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L`accordo quadro firmato con il Politecnico di Torino

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L`accordo quadro firmato con il Politecnico di Torino
Leganti
Il Progetto POLIPNEUS
Asfalti & Bitumi
SCIENZA E TECNOLOGIA DEI LEGANTI E CONGLOMERATI BITUMINOSI CONTENENTI POLVERINO DA PFU.
IL RIUTILIZZO DI PNEUMATICI FUORI USO (PFU) NELLE PAVIMENTAZIONI RAPPRESENTA
UNA DELLE OPPORTUNITÀ DI RECUPERO DI MAGGIORE INTERESSE PER GLI OPERATORI
DEL SETTORE STRADALE E PER I GESTORI DI RIFIUTI
Ezio Santagata*
Maria Chiara Zanetti**
Giovanni Corbetta***
Daniele Fornai****
Sulla base di quanto rilevato nel corso
degli studi e delle applicazioni su scala
reale realizzate negli Stati Uniti e in vari
Paesi europei, entrambe le tecnologie offrono valide soluzioni per potere realizzare sovrastrutture stradali con elevate
prestazioni in esercizio. Ciononostante,
la loro diffusione in Italia, ove storicamente le imprese ed aziende del settore
stradale hanno dimostrato di saper promuovere l’introduzione sul mercato di tecnologie innovative, è stata alquanto limitata. In particolare, mentre le applicazioni della tecnologia “wet” sono consistite
per lo più in interventi isolati, prevalentemente eseguiti su strade comunali e pro1. La posa in opera del conglomerato bituminoso “gap-graded” sulla circonvallazione
vinciali, nel caso della tecnologia “dry” si
Borgaro-Venaria
sono avute poche sperimentazioni di modesta portata, anche in ragione degli esiacendo ricorso a particolari tecnologie messe a punto nel
ti non sempre soddisfacenti.
corso di circa 30 anni di esperienze e sperimentazioni, è inAlla luce di quanto su premesso, in linea con il proprio compifatti possibile includere i PFU, preventivamente ridotti nella
to istituzionale di ottimizzare la gestione dei PFU, la Ecopneus
forma di “polverino” granulare mediante opportuni processi di tratScpA ha da tempo istituito una partnership con il Politecnico di
tamento, all’interno dei conglomerati bituminosi utilizzati per la
Torino, sostenendo da un punto di vista economico e tecnico
realizzazione della parte superficiale delle sovrastrutture.
numerose attività di ricerca legate all’impiego di tali materiali
Nel caso della tecnologia “wet” il polverino derivante dai PFU
nel settore stradale. Si citano a tal proposito gli studi effettuati
viene preventivamente miscelato con il bitume, le cui carattea supporto della realizzazione di un tronco pilota sulla circonristiche reologiche vengono in tal modo significativamente movallazione Borgaro-Venaria (avviati nel 2008 e tuttora in corso dificate. In particolare, a seconda del dosaggio di polverino e
immagini 1 e 2), nonché quelli sviluppati per la preparazione del
delle conseguenti interazioni di quest’ultimo con il bitume di baprogetto di ricerca TYREC4LIFE (finanziato dalla Unione Eurose possono essere ottenuti leganti denominati “asphalt rubber”
pea all’interno del programma LIFE+ relativo al triennio 2012(ad elevato dosaggio di polverino, con marcate caratteristiche
2014) e per la predisposizione di un dossier tecnico divulgatielastiche ma che richiedono di essere mantenuti in agitazione
vo incentrato sulle tecnologie di impiego dei prodotti da PFU
prima dell’impiego) oppure “terminal blend” (con dosaggio più
nelle pavimentazioni stradali.
ridotto, caratterizzati da una maggiore stabilità allo stoccaggio).
In prosecuzione di tale collaborazione, Ecopneus ha deciso di
Nel caso della tecnologia “dry”, il polverino viene invece imfinanziare al Politecnico di Torino - Dipartimento di Ingegneria
piegato come componente aggiuntivo del conglomerato bitudell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture (DIATI) un nuominoso, con effetti che a seconda della pezzatura del polverivo programma di ricerca di durata quadriennale, denominato
no possono prevalentemente riguardare il comportamento sotPOLIPNEUS. Il progetto, che ha avuto inizio alla fine di luglio
to carico dello scheletro litico oppure possono essere in parte
del 2012, sarà articolato in modo tale da trattare le seguenti tetrasferiti alla matrice legante.
matiche di carattere generale:
F
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Leganti
consolidamento delle conoscenze riguardanti i
conglomerati bituminosi contenenti leganti
“asphalt rubber”;
sviluppo del know-how necessario per l’implementazione su vasta scala della tecnologia “dry”;
studio preliminare delle potenzialità della tecnologia per la produzione di leganti “terminal blend”.
Nella presente memoria viene fornita una descrizione delle attività di indagine e di studio previste
nell’ambito del progetto POLIPNEUS, con una prima indicazione circa le metodiche sperimentali impiegate. Tali attività saranno sviluppate sia sul campo sia presso il Politecnico di Torino con il coinvolgimento diretto del “Laboratorio Materiali Stradali”
e del “Laboratorio di Chimica Ambientale”.
La descrizione del programma di ricerca
2. L’impianto di produzione del conglomerato bituminoso “gap-graded” messo
in opera sulla circonvallazione Borgaro-Venaria
I conglomerati bituminosi contenenti leganti
“asphalt rubber”
Come noto, con la tecnologia “wet” possono essere prodotti
leganti bituminosi del tipo “asphalt rubber”, caratterizzati da un
elevato dosaggio di polverino da PFU (dell’ordine del 15-22%
sul peso del legante totale) per dare luogo ad una particolare
interazione tra quest’ultimo ed il bitume di base.
Tali leganti, che presentano una elevata viscosità e caratteristiche reologiche marcatamente elastiche, possono essere utilizzati per la preparazione di conglomerati bituminosi in cui la curva granulometrica degli aggregati è caratterizzata da una certa discontinuità, necessaria per poter creare una porosità interna che sia sufficiente ad accogliere le particelle di polverino.
È questo il caso delle miscele di tipo “gap graded” e “open graded”, il cui uso negli strati di usura è stato ampiamente sperimentato tanto nell’ambito della costruzione di nuove infrastrutture quanto nella manutenzione e riqualificazione di quelle in esercizio.
Per entrambe le miscele sono disponibili studi, ricerche, Norme Tecniche e dati sperimentali relativi alle prestazioni riscontrate in esercizio. In particolare, con riferimento a queste ultime, secondo quanto documentato in letteratura entrambe le tipologie di conglomerato bituminoso presentano:
elevata resistenza all’accumulo di deformazioni permanenti;
elevata resistenza a fatica e alla propagazione delle fessure;
elevata resistenza all’invecchiamento termo-ossidativo;
elevata durabilità all’acqua;
elevata aderenza disponibile all’interfaccia pneumatico-pavimentazione, anche in presenza di condizioni meteorologiche sfavorevoli;
contenuta emissione di rumore di rotolamento.
Si deve tuttavia sottolineare che il quadro complessivo delle
conoscenze relative alle miscele su citate appare alquanto frammentario, con la frequente impossibilità di estendere ad altre
applicazioni le conclusioni derivanti da specifici studi. Ciò è vero in particolare per le indagini compiute in Italia, che pur essendo state condotte con apprezzabile rigore scientifico hanno spesso preso in esame solo alcuni aspetti inerenti alla formulazione e valutazione delle miscele, senza collocarli in un
quadro di riferimento unitario.
Alla luce di tutto ciò, nell’ambito del programma POLIPNEUS
verranno sviluppate attività di studio finalizzate a consolidare
le attuali conoscenze nel settore dei conglomerati bituminosi
contenenti leganti “asphalt rubber”, provvedendo ad una valutazione quantitativa delle su citate caratteristiche prestazionali. Mediante attività sperimentali mirate verranno inoltre trattate alcune problematiche specifiche analizzate in maniera non
del tutto esaustiva nei precedenti studi rinvenibili in letteratura,
con la conseguente messa a punto di tecniche di indagine ed
analisi del tutto innovative.
L’obiettivo ultimo di questa parte del progetto di ricerca è di
pervenire alla definizione di Norme Tecniche prestazionali aggiornate per l’impiego nelle pavimentazioni stradali di conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber”. Di conseguenza, tali attività, organizzate secondo lo schema riportato in im-
3. Lo schema delle attività di ricerca del progetto POLIPNEUS
per i leganti “asphalt rubber” ed i relativi conglomerati bituminosi
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magine 3, tratteranno tematiche inerenti la formulazione di leganti e miscele, i controlli in corso d’opera e la valutazione preventiva delle prestazioni attese in esercizio.
L’attività W1: il ontrollo di impianti e i siti di stesa
contenenti PFU sia durante le operazioni di stesa (emissione
gassose alle quali sono esposti gli operatori, analizzate facendo riferimento ai Composti Organici Volatili, COV, e agli Idrocarburi Policiclici Aromatici, IPA) sia in esercizio (rilascio per
eluizione, valutato mediante test di cessione).
Nell’ambito dell’attività W1 verrà effettuato il monitoraggio di impianti e cantieri stradali in occasione della produzione e messa
in opera di conglomerati bituminosi (di tipo “gap-graded” e “opengraded”) contenenti “asphalt rubber”. Ciò allo scopo di ampliare la banca dati del Politecnico di Torino cui si potrà fare riferimento per una valutazione del progressivo livello e grado di implementazione su scala reale della tecnologia “wet” in Italia.
Facendo seguito alle attività di rilievo e campionamento effettuate in corso d’opera (immagini 4, 5, 6 e 7), presso i laboratori del Politecnico di Torino verranno eseguite le indagini che
prenderanno in considerazione:
le caratteristiche reologiche e chimiche dei bitumi di base e
dei leganti “asphalt rubber”;
le caratteristiche chimico-fisiche dei polverini da PFU impiegati per la produzione dei leganti “asphalt rubber”;
le caratteristiche prestazionali dei conglomerati bituminosi
(espressi in termini di resistenza all’ormaiamento ed alla propagazione delle fessure).
Particolare attenzione sarà inoltre dedicata alla valutazione dell’impatto ambientale determinato dai conglomerati bituminosi
Sebbene le caratteristiche dei leganti “asphalt rubber” siano
generalmente valutate facendo riferimento ai parametri fisici e
reologici indicati nelle Norme Tecniche, nell’ottica di verificare
il loro valore commerciale risulta indispensabile poter eseguire
controlli relativi all’effettivo quantitativo di polverino da PFU in
essi incluso. Tuttavia, al momento non sono disponibili metodi
di prova in grado di pervenire a tale determinazione, né sono
documentati nella letteratura tecnico-scientifica studi che abbiano trattato questo specifico tema di indagine.
In relazione a quanto sopra esposto, l’attività W2 avrà per oggetto la definizione e validazione di una procedura sperimentale per la determinazione della percentuale di polverino da PFU
contenuto nei leganti “asphalt rubber”.
La procedura sarà basata sull’analisi comparativa della composizione chimica, e più precisamente del contenuto di metalli pesanti, di diversi bitume di base, polverini da PFU e leganti
“asphalt rubber”.
4. L’impianto di produzione del conglomerato bituminoso “gapgraded” messo in opera nel cantiere di Zambra (PI)
6. L’impianto di produzione del conglomerato bituminoso
contenente “asphalt rubber” in opera nel cantiere di Caserta
5. La posa in opera del conglomerato bituminoso “gap-graded” a
Zambra (PI)
7. La posa in opera del conglomerato bituminoso contenente
“asphalt rubber” a Caserta
4
L’attività W2: la percentuale di polverino da PFU
nei leganti “asphalt rubber”
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L’attività W3: la compatibilità bitume-polverino
Durante la produzione dei leganti “asphalt rubber” è indispensabile che le particelle di polverino da PFU assorbano una parte delle frazioni aromatiche del bitume, dando luogo ad un sensibile rigonfiamento ed alla contestuale formazione di un gel.
Tali fenomeni di interazione sono stati descritti e studiati da numerosi ricercatori, ma non si sono individuati fino a questo momento semplici criteri di identificazione delle condizioni di compatibilità tra polverino e bitume.
Di conseguenza, l’attività W3 avrà come obiettivo la messa a
punto di tecniche di caratterizzazione di laboratorio, di tipo reologico, finalizzate alla valutazione quantitativa di tale particolare aspetto relativo ai leganti “asphalt rubber”. Per poter disporre
di informazioni utili per la formulazione di tali leganti, verranno
inoltre ricercate le correlazioni che legano le condizioni di compatibilità con le caratteristiche di composizione dei materiali
componenti e con la morfologia e superficie specifica del polverino da PFU (immagine 8).
10. Il campione
semi-circolare
sottoposto a rottura
per flessione per la
valutazione della
resistenza alla
propagazione delle
fessure dei
conglomerati
bituminosi
zioni permanenti ed alla fessurazione dei conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber” (immagini 9 e 10). In particolare, per individuare le massime prestazioni potenzialmente raggiungibili, la sperimentazione prenderà in considerazione miscele di riferimento (di tipo “gap-graded” e “open-graded”) aventi composizione totalmente controllata e costituite da materiali componenti selezionati secondo i più rigidi criteri di accettazione. Verranno quindi eseguite ulteriori indagini su miscele di
confronto proporzionate secondo i criteri normalmente indicati nelle Norme Tecniche.
L’attività W5: il potenziale emissivo
8A e 8B. Due diversi polverini da PFU acquisite con
stereomicroscopio (ingrandimento 2,5X)
L’attività W4: le deformazioni permanenti e
fessurazione dei conglomerati
Negli studi documentati in letteratura viene generalmente sottolineato che i conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber” presentano, per effetto delle proprietà elastiche della matrice legante e della particolare struttura interna dello scheletro
litico, elevate resistenze all’accumulo di deformazioni permanenti ed alla fessurazione. Nel corso delle indagini sperimentali effettuate presso il Politecnico di Torino si è tuttavia rilevato
che con un approccio volumetrico al mix design si può in alcuni casi pervenire alla individuazione di miscele aventi caratteristiche di resistenza non del tutto soddisfacenti.
In considerazione di ciò, nell’ambito dell’attività W4 verranno
eseguite indagini sperimentali finalizzate ad individuare criteri
per l’ottimizzazione della resistenza all’accumulo di deforma-
Per una verifica dell’impatto ambientale determinato dalla posa in opera di miscele bituminose per la costruzione e manutenzione delle pavimentazioni stradali occorre rilevare i fumi
prodotti durante la messa in opera e gli eventuali eluati rilasciati
a seguito del contatto con acqua. Nel caso specifico dei conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber”, è opportuno
stabilire, in relazione alla presenza al loro interno di poverino da
PFU, se esistano significative differenze del potenziale rilascio
di sostanze tossiche in atmosfera ed in acqua rispetto a quanto accade per le miscele bituminose di tipo tradizionale.
Alla luce di quanto sopra esposto, nell’ambito dell’attività W5
verranno messe a punto specifiche procedure di prova per la
valutazione, in laboratorio, del potenziale emissivo dei conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber” (immagine 11).
Ciò allo scopo di individuare criteri per l’identificazione di miscele bituminose caratterizzate da emissioni sufficientemente
contenute.
9. L’attrezzatura
wheel tracking
device per
l’esecuzione di
prove di
ormaiamento su
conglomerati
bituminosi per strati
di usura
11. Attrezzature di laboratorio impiegate per la valutazione del
potenziale emissivo in atmosfera dei conglomerati bituminosi
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L’attività W6: l’invecchiamento e il riciclaggio
L’attività W6 si propone di affrontare due problematiche strettamente legate tra loro di cui occorre tenere conto tanto nella
formulazione dei conglomerati bituminosi contenenti “asphalt
rubber” quanto nella valutazione delle loro prestazioni attese in
esercizio:
lo studio dell’invecchiamento termo-ossidativo dei leganti
“asphalt rubber” e dei relativi conglomerati bituminosi (attività
W6-1);
la valutazione preliminare della possibilità di riciclare nelle pavimentazioni stradali i conglomerati bituminosi contenenti
“asphalt rubber” (attività W6-2).
Per quel che riguarda l’invecchiamento, verranno messe a punto
tecniche di simulazione per leganti e miscele e si effettueranno
valutazioni relative alle loro caratteristiche prestazionali mediante
un confronto con materiali di tipo tradizionale. Per ciò che attiene al riciclaggio di fresato proveniente da conglomerati contenenti
leganti “asphalt rubber”, nel corso delle studio si farà riferimento
unicamente alla tecnica di riciclaggio a caldo. Sui conglomerati
presi in considerazione si effettueranno quindi analisi relative alle
caratteristiche prestazionali e di impatto ambientale, confrontando i risultati ottenuti con quelli derivanti dallo studio di miscele non
riciclate.
Attività W7: Interazione pneumatico-pavimentazione
Sulla base di quanto rilevato nel corso di numerosi studi sperimentali, i conglomerati bituminosi contenenti “asphalt rubber” presentano caratteristiche di tessitura superficiale tali da garantire
una elevata aderenza all’interfaccia pneumatico-pavimentazione,
anche in presenza di condizioni meteorologiche sfavorevoli. Alcune ricerche indicano inoltre che a seguito dei progressivi fenomeni di usura per tali miscele l’evoluzione nel tempo dell’aderenza avviene con una velocità sensibilmente inferiore rispetto a quella relativa ai tradizionali conglomerati bituminosi. Infine, da parte
di alcuni ricercatori è stato ipotizzato che gli strati di usura contenenti “asphalt rubber” conducono all’emissione di un più basso rumore di rotolamento ed anche ad una minore usura degli
pneumatici dei veicoli in transito.
Le tematiche sopra esposte saranno analizzate nel corso dell’attività W7 che sarà sviluppata in laboratorio mediante prove basate sull’impiego di un simulatore di traffico in scala ridotta del tipo “wheel-tracking device”, opportunamente strumentato per poter rilevare nel corso del tempo:
la variazione delle caratteristiche di aderenza e tessitura (immagine 12);
12. La rappresentazione delle caratteristiche di tessitura di uno
strato di usura (rilievi eseguiti con laser-scanner)
6
la produzione di polveri (derivanti dai fenomeni di abrasione
dello pneumatico di prova);
l’emissione di rumore (derivante dal rotolamento dello pneumatico di prova).
L’attività W8: l’anti-icing
Sulla base di quanto ipotizzato da alcuni studiosi, le miscele di tipo “gap-graded” contenenti “asphalt rubber” possono offrire, in
ragione della loro particolare composizione granulometrica e della natura della fase legante, significativi vantaggi per ciò che riguarda la prevenzione della formazione del ghiaccio superficiale,
ponendosi in tal modo quali soluzioni ottimizzate per le condizioni invernali di esercizio.
Questo particolare aspetto delle prestazioni in esercizio degli strati di usura contenenti “asphalt rubber” verrà analizzato nell’ambito dell’attività W8. A tale scopo verranno effettuati confronti con
miscele di tipo tradizionale avvalendosi anche di rilievi eseguiti
con termocamera a raggi infrarossi per l’osservazione diretta dei
fenomeni di formazione e di scioglimento del ghiaccio.
I conglomerati bituminosi prodotti con tecnologia “dry”
Mediante la tecnologia “dry” vengono prodotti in impianto conglomerati bituminosi contenenti polverino da PFU senza che quest’ultimo venga preliminarmente miscelato con il bitume in modo
da costituire un bitume. Gli studi documentati in letteratura indicano che possono essere impiegati polverini di diversa pezzatura: da quelli a grana grossa (passanti allo staccio da 6 mm e trattenuti allo staccio da 2,36 mm) a quelli denominati “ultrafini” (passanti allo staccio da 0,3 mm). In ogni caso, le esperienze passate indicano che difficilmente possono essere superati dosaggi in
peso di polverino (espressi rispetto alla massa degli aggregati
asciutti) dell’ordine dell’1-3%.
La grande versatilità della tecnologia “dry” risiede nel fatto che attraverso una idonea formulazione che tenga conto della distribuzione granulometrica (in volume) del polverino, possono essere
prodotte miscele di varie tipologie. Si va infatti dalle miscele “opengraded” e “gap-graded”, analoghe a quelle realizzate con “asphalt
rubber”, fino alle miscele chiuse a granulometria continua, che di
norma vengono preparate con leganti di tipo tradizionale. Per queste ultime, in particolare, le prestazioni migliori sono generalmente ottenute impiegando polverini di tipo “ultrafine”.
Malgrado la tecnologia “dry” sia stata sperimentata a partire dagli anni Settanta, i risultati contrastanti ottenuti nelle applicazioni
di campo hanno di fatto limitato la loro diffusione su larga scala.
Di conseguenza, non sono state affrontate con un adeguato grado di approfondimento alcune importanti problematiche, prima fra
tutte quella legata alla compatibilità tra polverino ed aggregati lapidei, che avrebbero consentito un migliore sviluppo di questa tecnologia. Parimenti, non sono state codificate né validate procedure di mix design, caratterizzazione e controllo che risultano invece
indispensabili per un impiego estensivo di tali miscele.
Alla luce di tutto ciò, nell’ambito del programma POLIPNEUS
si porteranno avanti attività di studio finalizzate a sviluppare il
know-how necessario per promuovere l’implementazione su
vasta scala di tale tecnologia, pervenendo alla formulazione di
una prima versione di Norme Tecniche prestazionali che ne possano regolare tutte le fasi operative e di analisi (dalla selezione
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modo da poter pervenire a criteri di ottimale formulazione delle
miscele. Nell’ambito dell’attività D2 verrà pertanto affrontata questa problematica prendendo in considerazione polverini da PFU
a grana grossa che verranno utilizzati per la preparazione di malte di composizione nota che saranno sottoposte a prove di espansione volumetrica controllata (Volumetric Expansion Test, VET).
Verranno quindi definiti opportuni indici di compatibilità prendendo in esame anche gli effetti legati all’interazione con l’acqua.
L’attività D3: il mix design
13. Lo schema delle attività di ricerca del progetto POLIPNEUS
riguardanti la tecnologia “dry”
dei materiali al mix design, dalla posa in opera alla valutazione
delle prestazioni in esercizio).
Le attività di ricerca, organizzate secondo lo schema riportato
in immagine 13, tratteranno tematiche che sposteranno gradualmente l’attenzione da questioni legate allo studio di dettaglio dei materiali componenti alla realizzazione di stese di prova in vera grandezza.
L’attività D1: il controllo di stese di prova in impianto
Nell’ambito dell’attività D1 si procederà alla realizzazione di campi prova con miscele “dry” di primo tentativo prodotte in impianto (immagine 14). Nelle more della definizione di criteri di valutazione prestazionali basati su prove di tipo avanzato, le miscele
considerate in questa fase (per strati di base, collegamento ed
usura) verranno ottimizzate con studi preliminari di laboratorio
esclusivamente di tipo volumetrico. Facendo riferimento alle caratteristiche prestazionali e di impatto ambientale si procederà
quindi al confronto tra tali miscele innovative ed alcune miscele
di tipo tradizionale prodotte sia con bitume tal quale sia con bitume modificato con polimeri.
Lo sviluppo di una specifica procedura di mix design per le miscele bituminose prodotte con tecnologia “dry” verrà portato avanti in modo da raggiungere due obiettivi fondamentali tra loro complementari:
verificare i limiti di dosaggio attualmente considerati (1-3% sulla massa totale degli aggregati asciutti) ed esplorare contestualmente la possibilità di incrementare la percentuale di polverino da PFU oltre tali limiti;
valutare l’eventuale impiego di prodotti additivi, anche al fine
di favorire un incremento del dosaggio di polverino.
In tale contesto, una parte significativa delle indagini sarà concentrata sulla valutazione delle caratteristiche di resistenza e di
deformabilità della frazione fine dei conglomerati bituminosi in cui
il polverino da PFU risulta incluso. Specifiche indagini verranno
inoltre eseguite per valutare gli effetti derivanti dall’impiego in tali miscele di polimeri di aggiunta e di attivanti di adesione.
L’attività D4: le stese sperimentali
L’attività D4 si propone come obiettivo quello di validare attraverso risultati acquisiti sul campo la procedura di mix design prestazionale delle miscele bituminose di tipo “dry”. A tale scopo verranno realizzate stese sperimentali in vera grandezza utilizzando
miscele prodotte in impianto e formulate secondo i criteri stabiliti nell’ambito dell’attività D3.
A titolo di confronto, nelle medesime stese sperimentali saranno
incluse miscele di tipo tradizionale. Le conseguenti indagini di
campo e di laboratorio verranno effettuate prendendo in esame
le caratteristiche prestazionali e di impatto ambientale già considerate nelle precedenti attività di studio.
Il conglomerati bituminosi contenenti leganti “terminal blend”
14. La stesa di prova di un conglomerato bituminoso prodotto
con tecnologia “dry”
L’attività D2: la compatibilità bitume-polverino
Come per la tecnologia “wet”, anche per quella “dry” risulta di
fondamentale importanza valutare su base quantitativa il grado di
affinità e di compatibilità tra bitume di base e polverino da PFU in
I leganti denominati “terminal blends” presentano valori di viscosità inferiori a quelli tipici degli “asphalt rubber”. Ciò deriva dal fatto che vengono impiegati polverini più fini (solitamente passanti
allo staccio da 0,3 mm) e con un più basso dosaggio (in genere
non superiore al 10%). Per effetto della elevata superficie specifica del polverino, la sua interazione con il bitume avviene piuttosto rapidamente durante la miscelazione, con la conseguente
creazione di una matrice macroscopicamente omogenea nella
quale non sono più distinguibili le particelle originarie. Non essendovi problemi di stabilità, il prodotto finito può essere fatto ricircolare all’interno dei normali serbatoi di stoccaggio presenti negli impianti di produzione dei conglomerati bituminosi, senza la
necessità di disporre di particolari dispositivi di agitazione.
Tali leganti possono essere utilizzati nella preparazione di miscele chiuse a granulometria continua, del tutto simili a quelle di tipo
ordinario. Tuttavia, non esistono in Italia esperienze di studio re-
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Leganti
Rapporti Tecnici relativi alle 14 attività di studio che compongono il progetto.
La diffusione dei risultati conseguiti sarà a cura del “Centro di Eccellenza per lo Studio dei Prodotti derivanti da PFU”, istituito presso il Politecnico di Torino con il supporto tecnico ed economico
di Ecopneus.
15. Lo schema delle attività di ricerca del progetto POLIPNEUS
per i leganti “terminal blend” e i relativi conglomerati bituminosi
lative a questi particolari materiali, che presentano invece una notevole potenzialità di impiego.
Alla luce di quanto sopra esposto, nell’ambito del programma POLIPNEUS sono previste specifiche attività finalizzate ad una preliminare valutazione delle caratteristiche dei leganti “terminal blend”
e dei relativi conglomerati bituminosi che si tradurranno nella definizione di Linee Guida preliminari. Le attività di ricerca attinenti
a questo specifico tema saranno organizzate secondo lo schema
di immagine 15.
L’attività T1: la reologia dei leganti
L’attività T1 si concentrerà sulla caratterizzazione reologica di leganti “terminal blend” preparati in laboratorio. Tali leganti verranno sottoposti alle prove per la determinazione delle caratteristiche viscoelastiche, della stabilità allo stoccaggio e della suscettività all’invecchiamento termo-ossidativo. A completamento delle indagini, per ciascun legante verrà inoltre individuata la classe
prestazionale di appartenenza secondo il sistema SUPERPAVE.
A titolo di confronto verranno infine eseguite le medesime analisi
su leganti di tipo tradizionale (tal quali e modificati).
Attività T2: Conglomerati bituminosi
Lo studio preliminare relativo ai leganti “terminal blend” verrà completato con le indagini previste nell’ambito dell’attività T2 che sarà
dedicata allo studio delle caratteristiche prestazionali e di impatto ambientale di miscele bituminose per strati di base contenenti questi particolari leganti. Verranno inoltre eseguite indagini di
confronto con miscele di tipo tradizionale contenenti bitumi tal
quali e modificati.
I risultati attesi
Poiché il progetto POLIPNEUS è nella sua fase di avviamento,
non è possibile per il momento trarre delle conclusioni relative alle attività di studio. Sono tuttavia attesi, tanto nel breve quanto nel
lungo termine, risultati che si concretizzeranno nella messa a punto dei seguenti prodotti della ricerca:
Norme Tecniche prestazionali per l’impiego nelle pavimentazioni stradali di conglomerati bituminosi contenenti “asphalt
rubber” e prodotti con tecnologia “dry”;
Linee Guida preliminari per l’impiego di leganti “terminal blend”;
nuovi protocolli di prova ed analisi da impiegare per la formulazione ottimale di leganti e miscele e per l’esecuzione dei controlli in corso d’opera;
8
* Professore ordinario di “Strade, ferrovie e aeroporti”,
Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e
delle Infrastrutture (DIATI), Politecnico di Torino
** Professore ordinario di “Ingegneria sanitaria ambientale”,
Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e
delle Infrastrutture (DIATI), Politecnico di Torino
*** Direttore Generale di Ecopneus ScpA
**** Responsabile dello Sviluppo Impieghi e Normative di
Ecopneus ScpA
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STRADE & AUTOSTRADE 1-2013
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