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Le sanzioni penali ed amministrative

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Le sanzioni penali ed amministrative
Relazione al convegno “Il dottore commercialista in rapporto alla normativa
antiriciclaggio”: le sanzioni penali ed amministrative
Innanzitutto ringrazio l’Ordine dei Commercialisti di Milano che mi ha invitato. Mi
sia consentita una mia personale opinione che credo condivisa anche da molti
professionisti. Io ritengo che per quanto riguarda la vostra categoria di professionisti
indipendenti questa disciplina sia penalizzante in termini di costi e di oneri e presenti
profili di disparità non indifferenti rispetto ad altre categorie quale quella degli
avvocati. Per cui si arriva al paradosso che la stessa prestazione se fornita dal
commercialista deve essere oggetto di registrazione mentre da un altro soggetto per
esempio l’avvocato non lo è. Tutto questo si rileva confrontando l’allegato A del
provvedimento U.I.C. 24.2.2006, per non parlare delle società di consulenza
aziendale che non rientrano nei soggetti riportati dalla L. 25.1.2006 n. 29 che si
riferisce solo alle attività svolte sostanzialmente da commercialisti (art. 21) e da altre
incongruenze, tenuto conto che il D.lgs. n. 56/2004 non ha creato una disciplina ex
novo ma si è limitato ad estendere a voi commercialisti una serie di obblighi sulla
fattispecie del modello normativo concepito inizialmente per enti di grandi
dimensioni di tipo finanziario cioè le banche, cioè la legge 5 luglio 1991 n. 197
definita legge antiriciclaggio che costituisce la grundnorm, o norma fondamentale del
sistema senza tenere conto delle peculiarità specifiche della vostra professione.
Ma torniamo al mio tema. Il mio intervento si occuperà delle violazioni degli
obblighi formali e sostanziali di cui vi hanno già parlato i relatori che mi hanno
preceduto. Mi riferisco cioè a quel complesso di norme secondarie, per usare
un’espressione introdotta da Herbert Hart, che stabiliscono le sanzioni rispetto al
sistema di norme primarie che in un sistema giuridico rappresentano gli obblighi ed i
doveri. Il sistema sanzionatorio quale si ricava dalla legge 197/1991 e dal D.lgs n.
56/2004 si articola su due livelli, uno di tipo penale con una serie di illeciti di varia
gravità (delitti e contravvenzioni) ed uno di tipo amministrativo. Un sistema scelto
dal legislatore di cui l’esempio più importante è costituito dalle modifiche alla
cosiddetta legge Draghi, il sistema del doppio binario (sanzioni penali e sanzioni
amministrative). Data la mia esperienza professionale di avvocato penalista, in questo
mio intervento mi occuperò principalmente degli aspetti penali delle sanzioni ed in
via residuale di quelli rappresentati dalle sanzioni amministrative.
A questo punto ritengo opportuno premettere alcuni cenni di nozioni elementari del
diritto penale. Che cos’è un reato? secondo la definizione corrente di un manuale
importante di diritto penale, il Marinucci, che riprende la tesi di un maestro del diritto
penale cioè il Delitala, “un fatto costituisce reato solo quando la legge gli ricollega
una pena”. E’ cioè un criterio di natura formale che stabilisce un reato e che cosa è un
altri tipo di illecito. Il codice stabilisce le pene principali che sono di tipo
detentivo(reclusione ed arresto), cioè la privazione della libertà personale, e di tipo
pecuniario (multa o ammenda), art. 17 c.p. A sua volta il sistema penale ripartisce i
reati in due categorie o classi, delitti e contravvenzioni (art. 39 c.p.), in base alle pene
minacciate (reclusione o arresto) (multa o ammenda). Sono delitti quelli puniti con le
pene della reclusione e della multa, e contravvenzioni quelle punite con l’arresto o
l’ammenda, congiuntamente o disgiuntamente. Dalla distinzione fra delitti e
contravvenzioni derivano importanti conseguenze sull’elemento soggettivo e sulla
disciplina del tentativo. In base all’art. 42 c.p. “nelle contravvenzioni ciascuno
risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o
colposa”. I delitti invece di regola sono caratterizzati dal dolo. Altra importante
considerazione non è prevista per le contravvenzioni l’ipotesi del tentativo in quanto
di solito riguardano violazioni di carattere formale. Quindi le sanzioni pecuniarie
indicate come multa o ammenda sono diverse dalle sanzioni pecuniarie
amministrative previste dall’art. 12 della L. 24 novembre 1981 n. 689. Quindi
l’irrogazione di una pena pecuniaria, multa o ammenda, lascia una traccia sul
certificato penale, il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa invece no.
Ma veniamo subito al tema. Quali sono i reati previsti dalla normativa
antiriciclaggio? Badate bene queste norme sono dirette a rendere effettiva l’attività di
prevenzione e non devono essere confuse con le norme dirette a reprimere il
riciclaggio previsto dall’art. 648 bis c.p. e seguenti, di cui vi ha già parlato il Pubblico
Ministero.
Ma vediamo subito quale è il primo reato. Il primo reato è l’omessa istituzione
dell’archivio unico informatico o cartaceo (art. 5 comma 4 legge antiriciclaggio). E’
una contravvenzione che prevede una pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda da
5.164, 56 euro a 25.822,85 euro. Prima considerazione è la violazione dell’obbligo
formale previsto dall’art. 2 comma 1 della legge antiriciclaggio richiamato dal D.lgs
n. 56/2004. E’ un reato di natura formale ed essendo una contravvenzione allo stato è
indifferente se è commesso per negligenza, tipica manifestazione della colpa, o se è
intenzionale. Attenti però che se l’omessa tenuta dell’archivio unico si inquadra in un
atteggiamento sistematico diretto a favorire determinati soggetti potrebbe portare a
conseguenze ben più gravi, ancorchè non previste espressamente dalla legge, come
avviene per altre ipotesi della normativa antiriciclaggio, con la formula “salvo che il
fatto costituisca reato o più grave reato”. Però , e questa è la novità, proprio per il suo
carattere di illecito formale è destinato a scomparire in tempi piuttosto ravvicinati
come ipotesi di reato perchè l’art. 22 lett. T della legge 25 gennaio 2006 n. 29
prevede la depenalizzazione, cioè la violazione dell’obbligo si trasformerà in un
illecito amministrativo.
Ma veniamo alle altre violazioni connesse agli obblighi di registrazione ed
identificazione. Il comma 7 dell’art. 13 riportato nell’art. 2 comma 1 della legge
197/1991 prevede che i ritardi, la non conservazione dei dati o la incompleta
identificazione dei soggetti costituisce un delitto punito con multa da 2.582,28 euro a
12.911,42 euro. Prima considerazione è un delitto cioè deve essere qualificato da dolo
e non può essere estinto con l’istituto penalistico dell’oblazione previsto dall’art. 162
e 162 bis c.p. ammesso solo per le contravvenzioni punito solo con l’ammenda o
alternativamente arresto o ammenda.
Il delitto infine più grave è quello previsto dall’art. 13 comma 8 sempre riprodotto
nell’art. 2 comma 1 L. 197/1991, cioè se nell’operazione di trasferimento vengono
totalmente omesse le generalità del soggetto per il quale si esegue l’operazione o
vengono indicate false. E’ un delitto che prevede la reclusione da 6 mesi ad 1 anno e
la multa da 516,45 a 5.164,56 euro salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
Questo delitto concepito originariamente per gli intermediari abilitati, cioè
principalmente le banche, cioè soggetti deputati al trasferimento di denaro o valori si
può ora applicare anche ai professionisti pur con la peculiarità del loro ruolo e delle
loro prestazioni. La mia personale opinione è che questa ipotesi si possa applicare a
quelle prestazioni in cui il professionista agisce per conto del cliente in relazione
all’apertura di conti o per operazioni similari, mi riferisco all’allegato A2.
E’ evidente che in queste due fattispecie che ho appena esaminato il confine con
illeciti penali più gravi è labile, e le ipotesi più gravi nelle quali può essere coinvolto
il professionista che viola gli obblighi di identificazione e registrazione sono il
possibile concorso nel riciclaggio se viene dimostrata che le intestazioni fittizie o le
omissioni nell’identificazione e nella registrazione sono finalizzate ad agevolare o a
realizzare un’operazione di riciclaggio, attraverso una serie di comportamenti che
fuoriescono dalla mera omissione o intestazione fittizia.
Ultima considerazione, manca una norma speciale che tuteli l’integrità dell’albo.
Ritengo però che condotte intenzionali, cioè dolose, di distruzione occultamento o
danneggiamento possano costituire una ipotesi di favoreggiamento (art. 378 c.p.).
Veniamo ora all’altro reato che riguarda la violazione dell’obbligo di riservatezza in
ordine alla comunicazione a terzi della segnalazione di operazioni sospette (art. 5
comma 6 legge antiriciclaggio). “Salvo che il fatto costituisca reato la violazione del
divieto di cui all’art. 3 comma 8 è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno o con
l’ammenda da 5.164,56 euro a 51.645,68. Prima considerazione: è una
contravvenzione punita a pena alternativa quindi da avvocato penalista vi posso dire
che è applicabile l’istituto della oblazione speciale ex art. 162 bis c.p. che consente
l’estinzione del reato dietro il pagamento di una somma corrispondente alla metà del
massimo dall’ammenda stabilita per la contravvenzione oltre alle spese del
procedimento. Ma cosa significa salvo che il fatto costituisca reato? Salvo il lapsus
del legislatore perchè la contravvenzione è reato, in realtà voleva dire reato più grave
cioè delitto, qui a mio avviso rileva l’elemento soggettivo. Se la soffiata viene data
per dabbenaggine o per mancanza di elementari regole di prudenza da parte del
professionista sicuramente si rimane nell’ambito della contravvenzione, ma se la
soffiata è data intenzionalmente, quindi la comunicazione è intenzionale, può aprirsi
la strada al delitto di favoreggiamento, se è diretta cioè a favorire il soggetto
coinvolto nell’operazione segnalata nel caso di investigazioni di tipo penale.
Rimane ancora un altro reato che esaminerò alla fine, quello previsto dall’art. 10
legge antiriciclaggio con le modifiche introdotte dal D.lgs n. 56/2004 relativo alla
responsabilità dei sindaci.
Passiamo ora ad una ipotesi di illecito amministrativo, quella che riguarda la
violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette (art. 3 legge
antiriciclaggio, art. 5 comma 5 legge antiriciclaggio modificata dal D.lgs 56/2004 che
ha introdotto una soglia minima della sanzione). E’ una sanzione particolarmente
elevata cha va dal 5 al 50% dell’importo trasferito e non sono possibili forme di
pagamento ridotte come per altre violazioni ai sensi dell’art. 16 della legge del 1981.
L’aspetto però che interessa il penalista è che l’omessa segnalazione dell’operazione
sospetta può configurare un reato se è intenzionale, cioè nel senso che non solo
cosciente e volontaria, e le ipotesi a questo punto possono essere o il
favoreggiamento o addirittura il concorso nell’operazione se poi l’operazione si
appalesa di riciclaggio con tutte le gravi conseguenze del caso. In questo caso mi
riferisco alla violazione dell’obbligo di segnalazione, il legislatore sulla base di una
vecchia circolare del 5.2.1986 del Consiglio dei Ministri sui criteri orientativi per la
scelta dei delitti e contravvenzioni ha ritenuto in questo caso di non usare la sanzione
penale lasciandosi però aperta l’opzione per un trattamento penalistico più grave in
relazione alla fattispecie concreta, quindi attenti.
La normativa prevede ancora altri illeciti amministrativi in relazione ai rapporti di
comunicazione con l’Ufficio italiano cambi e con la tutela degli ordini di sospensione
delle operazioni. Sono sanzioni pecuniarie amministrative molto pesanti (art. 7
comma 4 e 5 D.lgs. 56/2004). Anche in questo caso la violazione dell’obbligo di
sospensione imposto dall’ufficio italiano cambi ai sensi dell’art. 3 comma 6
dell’operazione può dar luogo ad un’ipotesi di reato. Infatti l’art. 7 comma 5 usa
l’espressione “salvo che il fatto costituisca reato”. I reati ipotizzabili potrebbero
essere o il concorso nell’operazione di riciclaggio o il favoreggiamento reale.
Ma torniamo a quello che secondo me è la novità saliente introdotta dal D.lgs
56/2004 in materia di controllo della circolazione del contante e dei titoli al portatore
(art. 1 della L. 197/1991). Inizialmente concepita per le banche e successivamente
esteso ad altri soggetti e con il D.lgs anche ai professionisti. Ma qual’è la novità
importante? La novità importante dell’art. 7 è che se il professionista nell’ambito dei
suoi compiti e nei limiti delle sue attribuzioni ha notizia deve comunicarlo alle
autorità che poi irrogherà le sanzioni connesse alle violazioni previste dall’art. 1. Il
professionista dunque viene sanzionato in via amministrativa se contravviene
all’obbligo di comunicazione, sanzione pecuniaria pesante, dal 3 al 30% dell’importo
trasferito, per la quale contrariamente ad altre ipotesi relative alle infrazioni sulla
movimentazione del contante non è previsto “alcuno sconto” (art. 16), quindi se
accerta una violazione nell’ambito delle sue mansioni, tipo tenuta della contabilità,
deve comunicarlo. Prima considerazione è applicabile anche all’art. 7 comma 1 e 2
del D.lgs 56/2004 l’esenzione prevista dall’art. 2 comma 3 che se le informazioni
sono ricevute dal professionista nell’ambito di un procedimento a fini difensivi o di
rappresentanza queste non possono essere usate per ovvie ragioni contro il cliente che
si affida al professionista e dunque il professionista è esonerato dall’obbligo di
comunicarle alle autorità in base ad un bilanciamento di interessi fra cui uno di valore
costituzionale (art. 24) la regola vale principalmente per gli avvocati ma vale anche
per i commercialisti nel caso per esempio di un procedimento tributario anche in fase
di consulenza instaurato o che si deve instaurare e dove il professionista esamina la
contabilità nera del cliente che contiene movimentazione in contante fuori dalle
regole. In questo caso a mio avviso il professionista non è tenuto a comunicare ed
anzi se lo comunicasse potrebbe andare incontro a conseguenze sul piano
deontologico da parte del cliente , ovviamente tutto questo nell’ambito e nell’ottica di
un procedimento, quindi non a mio avviso nell’attività ordinaria di operazioni
soggette a registrazione.
Tralascio volutamente gli illeciti collegati alla movimentazione in contante perchè
l’ora è tarda e l’ultimo tema è molto delicato, è quello che riguarda i sindaci. Punto di
partenza art. 10 della legge antiriciclaggio nella formulazione prevista dal D.lgs
56/2004. Inizialmente questa norma era stata concepita per le banche, ora è estesa a
tutti i soggetti previsti dalla normativa antiriciclaggio. Art. 10 “ferme le disposizioni
del codcie civile e delle leggi speciali, i sindaci degli intermediari (di cui all’art. 4
abrogato) vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto.
Gli accertamenti e le contestazioni del collegio sindacale concernenti violazione
delle norme di cui al Capo 1 del presente decreto sono trasmessi in copia entro
dieci giorni al Ministro del tesoro. L’omessa trasmissione è punta con la
reclusione fino ad un anno e con la multa da 103,29 euro a 1.032,91 euro”. Il capo
1 richiamato riguarda l’uso del contante, l’identificazione e la registrazione dei
soggetti delle operazioni, l’obbligo di segnalazioni di operazioni sospette e le
sanzioni. La norma è apparentemente chiara ma solo apparentemente ed ha già creato
un po’ di discordanza di opinioni anche perchè a complicare le cose in termini di
chiarezza è intervenuto il provvedimento U.I.C. del 24 febbraio 2006, quello sulle
istruzioni applicative che non brilla certo per chiarezza. Che cosa dice il
provvedimento U.I.C. “le attività svolte dai professionisti nella qualità di organi
di gestione, amministrazione, controllo e liquidazione di società, enti, trust o
altre strutture analoghe sono, tuttavia, escluse dall’ambito di applicazione delle
disposizioni antiriciclaggio. Rimane, comunque, impregiudicato per i
componenti dei collegi sindacali dei soggetti indicati nell’art. 2 del decreto il
rispetto degli obblighi di cui all’art. 10 della legge antiriciclaggio, ovvero di
vigilare sull’osservanza delle norme antiriciclaggi e di trasmettere in copia al
Ministero dell’economia e delle Finanze gli accertamenti e le contestazioni del
collegio sindacale concernenti violazione delle norme di cui al capo 1 della stessa
legge antiriciclaggio”. Prima considerazione la norma dell’art. 10 legge
antiriciclaggio interessa voi come professionisti in quanto spesso nell’ambito della
vostra attività professionale svolgete la funzione di sindaci. E’ un illecito grave dal
punto di vista penale perchè è un delitto e consiste nella violazione dell’obbligo di
comunicazione degli accertamenti e contestazioni concernenti le violazioni della
norma antiriciclaggio. Il sindaco viene responsabilizzato con la sanzione penale
perchè comunichi gli accertamenti e le contestazioni. Ma questo obbligo è esteso a
tutti i sindaci delle società o solo a quelli degli intermediari? Sicuramente i sindaci
degli intermediari hanno a mio avviso gli obblighi più ampi in materia di riciclaggio.
Su questo non c’è dubbio anche se non hanno il controllo contabile devono
comunque vigilare sull’osservanza della legge antiriciclaggio in quanto sindaci degli
intermediari e possono anche rispondere penalmente ex art. 40 c.p. nell’ipotesi di
mancata tenuta dell’albo, reato previsto dall’art. 5 comma 4 legge antiriciclaggio da
parte degli intermediari di cui sono sindaci. E gli altri, cioè i sindaci dei soggetti che
non rientrano negli intermediari? Qui è in gioco la sanzione penale. Io personalmente
ritengo, come la maggior parte dei primi commentatori ed anche sulla base della
legge comunitaria 2006, che i sindaci soprattutto nelle società chiuse e quelle che non
hanno il bilancio consolidato, a mente del codice civile, che svolgono anche la
funzione del controllo contabile e devono dunque essere iscritti nell’albo dei revisori,
siano tenuti agli obblighi della normativa antiriciclaggio (artt. 2409 bis e 2403 c.c.) in
quanto rientranti nelle categorie dei soggetti previsti dall’art. 2 lett. S. Per questi
anche se non sono sindaci degli intermediari sono tenuti a vigilare perchè le società
rispettino la normativa antiriciclaggio. Questa è la tesi anche di Ferraioli. Rimane a
mio avviso per tutti i sindaci comunque l’obbligo previsto dall’art. 7 della
comunicazione delle infrazioni sulla movimentazione in contante qualora nell’ambito
dei loro compiti istituzionali hanno comunque notizia di tali illeciti. Ritengo
comunque per concludere senza ulteriormente dilungarmi su questo tema
estremamente complesso e delicato peraltro non ancora affrontato dalla dottrina
penalistica, e che meriterebbe non solo pochi cenni ma un’intera sessione di lavoro,
data l’importanza della funzione dei sindaci, la necessità di qualche chiarimento sia
da parte delle autorità amministrative ma soprattutto da parte del legislatore che con
l’art. 22 della legge comunitaria del 2006 dovrebbe da tenore dell’articolo dare una
sistemazione a questo importante tema dove si prevede di riformulare al sanzione
penale di cui all’art. 10 e di estenderla anche ad altri soggetti incaricati del controllo
(lett. Q ed S art. 22 legge 25 gennaio 2006 n. 29).
Io ritengo di aver concluso, vorrei fare solo due cenni che si collegano al tema della
sanzione. Il comma 13 dell’art. 5 concepito inizialmente per gli agenti di cambio che
erano considerato intermediari dalla legge 197/1991 ed ora scomparsi si applica
anche ai professionisti? Mi spiego bene. Questa disposizione prevede l’obbligo della
comunicazione agli ordini professionali dei provvedimenti con i quali sono state
irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie. Una norma di questo tipo nel decreto
legislativo n. 56/2004 non c’è. E’ applicabile per via analogica la trasmissione dei
provvedimenti sanzionatori delle autorità agli ordini professionali o non è
ammissibile? questo per i riflessi pratici sulla professione è un capitolo importante,
anche perchè l’unico riferimento che il D.lgs fatto ai collegi professionali nell’art. 5
riguarda una ipotesi di scarsa rilevanza pratica in cui siano gli organi professionali a
comunicare all’U.I.C. le omissioni delle segnalazioni delle operazioni sospette, ma su
questo tema altri relatori potranno un attimo rispondere.
Vi ringrazio dell’attenzione.
Milano, 24.5.2006
Avv. Enzo Barbetta
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