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Relazione Finale - Master Diritti Umani, Migrazioni, Sviluppo

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Relazione Finale - Master Diritti Umani, Migrazioni, Sviluppo
A.A.2012/2013
ELABORATO FINALE
candidata: Anna Vitulo
Corretto dal prof.: Salvatore Fachile
LO SFRUTTAMENTO DEI MINORI STRANIERI
NELL’ACCATTONAGGIO
E NELLE ATTIVITÀ ILLEGALI
INDICE
Introduzione………………………………………………………………………………………………………………………pag.2
Capitolo 1
Lo sfruttamento sessuale dei minori stranieri……………………………………………………………………………….pag.4
Capitolo 2
Lo sfruttamento lavorativo dei minori stranieri……………………………………………………………………………..pag.7
Capitolo 3
Lo sfruttamento dei minori stranieri nell’accattonaggio e nelle attività illegali………………………………pag.10
3.1 Aspetti generali…………………………………………………………………………………………………………………..pag.10
3.2 Motivazioni del viaggio……………………………………………………………………………………………………….pag.12
3.3 Modalità di arrivo……………………………………………………………………………………………………………….pag.15
3.4 In Italia……………………………………………………………………………………………………………………………….pag.17
3.5 Le condizioni di lavoro………………………………………………………………………………………………………..pag.19
Capitolo 4
Le azioni di Save the Children………………………………………………………………………………………………………..pag.22
Conclusioni……………………………………………………………………………………………………………………………………pag.24
Bibliografia…………………………………………………………………………………………………………………………………….pag.26
1
INTRODUZIONE
Il tema che andrò ad affrontare con questo mio lavoro è quello dello sfruttamento dei minori
stranieri, accompagnati o meno, nell’accattonaggio per le strade e nei circuiti di attività illegali
come furti, borseggi e spaccio di sostanze stupefacenti. Ho cominciato presentando a quali altri
tipi di sfruttamento possono andare incontro i minori stranieri che arrivano nel nostro Paese
semplicemente per offrire il quadro più completo possibile e per far comprendere meglio il
fenomeno, dal momento che lo stesso minore può essere contemporaneamente sfruttato in modi
diversi (si pensi ai casi, ad esempio, dei minori rumeni rom che vengono fatti prostituire per
integrare i guadagni ricavati dall’accattonaggio).
In sede di introduzione ritengo necessario esplicitare che cosa si intenda per “sfruttamento”. A tal
fine, riprendo la definizione utilizzata da Save the Children e riportata nel Dossier del 2012: “Per
sfruttamento si intende il trarre un ingiusto profitto dalle attività (o da un’azione) altrui
tramite una ‘imposizione’ che si basa su una condotta che incide significativamente sulla
volontà dell’altro o che fa deliberatamente leva su una capacità di autodeterminazione della
vittima sensibilmente diminuita. In particolare il grave sfruttamento può includere:
• sfruttamento sessuale-incluso lo sfruttamento della prostituzione altrui e altre forme di
sfruttamento sessuale quali la pornografia e i matrimoni forzati;
• lavori o servizi forzati incluso il conseguimento di profitti da attività illecite e l’accattonaggio;
• schiavitù o pratiche analoghe e servitù;
• adozioni illegali;
• asportazione di organi”1.
Il concetto di sfruttamento è strettamente legato a quello di tratta di esseri umani. La tratta di
esseri umani, infatti, è quel reato commesso quando si costringe una persona a spostarsi o a non
spostarsi dal luogo d’origine mediante l’uso di forza, frode o inganno, cioè di strumenti che
incidono sulla capacità di un individuo di autodeterminarsi, ponendolo dunque in uno stato di
soggezione2. Il fine di tale reato, naturalmente, è di sottoporre l’individuo in questione ad una
grave forma di sfruttamento, appunto. Il concetto di tratta non va confuso con quello di traffico di
esseri umani, che non si configura come un reato contro la persona in quanto il trafficante è
1
Save the Children, Dossier 2012 pag.2
2
Estratto degli appunti tratti dalla lezione del 3 maggio 2013 del prof. S. Fachile
2
semplicemente colui che aiuta un altro individuo ad attraversare la frontiera illegalmente. Nel caso
del traffico di esseri umani, quindi, non si configura nessun tipo di sfruttamento 3.
La soggezione tipica che si verifica nei casi di sfruttamento è quella determinata dalla violenza
fisica perpetrata sulla vittima o dalla sua minaccia. Ma esistono altri meccanismi di soggezione,
molto più sottili, messi in atto dagli sfruttatori 4. È questo ciò che si verifica, come vedremo in
seguito, nel caso delle minori provenienti dall’Europa dell’Est che vengono indotte a prostituirsi
per le strade o in casa da pseudo-fidanzati. Gli sfruttatori, infatti, utilizzano un misto di terrore e di
lusinghe per convincere le ragazze che quello che al momento sono costrette a fare non serve ad
altro che ad assicurare un roseo avvenire in Italia a loro e ai loro sfruttatori.
Per concludere, esistono altre due forme di sfruttamento dei minori stranieri non accompagnati,
cioè lo sfruttamento nel mercato degli organi e la tratta nell’ambito delle adozioni illegali. Il
motivo per cui ho scelto di non parlare di tale argomento è la volontà di non distogliere
l’attenzione da quello che è il vero tema di questo lavoro, cioè i minori stranieri utilizzati
nell’accattonaggio e nei circuiti illegali.
3
Estratto degli appunti tratti dalla lezione del 3 maggio 2013 del prof. S. Fachile
4
Estratto degli appunti tratti dalla lezione del 3 maggio 2013 del prof. S. Fachile
3
CAP. 1
LO SFRUTTAMENTO SESSUALE DEI MINORI STRANIERI
Lo sfruttamento sessuale di minori stranieri non accompagnati sembra cresciuto sempre più con il
passare degli anni. I Paesi d’origine delle vittime di questa attività, però, non hanno subito
variazioni di rilievo. Secondo quanto riportano i Dossier online di Save the Children pubblicati tra il
2008 e il 2012, le minori coinvolte nel mercato del sesso provengono prevalentemente da Nigeria
ed Europa dell’Est, più precisamente da Romania, Moldavia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Albania,
Serbia e Croazia. Le modalità di adescamento e di sfruttamento delle ragazze nigeriane e di quelle
provenienti dall’Est Europa presentano diverse differenze, e vanno quindi esaminate
separatamente.
Le ragazze nigeriane hanno un’età che va dai 15 e i 18 anni. Esse vengono solitamente reclutate
nei loro villaggi da alcune donne, le maman, che presentano loro l’opportunità di trasferirsi in
Italia per imparare qualche mestiere, come parrucchiera o estetista. Le maman si offrono anche di
anticipare alle loro famiglie i soldi necessari per il viaggio, in modo che le ragazze si sentano
moralmente obbligate a ripagare un debito che, alla fine del tragitto, arriverà ad oscillare tra i
30.000 e i 50.000 euro5. Le minori, dunque, promettono, attraverso dei riti religiosi, di ripagare il
loro debito a queste donne, pena una maledizione su di loro e sulle loro famiglie. Queste ragazze,
quindi, vengono assoggettate prima ancora di partire, quando sono ancora nel loro Paese
d’origine6. Questi riti rappresentano un vero e proprio ostacolo per gli operatori che vogliono
liberarle dal circuito di violenza e sfruttamento in cui sono cadute. Solo nei casi più estremi, infatti,
le minori accetteranno di rompere il patto stretto con la loro maman e di mettere, dunque, in
pericolo non solo la propria vita, ma soprattutto quella dei propri familiari. Il tragitto verso l’Italia
può essere compiuto sia via mare che via aereo. Mentre nel secondo caso, vengono accompagnate
dalle stesse maman, che eserciteranno un controllo rigido ma non violento per tutto il tempo, nel
secondo caso le ragazze vengono accompagnate da un trafficante uomo, il quale, per tenere le
vittime in uno stato di terrore e renderle quindi più facilmente controllabili, compirà o farà
compiere da qualcuno violenza sessuale su di loro 7. Nel caso in cui intraprendano la traversata del
Mediterraneo, spesso vengono ricoverate in comunità di accoglienza presenti sul territorio
5
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
6
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
7
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
4
siciliano, ma questo non impedisce ai loro sfruttatori di rintracciarle e di indurle a fuggire, forti
come sono dell’impegno che le minori si sono assunte di fronte alla loro comunità 8. Per quanto
riguarda le condizioni in cui, una volta giunte in Italia, si trovano a dover lavorare, va sottolineato,
innanzitutto, che esse sono per lo più costrette a lavorare per strada, fino a notte inoltrata. In
secondo luogo, queste minori non possiedono, naturalmente, né permesso di soggiorno né
passaporto. Questo ha una notevole influenza, dal momento che la paura di essere interrogate e
arrestate dalla polizia italiana le spinge a ricercare, per lavorare, i luoghi più isolati, che spesso
sono anche fortemente degradati, privi di servizi e di acqua potabile, con evidenti rischi per la loro
salute e quella dei loro clienti9. Il controllo a cui sono sottoposte, poi, è dei più ferrei. Oltre alla
maman e agli altri eventuali sfruttatori, le ragazze vengono anche affidate alla custodia di alcune
ragazze poco più grandi di loro e molto scaltre, che hanno il compito di sorvegliare ogni loro
comportamento sulla strada10. Un esempio di tutto ciò che queste ragazze sono costrette a
sopportare è la storia di J.: “Mi chiamo J., sono di Benin City (Nigeria) e ho 17 anni. Sono arrivata in
Italia l’anno scorso, con M., una donna nigeriana molto conosciuta nella mia città, che vive a
Torino da molti anni. M. mi aveva suggerito di venire in Italia a lavorare in un’impresa e la mia
famiglia ha acconsentito. Abbiamo firmato un contratto e fatto alcuni riti religiosi per sigillare un
patto di fiducia reciproca. Sono arrivata in Italia in aereo con un passaporto falso di una donna
adulta, il cui viso era molto simile al mio. Una volta arrivata in Italia, M. mi ha detto che mi dovevo
prostituire per ripagare 50 mila euro, mi ha minacciata e colpita. Sulla strada sono stata anche
fermata dalla polizia, che mi ha identificato come adulta e mi ha portata in un CPT e riportato in
Nigeria. Due mesi dopo, un amico di M. mi ha riportato in Italia, dicendomi che dovevo ancora
ripagare un debito di 20 mila euro. Sei mesi dopo, con l’aiuto di un cliente, sono fuggita e sono
andata all’associazione di C., che avevo incontrato e con cui avevo parlato su strada, mentre mi
prostituivo”11.
Per quanto riguarda, invece, le ragazze provenienti dall’Europa dell’Est, il loro ingresso in territorio
italiano risulta sicuramente facilitato dalla loro cittadinanza europea, grazie alla quale i loro
sfruttatori non sono obbligati a presentare alcun tipo di documentazione alla frontiera. Le minori
vengono reclutate nel Paese d’origine da conoscenti, parenti o pseudo-fidanzati che promettono
8
Save the Children, Dossier 2010 pag.2
9
Save the Children, Dossier 2010 pag.2
10
Save the Children, I piccoli schiavi invisibili pag.5
11
Save the Children, Dossier 2008 pag.1
5
loro di portarle in vacanza in Italia o di trovar loro un qualche impiego, anche se si sono verificati
dei casi di rapimento e di trasferimento coatto12. Al momento dell’arrivo, però, la realtà si mostra
in tutta la sua crudezza. Le ragazze hanno raccontato agli operatori di Save the Children le
percosse e le violenze di ogni tipo a cui erano quotidianamente sottoposte per obbligarle a
prostituirsi. Ma l’aspetto più subdolo è che a questa violenza si accompagnano, il più delle volte,
espressioni di affetto e di complicità da parte dei loro aguzzini, tese a convincere le ragazze che
tutto quello che fanno serve per costruire un futuro per sé stesse e i loro pseudo-fidanzati. Questo
complica, naturalmente, il lavoro degli operatori, dal momento che molte minori faticano a
percepirsi come vittime di sfruttamento 13. Va sottolineato anche che le minori provenienti dall’Est
Europa, a differenza delle ragazze nigeriane, vengono spesso utilizzate per la prostituzione indoor,
cioè al chiuso. Questa tipologia di sfruttamento si caratterizza per essere decisamente più pesante
di quella in strada, dal momento che gli sfruttatori possono esercitare un controllo molto più
serrato sulle vittime e che risulta molto più difficile per gli operatori intervenire.
Per concludere il discorso sullo sfruttamento della prostituzione dei minori stranieri non
accompagnati, occorre fare ancora una breve precisazione. Si sta diffondendo sempre più, infatti,
lo sfruttamento della prostituzione minorile maschile. I minori stranieri maggiormente colpiti sono
i ragazzi rom, maghrebini e rumeni. Per quanto riguarda i primi, si tratta di minori di un’età
compresa tra i 15 e i 18 anni che vengono spinti a prostituirsi, nei campi in cui vivono, dai genitori
o dai fratelli più grandi, il più delle volte per integrare quello che guadagnano con l’accattonaggio
o con il lavaggio dei vetri delle auto ai semafori stradali 14. La stessa motivazione muove anche le
famiglie maghrebine a spingere i ragazzi a prostituirsi per le strade, a differenza invece dei minori
rumeni, per i quali la prostituzione è spesso la principale forma di guadagno 15.
12
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
13
Save the Children, Dossier 2010 pag.2
14
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
15
Save the Children, I piccoli schiavi invisibili pag.6
6
CAP. 2
LO SFRUTTAMENTO LAVORATIVO DEI MINORI STRANIERI
Lo sfruttamento lavorativo è una forma di sfruttamento che fino a pochi anni fa era ancora poco
nota all’opinione pubblica. Esso colpisce prevalentemente minori provenienti da India,
Bangladesh, Africa del Nord e Africa sub-sahariana. Questi ragazzi vengono per lo più adoperati nel
settore ortofrutticolo e dell’allevamento del bestiame.
In generale i ragazzi provenienti dall’area asiatica arrivano in Italia su suggerimento di conoscenti e
possiedono informazioni molto vaghe in merito al luogo di destinazione, cosa che li rende
facilmente vulnerabili dal momento che risultano essere disposti ad accettare qualsiasi tipologia di
lavoro. Si trovano, poi, costretti a lavorare molte ore al giorno per un compenso davvero
minimo16. Inoltre, un ulteriore aspetto che li rende decisamente vulnerabili è il loro iniziale
isolamento, che rende loro difficile, se non addirittura impossibile, chiedere aiuto o fuggire dal
luogo di lavoro17.
Per quanto riguarda, invece, i ragazzi provenienti dall’Africa del Nord o sub-sahariana, si tratta
prevalentemente di maschi di un’età compresa tra i 15 e i 17 anni che partono su mandato
familiare, abbagliati dalle false promesse di rapidi guadagni pronunciate da persone che fingono di
aver compiuto lo stesso viaggio e di aver fatto fortuna in Italia 18. Le famiglie arrivano ad indebitarsi
con i trafficanti per un ammontare che va dai 4.000 ai 10.000 euro, cifra che però copre solamente
le spese del viaggio fino alle coste italiane, mentre gli spostamenti interni vanno pagati a parte 19.
Ciò determina, naturalmente, una forte pressione psicologica nei confronti dei minori, che si
sentono obbligati a fare qualsiasi tipo di lavoro, in qualunque condizione, pur di ripagare il debito
contratto dalla famiglia. Particolarmente significativa, a tal proposito, risulta la storia di M., un
ragazzo egiziano aiutato da Save the Children nel 2010: “M. è un ragazzo egiziano arrivato in Italia
a marzo del 2009 all’età di 16 anni. È stato reclutato nel suo villaggio dall’agente di un trafficante
che offriva viaggi comodi verso l’Italia, paese dove una persona nota del suo villaggio aveva avuto
successo negli affari, come testimoniavano i miglioramenti molto visibili della casa della sua
famiglia. M. era entusiasta e, malgrado la sua famiglia non avesse soldi a sufficienza, i suoi genitori
16
Save the Children, Dossier 2008 pag.3
17
Save the Children, Dossier 2008 pag.3
18
Save the Children, Dossier 2012 pag.6
19
Save the Children, Dossier 2010 pag.3
7
si sono indebitati per investire su di lui, nella prospettiva di migliorare le loro condizioni di vita e il
futuro dei loro figli. Il viaggio è stato duro: ha attraversato il deserto libico in macchina e a piedi,
poi dopo 4 giorni passati su una barca affollata, è stato tratto in salvo dalla Guardia costiera
italiana. Dopo un soggiorno breve a Lampedusa, M. è stato collocato in una comunità per minori in
Sicilia. È riuscito a sentire la sua famiglia che ha espresso subito preoccupazioni per la restituzione
del debito. La comunità non gli dava la possibilità di guadagnare, né la prospettiva di un lavoro a
breve termine quindi, parlando con dei giovani connazionali che erano a Roma e non avendo
nessuno che poteva dargli una mano nel nord Italia, capì che era meglio raggiungere loro lì.
Allontanatosi dalla comunità e giunto a Roma ha iniziato a lavorare subito nei mercati generali
insieme ai connazionali, ma la paga di 15 € al giorno, visto che l’affitto era di 150 € al mese per un
posto letto, non bastava neanche per sopravvivere. Sotto la pressione dei suoi connazionali e
considerata la sua età, dato che mancavano pochissimi mesi al compimento dei 18 anni, M. decide
di tornare in comunità per cercare di ottenere i documenti da maggiorenne e quindi trovare un
lavoro, ma il lavoro non c’era. Sentendo i suoi genitori sempre più disperati per il debito da
ripagare, M. cerca qualsiasi fonte di guadagno, spiegando agli operatori di Save the Children di
essere ‘pronto a tutto’”20. Va anche sottolineato che al momento della partenza i ragazzi
possiedono poche informazioni, e quelle che ricevono sono per lo più fuorvianti, sul sistema di
accoglienza e di protezione vigente in Italia. Per questo motivo i minori sono più propensi a
sfuggire ogni contatto con qualunque istituzione italiana, per paura di essere rimpatriati senza
aver potuto saldare il loro debito. Dal momento che, inoltre, viene stipulato un vero e proprio
contratto tra la famiglia e i trafficanti del minore, in caso di mancato pagamento del dovuto i
trafficanti potranno intraprendere un’azione penale nei confronti della famiglia che si può anche
concludere con la detenzione 21. Per quanto riguarda le tipologie di lavoro che i ragazzi possono
intraprendere una volta giunti a destinazione, occorre fare una distinzione. Nel caso in cui i minori
arrivino via mare approdando sulle coste della Sicilia, della Puglia e della Calabria e non riescano a
spostarsi da quelle regioni, il loro destino è di venire impiegati come manodopera illegale in lavori
saltuari come la raccolta di pomodori e di uva. Il loro compenso è estremamente basso: per otto
ore di lavoro al giorno vengono pagati dai 15 ai 40 euro e la loro settimana lavorativa è di sei giorni
su sette. Spesso, poi, si trovano a lavorare in condizioni terribili, senza alcunché che li protegga dal
20
Save the Children, Dossier 2010 pag.4
21
Save the Children, Dossier 2010 pag.3
8
clima e dagli agenti chimici che sono costretti ad adoperare 22. Nel caso in cui, invece, riescano a
raggiungere città come Roma, Milano e Torino, verranno utilizzati come manodopera sottopagata
in mercati e ristoranti23. Nel caso in cui, invece, arrivino in Italia attraverso la Spagna, è più
probabile che vengano subito impiegati in questa tipologia di mansioni nelle città del Nord.
Una considerazione a parte la meritano i minori originari dall’Afghanistan. Questi ragazzi partono
per lo più dal Pakistan o dall’Iran, da cui raggiungono, grazie a dei trafficanti, la Turchia. Da qui si
possono imbarcare direttamente per giungere in Italia oppure si recano in Grecia e poi ad Ancona
o Venezia. La particolarità della migrazione dei minori afghani rispetto a quella dei minori egiziani
o asiatici è che i primi non considerano l’Italia come punto di arrivo, ma semplicemente come
tappa fondamentale per raggiungere, in seguito, Paesi come Gran Bretagna, Norvegia, Svezia,
Finlandia e Austria. Questo aspetto è particolarmente importante se si considera che nel caso dei
minori afghani i trafficanti si fanno pagare ad ogni passaggio di frontiera. Dal momento, però, che
le frontiere da superare sono molte di più che negli altri casi qui esaminati, è decisamente più
frequente che accada che i genitori non abbiano più soldi per pagare. In questo caso il minore si
trova in una posizione particolarmente a rischio, bloccato com’è in un Paese straniero e
completamente in balia del trafficante, che diventerà anche il suo sfruttatore24.
22
Save the Children, Dossier 2009 pag.3
23
Save the Children, Dossier 2008 pag.3
24
Save the Children, Dossier 2010 pag.5
9
CAP. 3
LO SFRUTTAMENTO DEI MINORI STRANIERI NELL’ACCATTONAGGIO E NELLE ATTIVITÀ ILLEGALI
3.1 Aspetti generali
Lo sfruttamento dei minori stranieri si configura come un fenomeno piuttosto complesso che,
purtroppo, è diventato sempre più frequente nel corso degli anni. Per poterlo comprendere in
modo soddisfacente è necessario fare alcune precisazioni.
Innanzitutto va sottolineato, come fa Valeria Ferraris nel suo Dalla tratta al traffico, allo
sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie illegali e nella
prostituzione, che le principali aree di provenienza di questi MSNA sono: Nord Africa (Marocco,
Tunisia, Algeria, Egitto), Africa sub-sahariana, Est Europa (Bulgaria e Romania) e territori dell’ex
Jugoslavia. Per motivi di praticità e di disponibilità di materiale ci si concentrerà maggiormente sui
gruppi più ampiamente rappresentati nel territorio italiano, quello rumeno (rom e non) e quello
marocchino.
In secondo luogo, bisogna precisare che ci si trova di fronte ad una forte specializzazione nei vari
mercati di sfruttamento a seconda della città di provenienza, della destinazione e del gruppo di
appartenenza. Tale specializzazione dipende dall’eventuale presenza sul territorio di destinazione
di adulti della stessa nazionalità dediti a tali attività, dai percorsi migratori affrontati e
dall’influenza esercitata dalle organizzazioni criminali italiane. Da tutto ciò deriva che i minori
marocchini sono maggiormente coinvolti in attività come lo spaccio di stupefacenti e
l’accattonaggio, soprattutto sotto forma di vendita ambulante e lavaggio dei vetri nelle zone
trafficate, mentre i minori rumeni sono dediti all’accattonaggio praticato sotto forma di elemosina
ai semafori e lungo le strade. È importante specificare anche che nella maggior parte dei casi tali
attività rappresentano solo la prima esperienza lavorativa in Italia per questi ragazzi, e che in
seguito verranno intraprese in modo più saltuario e diversificato, integrandole con furti, borseggi
e, in alcuni casi, prostituzione 25.
Le numerose pubblicazioni dell’Ong Save the Children sembrano sostanzialmente d’accordo con
quanto affermato dalla professoressa Ferraris. Nel dossier pubblicato nel 2008, ad esempio, si
afferma che i minori maggiormente coinvolti nell’attività di accattonaggio sono soprattutto rumeni
25
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.218
10
Rom o provenienti dai Paesi dell’ex-Jugoslavia. Questi minori solitamente sono molto poveri e in
alcuni casi colpiti da disabilità, sfruttata e talvolta accentuata da chi trae beneficio dalle loro
attività perché considerata particolarmente redditizia. Dall’altra parte, si afferma che i minori che,
invece, sono più facilmente dediti ad attività
illegali come furto e spaccio di stupefacenti
provengono per lo più dall’Africa settentrionale, anche se non sono rari i ragazzi rumeni e moldavi,
di entrambi i sessi.
Le condizioni in cui questi ragazzi sono costretti a lavorare sono le più varie. Per quanto riguarda i
minori sfruttati nell’attività di accattonaggio, si tratta per lo più di ragazzi di un'età compresa tra i
10 e i 15 anni, ma non è raro imbattersi anche in ragazze sposate tra i 15 e i 17 anni con i figli al
seguito26. Devono passare giornate intere sulla strada, con qualsiasi condizione metereologica, il
più delle volte in posizioni decisamente scomode, in ginocchio o accucciati sul ciglio della strada.
Alcuni di loro subiscono, in aggiunta, violenze e soprusi di ogni genere, anche se nella maggior
parte dei casi ciò non si verifica 27. Pur potendo, infatti, l’attività di accattonaggio implicare in alcuni
casi una violenza sia fisica che psicologica, il più delle volte i minori svolgono questa occupazione
per aiutare le proprie famiglie, generalmente in gravi difficoltà economiche, e vengono spesso
accompagnati da alcuni dei membri più anziani del loro nucleo familiare. È questo il caso di E., otto
anni, una delle storie raccolte da Save the Children. La bambina, infatti, ha raccontato agli
operatori dell’Ong di vivere in un insediamento spontaneo con la famiglia e che tutti i giorni
andava a mendicare con la madre, che chiedeva soldi per poterle comprarle un paio di scarpe 28.
Ma il fatto che le famiglie siano consapevoli e coinvolte non implica necessariamente una maggior
tutela dei minori. L'obbligo, ad esempio, di raggiungere un profitto minimo giornaliero può
spingere le famiglie ad esigere che i bambini lavorino per molte ore al giorno senza sosta e, a
volte, che si prostituiscano. A questo riguardo risulta particolarmente emblematico il racconto
riportato da Cesvi nell’ambito della campagna internazionale Stop Child Labour – School is the best
place to work: “Hanno sette, otto, dieci anni. Per ore girano tra tavolini con la mano tesa. A
mezzanotte consegnano soldi al racket che usa i mendicanti bambini. […] Abbracciati a una
fisarmonica più grande di loro, inteneriscono con disarmanti sorrisi e perfino con allegria. In una
decina, per tutta la serata vanno su e giù tra le strade e i bar all’aperto […]. La bambina indica una
pallina colorata. “Vuoi questa? Non preferisci un euro?”. “Di euro dammene almeno due”.
26
Save the Children, Dossier 2012 pag.10
27
Save the Children, Dossier 2008 pag.2
28
Save the Children, Dossier 2012 pag.10
11
Arrivano quando scende la sera. Allungano la mano tra i tavolini in riva al Naviglio per chiedere
una moneta. Sono così piccoli che fanno tenerezza: sette, otto, dieci anni al massimo. Femmine e
maschi, uno sguardo ingenuo e un unico compito: raccattare più soldi possibili da passare ai
genitori che, nascosti sull’altra sponda, li tengono d’occhio da lontano” 29.
L'utilizzo di minori per furti ed altre attività illegali, invece, presenta delle peculiarità che, a mio
avviso, è bene specificare. In primo luogo, a differenza dei minori costretti a chiedere l'elemosina, i
ragazzi coinvolti in attività illegali generalmente non superano i 14 anni di età30. La motivazione è
alquanto scontata: i minori di 14 anni, secondo la legge italiana, non sono perseguibili
penalmente. In secondo luogo, questa è una tipologia di sfruttamento ancora difficilmente
individuabile e poco conosciuta all'opinione pubblica. Le ragioni possono essere molteplici, ma
secondo la mia opinione la più importante è la difficoltà insita nell'indentificare questi minori
come vittime di un sistema coercitivo piuttosto che come autori di un crimine. Ma bisognerebbe
andare al di là delle semplici apparenze e cercare di cogliere la pressione fisica e psicologica a cui
questi ragazzi sono costantemente sottoposti. I minori, infatti, spesso vengono reclutati nei Paesi
d'origine dalle organizzazioni criminali dietro minaccia; una volta arrivati in Italia, la necessità di
controllarli si spinge al punto che vengono loro abrasi i polpastrelli in modo da eliminare le
impronte digitali; molti di loro, infine, vengono obbligati ad assumere droghe, in modo da renderli
dipendenti nel giro di poco tempo 31. Occorre però precisare che, come vedremo in seguito, non
sempre l'impulso iniziale del progetto migratorio di questi minori consiste in un obbligo imposto
dalla famiglia o determinato dalle minacce di qualche organizzazione criminale.
3.2 Motivazioni del viaggio
Cosa spinge, dunque, un ragazzo ad intraprendere un viaggio che si potrebbe rivelare tanto
pericoloso?
Una delle principali motivazioni è quella che la professoressa Ferraris nella sua opera definisce
"deprivazione relativa". Si tratterebbe del sentimento che nasce dal confronto tra quanto si ha e
quanto si pensa sarebbe interessante, bello, gratificante, giusto, utile avere, confrontando la
propria esistenza con quella di altri ritenuti più fortunati, dei cui stili di vita e di consumo si ha
29
Cesvi, rapporto Bambini sfruttati. Diritti negati, dicembre 2007. Pag.28
30
Save the Children, Dossier 2008 pag.3
31
Save the Children, Dossier 2008 pag.3
12
conoscenza diretta o indiretta32. È questo il caso, riportato da Save the Children, di T., un ragazzo
rumeno di 18 anni arrivato in Italia quando ne aveva appena 16. Secondo quanto egli stesso ha
raccontato agli operatori della nota Ong, era partito con un amico dalla Romania per spirito
d'avventura, "avendo sentito che in Italia c’erano tante opportunità e avendo visto i ragazzi
rumeni che vivono in Italia tornare nella loro città con vestiti di marca. Sono partiti con un pulmino
e sono arrivati a Roma. T. si è arrangiato per qualche settimana, cercando lavoro senza successo,
poi ha incontrato un uomo rumeno sui 35 anni che aveva organizzato un gruppo di ragazzi per fare
furti nei negozi. T. ha fatto parte del gruppo per un anno e mezzo, finendo in carcere tre volte. La
terza volta ci è rimasto 6 mesi perché il capo del gruppo non ha mandato il solito avvocato a
difenderlo. In carcere, un educatore ha convinto T. a iniziare un programma con un’associazione e
così è andato in affidamento in prova, riuscendo a trovare altre prospettive di vita" 33. Ciò significa,
tra parentesi, che non ci si trova quasi mai, a differenza di quanto si pensa normalmente, di fronte
ai minori più poveri e disperati, ma a ragazzi spesso provenienti, sì, da contesti difficili, ma
comunque da famiglie relativamente ben strutturate, e che quindi hanno maggiore possibilità di
viaggiare34. Utilizzando le parole di un minore rumeno di Torino, “Sono voluto partire non per
migliorare le condizioni della famiglia ma per farmi un futuro, perché in Romania se vai a lavorare
guadagni 100 euro al mese” 35. Il fatto però che si vengano poi a trovare in un Paese del tutto
sconosciuto e completamente soli li rende decisamente vulnerabili e, quindi, facili prede delle
organizzazioni criminali, che sfruttano il loro desiderio di indipendenza e di uno standard di vita
più elevato, dando loro tutto ciò che un ragazzo può desiderare (soldi, vestiti di marca, feste,
protezione) in cambio della loro lealtà. Va sottolineato inoltre che, viste le condizioni di povertà e
marginalizzazione sociale di partenza, i minori risultino maggiormente attratti dall’idea di
guadagnare qualcosa e che, pur di veder realizzato questo loro sogno, siano disposti a credere a
qualsiasi storia venga loro raccontata; ma anche qualora siano consapevoli che non verranno
32
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.219
33
Save the Children, Dossier 2010 pag.3
34
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.220
35
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.220
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impiegati in un vero e proprio lavoro, spesso non sono comunque consapevoli del livello di
sfruttamento e violenza a cui saranno sottoposti36.
Una considerazione a parte la meritano i minori rom. Spesso le loro situazioni familiari sono molto
più complesse e problematiche, con casi di alcolismo o di abbandono da parte di uno dei due
genitori, di povertà e di disoccupazione, di violenza e di soprusi, generalmente causati dalla
pesante discriminazione che i rom sono in molti casi costretti a sopportare in patria. Ciò spinge le
famiglie ad emigrare in blocco o, nei casi più estremi, a vendere o affittare i figli, condannadoli così
ad abusi e sfruttamento fuori dal Paese d'origine 37. La connivenza delle famiglie d’origine dei
minori con i loro sfruttatori è, forse, l’aspetto più inquietante del fenomeno. Mentre, infatti, nel
caso della vendita i familiari in certi casi sono del tutto ignari del futuro a cui i loro figli stanno
andando incontro, nel caso dell’ “affitto” la loro consapevolezza appare del tutto evidente. L’
“affitto” del minore, infatti, sembra essere rigidamente regolamentato: i ragazzi saranno costretti
a rubare e solo nel caso in cui ottemperino adeguatamente al loro obbligo le famiglie si vedranno
corrispondere le cifre pattuite. Usando le parole di un minore rom rumeno di undici anni che vive
a Roma, “In generale o avviene la vendita del minore, con una somma che si aggira tra i 1.000 e i
3.000 euro, o l’affitto. L’affitto consiste in una percentuale che viene mensilmente data alla
famiglia in base al ricavato del ragazzo. Solitamente l’affitto è la formula preferita perché consente
di vincolare maggiormente il minore” 38. La pressione psicologica a cui questi ragazzi sono
sottoposti a causa di questi contratti viene sottolineata dalle parole di un operatore sociale di
Roma, che afferma: “La famiglia prende dei soldi dalle organizzazioni criminali per cedere il figlio. È
una specie di affitto che lega ancora di più il ragazzo perché gli sfruttatori fanno leva su questo.
Nel momento in cui il ragazzo sparisce, una delle prime cose che fanno è contattare la famiglia
dicendo: ‘se ti contatta fallo tornare urgentemente, altrimenti, non ti mandiamo più soldi’” 39 .
36
E. Gianni, La tratta dei minori, Cepic, pag. 3
37
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.221
38
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.225
39
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.225
14
3.3 Modalità di arrivo
Uno dei modi in cui i minori giungono in Italia è, come abbiamo appena visto, la vendita o
l’“affitto”. Ma esistono altre due modalità, di cui sarebbe bene parlare.
A differenza dei minori rumeni rom, infatti, spesso i minori provenienti dal Nord Africa
raggiungono l’Italia da soli ma comunque su “mandato familiare”. Ciò significa che non solo sono
le famiglie stesse a spingere il ragazzo a partire, ma che in molti casi i minori che arrivano
seguendo questa modalità si potranno avvalere, una volta giunti a destinazione, del supporto di
familiari già residenti in Italia. Questo però non costituisce necessariamente una garanzia per il
minore contro lo sfruttamento. Si sono verificati casi, infatti, in cui erano gli stessi familiari del
minore a sottoporlo a violenze e abusi di ogni tipo. È questo il caso di un ragazzo rumeno di 13
anni che vive a Torino, che, come ricorda un operatore sociale, “è stato mandato qui dalla
Romania (…) lui ha un problema alla mano sinistra, è focomelico e questo serve. Se hai dei
problemi fisici, li esibisci in strada e la gente ti dà i soldi. Quindi, lui è stato portato qui dal cugino
in accordo con la famiglia proprio per andare in strada a elemosinare e a fare dei soldi (…) lui
aveva in mente di pagarsi un’operazione per ricostruirsi la mano e, probabilmente, anche la
famiglia aveva la stessa intenzione e, forse, su questo hanno giocato molto i parenti che lo hanno
portato qui… in realtà, poi, le cose sono andate in modo diverso”40.
Tipica, di nuovo, delle famiglie rom sembra essere la migrazione di tutto il nucleo familiare, o
almeno di una parte di esso. Questa sembra la modalità di migrazione che presenta le migliori
garanzie contro la possibilità di sfruttamento per i minori che la vivono, nonostante si verifichino
anche in questa occasione casi di accattonaggio, attività illegali e vendita. Più precaria appare la
situazione di chi emigra in compagnia solo della madre. In tale eventualità, infatti, le possibilità di
sfruttamento e di violenza sono decisamente maggiori, come dimostra il caso di una minore rom
rumena di Roma). Lei e la madre “sono state portate da un rumeno che conosceva la madre (…) la
madre apparentemente lavorava presso una famiglia, messa lì da un uomo italiano con cui erano
venute in contatto. La ragazzina veniva sfruttata sessualmente dall’uomo e, allo stesso tempo,
costretta ad andare ai semafori” 41.
40
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.226
41
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.228
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Il tipo di viaggio e le modalità con cui esso viene organizzato possono essere molteplici e
dipendono da diverse variabili. Ad esempio, il luogo di partenza rappresenta una variabile di un
certo peso, dal momento che, ovviamente, le difficoltà di ingresso in Italia sono molto diverse a
seconda che si parta dal Marocco o dalla Romania. Inoltre, anche le condizioni personali e/o
familiari giocano un ruolo decisamente importante, determinando, come già visto, ad esempio
una partenza autonoma o su mandato familiare. Infine, anche l’eventuale conoscenza del percorso
migratorio che si è in procinto di intraprendere e della destinazione che si vuole raggiungere fanno
facilmente la differenza tra una migrazione relativamente sicura e una a rischio di violenze e
soprusi42. Si può cercare di dare un’idea dei percorsi migratori che i minori possono intraprendere
facendo riferimento ai loro Paesi d’origine. Per quanto riguarda i minori marocchini, ad esempio,
bisogna distinguere tra quelli che partono su mandato familiare e quelli che, invece, lo fanno per
iniziativa personale. I primi, infatti, sono molto più tutelati in quanto il percorso migratorio è
piuttosto ben strutturato e, addirittura, si verificano casi in cui il minore viene accompagnato da
un genitore. I secondi, invece, non potendo contare su tale supporto, sono naturalmente molto
più esposti a violenze e soprusi, che si vanno ad aggiungere ai pericoli insiti in un viaggio che non è
stato precedentemente pianificato. I percorsi maggiormente utilizzati sono, ovviamente, quelli
che, via mare o via terra, permettono di raggiungere la Spagna e di raggiungere, in un secondo
momento, il territorio italiano. Le modalità di viaggio sono prevalentemente due: il passaggio
attraverso lo Stretto di Gibilterra e poi dalla Spagna all’Italia, via terra, in macchina o in camion, e
lo sbarco, via mare, sulle coste italiane. La seconda modalità sembra essere meno frequente, visti
anche i rischi più gravi che il minore sarebbe costretto a fronteggiare. Per quanto riguarda, invece,
i minori provenienti dalla Romania, la situazione è naturalmente molto diversa. L’assenza di
particolari controlli rende inutile prendere particolari precauzione per far entrare i minori in
territorio italiano. Il viaggio viene compiuto prevalentemente con macchine o pulmini privati, dal
momento che su un pullman di linea aumenterebbero i rischi di qualche controllo più
approfondito. Solitamente i minori che viaggiano da soli vengono affidati all’autista del mezzo o
comunque ad un adulto che viaggia con loro attraverso una procura regolarmente stilata da un
notaio, naturalmente dietro compenso. A differenza dei minori marocchini, i ragazzi che
provengono dalla Romania presentano nella maggior parte dei casi documenti regolari, che però
verranno subito confiscati loro dai loro sfruttatori una volta raggiunta l’Italia. Va sottolineato, tra
42
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.229
16
parentesi, che, mentre non vengono registrati casi particolari di abuso e violenza sui minori
maschi, almeno in questa fase, le ragazze risultano essere molto più vulnerabili e soggette a
rimanere vittime di violenza sessuale, in particolare quelle provenienti dal Marocco che si
imbarcano per l’Italia dalla Libia 43.
3.4 In Italia
Una volta arrivati a destinazione, le differenze causate dal Paese d’origine sembrano scomparire,
mentre rimangono quelle derivate dalla presenza o meno di familiari nel luogo di arrivo. Le
condizioni in cui si vengono a trovare i minori non accompagnati, infatti, siano essi rumeni o
dell’Africa del Nord, sono sostanzialmente le stesse. Vivono in gruppo in sistemazioni fatiscenti,
precarie e fortemente degradate. Così descrive il suo arrivo in Italia un minore rumeno residente a
Torino: “Quando sono arrivato qua, il treno mi ha lasciato a Porta Nuova e alle cinque dovevano
arrivare i parenti di questo qua (…). Abbiamo preso il pullman e siamo arrivati alla stazione Dora,
dove c’è una vecchia fabbrica. Quando sono sceso, sono passato sotto il ponte della ferrovia e
ho visto tutti i campi, il macello che c’era lì,ho pensato ‘ma dove sono arrivato?’ C’era una fabbrica
grossa piena di zingari che dormivano lì. Poi sono salito e ho visto il posto che faceva veramente
paura,spaventoso, con la puzza che c’era. Quando sono arrivato in camera, ho visto la doccia e mi
sono riposato un po’. C’era una puzza terribile perché dormivano tutti insieme, i nipoti, i bambini
piccoli, erano in cinque bambini più una ragazza. Quando ho sentito la puzza, visto i bambini –
qualcuno era sporco, qualcuno era ferito –, mi sono detto ‘ma chi mi ha fatto fare a venire qua?’
Mi aspettavo di trovare delle buone condizioni in una casa abbandonata, perché in Romania se
ne parlava bene. Pensavo ‘poi arrivo lì, faccio la doccia, guardo la tivù’, ma lì non
c’era
proprio
niente. Solo i materassi, i bidoni dove facevano il fuoco” 44. Naturalmente, i minori che invece
viaggiano con la famiglia vivono situazioni molto diverse. Nonostante, infatti, la precarietà della
loro condizione, la presenza dell’appoggio familiare permette di trovare delle sistemazioni molto
più adeguate.
43
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illegali e nella prostituzione. Pag.230
44
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.236
17
Visto il degrado a cui molti di questi minori vanno incontro una volta arrivati in Italia, non stupisce
che tanti di loro comincino a manifestare il loro disagio fumando o facendo uso di sostanze
psicoattive.
Le precarie condizioni di vita che i ragazzi si trovano ad affrontare sono uno dei possibili fattori che
li possono spingere ad entrare in circuiti illegali o a mendicare per le strade. In questo caso, tali
attività non sarebbero altro che un tentativo estremo di sopravvivere riconducibile al desiderio di
una vita nuova ed eccitante che il minore aveva al momento della partenza per l’Italia.
Spesso, poi, soprattutto nell’ambito dello spaccio di sostanze stupefacenti e dei piccoli furti, un
ruolo molto importante lo gioca il passaparola, la consapevolezza che esistano dei modi semplici e
rapidi per guadagnare in poco tempo molti soldi.
Ma sempre più di frequente i minori vengono indotti ad intraprendere tali attività attraverso la
violenza o, molto più sottilmente, facendo leva sul loro senso del dovere e sulla persuasione.
L’idea, ad esempio, che devono contribuire con i loro guadagni al sostentamento della famiglia è
molto efficace. Come afferma un magistrato di Torino, “nonostante tutte le violenze subite,
l’oppressione del padre che non fa nulla, che sta tutto il giorno al bar e comanda questi bambini
come fossero burattini, li minaccia se non guadagnano, eccetera, nonostante tutto ciò, questi
bambini hanno già introiettato, ben costruita dentro la loro testa, l’idea che devono lavorare per
aiutare la famiglia e che questa è per loro e la loro famiglia un’occasione di riscatto, una chance” 45.
La sostanza non cambia nel caso in cui i minori non vengano costretti dai familiari ma da veri e
propri sfruttatori. Questi ultimi, infatti, non si fanno scrupoli a far leva sul senso di colpa dei
ragazzi ricordando loro che se non rubano o non mendicano non permettono alle loro famiglie di
migliorare le loro condizioni. Maggiore sembra essere la violenza perpetrata sui minori rumeni,
soprattutto rom, sia che si tratti di compiere attività illegali sia che si tratti di chiedere l’elemosina.
A tutto questo si aggiunge, di solito, una generale assenza di consapevolezza da parte dei ragazzi
dello sfruttamento a cui sono sottoposti, proprio perché tale sfruttamento si basa, nella maggior
parte dei casi, sulla pressione psicologica ancor prima che sulla costrizione fisica 46.
45
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.239
46
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.240
18
3.5 Le condizioni di lavoro
Ho già presentato, precedentemente, le condizioni in cui spesso i minori si trovano a mendicare
per le strade, dunque mi limiterò a fare solo una precisazione. Nonostante i soprusi a cui questi
ragazzi possono andare incontro, l’accattonaggio sembra, a confronto con lo sfuttamento in
attività illegali, l’attività che presenta meno rischi di subire violenze. Esistono addirittura luoghi,
come la provincia di Firenze, in cui l’accattonaggio viene riconosciuto come attività di
sostentamento da parte dei Comuni, dal momento, anche, che i ragazzi che lo praticano di solito lo
fanno di domenica, mentre il resto della settimana vanno regolarmente a scuola. Ciò non significa,
naturalmente, che i casi di vero e proprio sfruttamento non si verifichino, come già sottolineato e
come ribadisce la storia di un minore rumeno focomelico di Torino, raccontata da un operatore:
“Nel momento in cui è arrivato in Italia, da subito, si è reso conto che non sarebbe venuto a stare
così bene perché era costantemente controllato sia di giorno che di notte. Al mattino veniva
accompagnato all’incrocio, oppure, davanti alla stazione o davanti al supermercato, nei posti dove
c’era gente. Durante la giornata c’era sempre qualcuno che passava e lo controllava. Gli sono stati
tolti i documenti non appena è arrivato qui, (…) non aveva la possibilità di telefonare a nessuno,
non poteva comunicare con nessuno né tanto meno con la famiglia. Alla sera,ovviamente, i soldi
gli venivano tolti e a lui non restava assolutamente nulla. Gli davano da mangiare e da dormire e
gli si diceva che la sua famiglia riceveva la metà dei suoi guadagni. È andato avanti così undici mesi
circa. (…) Le sue condizioni di vita e di lavoro peggioravano in continuazione. Veniva
picchiato.Guadagnava in media 100 euro al giorno, ma c’erano giornate in cui guadagnava di
meno, vuoi perché non ne aveva voglia, vuoi perché c’era meno passaggio… di meno poteva
essere 80, 70, 60 euro che, comunque, consegnava completamente.Ha cominciato a dirsi ‘ma non
è giusto, mi massacrano di botte e io gli do tutto’.Gli pesava di essere controllato continuamente,
di non poter chiamare casa, di non avere dei documenti, di non avere nulla in mano e di non
potere fare nulla, di spostarsi continuamente da un campo all’altro e da un posto all’altro” 47.
Molte volte l’accattonaggio non è che il primo passo, per i ragazzi rom, verso altre e molto più
pericolose attività. Non è inconsueto, infatti, che questi minori inizino presto a dedicarsi ad
occupazioni illecite, come furti e scippi per la strada, per integrare il loro guadagno giornaliero e
permettersi, quindi, di pagarsi vitto e alloggio. Mentre, però, come appena esposto, l’attività di
47
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.243
19
accattonaggio di tipo classico generalmente non comporta l’uso della violenza o lo sfruttamento
da parte degli adulti coinvolti, non si può certo dire lo stesso per quest’altro tipo di attività. I
ragazzi, infatti, sono costretti a guadagnare una cifra fissa ogni giorno, da consegnare poi allo
sfruttatore alla fine della giornata. Ciò significa che i minori sono costretti, quando non riescono
subito a rubare la cifra richiesta, a restare in giro per le città anche fino a notte inoltrata, dal
momento che non oserebbero mai tornare indietro a mani vuote. Il livello di violenza a cui i ragazzi
vengono sottoposti è decisamente alto. Botte, fratture, bruciature di sigaretta sono quello che
deve aspettarsi chi non raggiunge gli obiettivi fissati dagli sfruttatori. Il più delle volte, poi, non è
nemmeno necessario che gli adulti passino alle vie di fatto; spesso basta semplicemente il
racconto di quello che altri hanno dovuto subire per i mancati guadagni. Siamo dunque in
presenza di una forte pressione psicologica che fa sì che i ragazzi si sentano obbligati a guadagnare
senza che nemmeno possano immaginare di potersi rifiutare. Così ha parlato un minore rumeno a
Venezia: “(…) Dovevo consegnare sempre tutto a lui ogni sera, ovviamente, mi tenevo una parte
per spenderli durante la giornata, per mangiare (…) il ragazzo maggiorenne mi aveva insegnato
cosa dovevo fare e cosa dovevo dire alla polizia quando mi fermava: il nome falso, l’età più bassa
possibile,da non aumentare o diminuire perché poi se ne accorgevano (…) il lavoro è
capitato parecchie volte che non avevo voglia di farlo, però, dovevo farlo lo stesso, per forza,
altrimenti sarebbero stati problemi. Per fortuna non ho mai saputo cosa mi sarebbe potuto
capitare… e non volevo neanche saperlo. La persona per cui lavoravo, a volte, mi metteva paura
perché mi diceva cosa facevano gli altri ai ragazzi che non volevano lavorare… li picchiavano. Ho
sentito storie di ragazzi che gli spaccavano le braccia, che li buttavano addosso al muro, che gli
spegnevano le sigarette addosso… tutte cose orribili” 48.
Ancora diverso è il caso dei minori, soprattutto provenienti dall’Africa del Nord, coinvolti nello
spaccio di stupefacenti. La violenza perpetrata su di loro, infatti, non è quasi mai di tipo fisico, ma
quasi sempre si configura come la necessità, presentata dagli sfruttatori, di ripagare il debito
contratto dalle famiglie dei ragazzi e di guadagnarsi il diritto al posto letto e al pasto giornaliero. In
questo modo diventa ancora più difficile per i minori riuscire a percepire sé stessi come vittime di
sfruttamento, dal momento che nella maggior parte dei casi chi li sfrutta è un familiare e che la
loro cultura d’origine li ha abituati a portare rispetto e ad obbedire ai membri più anziani della
famiglia. Per usare le parole di un operatore sociale di Torino, “devi raggiungere la cifra per pagarti
48
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.247
20
le cose – il posto letto, il cibo –, devonorimborsare il debito a casa. Ma non è come per i rom che
devono arrivare a 200euro altrimenti sono mazzate. Devi pagare il debito e quindi sei spinto
aguadagnare per questo motivo. Devi restituire di partenza 3.000-4.000 euro”49.
49
V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti nell’accattonaggio, nelle economie
illegali e nella prostituzione. Pag.249
21
CAP. 4
LE AZIONI DI SAVE THE CHILDREN
Consapevole della necessità di porre in essere delle strategie di contrasto al fenomeno dello
sfruttamento dei minori stranieri, la nota Ong ha operato negli anni attraverso diversi progetti sul
territorio. Ho ritenuto interessante e doveroso riportare almeno i principali, presentati nei vari
Dossier che Save the Children ha provveduto a pubblicare dal 2008 ad oggi.
Il primo tra questi è il progetto AGIRE, che vedeva impegnate insieme Austria, Grecia, Italia e
Romania. Questo progetto, attivo dal 2008 al 2010, si è occupato prevalentemente di creare le
procedure necessarie all’identificazione, assistenza e protezione delle vittime di tratta, nonché del
coordinamento di tutti gli operatori del settore attivi in Italia. Tutto ciò è stato fatto attraverso la
realizzazione di ricerche, l’organizzazione di moduli formativi e di corsi di formazione per gli
operatori del settore e l’implementazione di buone prassi in ambito di identificazione e protezione
delle vittime di tratta. Tra i principali risultati vanno ricordati i due Manuali prodotti nel 2010 per i
partecipanti alle formazioni e per gli operatori e la creazione delle Procedure Operative Standard.
Sulla stessa linea si colloca il progetto Praesidium, attivo dal 2008 in Sicilia, Puglia e Calabria e
volto a consolidare le buone prassi e i modelli di intervento sostenibili. In più il progetto
Preasidium si occupa di fornire informazione, consulenza legale e mediazione culturale ai minori
migranti che richiedano una protezione internazionale. Infine, Preasidium svolge anche un’attività
di monitoraggio delle condizioni di accoglienza nei Centri e nelle comunità per minori e sul
processo di regolazizzazione individuale.
In materia di giustizia penale minorile, va ricordato il progetto JUST, attivo dal 2008 al 2011 e
trasformato in seguito nel progetto JUST a GAME. Il progetto JUST era volto a garantire supporto
ai minori stranieri non accompagnati, prevenire la recidiva e promuovere il loro re-inserimento, in
collaborazione con i principali soggetti impegnati nel settore in Italia, Romania e Grecia. Il progetto
JUST a GAME, invece, è attivo nei comuni di Bari, Roma e Torino ed è volto a testare un gioco che
ha un obiettivo di prevenzione, anche nel caso di sfruttamento, e che si rivolge tanto a minori
stranieri, quanto a minori italiani.
Vista il sempre maggior impatto delle nuove tecnologie sulle modalità di adescamento e di
controllo che gli sfruttatori dei minori possono esercitare, Save the Children ha provveduto a porre
in essere il progetto INTERACT, volto a informare e sostenere i minori in comunità in Italia,
Romania e Bulgaria, e in particolare i minori stranieri non accompagnati, sull’uso sicuro delle
22
nuove tecnologie attraverso attività partecipative e la formazione/sensibilizzazione degli adulti di
riferimento. Dal momento che spesso per i motivi più vari, tra cui la difficoltà di accesso
all’istruzione e le lacune linguistiche, i minori stranieri non accompagnati non possiedono tutte le
informazioni necessarie a proteggersi dai tentativi di sfruttamento, il progetto INTERACT si pone
l’obiettivo di migliorare lo standard di protezione di questi ragazzi.
Infine, ritengo particolarmente significativo il progetto CivicoZero, a cui i ragazzi migranti che si
trovano in situazioni di marginalità sociale, i minori entrati nel circuito della Giustizia Minorile e i
minori a rischio di sfruttamento e abuso possono rivolgersi per ricevere supporto, orientamento e
protezione. A tal fine, il progetto agisce su strada, nei contesti di aggregazione, nei servizi della
Giustizia Minorile e in alcuni snodi territoriali, analizzando i fenomeni e intervenendo per integrare
il lavoro delle agenzie istituzionali preposte alla protezione dei minori più fragili 50.
Per concludere, va ricordato che Save the Children rivolge ogni anno delle raccomandazioni, sia
italiane che europee, segnalando quali sono, secondo l’Ong, le priorità da affrontare e le modalità
migliori per farlo.
50
Save the Children, CivicoZero
23
CONCLUSIONI
Non è semplice cercare di trarre delle conclusioni in merito ad un fenomeno mutevole e sfuggente
come quello dello sfruttamento dei minori stranieri, accompagnati o meno, nell’accattonaggio o
nei circuiti illegali. Le cause che determinano la vulnerabilità dei ragazzi che ne rimangono vittime,
così come le modalità in cui tale sfruttamento viene perpetrato, sono talmente soggettive che si
sarebbe tentati quasi di considerare ogni caso come particolare e a sé stante. Ma una seppur
minima generalizzazione mi sembra quanto meno auspicabile per comprendere il fenomeno.
Al di là delle particolarità, derivate dagli aspetti più soggettivi delle singole vicende, infatti, è
possibile estrapolare delle caratteristiche comuni alla maggior parte delle storie riportate dai
ragazzi.
Innanzitutto le aree di provenienza sono abbastanza delineate, dal momento che si limitano
all’Europa dell’Est e all’Africa del Nord (e in alcuni casi all’Africa sub-sahariana).
Inoltre va ricordato che la quasi totalità dei minori vittime di questo tipo di sfruttamento
provengono da famiglie piuttosto ben strutturate, che intendono investire sul futuro dei figli e per
questo motivo decidono di indebitarsi per permettere loro di raggiungere il suolo italiano.
I minori, poi, spesso si appoggiano a dei conoscenti o addirittura a dei familiari che li aiutano ad
arrivare a destinazione e che spesso li supportano nei primi tempi della loro nuova vita, salvo poi
spingerli, con vari tipi di pressione, verso le attività illegali o dell’accattonaggio.
A differenza degli altri tipi di sfruttamento, infine, in questo caso viene esercitata da parte degli
sfruttatori una violenza più psicologica che fisica. Mentre, ad esempio, per lo sfruttamento
sessuale sembra prevalere la prevaricazione fisica della vittima da parte di chi la sfrutta, nel caso
dell’accattonaggio e della commissione di atti illegali appare più efficace un approccio psicologico,
facondo leva sul desiderio di indipendenza dei minori e sul senso di appartenenza al gruppo di cui
si trovano a far parte.
Le strategie di contrasto al fenomeno possono essere le più disparate, ma l’elemento essenziale, a
mio avviso, dovrebbe essere il lavoro in rete delle entità, pubbliche e private, preposte alla tutela
dell’infanzia e alla prevenzione delle attività illegali. Solo così, infatti, si può sperare di penetrare
capillarmente il fenomeno e di contrastarlo nelle sue molteplici manifestazioni.
Tengo a sottolineare, in sede di conclusione, come questo lavoro non sia da intendersi
necessariamente come una disanima del lavoro minorile tout court. Esistono dei casi che
dimostrano come il lavoro minorile non sia per forza nocivo per la salute e lo sviluppo psicofisico
del minore. In merito a ciò, penso soprattutto ai numerosi movimenti di bambini lavoratori che, a
24
partire dall’America Latina per arrivare fino all’Africa e all’Asia, si pongono l’obiettivo di portare
nel mondo la voce dei bambini che lavorano per dimostrare che il lavoro può diventare una fonte
di divertimento e di crescita. Purchè sia sicuro, dignitoso e, soprattutto, volontario 51.
51
M. Ruffato, Il lavoro dei bambini, Nuovadimensione Editore, Portogruaro (Ve), 2006. Pag.10
25
BIBLIOGRAFIA

Save the Children, Dossier 2008

Save the Children, Dossier 2009

Save the Children, Dossier 2010

Save the Children, Dossier 2012

Save the Children, I piccoli schiavi invisibili

E. Gianni, La tratta dei minori

V. Ferraris, Dalla tratta al traffico, allo sfruttamento: i minori stranieri coinvolti
nell'accattonaggio, nelle economie illegali e nella prostituzione

Cesvi, rapporto Bambini sfruttati. Diritti negati, dicembre 2007

M. Ruffato, Il lavoro dei bambini, Nuovadimensione Editore, Portogruaro (Ve), 2006
26
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