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Approccio sistemico, flessibilità e opzioni reali
Approccio sistemico, flessibilità e opzioni reali ANTONIO RENZI* Abstract Il contributo analizza la relazione tra flessibilità strategico/operativa e valore d’impresa, mediante una rivisitazione della Real Options Theory in chiave sistemica. In particolare, l’analisi che segue intende qualificare le interdipendenze, logiche e quantitative, tra il concetto di ridondanza, teorizzato nell’Approccio Sistemico Vitale, e il concetto di valore economico della flessibilità, proprio della Real Options Theory. Il lavoro pone da prima l’attenzione sui rischi di sovradimensionamento e di sottodimensionamento delle capacità incorporate nel sistema impresa e prosegue nel delineare un possibile governo dinamico dei suddetti rischi, in virtù di combinazioni tra politiche di intervento strutturale e investimenti strategicamente flessibili. Parole chiave: flessibilità, opzioni reali, governo del rischio, approccio sistemico This paper analyses the relation between strategic/operative flexibility and the value of the firm through a re-elaboration of the Real Options Theory in systemic logic. In particular, the following analysis specifies the logical and quantitative interdependenties between the concept of redundancy as explained in the systemic approach and the concept of economic value of flexibility, present in the Real Options Theory. In its first part the paper looks at the risks of abundance and scarcity of the capabilities incorporated in the firm system and follows defining a possible dynamic management of these risks based on the combinations between the policy of structural interventions and flexible strategic investments. Key words: flexibility, real options, risk management, systems approach 1. Premessa Numerosi studi nel campo del management evidenziano come il governo delle organizzazioni economiche richieda una costante attività di interpretazione e rielaborazione delle informazioni, tempo per tempo, disponibili. Le teorie emergenti * Associato di Economia e Gestione delle Imprese - Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e-mail: [email protected] sinergie n. 72/07 162 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI pongono, infatti, l’accento sulla complessità che accompagna la formazione delle scelte e sulla conseguente necessità di una gestione dinamica del rischio, svincolata da una rappresentazione esclusivamente lineare degli eventi che pervadono l’attività d’impresa e i contesti ambientali di cui essa fa parte. Ne discende che le analisi quali/quantitative poste a supporto delle decisioni sono suscettibili di continue rivisitazioni, in quanto ancorate a un dominio di conoscenze parziale e soggettivo1. La constatazione che la complessità dei sistemi impedisce il governo degli stessi sulla base di “leggi universali” ha determinato l’affermarsi di modelli decisionali caratterizzati da flessibilità, ossia dalla possibilità di modificare gli assetti strategici e le conseguenti modalità operative in ragione del divenire, attuale ed atteso, dei fenomeni di contesto. Il tema della flessibilità ha così assunto un ruolo centrale soprattutto negli studi concernenti l’attività di strategic management, la finanza d’impresa e la gestione della produzione. Con il presente lavoro ci si propone di qualificare il contributo della flessibilità strategico/operativa al processo di creazione del valore, combinando due impostazioni teoriche apparentemente distanti: l’Approccio Sistemico Vitale e la Real Options Theory. Nella prospettiva sistemica la flessibilità strategico/operativa dipende dalla propensione dell’organo di governo al cambiamento e dalla capacità dello stesso di modellare, mediante meccanismi di adeguamento e trasformazione, le strutture interne, in funzione delle mutevoli interrelazioni tra il sistema impresa, i sovra-sistemi e i sub-sistemi. La Real Options Theory, nata come parziale superamento dei tradizionali strumenti di Capital Budgeting, include una serie di modelli di derivazione finanziaria finalizzati a stimare il valore della flessibilità incorporata nei progetti d’investimento. La combinazione tra i due ambiti teorici e, in particolare, la rivisitazione della Real Options Theory in chiave sistemica persegue un duplice obiettivo: la stima delle opportunità e dei rischi connessi a processi di crescita o di ridimensionamento strutturale; la contestualizzazione delle opzioni reali nel sistema impresa. L’analisi che segue si muove all’interno di tre assunzioni: 1. 2. 3. 1 2 la flessibilità strategico/operativa incorpora specifici costi; flessibilità e rigidità possono coesistere; i progetti di investimento si qualificano come “mini imprese”2. “Lo studioso di fenomeni complessi, dunque, deve acquisire la consapevolezza che non potrà mai giungere ad una conoscenza oggettiva e completa, ma soltanto ad una conoscenza approssimata” (cfr. Golinelli G.M., 2005, L’approccio sistemico al governo dell’impresa. L’impresa sistema vitale, Vol. I (IIa ed.), Cedam, Padova, p. 160). Cfr. Brealy R.A., Myers S., Sandri S., 2003, Principi di finanza aziendale, McGraw Hill, Milano, p. 204. ANTONIO RENZI 163 Riguardo alla prima assunzione indicata, si può preliminarmente osservare che se si ammette come valida l’idea di attribuire alla flessibilità il ruolo di driver del valore, la stessa va considerata alla stregua di una qualsiasi risorsa economica, da cui originano costi di implementazione, di mantenimento e di sfruttamento. L’ipotesi di coesistenza tra flessibilità e rigidità si concretizza allorquando la facoltà di sfruttare rapidamente opportunità di sviluppo implica investimenti strategicamente irreversibili. Infine, dal concetto di “mini impresa” consegue che ogni progetto d’investimento presenta un autonomo profilo di flessibilità/rigidità che si riflette sulla plasticità del sistema impresa, in ragione dello stato evolutivo dello stesso. 2. La flessibilità nell’Approccio Sistemico Vitale 2.1 Flessibilità preordinata ed innovativa Nell’Approccio Sistemico Vitale (ASV) l’impresa è vista come sistema che evolve in ragione di una rete dinamica di interrelazioni intersistemiche. Le istanze dei sovra-sistemi guidano l’azione dell’organo di governo nelle interrelazioni con i subsistemi. La necessaria armonizzazione tra le aspettative dei diversi sovra-sistemi e tra queste e quelle dei sub-sistemi orienta l’organo di governo negli interventi di natura strutturale. Due dimensioni di struttura assumono particolare significato nella analisi della flessibilità in prospettiva sistemica: la struttura ampliata; la struttura specifica. La prima è espressione della capacità del sistema impresa di relazionarsi con il contesto ambientale, capacità che si concretizza nelle relazioni tra componenti fisiche dell’impresa e tra queste e le entità sistemiche esterne3. La seconda costituisce l’insieme di capacità disponibili che consente la messa in opera dei processi delineati a livello di schema organizzativo4. Dalla struttura ampliata discendono vincoli alla struttura specifica e margini di adattamento della stessa all’evolversi dei rapporti intersistemici. L’ampiezza di tali margini di adattamento dipende dalla ridondanza di capacità, ossia dal surplus di capacità incorporate nel sistema impresa rispetto al funzionamento operativo in essere della struttura specifica. Le capacità in surplus generano una flessibilità preordinata che si concretizza nell’attitudine del sistema impresa a coevolvere con le dinamiche di contesto in costanza della struttura ampliata. La flessibilità preordinata si qualifica, quindi, come un insieme di opzioni di struttura atte a contenere il rischio di elevati costi di intervento strutturale in corri3 4 Cfr. Golinelli G.M., 2002, L’approccio sistemico al governo dell’impresa. Valorizzazione delle capacità, rapporti intersistemici e rischio nell’azione di governo, Vol. III, Cedam, Padova, p. 30. Cfr. Golinelli G.M., 2002, op. cit., Vol.. III, pp. 35-61. 164 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI spondenza di evoluzioni ambientali e/o dell’opportunità di incrementare l’efficienza interna. In particolare, l’attivazione di capacità di base non ancora impiegate nei processi operativi, pur incrementando i costi di utilizzo della struttura specifica, si realizza in condizioni d’invarianza dei costi di struttura che si caratterizzano, appunto, per essere fissi fin tanto che le evoluzioni del sistema impresa siano circoscritte ad adeguamenti strutturali. In termini più generali, ad un alto livello di flessibilità preordinata corrisponde un’elevata stabilità della struttura ampliata, in virtù di componenti interne e relazioni esterne in grado di contenere gli effetti delle dinamiche intersistemiche sugli assetti strategici ed operativi del sistema impresa. La ridondanza della struttura specifica, tuttavia, per quanto possa essere elevata in un dato momento, nel tempo conferisce una limitata capacità di adattamento intersistemico: nel medio e lungo termine le capacità eccedentarie tendono a trasformasi in deficitarie, a seguito del loro sfruttamento e/o di mutamenti esogeni. Da una parte, infatti, il pieno utilizzo delle capacità annulla la ridondanza strutturale, dall’altra, l’impresa potrebbe trovarsi nella condizione di dover modificare qualitativamente il ventaglio di adeguamenti strutturali attivabili. In previsione di una maggiore complessità intersistemica l’organo di governo, in grado di guardare oltre le problematiche della gestione ordinaria, tenderà a modificare e/o ad ampliare la varietà di componenti interne e relazioni esterne. Ciò è realizzabile in misura tanto più accentuata quanto più il sistema impresa possa far leva su una flessibilità innovativa, da intendersi come facoltà di generare nuove strutture specifiche, mediante interventi sulla struttura ampliata5. Lo sfruttamento della flessibilità innovativa può determinare un effetto riduttivo o incrementativo sui costi di struttura (figura 1). A seguito, ad esempio, dell’esternalizzazione di una certa fase del ciclo produttivo la nuova struttura specifica che si viene a configurare si caratterizzerà per costi di struttura ridotti rispetto alla struttura specifica preesistente. Mentre, nel caso dell’implementazione di maggiori capacità in seno all’impresa, alla trasformazione strutturale consegue un innalzamento dei costi di struttura che in termini finanziari si traduce in una crescita del fabbisogno di capitali. Pertanto, ogni processo di trasformazione strutturale, volto al potenziamento delle capacità interne, è soggetto, in primo luogo, ad un vincolo finanziario; in secondo luogo, ad un vincolo economico, connesso alla possibilità di compensare lo sviluppo degli investimenti con adeguati miglioramenti reddituali. Nell’ASV i vincoli di natura economico-finanziaria, riducenti il grado di flessibilità innovativa, sono contestualizzati rispetto alle relazioni ed alle interrelazioni sistemiche attuabili. In generale, l’obiettivo di ampliare il ventaglio di strutture specifiche possibili mediante il potenziamento delle capacità interne è perseguibile nella misura in cui il conseguente intervento sulla struttura ampliata non sia impedito dalla impossibilità di accrescere e/o modificare, a monte, le relazioni con i sistemi banca, fornitori di materie prime, fornitori di manodopera ecc.; a valle, le relazioni con i sistemi distributori, dettaglianti, ecc. 5 Cfr. Golinelli G.M., 2002, op. cit., Vol. III, p. 62. ANTONIO RENZI 165 Struttura ampliata (1) s1,1 Flessibilità innovativa Variazione dei costi di struttura Struttura specifica (S1) s1,2 Flessibilità Preordinata (1) Invarianza dei costi di struttura Flessibilità Preordinata (2) Invarianza dei costi di struttura s1,.. Struttura ampliata (2) s2,1 Struttura specifica (S2) s2,2 s2,.. Fig. 1: Flessibilità preordinata ed innovativa Fonte: Ns. elaborazione 2.2 Flessibilità sistemica e stati d’equilibrio Gli effetti economici conseguenti allo sfruttamento della flessibilità preordinata ed innovativa possono essere descritti come una successione di stati d’equilibrio6. Data l’equazione del profitto (P) che misura il reddito come il prodotto tra tasso di contribuzione (TC) e il divario tra il ricavo (R) e il ricavo d’equilibrio (R’): P = TC(R – R’) gli adeguamenti della struttura specifica S1 che determinano variazioni di stato (ad esempio: dallo stato s1,1 a s1,2 e da questo a s1,3), come le trasformazioni strutturali che provocano il passaggio da S1 a S2 a S3 e così via, determinano effetti: sul TC e sul divario (R - R’). 6 Cfr. Golinelli G.M., 2000, L’approccio sistemico al governo dell’impresa. La dinamica evolutiva del sistema impresa tra economia e finanza, Vol. II, Cedam, Padova, Cap. 8. APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI 166 Va osservato che gli adeguamenti strutturali generatori di effetti positivi sul TC, poiché si realizzano in condizioni d’invarianza dei costi di struttura, riducono il ricavo minimo al di sotto del quale l’impresa opera in disavanzo economico. La grandezza R’ (ricavo d’equilibrio) è, infatti, misurata dal rapporto tra costi di struttura (CS) e TC: R’ = CS ⎯⎯ = TC CS ⎯⎯⎯⎯⎯⎯ (p – cu) / p dove p e cu indicano rispettivamente il ricavo unitario di vendita e il costo unitario di utilizzo delle capacità incorporate ed attivate nella struttura. Ne consegue che le variazioni del TC indotte da adeguamenti strutturali producono un duplice effetto sul profitto: un effetto in termini di TC; un effetto in termini di ricavi profittevoli (R – R’). In sintesi si ha: - ∆TC(R’1,1) (s1,1 → s1,2) → ∆P = ∆TC(R1,1 - R’1,1) + TC1,2(∆R - ∆R’); ∆R’ = ⎯⎯⎯⎯⎯ TC1,2 ∆CS = 0 Riguardo alla trasformazione strutturali tese ad incrementare le capacità del sistema impresa, quindi foriere di variazioni incrementative dei costi di struttura, la dinamica economica può essere così rappresentata: ∆CS >0 (s1,1 → s2,1) → ∆P = ∆TC(R1,1 - R’1,1)+ TC2,1(∆R - ∆R’); ∆R’ = ∆CS- ∆TC(R’1,1) ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ TC2,1 Appare, dunque, evidente come il potenziamento delle capacità attivabili, pur conferendo all’impresa maggiore flessibilità preordinata, sia foriero di elevati rischi, in quanto il conseguente sviluppo della ridondanza strutturale può includere elementi di rigidità o in ogni caso di inefficienza, qualora nel medio e lungo periodo non si manifesteranno le condizioni per un conveniente sfruttamento delle nuove opzioni di struttura specifica. Infatti, la circostanza che, al succedersi degli adeguamenti strutturali, i costi di struttura si qualificano come fissi impedisce rapide conversioni dei piani industriali, necessarie al mantenimento delle condizioni d’equilibrio, in conseguenza di previsioni errate delle dinamiche di contesto7. 7 Per un approfondimento del tema concernente la relazione tra rischio e sviluppo dell’impresa in prospettiva sistemica si veda: Gatti C., Vagnani G., 2002, “Rischio e dinamica del sistema impresa: verso una lettura in ottica probabilistica”, in Golinelli G.M., 2002, op. cit., Vol. III, Cap 5. ANTONIO RENZI 167 3. Flessibilità intrinseca degli investimenti e gestione dinamica della ridondanza strutturale 3.1 Rischio di non conoscenza ed evoluzione dei modelli di valutazione degli investimenti La facoltà di realizzare in futuro interventi strutturali a basso costo incrementa, in termini di option premium, gli attuali costi di struttura. In condizioni d’incertezza la ricerca della flessibilità strutturale potrebbe produrre risultati opposti rispetto a quelli sperati, qualora le previsioni non risultassero confermate dall’effettivo manifestarsi degli eventi. L’emergere, quindi, di potenziali mutamenti di contesto non gestibili sulla base della ridondanza data, pone l’organo di governo nella difficile condizione di dover decidere tra due obiettivi contrapposti: la minimizzazione del rischio di sottodimensionamento delle capacità interne; la minimizzazione del rischio di eccessivo sovradimensionamento delle capacità. La risoluzione di tale contrasto dipende, in primo luogo, dal connubio tra efficienza informativa e qualità delle previsioni operate nel medio e lungo termine, connubio che permette la quantificazione dell’incertezza e la conseguente selezione dei possibili interventi strutturali secondo gli schemi tradizionali dei modelli rischiorendimento che, come è noto, fondano l’ottimizzazione delle scelte sul confronto tra speranza matematica di ottenere una certa performance e dispersione media rispetto alla stessa. La logica rischio-rendimento, tuttavia, sconta un eccesso di riduzionismo, in quanto basata su forti semplificazioni della realtà sottostante, la più evidente delle quali consiste nel circoscrivere i driver del rischio ad eventi prevedibili e, quindi, sempre statisticamente trattabili. In particolare, si osserva come il rischio conseguente a nuove iniziative non si esaurisca nella dispersione rispetto ad una performance medio attesa, giacché la volatilità delle decisioni assunte dipende anche dal cosiddetto rischio di non conoscenza, ossia dalla circostanza che il decision maker non disponga al momento giusto delle migliori informazioni e/o che ne dia un’interpretazione non corretta. In sostanza, il rischio di non conoscenza è riconducibile, da una parte, ad eventi straordinari non ipotizzabili ex ante, dall’altra, ad eventi ipotizzabili ma fortemente discontinui, di cui risulta complesso, quindi, definire la distribuzione di probabilità8. Tale impostazione che caratterizza l’analisi dell’incertezza nell’ASV è congruente con le moderne logiche di risk management. Al riguardo, Culp distingue il rischio finanziario (da non intendersi nella comune accezione di rischio legato alla struttura finanziaria) dal business risk, individuando: nel primo un evento atteso la cui evoluzione può essere espressa mediante l’esplicitazione di una distribuzione di probabilità, in termini oggettivi sulla base di frequenze storiche, oppure in termini soggettivi, in ragione di percezioni dell’analista fondate sulla sua esperienza personale; nel se8 Cfr. Golinelli G.M., 2000, op. cit., Vol. II, pag. 148. 168 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI condo, un evento atteso di cui l’analista ha una conoscenza limitata riguardo ai possibili tempi e modi di manifestazione9. L’enfasi posta sulla complessità e sull’ipotesi di conoscenza limitata ha comportato un’evoluzione dei modelli di gestione ed analisi del rischio: nel campo del risk management10 si è affermata, la logica del VAR (Value at Risk), quale strumento atto a definire livelli patrimonialmente accettabili di rischio11; nel campo della valutazione degli investimenti ha assunto crescente importanza la stima della flessibilità. In particolare, riguardo a questo secondo aspetto, è prevalsa la tesi secondo cui il valore delle allocazioni finanziarie è influenzato non solo da risultanze previsionali, trattabili in termini di rischio-rendimento, ma anche dalla manovrabilità dei progetti rispetto alla volatilità sottostante. Tale prospettiva ha implicato, quindi, una rielaborazione del concetto di valore corretto in funzione del rischio: per investimenti strategicamente flessibili il rischio non può essere considerato esclusivamente come costo, ma deve essere stimato anche in termini di opportunità di stabilizzazione o di crescita del capitale economico. Appare del resto evidente come il peso della flessibilità sul processo di creazione del valore sia funzione della complessità e quindi dell’incertezza che accompagna la formazione delle decisioni assunte dall’organo di governo. 9 10 11 Culp C., 2001, The risk management process, Wiley, New York. Sul processo evolutivo del risk management si vada tra gli altri: Culp C., 2002, The art of risk management, Wiley, New York. E’ bene precisare che l’evoluzione che si è registrata negli ultimi due decenni nel campo del risk management spesso è stata più di tipo concettuale che tecnico. Del resto appare improbabile ipotizzare un modello che contempli il rischio di non conoscenza che per definizione non è quantificabile. Con riferimento, in particolare al VAR la formula base è la seguente: VAR = (V)(σ)(√t)(N), dove V = valore dell’attività, t = holding period, N = numero di volte che si intende moltiplicare per la volatilità al fine di ottenere un determinato intervallo di confidenza, σ(N) = intervallo di confidenza. Tale relazione si basa su un approccio parametrico che riprende le ipotesi del modello markowitziano: la distribuzione dei rendimenti assume una forma normale e, conseguentemente, la media dei rendimenti rappresenta la speranza matematica del profitto atteso e la deviazione standard esprime il rischio in termini di dispersione rispetto al dato centrale. Dall’ipotesi di distribuzione normale deriva, ad esempio, che un intervallo di confidenza del 99% è misurato dall’area compresa tra la media + 2,33 deviazioni standard e la media - 2,33 deviazioni standard. A ciò corrisponde l’1% di probabilità statistica che la perdita massima superi, durante il periodo di detenzione dell’attività, il valore espresso dal VAR. Tale modello, quindi, da una parte, si basa sul tradizionale approccio media-varianza, approccio che necessita di una distribuzione di probabilità; dall’altra, sposta il focus dalla relazione rischio-rendimento alla relazione rischio-copertura patrimoniale. Da questo punto di vista la logica sottostante è in parte legata al concetto di rischio di non conoscenza, nel senso che la dotazione di patrimonio netto deve essere tale da compensare eventi imprevisti forieri di perdite superiori al VAR. ANTONIO RENZI 169 3.2 Flessibilità innovativa e flessibilità intrinseca degli investimenti Il governo del rischio in regime di complessità può essere meglio inquadrato distinguendo la flessibilità innovativa dalla flessibilità intrinseca (o reversibilità) dei progetti d’investimento. La flessibilità innovativa si sviluppa ex ante, in quanto connessa alla capacità dell’organo di governo di riconoscere, soprattutto in termini previsionali, il cambiamento e in ragione di ciò di definire adeguate politiche d’investimento. Il concetto di flessibilità intrinseca che qui si intende proporre attiene, invece, alla possibilità per il decision maker di correggere decisioni già assunte. In sostanza, tale forma di flessibilità si sviluppa ex post, poiché riguarda la facoltà di modificare progetti in essere in termini di obiettivi, profilo strategico, profilo finanziario, tempistica, contenuto tecnologico, dimensione, ecc. Il termine “intrinseca” sta ad indicare che si tratta di una flessibilità incorporata dal progetto che prescinde dalla plasticità preesistente nel sistema impresa (tabella 1). Flessibilità Innovativa Caratteristica Input informativo Esercizio Facoltà di intervenire sulla struttura ampliata Dinamiche di contesto attese Decisioni di investimento antecedenti rispetto al manifestarsi degli eventi Flessibilità intrinseca (o reversibilità) degli investimenti Facoltà di correggere gli interventi sulla struttura ampliata Dinamiche di contesto avvenute Aggiustamento o “rottamazione” degli investimenti in via posticipata rispetto al manifestarsi degli eventi Tab. 1: Confronto tra flessibilità innovativa e flessibilità intrinseca degli investimenti Fonte: Ns. elaborazione Per meglio chiarire la distinzione proposta, si supponga che la domanda di riferimento presenti un trend crescente e che da indagini di mercato emerga un’alta probabilità che tale trend continui a persistere nel lungo termine; in virtù di ciò, l’impresa decide, mediante uno sfruttamento della flessibilità innovativa, di aumentare la forza produttiva investendo in un macchinario che implica nuove interrelazioni con il sistema di fornitura. L’ipotesi di andamento crescente della domanda scaturisce, tuttavia, da previsioni svolte in condizioni di incertezza. Potrebbe accadere, ad esempio, che una volta acquistato il nuovo macchinario la domanda effettiva diminuisse per effetto di un’improvvisa crisi internazionale che, con diversa intensità, si riflette negativamente su tutti i settori. Al verificarsi di tale circostanza, il danno connesso ad uno sfruttamento sbagliato della flessibilità innovativa sarebbe eliminabile, o quantomeno contenibile, qualora l’iniziativa includesse una flessibilità intrinseca, consistente nella facoltà di vendere in modo conveniente il nuovo mac- 170 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI chinario ad un’altra impresa appartenente ad un settore poco sensibile alla supposta crisi internazionale. Nel caso ipotizzato, la flessibilità intrinseca deriva dalla fruibilità del macchinario in due o più settori. In generale, quindi, gli interventi sulla struttura ampliata implicano un rischio sostenibile quanto più gli investimenti necessari agli stessi sono suscettibili di modifiche non dannose, ossia compatibili con l’obiettivo di sopravvivenza del sistema impresa. Emerge, allora, l’opportunità di assoggettare i progetti di trasformazione strutturale, non solo a valutazioni prospettiche delle dinamiche di contesto, ma anche ad analisi concernenti il grado di reversibilità degli investimenti. Naturalmente, la stima della flessibilità intrinseca coinvolge anche investimenti conservativi di un certo status quo. In questo caso, la reversibilità dei progetti va vista come possibilità di trasformare una politica degli investimenti da statica in dinamica. Tale allargamento di visuale nei processi di valutazione favorisce meccanismi di immunizzazione al rischio fondati sulla selezione di progetti di investimento portatori di una flessibilità speculare rispetto alla facoltà di potenziare, mantenere o ridurre il livello di capacità interne. 3.3 La matrice flessibilità innovativa/reversibilità Il ragionamento proposto è schematizzato nella matrice flessibilità innovativa/reversibilità (figura 2), ove il posizionamento sui quadranti alti (A e B) consegue al tentativo dell’impresa di anticipare forti evoluzioni di contesto, mediante politiche espansive degli investimenti tese a rafforzare la ridondanza strutturale. La scelta, invece, di posizionarsi sui quadranti bassi (D e C) scaturisce da investimenti conservativi, riconducibili sia alla previsione di una contenuta variabilità di contesto che all’avversione al rischio di un eccessivo sovradimensionamento delle capacità incorporate nel sistema impresa. E’ evidente, tuttavia, come i quadranti della colonna di destra (B e C) siano più efficienti sul piano di una gestione dinamica dell’incertezza, includendo un elevato margine di copertura del rischio di previsioni errate, mentre quelli della colonna di sinistra (A e D) amplificano tale rischio, in termini di costi di sovradimensionamento (A) e di tempi e costi di ristrutturazione (D). I quadranti B e C consentono, infatti, il riposizionamento nella politica degli investimenti mediante spostamenti in verticale o in diagonale. I primi non alterano il livello di flessibilità intrinseca, i secondi la riducono. In particolare, un riposizionamento verticale dal basso verso l’alto (o dall’alto verso il basso) è reso possibile da investimenti che mantengono costante la flessibilità intrinseca al mutare della politica degli investimenti. E’ il caso di un progetto la cui dimensione possa essere, entro certi limiti, accresciuta o ridotta al verificarsi di n scenari. Al contrario, se l’adeguamento dimensionale del progetto non consentisse successivi adeguamenti di segno opposto, il riposizionamento avverrebbe in diagonale. In tal caso, lo sfruttamento della flessibilità intrinseca trasformerebbe il progetto da reversibile ad irreversibile. ANTONIO RENZI Sfruttamento della flessibilità innovativa Alto Basso A Crescita irreversibile D Staticità irreversibile Bassa 171 B Crescita reversibile C Staticità reversibile Alta Reversibilità Fig. 2: Matrice flessibilità innovativa / reversibilità Fonte: Ns. elaborazione In particolare, i movimenti in diagonale dall’alto verso il basso (B → D) determinano sia un irrigidimento della politica degli investimenti che un annullamento o, comunque, un abbassamento della reversibilità. Può così accadere che una data iniziativa passi da una condizione di “massima flessibilità” a quella di minima flessibilità. In questo caso, infatti, lo sfruttamento della flessibilità intrinseca produce effetti negativi sulla flessibilità innovativa, nel momento in cui un iniziale progetto reversibile, finalizzato ad accrescere le capacità della struttura specifica, si riveli sbagliato rispetto alla reale dinamica ambientale. Il passaggio, invece, dal quadrante C al quadrante A mantiene inalterato il grado di sfruttabilità della flessibilità innovativa iniziale. 4. Le opzioni reali quale strumento teorico per il governo dinamico della ridondanza strutturale 4.1 Opzioni reali e matrice flessibilità innovativa/reversibilità L’ipotesi di reversibilità degli investimenti scaturisce da un’evoluzione teorica avviata alla fine degli anni ’70. Tale ipotesi, come è noto, costituisce il presupposto base della Real Options Theory che, pur essendo in molti casi di difficile applicazione, consente di contestualizzare parte della complessità che accompagna l’azione manageriale, evidenziando, in primo luogo, la flessibilità incorporata dai progetti; in 172 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI secondo luogo, l’effetto della stessa sul potere d’acquisto delle attività sottoposte a stima12. L’esplicitazione delle opzioni reali nei processi di selezione dei progetti, inoltre, permette di coniugare, almeno sul piano teorico, l’analisi strategica con quella finanziaria del valore, mediante il collegamento quali/quantitativo tra evoluzione delle variabili interpretative e misurazione dinamica delle performance aziendali13. Facendo sempre riferimento alla matrice flessibilità innovativa/reversibilità, gli spostamenti in verticale e in diagonale possono derivare da diverse forme di flessibilità intrinseca, ciascuna inquadrabile in termini di opzioni reali che, secondo uno schema convenzionalmente accettato, si articolano principalmente in: opzioni di differimento; opzioni di espansione; opzioni di sviluppo; opzioni di contrazione; opzioni di conversione; opzioni di abbandono; opzioni di sospensione temporanea. In genere, le combinazioni di opzioni reali di tipo dimensionale/tecnologico (opzioni di espansione, di contrazione) e dimensionale/relazionale (opzioni di sviluppo) sono quelle che, nella matrice proposta, favoriscono maggiormente spostamenti in verticale dal basso verso l’alto e viceversa. Le “opzioni tempo” (opzioni di differimento e di sospensione temporanea del progetto) tendono a favorire spostamenti in diagonale, soprattutto con riferimento ad investimenti in R&S. A tal proposito, il passaggio dal quadrante C al quadrante A si realizza tipicamente a seguito dello sfruttamento di un’opzione di differimento, consistente nella facoltà di ritardare, per un certo periodo, l’implementazione del progetto di R&S al fine di verificarne i risultati potenziali, mediante l’osservazione di analoghe iniziative promosse da imprese concorrenti. Naturalmente, tale ipotesi di opzione di differimento si manifesta nella misura in cui il ritardo nella realizzazione del progetto non sia foriero di svantaggi competitivi rispetto ai competitors più rapidi nello sviluppare la nuova ricerca. Questi, a loro volta, si posizionano sul quadrante A se il progetto presenta un “valore di rottamazione” nullo, oppure nel caso contrario di un “valore di rottamazione” positivo, sul quadrante B. Tale valore può essere ricondotto alle opzioni di conversione e a quelle di abbandono. Le prime individuano la possibilità di utilizzare l’esperienza maturata durante un progetto fallito per realizzare nuove iniziative. Le seconde possono essere definite come opzioni di conversione che prescindono dall’ipotesi di fallimento, poiché sfruttabili in ragione di autonome decisioni del management tese a riallocare le risorse a favore di progetti alternativi. 12 13 Cfr. Amram M., Kulatilaka N., 2000, Real options. Strategie d’investimento in un mondo dominato dall’incertezza, Etas Libri, Milano, p. 4. Sul tema del connubio tra analisi finanziaria e analisi strategica si vedano tra gli altri: Buttiglione F., 1990, “I modelli finanziari nella valutazione delle alternative strategiche”, in Finanza, Impresa e Mercati, n. 1, pp. 3-29; Costabile M., 2001, Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, 2001;. Donna G., 1992, La valutazione economica nelle strategie d’impresa, Giuffrè, Milano; Fruhan W.E., 1979, Financial strategy: studies in the creation, transfer and destruction of shareholder value, Irwin, Illinois; Olivotto L., 2000, Valore e sistemi di controllo. Strumenti per la gestione della complessità, McGraw-Hill, Milano;. Tufano P., 1996, “How financial engineering can advance corporate strategy”, in Harvard Business Review, (gennaio- febbraio), pp. 136-146. ANTONIO RENZI 173 Nella matrice flessibilità innovativa/reversibilità è riportata anche l’ipotesi di spostamenti in orizzontale (da B verso A e da C verso D) che non scaturiscono da autonomi riposizionamenti decisi dell’organo di governo, ma derivano dalla circostanza che le opzioni reali si qualificano come risorse e, quindi, come limitate nel tempo e nello spazio. L’ipotesi di spostamenti orizzontali fa emergere un rischio tipico delle opzioni reali legato alla difficoltà di prevederne, con un buon grado di approssimazione, la scadenza. Tale rischio deriva dalla scarsa identificabilità delle opzioni reali, dall’assenza di un mercato regolamentato delle stesse e dalle scarse possibilità di una loro completa contrattualizzazione. Inoltre, il rischio di posticipare la decisione sullo sfruttamento della flessibilità intrinseca rispetto al suo time to maturity si manifesta, soprattutto, in ambienti ipercompetitivi, ove il tempo massimo di osservazione degli eventi tende ad essere contenuto o, comunque, variabile nel breve periodo. Sulla base di quanto descritto, la gestione dinamica della ridondanza strutturale può essere riconsiderata come riportato in figura 3, ove: con il termine put si fa riferimento ad una flessibilità dall’alto verso il basso, ossia alla facoltà di annullare una data politica di incremento delle capacità; con il termine call si fa riferimento ad una flessibilità dal basso verso l’alto, quindi alla possibilità di trasformare una strategia da conservativa ad incrementativa della ridondanza strutturale. Crescita irreversibile Scadenza put Crescita reversibile Put Ridondanza strutturale Call Staticità irreversibile Scadenza call Call/Put Staticità reversibile Fig. 3: Opzioni reali e governo dinamico della ridondanza strutturale Fonte: Ns. elaborazione 4.2 Cenni sul modello binomiale e sul valore attuale netto esteso La Real Options Theory trae spunto, come è noto, dai modelli di valutazione sorti nel campo delle opzioni finanziarie. Opzioni reali e finanziarie presentano, infatti, una matrice comune costituita dalla relazione positiva tra rischio e valore. 174 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI I principali modelli di stampo finanziario, e in special modo il modello Black e Scholes14 e il modello binomiale di Cox, Ross e Rubinstein15, si basano sulla nozione di portafoglio equivalente, secondo cui è sempre possibile realizzare strategie di copertura mediante la costruzione di portafogli che combinino investimenti e debiti in guisa tale da replicare i payoff dell’opzione16. In estrema sintesi, dall’ipotesi di portafoglio equivalente scaturisce la neutralità al rischio e la conseguente possibilità di operare la stima in termini di equivalente certo. Per semplicità ci limiteremo ad una breve descrizione del modello binomiale di Cox, Ross e Rubinstein, in quanto maggiormente adattabile alla stima delle opzioni reali17. Tale modello si fonda su un processo moltiplicativo stazionario, in base al quale il prezzo dell’attività sottostante può assumere, periodo per periodo, uno tra due valori: un valore conseguente ad una evoluzione positiva, in ragione di un fattore moltiplicativo u che si manifesterà con probabilità p; l’altro conseguente ad una evoluzione negativa, in ragione di un fattore demoltiplicativo d che si manifesterà con probabilità (1- p). L’evoluzione uniperiodale del sottostante (S) può essere, quindi, così formalizzata: S0 (u) con probabilità p S0 S0 (d) con probabilità (1 - p) 14 Black F., Scholes M., 1993, “The pricing of options and corporate liabilities”, in Journal of Political Economy, n. 3, pp. 637-654. 15 . Cox C., Ross S., Rubinstein M., 1979, “Option pricing: a simplified approach market”, in Journal of Financial Economic, n. 7, pp. 463-384; Cox C., Rubinstein M., 1985, Option market, Prentice Hall. 16 Ciò che maggiormente differenzia i due modelli citati attiene al fatto che nel modello binomiale l’analisi è di tipo discreto, nel modello di Black e Scholes è, invece, di tipo continuo. In particolare, l’algoritmo messo a punto da Black e Scholes per la stima di una call option (C) di tipo europeo è il seguente: C0 = N(d1)S- N(d2)ke -rf t, dove: S = valore corrente dell’attività sottostante, N(d1) = valori della distribuzione normale standardizzata in d1 = {[Log(S/k) + (rf+ 0,5σ2)]t} / ( σ√t) e N(d2) = valori della distribuzione normale standardizzata in d2 = d1 - σ√t. 17 La formula Black e Scholes può essere utilizzata solo in casi particolari per la stima delle opzioni reali. L’adattamento di tale formula alla analisi delle opzioni reali è ipotizzabile nel caso in cui l’attività sottostante includa una sola opzione e l’incertezza sia riconducibile ad unica variabile (cfr. Micalizzi A., Renzetti M., 2000, “La valutazione delle imprese Internet mediante la real option valuation”, in Perrini F., 2000, e-valuation, McGraw Hill, Milano, p. 242). Inoltre, gli investimenti non finanziari normalmente assumono un andamento diffusivo più simile ad un processo discreto che a uno continuo così come supposto da Black e Scholes (cfr. Micalizzi A., 1995, “Opzioni reali e nuovi strumenti per il trattamento del rischio in relazione a investimenti complessi” in Dallocchio M., 1995, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Egea, Milano, p. 527). ANTONIO RENZI 175 Data un’opzione call (OP) e noto il prezzo d’esercizio (k), cui avverrebbe l’eventuale acquisto del sottostante, l’evoluzione della stessa sarebbe: OPu = Max[S0(u) – k, 0] con probabilità p OP0 OPd = Max [S0(d) – k, 0] con probabilità (1 – p) dove il fattore demoltiplicativo corrisponde al reciproco del fattore moltiplicativo: d = (1/u) Operando in modo neutrale rispetto al rischio, ossia sostituendo le probabilità oggettive p e (1- p) con le probabilità soggettive π e (1- π), si ricava il portafoglio equivalente quando la combinazione tra la quantità investita nel sottostante (x) e la quantità di indebitamento (y) determina il payoff dell’opzione: 18 Max [OPu(π), 0] + Max [OPd (1 - π), 0] OP0 = ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ = (xS0 - y) erf dove e indica la base dei logaritmi naturali, mentre rf esprime, coerentemente con l’ipotesi di neutralità al rischio, il tasso associato ad un debito risk free. Si ottiene, quindi, che il risultato atteso scontato al tasso di attualizzazione corretto per il rischio eguaglia il risultato atteso aggiustato per il rischio e scontato al tasso puro di mercato. Tale parità deriva dal fatto che, passando da probabilità oggettive a probabilità soggettive, l’annullamento del premio per il rischio è compensato dal cambiamento di probabilità che incrementa il peso dello stato basso e, contestualmente, riduce il peso dello stato alto. Analoga procedura può essere utilizzata nel caso di opzioni put. In particolare, il valore della facoltà di vendere il sottostante ad un prezzo prestabilito assume, sempre in un ambito uniperiodale, la seguente evoluzione: OPu = Max[k - S0(d), 0] OP OPd = Max [k - S0(u), 0] 18 Nel modello di Cox, Ross e Rubinstein le grandezze ricercate (π, x e y) sono calcolate come: π = (erf - d) / (u - d); x = (OPu - OPd) / (S0u - S0d); y = (dOPu - uOPd) / (erfu - erfd) (cfr. Cox C.,Ross S., Rubinstein M., 1979, op. cit). APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI 176 La volatilità del sottostante, quindi, amplifica il valore dell’opzione, essendo questo pari al valore massimo compreso tra la differenza S0 - k e 0 (o nel caso put al valore massimo compreso tra la differenza k - S0 e 0). Infatti, se alla scadenza dell’opzione il prezzo del sottostante supera il prezzo d’esercizio vi è convenienza ad esercitare il diritto call. Viceversa, in presenza di un prezzo del sottostante inferiore al prezzo d’esercizio l’investitore razionale rinuncia alla facoltà di sfruttare l’opzione. Si viene così a determinare una distribuzione di valori asimmetrica, avente un campo di oscillazione compreso tra 0 e ∞, ove l’effetto positivo del fattore u si manifesta in ragione della deviazione standard del sottostante19. Ne consegue la possibilità di sfruttare potenziali eventi favorevoli, operando una contestuale immunizzazione rispetto ad eventi sfavorevoli20. Applicando questa logica agli investimenti in attività reali, il VAN (valore attuale netto), quale tipico strumento del Capital Budgeting, si palesa come unità di misura incapace di cogliere pienamente il valore di una data iniziativa, in quanto tale strumento non contempla l’eventualità di un possibile sfruttamento positivo dell’incertezza. Il VAN sconta, in sostanza, un’implicita ipotesi di irreversibilità di tutte le decisioni d’investimento. Al riguardo, Trigeorgis e Mason propongo il metodo del VANE (valore attuale netto esteso o allargato), in base al quale la convenienza a realizzare un progetto strategicamente flessibile è misurata dalla somma tra due componenti: il VAN base e il premio delle opzioni reali21. In particolare, dato un investimento cui si associano N flussi attesi (F), un costo d’impianto I0, un fattore di attualizzazione periodale v ed includente n opzioni reali, il VANE è calcolato come: N VANE = - I0 + n ΣFt (v)N + iΣ=1OPi t =1 Il VANE è, quindi, correlato sia negativamente che positivamente con il rischio incorporato dal progetto, giacché la volatilità dei flussi attesi accresce, in termini di costo medio ponderato del capitale, il fattore di attualizzazione (v) e, parallelamente, il valore delle opzioni reali. 4.3 Flessibilità innovativa, leva operativa e opzioni reali put L’ambito più immediato per combinare il modello binomiale e il metodo del VANE con la flessibilità innovativa teorizzata nell’ASV appare essere quello degli investimenti finalizzati ad incrementare le capacità di base tangibili. 19 20 21 Cox, Ross e Rubinstein hanno dimostrato che, all’interno di un processo stocastico, i fattori u e d possono essere dedotti dalla deviazione standard (σ) del sottostante: u = eσ(√h); d = e-σ(√h) = (1/u). Dove h indica il time to maturity dell’opzione espressa in frazione di tempo (cfr. Cox C., Ross S., Rubinstein M., 1979, op. cit). Cfr. Spisni M., 1995, “Allocazione delle risorse e opzioni reali”, in Sinergie, n. 38, pp. 175-192. Trigeorgis L., Mason S.P., 1987, “Valuing managerial flexibility”, in Midland Corporate Finance Journal, n. 1, pp. 14 - 21. ANTONIO RENZI 177 Con riferimento, in particolare, alla capacità produttiva è possibile operazionalizzare la matrice flessibilità innovativa / reversibilità esprimendo il valore delle opzioni di abbandono (o di conversione) in funzione della leva operativa (LO), la cui dinamica è strettamente connessa a quella dei costi di struttura. Partendo dalla nota relazione: LO = (∆P / P) / (∆R / R) si ottiene: ∆P / P = LO(∆R / R) A parità di costi di struttura e di margine di contribuzione (MC = p – cu), quindi, la dinamica del profitto determinata dalla domanda di mercato può essere espressa in percentuale come: ∆MC = 0 → ∆P / P = LO(∆q / q) Ne consegue che la riduzione percentuale massima delle quantità, il cui superamento determina squilibrio economico, corrisponde al reciproco della LO: [(- ∆q / q) = (1 / LO)(-1)] → ∆P / P = - 1 In previsione di un incremento della domanda, l’organo di governo potrebbe essere, quindi, indotto a trasformare la struttura specifica conferendo alla stessa un surplus di capacità produttiva. Dal conseguente incremento dei costi di struttura deriverebbe, tuttavia, un maggior rischio operativo. Nell’ipotesi prospettata la trasformazione strutturale (S1, s11→ S2, s21) determina i seguenti effetti in termini di prospettive di sviluppo reddituale e di maggior rischio operativo: ∆CS > 0 (s1,1→ s2,1) → (LOs2,1 > LOs1,1) (Patteso > Ps1,1) (1/ LOs2,1 < 1/ LOs1,1) Una volta trasformata la struttura specifica, l’effettiva variazione di profitto dipenderà dalla possibilità di realizzare successivi sfruttamenti del surplus di capacità produttiva. Per cui, dalla trasformazione consegue un’evoluzione del profitto atteso del tipo: Pu P2,1 Pd 178 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI Si supponga che il rafforzamento della capacità produttiva avvenga mediante l’acquisto di un ramo d’azienda includente un’opzione reale put, ossia la facoltà di vendere detto ramo ad un’altra impresa. Indicando con uP il fattore moltiplicativo di P (profitto del ramo d’azienda) e con uq il fattore moltiplicativo di q (volumi di produzione del ramo d’azienda), si ottiene: q+ = quq (valore di q nello stato alto); ∆q+ = (quP – q) / (LO) (variazione di q nello stato alto) uP = LO(∆q+/q) + 1 (fattore moltiplicativo del profitto); 1 dP = ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ LO(∆q+/q) + 1 (fattore demoltiplicativo del profitto); dove LO non riguarda, naturalmente, l’impresa nel suo complesso ma solo il ramo d’azienda oggetto di stima. Il valore attualizzato del profitto atteso (VP) dall’investimento può, allora, essere calcolato come: VP = [πuPP2,1 + (1 - π)dPP2,1]e-rf dove: uPP2,1 = Pu e dPP2,1 = Pd Data l’opzione reale put, occorre rettificare positivamente VP in ragione di: OP0 = Max[π( k.- Pu), 0]e-rf +. Max[(1 - π)(k.- Pd), 0]e-rf L’analisi proposta, pur basata su forti semplificazioni, evidenza come il livello di leva operativa, quale tipico parametro del rischio di sovradimensionamento delle capacità di base, da una parte amplifica il divario tra volatilità del reddito e volatilità della domanda attesa (uP > uq; dP < 1/ uq), dall’altra alimenta il valore della ridondanza strutturale in presenza di “flessibilità put”. 5. Contestualizzazione delle opzioni reali in prospettiva sistemica 5.1 La matrice “reversibilità call” / ridondanza strutturale L’utilizzo del modello binomiale, così come di altri modelli di stampo finanziario, nel campo delle opzioni reali presuppone una sostanziale coincidenza tra queste e le opzioni finanziarie. Al riguardo, diversi autori hanno sottolineato il rischio connesso ad una completa equiparazione tra opzioni finanziarie e reali. Le due tipologie di opzioni, infatti, pur presentando una matrice comune, si differenziano come evi- ANTONIO RENZI 179 denziato dal confronto riportato in tabella 2, da cui si evince una maggiore astrattezza delle opzioni reali rispetto a quelle finanziarie e, conseguentemente, un’oggettiva difficoltà nel selezionare i progetti in funzione della loro flessibilità intrinseca22. Opzioni finanziarie Sono formalizzate in contratti Sono negoziabili in mercati ufficiali Sono facilmente classificabili Sono sfruttabili al 100% Hanno una vita residua definita Opzioni reali Generalmente non sono formalizzate in contratti Non possono essere negoziate in mercati ufficiali Sono di difficile classificazione Non sempre sono sfruttabili al 100% Non hanno una vita residua definita Tab. 2: Confronto tra opzioni finanziarie e opzioni reali Fonte: Ns. elaborazione L’elemento più differenziante è rappresentato dal grado di sfruttabilità delle opzioni. Mentre nel campo finanziario, salvo casi particolari, tale sfruttabilità è sempre massima, nell’ambito degli investimenti in attività reali è fortemente condizionata dalla dimensione delle capacità interne all’impresa (in termini di capitale finanziario, di patrimonio tecnologico, di capitale intellettuale, ecc.) e dalla propensione del management a governare le stesse secondo la logica dynamic capabilities23, basata sulla continua ricombinazione delle risorse e competenza in funzione delle dinamiche di contesto. Ciò si riflette, naturalmente, sull’effettivo apporto della flessibilità intrinseca al processo di creazione di valore (figura 4). Ne consegue, peraltro, la possibilità che le opzioni reali conferiscano una flessibilità condivisa da più soggetti. Un’opzione di sviluppo, ad esempio, potrebbe essere condivisa da due imprese concorrenti. 22 23 Sulle differenze tra opzioni reali e opzioni finanziarie si vedano: Hayes R., Garvin D., 1985, “Managing as if tomorrow mattered”, in Harvard Business Review, Vol. 60, n. 3, pp. 70-79; Kester W.C., 1984, “Today’s options for tomorrow growth”, in Harvard Business Review, Vol. 63, n. 2., pp. 153-160. Cfr. Teece D.J., Pisano G., Shuen A., 1997, “Dynamic capabilities and strategic management”, in Strategic Management Journal, Vol. 18, pp. 509-533. APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI 180 Valore VANE potenziale VANE effettivo Grado effettivo di reversibilità Grado potenziale di reversibilità Valore dell’opzione Valore dell’opzione sfruttabile Rischio VAN Fig. 4: VANE potenziale e VANE effettivo per l’impresa Fonte: Adattato da Amram M., Kulatilaka N., Real options. Strategie d’investimento in un mondo dominato dall’incertezza, Etas Libri, Milano, 2000, p. 15 Qualora il grado effettivo di reversibilità del progetto risultasse fortemente indeterminato appare di buon senso indagare il fenomeno della flessibilità strategica in modo esclusivamente qualitativo24. La prospettiva sistemica, tuttavia, consente, almeno sul piano concettuale, di limitare tale indeterminatezza mediante un processo di contestualizzazione delle opzioni reali nel sistema impresa. Abbiamo visto, infatti, come nell’ASV la focalizzazione sulla ridondanza strutturale rappresenti una lente di ingrandimento rispetto alla capacità di adattamento intersistemico di breve periodo. Possono così manifestarsi situazioni nelle quali un medesimo progetto, portatore di flessibilità intrinseca, presenti per due imprese diversi gradi di reversibilità effettiva in ragione della ridondanza strutturale. Ciò vale, soprattutto, con riferimento alle opzioni di crescita il cui valore, in definitiva, è fortemente influenzato dal livello di consonanza che emerge tra le stesse e le capacità distintive dell’impresa25. Concentrando, quindi, l’attenzione sul problema della sfruttabilità delle opzioni reali in seno all’impresa, è possibile affermare che il surplus di capacità preesistente la decisione d’investimento alimenta il grado di reversibilità verso l’alto dello stesso. Si consideri al riguardo la matrice “reversibilità call” degli investimenti/ridondanza strutturale riportata in figura 5. 24 25 Sull’analisi qualitativa delle opzioni reali si veda: Donna G., 1992, op cit., pp. 265-269. Cfr. Donna G., 1999, La creazione di valore nella gestione d’impresa, Carocci, Roma, p. 238. ANTONIO RENZI Revers. call degli investimenti Alta Bassa A Flessibilità call scarsamente sfruttabile D Generale rigidità 181 B Flessibilità call altamente sfruttabile C Ridondanza in eccesso Bassa Alta Ridondanza preesistente Fig. 5: Matrice “reversibilità call” / ridondanza strutturale Fonte: Ns. elaborazione Il quadrante A si riferisce a progetti potenzialmente molto flessibili, ma se stimati nel contesto dell’impresa fortemente rigidi, causa una scarsa dotazione di capacità preesistenti; il quadrante B attiene, invece, a progetti dotati di una reversibilità altamente sfruttabile dall’impresa; il quadrante C esprime l’impossibilità, con riferimento a specifici progetti, di rendere maggiormente profittevoli quella parte di costi di struttura originati dalla ridondanza strutturale; il quadrante D, infine, evidenzia una generale rigidità dell’impresa, dovuta alla combinazione tra una scarsa flessibilità preordinata e progetti caratterizzati da una sostanziale irreversibilità. Naturalmente, questa schematizzazione ha valenza di breve periodo, potendo l’impresa modificare la ridondanza mediante processi di trasformazione strutturale. E’ bene, inoltre, sottolineare che il surplus di capacità preesistenti va osservato con riferimento a specifici progetti sottostanti (o portafogli di progetti), in quanto l’eccedenza di capacità potrebbe essere, comunque, incoerente rispetto ad una determinata iniziativa. Lo scopo della matrice proposta è quello di sviluppare la stima del valore opzionale in due fasi distinte: il pricing della potenziale flessibilità intrinseca incorporata dal progetto; la rettifica del risultato mediante un processo di contestualizzazione della flessibilità intrinseca nel sistema impresa. 5.2 Opzioni reali call e costi di struttura incrementali Sul piano quantitativo, il problema della non piena sfruttabilità di un’opzione di crescita può essere affrontato mediante una scomposizione del prezzo d’esercizio della stessa, distinguendo in particolare il costo base di sfruttamento della “flessibilità call”, costo che prescinde dalle capacità di cui l’impresa dispone, dal prezzo di 182 APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI esercizio incrementale originato da un deficit di risorse e competenze. Se ad esempio, il progetto sottoposto a stima consiste nella vendita di un certo bene non ancora presente nel portafoglio prodotti dell’impresa, la cui produzione è affidata a un soggetto terzo e se il contratto tra l’impresa e il fornitore include un’opzione di differimento, il prezzo di esercizio base sarà pari al costo d’acquisto di predeterminate forniture, mentre il prezzo d’esercizio incrementale potrebbe dipendere dalla necessità di disporre di nuovi punti vendita, maggiori risorse umane, nuove competenze, ecc. In generale, quindi, la stima del valore opzionale può essere riconsiderata a partire dal seguente coefficiente: α = [(∆CS’) / (k)] dove k indica il prezzo di esercizio base. Tale coefficiente esprime lo squilibrio percentuale tra una potenziale opportunità di crescita e le capacità presenti nella struttura specifica: per α = 0 lo sfruttamento di una data opzione reale call è pienamente realizzabile; per α > 0 l’esercizio della facoltà call determina un incremento dei costi di struttura. Il flusso ∆CS’ va, quindi, considerato come valore economico di una o più capacità non attivabili a livello di struttura specifica preesistente. Naturalmente, la stima ex ante di ∆CS’ comporta elevati gradi di difficoltà quanto più i costi di struttura incrementali si riferiscono a capacità intangibili. In ogni caso, calcolato il coefficiente α, l’analisi del valore effettivo per l’impresa di un’opzione reale call può essere facilmente formalizzata. In particolare, essendo: OPu = Max [S0(u) – k, 0] (valore nello stato alto nel caso di α = 0) la dimensione effettiva dell’opzione nello stato alto (OPuE) è misurata, in prima approssimazione, dal seguente differenziale: OPuE = Max[S0 (u) – k(1 + α), 0] dove il prezzo di esercizio base (k) corrisponde ai costi incrementali di utilizzo (∆CU’) della struttura specifica, connessi all’eventuale sfruttamento dell’opzione: OPuE = Max[S0 (u) – ∆CU’(1 + α), 0] Essendo α pari anche al rapporto (OPu - OPuE) / (∆CU’), si ottiene: OPuE = Max [OPu - α(∆CU’), 0] ANTONIO RENZI 183 Ne consegue che il tasso α annulla la flessibilità intrinseca del progetto per il sistema impresa al verificarsi della seguente condizione: 26 α ≥ [(OPu) / (∆CU’)] = αλ dove αλ segnala un valore d’equilibrio del tasso d’incremento del prezzo d’esercizio, raggiunto il quale il progetto inserito nel contesto dell’impresa è strategicamente rigido. In altri termini, per α ≥ αλ, il progetto è irreversibile anche se potenzialmente accompagnato da “flessibilità call”. Il grado di adeguatezza (GA) della struttura specifica rispetto alle potenzialità di sviluppo di un determinato progetto può, allora, essere stimato in base ai seguenti rapporti: GAu = ∆CS’ ∆CS’ αλ - α ⎯⎯⎯⎯⎯ = 1 - ⎯⎯⎯ ; GAd = 1 - ⎯⎯⎯ αλ OPu OPd da cui deriva: OP0E = {Max[π(OPu) GAu, 0] + Max[(1- π)(OPd) GAd, 0]}e-rf dove OP0E indica il valore dell’opzione nel sistema impresa. Quindi, posta la condizione S0 d ≤ ∆CU’, nel caso di GAu = 1 la struttura specifica è appropriata alla potenziale espansione del progetto (OP0E = OP0); nel caso di 0 < GAu < 1 lo sviluppo del progetto genera costi di struttura incrementali non sufficienti ad annullare il valore della “reversibilità call” (0 < OP0E < OP0); infine, nel caso di GAu ≤ 0 lo sviluppo non è economicamente fattibile (OP0E = 0). Estendendo l’analisi all’intera impresa, emerge l’opportunità di misurare, da un lato, l’intensità complessiva del sottodimensionamento di capacità rispetto a possibili sviluppi dei progetti in portafoglio, dall’altro, i conseguenti costi di struttura necessari per adeguare il livello di ridondanza strutturale alla crescita attesa di più aree di business. In prima approssimazione, tale analisi può prendere le mosse da schemi matriciali basati sull’interrelazione tra progetti espandibili e capacità di base. Al riguardo, in figura 6 sono rappresentate due matrici che evidenziano la dimensione dello squilibrio strutturale e il valore ∆CS’ con riferimento a specifici progetti, a singole capacità e all’intero sistema impresa. Naturalmente, analisi di questo tipo scontano un eccesso di determinismo se non arricchite da contenuti strategici. I costi di struttura incrementali, infatti, originano da attività eterogenee sul piano del peso strategico che incorporano. 26 Nel caso di α ≥ αλ si ha: (α)( ∆CU’) ≥ OPu. e, quindi, Max [OPu - α(∆CU’), 0] = 0. APPROCCIO SISTEMICO, FLESSIBILITÀ E OPZIONI REALI 184 Capacità Progetti espandibili Progetto 1 Progetto 2 Progetto 3 Progetto 4 Progetto 5 Σ/N Ø = assenza di relazione tra P eC 0 = valore nullo di α UMP = sovradimensionamento medio delle potenzialità di un progetto rispetto alle diverse capacità DMC = sottodimensionamento medio di una capacità rispetto ai diversi progetti Capacità Progetti espandibili Progetto P1 Progetto P2 Progetto P3 Progetto P4 Progetto P5 Σ Capacità C1 Capacità C2 Capacità C3 Capacità C4 Capacità C5 Σ/N α11 Ø 0 α41 α51 DMC1 Ø α22 α32 Ø 0 DMC2 0 α23 α33 0 α53 DMC3 α14 Ø 0 α44 0 DMC4 α15 0 α35 α45 α55 DMC5 UMp1 UMp2 UMp3 UMp4 UMp5 Σ = squilibrio medio Capacità C1 Capacità C2 Capacità C3 Capacità C4 Capacità C5 k1α11 Ø 0 k4α41 k5α51 ∆CS’C1 Ø k2α22 k3α32 Ø 0 ∆CS’C2 0 k2α23 k3α33 0 k5α53 ∆CS’C3 k1α14 Ø 0 k4α44 0 ∆CS’C4 k1α15 0 k3α35 k4α45 k5α55 ∆CS’C5 Σ ∆CS’P1 ∆CS’P2 ∆CS’P3 ∆CS’P4 ∆CS’P5 Σ = ∆CS’ Fig. 6: Analisi dello squilibrio strutturale e di ∆CS’ Fonte: Ns. elaborazione In generale, le suddette matrici possono essere considerate come primo passo propedeutico ad identificare, da una parte, i costi necessari per rendere la struttura specifica compatibile con opportunità di crescita, dall’altra, il valore economico per l’impresa di diverse traiettorie di sviluppo. 6. Conclusioni Lo studio proposto, nei limiti delle semplificazioni operate, evidenzia la compatibilità dell’ASV con logiche di analisi del valore basate su relazioni dinamiche tra rischio e opportunità di investimento. In generale, dalla combinazione ASV/Real Options Theory discende la possibilità di analizzare il nesso tra flessibilità e valore coniugando la prospettiva strategico/operativa con quella finanziaria. L’enfasi posta sulle due dimensioni della flessibilità sistemica (preordinata ed innovativa) favorisce, infatti, lo studio delle interdipendenze tra i piani strategici definiti dall’organo di governo e il funzionamento dei sub-sistemi operativi. ANTONIO RENZI 185 La stima della flessibilità incorporata dai progetti di investimento consente, a sua volta, di qualificare sul piano finanziario la plasticità del sistema impresa al manifestarsi di evoluzioni di contesto inverse rispetto a quelle preventivate. Emerge, inoltre, un legame biunivoco tra flessibilità sistemica e opzioni reali, in quanto la ridondanza strutturale, di cui l’impresa si dota per fronteggiare la complessità intersistemica, include un valore economico specifico che si pone in relazione di reciprocità rispetto al valore connesso alla reversibilità dei progetti d’investimento: da una parte, i costi di struttura incrementali conseguenti a trasformazioni strutturali possono essere eliminati o, comunque, mitigati a seguito dello sfruttamento di opzioni reali put; dall’altra, il livello di ridondanza strutturale amplifica il valore dei progetti portatori di opzioni reali call. In linea teorica, dunque, è possibile parlare di governo dinamico della ridondanza strutturale finalizzato alla continua ricerca di una sorta di “flessibilità d’equilibrio”, quale espressione di un’ottimale armonizzazione tra i cambiamenti che caratterizzano l’evoluzione del sistema impresa e i tentativi di immunizzare detto sistema rispetto ai rischi di sovradimensionamento e di sottodimensionamento delle capacità. Quanto descritto si presta, naturalmente, ad ulteriori approfondimenti sia sul piano dell’analisi che della modellistica. Tali approfondimenti potrebbero riguardare principalmente due aspetti interconnessi: un’analisi dettagliata delle relazioni di reciprocità tra valore della ridondanza strutturale e valore delle opzioni reali; la costruzione di un modello d’equilibrio, secondo una logica di portafoglio, basato in particolare sulla combinazione quali/quantitativa tra la matrice flessibilità innovativa / reversibilità e la matrice “reversibilità call”/ ridondanza strutturale. Bibliografia AGLIARDI E., AGLIARDI R., Mercati finanziari. Analisi stocastica delle opzioni, McGraw Hill, Milano, 2001. AMRAM M., KULATILAKA N., Real options. Strategie d’investimento in un mondo dominato dall’incertezza, Etas Libri, Milano, 2000. BARILE S. (a cura di), L’impresa come sistema. Contributi sull’approccio sistemico vitale, Giappichelli, Torino, 2006. BLACK F., SCHOLES M., “The pricing of options and corporate liabilities”, Journal of Political Economy, n. 3, 1973. 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