lontano ricordo. Essi danno
lustro all’Occidente, ricordiamo Aristotele, Socrate, senza scordarci di Dante
Alighieri. Gente che ha segnato la lunghissima storia dell’uomo.
Adesso, purtroppo, tutto il mondo deve pensare a cose più materiali e nessuno
perde tempo a creare, a sperimentare. Perché ormai ci siamo dimenticati di stupire,
di inventare, di scoprire!
La guerra e l’odio reciproco impediscono alla Terra di crescere e svilupparsi nel
modo più giusto. Il mondo è pieno di politici. Non esistono più i geni, gli ideatori di
un tempo, o magari ci sono, ma non si fanno vedere. E quindi il momento che sta
passando il nostro pianeta limita l’intelligenza e la creatività dell’uomo,
costringendolo a chiudersi in sé stesso.
Nonostante le ombre dell’epoca attuale, dobbiamo riconoscere anche parecchie
luci. Fra cui la nascita della tecnologia moderna, senza cui sarebbe impossibile
vivere a tutt’oggi. Quindi in termini calcistici, darei questo punteggio alla partita
“Antichità” contro “Età contemporanea”: 1-1. E come sempre si sente dire nelle
telecronache sportive: “Cambio di gioco!”
Pace. Amore. Benessere fisico e morale. Stupore e intelligenza. Ecco gli aspetti del
mondo che desidererei. Un mondo dove non esiste nessuna crisi, dove la guerra è
ormai un lontano ricordo e dove da tempo regna la pace.
In questo caso, allora sì che la Terra andrebbe sfruttata interamente, in un pianeta
in cui non sarebbe presente nessun tipo di insoddisfazione personale, nessun
motivo di piangere bensì di rallegrarsi per ciò che il mondo ci offre!
Probabilmente non accadrà mai, ma sforziamoci di immaginarcelo. Il rispetto
dell’ambiente e delle persone che lo abitano sarebbero due dei canoni più
importanti presenti in questo nuovo meraviglioso mondo.
Non ci sarebbe alcun problema dal punto di vista economico e politico, perché
saremmo tutti in grado di esprimere la propria opinione e partecipare attivamente a
tutte le proposte che ci vengono offerte. Vorrei un pianeta pieno di opportunità e
gioia di vivere.
Noi siamo giovani, siamo pieni di idee e di progetti. E allora mi pongo
spontaneamente questa domanda: perché non possiamo essere noi a cambiare il
mondo?
Pierluigi Damosso
81
Ogni giorno…
Ogni giorno quando leggiamo i giornali o ascoltiamo il telegiornale veniamo
informati su quello che succede nel mondo e in Italia. Purtroppo la maggior parte
delle notizie che riceviamo sono drammatiche.
Ci sono guerre in corso in varie parti della Terra, popolazioni distrutte dalla violenza
e dalla povertà e dalla fame, bambini che soffrono e che in certe zone del pianeta
non arrivano neanche al primo anno di vita.
L’idea che mi sono fatto è che esiste una grande ingiustizia: i pochi fortunati che
sono nati nelle aree sviluppate e ricche possono permettersi una vita serena e
dignitosa e poi c’è la maggior parte degli abitanti della Terra che non riesce neanche
a sopravvivere. Questo è quello che non vorrei che accadesse più.
Il mondo che vorrei dovrebbe essere basato sul senso di giustizia e pace. Vorrei che
finissero le guerre che producono solo morte e distruzione e arricchiscono poche
persone. Vorrei che tutti gli uomini avessero la possibilità di essere nutriti, curati e
assistiti; che tutti potessero avere un lavoro dignitoso senza essere sfruttati, con
uno stipendio adeguato e la possibilità di avere un’istruzione.
Esistono ormai tante Associazioni umanitarie che si dedicano al miglioramento delle
condizioni di vita soprattutto nelle zone sottosviluppate. Per me queste associazioni
umanitarie dovrebbero essere finanziate di più e aiutate nel loro lavoro. Penso però
che nel mondo che vorrei ognuno di noi deve mettere da parte il proprio egoismo e
pensare agli altri, solo così si potrà migliorare.
Nel mondo che vorrei la natura dovrebbe essere rispettata. Il nostro pianeta sta
subendo un danno a causa dell’inquinamento e lo sfruttamento della terra e tutto
ciò si vede come conseguenza sulla salute dell’uomo e sulle sue condizioni di vita.
Bisogna trovare delle soluzioni per fermare la distruzione del nostro pianeta
pensando di vivere più secondo natura ed eliminando tutto quello che è inquinante.
Bisognerebbe eliminare i grandi interessi che ci sono dietro a sfruttamento della
terra, lottare contro gli interessi dei corrotti.
Ci sono moltissime cose che vanno cambiate, tanti aspetti con i quali io non sono
d’accordo. Quelli che ho elencato sono solo una piccola parte delle situazioni
drammatiche e negative che sono di ogni giorno in tutte le parti del mondo.
Sono convinto che ci vuole una grande forza che può venire soltanto dalla volontà di
cambiare le cose, per fare in modo che i desideri di cambiamento positivo possano
diventare reali.
Giangiacomo Doglio
82
Il loro futuro è il nostro presente
Tutti noi oggi ci chiediamo come sarà il mondo nel futuro, anche le persone che
sono vissute nel passato se lo sono chiesto. Le persone vissute nel periodo della
guerra desideravano un futuro migliore, magari un mondo in cui regnava la pace e
non c'era il bisogno di combattere.
Le persone schiavizzate desideravano un mondo in cui tutti erano liberi.
Il loro futuro è il nostro presente, i loro sogni sono la nostra realtà, ma anche noi
oggi abbiamo dei sogni da realizzare.
Anche noi pensiamo che tante cose non vanno bene in questa epoca dove tutto è
multimediale, rapido, veloce, dove oggi è già domani.
Eppure in questa epoca, ci sono persone che muoiono di fame ogni giorno, persone
povere che non possono comprare il necessario per i figli, persone che perdono il
lavoro, persone anziane lasciate morire in solitudine.
In questa epoca inoltre stiamo distruggendo l'ambiente in cui viviamo.
Il male peggiore è sicuramente la perdita dei valori e il degrado dell'essere umano.
Le persone non sono più solidali tra di loro, non si aiutano più, ognuno pensa per sé.
Sarebbe bello invece avere un mondo dove tuttti collaborano per lo stesso obiettivo:
renderlo migliore.
Un mondo dove ci si aiuta, dove tutti si salutano e sorridono, dove nessuno sporca o
inquina l'ambiente, dove tutti hanno una parola di conforto per un altro, dove chi ha
di più aiuta chi è meno fortunato.
Un mondo insomma dove ci si vuol bene, come una grande famiglia.
Il mondo che vorrei è pieno di Amore.
Francesco Graziani
83
Il mondo dei miei sogni
Erano le 10,00 di sera e stanca mi buttai sul letto pensando al mio mondo ideale
immaginandolo sotto ai miei piedi, io regina di tutto e sovrana insuperabile. Non
che vorrei ritornare alla monarchia, ma mi piacerebbe almeno una volta nella vita
essere importante, con qualcuno che mi ritiene importante, che sente i miei
problemi e che mi ascolta. Ero sdraiata a pensare al mio mondo quando i miei occhi
si chiusero immergendosi in un sonno profondo e la mia mente incominciò a
sognare: avventure, viaggi, feste, poi si fermò su un argomento che mi assorbì e
incuriosì. Sul mondo, su come lo desidererei, gioioso come la pubblicità Barilla; tutti
insieme contenti; sì, un pò impossibile, ma nei sogni nulla è impossibile: un mondo
felice in cui nessuno ti urla contro, nessuno ti giudica e nessuno ti minaccia. Sì, un
mondo più sicuro, più felice, dove le giornate non sono mai brutte, ma forse un
mondo troppo felice non farebbe mai conoscere la tristezza, la paura, l’odio,
l’avventura, solo la felicità. Forse è proprio la tristezza, la paura che fanno imparare
e che fanno capire i momenti più tristi e fanno ragionare sul perché della vita. Lo so
come sarà il mio mondo; sì, sono proprio sicura, un mondo più giusto, con tristezza,
felicità e anche odio, ma più sano, più pulito, dove puoi essere sicuro di ciò che
respiri, di ciò che mangi e ti guardi intorno e vedi la natura, quel verde che ti fa
sentire meglio, più felice. E case perfette per mantenere un mondo più pulito, e,
quando stai giù o quando hai litigato e quando non ti senti capita, ti immergi nei
prati perfetti per camminare e riflettere. Dove ti puoi ascoltare, dove puoi capire
quelle domande così misteriose. Secondo me, proprio grazie alla paura e all’odio, ho
scoperto il piacere della natura e grazie a questa riesco a tirarmi su, a sentirmi
meglio. Tutte queste risposte un giorno le scoprirò, ma adesso sono sicura come
sarà il mio mondo e credo che migliorerà perché diventando più grande mi troverò
davanti a nuove esperienze e nuove idee e a quel punto il mio mondo sarà perfetto.
Giorgia Petrella
84
Persone…
Persone alle quali non manca nulla, hanno di che nutrirsi e possono soddisfare ogni
bisogno; nel mio mondo perfetto tutti avranno un lavoro adatto alle loro capacità
che non crei loro alcuna difficoltà e che li renda felici e soddisfatti di loro stessi e
della loro vita.
Non ci saranno differenze sociali e, per quanto la gente sia diversa, ognuno avrà gli
stessi diritti e le stesse possibilità degli altri di condurre una vita dignitosa; non si
dovranno vedere persone chiedere l’elemosina ai semafori, perché vederle mi crea
un peso al cuore.
Per risolvere i problemi i Paesi useranno la diplomazia e non le armi, ma anche nella
vita di tutti i giorni si useranno le parole al posto della violenza e tutti saranno più
comprensivi; in questo modo vivremo in armonia.
Inoltre si faranno molte scoperte in tutti i campi, in particolare in quello della
scienza, così si riusciranno a debellare molte malattie; per di più tutti avranno una
cultura maggiore e saranno in grado di parlare con gli altri senza timore.
I giovani assisteranno gli anziani permettendo loro di vivere senza difficoltà,
nessuno verrà abbandonato ed avrà sempre qualcuno a cui affidarsi e a cui chiedere
aiuto; nessuno verrà isolato o maltrattato e troverà sempre sostegno in ogni
occasione.
Ogni persona rispetterà il pianeta, non ci saranno discariche ma impianti per il
riciclaggio, si useranno le energie rinnovabili e il mondo sarà più pulito, come più
puliti saranno i mari. Questo permetterà lo sviluppo della flora e della fauna, così
oltre a pesare meno sul nostro pianeta lo renderemo più bello.
Il dolore non potrà scomparire, ma cercheremo di accettarlo, di usarlo per renderci
più forti, provando ad alleviare quello degli altri.
So che è difficile che ciò accada, ma non impossibile e forse in un futuro non troppo
remoto accadrà. In ogni caso, sognare non costa nulla e, anche se a nessuno
interessano le fantasie di una ragazzina come me, potendo, vorrei inviare a tutti il
messaggio di cercare di fare qualsiasi cosa per avvicinarsi un po’ di più alla
prospettiva di un mondo migliore.
Rossana Maletto
85
Vorrei alzarmi una mattina…
Vorrei alzarmi una mattina,
svegliata dagli uccelli
e vedere il mondo sorridere, malgrado tutto.
Vorrei…
Vorrei che il lupo baciasse l’uccello,
e che il cacciatore abbracciasse l’uccello.
Vorrei che i nemici si stringessero la mano.
Vorrei…
Vorrei che l’uomo proteggesse la storia
perché è da essa che bisogna partire
per costruire un futuro migliore.
Vorrei…
Vorrei che l’uomo proteggesse la natura,
e che ne capisse la selvaggia bellezza
e la sua importanza.
Vorrei…
Vorrei un mondo più vicino ai desideri dei giovani
perché essi rappresentano un mondo migliore.
Vorrei non aver paura del futuro.
Vorrei…
Bianca Patarnello
86
Camminando…
“Miseria e grandezza di questo mondo: non offre
verità ma amori.
Regna l'Assurdità e l'amore si perde.”
Albert Camus
Camminando per strada in un pomeriggio di ottobre mi guardo intorno: il mondo è
così diverso da quello delle favole. Il cemento ricopre ogni cosa, ai lati delle strade
c’è gente che chiede l’elemosina; sui lampioni ci sono fogli ormai stropicciati di
giovani, avvisi di ragazzi che cercano lavoro; ragazzi che sono laureati, giovani menti
a cui però non si dà la possibilità di esprimersi e sono come lasciati morire. Accendo
la tivù e sento: “oggi due romeni sono morti alla stazione e non avevano una fissa
dimora”. La notizia è terrificante, mi stringe il cuore e penso: perché il mondo non
dà a tutte le persone la stessa opportunità? Tornando a casa a pranzo il telegiornale
dice: “altri 2 immigrati sono morti rovesciati da un barcone” e allora penso: perché
ci sono persone che in barca ci vanno per vacanza e questi, invece, per salvarsi? Poi
apro il giornale e leggo “in Afghanistan è stato messo in carcere un giornalista che
era contro il regime” ed allora mi chiedo: perché un uomo non può avere libertà di
parola, di un proprio pensiero? Mio padre mi racconta: “oggi è stato condannato
un uomo straniero perché è stato sorpreso a vendere alcune borse che erano copia
di quelle firmate ed è stato condannato a 2 anni di carcere” e pensi : perché lui e
non magari assassini che vengono lasciati liberi solo dopo 2 anni di carcere? Allora,
andando a letto penso: il mondo che vorrei è pieno di:
- bontà e gentilezza, che battano il male che sta consumando il mondo e le persone;
- di libertà di parola e di pensiero, la cosa per cui l’uomo ha combattuto in tutte le
epoche e combatterà ancora;
- offerte ai giovani di nuove opportunità, perché vengano aiutati nel cammino degli
studi, perché loro saranno la nuova generazione;
- che la legge sia uguale per tutti, senza distinzione;
- che tutte le persone ritornino a capire che tutti siamo uguali
Cecilia Perinelli
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Tutto accadde…
Tutto accadde una domenica mattina.
Il cielo era limpido e splendente, così decisi di andare in giro per Roma. Aspettai
alla fermata per circa mezz’ora, ma poi finalmente l’88 arrivò e, salita sull’autobus,
cominciai a guardare fuori dal finestrino. Passata davanti alla caserma, vidi dei
soldati con, al posto della pistola, un grande bastone candito e giocavano tra di loro
a nascondino. Poco dopo l’autobus passò davanti l’ospedale, c’era tanta gente che
usciva allegra, senza più alcuna malattia e felice di ritornare a vivere nella propria
casa.
All’aeroporto vidi i militari, contenti di non fare più guerre, scendere dagli aerei e
riabbracciare le proprie famiglie e i propri figli.
Il percorso dell’88 sembrava infinito ed io continuavo ad osservare il mondo da quel
vetro, ero vicino a Villa Borghese, mi sembrava tutto così diverso: vedevo i bambini
giocare con gli anziani, correvano felici e spensierati, tutti i giovani desideravano
parlare con loro, chiedere del loro passato delle loro storie cosi coinvolgenti: l’avevo
capito, da quel giorno gli anziani non si sarebbero sentiti più soli.
Continuavo a sorridere ed a pensare, ma qualcosa attirò la mia attenzione:
riconobbi quell’anziana signora che da anni chiedeva sempre l’elemosina vestita di
solito di stracci, ma l’avevo riconosciuta, era lei, ma in panni diversi e con un sorriso
unico, a vederla ora aveva un aspetto da nobile: aveva ritrovato la sua famiglia ed
ora la sua ricchezza era l’affetto e il non sentirsi più abbandonata.
Tutto era più limpido e pulito, forse era stata la neve caduta eccezionalmente nei
giorni passati o forse tutto aveva un aspetto più magico, più severo, anche l’aria era
più pulita, infatti non si vedeva un’automobile, non un camion o una moto, tutti
andavano a piedi o in bicicletta, scoprendo il piacere di guardarsi negli occhi e di
sorridersi e parlarsi.
Forse sognavo ad occhi aperti, no non era possibile!
Proseguivo il mio percorso, l’autobus era vuoto, il conducente mi guardava
sorridendo e ad un tratto mi disse di tenermi forte…, non capivo.
Tutto aveva assunto una prospettiva diversa, vedevo le cose dall’alto, tutto era
sempre più lontano, volavamo, sì, volavamo su Roma.
A volte basta poco per vedere le cose da un’altro aspetto, felice guardavo questo
mondo che sembrava aver cancellato gli orrori, le miserie, l’odio, la povertà e la
solitudine.
Ma ad un tratto sentii una voce che mi diceva: “signorina, prego, mi faccia vedere il
biglietto. Non capivo, mi guardava con aria minacciosa…
Purtroppo avevo capito cosa mi era successo
Mi ero addormentata sognando un mondo diverso…, il mondo che anche solo per
pochi attimi ho desiderato e il il mondo in cui vorrei vivere.
Agnese Rocchegiani
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“Apri gli occhi e inizia a cambiare”
Il mondo è come un libro con tante pagine da poter sfogliare durante la nostra vita,
ma non tutto è meraviglioso.
In questo enorme “libro” ci sono pagine orribili della storia del mondo: una di
queste è stata lo sterminio degli ebrei e, oggi, viene ricordato con la giornata della
memoria, la Shoa, che ci fa capire che si ricorda per non far sì che riaccada.
Immaginiamo di vivere in un mondo nel quale accadono soltanto cose belle, non ci
sono guerre, c’è la pace in ogni stato, non ci sono differenze di etnia, uomini e
donne vengono rispettati allo stesso modo, non ci sono violenze, i bambini non
lavorano nelle fabbriche…
Sarebbe bellissimo e fantastico se il mondo fosse veramente così ma, secondo me,
le cose brutte accadono per farci capire che non dobbiamo compiere gli stessi errori
nella nostra vita.
Noi siamo la nuova generazione e possiamo cambiare la realtà di oggi e trasformare
il nostro futuro in qualcosa di migliore.
Un argomento che viene sottovalutato è quello della raccolta differenziata ma se
noi la facessimo, aiuteremmo l’ambiente che ci circonda; se tutti noi rispettassimo
l’ambiente in modo adeguato facendo anche piccole ma significanti azioni
potremmo cambiare ciò che ci aspetta nel futuro.
Se agiamo nel presente miglioriamo il nostro futuro e quello delle generazioni che
verranno dopo di noi.
Talvolta potremmo fare i piccoli spostamenti da un luogo all’altro non usufruendo
della macchina, autobus, taxi, possiamo muoverci a piedi migliorando così
l’atmosfera.
Facendo un piccolo gesto come buttare la sigaretta, ormai spenta, nel cestino
renderemmo i luoghi pubblici più puliti.
Sarebbe bellissimo se in Afganistan non ci fosse la guerra e tutti i cittadini vivessero
in uno stato di pura serenità e felicità.
Sarebbe fantastico se i mari, laghi, fiumi, oceani venissero realmente tutelati,
fossero puliti, e così non ci sarebbero problemi legati alla fauna e alla flora marina.
Sarebbe splendido se in Africa, come in altri paesi, i bambini non fossero sfruttati e
discriminati lavorando nelle miniere e nelle fabbriche perché ognuno ha diritto a
una adeguata educazione scolastica per il bene del nostro futuro.
Quindi dobbiamo capire che questo è il momento adatto per agire e per cambiare
ciò che ci aspetta nel futuro rendendo il mondo un posto migliore nel quale ci piace
abitare in modo sereno in tutti gli stati.
Bisogna solo scegliere cosa fare con il tempo che ci viene concesso.
Chiara Vaccaro
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Donare è
amore,
altruismo
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Donare è
Donare è un gesto d’amore,
un sorriso e uno sguardo sono pieni di calore,
e la nostra vita è fatta di bene e male
ma per superare le difficoltà, l’amore è ciò che rimane.
Donare è affetto verso gli altri,
la vita che si consuma man mano che va avanti.
La dolcezza di un amico che ci prende per mano
ci dà la forza per andare lontano.
L’amicizia e la generosità
sono essenziali per tutta l’umanità.
Ma non si può andare avanti senza questi aspetti importanti.
Una vita piena di emozioni
ci regala un senso di serenità,
per vivere in pace e tranquillità.
Edoardo Cappella
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Viva l’amore
Viva l'amore.
Donare è un po' giocare,
giocare con amore
che rima con dolore,
ma anche con vigore.
Amore nel donare,
amore nell'amare.
Amare è altruismo
e certo non razzismo.
Amore in tutto il mondo,
che gira sempre in tondo
e genera gli amori
e mescola i colori
di uomini e di razze
perché, lo penso io,
veniam tutti da Dio.
Matteo Conti
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Dammi un’altra vita
Dammi un’altra vita,
ti prego fratello,
dammi un’altra vita
e tutto sarà più bello.
Ti porterò con me
da mattina a sera
e con il tuo aiuto
avrò una vita vera.
Ti porterò con me
a correre nei prati
e ad incontrare i tuoi amati.
Dammi un’altra vita.
Donami un’altra vita
e un’altra vita avrai.
Margherita Criscuolo
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Un pomeriggio d’inverno
“Anche il più egoista non si nega di tanto in tanto il piacere del proprio
altruismo.”
Giovanni Soriano
Un pomeriggio d’inverno di tanti anni fa, in un paesino di montagna coperto di
neve, tutti si preparavano alle feste di Natale. In chiesa si faceva il presepe, in
famiglia si addobbava l’albero, i negozi abbellivano con fiocchi rossi le loro vetrine e
il sindaco aveva mobilitato cinque squadre di operai per far brillare le strade di luci
bianche, verdi e azzurre. Tutti correvano a destra e a manca in cerca di regali,
avvolti nelle loro sciarpe calde e soffici e tornavano a casa carichi di mille pacchi tra
le braccia.
Soltanto una persona se ne stava ferma all’angolo della strada, davanti all’ingresso
del supermercato. Era un’anziana signora, vestita di abiti poveri, ma sorridente e
volenterosa. Si chiamava Mafalda. Non chiedeva l’elemosina: si offriva di aiutare i
clienti a portare le pesanti buste della spesa fino al parcheggio delle macchine e, in
cambio, da qualcuno di loro riceveva 50 centesimi o un euro dai più generosi.
Le giornate trascorrevano faticose e lente per la vecchia Mafalda, che comunque
non perdeva la pazienza e la gentilezza con tutti… Da quando era arrivata in quel
luogo con la sua famiglia dopo un lungo viaggio dalla Romania, nessuno si era mai
fermato a parlare con lei, a chiederle come si chiamasse, a salutarla con un
buongiorno amichevole. Purtroppo c’era anche chi, qualche volta, la derideva o la
insultava.
Anche quel pomeriggio, verso l’imbrunire, quattro o cinque ragazzi appena usciti dal
liceo, dopo essersi fermati a bere una birra in piazza per festeggiare l’ultimo giorno
di scuola prima delle vacanze natalizie, erano passati davanti al supermercato e per
divertirsi facevano a gara a chi riusciva a tirare le lattine vuote più vicine “al trono
della regina dei cassonetti”, come chiamavano la cassetta di frutta che la povera
Mafalda usava da sgabello per riposare di tanto in tanto le sue gambe stanche.
Il rumore improvviso la spaventò, le loro facce arroganti la rattristarono molto e il
disprezzo che trapelava dalle loro risate sguaiate la fece sentire profondamente sola
e abbandonata al suo destino.
Proprio in quel momento passarono di lì tre amici di circa 12 anni, due ragazzi e una
ragazza. Erano Joe, Adam e Tilly. Non avevano mai fatto caso alla vecchia del
supermercato, ma in quel momento la scena che si svolgeva davanti ai loro occhi li
fece rabbrividire di sdegno. Non avendo il coraggio di sfidare dei ragazzi tanto più
grandi di loro, aspettarono che quelli fossero andati via e poi si avvicinarono a
Mafalda, che nel frattempo aveva cominciato a piangere silenziosamente.
Arrivandole accanto si accorsero che c’era un terribile fetore di mondezza tra i
cassonetti dove stava la vecchia donna… e tutto il paesino, visto da quello sgabello
in mezzo agli scatoloni vuoti del supermercato, sembrava diverso, forse più strano,
forse più finto, così vicino…, ma così lontano…..
Mafalda asciugò in fretta le lacrime passandosi le mani sporche sul viso e si sforzò di
sorridere ai bambini, come faceva di solito con tutti. Questo gesto li commosse
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ancora di più. Joe prese un’altra cassetta di frutta, la piazzò di fronte a quella di
Mafalda e un momento dopo i tre amici furono tutti seduti lì, per cercare di
consolarla in qualche modo. Tilly tirò fuori dallo zaino un pacchetto di fazzolettini di
carta e gliene passò uno, Adam raccolse le lattine di birra rotolate ai suoi piedi e Joe
ruppe il ghiaccio con qualche domanda.
Dopo mezz’ora di conversazione in una lingua mista tra l’italiano, il latino e lo
spagnolo avevano fatto amicizia e sapevano molte cose in più. Mafalda era arrivata
dalla Romania insieme al marito e a quattro figli, ormai da circa due anni. All’inizio
aveva trovato una sistemazione in una roulotte del campo rom abusivo vicino al
piccolo campo di calcio del paese, ma lì non c’era acqua, né bagni, né luce. In
quell’ambiente di estrema miseria tutti erano a rischio di commettere qualche
grossa sciocchezza per sopravvivere…., così, per salvare i suoi figli dalla cattiva
strada, aveva abbandonato il campo ed ora viveva con loro in una baracca
abbandonata da alcuni giostrai che avevano lasciato la zona per trasferirsi in città.
Con i pochi soldi che riusciva a racimolare davanti al supermercato con i suoi piccoli
servizi, Mafalda comprava qualcosa da mangiare per la famiglia, mentre il marito
girava tutto il giorno alla ricerca di un lavoretto.
Alla sera si ritrovavano tutti insieme, stanchi ma felici di poter mangiare senza aver
rubato e senza aver abbandonato la retta via dell’onestà e della bontà.
Alla fine del racconto Mafalda non piangeva più, ma avevano cominciato a piangere
tutti e tre i ragazzi, anche se nessuno di loro lo avrebbe mai ammesso, e d’altra
parte il buio della sera camuffava bene la situazione. Rimasero in silenzio per
qualche istante e si alzarono solo quando Mafalda li pregò di andare subito a casa
per non far preoccupare i loro genitori del ritardo. Le obbedirono, ma le promisero
che sarebbero tornati da lei il giorno dopo.
Quella sera niente era più lo stesso ai loro occhi. Entrarono nelle loro case ben
riscaldate, con la cena fumante pronta sul tavolo, la play station che li aspettava
per la partita di fine giornata e il computer che li chiamava su facebook… Nessuno di
loro aveva una gran voglia di giocare né di cenare né di chattare né di sapere cosa
c’era dentro quei pacchi sotto l’albero che diventavano ogni giorno più numerosi…..
Fino al giorno prima erano così contenti di tutto questo…, o almeno pensavano di
esserlo…, ma adesso continuavano a pensare a Mafalda e ad immaginarela sua
serata, al freddo, nella baracca spoglia ai margini del paese.
Una cosa però avevano voglia di farla: raccontare a qualcuno quello che era
successo. Joe, Adam e Tilly si sentirono al cellulare e decisero di condividere tutto
con tutti… A cena parlarono con i loro genitori. Raccontarono loro ogni cosa e
questa volta anche gli adulti si commossero profondamente. Dopo cena, su face
book, raccontarono a tutti gli amici quanto era accaduto… Joe aveva una pagina di
fans di Harry Potter con tantissimi contatti e pubblicò la notizia anche lì… Tutti
dovevano sapere quanta nobiltà d’animo c’era nella vecchia Mafalda e nessuno più
avrebbe dovuto permettersi di deriderla o di offenderla in alcun modo….
In rete tutti furono d’accordo. Anche i genitori fecero una catena di telefonate per
parlare della cosa e presto tutto il paesino era sensibilizzato.
Il giorno dopo i tre amici tornarono da Mafalda. E il giorno dopo, e il giorno dopo
ancora….: restavano una mezz’oretta con lei, approfittando del fatto che la scuola
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era sospesa, le tenevano compagnia, facevano quattro risate. Dopo una settimana
molti altri facevano come loro e con Mafalda c’era sempre qualcuno che passando
scambiava una buona parola con lei. Quei liceali che le avevano tirato le lattine di
birra si chiedevano cosa diavolo stesse accadendo, ma qualsiasi cosa fosse,
decisero, come al solito, di seguire la massa e quindi anche loro diventarono gentili
con la vecchia rom, senza sapere esattamente il perché. Joe, Adam e Tilly erano
contenti e Mafalda non faceva che ringraziarli per tutti i nuovi amici che lei aveva
trovato.
Ma a questo punto accadde qualcosa di inaspettato….
Alla vigilia di Natale Mafalda non venne al supermercato. I tre ragazzi si chiesero
tutto il giorno cosa fosse successo e a turno la aspettarono al solito posto per
l’intero pomeriggio. Finalmente, verso sera, arrivò affannata. La sua figlia più grande
aspettava un bambino, ma date le condizioni disagiate di vita, rischiava di perderlo
proprio ora al settimo mese di gravidanza. Mafalda era stata tutto il giorno in
ospedale e lì i medici le avevano detto che non c’era molto da fare: servivano delle
trasfusioni di sangue e soprattutto serviva una casa più accogliente per portare a
termine la gravidanza.
I tre ragazzi si guardarono e seppero subito cosa fare. Joe chiamò suo zio che aveva
una ditta di prefabbricati, Adam lanciò un appello su facebook per una raccolta
fondi e Tilly radunò tutti i genitori della classe per la raccolta del sangue.
Così, il giorno stesso, riuscirono ad acquistare una casetta di legno con i soldi che i
ragazzi donarono restituendo tutti i loro regali di Natale ai negozi dove i parenti li
avevano comprati, mentre i genitori andarono tutti a donare il sangue e ne fecero
sacche sufficienti per salvare la gravidanza. Il giorno dopo era il 25 dicembre e fu il
Natale più bello che quel paesino avesse mai vissuto. Tutti portarono qualcosa alla
Casetta. Qualcuno una minestra calda, qualcuno un litro di latte, qualcuno una
coperta, qualcuno un vestitino per il futuro neonato, un passeggino usato, un
giocattolo…... Mafalda aveva il cuore che le scoppiava di felicità.
La giovane mamma incinta potè così arrivare al giorno del parto in un ambiente
caldo e protetto, circondata dall’affetto di tutti, chiedendosi ogni giorno con
rammarico come avrebbe mai potuto ricambiare tutto questo. Quando
cominciarono le doglie, fu portata nell’ospedale della città più vicina, dove anche gli
infermieri e i medici, ormai, conoscevano la sua storia. Prima di entrare in sala
parto, l’ostetrica le chiese se volesse donare il cordone ombelicale. Le spiegò che
altrimenti sarebbe andato buttato. Viceversa, se lei lo avesse donato, avrebbe
potuto salvare la vita di un bambino malato di leucemia. La giovane mamma non
ebbe il minimo dubbio. Si ricordò di una signora che le aveva regalato il lettino da
campo per il neonato, era tanto buona e parlando le aveva raccontato che suo figlio
aveva proprio quella malattia. Sì, certo, avrebbe donato il cordone! Anche lei, pur
essendo povera di tutto, poteva fare un dono grandissimo alla comunità. Quel
bambino ammalatosi salvò e tutti insieme quell’anno fecero una grandissima
esperienza di vita: scoprirono la gioia di donare, non tanto i loro soldi, quanto il loro
cuore, gli uni agli altri!
Pierluigi Damosso
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Il donare…
Il donare per me significa dare ad altri una cosa con l’intenzione di recare piacere. Il
donare è generosità, solidarietà verso coloro che soffrono o vivono in condizioni
diverse dalle nostre.
Si può essere solidali con il prossimo in molti modi: con l’aiuto ai deboli, il soccorso
alle persone bisognose, confortando chi soffre. Per esempio in Italia come in molti
altri paesi europei, il volontariato è una grande forza che agisce in vari settori.
Tra le varie forme di solidarietà, altruismo, generosità, la donazione degli organi
rappresenta un gesto ancora più umano e generoso. Per me rendersi utile è una
delle cose che dà più soddisfazione nella vita.
Donare i propri organi è sicuramente il modo migliore di dare un senso alla vita
perché è dare una nuova speranza di vita, che è il bene più prezioso che abbiamo.
Mi capita di ascoltare le notizie drammatiche al telegiornale e sempre più spesso,
soprattutto quando a morire tragicamente sono persone giovani se non addirittura
bambini, vengono autorizzate dalle famiglie le donazioni degli organi. All’inizio mi
sono chiesto più volte cosa potesse significare, come potesse avvenire che una
mamma o un papà volessero questo. Mi sono domandato quale fosse il fine di una
scelta simile.
Ho cominciato a riflettere, mi sono informato per capire come potesse avvenire
praticamente un espianto e ho capito che ormai da anni, oggi, trasferire gli organi
da un corpo che muore ad uno che può continuare a vivere non è più un miracolo,
qualcosa di inspiegabile, ma una grande opportunità che la scienza offre all’uomo.
La persona che muore può dare attraverso questo gesto una speranza a un’altra
famiglia per aiutare le persone che soffrono.
Sapere che una parte dei tuoi organi continua a vivere nel corpo di un’altra persona
e che può darle un futuro, una speranza è un qualcosa che mi ha fatto capire
l’importanza di questo dono e di questo scambio che vale più di qualsiasi parola
perché ridà la vita.
Penso al caso di Marta Russo: attraverso la sua associazione che ha proposto questo
concorso ho saputo che questa giovane studentessa romana, uccisa all’università a
soli 22 anni, aveva già capito il valore di questo enorme gesto di solidarietà perché
ancora in vita aveva scelto di donare i suoi organi.
Vorrei che noi ragazzi fossimo aiutati, sostenuti ed educati a capire il grande valore
della donazione degli organi, vorrei che la scuola, i professori, le nostre famiglie ci
indirizzassero verso questo percorso per essere da adulti, come fece Marta,
donatori di amore, di speranza e di vita.
Giangiacomo Doglio
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Aiutami
Aiutami e te ne sarò grato,
aiutami e saremo sempre insieme,
aiutatami e correremo insieme su un prato,
aiutami, allevia le mie pene!
Non farmi abbracciar la morte,
non farmi abbracciare i miei cari,
strappati a noi da una triste sorte
con una sofferenza senza pari.
Ti prego fratello, sii generoso
per un povero bambino malato
fa’ che ci sia un domani gioioso.
Aiutami a rinascere,
voleremo insieme
e avremo entrambi delle vite vere.
Victoria Giannetti
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Vorrei essere un dono
Se io fossi un dono vorrei essere amore
senza ricevere nulla in cambio, ma solo dare
affinché ognuno ne abbia ricolmo il cuore,
perché donare vuol dire amare.
Se io fossi un elemento vorrei essere acqua per dissetare,
per non farla mancare ad alcuno
e vorrei pure essere un buon cibo per sfamare,
affinché di fame non muoia mai più nessuno.
Se io fossi un dolore vorrei essere lieve,
per togliere tutte le sofferenze del mondo
con la speranza che ogni malattia sia innocua e breve.
Sei io fossi..., ma io sono solo un ragazzino
e tante cose non le posso fare,
ma di certo non smetterò mai d'amare.
Francesco Graziani
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Non ho bisogno
Non ho bisogno di sentirti per sapere che ci sei,
non ho bisogno di vederti per sapere che ci sei,
non ho bisogno di nulla, so che ci sei.
Ogni tuo ricordo è come oro per me,
ogni tuo sorriso mi spinge a continuare a vivere,
ogni tua parola è come un tesoro inestimabile.
Piango, ma di colpo smetto, sorrido e penso a te;
piango, ma mi convinco che è tutto inutile e ancora penso a te;
piango di nuovo, ma sta volta sono forte e sorrido al mondo,
piango e piango e piango...
Tutte quelle lacrime riempiono il mio viso di tristezza,
ma pensare a te mi fa tornare felice.
Tanto è il dolore quanto la gioia,
tanto è il desiderio di rivederti quanto quello di non farlo,
tanto è bello ricordarti quanto non provarci per paura di soffrire,
tanto è bello amarti quanto..., non posso fare paragoni,
questo è semplicemente un pizzico d'amore.
Alice Iacomacci
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Donare
Donare è dividere con gli altri il più grande tesoro
tra tanti, certo il più prezioso dono,
né l’argento né l’oro
ma l’amore, l’amicizia, il perdono.
Donare è dare senza aspettarsi nulla in cambio dagli altri,
regalare non solo cose materiali, ma anche un sorriso
scoprire un po’ di tenerezza anche nei cuori più scaltri,
aprire il proprio cuore anche a quelli di cui non conosci il viso.
Donare è far del bene senza provare dolore alcuno,
rendere più felici gli altri e alleggerire il proprio cuore,
far pace con il mondo e regalare un sorriso ad ognuno.
Donare è fare un piccolo gesto per gli altri e uno immenso per sé,
ritagliare sulla terra, con un sorriso, un angolo di paradiso,
ecco che cosa donare è.
Rossana Maletto
101
Chi pensa che donare significhi…
Chi pensa che donare significhi acquistare per compiacere un amico, un conoscente
o un parente, dico che dovrebbe cercare di essere meno superficiale e di mettersi
nei panni degli altri. È pur vero che la vita è bella anche se qualche volta essa può
sembrarci ingiusta, soprattutto se sulla bilancia “quotidiana” mettiamo le cose
positive e negative. Spesso il bilancio non è mai equo: le controversie, il dolore per
la perdita di un amico o di un caro ci tolgono la voglia di guardarci dentro. Ma se per
un attimo ci fermiamo e riflettiamo, se in tutto questo squarcio infinito troviamo la
forza di donarci un pensiero di bene, di amore per noi stessi, allora il miracolo
è compiuto: siamo esseri pronti a ridare felicità a chi è senza speranza, rassegnato
agli eventi che la vita quotidiana gli ha riservato. Siamo altresì pronti a donare
amore. Ma cosa significa veramente amare? Mi rendo conto che oggi tutti parlano
d’amore e lo danno per scontato, ma solo pochi sanno realmente percepirlo e
donarlo senza avere nulla in cambio. Con questo tema desidero indurre in
riflessione tutte quelle persone che a mio parere credono di sapere “a modo loro”
donare amore agli altri, senza condizioni. L’essenza dell’amore, la giusta regola
rivolta al prossimo, non significa trovare la persona che ci ami e ci renda felici, ma
riflettere sul modo con il quale poter aiutare, comprendere in poche parole, senza
nulla pretendere, senza nessuna condizione, come scelta di vita, per il rispetto di
tutte quelle vite che hanno bisogno di noi. Dedicarsi agli altri, aiutare il prossimo a
trovare la propria strada e far sì che sia felice. Un altro aspetto dell’amore è la
responsabilità. Si è responsabili dei nostri simili e delle loro esigenze, bisogna perciò
rispettare la libertà individuale e se si pensa che amore voglia dire solo amare una
persona, allora questo altro non è che un sentimento di puro egoismo. È qui che
ognuno di noi deve guardarsi dentro per conoscere e comprendere la vita. Ognuno
di noi può colorare il suo mondo in base alle proprie esperienze e così provare a
concretizzare l’amore in altruismo. Ma l’altruismo esiste davvero? Bisognerebbe
analizzare il rapporto che c’è tra noi e gli altri, io credo che tanto più si è in
sintonia con le proprie necessità, tanto più si è presenti ed attenti alle altrui
esigenze. Bisogna ascoltare ciò che ci arriva dal più profondo del cuore, sforzarci di
capire le nostre e le altrui necessità. Solo riuscendo ad ascoltare questi
sentimenti, l’attenzione verso il prossimo diventerà cosa naturale, come naturale è
l’ottimismo che quotidianamente metteremmo nella nostra vita.
In conclusione credo che bisogna essere sé stessi in prima battuta e donare agli altri
ciò che qualcuno più generoso di noi ha già donato inequivocabilmente a noi, alla
nostra stessa vita, rendendoci persone serene e reali.
Federica Miani
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Donare è una cosa semplice…
Questo non è un concetto facile da spiegare, ma io ci proverò.
In tutto il mondo, ovunque si giri il mappamondo, c' è sempre qualcuno infelice, che
avrebbe bisogno di un aiuto. Ma fortunatamente c'è spesso qualcuno che gli stringe
la mano, che gli sta accanto, che lo aiuta a non avere paura dell' indomani.
Donare è una cosa semplice, ma è anche una delle emozioni più splendide e
entusiasmanti che esistano. Quando si regala qualcosa a qualcuno meno fortunato è
come regalargli un pezzo del tuo cuore, passargli un po' della tua felicità, facendo
del bene a chi se lo merita.
La felicità e l'amore veri sono sentimenti che non tutti provano veramente, bisogna
viverle queste emozioni per capire ciò che sto descrivendo.
Vedere il sorriso sul volto di un bambino, i suoi occhi luccicare, le sue braccia pronte
a stringerti in un abbraccio per la felicità, anche semplicemente perché gli è stato
donato un giocattolo, vedere come un banale pezzo di plastica colorato possa
portare il bambino in un mondo parallelo dove quel pezzo di plastica si muove e
parla come un uomo; questo, tutto questo, è come se centomila mani ti
prendessero e ti lanciassero in cielo accanto a quegli angeli che suonano per te
un'angelica melodia, sapere che la gioia di quel bimbo è tutta per causa sua è una
sensazione indescrivibile, ma davvero bellissima.
Ogni bambino si chiede perchè Babbo Natale fa il giro del mondo solo per dare cose,
senza mia riceverle, ma in realtà il regalo più bello è il suo, ovvero vedere la gioia,
l'allegria che è riuscito a portare nell'animo di ogni singolo bambino.
Perché sono le piccole cose che un giorno o l' altro diventeranno grandi, una stretta
di mano domani sarà un bacio in fronte. Donare un sorriso rende felice il cuore,
arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona.
Non serve donare migliaia di soldi per rendere felice qualcuno, basta un bacio, una
parola dolce e un abbraccio per farlo sentire protetto e sempre al sicuro.
Michela Oneto
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Quando si ama…
“Quando si ama non vi è nulla di meglio che dare sempre,
tutto, la propria vita, il proprio pensiero, il proprio corpo, tutto
quello che si possiede, sentire quel che si dà; mettere in gioco
tutto e poter dare sempre di più”
G. de Maupassant
La storia che sto per raccontare è inventata, ma non posso dire che non sia mai
successa.
Forse in luoghi diversi, in circostanze diverse, con motivazioni differenti, ma non mi
stupirei che nella mente di qualcuno, leggendola, riaffiorasse il ricordo di un
episodio simile.
Questa storia parla di un uomo. Era un uomo semplice, povero, di quelli che per
strada la gente tende ad evitare, ma ben presto sarebbe diventato un eroe.
Non aveva una casa, o, per meglio dire, il suo concetto di casa era molto diverso da
quello che abbiamo noi.
Considerava casa sua ogni panchina, ogni parco della grande metropoli in cui viveva.
Non possedeva niente, solo qualche soldo guadagnato spazzando via le foglie e
viveva la vita affrontando i problemi minuto per minuto, senza pensare al futuro.
Non aveva nessun ideale, nessun sogno, nessuna motivazione che gli desse la forza
di mettere un passo dopo l’altro, viveva e basta.
I giorni si susseguivano senza nessuna differenza. Viveva isolato dal mondo, non
odiava la sua vita perché l’aveva scelta, né cercava di migliorarla, perché questo
significava avere un rapporto, per quanto minimo, con la gente.
Per comprendere a fondo la sua vita bisogna partire dalla sua concezione
dell’amore. Amare per lui significava essere pronto a donare la sua vita per gli altri
e, non ritenendosi in grado di compiere un gesto così estremo, rifiutava qualunque
rapporto con gli altri.
Quella sera sembrava uguale a tutte le altre. Camminava su una strada buia, o male
illuminata, alla ricerca di una panchina dove passare la notte.
Non era triste, oramai era privo di qualsiasi emozione, ma si sentiva vuoto, inutile.
Era immerso nei sui pensieri, quando un urlo disperato lacerò l’aria.
Cercò di capire da dove veniva. Poco più avanti un gruppo di ragazzi era in piedi
davanti ad un’auto nera.
Vicino a loro c’era una ragazzina. Non era alta, doveva avere tredici o quattordici
anni e si dimenava disperata tra le braccia di uno di loro.
Aveva paura, le si leggeva il terrore sul volto rigato di lacrime.
Anche l’uomo aveva paura e per un attimo la parte razionale del suo cervello gli
disse di scappare, ma poi guardò negli occhi la ragazza. Si guardarono per pochi
secondi, uno sguardo intenso, pieno di disperazione e di supplica.
104
Poi tutto accadde in un lampo. L’uomo si lanciò sul ragazzo che bloccava la
ragazzina, il quale, colto di sorpresa, lasciò la presa permettendo alla ragazza di
fuggire.
Vide allora, come al rallentatore, il ragazzo che estraeva una pistola, gliela puntava
contro e sentì un dolore acutissimo, tanto che stentò a credere che potesse essere
così forte, poi non sentì più nulla.
Si risvegliò in ospedale.
La prima cosa che vide fu la ragazza. La guardò negli occhi, quelli occhi tormentati,
le prese le mani nelle sue, grosse e pelose, senza smettere di guardarla, con uno
sguardo carico di affetto, di amore. Sì, era stato in grado di sacrificare la sua vita per
lei, era stato in grado di amare.
Qualche minuto dopo chiuse gli occhi per sempre.
Bianca Patarnello
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“Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Per comprenderlo pienamente occorre chiedersi cosa significa la parola amore.
L'amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia ed adesione,
rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale.
Nel momento in cui l’amore non è rivolto esclusivamente verso sé stessi ma verso
gli altri, esso si coniuga con l’altruismo che va inteso proprio come manifestazione
dell’amore verso gli altri anche attraverso la comprensione dei bisogni altrui.
L’atto di donare è, dunque, una manifestazione di amore e altruismo. Un dono può
essere materiale o morale.
Si può donare agli altri beni materiali di cui hanno bisogno: ad esempio, proprio in
prossimità del Natale, nella mia parrocchia è stata organizzata una raccolta di viveri
per le famiglie più bisognose del quartiere. Anche io e le mie sorelle partecipiamo a
queste raccolte donando i giochi che non usiamo più tanto, ma che sono ancora
belli, o dei vestiti.
Il dono morale più grande è quello di darsi al prossimo, manifestando affetto,
solidarietà o semplicemente con una parola di conforto a chi è in un momento
difficile della sua vita…
La bellezza del donare è la sua gratuità dal momento che, se lo si fa con sincerità,
non ci si aspetta nulla in cambio.
Penso, però, che la gratuità del gesto è solo apparente perché in realtà chi dona si
arricchisce interiormente. Il sorriso di una persona in difficoltà, un “… grazie amico”,
un abbraccio, sono le grandi ricompense per la nostra anima che contribuiscono a
fare di noi delle persone vere.
Anche il volontariato è un grande esempio di cosa significa donare.
È un’attività gratuita svolta da alcuni cittadini a favore della collettività, dei malati e
dei bisognosi. Una forma di volontariato molto importante è quella che si svolge a
Lourdes. Lì ogni anno vengono accompagnati migliaia di persone con handicap
proprio dai volontari dell’UNITALSI. Mia nonna, Sara, è una di loro e lo ha fatto per
trent’anni.
Forse la forma estrema della donazione avviene proprio con la donazione degli
organi attraverso la quale si arriva a donare la vita a chi è affetto da gravi malattie
che, senza il trapianto, porterebbero inevitabilmente alla morte..
Una grande associazione dei donatori di organi è l’A.I.D.O., Associazione italiana per
i donatori di organi, che permette ad ognuno di donare organi per salvare una vita
in pericolo.
Perché donare?
Perché prelevando organi e tessuti da una persona deceduta è possibile salvare la
vita a qualcun altro o rendere migliore l'esistenza di malati afflitti da patologie
incurabili.
Ognuno di noi si potrebbe chiedere per quale motivo dovrebbe essere un donatore
di organi ma c’è una semplice risposta: perché, è possibile che un giorno potremmo
106
avere bisogno di un trapianto e quindi saremmo grati alla persona o alla famiglia
che ha donato l’organo per salvare la nostra vita.
Noi tutti viviamo in una grande comunità ed è bello pensare di poter fare
affidamento sugli altri nel momento della difficoltà. Sicuramente ognuno di noi, con
l’esempio concreto del proprio comportamento disinteressato, può contribuire a
creare una società in cui la fiducia e l’amore verso il prossimo siano la regola e non
l’eccezione.
Se ognuno di noi ama e dona diventa bello e lo ha detto propria la Madonna a uno
dei veggenti di Medjugorje che Le chiese:” Mamma Celeste ma perché sei così
bella?” e la Madonna rispose: “Perché amo.”
Chiara Vaccaro
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Sally
Sally è una giovane ragazza, che frequenta l’ultimo anno di liceo. Abita con i genitori
ed il fratello più piccolo in una palazzina al centro di Birmingham, una città
dell’Inghilterra. A guardarla uno direbbe: “è una bella ragazza, alta, slanciata, con
grandi occhi color del bosco, e sembrerebbe pure simpatica”. Ma Sally si portava
avanti sin dalla nascita un tumore al cuore, che era peggiorato man mano che
cresceva ed i chirurghi l’avevano messa in lista d’attesa per un intervento al cuore.
Sally questo lo sapeva, ma nonostante tutto era sempre allegra. Era da 3 anni o più
felicemente innamorata di un ragazzo, Brian, un ragazzo colto, con splendidi capelli
biondo-castani e gli occhi azzurri come il cielo. Brian amava Sally e lei amava lui. Era
sorprendente come stavano bene insieme: andavano al cinema ogni sabato e si
divertivano molto. Bryan non sapeva della sua malattia. Sally glielo aveva provato a
dire tante volte, ma non ci era riuscita. Ormai glielo doveva dire. Gli doveva dire che
si sarebbe dovuta operare prima o poi. Così un giorno prese coraggio: ” Bryan”,
disse con la voce tutta tremante, “c’è una cosa che ti volevo dire da tanto tempo. I
medici mi hanno diagnosticato da quando ero piccola una malattia al cuore e quindi
mi dovrò operare il più presto possibile, altrimenti… beh, se non trovano un cuore
compatibile con il mio… per il resto dei miei giorni dovrò vivere attaccata ad una
macchina elettrica… Sai, te lo volevo dire per non farti preoccupare…”. Bryan a
quelle parole rimase basito. Poi se ne andò, inventandosi che doveva fare i compiti
e corse via. Il giorno dopo si videro al parco. Lui era sempre molto strano, ma
abbozzò qualche sorriso. Il giorno dopo non si fece più vedere. E neanche l’altro
ancora. Sally era sempre preoccupatissima.
Ma il giorno dopo arrivò una telefonata a casa di Sally. Era l’ospedale che diceva che
era arrivato un cuore compatibile con il suo. Subito chiamò la madre ed il padre ed
andarono all’ospedale.
Sally riaprì gli occhi: era in una stanza bianca, in un letto bianco. Aveva i ricordi
confusi, anche se, secondo dopo secondo, ricordava sempre più: l’arrivo
all’ospedale e poi l’operazione. Avrebbe tanto voluto vedere i suoi genitori, ma
come si sa la prima settimana non può entrare nessuno, la terza solo parenti vestiti
con appositi camici e non si possono avvicinare più di 2 metri dal letto. E poi, a 2
mesi dall’intervento, i parenti potevano liberamente entrare. Sally aspettava di
poter riabbracciare i genitori, il fratello e Bryan. Finalmente il suo desiderio si
avverò: infatti una mattina si alzò ed accanto a lei c’erano i suoi genitori. La madre
che era una bella donna, di solito sempre truccata e pettinata, ora aveva le unghie
smangiucchiate ed i capelli arruffati. Il padre aveva invece le occhiaie. Appena si girò
verso di loro il loro volto si illuminò “Sally” mormorarono e la abbracciarono. Nei
giorni seguenti l’andarono a trovare il fratello, la nonna, gli zii, i cugini e gli amici.
Sally era contenta di queste visite, ma non vedeva Bryan, che gli era sembrato così
preoccupato al riguardo. Gli voleva dire che era andato tutto bene. I giorni
passavano veloci, ma lei non lo vedeva, anche se con il suo nuovo cuore lo sentiva
più vicino. Ogni volta che l’infermiera le diceva che c’era una visita le si illuminava il
volto perché pensava che fosse Bryan. Ma invece non era lui. Passarono le
settimane e Sally tornò a casa. Era triste, pensava che Bryan l’aveva tradita.
108
Felicissima di essere tornata a casa, entrò in camera e vide una busta sul letto. Si
avvicinò. Era di Bryan. La aprì…. Era scritta con un bell’inchiostro blu, diceva:
“Sally, io ti volevo tanto bene e te ne vorrò per sempre. Spero che tu mi perdonerai
per non avertelo detto prima, ti ho donato il mio cuore perché sei la mia vita.”
Cecilia Perinelli
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Cosa fare…
Cosa fare per essere felici?
Possiamo immaginare di volare
in un cielo azzurro, ma abbandonati
come astronauti male equipaggiati.
O nuotare come pesci d’oceano
in un mare blu profondo
senza respiro e sguardo
e mai emergere dal fondo.
Possiamo si immaginare, ma invano,
se mai ad altrui doniamo
e amiamo dal profondo del cuore.
Donare sé stessi fino lassu’
come una gara a chi dà di più
amore e solidarietà per la vera felicità.
Pietro Taragoni
110
Abbiamo il dono…
Abbiamo il dono della vita
e la possibilità di fare del bene.
Donare è amore per gli altri.
Donare è una spinta che vien dal cuore.
Donare gratifica noi e chi riceve.
Donare non è dare ciò che resta,
ma dividere ciò che si ha.
Donare è sconfiggere il male.
Donare è aiutare il prossimo.
Donare dà senso alla giornata.
Donare allarga il cuore
e infonde tenerezza.
Donare è importante,
Dante dice:
“Chi sa donare, nell’Inferno non dovrà passare”.
Donare illumina la vita.
Giada Smorto
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Sonetto per Marta Russo
La mattina del 9 maggio
tu sei nata,
studentessa di giurisprudenza,
nell’università la Sapienza.
Vittima accidentalmente dell’omicidio,
a Roma giorni di disagio, dispiacere e dolore
e finiti
tutti i giorni della tua vita.
Non posso immaginare
il dolore ancora dei tuoi genitori,
ormai senza speranza.
Nella tua breve vita,
ormai finita, i momenti più importanti,
la tua vita, la nascita, lo sviluppo e la morte.
Anna Testi
112
Qualcosa di proprio…
Donare significa dare qualcosa di proprio a un'altra persona. È quindi un gesto che
può essere compiuto solo se si ha un senso di altruismo e carità. Non è facile
rinunciare a qualcosa a cui teniamo per farne un dono, ma se prevale il senso di
altruismo tutto è più facile. Ogni tanto arrivano delle lettere che chiedono di inviare
ai bambini bisognosi dei paesi poveri dei soldi. Una volta convinsi mia madre a
spedire un contributo ai bambini dell’Africa colpiti da una grave malattia agli occhi.
Dovetti scegliere se comperare una nuova maglia o fare la donazione. Decisi di
rinunciare alla maglia nuova anche perché ne avevo già tante. Sicuramente è più
facile fare regali quando si ha già il necessario. È molto più difficile essere generosi
quando si hanno a disposizione pochi soldi e bisogna rinunciare qualcosa che
soddisfa i nostri bisogni per donare agli altri. Quando si fa un regalo è felice chi lo
riceve ed è anche gratificato chi lo dona, soprattutto se vede che il regalo è gradito
perché il suo gesto di amore ed il suo eventuale sacrificio è stato apprezzato.
Qualche tempo fa, per esempio, cercavo un regalo per mio fratello, mio padre mi
accompagnò in giro per Roma. Cercavo qualcosa che fosse sia utile che bello. Ho
cercato per molte ore e finalmente ho trovato quello giusto. Mio fratello fu
contentissimo del regalo, tutti i miei sforzi furono ripagati dalla sua gioia e dalla sua
sorpresa. Ci sono anche persone che pur avendo le possibilit, non fanno mai regali
ed altre che li fanno solo per rispettare la tradizione, ma farebbero volentieri a
meno di regalare qualcosa. Queste persone sono sicuramente delle persone aride di
sentimento che amano solo sé stessi e non sanno provare gioia nel donare e nella
felicità degli altri.
A me personalmente piace molto fare regali, ma sono molto contento anche quando
li ricevo, soprattutto se sono inaspettati.
Emanuele Tata
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Se io fossi…
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S’I’ FOSSI UCCELLO VOLEREI NEL CIELO
S’i’ fossi uccello volerei nel cielo.
S’i’ fossi stella lo illuminerei.
S’i’ fossi nuvola fuggirei.
S’i’ fossi tuono non urlerei.
S’i’ fossi fata andrei in giro a regalare gioia
e terrei da tutti lontana la noia.
Volerei in cielo e sulla terra butterei
dolci e giochi per tutti gli amici miei.
Ma sto sognando,
è questa la verità,
molto diversa e la realtà.
A volte soffro in questo mondo,
ma se sogni e speri
lo rendi più giocondo
Margherita Criscuolo
115
Se fossi il sole…
Se fossi il sole mi illuminerei.
Se fossi acqua allora sai che farei?
Comincerei a giocar col mondo
e mille cascate formerei.
Se fossi Dio sulla luce regnerei.
Se fossi il Male allora scapperei.
Se fossi il Re me la godrei,
perché ogni persona dalla mia parte avrei.
Se fossi architetto costruirei qualcosa di grande.
Se fossi il più ricco la finanzierei.
Se fossi immortale mai cesserei di dedicarmi a lei.
Se fossi Pierluigi, come io sono e sarò,
una bella famiglia metterei su,
e nulla le farei mancare più.
Pierluigi Damosso
116
Se fossi
Se fossi pura come sono
mi sacrificherei per i deboli.
Se fossi Impura sai che farei,
all'inferno me ne andrei.
Se fossi cibo sfamerei il mondo.
Se fossi acqua lo disseterei.
Se fossi pace distruggerei
la feroce guerra.
Se fossi musica rallegrerei il mondo.
Se fossi tempo mi fermerei.
Se fossi luna illuminerei la notte.
Se fossi un eroe salverei il mondo.
Se fossi medico lo curerei.
Se fossi amore lo bacerei.
Victoria Giannetti
117
S'i' fosse stelle illuminerei il mondo
S'i' fosse stelle illuminerei il mondo.
S'i' fosse un dolore vorrei essere lieve.
S'i' fosse un ruscello scenderei giocondo.
S'i' fosse di colore bianco vorrei essere la neve.
S'i' fosse il vento soffierei per accarezzare.
S'i' fosse il tempo vorrei andare piano.
S'i' fosse l'acqua scorrerei per dissetare.
S'i' fosse un viaggio vorrei andar lontano.
S'i' fosse un tuono vorrei non far rumore
per non spaventare i bambini del mondo.
S'i' fosse un organo vorrei essere un cuore.
S'i' fosse un gioco vorrei essere un girotondo
così che tutti si tengono per mano con amore,
in questo grande cerchio che è il mondo.
Francesco Graziani
118
Sonetto
S'i’ fosse amicizia io sorriderei
e a nessuno dei miei amici mentir potrei
S'i’ fosse amor, il mio cor mi guiderebbe;
s'i’ invece fosse odio, che cosa orrbile sarebbe!
S'i’ fosse forzuto, allor tutti i bulli vesserei
ed ogni debole di certo aiuterei.
S'i’ fosse adulta sapete chi sarei?
Una donna colta e giusta senz'altro diverrei!
S'i’ fosse infanzia giocherei nella casetta tanto amata;
s'i’ fosse una fanciulla come ormai son diventata
penserei al gioco e della scuola me ne sarei dimenticata;
S'i’ fosse un sogno andrei dal nonno;
s'i’ fosse un incubo sognerei il buio pesto
e s'i’ invece fosse un gioco lancerei la palla in un cesto.
Alice Iacomacci
119
Se io fossi la libertà
Se io fossi la libertà mi diffonderei,
se io fossi il razzismo, invece, sparirei.
Se io fossi la generosità scioglierei l’animo dei duri di cuore;
se io fossi l’ egoismo, invece, imiterei chi muore.
Se io fossi l’ amore entrerei nei cuori della gente.
Se io fossi l’ odio, come le parole per un sordo, che nulla sente,
non mi farei più vedere né sentire.
Se io fossi la gentilezza sarei indispensabile come è per gli uomini dormire.
Se io fossi la dolcezza condannerei l’asprezza.
Se io fossi la forza aiuterei la debolezza.
Se fossi uguaglianza sparirei, perché la diversità è la nostra bellezza.
Se io fossi la vita, sarei come un corridore a fine gara, darei il massimo.
Se fossi la morte sarei la degna conclusione di uno spettacolo fantastico,
come un sipario che si chiude per far entrare il prossimo.
Rossana Maletto
120
Se fossi un colore
Se fossi un colore
sarei il verde,
per colorare il mondo
come la speranza.
Se fossi un fiore
sarei il gelsomino,
per profumare il mondo
come una sera d'estate.
Se fossi una nota
sarei tutta la scala,
per riempire il mondo di una musica felice.
Sono solo Ilaria, ma mi piacerebbe
un giorno, da grande,
portare speranza, musica e profumo nel mondo
Ilaria Manzocchi
121
‘E se il mondo cambiasse?’
E se il mondo potesse parlare?
Direbbe che poi non sta tanto male.
Basterebbe solo un po’ più pensare ,
a chi ha fame e non può mangiare.
E se un bambino potesse sempre giocare?
Giocherebbe con la luna ed il sole,
con l’acqua del mare,
perché a volte basta poco per sentirsi speciale.
E se fossi un mago?
Cambierei i cuori
di chi vuol far la guerra e commettere errori.
E se volessimo eliminare il male?
Allora dovremmo fare qualcosa di speciale,
affinché ogni giorno sia sempre un po’ Natale.
Agnese Rocchegiani
122
Si fossi ricco…
Si fossi ricco donerei ai poveri.
Si fossi egoista cercherei di condividere le cose.
Si fossi generoso donerei tutto per le persone bisognose.
Si fossi la persona più generosa al mondo a tutti donerei una cosa.
Si fossi pieno di grazia
rifarei il mondo dal principio e tutti d’animo uguale farei.
Si fossi pieno d’amore
a tutti donerei un animo gentile.
Si fossi innamorato
darei tutto ciò che possiedo
alla donna che amo.
Si fossi un soldato
combatterei per la gioia
e per un futuro migliore per tutti
Antonio Schettino
123
Se fossi padre
Se fossi padre parlerei d’amore,
darei oro nelle mie mani,
metterei entusiasmo nei miei occhi
e abbraccerei i miei figli a tutte le ore.
Se fossi padre canterei di gioia,
fermerei il tempo per goderlo
senza guardare ciò che capita intorno
e la mia vita non conoscerebbe noia.
Se fossi padre nessun peso sentirei,
accarezzerei il mondo con le mie mani
e nella vita ogni persona aiuterei.
Se fossi padre bacerei le stelle,
le illuminerei tutte per farle brillare
e percorrerei l’universo fino a toccarle
Pietro Taragoni
124
Ci sono giorni in cui
non mi sento capito
e non capisco gli altri
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Fronteggiare un avvenimento senza problemi
Ogni mattina mi alzo stanca, sorridente, triste, arrabbiata, spaventata, tutto
dipende da come ho dormito; da cosa ho sognato, da quello che è successo la
giornata prima e da quello che mi aspetta, il se mi sveglio dalla parte sbagliata del
letto, se il giorno prima ho avuto una nota, se mia madre è arrabbiata con me o
tante altre cose negative. In queste giornate mi sento esclusa dal mondo, da tutti,
sembra che io sia il mondo e che non ci sia nessun altro. L’elemento principale è
l’angoscia e la preoccupazione alle quali non riesco a far fronte, per grandi motivi
tra cui il fatto di non essere compresa dagli altri e che quindi gli altri non possano
aiutarmi, non riuscire a farmi comprendere nemmeno più. Questo rende
impossibile l’andamento delle giornate, diventano devastanti. C’è una parte positiva
in tutto ciò: quando sono solo io, quindi con nessun’altro vicino, mi chiudo in me
stessa e rifletto su mille argomenti, discussioni, alle quali non avevo mai fatto caso.
Questa cosa, la prima volta che mi è successo, mi è sembrata molto strana, ma
ormai ci ho fattio l’abitudine. È successo quando, in terza elementare, sono stata
sgridata, per la prima volta, dalla mia maestra di inglese perché non ero attenta,
qualche secondo dopo mi sentivo chiusa in una bolla, gli altri mi passavano accanto
e io sembravo non esistere per loro. Parlavo, ma non capivano, e mi infastidiva
molto, loro cercavano di comunicare, ma mi sembrava non capissi niente. La sera ne
parlai con mia madre che mi spiegò che può capitare a tutti e che poi passa, perché
qualunque sia il tuo problema basta che ci credi e puoi risolverlo. Il giorno dopo,
impaurita, sono tornata a scuola e ho salutato una mia compagna, convinta che lei
mi rispondesse:”cosa hai detto?”, ma non fu così, lei mi rispose come tutti i giorni e
lì ho capito che non devo farmi intimorire da niente e da nessuno.
Alice Parrella
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Incomprensioni e litigi
Ci sono tante cose che apprezzo della mia vita, ma se c’è ne è una a cui non
rinuncerei mai, è questa: mangiare la pizza. Può sembrare una cosa molto infantile
o molto stupida, ma per me non lo è affatto. Come per molti altri ragazzi anche io
vivo dei momenti in cui non capisco gli altri e tanto meno mi sento capita, e questo
accade molto spesso con i miei genitori. Di certo non chiedo di mangiare chili di
pizza perché sinceramente non sono affatto una ragazza obesa, ma d’altro canto,
nemmeno li accetterei! Semplicemente vorrei non essere assillata dalla mia famiglia
in continuazione per una cosa insulsa come questa che poi non è altro che un
gradito sfizio per me. Ammetto di non essere una persona con il fisico perfetto, al
contrario di tante altre mie coetanee, ma non me ne faccio una colpa perché
dopotutto se non ci godiamo le cose adesso quando lo potremo fare di nuovo?
Come dicevo prima, ci sono certi giorni che vorrei poter sparire da questo mondo.
Ogni volta è sempre la stessa storia e questo fatto di scontrarmi con i miei genitori
per una cosa così insulsa non mi piace affatto. Se vengono a scoprire che ho
mangiato anche solo un misero pezzo di pizza succede il finimondo! Mia madre
inizia a sbraitarmi contro dicendomi che lei si è stufata di dirmi sempre cosa devo
mangiare e che se non sono capace di rispettare le sue regole, allora non la devo più
assillare, ma fare come mi pare, col rischio di diventare obesa come i ragazzini che
fanno vedere in televisione. Mio padre dice le stesse cose e aggiunge che non mi
capisce. Dice che prima mi lamento tanto perché non ho il fisico delle altre ragazze
e poi mi sfondo di pizza. Le mie sorelle poi, in questa storia non sono certo lì a
difendermi, anzi… Sono sempre pronte ad appoggiare i miei genitori! Le stesse cose
mi vengono dette dagli altri miei familiari, ma in modo più “delicato”. La cosa
peggiore è quando mia madre mi porta dal medico ogni santo mese per vedere se
sono ingrassata. Oltretutto molte volte mi capita di essere presa in giro da altre
persone perché sono un pochino in carne, al contrario di loro, e questo non mi
piace affatto. Quando i miei genitori mi dicono queste cose mi viene sempre da
piangere perché immagino di diventare come quei bambini che hanno problemi di
peso e perché mi rendo conto che non diventerò mai bella come le altre ragazze che
tutti ammirano. In questo campo, il parere dei miei amici lo lascio stare perché non
saprei nemmeno cosa mi risponderebbero e preferisco non saperlo… Davvero non
capisco quando fanno così. Mi sento davvero una poveraccia che non ha speranza di
diventare bella quanto le altre ragazze e questo mi fa soffrire molto. Oltretutto non
so nemmeno come reagire perché, dato che sono i miei genitori, non mi
permetterei mai di mancare di rispetto, ma questo loro comportamento non lo
sopporto. Non comprendo perché mi trattino in questo modo e davvero non c’è la
faccio più a sentirmi così pressata per una stupidaggine come questa. Sinceramente
mi viene da pensare che devo rassegnarmi perché non riuscirò mai a raggiungere il
127
mio obiettivo e cioè avere un fisico bello come quello delle mie compagne, tanto
cosa altro potrei fare? Certo, se si trattasse solo di un misero pezzo di pizza non
starei qui a lamentarmi, ma non si tratta solo di quello. È un continuo discutere su
tutto. E una volta sul cibo, una volta sui compiti, una volta per come mi sono
comportata. Basta! Non posso più sopportare tutta questa oppressione da parte
loro su ogni cosa! Anche io sono un essere umano e ho il diritto di avere i miei
difetti, ma essere sempre criticata e sentirsi una nullità non mi fa sentire bene
perché non è per niente bello non essere capita da nessuno, provare questa
tristezza e non avere chi ti dia comprensione perché anche lui ha problemi come i
miei. Questa è forse l’unica cosa in cui posso dire di non essere per nulla contenta,
ma il problema resta e non so come affrontare i miei genitori e dire cosa penso
davvero. Una volta per tutte vorrei riuscire a dire che sarei tanto curiosa di vedere
se hanno davvero il coraggio, come dicono loro, di non assillarmi più e lasciarmi
diventare “obesa” perché in realtà si rimangiano sempre la parola e, da capo a
piedi, mi stanno di nuovo con il fiato sul collo. Inoltre vorrei tanto spiegare che
ormai ho tredici anni e so badare a me stessa e, per quanto mai potessi esagerare
nel mangiare, non arriverei mai al punto di diventare obesa. Proprio come ho detto
prima, conosco i miei limiti, cosa che invece non loro sanno perché non sono me.
Infine direi loro di mettermi alla prova una volta per tutte per dimostrare che hanno
una figlia matura e che ormai non ha più bisogno di questi rimproveri perché è
abbastanza grande da capire da sola. Mi piacerebbe tanto farlo, ma non penso
proprio di poterci riuscire.
Alice Iacomacci
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Pensandoci bene…
Pensandoci bene è molto difficile non avere incomprensioni con gli altri, ogni
giorno ci vuole impegno per evitare complicazioni. Ho notato che il mio
umore non è sempre allegro e sereno. Capisco questo cambiamento quando
c’è un motivo, molte volte resto sorpreso dal mio modo di essere che non
sempre proviene però da motivi esterni. Con il passare del tempo ho
imparato a non dare molto peso a questi stati d’animo passeggeri. La cosa
che più mi dispiace, quando sono triste, e se qualcuno insiste sul mio stato
d’animo senza capire che la cosa migliore sarebbe non parlare e non farci
caso. Questa situazione mi mette a disagio perché non so che cosa dire e
preferirei che gli altri facessero finta di niente. Ci sono state situazioni in cui
mi sono sentito incolpato ingiustamente senza riuscire a comprendere come
fa un compagno a essere così vigliacco sapendo che un altro è punito al suo
posto, anche se è un suo amico. Ancora più grave è quando tutti pensano di
avere sempre ragione e quando riconoscono l’errore ormai è troppo tardi e
non ha più importanza, non pensando al valore che ciò può avere per noi.
Anche con i genitori ci sono problemi, qualche volta capita che si
preoccupano troppo e che sono troppo invadenti facendomi sentire
oppresso e limitato nei miei desideri. Anche durante il gioco fra compagni
c’è sempre qualcuno che quando perde non lo ammette e fa di tutto per
restare nel gioco.
Riccardo Anselmi
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Ci sono…
Ci sono giorni in cui non mi sento capito e non capisco gli altri. Essere compreso
dagli adulti e dagli amici qualche volta è difficile, ma sono poche le volte che mi
succede. Mi sono messo a riflettere seriamente sull'argomento e penso che è
normale alla mia età incominciare ad essere indipendente, esprimere il mio
pensiero e il mio modo di essere, anche perché sto vivendo il periodo
dell'adolescenza con tutti i cambiamenti che ne seguono.
Spesso parlo con ragazzi della mia età e ci confrontiamo sui problemi che
ci troviamo ad affrontare nella vita di tutti i giorni e in casa.
Ci sono momenti che va tutto male, cosi almeno sembra, e altri che va tutto bene.
Mi sento un ragazzo ascoltato ma qualche volta non capito, forse perché la vita è
diventata cosi frenetica che anche gli altri hanno molte cose su cui riflettere e
problemi da risolvere, così reagisco in modo impulsivo, pensando di fare la cosa
giusta e invece mi accorgo che non è cosi.
La mia reazione, può essere interpretata dagli adulti in modo sbagliato, invece è
solo quell'insicurezza che spesso prende il sopravvento dentro di me.
È importante anche per me cercare di capire le persone a cui voglio bene, perché mi
ricoprono di affetto e amore tutti i giorni, facendomi vivere in modo sereno.
Mi ritengo fortunato anche perché i problemi fanno parte della vita e ci sono ad
ogni età, basta superarli sempre con il sorriso sulle labbra.
Fondamentale è il rapporto con la famiglia, devo dialogare sempre con i
miei genitori e confrontarmi, per dare l'opportunità di farmi conoscere e capire;
non si può dare tutto per scontato solo perché sono mamma e papà: per far sì che
tutto funzioni c'è bisogno di amore, intelligenza, pazienza e rispetto dalle due parti.
Edoardo Cappella
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Un tornado di incomprensioni.
La scuola è come una seconda casa, è un posto dove tutti noi ci troviamo a
nostro agio.
Ogni giorno lo passiamo insieme ai nostri compagni, ormai diventati parte di noi, per le
risate, gli scherzi, le battute e a volte anche per discussioni che alla fine non fanno altro che
avvicinarci di più l'uno all'altro. Io credo che gli amici siano indispensabili, perché anche con
un piccolo gesto possono farti tornare il sorriso, ma ci sono alcuni momenti che trovo
incomprensibile quello che fanno o che pensano e questo mi irrita un po'.
Molti comportamenti sono davvero ridicoli ma finché si tratta di persone a cui
io non tengo particolarmente non ci faccio caso, ma quando riguarda amici per me
importanti è davvero fastidioso.
Questi comportamenti portano a litigi da cui si può tranquillamente uscire ma, a volte, si
rischia di perdere un amico considerato speciale. Penso che se davvero tieni ad una
persona, cerchi di farle capire quello che ti provoca disturbo, evitando contrasti che
portano solo malesseri, senza tenersi tutto dentro per poi, eventualmente, esplodere in
uno sfogo improduttivo se non negativo.
Durante i giorni che trascorriamo con i compagni ci rendiamo conto di quanto essi siano
importanti e con tutto il tempo che passiamo insieme impariamo a conoscerci sempre
meglio. Per questo trovo assurdo che alcuni giorni mi sento non capito dai miei compagni e
allora penso che poi non mi conoscano così bene come mi aspettavo. Questi giorni sono
davvero cupi, tutto risulta più difficile poiché non riesco più a pensare a niente.
Senza amici le giornate sono vuote e molte volte, per non soffrire, basta sopportare e avere
pazienza, come nella maggior parte delle occasioni della vita, anche se non sei d'accordo.
Perché in fondo....., cosa sarebbe un mondo senza amici?
Giulio Cicolella
131
L'adolescenza
Le persone grandi dicono che l'adolescenza sia un'età bella, spensierata e piena di
sogni. Forse gli adulti sono già troppo adulti e, lontani dalla mia età, si sono
dimenticati di come questo periodo della vita sia pieno di contrasti, di ombre e luci,
di momenti di follia che si alternano a momenti di sconforto.
La differenza di età può far vedere le cose in modo totalmente diverso, e se i grandi
hanno l'esperienza, forse non posseggono quella mentalità moderna di noi ragazzi.
Io mi trovo proprio in questa fase della vita e mi accorgo che anche con persone
poco più grandi di me non c'è proprio quella sintonia che vorrei avere con loro.
Quando mi sveglio la mattina, qualche volta mi sento triste e non so neppure io il
motivo e cerco di capire il mio stato d'animo e non trovo una spiegazione logica,
figuriamoci se la trovano gli adulti.
In questi casi, in cui non capisco neanche me stesso, è logico che mi senta lontano
da tutti e che tutti mi sembrino degli estranei che non riescono a comprendermi. Lo
stesso vale se mi sento allegro ed euforico, mentre giustamente non è detto che
tutti lo debbano essere e così tra me e gli altri si crea un grande abisso.
La giovane età non è automaticamente un periodo di gioia, basta poco per farci
cambiare umore e anche fra coetanei possiamo essere felici in momenti diversi,
quindi non c'è nulla di più disomogeneo che la giovinezza.
Forse certi momenti che passiamo, ognuno con esperienze e risultati diversi, ci
allontanano invece che unirci e ci fanno sentire soli e non compresi e il problema
può essere di non essere capiti; prima o dopo tocca a tutti e può far sì che unisca noi
giovani e ci avvicini , ma mai ci unificherà alle generazioni precedenti perché
esperienze diverse fanno crescere in modo differente.
Matteo Conti
132
Oggi proprio non va!
Eh si!! Ci sono dei giorni in cui proprio non va. Farei meglio a starmene nella mia
camera e chiudere la porta a tre mandate. Non ho voglia di parlare e sentire
nessuno, se non i miei cantautori preferiti. In quei momenti solo loro riescono a
descrivere il mio stato d’animo. Infatti, a volte mi capita di vivere giornate in cui
tutto sembra andare per il verso sbagliato e di parlare un’altra lingua. Non so
perché, in alcuni giorni non riesco proprio a capire quello che gli altri dicono e
vogliono da me, e soprattutto non riesco farmi capire da nessuno. Non so di chi sia
la colpa, se mia o degli altri, ma certo è che quando succede mi sento davvero triste.
Le incomprensioni maggiori sono con mio fratello, con cui spesso litigo per motivi
che, a ben pensarci, sono davvero di nessuna importanza: il computer, il telefono,
l’ultima fetta di torta… Però è proprio vero che in alcuni momenti o in alcune
giornate anche le cose più sciocche sono capaci di metterti di cattivo umore. In quei
momenti mi sento triste e sola e provo un forte sentimento di rabbia e ogni cosa mi
appare più grigia del fumo. Ma poi, per fortuna, basta poco per rimettermi di buon
umore, anche solo la telefonata delle mie amiche più care. Ed è proprio parlando
con le mie amiche che ho scoperto che ciò non capita solo a me, ma anche a loro
spesso succede di sentirsi come un alieno sulla terra. Questo mi ha fatto pensare...
Sarà un problema tipico della mia età? Forse, ma quando mi capita di veder
discutere gli adulti, anche solo al semaforo o in fila al supermercato, capisco che
l’incomprensione è un problema che coinvolge le persone di qualunque età. A volte
poi, proprio non capisco perché mia madre si preoccupa tanto quando esco con le
mie amiche ed in queste occasioni è capace di chiamarmi sul cellulare anche ogni
quarto d’ora. Ma forse sono ansie comprensibili perché accadono tanti fatti terribili
di cui spesso le vittime sono proprio i ragazzi della mia età. Comunque devo
ammettere che in questo periodo sono particolarmente contenta e questo grazie
anche alle mie compagne e compagni di scuola con cui passo momenti bellissimi.
Con loro riesco a confidarmi, certa che sapranno capirmi e consigliarmi nel modo
migliore. Mi intristisco solo quando penso che questi due anni insieme sono volati e
che, inevitabilmente, con alcune ed alcuni di loro sarò costretta a separarmi.
Margherita Criscuolo
133
L’incomprensione: il fenomeno più comune e fastidioso fra gli esseri
umani
“Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore
per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita.
L'incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi
profondi sull'anima.”
Romano Battaglia
Una delle sensazioni più brutte che una persona può provare è proprio
l’incomprensione. Da essa ne scaturiscono i litigi e le discussioni.
Tutti noi ragazzi siamo continuamente non capiti dalla famiglia e dagli insegnanti.
Ogni tanto credo sia normale essere incompresi: nel mondo ogni persona la pensa
diversamente.
Succede molto spesso di accostare due individui per il loro carattere,
apparentemente molto simili: potranno andare d’accordo e avere la stessa opinione
in determinate situazioni, ma dovranno anche scontrarsi con alcune incomprensioni.
Tuttavia uno dei due potrebbe non accettare i difetti dell’altro e, senza neanche
accorgersene, da un piccolo equivoco può nascere una grande lite.
Anche io, come tutti gli esseri umani, sono soggetto a continue incomprensioni di
natura diversa.
Il primo caso di cui vi parlo si svolge all’interno della mia famiglia. Avendo un
fratello più grande è molto difficile la mia vita sotto questo punto di vista. Fra noi
due avvengono continue discussioni e non siamo mai d’accordo.
Anche con i miei genitori non è tutto “rosa e fiori”. Alcune volte mi capita di non
riuscire a comprenderli fino in fondo, causando anche dei brutti momenti.
Secondo me, la vita deve essere trascorsa nel modo più tranquillo e sereno. Qualora
io venga non compreso il mondo mi crolla addosso e sono quasi incapace di
rialzarmi.
Personalmente cerco di essere me stesso con la mia famiglia come lo sono con gli
amici. Ciò significa che cerco sempre di ridere, di essere spiritoso, di sollevare il
morale generale, quando si è tristi e sconsolati.
Solo che spesso vengo frainteso. Mi viene attribuita la voglia di litigare, ma posso
assicurare che le mie intenzioni non tendono a quello scopo bensì a quello
totalmente opposto. Ciò accade spesso e allo stesso tempo non esito a innervosirmi
con tutti quelli che si rivolgono a me fastidiosamente.
Il secondo luogo dove sono incompreso, anche se molto raramente, è con gli amici.
Non fraintendetemi. Non significa che io sia un emarginato o roba del genere. Sono
pieno di amici, ma tutto questo comporta alcuni problemi. Non mi arrabbio quasi
mai con loro, tuttavia dentro di me, se le affermazioni che mi dicono sono pungenti
e meschine, mi infastidisco vertiginosamente.
Come terzo e fondamentale esempio, vorrei esporvi il problema che ho con la
scuola.
Per l’amor del cielo, credo di andare molto bene, ma nonostante questo nell’ambito
134
scolastico emergono alcune divergenze che vorrei evitare. A volte mi sento preso di
mira dai professori e accusato ingiustamente per qualcosa che non ho commesso.
Accadono spesso dei malintesi fra me e gli insegnanti perché non siamo capaci di
intenderci.
Volete sapere il trucco?
Sforzarsi di chiarire le proprie posizioni, cercare di parlare, di esprimere meglio ciò
che veramente volevamo dire, soprattutto impegnarsi ad ascoltare l’altro, le sue
ragioni, il suo punto di vista, cercando di mettersi un po’ di più nei suoi panni. E se è
necessario, essere disponibili a mutare il proprio modo di pensare, a fare un passo
indietro, ad ammettere di essere stato frettoloso o superficiale nel giudizio. Qualche
volta l’intervento di una terza persona più obiettiva di noi può essere molto utile a
capirsi di più. Insomma una mediazione talvolta è non solo opportuna, ma
assolutamente indispensabile.
Ma se poi, nonostante i nostri tentativi di conciliazione e di spiegazione, l’altra
persona rimane chiusa, aggressiva e polemica, dimostrandosi non disposta ad una
comunicazione autentica e profonda, allora conviene non pensarci più e andare
avanti per la propria strada. Ognuno nella propria vita deve affrontare delle
difficoltà, chi più chi meno. L’importante è non abbattersi e continuare a rialzarsi.
Non bisogna fermarsi al primo ostacolo, al primo paletto da abbattere, perché un
giorno, ci troveremmo davanti alla stessa difficoltà e solo in quel momento, con
l’esperienza e con la serietà, sapremo come risolverla e a “disegnare” un futuro
adatto a ognuno a di noi.
Pierluigi Damosso
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Capire o non capire… Questo è il dilemma…
Nella mia vita abituale mi capita molto spesso di non essere capita o addirittura di
non capire i pensieri e le idee delle persone che mi stanno attorno.
Queste situazioni si presentano nella maggior parte dei casi quando si parla con i
propri genitori…
Nel corso della mia vita ho scoperto, anche dalle piccolezze, quanto i miei genitori
non mi capiscano, perlopiù quando si parla di problemi scolastici. Ad esempio
quando i prof., dal nostro punto di vista, ci fanno dei “ dispetti” o quando si discute
dell’andamento scolastico nel momento in cui a casa arriva la pagella.
Questo a mio avviso succede perché i nostri genitori, come i nostri nonni e zii, sono
cresciuti in tempi diversi dai nostri e non vogliono rassegnarsi all’idea che è
cambiato tutto da quando loro erano solo dei dodicenni.
Un'altra situazione in cui non mi sento sono capita dai miei genitori è quella che
riguarda la mia adolescenza perché secondo me loro hanno una mentalità più chiusa
e non comprendono i momenti in cui ho bisogno di starmene da sola con i miei
pensieri, credono che stia male, ma non è così; invece, quando ho bisogno di stare
con loro e di parlare un po’, cominciano a non capire di cosa io abbai bisogno.
Ci sono anche dei giorni in cui sono io a non riescire a capire cosa vogliano intendere
le persone con cui vivo, non solo in casa, ma anche nell’ambito scolastico .
Un chiaro esempio in cui non riesco a capire gli altri è durante le ore di inglese.
Noi classe seconda B della scuola Luigi settembrini abbiamo come insegnante di
inglese la professoressa Pianura.
È una prof. davvero brava, però io, come alunna, non riesco proprio a capirla, ma
non per il modo in cui ci spiega le cose, quanto nel modo in cui ci sgrida…
Ha come base un grande tormentone che usa nei confronti dei ragazzi che non
riescono a rispondere alle sue domande, il tormentone è: “Giannetti non ti
arrampicare sugli specchi perché poi mi cadi nel burrone senza fondo“.
Secondo me essere compresi dagli altri e comprendere gli altri non è sempre una
cosa tanto facile, per il semplice fatto che non siamo tutti uguali. Per questo penso
che ci dovremmo sforzare nel capire i bisogni delle persone e riuscire ad aiutarli nei
momenti difficili della vita, in cui forse parlare servirebbe capire e a farsi capire.
Victoria Giannetti
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Ascoltare per capire e sentirsi capiti
Personalmente non mi capita spesso di non essere capito, però ci sono varie
situazioni, sia a scuola sia a casa, dove non capisco gli altri.
A volte può capitare che a scuola alcuni compagni assumono dei comportamenti per
me incomprensibili, come quando prendono in giro qualcuno.
Ecco, questo è un atteggiamento molto fastidioso soprattutto quando la vittima
presa di mira non ha abbastanza coraggio per difendersi. Più volte ho provato di
farmi capire e di spiegare che non è un atteggiamento moralmente corretto e che
non è un modo di scherzare, ma quasi sempre non sono stato compreso.
A casa poi mi è capitato che ad un rimprovero di mia madre io all'inizio non mi sia
sentito capito però, poi, dialogando con lei, ho cercato di capire le sue motivazioni.
Ecco, la maggior parte delle volte mi rendo conto che il difficile sta proprio nel
cercare di capire chi ti sta di fronte.
In un confronto con le persone non sempre ascoltiamo, ma ci mettiamo sulla
difensiva, convinti delle nostre ragioni, senza dare agli altri la possibilità di spiegare,
con il risultato di non sentirci capiti e di chiuderci in noi stessi.
Quando mi è successo a casa, ho avvertito questo stato d'animo, ma poi ho
ripensato alle parole di mia madre e mi sono reso conto che in fondo aveva ragione
e che quel rimprovero l'avevo proprio meritato!
Questa riflessione mi ha portato a chiederle scusa e a riprendere il nostro dialogo.
Penso che tutte le incomprensioni possono essere superate parlando apertamente
con gli altri, ma soprattutto mettendosi in ascolto degli altri.
Franceesco Graziani
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Perché tutto intorno a me è così difficile?
Ci sono giorni in cui sento il mondo sulle mie spalle, tutti i problemi di tutte le
persone mi sembrano culminare nella mia testa dove avviene un caos pieno di brutti
voti, licenziamenti, problemi familiari di tutte le persone del mondo, e più cerco di
liberarmi da questo caos, più mi ci ritrovo in mezzo come una mosca in un bicchiere
d'acqua. Appena provo ad aprirmi, a parlarne con i genitori e gli amici mi ritrovo
proprio sommersa di problemi. Io voglio vivere, divertirmi, svagarmi, buttarmi senza
pensare, vivendo la vita come un sogno. Vorrei guardare la mia vita proprio come
guardo la tv e fermarla quando sto vivendo un bel momento e andare avanti veloce
quando ho da affrontare un bel problemone e non so come. Vorrei poter tornare
indietro per rimediare ai danni che ho fatto inconsapevolmente, ma per fortuna e
sfortuna tutto ciò non può accadere, una cosa fatta è fatta e non si può tornare
indietro. Ho tantissime domande da fare, ma non trovo mai nessuno che mi sappia
rispondere come vorrei; non trovo nessuno pronto ad ascoltarmi e aiutarmi, così
scrivo, scrivo perché quando sono solo io, i fogli bianchi e la penna, i problemi
svaniscono, tutto svanisce. C'è gente che si svaga urlando, correndo, meditando,
pregando, ma io scrivo, e la magia mi attraversa l'omero, l'ulna e le falangi, per poi
arrivare fino alla penna, dove avviene una sottospecie di sinapsi e mi sembra di
vivere in simbiosi con la penna diventando un tutt'uno, e poi tutto viene da sé,
naturalmente, senza che io ci debba pensare le parole mi escono facili ed è l' unico
modo per farmi capire perché la definizione di scrivere è proprio parlare senza
essere interrotti. Perché trovare una persona disposta ad ascoltarti nell‘elencare
tutti i tuoi problemi è proprio un'impresa impossibile e, certo, un foglio non è come
una persona, ma mi accontento di farmi capire così.
Mi capita spesso di sentire uscire la parola “no“ dalle labbra dei miei genitori e
quando accade mi verrebbe voglia urlare a tutto fiato ''lo so che ora non avete
dodici anni, ma tutti sono stati giovani, o no? Voi dovreste sapere ciò che un giovane
vuole, vuole vivere e dicendo di no continuamente voi non farete altro che tenerlo
chiuso in un vaso di vetro, dove lui cerca di gridare per farsi liberare, ma nessuno lo
sente''. Urlerei così tanto da frantumarmi le corde vocali e distruggermi i polmoni,
così mi chiudo in camera mia, comincio a scrivere e capisco tutto: tutti sono stati
giovani, ma prima o poi l' adulto va fatto, bisogna diventare consapevoli del fatto
che sarebbe bello poter fare tutto, e si potrebbe anche, ma solo se fossi sola in tutta
la terra, e credetemi, a volte vorrei che fosse proprio così, ma il mondo non è
perfetto, non sono tutti fatti di caramelle, tutti hanno un po' di carbone dentro, c'è
chi sa sopprimerlo e chi lo fa diventare sempre più grande sopprimendo le
caramelle.
A volte vorrei che tutto il mondo si mettesse in ‘stembai‘, così da poter dire tutto ciò
che provo senza essere criticata da nessuno. La gente a volte non capisce il
momento per fare delle battute, non capisce perché mi senta così triste, e a volte
non lo capisco nemmeno io, ma c'è anche gente che sa farti far scavare dentro di te
per trovare il problema e annientarlo, questo ce lo dimostra anche la storia,
narrandoci di tutte quelle persone straordinarie che sono riuscite in imprese
138
fantastiche. Quindi capita di sentirsi feriti, traditi o semplicemente non capiti, ma
non bisogna buttarsi giù, bisogna esserne consapevoli e risolvere il problema con
calma e ragionevolezza, perché ci sono sempre due vie che ti portano a superare
quel periodo: una è sopprimere tutto e tenerselo dentro diventando aggressivi e
l'altra è cercare di farsi capire e attendere con calma la risposta al problema che
prima o poi arriva sempre.
Michela Oneto
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“Adolescenza = incomprensione”
Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore
per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita.
L'incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi
profondi sull'anima.
Romano Battaglia, Silenzio, 2005
Entro in casa. Butto lo zaino per terra, vado in camera e mi butto sul letto. Ecco ,
questo è un mio tipico giorno in cui non sono capita dagli altri e non capisco gli altri.
Capita a tutti, giovani e adulti, maschi e femmine, che alcune giornate non siamo
compresi e non capiamo gli altri.
Ognuno ha le sue ragioni: gli adulti a causa di un problema di lavoro, gli adolescenti
a causa di un litigio con un amico o con un familiare o di ingiustizie scolastiche, che a
me capitano tante volte. Soprattutto gli adolescenti, che sono in un periodo di
crescita sono incompresi. Mentre altri giorni siamo solari e ci sentiamo d’ accordo
ed in armonia con tutti. Anche questo può capitare a causa di un bel voto a scuola o
di una bella uscita con gli amici.
Ma sono soprattutto gli adolescenti ad essere incompresi, soprattutto perché in
questa fase dello sviluppo, ed io lo posso dire molto bene perché anche io sono una
adolescente, non siamo più noi stessi. In noi cambiano molte cose, le esigenze, il
modo di pensare, di agire, i propri gusti e le proprie passioni.
Per me sentirsi incompresi è molto brutto e doloroso: ti senti cascare il mondo
addosso, è frustante, ti senti sottovalutato. Molte volte mi sento incompresa: mi
ricordo che alle elementari avevo litigato con una mia carissima amica perché mi
aveva rubato un braccialetto; mi ero arrabbiata con lei ma nessuno mi dava ragione,
molti appoggiavano lei ed allora mi sentii terribilmente incompresa.
Questo lo posso ricollegare anche a molti libri che ho letto, come il signore delle
mosche. In questo libro i personaggi si sentono incompresi l’uno dall’altro, questo
perché hanno diverse età e caratteri.
Cecilia Perinelli
140
Un mondo capovolto
Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi… emozioni…
Lucio Battisti
Ci sono giornate in cui ti svegli e vedi il mondo capovolto, e già sai che andrà tutto
storto: non hai voglia di alzarti e non si vuole fare neanche una sana e nutriente
colazione.
Arrivano i miei genitori e mi propongono di fare una bella passeggiata, ma visto che
secondo la mia testa il mondo è al contrario, rispondo di ‘no’, pensando di essere
stanca. Così cercano di convincermi, ma niente, oramai la giornata è partita male e
non mi sento capita: se uno è stanco ha il diritto di riposarsi?!.
Non riesco a capire come appena svegliati si abbia la forza di prendere il cane e
andare fino al parco più vicino e passarci quasi tutta la mattinata.
Molte volte, però, i miei genitori “vincono” ed eccomi dopo mezz’ora in tuta.
Quando esco e respiro aria nuova, mi sento già meglio e questa camminata diventa
più piacevole, scherzosa e divertente.
Ci sono molti altri esempi in cui non capisco e credo di non essere capita. È come se
vivessi in un mondo di punti interrogativi.
Non comprendo gli altri quando si tratta di iniziative prese momento su momento.
Non mi sento capita quando sono sicura di aver ragione su qualcosa e gli altri non mi
ascoltano e proseguono con le loro idee.
Quando si affrontano giornate così, mi sento come un uccello in gabbia che non
comprende la felicità dell’uomo di averlo sotto chiave e non essere capito nella
voglia di librarsi nel cielo blu e limpido.
Una delle frasi a cui si può pensare per affrontare una giornata partita male, è
“agire, non reagire”.
In fin dei conti il dì va sempre a finire al meglio: basta respirare profondamente per
cacciare la rabbia e affrontare il tutto con un semplice e bel sorriso.
Giada Smorto
141
Molte volte…
Molte volte non riesco a capire le persone che mi stanno attorno, specialmente i
miei genitori. Ancora non ho capito il motivo di tale disfunzione comunicativa. Un
esempio è quando mia madre mi dice, spesso e volentieri, di studiare e anticiparmi i
compiti mentre io, invece, vorrei rilassarmi o parlare dei miei problemi. Una cosa
che invece mi ha stupito è che anche le piccolezze sono, per i miei genitori, motivo
di critica e arrabbiatura: quando arriva la pagella o un brutto voto e allora criticano
solo e non pensano al perché di quel voto. Nell’adolescenza è normale non essere
capiti perché è un periodo di cambiamento di abitudini e emozioni. Anche perché i
genitori sono chiusi e non sono aperti a nuove tendenze. Pensando all’antica non
capiscono se sono triste o felice, se devo parlare loro o devo rimanere chiuso in me
stesso e tenermi tutto dentro. Invece ci sono giorni in cui non capisco cosa si
aspettino le persone da me nell’ambito scolastico. Un esempio si questo e la prof.
Pianura che si aspetta risposte eccellenti in poco tempo. Per me comprendere le
persone e essere compresi non è facile, visto che ognuno è diverso. Ecco perché è
importante sforzarsi nel capire i bisogni delle persone nei momenti difficili come
l’adolescenza, infatti è importante parlare.
Emanuele Tata
142
Vita da adolescente
Ora sto iniziando il mio periodo da adolescente. Durante l'adolescenza, la vita di
molti ragazzi generalmente cambia, certe volte positivamente, ma altre volte
negativamente. Io la definisco un "momento di riflessione", infatti credo che sia il
passaggio dall'infanzia all'età adulta. In questo periodo riflettiamo sulla nostra vita
futura, nella maggior parte dei casi sognando. Mi capita spesso di sognare pensando
a progetti e percorsi prossimi da intraprendere seguendo le mie attitudini.
Come in ogni cambiamento, ci sono sempre delle paure, delle indecisioni e dei
momenti difficili. Sono questi i momenti in cui qualcuno dovrebbe venire ad aiutarti
per farti ragionare meglio. Alcune persone adulte sicuramente non mi aiutano in
questi casi e credono che vadano superati da soli perché dicono che si impara
piangendo. Non ritengo giusto questo modo di pensare perché bisognerebbe essere
sempre incoraggiati a superare gli ostacoli.
Gli adolescenti hanno bisogno di tanta comprensione da parte degli adulti, anche se
il più delle volte questi non ne hanno. Questo rende gli adolescenti nervosi e
trovano come loro unico punto di riferimento gli amici. Infatti anche loro stanno
vivendo questo periodo e capiscono come ci si sente, rincuorandoci ogni volta che ci
troviamo a sfogarci. In ogni caso mi rendo conto che gli adolescenti non possono
avere la stessa esperienza degli adulti.
Rosa Maria Tommasini
143
Apparentemente da solo
Ci sono giorni strani in cui non mi sento capito perché ho una diversa idea dagli altri
e non concordo con le idee altrui. Mi sento solo, isolato dal mondo, niente mi può
distrarre e il giorno diventa notte. In questi giorni così strani mi siedo sul letto e
rifletto. Mi chiedo cosa mai ho fatto di male per meritarmi questo isolamento dal
mondo; mi sento indifeso e senza diritti perché non rispettano le mie idee e non
riesco a trovare una soluzione. Rifletto per vedere se c’è qualcosa di sbagliato.
Rifletto e rifletto, ma non trovo soluzione e quindi prendo il cattivo vizio di pensare
che sono gli altri il problema. Di solito considero che una persona abbia sbagliato e
tutti l’hanno seguita, ma non è così. Sono idee che condividono tra di loro
ritenendole giuste, ma anche io penso di avere ragione. In queste situazioni, però,
non mi soffermo a riflettere perché sono preso dalla rabbia e dall’idea di essere nel
giusto. Dopo molte ore però, comincio ad essere più consapevole di me stesso:
dopo aver fatto pace capisco tutto e riesco a vedere anche i lati positivi di queste
persone. Perciò, dopo aver meditato a lungo, capisco che bisogna rispettare anche
le idee altrui e non solo le proprie.
Federico Lai
144
La bolla del passato
Certe volte la vita reale è talmente brutta che non vorresti neanche affrontare le
difficoltà, ma vorresti abbandonare e smettere di combattere. Non capisco il
bisogno degli altri di sfogarsi con me, non so, forse perché ero allora la più debole
della classe. Forse sì, ma non ha senso prendersela con una bambina di nove anni
che non ha ancora scoperto il modo di difendersi, che non sa come affrontare gli
ostacoli della vita. Lei sì che sapeva come spegnermi il sorriso in un momento di
gioia. Nessuno sa come mi sentivo. Nessuno capisce quando racconto la mia
infanzia, nessuno ha mai detto: “Ti capisco, ci sono passata anch’io”. Nessuno ha
mai fatto nulla, tutti hanno sempre detto: “Mi dispiace” e poi riprendevano a
raccontare i loro problemi, le loro difficoltà, tutti!
Ogni volta che racconto della mia infanzia pensano che è solo il passato e devo
guardare al presente.
Nessuno sa come è stato difficile superare quel trauma che mi ha influenzato da
piccola.
Come lei ha sempre detto, ho sempre ritenuto che ero inutile, che non sapevo nulla
e ero solo un’ignorante senza speranze di migliorare.
A me non importa niente che il passato è passato, nel mio piccolo pezzo di cuore
quei momenti sono troppo difficili da dimenticare, quegli insulti sulla mia
intelligenza…, quei momenti in cui mi ha fatto sentire uno straccio…, quel suo
guardarmi come per dire: “Tu sei inutile”. Non mi sentivo capita da nessuno e non
riuscivo a capire gli altri. Ero io, da sola, in una piccola bolla isolata e all’interno
rimbombavano i suoi rimproveri.
Anche adesso mi succede di rimanere in una piccola bolla e sento, a volte, che non
mi capisce nessuno e non riesco a capire gli altri.
Quando i miei genitori mi strillano io mi sento un vero straccio, una vera nullità che
non è utile a nessuno. È come se ritornassi al passato e i miei genitori si
trasformassero nella mia maestra e la stanza, nella mia classe.
Tutti quei rimproveri, da semplici, diventano pesanti e io, piccola, impotente a
subire. Ecco come mi sentivo a subire quei rimproveri. Adesso non è più così grazie
ad una persona speciale.
Avrò ancora dei momenti difficili, dei momenti belli e dei momenti di totale
isolmento quando ripenserò alla mia infanzia. Ci saranno giorni in cui non mi sentirò
capita e non capirò gli altri, in cui mi arrenderò per la troppa fatica di affrontare.
Affrontare, affrontare… e la mia pazienza finirà, ma grazie alle esperienze fatte avrò
le armi giuste per combattere senza arrendermi.
Giorgia Petrella
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Tendenze adolescenziali
Il problema della comprensione di noi adolescenti è senz’altro uno dei temi più
ricorrenti e discussi. Si dice di frequente che gli adolescenti si sentono capiti poco e
che fanno fatica a rapportarsi con il mondo adulto. Tutto questo ha un fondo di
verità. Per spiegare il perché credo che bisogna interrogarsi sulle cause di questo
modo di essere dell’adolescente.
Il periodo dell’adolescenza coincide con la fase dello sviluppo del ragazzo, periodo
in cui, forse più che in ogni altra fase, si assiste a grandi cambiamenti fisici e
mentali. L’adolescente vive perciò un grande fermento che contribuisce a creare le
situazioni più varie sul piano psicologico. È così che il ragazzo può trascorrere
giornate con umori e sensazioni di segno opposto.
In questa fase di crescita, in molti casi, l’adolescente tende a considerarsi già adulto
e ad assumere un eccesso di sicurezza. Tale sicurezza lo porta spesso a non
relazionarsi in maniera giusta con l’adulto, che può essere visto come un
antagonista. Ho riscontrato questo comportamento anche in me, quando per
esempio ho chiesto ai miei genitori di potermi iscrivere su un social-network.
Pontamente non hanno accolto la mia richiesta e, a quel punto, io non mi sono
sentito capito. Ho contestato la loro decisione per il fatto che molti altri ragazzi
della mia età hanno ottenuto ciò senza problemi. Ai miei occhi la decisione è
apparsa ingiusta e mi sono sentito tradito proprio dalle persone a me più care.
I motivi di contrasto possono essere diversi, ma sempre derivano da una visione
diversa dell’adolescente rispetto al mondo che si appresta a conoscere.
Personalmente mi capita di non riuscire a capire il punto di vista altrui, di pensare
che io stia nella ragione e di non riuscire ad accettare le ragioni degli altri.
Ritengo che questa situazione di incomprensione reciproca tra adulto e adolescente
sia dovuta alle differenti esperienze di vita vissute e che in molti casi potrebbe
essere appianata con il trascorrere degli anni e la conseguente maturazione
dell’adoloscente. Infatti l’adolescente ha trascorso poche esperienze di vita,
relazionandosi con un ristretto ambito di soggetti e situazioni costituiti quasi
unicamente dalla scuola, dalla famiglia e in minima parte dagli amici. L’adulto,
invece, avendo trascorso più esperienze e avendo imparato di più dalla vita ha
accumulato le proprie idee e visioni della vita, che si discostano necessariamente
dalle visioni adolescenziali. Ma malgrado tutto l’adolescente deve fare il proprio
percorso, fatto anche di errori e punti di vista sbagliati, perché ciò lo aiuterà a
diventare adulto e a fare tesoro delle esperienze fatte.
Pietro Taragoni
146
Sono proprio io
“La collera non è mai senza ragione, ma raramente ne ha
una buona”
B. Franklin
Non credo che sulla Terra esista qualcuno che non si sia svegliato con il piede storto.
Ci sono persone a cui capita di rado, altre a cui capita spesso, altre invece a cui
capita periodicamente perché fa parte del loro carattere.
Ho conosciuto un esemplare di questo tipo, una ragazzina che si rispecchia
benissimo in questa descrizione. Ci sono mattine in cui si alza già con il
presentimento di dovere affrontare una giornata faticosa. Va alla finestra, guarda il
cielo, le nuvole la pioggia, un povero uccello in cerca di riparo, l’umore non migliore
del colore cereo del cielo. Da quel momento inizia la sua giornata, fatta di liti, urla e
nervosismo, in cui il suo carattere emerge in tutta la sua maestosità. Tutto sembra
essersi rivoltato contro di lei, litiga con la sorella, si lascia con il fidanzato, prende
una nota arriva tardi a scuola. Ci sono momenti in cui si chiede se sia un problema
suo o dell’universo circostante, momenti in cui si guarda allo specchio, nella
speranza di ritrovare la bambina gioiosa e vivace di un tempo, ma vede solo un viso
pallido e degli occhi ginfi di lacrime. Osserva una foto di qualche anno fa. Guarda la
piccola bambina sorridente, spensierata, con gli occhi luminosi e fatica acredere che
sia veramente lei, che sia veramente lei qualche anno fa. Sembra passata una vita
da quando correva per i prati rincorrendo i conigli, da quando giocava con le
bambole. Prima sapeva a mala pena cos’era la rabbia, mentre ora ci convive
abitualmente. Durante queste giornate non sembra il cervello a comandare i suoi
movimenti, le sue decisioni, ma un essere estraneo a lei, un demone. Le cose più
assurde sembrano ora del tutto normaali, fanno parte della quotidianità. Urla, strilli,
litigi, che prima le erano del tutto estranei, ora sono parte del suo carattere.
Quella ragazzina sono io.
Bianca Patarnello
147
La non comprensione, un problema di tutti
Ci sono dei giorni in cui proprio non mi sento capita e non comprendo gli altri, cerco
di spiegarmi, ma la gente mi guarda e ride come se mi stesse prendendo in giro, mi
sento la pecora nera del gruppo, un pesce fuor d’acqua e capisco che a quel punto è
meglio tacere, vorrei sparire dal mondo e chiudermi in me stessa senza dover
spiegare a nessuno la mia tristezza.
In quei momenti mi sembra tutto più difficile, più complicato.
Ogni banalità si trasforma in qualcosa di impossibile, ogni problema si trasforma in
lacrime che cercano di scappare via veloci come un leone quando avvista la preda.
Cerco di nascondermi e, come diceva Petrarca, di camminare a testa bassa cercando
di non vedere niente che mi faccia ricordare la tristezza. Vorrei che esistesse una
stanza dove non ci fosse niente, una stanza bianca solo per me, facile da
raggiungere in ogni momento. Mi guardo intorno, ma sembra tutto diverso, più
buio, più difficile.
A volte mi capita di alzarmi la mattina, come si dice, con il piede sbagliato,
svegliarmi male e cominciare la giornata in modo orribile. E da quel momento è
tutto una lamentela, mi viene da piangere per qualsiasi cosa, a partire dai cereali
della colazione finiti. Mi viene da litigare con tutti per ogni banalità e da piangere.
Vorrei non farmi vedere, vorrei che nessuno venisse da me a chiedere: “che hai?”.
Io rispondo che non ho niente, ma ovviamente nessuno mi crede “non si piange se
non si ha niente”, e a quel punto mi sento ancora peggio, mi sento l’unica a cui
succedono queste cose. Mi sento stupida, banale, egoista, inutile!
Con il tempo ho capito che la non comprensione è un problema di tutti e si può
risolvere solo confrontandosi.
A volte mi sento così incompresa ed esclusa che penso che niente al mondo
potrebbe tirarmi su. Poi penso agli amici, l’unica via d’uscita da questa
incomprensione. Ne parlo con delle persone fidate e mi sento subito meglio, più
libera, più leggera, come se avessi buttato via un peso e poco dopo sto subito
meglio.
Ilaria Manzocchi
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Capire è difficilissimo, ma farsi capire è una smisurata ambizione
Comunicare con gli altri è la cosa più facile del mondo e lo è ancora di più se la
persona che ti sta davanti è un amico che ci conosce profondamente. A volte basta
un solo sguardo per essere compresi. Altre volte, invece, può non essere così facile
farsi comprendere dall’altro: basta un tono diverso di voce, un gesto, una parola
fuori luogo per essere fraintesi.
Credo che molto dipenda dalla capacità nostra e degli altri di saper ascoltare senza
pensare ad altro quando qualcuno parla e senza avventarsi in giudizi affrettati e
superficiali.
In particolare, in questo periodo, che gli adulti definiscono come la nostra
adolescenza, a volte mi capita di non essere capita soprattutto da loro. Mi sembra
come se non avessero mai affrontato questa fase della vita e fossero nati già grandi.
Talvolta mi piacerebbe avere più libertà di quanta me ne viene concessa dai miei
genitori. Vorrei sentirmi più accettata e più grande.
Mi capita, a volte, di voler fare una metamorfosi ed entrare in un corpo adulto per
capire come ci si sente e per quale motivo spesso noi adolescenti non veniamo
capiti. Vorrei che in certe circostanze gli adulti comprendessero ciò di cui abbiamo
bisogno confidando nelle nostre capacità. Ma devo confessare che la maggior parte
delle volte siamo proprio noi ragazzi a non capire gli adulti, perché non sappiamo
ancora distinguere il bene dal male e, soprattutto, i pericoli in cui possiamo
incorrere. In questi momenti ci interessa solo quel che vogliamo e crediamo che le
nostre motivazioni siano le più corrette e le più giuste rispetto a quelle degli adulti.
Ma deve essere proprio in questi momenti che, per essere considerati pronti ad
affrontare le difficoltà nel modo giusto, dobbiamo imparare a confrontarci e a
dialogare con chi ha più esperienza di noi. Questo, forse, potrebbe aiutarci a capire
le ragioni degli adulti, anche se tutto ciò è molto complicato.
Dobbiamo ricordarci sempre che anche i nostri genitori sono passati per questa
fase, facendo anche degli errori, ma, crescendo, hanno lasciato questa fermata e
sono andati avanti in modo onesto e giusto nella loro vita. Anche se pensiamo che
loro non ci capiscano in realtà ci comprendono pienamente, ma devono scegliere
quello che è meglio per la nostra vita.
Ricordo una frase famosa di Paul Valéry: “Se noi non capissimo gli altri, non
capiremmo più noi stessi”.
Esagerare è sbagliato: questa è la verità, non si può evitare ogni difficoltà perché
prima o poi qualcosa non va. È una canzone che sento spesso in televisione e solo
ora mi rendo conto del suo significato.
Per questo motivo capire è difficilissimo e farsi capire, a volte, è davvero una
smisurata ambizione.
Chiara Vaccaro
149
Conclusione
Qui termina questa nostra piccola avventura fatta non solo di tante frasi, ma
anche di emozione e di passione che abbiamo voluto provare a fissare nel tempo
per poterle poi risvegliare e riviverle attraverso la lettura di queste pagine.
“Verba volant, scripta manent”
nt” dicevano gli antichi Romani riprendendo un
antico motto babilonese: le parole passano, gli scritti restano. Questo libro è
l’impegno perché da oggi valga anche per noi. Scrivere però non è importante solo
per custodire la memoria di quello che è stato; può essere utile anche per
conoscere meglio sé stessi, per migliorarsi, per prepararsi al futuro.
I nostri temi sono stati scritti non solo per divertire, ma in alcuni casi per
farci riflettere su importanti problematiche, come
co e il rapporto tra gli adolescenti e i
genitori, la corretta alimentazione, la responsabilità individuale,
individuale la capacità di
operare scelte con maturità e riflessione, la necessità di non dimenticare e, infine,
l’esigenza di offrire per il piacere della solidarietà.
Tramite questi
esti scritti abbiamo provato a raccontare
are qualcosa di
d noi: progetti,
opinioni, ambizioni; solitamente essi vengono letti, corretti, commentati e subito
dopo, spesso, dimenticati. Questa volta,, invece, vogliamo tentare di conservarli e
fare in modo che possano
possano offrire spunto, negli anni, ai ragazzi che verranno,
verranno per
conoscere e confrontare idee ed aspettative, nella speranza che ciò possa servire
loro a considerare e, eventualmente, imparare dalle nostre riflessioni e dagli errori,
sperando nella loro comprensione
com
per i nostri limiti.
Attraverso questi componimenti abbiamo raccontato cose che pensavamo di
non riuscire a dire,, alcune volte svelando
o una parte del nostro carattere che
ignoravamo: paure, speranze,
speranze sogni, aspirazioni, nostalgie …. Siamo sicuri che,
che se tra
qualche anno ci capiterà di rileggere queste pagine, ricorderemo con un po’ di
commozione come eravamo e quel che sentivamo al tempo della nostra
adolescenza; forse queste frasi ci appariranno ingenue e un po’ infantili, ma
sicuramente sincere, autentiche
au
e ci racconteranno di noi stessi.
Abbiamo inventato storie fantastiche, comiche, del terrore; ci siamo
cimentati con la poesia
poe componendo i primi sonetti. Abbiamo
bbiamo messo in comune
frammenti di vite diverse! Non ci aspettavamo, al momento della scrittura,
scr
che
questo lavoro avrebbe potuto sfidare il tempo. Tutto ciò ci emoziona ed entusiasma
come se stessimo per pubblicare il nostro primo vero libro. Anche per questo, oltre
che per tutto quello che ha fatto e farà per noi, vorremmo fare un ringraziamento
ringraziam
speciale alla nostra professoressa che ha migliorato la nostra scrittura e ci ha
permesso di realizzare questo lavoro perseverando nel progetto, nonostante i nostri
infiniti timori e tentennamenti.
Rossana Maletto, Bianca Patarnello,, Cecilia Perinelli
150
La classe seconda B
2011-2012:
Anselmi Riccardo
Cappella Edoardo
Cicolella Giulio
Conti Matteo
Criscuolo Margherita
Dal Piaz Milena
Damosso Pierluigi
Doglio Giangiacomo
Giannetti Victoria
Graziani Francesco
Iacomacci Alice
Ingenito Daniele
Lai Federico
Maletto Rossana
Manzocchi Ilaria
Miani Federica
Oneto Michela
Parrella Alice
Patarnello Bianca
Perinelli Cecilia
Petrella Giorgia
Rocchegiani Agnese
Schettino Antonio
Smorto Giada
Taragoni Pietro
Tata Emanuele
Testi Anna
Tommasini Rosa Maria
Vaccaro Chiara
151
INDICE
Acrostici
pag. 3
Introduzione
“
6
La mia adolescenza tra sogni e realtà
“
8
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
“
22
23
26
28
33
36
39
40
48
74
80
90
114
125
“
150
“
151
1. Riflessioni su letture dall’antologia
- Caricatura
- Amicizia
- Il futuro
- Anne e Zlata
- Paura
- Vacanze
2. Cartesio: la lettura di buoni libri…
3. Cibo e fantasia
4. Ogni giorno la scuola mi regala…
5. Il mondo che vorrei
6. Donare è amore e altruismo
7. Se io fossi … Sonetti
8. Ci sono giorni…
Conclusione
La classe seconda B 2011-2012
152
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