Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo
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Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo
FONDAZIONE GEOMETRI ITALIANI Poste Italiane Spedizione in a.p. -45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 aut. n. DCB/CZ/17/2004 valida dal 19/01/04 anno I NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 numero In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme. Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa. AVVENIMENTI Renzo Piano “Fare architettura” Una lezione magistrale DOSSIER Dall’immagine al modello Note sulla cartografia geometrica in Italia dal Rinascimento alla Rivoluzione Geodetica Parte prima: da Tolomeo a Leonardo di Andrea Cantile SOCIETÀ E COSTUME Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo Intervista a Margherita Hack PROGETTI Grottaglie Un teatro all’aperto per il recupero e la valorizzazione delle cave di Fantiano AMBIENTE E TERRITORIO “Cari progettisti imparate a pensare a colori” Intervista a Gianni Martinetti “Solo due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima”. Albert Einstein 6 NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 GEOCENTRO/magazine Periodico bimestrale N. 6 Novembre - Dicembre 2009 6 DIRETTORE RESPONSABILE Franco Mazzoccoli e-mail: [email protected] COMITATO Fausto Amadasi Carmelo Garofalo Bruno Razza Mauro Cappello Stig Enemark Norbert Lantschner Pier Luigi Maffei Franco Minucci Elisabetta Savoldi Marco Simonotti 6 di Franco Mazzoccoli COORDINAMENTO REDAZIONE GMPRgroup - Claudio Giannasi Tel. 051 2913901 [email protected] A.D. e IMPAGINAZIONE Filippo Stecconi Francesca Bossini www.spaziolandau.it Con la collaborazione di: Fabrizio Alvisi EDITORE Fondazione Geometri Italiani Via Barberini, 68 00187 Roma Tel. 06 42744180 06 485463 Fax: 06 42005441 www.fondazionegeometri.it Segreteria: Adriana Meco INTERVENTI Mirando in alto scopriamo il basso Guardando il cielo scopriamo la Terra Albo Unico dei Tecnici Laureati per l’Ingegneria I perché della proposta di Fausto Savoldi 10 14 PREVIDENZA Fondi d’investimento immobiliare: una scelta oculata per la previdenza dei professionisti AVVENIMENTI Renzo Piano “Fare architettura” Una lezione magistrale 20 SOCIETÀ E COSTUME Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo di Fausto Amadasi PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA: Audis Marina Ciuna Andrea Cantile Luca Caprara Teresa Crescenzi Marco Soravia Intervista a Margherita Hack 24 STAMPA Rubbettino Industrie grafiche ed editoriali Finito di stampare nel mese di settembre 2009 Carta interni: riciclata Cyclus Print gr. 115 www.polyedra.com CITTÀ Recupero e riuso di aree dismesse nel comune di Venezia di AUDIS 28 RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Franco Mazzoccoli VARIAZIONE INDIRIZZO DI SPEDIZIONE Per richiedere la modifica del proprio indirizzo di spedizione della rivista telefonare al numero: 06 42744180 COPYRIGHT È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza la preventiva autorizzazione 32 38 AMBIENTE E TERRITORIO “Cari progettisti, imparate a pensare a colori” Intervista a Gianni Martinetti 24 PUBBLICITÀ Plusservice Srl Tel. 051 2913911 [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 250 del 29 maggio 2003 14 32 PROGETTI Grottaglie Un teatro all’aperto per il recupero e la valorizzazione delle cave di Fantiano 38 COSTRUIRE “átika”, tradizione mediterranea e tecnologie per l’efficienza energetica di Marco Soravia 40 OSSERVATORIO Urban Best Practices Area Bologna e Venezia fra le città più ‘virtuose’ in mostra a Shanghai 2010 44 AMBIENTE Clima Vertice mondiale a Copenhagen Un’occasione da non perdere 42 44 48 VERDE PENSILE Un tetto a giardino per il Polo natatorio di Roma Valco San Paolo 48 di Teresa Crescenzi 52 DOSSIER Dall’immagine al modello Note sulla cartografia geometrica in Italia dal Rinascimento alla Rivoluzione Geodetica 90 Parte prima: da Tolomeo a Leonardo 52 di Andrea Cantile 72 CerTus-LdL Il software per la sicurezza nei luoghi di lavoro IL PUNTO DI VISTA Sicurezza nei cantieri edili L’Analisi del Valore a supporto di scelte e decisioni South NTS962R & pfCAD La combinazione perfetta fra hardware e software di Pier Luigi Maffei 80 75 Micropali in resina Nuovo metodo per il calcolo della capacità portante APPROFONDIMENTI Sicurezza nei cantieri edili L’Analisi del Valore a supporto di scelte e decisioni Interventi sulle coperture Nuova protezione provvisoria per creare passerelle pedonabili in assenza di ponteggio di Marina Ciuna 84 84 REDAZIONALI Topcon IP-S2 Sistema integrato di posizionamento per veicoli terrestri FORMAZIONE La qualificazione energetica degli edifici Materiali isolanti: tipologie e caratteristiche di Mauro Cappello 96 NEWS INTERVENTI Questo numero di GEOCENTRO/magazine conclude l’anno 2009. Anno di celebrazione del trecentesimo anniversario delle osservazioni al cannocchiale di Galileo Galiei. Nella storia della umanità i saperi sulla natura, in questi ultimi secoli, hanno avuto una espansione definita “Rivoluzione Scientifica” grazie a Copernico, Galileo, Cartesio. Anche il modo di misurare, rappresentare e leggere il territorio nel XVIII secolo subisce una trasformazione definita “Rivoluzione Geodetica” i cui eventi tra la fine del medioevo e gli inizi del Rinascimento danno vita ad una amalgama di arte, scienza e tecnologia indicata come “Rinascimento cartografico” che il Professor Andrea Cantile racconta, in questo numero, nel suo scritto. Il progredire nella conoscenza ha portato ad una visione complessiva dell’universo e dell’uomo. I saperi si sono sviluppati dopo l’età aurea di matrice galileiana con le teorie: sulla evoluzione della specie, la termodinamica, quella unificatrice dei fenomeni ottici, elettrici e magnetici, il complesso delle geometrie non euclidee, la logica matematica, la radiazione, l’elettrone (la prima particella elementare), l’atomo non più indivisibile, quella sulla relatività e tante altre. L’evoluzione culturale ha inciso su tutte le pratiche umane che continuano ad essere soggette ad innovazioni che fino a poco tempo fa non erano immaginabili. Questo fenomeno in crescita continua comporta la necessità di diffondere ed aggiornare la 6 conoscenza scientifica per mettere tutti nelle condizioni di poter disporre di sufficienti competenze di base. Scontato è il principio che la ricchezza di una nazione ed il conseguente benessere si basi sulla ricerca scientifica e sulla conoscenza. A tal proposito Margherita Hack da noi intervistata dice: “... conoscere ciò che ci circonda ci libera da paure, da superstizioni”. Renzo Piano, nella sua lezione magistrale dal titolo “Fare architettura”, focalizza una delle attività più antiche del mondo, perché “fare” significa pensare, imparare dall’abilità degli altri, altri saperi e competenze, avere curiosità, quindi conoscere e scoprire. Così come sarà piacevole per i nostri lettori, sfogliando le pagine, scoprire altri argomenti ed interessanti temi. Dal telescopio di Galileo, la scienza astronomica e la tecnologia sviluppandosi sono riuscite a farci vedere il nostro pianeta dal di fuori, unitamente agli altri astri, sullo sfondo della volta celeste, immagine a cui la nostra copertina è dedicata. Buona lettura... e particolari auguri, perché verso la fine di dicembre tutti possano in questa immagine scoprire la cometa… da seguire per il benessere e la pace. Franco Mazzoccoli (Direttore di GEOCENTRO/magazine) [email protected]/Chris Harvey Mirando in alto scopriamo il basso Guardando il cielo scopriamo la Terra INTERVENTI Albo Unico dei Tecnici Laureati per l'Ingegneria I perché della proposta photo©shutterstock.com/Lee Morris di Fausto Savoldi (Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e della Fondazione dei Geometri Italiani) Nelle scorse settimane è stato inviato al Ministero della Giustizia e a vari parlamentari il testo della proposta di legge Delega per la creazione dell’ “Albo Unico dei Tecnici Laureati per l’Ingegneria”, proposta sottoscritta e condivisa dai Consigli Nazionali dei Geometri, dei Periti Industriali e dei Periti Agrari, e dalle rispettive Casse di Previdenza, delle quali si propone l’unificazione. La notizia è circolata in tutta Italia ed ha suscitato molti commenti positivi ma anche alcune perplessità. Vorremmo spiegare le motivazioni dell’iniziativa legislativa e le finalità che essa si prefigge. Un dato di fatto è che, nella società italiana e sul territorio della nostra Nazione, i tecnici professionisti non possono che essere suddivisi in due distinti livelli, quello dei laureati magistrali (Albo degli Ingegneri e Albo degli Architetti) e quello dei laureati cosiddetti “triennali”. Un terzo livello, inferiore per formazione e competenza, risulterebbe essere inutile e rischierebbe di invadere il campo dei “mestieri” per i quali non è necessaria un’iscrizione ad uno specifico Albo, perché non rientrano tra le attività professionali riconosciute e tutelate dalla legge. 7 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 Il DPR 328/2001, istituendo le sezioni B negli Albi degli Ingegneri e degli Architetti, sezioni destinate ad accogliere i laureati del triennio universitario, ha creato una notevole confusione poco comprensibile al cittadino comune. Di fatto, le tre esistenti categorie dei diplomati potrebbero venire relegate ad un terzo livello che non trova alcuna giustificazione nella legislazione europea, e neanche sul mercato dei servizi offerti al cittadino dai tecnici professionisti. Taluni hanno pensato che i provvedimenti del summenzionato decreto avessero il preciso scopo di eliminare progressivamente le tre categorie professionali di diplomati polivalenti, provenienti dalla formazione degli Istituti Tecnici, sostituendole con l’unica categoria prevista della sezione B, Ingegneri e Architetti. Il dubbio, peraltro legittimo, viene immediatamente smentito dall’articolo 55 dello stesso DPR: il laureato triennale può iscriversi all’Albo dei Geometri e Periti assumendo il titolo professionale di Geometra Laureato, Perito Industriale Laureato e Perito Agrario Laureato (con le stesse competenze certificate dai tre restrittivi Regolamenti, rispettivi per ciascuna professione, che risalgono al 1929). In effetti, l’intenzione originaria del provvedimento non era quella di creare un ulteriore grado di professionalità. Più verosimilmente, lo scopo era far nascere una categoria ufficiale, la sezione B, capace di costituire un supporto all’attività dei laureati magistrali. Non si tratterebbe di autonomi professionisti, ma di qualificati collaboratori dei grandi studi professionali e delle aziende produttive del Paese. Tuttavia, le norme del Decreto sono mal viste dai laureati triennali, relegati ad attività ancillari rispetto a quelle dei laureati magistrali e con limitate possibilità di attività autonoma, ma sono viste con sospetto anche da parte di Ingegneri ed Architetti, preoccupati di trovarsi un nuovo concorrente sul mercato, un concorrente peraltro in grado di far valere la sua presenza nei rispettivi organismi di governo della professione. La Legge Delega di cui stiamo parlando si prefigge, con atteggiamento pragmatico, di chiarire la confusione creata dal Decreto 328/2001 uscendo così da quest’impasse. Che rimangano quindi i distinti Albi dei Laureati Magistrali e venga altresì creato un Albo unico dei Laureati Triennali, suddiviso per specializzazioni e competenze collegate alla formazione acquisita. La soluzione proposta (l’uovo di Colombo!) avrebbe anche il vantaggio di dare alla Laurea L i connotati di punto di arrivo e non più, come avviene oggi, di punto di passaggio verso la Laurea Magistrale, alla quale gli iscritti junior tendono, ben consapevoli del fatto che, senza questa qualifica, è difficile trovare clienti e che le loro competenze potrebbero facilmente essere sfruttate da coloro che posseggono un titolo ritenuto superiore. In verità, la nostra proposta ha anche motivazioni più profonde e che riguardano in primo luogo la formazione dei professionisti. Gli Istituti Tecnici danno oggi al giovane e daranno sempre più in futuro (la riforma del Ministro Gelmini lo conferma 8 per l’anno scolastico 2010-2011) un’ampia formazione di base ed elementi di indirizzo verso il percorso universitario. Per quanto riguarda la professione del Geometra, il triennio universitario delle classi di laurea L-7, L-17, L-21 e L-23 è studiato al fine di dare allo studente le conoscenze che venivano tradizionalmente trasmesse nel percorso educativo degli Istituti Tecnici, quando gli insegnamenti, degli Istituti Tecnici, erano preordinati all’esercizio effettivo della professione. Ciò significa che la formazione del laureato “junior” equivale a quella del geometra diplomato fino agli anni ’80 ed a quella del geometra diplomatosi successivamente che, per iscriversi all’Albo professionale, è costretto a sobbarcarsi dai due ai cinque anni di pratica professionale ed a superare l’esame di Stato. Non si comprende come, a parità di formazione, sia consentita l’iscrizione a due diversi Albi professionali per tecnici destinati a svolgere le stesse attività. Un unico Albo di tecnici è la soluzione proposta e a noi pare la più logica! Le principali obiezioni a tale proposta riguardano soprattutto la previsione che in tale Albo debbano confluire gli iscritti agli Albi dei Geometri e dei Periti. Si argomenta che in tal modo Geometri e Periti vorrebbero ampliare le loro competenze: nulla di più errato! Le competenze saranno definite da una specifica norma governativa, prevista dalla Delega. Nel frattempo, i Geometri, così come i Geometri Laureati, continueranno ad esercitare le funzioni loro attribuite dal regolamento del 1929. Saranno caso mai gli ingeneri juniores a beneficiare di un’autonomia professionale loro conferita solo parzialmente ed in modo equivoco dal Decreto 328. In campo edilizio, ad esempio, si può parlare di edificio “modesto”, ma mai è possibile affermare che un edificio sia “semplice” poiché è sempre un prototipo di se stesso! (Consiglio Superiore LLPP del 24/07/2009). Nessuno ha mai pensato che Geometri e Periti, confluendo photo©shutterstock.com/Dmitriy Shironosov come categoria nell’Albo Unico oggetto della proposta, vogliano acquisire il titolo di Ingegnere o di Architetto. I titoli professionali rimarrebbero identici a quelli di oggi: Geometra (titolo a cui teniamo molto!), Geometra Laureato, Perito Industriale, Perito Agrario, etc. Tutti appartenenti all’Albo dei Tecnici Laureati per l’Ingegneria. Normative europee impongono che l’accesso ad una professione possa avvenire solo tramite il possesso di un titolo accademico perlomeno triennale o con un percorso post-secondario di pari livello e durata. Ciò significa che, nel corso del tempo, i Geometri saranno sempre meno, per dar spazio ai Geometri Laureati. Lo stesso accadrà per i Periti Industriale ed Agrari. Fa molto discutere l’espressione “Tecnici per l’Ingegneria”. E’ certo possibile trovare un altro nome, ma in Europa, i Geometri e i Periti sono chiamati “ingegneri” con aggiunto il titolo della specializzazione acquisita con la formazione. L’ “ingegneria” è una scienza che include molteplici discipline. Non ha nulla a che vedere con il titolo professionale! C’è una bella differenza tra ingegneria e ingegneri, tra architettura e architetti, tra geometria e geometri. Ugualmente, non è la stessa cosa parlare di industria o di industriali, di commercio o di commercianti. Anche il cittadino comune conosce bene la differenza fra termini diversi! La discussione sul nome da attribuire al nuovo Albo Professionale è solo un pretesto per non affrontare il problema creato dai provvedimenti del DPR 328/2001, un problema che la società e la committenza non danno segno di notare, dato che continuano a rivolgersi a Geometri e Periti per quanto riguarda le loro competenze e ad ingegneri ed architetti per affrontare problematiche che richiedono più ampie ed approfondite conoscenze tecniche. Ci sono poi obiezioni che sorgono all’interno degli stessi iscritti ai tre Albi dei Diplomati. In particolare, il sospetto che Geometri e Periti vogliano reciprocamente invadere i rispettivi campi operativi. Si tratta di una preoccupazione del tutto infondata. Ciascuno, all’interno dell’Albo Unico, apparterrebbe ad un ben determinato Settore e ad una o più Sezioni di specializzazione, queste ultime correlate ad una specifica abilitazione. Se così non fosse, dove andrebbero a finire la specializzazione e la qualità delle prestazioni tanto invocate da tutti e poste alla base delle più recenti riforme scolastiche per quanto riguarda i cicli della Secondaria e dell’Università? Infine, l’articolo 3 della Proposta di Delega al Governo prevede l’unificazione delle tre Casse oggi autonome: quella dei Geometri, nata oltre 50 anni fa e le due dei Periti di più recente costituzione. Le principali divergenze riguardano proprio questa previsione e provengono da settori e persone che non sapendo affrontare i più gravi problemi professionali dimostrano di non conoscere neppure quelli previdenziali. Salvo che le perplessità derivino da una difesa di posizioni personali, va detto che non ha alcun senso progettare un’unica categoria professionale mantenendo tre strutture previdenziali per di più molto diverse tra loro. Che la proposta non sia di facile realizzazione questo è vero, ma la stessa non si limita ad una semplice affermazione di principio (come avvenuto per altre Casse da unificare), ma detta anche i principi e le procedure da seguire per attuarla. Certamente i professionisti che oggi pagano poco e si lamentano di prestazioni indecorose dovranno abituarsi all’idea che la pensione bisogna costruirsela durante l’intero arco della vita professionale e soprattutto dovranno comprendere che la previdenza si basa sulla solidarietà fra coloro che appartengono al sistema e le nuove generazioni che, via via, entrano a farne parte. Cifre e calcoli attuariali alla mano, dimostreranno che nessuno dovrà rinunciare ad alcunché ma, a fronte di eguale contribuzione, tutti avranno uguali diritti ed uguali prestazioni. I migliori attuari stanno lavorando da mesi, sostenuti dal positivo e favorevole atteggiamento del Ministero del Welfare, garante della sostenibilità del sistema e controllore attento delle singole gestioni. Forse ci vorrà tempo, ma anche i più riottosi all’idea si convinceranno che il modello di Welfare proposto costituisce una novità che anche la previdenza pubblica sta perseguendo. Si sta discutendo in questi giorni, nelle Commissioni Riunite Giustizia ed Attività Produttive della Camera, il testo unificato delle proposte di riordino delle professioni intellettuali; crediamo che la nostra idea costituisca, prima di tutto, una vera novità ed una rilevante semplificazione all’interno del nostro mondo degli operatori della conoscenza. Non ci lasceremo scappare l’occasione di ottenere una riforma della nostra attività. 9 PREVIDENZA Fondi d’investimento immobiliare: una scelta oculata per la previdenza dei professionisti di Fausto Amadasi (Presidente Cassa Italiana Previdenza ed Assistenza Geometri Liberi Professionisti) La scelta di investire una percentuale elevata del proprio patrimonio in beni immobili è una delle più antiche e salde tradizioni delle Casse di Previdenza, che ha garantito per anni la sicurezza, la redditività e la salvaguardia dalla svalutazione delle somme affidate dagli iscritti agli Enti del welfare professionale. Da qualche tempo però gli oneri ed i rischi di mercato per la gestione diretta dei patrimoni immobiliari degli Enti sono aumentati, tanto da favorire la nascita di diversi Fondi comuni d’investimento immobiliare riservati ad investitori qualificati. Nel contempo, oltre alle iniziative private provenienti dal mercato finanziario, anche la mano pubblica ha cominciato a predisporre nuovi strumenti legislativi, innovatori del mercato immobiliare, agendo sia sul piano del finanziamento, che su quello dell’organizzazione e della promozione dell’attività di edilizia residenziale agevolata. Intervenire in queste tipologie di investimenti, complessi ed articolati, comporta per le Casse di Previdenza la necessità di dedicare ingenti risorse all’acquisizione di professionalità specialistiche per la gestione del patrimonio immobiliare e diversificare la propria attività ora principalmente concentrata sulla previdenza. E’ sempre più evidente che i fondi di investimento immobiliare sono una scelta economicamente vantaggiosa per gli enti previdenziali e recentemente questa linea è stata apprezzata anche dai vertici degli organi di sorveglianza previdenziale del Ministero del lavoro, i quali hanno 10 pubblicamente dichiarato di vedere con favore il ricorso delle Casse di Previdenza a tali innovativi e sicuri strumenti di investimento. Visto l’ampio consenso e valutata l’accertata convenienza anche fiscale di queste nuove prospettive la Cipag è entrata in questo settore prima come investitore con una quota di 10 milioni di Euro nel Fondo di Housig Sociale Abitare Uno ed ora sta valutando l’ipotesi di portare una quota del proprio patrimonio immobiliare nel Fondo Polaris Enti Previdenziali, un fondo comune di investimento immobiliare riservato ad investitori qualificati con apporti in natura, costituito dalla società per azioni Polaris Investment Italia SGR. Si tratta di un colosso finanziario gestito dalla società lussemburghese Polaris Investments SA, fondata dalle congregazioni dei Salesiani e degli Orionini, ed ora partecipato dalla Fondazione CARIPLO e da altre Fondazioni Bancarie oltre che dalla Cassa Geometri, cui tutti i soci no profit hanno affidato la gestione di quote rilevanti del proprio patrimonio. Il nuovo Fondo immobiliare potrà avvalersi per la gestione dei comparti di gestori selezionati fra i migliori sul mercato e potrà giovarsi delle preziose competenze della Fondazione Housing Sociale e dei proficui rapporti di collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti e con il Gruppo Banca Europea degli Investimenti e con la banca depositaria scelta dal Fondo Polaris Enti Previdenziali, la Banca Intesa San Paolo, un istituto specializzato in quest’attività e di prima grandezza. photo©shutterstock.com/Mariusz S. Jurgielewicz Il fondo è stato deliberato dalla sgr. ed istituito lo scorso 30 settembre con un valore patrimoniale minimo di 100 milioni e massimo di 600 milioni di euro, suddiviso in quote di 100 mila euro ciascuna. Il patrimonio del Fondo sarà investito per una quota non inferiore al 90 per cento in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni, anche di controllo, in società immobiliari, purché non quotate. La SGR potrà distribuire annualmente fino all’80 per cento dei proventi derivanti dalla gestione ordinaria, nonché fino all’80 per cento della liquidità derivante da disinvestimenti a titolo di rimborso anticipato del capitale versato dai sottoscrittori del fondo. Il Comitato di controllo, che esprimerà pareri al Consiglio di amministrazione della SGR, sarà presieduto da un rappresentante dell’assemblea dei sottoscrittori del Fondo Polaris Enti Previdenziali. Inoltre ciascun sottoscrittore con più del 33 per cento delle quote potrà nominare un proprio rappresentate nel Comitato di controllo. Il Fondo si farà carico di tutti i costi di acquisizione, gestione e manutenzione degli immobili, imposte e tasse, compensi alla banca depositaria e commissioni alla SGR. Questa scelta comporta un aumento di costi diretti di gestione, aumento ampiamente recuperato dal diverso trattamento fiscale in materia di imposte catastali e ipotecarie, dalla possibilità di recuperare l’IVA sugli acquisti e sulle manutenzioni e di detrarre le spese. Attualmente la redditività del patrimonio immobiliare è costituita solo da affitti per un importo di 19,8 milioni di euro senza possibilità di far emergere la rivalutazione del capitale e senza alcun valore aggiunto con quella che nel gergo è chiamata una “gestione attiva” che preveda nel tempo programmi di dismissioni e interventi di ristrutturazione e trasformazione ora limitati dall’incidenza fiscale non recuperabile e dalle procedure particolarmente burocraticizzate. In definitiva il Fondo Polaris Enti Previdenziali rappresenta una scelta oculata e d’avanguardia per il welfare professionale della Cipag e si pone l’obiettivo di limitare gli oneri e le responsabilità dirette della gestione senza la perdita del controllo che sarà esercitata dal Comitato di Investimento composto di Consiglieri della Cassa; dota la Cipag di flessibilità ed efficienza negli interventi di valorizzazione, gestione dinamica e occasioni di mercato; finanzia meglio le operazioni di sviluppo e gestisce professionalmente l’incremento del valore e della redditività. Inoltre questa scelta consente anche di finanziare meglio la gestione del portafoglio immobiliare, una volta incrementata la redditività, con il differimento del carico fiscale al momento della distribuzione dei dividendi. Tutto ciò considerato, visto anche il favore degli organi di vigilanza, pare evidente che la scelta di utilizzare il Fondo Polaris Enti Previdenziali, in luogo della tradizionale e costosa gestione diretta, è un’ulteriore scelta obbligata ed indifferibile da parte degli organi della Cipag, se non si vuole rinunciare agli indubbi benefici che il nuovo mercato immobiliare offre agli investitori qualificati. 11 AVVENIMENTI Renzo Piano “Fare architettura” Una lezione magistrale Renzo Piano In viaggio insieme a Renzo Piano nel mondo dell’architettura. Anzi del “fare architettura”. Un’emozionante esperienza alla quale hanno partecipato oltre 3.000 persone che hanno riempito il Palazzo dei Congressi di Bologna per seguire la lezione magistrale dell’architetto genovese, organizzata nell’ambito dell’edizione 2009 del Cersaie. Se non schivo, solitamente parsimonioso e attento nella gestione della propria immagine e in genere della comunicazione, Piano si apre alla platea, composta in gran parte da giovani, e parlando a braccio, attraverso un percorso fatto di immagini proiettate, dipana il filo della sua esperienza di architetto. “Un mestiere straordinario, d’avventura”. E soprattutto un “mestiere del fare”. “Ogni architetto - premette - per svolgere il suo lavoro comincia da qualche parte. C’è chi, come molti miei amici, comincia da un visione e poi, però, dato che è bravo, pian piano arriva al costruire. C’è chi, invece, fa il percorso inverso. Ma da qualche parte si deve cominciare. Per me, per noi, si parte sempre dal fare. C’è una poetica del fare, del costruire, c’è una bellezza del costruire. La sfida straordinaria dell’ingegno di spostare sempre più in là i confini. Di esplorare le espressioni dei materiali, delle nuove tecniche”. Se è vero che l’architettura comincia dal fare, “dal partire dal senso e forza della necessità che guida le migliori cose”, naturalmente, poi, non finisce lì. É anche “l’arte del celebrare, del rappresentare, dei desideri. E solo quando la capacità di rispondere ad un bisogno reale riesce a coincidere con la necessità di rispondere ai desideri, ai sogni, è lì che l’architettura diventa straordinaria”. 14 Per riuscire in questo compito l’architettura deve essere “un’arte di frontiera, contaminata, ma non in un’accezione negativa, perché, in certi casi, non è male che sia contaminata dalla realtà e che quindi si arricchisca”. Deve, poi, essere “un’arte corsara, nel senso che dentro c’è anche tanta rapina. Una rapina a viso scoperto, fatta per restituire”. E, ancora, l’arte “di chi accetta di correre dei rischi, certo anche di fare errori. L’arte che corre il mondo”. Proprio come devono fare i giovani che vogliono diventare architetti che Piano sprona, appunto, ad andare, correre, scoprire il mondo. Il padre in cantiere, Genova. Le radici Il viaggio e la narrazione di Renzo Piano partono – come è logico – dalle origini, le sue. Siamo nel ’47. Un’immagine di cantiere. “A questa foto sono molto attaccato” dice. “Quello che vedete con il cappello è mio padre ed io, anche se non sono ripreso, ero lì, da qualche parte. Mio padre era un costruttore. Io sono cresciuto nei cantieri e quando ci passi tanti anni il miracolo del costruire, per cui le cose si trasformano, ti resta addosso. E questa è una delle mie radici. L’altra è Genova, le sue navi, il suo porto. Sono cose che non si spiegano e che sino a quando non hai cinquanta anni non le capisci nemmeno. Poi, però, cominci a capire che le radici contano davvero. Che le hai e tornano sempre a galla”. Il Centre Georges Pompidou e “l’ansia di sociale” “E naturalmente – rileva Piano, mentre sullo schermo appare l’immagine del Centre Georges Pompidou – quelle forme di navi da qualche parte sono andate a finire. Questa, è una sorta di nave che si è ritrovata in mezzo al Marais, a Parigi”. “Quando ci siamo trovati, insieme a Rogers, a progettare il Beaubourg io avevo 33 anni, lui un po’ di più. Abitavamo a Londra ed eravamo una specie di Beatles. Vincemmo il concorso con 681 partecipanti e ancora adesso non ho capito perché e soprattutto come abbiano potuto lasciarci fare. Però – continua Piano – ciò che conta è che l’edificio funziona e oggi è amato. Gli edifici, quelli che contano, non entrano subito nella ritualità, negli affetti. Hanno bisogno di guadagnarseli gli affetti e oggi questo edificio e la piazza sono entrati negli affetti, funzionano, sono amati, vissuti, sono un punto d’incontro”. Il Beaubourg, ricorda l’architetto genovese, seppe cogliere “l’ansia di sociale” che caratterizzava quegli anni (tra il ’71 e il ’77, anno di inaugurazione) e lo fece attraverso l’idea di fabbrica. “Un’idea che molti ci contestavano come se fosse una bestemmia, mentre noi naturalmente eravamo felicissimi, perché era chiaro che l’idea di fabbrica era servita per contraddire l’idea invece molto intimidente di centro culturale di pietra”. E quindi l’edificio “doveva sì esprimere una fabbrica, ma soprattutto un senso di apertura, di tolleranza”. Cominciare a confondere sacro e profano. “Il Beaubourg – conclude Piano – non ha creato la trasformazione dei musei, ma l’ha interpretata. E’ stato il momento in cui i musei hanno cominciato ad essere vissuti in maniera molto più aperta”. Rigenerazione urbana ad Otranto. L’ascolto e la partecipazione Altre immagini. Inizio anni ’80. Il primo lavoro di Piano con l’Unesco. Partendo dall’idea che “un centro storico deve essere studiato nell’unità, le pietre insieme alla gente, realizzammo un’unità portatile, montata nel centro di Otranto”. Attorno all’unità mobile, che servì a svolgere analisi sugli edifici utilizzando tecniche conoscitive “rubate letteralmente dalla medicina, per capire e per fare delle diagnosi molto più precise”, si coagulò anche un aspetto molto importante del progetto, quello dell’ascolto e della partecipazione”. “Non vi immaginate gli scempi che si fanno quando si decide di demolire. Non solo si butta giù e si cancella ogni traccia, ma soprattutto si manda via la famiglia che è dentro la casa interrompendo una spirale virtuosa, la connessione che c’è tra le pietre e le persone. E’ un fatto che si perpetua a fin di bene, ma è disastroso”. Ecco perché prima di procedere, oltre e insieme allo studio e all’analisi degli edifici, è importante ascoltare chi ci vive, chi ci abita. “Il tema della partecipazione - riprende Piano – ricorre continuamente nel mio lavoro. Di esperienze come quella dell’assemblea di piazza ad Otranto ne ho fatte tante. Ho passato la vita a discutere ed è difficilissimo”. Ma il fatto che sia un ‘metodo’ difficile, sottolinea, non vuol dire che bisogna abbandonarlo. Perché se è vero che “ascoltare è una delle arti più difficili” e, soprattutto, “non è l’arte dell’ubbidire”, è altrettanto vero che “ascoltare significa capire”. E per questo “un bravo architetto deve sapere ascoltare”. L’importanza del lavoro di gruppo Un’altra immagine. “Questa è una scena di lavoro di team nel giardino di casa mentre lavoravamo sulla Menil Collection a Huston”. Lavorare in gruppo è una cosa molto importante ma anche difficile. “Perché tutti dicono che si lavora in gruppo, team work, ma in realtà, poi, si lavora a cascata, che è diverso. Per me – dice Piano – il vero team www.shutterstock.com/izoom Centro Georges Pompidou, Parigi 15 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 work si realizza quando l’informalità raggiunge livelli tali per cui ci si dimentica chi ha detto qualcosa o chi ha inventato qualcosa”. E’ una sorta di ping pong rapido. Contesti nei quali “non sono mai riuscito distaccare il momento creativo dell’architetto, da quello dell’ingegnere, del tecnico o del costruttore. Adesso, c’è un grande nuovo tema che ti costringe a lavorare insieme per cui il team work è diventato fondamentale. E’ il tema della sostenibilità, l’energia e il rapporto con l’ambiente e con il contesto dell’edificio”. “La Menil Collection a Huston è stato il primo caso in cui abbiamo lavorato sulla luce naturale che arriva su tutto l’edificio. Qui – ricorda Piano – veniva ancora Reyner Banham, un critico di architettura straordinario che scrisse ‘The architecture of well-tempered environment’, un libro sull’architettura della cose impalpabili. E questa è un’architettura fatta di luce, di trasparenza, di leggerezza: la luce di questo museo diventò un elemento importante del nostro lavoro”. "Parco della Musica" Auditorium, Roma L’aeroporto Kansai di Osaka. L’avventura e il lavorare con le persone “Questo è un lavoro di cui vado molto fiero e del quale parlo perché ha una dimensione completamente diversa. Quando costruimmo l’aeroporto era il più grande del mondo”. Un’opera realizzata su un’isola che prima non c’era. “Quando, prima di partire coi lavori, dissi che volevo andare sul luogo del cantiere - ricorda Piano - i giapponesi non capivano e non sapevano come spiegarmi che non c’era. Che non c’era niente. Noi, ovviamente, lo sapevamo e andammo lo stesso. Prendemmo la barca, ancorammo in mezzo al mare e ci mettemmo ad ascoltare. L’arte dell’ascolto di cui parlavo prima rispetto alle persone, esiste anche nei confronti dei luoghi. Perché i luoghi parlano, hanno storia. Anche se ci si trova in mezzo al mare”. Fare architettura significa lavorare con molte persone. “Ad un certo punto, in questo progetto, abbiamo lavorato con 10.000 operai, un esercito. C’erano in campo due grandi imprese giapponesi ciascuna delle quali cominciò a lavorare da un estremo opposto con l’obiettivo di trovarsi al centro 16 dopo un anno e mezzo. Ricordo che pensai, fra me e me, non ci riusciranno mai. E loro, invece, prima mi dissero il giorno preciso in cui l’avrebbero fatto. Poi lo fecero, trovandosi esattamente dove avevano detto”. “Si trattava di persone straordinarie e orgogliosissime. Ogni giorno lasciavano il cantiere, come se si aspettassero il terremoto. E nonostante in 38 mesi di cantiere abbiamo avuto ben 36 terremoti nessuno si è fatto male”. E tutto questo, aggiunge Piano, è significativo non perché è architettura, ma perché è “fare architettura”. L’auditorium di Roma. Quando la forma parte dal suono Dal Giappone a Roma, un salto geografico, a significare ancora una volta che “questo continuo spostarsi, muoversi per la terra, dà l’idea di come l’architettura sia un mestiere di avventura. Un mestiere in cui continui ad incrociare il tuo destino con persone che hanno dentro un’energia”. A Roma, ricorda Piano, “il rapporto con i musicisti come Claudio Abbado, Maurizio Pollini e tanti altri è stato straordinario”. Anche per affrontare uno fra gli aspetti determinanti del progetto, la scelta dell’acustica. “Guardate questa sala per 2.780 persone. E’ una cassa armonica di legno e questi pezzi di legno sono tutti scolpiti. Qui si è partiti dal suono per dare forma all’involucro che lo accoglie”. La chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e il rapporto con i materiali Un cantiere di pietra. “Un materiale straordinario. Una volta si scalpellava, adesso ci sono macchine digitali che la tagliano in modo preciso e ti consentono da fare cose eccezionali”. D’altra parte “l’architettura è fatta di materiali e il lavoro fatto sui materiali è molto importante perché il legno, la ceramica, la terra cotta, la pietra, sono antichi, quanto la Terra e vanno reinventati”. Berlino, Potsdamer Platz, 1991. Di fronte alla forza dei luoghi “Il luogo dove abbiamo costruito, Potsdamer Platz, era diventato un vuoto quando, nel ’61, con l’inizio della guerra fredda e la costruzione del muro venne fatta tabula rasa. Era vuoto e spaventoso, perché un luogo di grande sofferenza, che avrebbe potuto dire tante cose, era, invece, pieno solo di fantasmi”. Mancavano, rileva Renzo Piano, quelle “tracce del passato, che normalmente usi come fortunata presenza, che ti guidano, ti danno delle linee, una disciplina e sono importanti perché a quelle ti agganci per non restare completamente aperto”. Un foglio bianco fa paura. E a Potsdamer Platz c’era, al tempo stesso, “un foglio bianco, perché tutto era sparito”, ma anche e soprattutto, “un foglio intriso di dolore, di tensione. Un progetto molto drammatico”. Ed emblematico, visto che dei 5.000 operai impegnati sul cantiere solo 500 erano tedeschi e come fece notare a Piano l’amico e scrittore Mario Vargas Llosa, che all’epoca abitava a Berlino, “il luogo Moreno Maggi - Rpbw, Renzo Piano Building Workshop ANNO I della più terribile intolleranza che la storia dell’umanità avesse mai registrato” veniva ricostruito da 5.000 persone fra cui turchi, egiziani, russi, insomma razze e nazionalità che venivano da ogni parte del mondo. E l’architettura è anche questo. Cambiare il mondo. Sostituire “un luogo di intolleranza con un luogo di tolleranza”. Justine Lee (grande), Ishida Shunji (piccola) - Rpbw, Renzo Piano Building Workshop Il centro culturale Jean Marie Tjibaou e il canto degli edifici Da Berlino al Pacifico. In Nuova Caledonia, dove lo studio di Renzo Piano ha progettato il primo ed unico Centro Culturale del Pacifico, un complesso composto da dieci edifici intitolato alla memoria di Jean Marie Tjibaou, leader del popolo kanaki, una delle tre grandi etnie del Pacifico insieme ai maori e agli aborigeni. Un popolo la cui cultura è sostanzialmente del gesto, del movimento, della danza, del suono e del teatro. Il materiale usato per la realizzazione degli edifici è il legno, “antico come il mondo e che si può reinventare all’infinito”. Un’energia naturale perché “cresce con il sole, il vento e l’acqua”. E che, in questo caso, è stato scelto perché parte della cultura locale. “Questo è un progetto interessante – sottolinea Piano – perché si colloca a metà strada tra l’architettura e l’antropologia”. L’architetto, infatti, “deve essere anche antropologo, deve capire le persone”, la loro cultura. “Quando gli alisei soffiano, questi edifici iniziano a cantare, hanno un suono. Se ci pensate, anche queste sono cose rubate, ad una cultura”. E non è un caso che i kanaki abbiano riconosciuto il complesso come edificio loro. La sede del New York Times. La luce e i colori della ‘Grande mela’ “New York è una città che amo, una città atmosferica che alla sera, quando c’è il sole, diventa tutta rossa. Dopo la pioggia è tutta blu. E’ una città che cambia in continuazione. L’idea di partenza nel costruire la sede del New York Times - racconta Piano - era di fare una torre, alta 250 metri, dove catturare questa mobilità della luce, del colore, attraverso la ceramica”. Tenendo conto “che gli edifici catturano la luce, prendono il colore della luce”, per ottenere l’effetto desiderato, spiega l’architetto genovese, si pensò alla ceramica e vennero progettate e realizzate 360.00 ‘baguette’ di ceramica bianca. Come sempre in architettura le scelte partono da ragioni molto pratiche. “Se devi realizzare un edificio a torre - continua Piano fai un vetro trasparente per bloccare il gradiente termico oppure ciò che abbiamo fatto noi. Se si calcola con attenzione il ritmo delle ‘baguette’ fai qualcosa che non riceve mai direttamente il sole, ma dall’interno vedi fuori. Ed è ciò che abbiamo fatto, lavorando su questa logica in modo rigoroso. Anche qui è la pura forza della necessità che ti guida”. E il risultato è che l’edificio del New York Times, come si vede da un’immagine, “prende la luce, mentre gli altri non la prendono. E’ un edificio metamorfico e le ‘baguette’ hanno un loro ruolo preciso”. La California Academy of Sciences e la sostenibilità ambientale: un edificio che respira e vive al ritmo della terra Altra immagine. “Qui siamo in California a San Francisco e questa è la California Academy of Sciences. California Academy of Sciences - San Francisco 17 Marcello Castigliego La Chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo Un grande edificio costruito agli inizi del ‘900 e danneggiato dal terremoto del 1989. E’ uno dei primi e grandi musei della scienza che nacque nel 1850 su una nave a vela che, durante la buona stagione, andava a girare per il mondo raccogliendo reperti, tornava nella cattiva stagione e attraccava al porto di San Francisco diventando un museo”. All’interno del progetto realizzato dallo Studio di Renzo Piano maggiore rilevanza ha l’edificio che gli americani chiamano “Exhibit n.1” e che è stato classificato Platinum nel Leed System. Un edificio che consuma pochissima energia e nel quale è stato utilizzato moltissimo materiale riciclato. “Il tetto - spiega Piano - è ricoperto solo da specie vegetali locali che non hanno bisogno di annaffiatura ma solo di acqua atmosferica che catturano durante la notte. Si tratta di essenze, che abbiamo sviluppato con gli scienziati e che poi sono state selezionate dai botanici nell’arco di quattro anni affinché il loro stesso contenitore nel tempo diventi terra”. Sulla copertura sono poi state collocate delle bocche che quando all’interno c’è troppo caldo si aprono. “E’ un edificio che respira, che dialoga con l’ambiente, che vive al ritmo della terra”, conclude l’architetto rilevando anche che per costruire nella nuova ottica della sostenibilità ambientale “non basta risparmiare e costruire edifici che consumano poco. Occorre anche trovare un’estetica, un espressione, un linguaggio e realizzare opere che interpretino e celebrino questa nuova situazione”. Punta Nave, a Genova Ultima tappa del viaggio. “Questo è il nostro ufficio laboratorio. E’ un luogo magico che ha a che fare con l’acqua e dove il mare è una presenza costante”. Per arrivarci occorre prendere una teleferica, una sorta di cubo di vetro, che sale sino all’ingresso dello studio. “Noi facciamo molti prototipi” spiega Piano parlando del lavoro di preparazione nel quale, appunto, la fase di prototipizzazione è essenziale “perché è un modo per rendere fisica un’idea” ed aiuta ad evitare errori. L’architetto, infatti, ha una specie di condanna: “se sbaglia, a differenza di quanto succede in altre arti, quando se ne 18 accorge è troppo tardi. L’architettura quando è fatta è finita”. E se è sbagliata “impone a tutta una comunità di vivere immersa nel brutto per tempi molto lunghi”. E’ una responsabilità molto grossa dice Piano e uno dei modi per correre meno rischi è, appunto, quello di fare prototipi. Che sono da considerarsi, a tutti gli effetti, “parte essenziale del progetto architettonico”. All’interno della Fondazione Renzo Piano, oltre al laboratorio dove vengono conservati i prototipi c’è anche uno spazio, chiamato “classroom”, dove si svolgono i seminari e si riuniscono gli studenti che vengono a Punta Mare da molte università del mondo a completare i loro studi. Vengono “a bottega” come dice Piano perché “la Fondazione si occupa di insegnamento ma non tanto dando a questi giovani altre informazioni” bensì “invitandoli, come dire, a tavola, a stare con noi e vivere assieme” per capire “che l’architettura è un mestiere serio, molto complesso. Nel quale ti trovi a dovere affrontare situazioni sempre diverse che generano soluzioni originali, non per eclettismo ma perché le persone con cui ti confronti sono diverse, i luoghi e il clima sono diversi”. E in un periodo di “priapismo mediatico”, come quello che stiamo vivendo, nel quale “fra tanti architetti è diffusa un’ansia da prestazione”, Piano sceglie di concludere la sua “lezione” ribadendo che l’architettura è un mestiere antico dove, invece, “l’avventura è reale”. Tanto è vero “che molti edifici li abbiamo scritti scavando nella roccia, o affrontando tempeste, terremoti, persino trovando bombe inesplose, come successo sul cantiere di Berlino”. E l’architetto “sempre indeciso tra l’essere un tecnico, uno scienziato, uno storico, un antropologo, un umanista, un topografo, un geografo” è (e deve essere) in verità tutto questo assieme. Ma ancora non basta, a un architetto serve anche il coraggio. “Come diceva Marguerite Yourcenar – conclude Piano – creare è un po’ come guardare nel buio. Perché quando si entra in una stanza buia all’inizio non si vede niente, ma dopo un po’ si comincia a vedere. E questa è un po’ l’avventura del costruire. Occorre sapere guardare nel buio, con coraggio, senza scappare”. SOCIETÀ E COSTUME Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo Intervista a Margherita Hack Laureatasi in fisica a Firenze, presso l’osservatorio di Arcetri, nel 1945, Margherita Hack è stata professoressa ordinaria di astronomia dal 1964 al 1997 all’Università di Trieste (professore emerito dal 1998). Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987 e del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Trieste dal 1985 al 1991 e dal 1994 al 1997, è Membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e delle più prestigiose società fisiche e astronomiche. Ha lavorato presso numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell’ESA e della NASA, contribuendo sensibilmente ad accrescere il prestigio della comunità astronomica italiana in ambito internazionale. E’ autrice di numerosi libri e di oltre 250 lavori originali pubblicati su riviste internazionali. Come segno di apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato l’asteroide 8558 Hack. In questa intervista per GEOCENTRO/magazine racconta alcuni passaggi della sua esperienza illustrando le attuali e affascinanti teorie sulle origini del nostro universo, basate sull’osservazione che, oggi, ci consente di vedere galassie lontane 13 miliardi di anni luce. 20 Professoressa Hack, ci può raccontare come è nata la sua passione per l’astronomia? “In realtà non è esatto parlare di passione. Quando ho finito il liceo mi piaceva più di tutto la fisica e quindi mi sono iscritta al corso di laurea in fisica. Nel momento di scegliere la tesi avrei voluto fare una tesi in elettronica, ma il direttore di istituto decise altrimenti, assegnandomi una tesi su un argomento vecchio che non mi interessava, perché volevo fare una tesi sperimentale. A quel punto, l’altra possibilità era fare una tesi in astrofisica, la strada che scelsi. Cominciai così ad imparare ad osservare e ad utilizzare gli strumenti capendo quanto fosse interessante fare ricerca e che la mia intenzione era di seguitare a far ricerca. Non è stata, quindi, una scelta in un campo particolare. Se avessi fatto una tesi sulla fisica delle particelle, avrei fatto ricerca sulla fisica delle particelle. Diciamo che mi interessavano la fisica e la ricerca. In astronomia per interpretare la luce delle stelle si utilizzano tutte le parti della fisica, quindi l’astronomia è da considerarsi essenzialmente un ricchissimo laboratorio di fisica”. Quale percorso di studi dovrebbe intraprendere, secondo lei, un giovane che oggi desidera diventare astronomo? “Sicuramente un buon corso di laurea in fisica. E prima dell’università direi principalmente un liceo o anche un istituto tecnico. Comunque è all’università che si avvia il percorso che porta all’astronomia, e fortunatamente in Italia è rimasta la tradizione di Fermi, quindi la fisica e l’astrofisica sono ambiti nei quali c’è un ottimo livello nel campo della ricerca”. Lei ha detto che l’universo obbedisce alla geometria euclidea. Ci vuole spiegare perché? “E’ un dato delle osservazioni. Le osservazioni fatte attraverso un esperimento che si chiama Boomerang. In sintesi un pallone stratosferico in orbita attorno al Polo sud della Terra che ha osservato l’aspetto del cielo ad una lunghezza d’onda http://commons.wikimedia.org/Gianmaria Zanotti Margherita Hack di qualche millimetro e ci ha mostrato come era l’universo primordiale 13 miliardi e 700 milioni di anni fa, quando ancora non c’erano né le stelle, né le galassie. Da queste osservazioni si è potuto ricavare che l’universo è piatto, cioè che obbedisce alla geometria euclidea. A questa conclusione si è arrivati tenendo conto che certi dettagli dovrebbero essere visti, dal calcolo, sotto un certo angolo. Se l’universo è piano i raggi si propagano in linea retta e noi vediamo queste immagini nella loro vera grandezza. Se l’universo fosse curvo e chiuso, agirebbe come una lente positiva, quindi ingrandirebbe. Se fosse curvo e aperto, agirebbe come una lente negativa e quindi le immagini verrebbero rimpiccolite. Il fatto che si siano viste le immagini della grandezza che ci si aspettava implica che l’universo è piano ed obbedisce alla geometria euclidea. Nella geometria euclidea l’universo dalla Terra il Sole e la Luna, erano troppo incerte”. Quindi è la misurazione che apre, in un certo senso, la strada all’Astronomia? “C’era la curiosità. Il cielo è ed era sotto gli occhi di tutti, ed è evidente che la prima domanda che l’uomo si poneva era cos’erano le stelle, cos’era la Luna, il Sole. Perché si muovevano da est a ovest e perché le stelle mantenevano le stesse posizioni relative inalterate. A tutte queste domande l’uomo ha cercato di rispondere. E con l’osservazione attraverso il cielo e gli strumenti analitici che aveva a disposizione è riuscito ad arrivare a risposte corrette”. Come descriverebbe la sua esperienza dell’osservazione del cielo? “All’inizio c’è stata la curiosità di imparare ad osservare e ad utilizzare gli strumenti, la responsabilità, nel momento NASA Telescopio Spaziale Hubble piano vuole dire infinito. Quindi, probabilmente, il nostro universo è infinito”. Quanto deve l’astronomia alla geometria e viceversa? “Nell’antichità furono soprattutto geometri, ovviamente intesi nell’accezione dell’epoca, che, riguardo al cielo, si impegnarono per determinare la distanza dalla Terra della Luna e del Sole. Erano riusciti a determinare la distanza della Luna con buona approssimazione, mentre quella del Sole l’avevano sottostimata. Il principio che usavano era corretto. Solo che le misure, basate sui triangoli formati in cui si andava in laboratorio. E poi, naturalmente, la curiosità e l’entusiasmo di vedere come, applicando le leggi della fisica, si possa arrivare a ricostruire la struttura interna delle stelle, la loro natura fisica, la loro costituzione chimica. Il tutto utilizzando la fisica, sperimentata in laboratorio”. Secondo le attuali teorie, l’età dell’universo è compresa tra 13 miliardi e 600 milioni e 13 miliardi e 700 milioni di anni. Oggi, si dice che vediamo fino a 13 miliardi di anni luce di distanza, ovvero l’aspetto dell’universo così com’era 21 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 700 milioni di anni e dopo che ha iniziato ad espandersi. “Con Hubble vediamo la galassia più lontana, a 13 miliardi di anni luce di distanza. La vediamo, cioè, com’era 13 miliardi di anni fa. Con i radiotelescopi, però, vediamo anche l’immagine dell’universo com’era quando erano passati appena 400.000 anni dal ‘big bang’. Un’immagine nella quale ancora non si vedono né le stelle né le galassie, ma solo delle macchie più o meno dense. Sono necessari i radiotelescopi perché l’emissione avviene ad un lunghezza d’onda compresa tra qualche millimetro e qualche centimetro e occorrono quindi questi strumenti sensibili a tutte le lunghezze d’onda. Con i radiotelescopi vediamo delle zone che emettono un po’ di più o un po’ di meno con una temperatura che in media è di 2,7 gradi assoluti, quindi circa -270 gradi centigradi. E fra queste, Il radiotelescopio di Arecibo, in Porto Rico, è il più conosciuto al mondo e anche il più grande, ricavato in una depressione naturale larga circa 300 metri delle zone appena un po’ più dense e più calde di qualche centomillesimo di grado che sono quelle da cui poi si formeranno le future galassie”. In una conferenza tenutasi un paio d’anni fa all’Auditorium di Roma, lei ha definito la teoria del ‘big bang’ ingannevole. E se abbiamo capito bene, preferisce parlare di un improvviso cambiamento di stato dell’universo che ne avvia l’espansione. “In realtà è il linguaggio che è ingannevole, perché ‘big bang’ vuole dire la “grande esplosione”, la fuga delle galassie, e quindi ci si immagina che ci sia stato un gran botto che ha scaraventato le galassie in tutte le direzioni. Invece non c’è stato alcun botto. C’è stato un cambiamento di condizione dalle temperature e densità altissime e si è sviluppata un’energia che ha dato luogo all’espansione dello spazio. Ora a me pare chiaro che le galassie non fuggono, ma piuttosto, quando si formano, sono trascinate dal moto di espansione. Che è diverso. Per spiegare meglio questa differenza faccio sempre 22 il paragone con la pasta di un dolce che lievita e nella quale sono immerse delle noccioline. Queste noccioline sembrano allontanarsi l’una dall’altra. Però non sono le noccioline che fuggono è la pasta che lievita”. E’ vero che la scienza attuale non riesce a spiegare quell’evento così importante? “Sappiamo che si è liberata dell’energia che ha dato inizio all’espansione. Questa ha prodotto una diminuzione di temperatura e densità che ha dato luogo alle mutazioni dell’universo. Dalla zuppa di particelle elementari a quello che vediamo oggi, fatto di stelle e galassie. Non sappiamo, però, né la ragione di questo evento iniziale né che cosa fosse quell’energia. Potremmo immaginare, per esempio, che le particelle e le antiparticelle abbiano dato luogo a questo annichilirsi e liberazione di energia. E’ un’ipotesi”. Ciononostante, da scienziata, ha sempre rifiutato l’intervento di un agente esterno, e a maggior ragione di natura divina. Perché? “Quella non è più scienza. Diventa una questione di fede. Con Dio si spiega tutto, ma sono cose diverse. La scienza cerca di progredire, conoscendo dall’osservazione, dall’esperimento, applicando le leggi che va via via scoprendo. Poi se si crede in Dio, va bene. Dio spiega tutto, non c’è bisogno di arrovellarsi tanto. Ma non è più scienza”. E cause riconducibili per esempio ad altri universi? “Noi conosciamo l’energia e quello che osserviamo nell’universo. Poi, che esistano altri universi è un’idea possibile. Ma quello che è conoscibile da noi è il nostro universo. Si può benissimo immaginare che esistano altri universi. Come si pensava che la Terra fosse il centro dell’universo, poi che il Sole fosse il centro della Via Lattea e poi che questa abbracciasse tutto l’universo, e ci siamo sbagliati, può darsi che ci si sbagli ancora a pensare che l’universo sia tutto ciò che esiste”. In una intervista ha avuto modo dire che i viaggi spaziali avranno sempre come limite invalicabile la velocità della luce. Con questo presupposto sarà possibile un giorno per l’umanità trovare casa in un altro pianeta simile alla Terra? “Molto difficile. Credo che sia fantascienza”. Cosa pensa del discusso esperimento del Cern di Ginevra che presto dovrebbe essere ritentato e degli allarmi lanciati a suo tempo da alcuni scienziati in merito al fatto che potrebbe addirittura provocare un buco nero? “Quegli allarmi sono sciocchezze. Al Cern vogliono semplicemente liberare, con l’energia, delle particelle elementari che forse sono ancora sconosciute e forse erano presenti nell’universo primordiale. E’ un esperimento finalizzato ad ampliare la nostra conoscenza sulle particelle elementari”. In quale modo, secondo lei, l’astronomia e l’osservazione delle stelle possono aiutare l’uomo ad avere maggiore rispetto e a migliorare il mondo in cui vive? “Attraverso la conoscenza. Conoscere ciò che ci circonda ci libera da paure, da superstizioni”. NAIC - Arecibo Observatory ANNO I CITTÀ Recupero e riuso di aree dismesse nel comune di Venezia di AUDIS - Associazione Aree Urbane Dismesse Prosegue con questo articolo la collaborazione con l’Associazione Aree Urbane Dismesse, che propone la presentazione e l’analisi - secondo i principi della Carta della Rigenerazione Urbana - di alcuni significativi interventi di trasformazione e riqualificazione realizzati in importanti aree urbane italiane. Il servizio, dedicato alla città di Venezia, si apre con un intervento di inquadramento sulle trasformazioni che stanno interessando la città lagunare di Gianfranco Vecchiato, architetto e Assessore all’Urbanistica del Comune di Venezia e prosegue con l’analisi dell’intervento relativo al Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - VEnice GAteway (VEGA) - che ha dato il via alla riconversione della zona industriale di Porto Marghera in un nuovo modello produttivo a ridotto impatto ambientale. 24 Sorvolando la parte della pianura veneta che giunge al mare Adriatico, il paesaggio si trasforma via via in un reticolo sempre più denso di strade, paesi, centri abitati, zone produttive. Infine, la visione della laguna e di Venezia vengono a mescolarsi con la presenza della zona industriale di Marghera e con la conurbazione mestrina. Sono tutte testimonianze di un’alacre attività che giungono a noi fin dal passato e che dimostrano una vocazione al lavoro, all’intraprendere, a competere sul piano locale e internazionale. Questa realtà economica ha delle peculiarità rispetto ad altre aree tradizionalmente forti del Veneto, in virtù della sua posizione logistica e delle sue infrastrutture. Nel Comune di Venezia la strategia urbanistica coinvolge necessariamente tutti gli aspetti che la Carta AUDIS identifica nella sfera delle Qualità, sotto i profili architettonici, ambientali, sociali, energetici, culturali e paesaggistici. L’obiettivo è rivolto ad integrare il rilancio di investimenti sul piano della qualità delle trasformazioni e delle sue valenze ambientali, richiamando una imprenditoria dinamica e internazionale ad affiancare le forze economiche locali. Per questo la pianificazione diviene essenziale per integrare sistemi territoriali lacerati, per disegnare fasi nuove di sviluppo, per rilanciare la cultura urbana di qualità nelle aree dismesse o degradate. Il microcosmo territoriale di Venezia ha in sé le caratteristiche immagine su concessione del Servizio Videocomunicazione del Comune di Venezia Vista area di Venezia dall’isola della Giudecca per promuovere questi obiettivi e, infatti, ciò sta avvenendo nell’area industriale di Porto Marghera, così come a Mestre, a Venezia e all’isola del Lido. Tra le priorità vi è la tutela e la valorizzazione del sistema ambientale connettivo nel quale vivono queste diverse e complementari realtà, come ad esempio un grande progetto di bonifica e di ricostituzione ambientale lungo l’asta del Naviglio Brenta, denominato “Moranzani”, che, grazie ad un accordo fra Comune, Provincia e Regione, consentirà di collocare 6 milioni di tonnellate di fanghi resi inerti e provenienti dalla zona industriale, a formare una “costola” verde di due chilometri tra laguna ed entroterra. Nella lunga penisola che caratterizza la prima zona industriale di Marghera altre aree dismesse sono in trasformazione. Non solo nel settore dove insiste il Parco Tecnologico denominato VEGA, che sta completando con tre altri grandi interventi la sua riconversione da industriale a terziario avanzato ed in quaternario, ma anche nelle aree da tempo degradate poste fra la zona residenziale di Marghera e Mestre. Si tratta di interventi che coprono decine di ettari con progetti di qualità architettonica e con destinazioni d’uso che comprendono anche quote residenziali. A Mestre possiamo annoverare una serie di progetti fondamentali per il nuovo volto della città nel XXI secolo: dalla costruzione di un Museo Internazionale che sarà totalmente innovativo nel panorama nazionale e dedicato alla rappresentazione e studio dei fenomeni urbani del Novecento, che trasformerà il centro città recuperando un ex distretto militare da sempre precluso all’uso pubblico. Ancora a Mestre l’area dismessa dell’ex ospedale cittadino è interessata da un grande progetto di riqualificazione urbana ed architettonica per circa 200mila mc, che riporterà nel centro oltre mille persone ed aprirà nel contempo spazi commerciali dentro ad una radicale metamorfosi del contesto urbano. A Venezia, oltre alle zone della Marittima e di S. Giobbe che hanno progetti di riconversione per servizi, direzionale e residenza universitaria, si sta completando la costruzione del sistema di trasporto del People Mover che unirà l’isola del Tronchetto a Piazzale Roma, a sua volta interessata da un nuovo piano particolareggiato che intende ridefinire i rapporti con il contesto urbano risalenti agli anni Trenta, dopo la costruzione del ponte automobilistico translagunare. Al Lido di Venezia è in corso la costruzione del Nuovo Palazzo del Cinema e sarà trasformata a residenza e ricettivo l’area ex ospedaliera. Sempre al Lido sono in avvio progetti di riqualificazione in altre zone dell’isola, e nelle aree interessate dai grandi lavori del MOSE si stanno valutando progetti di riqualificazione anche ambientale al fine di favorire un forte rilancio che recuperi la tradizione di qualità che fece grande il Lido fin dagli inizi dello scorso secolo. In tutta l’area comunale, nonostante la crisi internazionale che ha colpito il sistema creditizio, si sta reagendo con progetti di recupero, che coprono ampie parti di un territorio Gianfranco Vecchiato caratterizzate da vasti fenomeni di degrado edilizio nella seconda metà del Novecento. Il Comune ha poi deliberato da alcuni anni forti incentivi economici sulle nuove costruzioni con sconti sui contributi per oneri primari e secondari, per agevolare investimenti sul piano dell’innovazione tecnologica e per il risparmio energetico. Venezia, che ha visto inoltre il recupero del grande complesso dello Stucky, oggi albergo e centro congressi all’isola della Giudecca, di parti sempre più ampie dell’Arsenale, luogo essenziale nella stessa storia millenaria della città, della Punta Vega 1 • Funzione precedente: Area industriale: produzione di fertilizzanti, magazzini. • Funzione attuale: Parco scientifico e tecnologico • Committente e developer: Nova Marghera spa - Gruppo Guaraldo • Progetto architettonico: arch. Giovanni Caprioglio, arch. Paolo Piva, arch. Wilhem Holzbauer e arch. Roberto Sordina. • Progetto strutture: Studio tecnico associato Turrini • Progetto impianti e energia: Steam s.r.l. • Progetto di bonifica: IPROS Ambiente s.r.l. • Costi di intervento: 94,50 milioni di €. • Finanziamenti (in euro): VEGA - Parco Scientifico Tecnologico S.c.a.r.l.: 18,00 mil. - Nova Marghera S.r.l.: 43,00 mil.Comunità Europea: 27,50 mil. - Promomarghera S.p.A.: 1,00 mil. - AGIP Petroli S.p.A.: 5,00 mil. • Tempi: approvazione 1996 - fine lavori 2004 • Superfici: totale: 94.210 mq di cui: - servizi 49.280 mq (considerando spazi comuni, sale convegni, direzionale); - parcheggi 23.000; terziario: 23.566 mq (considerando spazi per aziende, laboratori, produttivo); - commerciale: 5.250 mq • Strumenti: Piano di recupero di iniziativa pubblica e privata 25 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 della Dogana e di altri spazi espositivi come quello esemplare della Fondazione Vedova su progetto dell’architetto Renzo Piano, sta innovando pur fra i problemi derivanti dai bisogni residenziali e dalla pressione turistica, le sue capacità propulsive che acquistano energia dalla sua stessa struttura urbana ed evocativa. Una città che è sempre stata citata come un modello per le caratteristiche di città ideale dove le aree urbane dismesse hanno segnato spesso non solo la fine di un ciclo economico ma anche culturale. Materia quindi delicata e complessa alla quale occorre sempre avvicinarsi con intelligenza e con modestia, consapevoli che ad ogni passo si è dinanzi alla storia. Gianfranco Vecchiato Il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - VEnice GAteway (VEGA) Descrizione Il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - VEnice GAteway (VEGA) - ha dato il via alla riconversione della zona industriale di Porto Marghera in un nuovo modello produttivo a ridotto impatto ambientale. La progettazione e la realizzazione del Parco Scientifico Tecnologico di Venezia ha avuto come obiettivi: la promozione dello sviluppo dell’economia regionale; il miglioramento delle relazioni tra Università e l’impresa locale; la creazione di nuova occupazione qualificata. Qualità urbanistica L’area si inserisce nel processo di trasformazione urbana di Venezia e della sua terraferma voluto dalla Variante di Piano Regolatore per Porto Marghera (adozione 1994, approvazione 1999). La Variante al Prg individua le quattro aree in cui si svilupperà il Parco Scientifico Tecnologico, per una superficie complessiva di circa 35 ettari di terreno, appartenenti alla prima Zona Industriale di Porto Marghera. VEGA costituisce la prima area nella quale gli interventi si sono sviluppati in quattro fasi. Nella prima di queste fasi è stata realizzata la riqualificazione su un’area di circa 1,5 ettari e la ristrutturazione di un circolo ricreativo riconvertito nell’edificio denominato Porta dell’Innovazione. La seconda (1994-1996), ha interessato un’area di 4 ettari, nella quale sono stati realizzati il complesso Antares, recupero di un vecchio magazzino di ceneri di pirite ora utilizzato come spazio per convegni ed eventi espositivi, Pleiadi e Pegaso destinati ad attività produttive e di ricerca. Nella terza fase (1997-1999) si è proceduto alla riqualificazione di 1,7 ettari con la costruzione dell’edificio Auriga, la realizzazione di parcheggi e di una piazza sopraelevata che collega tutti gli edifici del Parco. Gli interventi dell’ultima fase (2000-2004) hanno interessato 26 Vista aerea Parco scientifico e tecnologico VEGA la riqualificazione di 4 ettari nei quali sono stati realizzati gli Edifici Lybra, adibito ad attività direzionali e Cygnus, che costituisce il complesso “produttivo”. Attualmente a completamento di VEGA, Nova Marghera sta sviluppando City Mall: 11.600 mq di superficie per un polo di servizi e attività per il tempo libero. Qualità architettonica I vari progetti alternano interventi di ristrutturazione di edifici industriali a complessi costruiti ex novo, connessi tra di loro e con la città, che vengono a costituire un paesaggio composito, variegato nei linguaggi e dinamico, a colloquio sia con il paesaggio lagunare e il centro storico, che con la realtà industriale di Marghera e la città di Mestre. Per gli scheletri di archeologia industriale è stata ideata una pelle continua e leggera che alterna superfici traslucide luminose a fluorescenti campiture trasparenti. Qualità sociale Al posto delle vecchie fabbriche si sono realizzati circa 63.000 mq di edifici dove operano oltre 200 imprese e 2000 persone. VEGA è un nuovo quartiere urbano dove laboratori e piattaforme tecnologiche d’avanguardia convivono con aree per il tempo libero, sedi di enti e istituzioni prestigiose, creando un ambiente di lavoro ricco e vario che favorisce le sinergie fra gli operatori presenti. Qualità economica La realizzazione del progetto ha visto consistenti contributi comunitari. L’utilizzo di finanziamenti pubblici, giunti copiosi, ha fatto da traino per gli investimenti privati, destinati in particolare al riutilizzo e alla riconversione di aree contigue, Ex Molino STUCKY recuperato e alla costituzione della società “Nova Marghera srl” che, per dare uno sviluppo omogeneo al progetto, si impegna nella costruzione di altri 40.200 mq di edifici, aree verdi, garage e parcheggi. Il parco costituisce oggi un centro di attività produttive e imprenditoriali che genera vivacità economica e posti di lavoro di grande rilevanza per la città e la regione. Qualità ambientale VEGA è un modello di riconversione ambientale riconosciuto dalle certificazioni internazionali per la qualità della gestione rispetto all’ambiente (ISO 14001) e ai servizi (ISO 9001). La bonifica, avviata e conclusa prima dell’entrata in vigore del Decreto Ronchi, ha riguardato il trattamento delle ceneri di pirite, lo scavo e la vagliatura del terreno inquinato; l’accumulo del materiale inquinato (terreno e ceneri di pirite non vendibili) in due vasche di contenimento, l’impermeabilizzazione del perimetro dell’area e del suolo, il recupero ambientale mediante deposizione di terreno vegetale, inerbimento e piantumazione di arbusti. In ottemperanza alla nuova normativa nazionale (DM 471/99 e dlgs 152/06), inoltre, sono condotti monitoraggi delle acque in falda, l’emungimento e il trattamento delle acque; si aggiungono le misure di messa in sicurezza d’emergenza nei confronti della laguna, mediante lo sbarramento fisico della falda contenuta sia nei terreni di riporto che negli strati permeabili sottostanti. Qualità energetica Il progetto è stato avviato in un momento in cui la cultura del risparmio energetico non era sviluppata come oggi; di conseguenza sono mancate le indicazioni di legge e l’applicazione di tecnologie adeguate che caratterizzano i progetti più recenti; le realizzazioni per le prime quattro fasi non hanno pertanto elementi di particolare qualità sotto questo profilo. Qualità culturale e paesaggistica Il progetto crea una sintesi tra riferimenti diversi: la cultura industriale, la nuova concezione del waterfront urbano a livello internazionale e le particolari organizzazioni spaziali della città sull’acqua, come nel complesso Lybra e Cygnus. Un luogo ‘cerniera’ dal punto di vista fisico e simbolico tra le spinte urbane di Mestre, l’area industriale e il centro storico veneziano. Cos’è AUDIS L’Associazione Aree Urbane Dismesse affronta le problematiche riguardanti la trasformazione di quelle parti di città che hanno interrotto il loro ciclo funzionale e che soffrono della frattura tra la struttura urbana e i suoi nuovi utilizzatori. Nel corso della sua attività, iniziata nel 1995, AUDIS ha saputo cogliere l’evoluzione del tema delle aree dismesse, stimolando il dibattito tra amministratori pubblici, operatori privati e tra tutti coloro che sono coinvolti nei processi di trasformazione urbana, ampliando continuamente il dibattito. La Carta della Rigenerazione Urbana, approvata nel 2008, costituisce il punto di arrivo dell’associazione come promotrice di una cultura volta alla riprogettazione della città dall’interno. Gli associati AUDIS sono Comuni di grandi e medie città, amministrazioni provinciali e regionali, imprese e società private e pubblico-private, istituti di ricerca e associazioni, università. Per approfondire: www.audis.it 27 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 AMBIENTE E TERRITORIO “Cari progettisti, imparate a pensare a colori” Intervista a Gianni Martinetti Dirigente e membro del Consiglio di Amministrazione di Covema Vernici Spa, Gianni Martinetti in questa intervista racconta qual è il percorso che porta alla nascita di un nuovo colore. Come, andando per il mondo a caccia di stimoli e spunti e setacciando i luoghi della moda e del design, si possano individuare le nuove tendenze che caratterizzeranno i colori per interni dei prossimi anni. E il rapporto, non sempre risolto, tra gli architetti, i progettisti e il colore. Martinetti, ci tolga subito una curiosità: come si diventa esperti del colore? “La risposta non è né semplice, né immediata. Nel senso che teoricamente gli esperti di colore dovrebbero nascere dalle facoltà di design e di architettura. Ma in Italia le università che organizzano percorsi formativi sul colore sono pochissime e spesso si appoggiano a strutture esterne o alle competenze interne di qualche docente ‘illuminato’, che crede nel colore. La ragione di questo vuoto a mio parere, risiede nel fatto che lo studio del colore si percepisce ancora come una materia molto soggettiva e non, come invece si dovrebbe, come una scienza. E il risultato è che 28 mentre in alcune realtà europee cominciano ad affermarsi e ad essere riconosciute figure come il ‘colour designer’, in genere professionisti che hanno costruito la loro competenza su studi specifici e istituzionali, oltre che su esperienze personali, da noi il percorso è un po’ da inventare”. Veniamo alla vostra realtà. Come nasce, dal punto di vista ideativo e tecnico, un nuovo colore in Covema? “Credo sia doverosa una premessa. Non ho la presunzione di dire che i colori li creiamo noi. Anzi è senz’altro giusto dire che i colori esistono già in natura, nel mondo, nelle cose. Le aziende di vernici come Covema devono avere, semmai, la capacità di riprodurre quei colori e di farli diventare materia. Questo, a mio parere, è il nostro compito: lavorare sui nostri componenti base, pigmenti e prodotti vernicianti, per riprodurre i colori della natura in maniera sempre più bella, più intensa. Per tornare alla domanda, dobbiamo un po’ entrare nella teoria del colore, che sostanzialmente definisce il colore come composto da una serie di cromaticità, quelli che noi conosciamo come i colori base, e poi dall’asse della luminosità, semplificato nei suoi opposti, il bianco e il nero. Miscelando cromaticità differenti con bianco e nero si possono classificare tutti i colori percepiti dal nostro occhio. Saper gestire, amalgamare queste componenti determina la capacità di riprodurre un colore”. Quali sono le aree che entrano in campo dal punto di vista aziendale nel momento che si decide di predisporre un nuovo colore? “Nel nostro laboratorio operano due professionisti dedicati esclusivamente alla nascita dei colori. Sono dei periti chimici tintori che hanno la capacità di capire, comprendere un colore e riprodurlo. Nel fare questo si avvalgono del necessario supporto photo©shutterstock.com/Sailorr strumentale, utilizzando gli spettrofotometri ed i colorimetri che permettono di misurare la curva di riflettanza del colore, cioè “l’impronta univoca” del colore nell’ambito della luce visibile. Tramite questa curva, appositi software collegati agli strumenti sono in grado di formulare una “ricetta colore” realizzabile con i nostri prodotti vernicianti. Un tempo questo lavoro di formulazione veniva fatto dagli esperti “coloristi” che riproducevano ad occhio il colore, miscelando con maestria i componenti base. Oggi i software sono di grande aiuto anche se un occhio esperto è sempre necessario. E comunque è bene ricordare che ci sono dei limiti, sia di natura tecnica sia economica, e non sempre con i pigmenti disponibili nel nostro settore si è in grado di realizzare tutti i colori presenti nel mondo”. La vostra pubblicazione, ‘Coloretrend’, da anni contribuisce a segnalare le nuove tendenze in tema di colore. Per l’edizione 2010 – 2011 vi siete avvalsi, tra gli altri, della collaborazione di Orietta Pellizzari, esperta e ‘cacciatrice di tendenze’. Come è nata questa idea e come si è sviluppata? “Coloretrend nasce qualche anno fa quando, partendo dal presupposto che anche i colori per l’arredamento di interni hanno un loro andamento ciclico e seguono le mode, ci siamo detti: perché non provare ad andare a vedere dove nascono i colori di tendenza dei prossimi anni? Abbiamo quindi osservato da vicino cosa proponevano settori come l’abbigliamento, il design, l’elettronica, l’auto, i mobili e l’arredamento. Sfere caratterizzate da una forte contaminazione reciproca che, in effetti, ci hanno fornito elementi ed indicazioni di grande stimolo. Soddisfatti dei risultati delle prime due edizioni biennali, quest’anno abbiamo scelto di rilanciare il progetto avvalendoci dell’esperienza di persone che, grazie al loro fiuto e gusto, potevano portarci stimoli ancora più interessanti. Proseguendo nel rapporto istituzionale con l’Istituto del Colore di Milano, abbiamo individuato in Orietta Pellizzari, una professionista che collabora con diversi marchi e istituzioni nazionali importanti, la nuova capo progetto. Orietta gira per il mondo facendo, come dice lei, ‘cool-hunting’, cioè caccia le tendenze all’interno di posti molto particolari. In primo luogo i negozi della moda, come per esempio lo ‘store’ di Armani a Tokio, disegnato ed allestito da Fuksas e da altri famosi architetti e designer, subito diventato di tendenza. E poi locali, ristoranti, sale teatrali, gallerie d’arte, fiere, sfilate. Durante i suoi tour Orietta, curiosando, raccogliendo segnali ancora ‘deboli’ e cercando di percepire, fra tanti stimoli, le tendenze che andranno a finire in architettura, ha scattato moltissime foto. Materiale prezioso che abbiamo, poi, analizzato mettendoci attorno ad un tavolo con persone caratterizzate da competenze diverse: docenti del Politecnico di Milano, architetti, esperti di illuminotecnica, designer. Alla fine del percorso, durato quasi un anno, abbiamo radunato le idee e dato alle stampe la terza edizione di Coloretrend. Un’edizione, a mio parere, particolarmente riuscita anche perché strutturata sulla connessione tra il colore e i modi di vivere. Una lettura fortemente attuale che ci ha consentito di inserire e organizzare i colori individuati all’interno di cinque ambienti che corrispondono ad altrettanti modi di vivere e di pensare la propria abitazione”. Ci può illustrare i diversi ambienti e le scelte cromatiche che li caratterizzano? “Il primo ambiente lo abbiamo chiamato ‘Classy chic’. E’ un ambiente classico, collocato in un palazzo di prestigio ristrutturato, nel centro storico. I temi colore di questo 29 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 mondo-ambiente sono quelli del bianco e del nero giocati in contrasto. Con un nero che, però, non è mai asettico ma ha già dentro del colore. Un nero caldo. Così come anche i bianchi. Non sono freddi, sono dei bianchi panna e comunque tonali. In questo tema abbiamo evidenziato l’unione di tinte classiche con la presenza di prodotti decorativi grigi metallizzati e dorati che vengono utilizzati a contorno o ad esaltazione di alcuni particolari architettonici di una casa. E ai quali si uniscono componenti di arredo di analoghe tonalità. Il secondo è un po’ particolare, sbarazzino. L’abbiamo chiamato ‘young’. E’ la casa in affitto, per esempio di un giovane che va a studiare nell’università di una grande città e che ha l’esigenza di personalizzare il proprio ambiente con colori vivaci. Un ambiente dove immaginiamo oggetti un po’ ‘raffazzonati’ in giro, acquistati ad Ikea o prestati dai genitori. Eterogeneità, insomma, a cui si vuole dare, col colore, una connotazione un po’ particolare. Per questo si è pensato ad una miscela di colori molto d’accento, verdi acidi e azzurri violacei con tinte che noi definiamo intermedie o dominanti leggermente più tranquille. Il terzo ambiente, ‘City urban’, è quello del single che vuole la casa di design, moderna, magari all’interno di un loft o in un ambiente simile ed in questa logica ha bisogno di colori che sottolineino l’aspetto tecnologico. Qui abbiamo osato molto puntando sul contrasto tra rossi caldi e grigi freddi. Quindi amaranti o rossi purpurei piuttosto che ciliegia con grigi tonali. Un contrasto che deriva dal design Coloretrend, Classy chic 30 high tech e che riconosciamo in questo ambiente. Gli ultimi due ambienti, invece, sono dedicati della seconda casa. Il primo si chiama ‘Beach time’, e guarda ovviamente alla casa del mare. Qui siamo andati a lavorare sul tema del violaceo e del blu violaceo. Abbiamo anche dato una spruzzata di verde smeraldo e verde acqua che in alcuni casi può essere assolutamente interessante. Insomma un tema molto leggero, fresco, che miscela anche l’utilizzo di particolari essenze profumate. ‘Country time’ è la casa in campagna che oggi, secondo noi, ha bisogno di colori terrosi: dei tabacchi particolari, marroncini leggeri miscelati con dei beige molto tenui piuttosto che degli accenti fatti con degli ocra rossastri”. Come si declinano queste proposte verso il mondo dei progettisti? “Innanzitutto, cercando di sfatare il luogo comune che porta troppo spesso a pensare ad una stanza di un unico colore. La suggestione che abbiamo voluto dare con questa edizione di Coloretrend è che, invece, probabilmente il tono colore di una stanza è dato da un particolare e non sempre dalla parete. E quindi più che nello scegliere o consigliare un singolo colore, la capacità e direi anche il valore aggiunto sta nel sapere rappresentare e proporre un mix di colori, un’unione di toni. Ecco perché ognuno dei cinque ambientitema è caratterizzato da dodici colori suddivisi in terne da quattro colori ciascuna e denominate: intermedi, dominanti Coloretrend, Urban city e accenti. Questi ultimi sono i colori che connotano in maniera netta un ambiente. Quindi, consigliamo, l’accento va miscelato nella giusta proporzione con quelli che sono, invece, i colori intermedi e dominanti. A supporto delle scelte abbiamo messo a disposizione dei progettisti uno strumento che si chiama ‘proporzione colori’ indicando, allo stesso tempo quelle che, secondo noi, in ciascun ambiente, sono le quantità corrette di accento, rispetto alla quantità di colori dominanti. Insomma delle proporzioni”. Qual è dal suo punto di vista il rapporto degli architetti e più in generale dei progettisti con il colore? “Mi piace pensare a due modi di utilizzare il colore in un progetto architettonico: come sostantivo o come aggettivo. L’architetto, storicamente e culturalmente, come vero sostantivo del progetto ha in mente la forma. Gli architetti progettano case e strutture fatte in un certo modo, con una determinata funzione, spesso dimenticandosi completamente del colore. Non utilizzandolo come elemento progettuale e quasi attaccandolo quando il progetto è ormai determinato. Il colore è solo un pezzo che viene dopo, un aggettivo. Ci sono moltissimi progetti fatti così. Credo che, invece, il colore dovrebbe essere pensato insieme alla forma, ne ha la stessa dignità perché si integra con essa ed è capace di esaltarla o di nasconderla. I professionisti più attenti al tema, a mio parere, dovrebbero far percepire nei loro progetti che il colore, in realtà, è sostantivo tanto quanto la forma. Dovrebbero pensare a colori”. Cambiamo tema, qual è il suo punto di vista sull’utilizzo attuale da parte delle Amministrazioni locali dello strumento ‘Piano del colore’? “Indubbiamente, il cambiamento che, dopo l’esperienza di Torino con il primo Piano Colore, ha indotto le Amministrazioni comunali ad osservare più da vicino il colore, dotandosi in alcuni casi di veri e propri strumenti urbanistici direttivi, è stato di natura epocale. Dopodichè, purtroppo, oggi è impossibile non osservare che il Piano Colore di un comune fa fatica a dare risultati cromatici apprezzabili in tempi brevi e risulta essere uno strumento di uso limitato ad alcune aree e spesso solo ad alcune vie. Capita, quindi, di vedere dei coordinamenti corretti e ben fatti che poi lasciano un po’ alla deriva quello che è il contorno del centro storico, il resto della città che peraltro, secondo me, andrebbe gestito anche in maniera più attenta. Perché, se i centri storici hanno comunque una loro connotazione, è nelle periferie urbane che nei decenni si sono accumulati i guasti maggiori. E proprio quelle dovrebbero, invece, essere inserite in maniera intelligente all’interno di Piani Colore fatti bene. Forse non risolveremo i problemi del cosiddetto degrado urbano con il colore, però è indubbio che in una città pulita, ordinata e colorata adeguatamente si è portati a comportarsi in un certo modo. Io, quindi, il colore lo vedrei estendersi e impossessarsi di tutta la città. Anzi, per ogni singolo comune, mi piacerebbe pensare di poter creare un abbinamento di colori corretti, i quali possano caratterizzare in maniera distintiva, evidente, coordinata nei vari elementi del tessuto e dell’arredo urbano, la città stessa”. 31 PROGETTI Grottaglie Un teatro all’aperto per il recupero e la valorizzazione delle cave di Fantiano 32 La Regione Puglia gli ha assegnato il Premio per la qualità architettonica. Ma il riconoscimento forse ancora più importante è venuto dalle persone. Dai tanti spettatori (in qualche serata anche diecimila) che lo hanno ‘abitato’ per assistere ai concerti e alle manifestazioni culturali che hanno animato l’ultima estate di Grottaglie, suggestiva terra di gravine in provincia di Taranto. E’ il nuovo teatro stabile all’aperto sorto, grazie ad una illuminata e sapiente operazione di recupero e valorizzazione, nell’area delle cave di Fantiano. Un progetto realizzato, su bando dell’Amministrazione comunale, dallo studio associato “d_progetti”. In questo articolo, insieme alla presentazione dell’intervento, i progettisti Francesco D’Elia, architetto e Claudio Donati, geometra, illustrano la genesi del progetto, le scelte compiute grazie alla lettura e l’ascolto del luogo, le sfide costruttive e i materiali utilizzati, con grande attenzione al recupero e riutilizzo di quanto già presente in ambiente. si concentrò l’attività estrattiva per la produzione di conci di tufo e sabbia calcarenitica. In seguito, anni di abbandono avevano portato le cave ad essere utilizzate come discariche abusive. Oggi il paesaggio è caratterizzato da un immenso parco naturalistico costituito da oliveti secolari, boschi di Pino d’Aleppo e macchia mediterranea, grotte che ospitavano gli antichi insediamenti e cave tufacee a cielo aperto con pareti a strapiombo, terrazze e isolati “monoliti” che disegnano incredibili architetture di calcarenite. Negli ultimi tempi (dal 1999) l’interesse del Comune di Grottaglie, della Regione Puglia e le opportunità comunitarie, hanno fatto sì che a questi ambiti sia stato riconosciuto un alto valore paesaggistico, che ha consentito la istituzione del Parco Regionale Naturale della Terra delle Gravine. Si è attivato un modello di riqualificazione e valorizzazione integrato, che ha coinvolto diversi ambiti, quali il centro storico, il Quartiere delle Ceramiche e gli habitat rupestri con l’obiettivo di implementare le ricadute turistico-ricettive ed innalzare il livello di qualità della vita dell’intera collettività, secondo principi di eco-sostenibilità. I primi interventi hanno riguardato il riappropriarsi dei luoghi attraverso l’organizzazione di manifestazioni teatrali e concertistiche stagionali che in breve tempo hanno raggiunto una dimensione internazionale (Musica Mundi, il Teatro della Fede). Da questi riscontri è nato il progetto che, oltre alla sede stabile del teatro di Fantiano, prevede la realizzazione del Parco Attrezzato delle Gravine e delle Cave per attività culturali, spettacolari e del tempo libero. Il teatro di Fantiano L’area dell’intervento è ubicata a circa tre chilometri, a nordovest, dal centro urbano di Grottaglie. In questo luogo e nelle gravine limitrofe ha stanziato la popolazione fino al consolidamento dell’attuale nucleo storico cittadino. Tra gli anni cinquanta e settanta del novecento, nella zona Il progetto L’idea centrale, come si legge nella documentazione progettuale, è stata quella di fornire un’immagine di rilievo simbolico e rappresentativo, sotto il profilo architettonico, paesaggistico ed ambientale, in grado di confrontarsi con l’intorno agrario ed antropizzato attraverso segni sintetici ed immediatamente riconoscibili. L’ordine degli attributi qualificativi dei materiali e dei componenti edilizi è stato assunto come valore estetico da denunciare apertamente recuperando i ‘suggerimenti’ forniti dal luogo e riprendendo il giusto significato dei dettagli architettonici, delle differenziazioni di Sezione del progetto 33 grana materica, delle trame di disegno, dei colori, del trattamento delle superfici dei vari materiali, delle specie arboree ed arbustive. Le principali indicazioni progettuali, come spiegano Francesco D’Elia e Claudio Donati ripensando alla genesi dell’intervento, si impongono già alla prima verifica sul luogo e nel corso della successiva analisi del territorio. “Abbiamo operato su un territorio di per sé fantastico – rilevano i progettisti ripensando alla genesi del progetto – . Si può quasi dire che in confronto alla bellezza del luogo non abbiamo fatto nulla. O anche, che l’avere fatto poco, l’essenziale, ci ha consentito di realizzare un’opera che è stata giudicata importante, anche per la sua capacità di dialogare con l’ambiente”. “Nel primo sopralluogo – ricordano – ci siamo trovati di fronte ad un contesto affascinante e ricco di segni da leggere. Macchie di colore sulle rocce, relitti dell’attività estrattiva, una fossa creata artificialmente, dei monoliti che un tempo erano serviti ad individuare i confini delle proprietà. E la presenza significativa di vegetazione che segnalava come la natura, appena terminata l’attività dell’uomo, si fosse riappropriata dei luoghi. Un elemento, questo, che si ha stimolato moltissimo, in termini progettuali”. “Vediamo anche – continuano D’Elia e Donati – che non c’è bisogno di inventare nulla, perché il teatro, dove lo voleva l’Amministrazione di fatto c’era già. A partire da una quinta suggestiva delineata nella parete della cava e dai gradoni disegnati sul terreno dove saremmo andati a lavorare, segni delle ‘tagghiate’, che poi riprenderemo dandogli continuità”. A seguito di questa lettura, attenta oltre che all’aspetto puramente morfologico, alla “stratificazione temporale” del luogo e degli oggetti presenti sul posto, in definitiva al “genius loci”, il progetto del teatro prende corpo. Sull’area di sedime, in coincidenza con la depressione del terreno utilizzata nell’ultimo periodo come discarica abusiva, 34 Progettazione e Direzione Lavori d_progetti Donati D’Elia Associati Francesco D’Elia (capogruppo) Coordinamento della progettazione Gaetano Cavallo Dirigente U.T.C. Settore LL.PP. Responsabile del procedimento Davide Caputo Settore LL.PP. Collaboratori Giovanni Blasi, Gerardo Bonomo, Roberto D’Elia, Angelo Di Bello, Patrizia Donati, Alessandro Fischetti, Vincenzo Latanza, Marcello Perrini, Chicco Raschillà, Carlo Siciliano Geologia Jean Vincent C.A. Stefani Fattibilità ambientale Pietro Tripaldi Consulenza pubblico spettacolo Pier Paolo Raho Sicurezza dei lavori Francesco D’Elia Committente Comune di Grottaglie Ente Finanziatore Regione Puglia Settore Beni Culturali P.O.R. Puglia 2000 - 2006 P.I.S. n.13 “Itinerario turistico - Culturale Habitat Rupestre” Misura 2.1 Comune di Grottaglie Assessorato LL.PP. Localizzazione Contrada Fantiano in Grottaglie (Ta) Impresa Magazzile Rocco Antonio, Massafra (Ta) Dati dimensionali superficie del lotto di intervento: 80.000 mq volumi complessivi: 1.400 mc Cronologia 2006 progetto esecutivo 2007 - 2008 realizzazione Fotografie Arch. Roberto D’Elia viene ricavata la cavea per gli spettatori, utilizzando in parte i gradoni esistenti e costruendo, in continuità, ulteriori gradonate sempre in tufo. Le sedute per gli spettatori sono realizzate in blocchi squadrati di pietra calcarea del tipo locale, mentre i gradini di smistamento sono in mattoni di cotto tipici della produzione ceramica locale. La cavea – spiegano i progettisti – si adagia e si integra altimetricamente e planimetricamente allo stato dei luoghi, al di sotto di una parte di essa, come un’opera ipogea, sfruttando la depressione del terreno bonificato, vengono realizzati i servizi degli spettatori e le centrali tecnologiche. Il palcoscenico ed il blocco dei camerini e servizi per gli artisti-addetti sono ubicati a ridosso del fronte di cava, che costituisce la quinta naturale per le rappresentazioni spettacolari. La quota altimetrica e l’ingombro planimetrico del palcoscenico coincidono con il banco tufaceo ed il materiale di risulta che era presente ai piedi del fronte cava, per il quale viene eseguito un intervento di risagomatura e pulizia delle superfetazioni. Posteriormente al palcoscenico è stato realizzato il blocco di camerini e servizi per artisti e addetti. Il manufatto “pensato” come un monolite, è costruito con blocchi di tufo a vista (utilizzando i conci presenti in loco) e con le lamiere in acciaio cor-ten a memoria dei vecchi macchinari utilizzati per l’estrazione. Le sfide costruttive e i materiali “Un elemento importante del percorso prima progettuale poi costruttivo - dicono al proposito D’Elia e Donati - è stato senz’altro quello relativo alla realizzazione dei nuovi volumi dove hanno trovato posto i servizi per gli spettatori e i camerini. Su questi ultimi, in particolare, abbiamo optato per una caratterizzazione che esplicitasse la modernità del nostro intervento, datato 2006 2008. Una scelta fatta per evitare il rischio di creare un falso, un qualcosa che fingesse un riferimento al passato del luogo”. Il monolite orizzontale si caratterizza, allora, attraverso una non planarità che, nel richiamarsi alla forma dei monoliti verticali presenti nell’area e alla casualità della natura, firma, in qualche modo, la modernità dell’opera. Così come i tagli e le linee della stessa (“che hanno richiesto un impegnativo lavoro di carpenteria”), l’utilizzo del calcestruzzo in cemento armato e gli inserti di acciaio cor-ten “che richiamano i relitti dei materiali arrugginiti abbandonati sull’area. Presenze che ci hanno affascinato molto anche perché trovano somiglianza nel colore rossastro del dilavamento”. Naturali ed inseriti nella tradizione locale, gli altri materiali utilizzati: “il legno per il palcoscenico, il tufo lavorato con tagli tipici delle vecchie masserie, la terra, la ghiaia, il verde, evidenziando le specie locali, la ceramica, utilizzando mattonelle di produzione grottagliese per i camminamenti, la pietra per le sedute”. 35 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 “Un altro momento particolarmente impegnativo – proseguono i progettisti – è stato quello della bonifica dei sentieri e del territorio circostante il teatro. Otto ettari di sentieri, macchia mediterranea e numerose cave a cui sono state assegnate destinazioni per attività ricreative e cinematografiche”. Il futuro e le opportunità per il territorio Oltre che dal punto di vista architettonico, l’intervento di Fantiano si segnala in quanto esperienza pilota e laboratorio in vista di una rifunzionalizzazione dell’intera zona delle gravine che parte da Matera e arriva sino a Grottaglie. Capace di trasformare un’area abbandonata in luogo adatto ad ospitare manifestazioni culturali in grado di attrarre utenti da un bacino che va ben oltre i confini del territorio comunale e allo stesso tempo rispettoso dell’ambiente, può rappresentare, infatti, il primo tassello di un percorso, non certo facile, che potrebbe portare il sistema delle cave e delle gravine a diventare un interessante elemento attrattore in funzione turistica oltre che culturale. 36 Lo studio “d_progetti” Francesco D’Elia (Grottaglie 1955) si laurea presso la Facoltà di Architettura di Firenze nel 1980. Nel 1982 fonda con Antonio e Claudio Donati (geometra), lo studio associato “d_progetti” Donati D’Elia con sede a Taranto. Operativo sul territorio nazionale, lo studio si occupa di riqualificazione urbana, progettazione architettonica e delle infrastrutture. Ampio riconoscimento deriva dalla realizzazione di centri polivalenti per lo sport, cultura e spettacolo tra i quali si ricordano il Palamazzola (TA), Complesso polifunzionale – Martina Franca (TA), Centro per lo Sport e la Cultura – Policoro (MT). Impegnato attualmente nella progettazione e direzione lavori in ambito pubblico e privato (Palasport – Veroli (FR), Ristretta (ME), Porto Turistico di Otranto (LE), Parco fluviale del Basento (PZ), Città dello Sport Sant’Angelo a Cupolo (BN), Stadio Comunale Lamezia Terme (CZ), Stadio di atletica leggera Reggio Calabria) sviluppa parallelamente le attività di partecipazione e concorsi di progettazione nazionali ed internazionali. COSTRUIRE “átika” “átika”, tradizione mediterranea e tecnologie per l’efficienza energetica di Marco Soravia (Architetto e Responsabile Ufficio progettazione Velux s.p.a.) Per centinaia di anni le popolazioni mediterranee hanno costruito adottando strategie che permettessero di ottimizzare il comfort. Lo spessore dei muri, la colorazione bianca delle pareti esterne e del tetto, le persiane sulle finestre, le vie strette o i cortili interni, le vasche d’acqua sono stati utilizzati per secoli in modo consapevole e funzionale. Tuttavia, negli ultimi decenni l’architettura sembra avere dimenticato queste tradizioni. “átika” è una casa a basso consumo energetico sviluppata da Velux per i Paesi del sud Europa. Ispirandosi alla tradizione mediterranea, “átika” si pone l’obiettivo di ottenere un maggiore comfort abitativo e un minor consumo energetico grazie a soluzioni semplici e al contempo efficaci, associando 38 e combinando il meglio del passato e del futuro: la semplicità e l’economia delle risorse dell’architettura tradizionale con la più recente tecnologia delle costruzioni. In “átika” confluiscono i risultati di uno studio commissionato al centro di ricerca interuniversitario A.B.I.T.A di Firenze (Architettura Bioecologica ed Innovazione Tecnologica per l’Ambiente) sull’indoor comfort, con un focus particolare sugli ambienti mansardati nell’area mediterranea. La ricerca ha dimostrato che grazie a materiali isolanti adeguati, a una ventilazione naturale efficace, a posizionamenti ottimali di finestre e schermi solari, gli ambienti mansardati raggiungono un comfort interno migliore di un qualsiasi altro piano dell’edificio. Il progetto concettuale di “átika” è stato creato da Javier Cantalejo di ACXT/IDOM, uno studio spagnolo di provata fama nel campo dell’architettura e dell’ingegneria, che ha collaborato con Frank Gehry alla realizzazione del Museo Guggenheim di Bilbao. L’idea architettonica alla base del progetto è quella di creare singole stanze con specifiche destinazioni d’uso organizzate attorno a un patio. Una casa unifamiliare composta da una camera da letto con bagno adiacente, sala con cucina e atrio d’ingresso. La destinazione d’uso di ogni stanza è caratterizzata dal suo orientamento cardinale dato dall’inclinazione dei raggi solari rispetto alla pendenza del tetto e alle finestre presenti. Le angolazioni della copertura sono legate alla necessità di assorbire la luce o proteggersi da essa in funzione degli angoli di irraggiamento solare tipici dell’Europa meridionale (30° durante l’inverno, 50° durante la primavera e l’autunno, 74° durante l’estate). I 10 mq di pannelli solari termici sono, infatti, orientati a sud su falde con inclinazioni ottimizzate per garantire la massima resa energetica durante tutto l’anno. Anche le finestre per tetti sono strategicamente posizionate per assicurare la migliore illuminazione naturale e per sfruttare opportunamente l’effetto serra in inverno e l’effetto camino (ventilazione) in estate. Le origini “átika” è un’abitazione unifamiliare di circa 63 mq con un ampio patio, che si ispira alla tradizione architettonica romana dove gli ambienti erano distribuiti intorno al cortile. Questa disposizione permette di sfruttare la ventilazione trasversale garantita dalle finestre posizionate lungo il patio. Nel dettaglio, l’architettura tradizionale mediterranea è ben rappresentata dalle domus romane, edifici che erano caratterizzati da: ambienti molto alti (anche 5 o 6 metri), in grado di attivare una buona ventilazione naturale; grosse murature in pietra che mantenevano un buon isolamento e un po’ di umidità utile ad abbassare la temperatura; zone d’ombra, grazie a cortili interni, tettoie e pergolati verdi, un orientamento preciso dei locali a seconda delle loro funzioni. Le forme Vista dall’esterno, “átika” ha un particolare profilo a zigzag. La forma frastagliata del tetto non deriva da scelte estetiche, ma dal fatto che ogni inclinazione svolge una funzione energetica. Alcune porzioni di tetto sono orientate a nord per avere una luce indiretta negli ambienti, ottimale durante la stagione estiva per illuminare senza accumulare calore. Altre porzioni sono orientate a sud, per ottenere una luce calda nelle stanze e per accumulare calore durante l’inverno (il cosiddetto effetto serra). L’orientamento a sud delle falde permette inoltre di captare la massima energia solare possibile durante tutto l’anno, attraverso pannelli solari termici. Utilizzo dell’energia solare Alla nostra latitudine la massima efficienza dei collettori solari termici si ottiene con inclinazioni comprese tra 15 e 60 gradi. In “átika”, le pendenze dei tetti sono state disegnate appositamente per far sì che i collettori sfruttino il massimo irraggiamento durante l’intero arco dell’anno per la produzione di acqua calda sanitaria, per il riscaldamento e per il raffrescamento estivo. Ogni singola inclinazione infatti corrisponde a una incidenza diversa con cui il sole colpisce i pannelli durante le diverse stagioni. Nel bilancio energetico annuale le finestre orientate a sud svolgono un ruolo attivo. Il sole, colpendo le vetrate, penetra negli ambienti, riscaldandoli in modo del tutto naturale e gratuito. Questo semplice fenomeno viene definito “effetto serra”. Il ruolo attivo delle finestre viene completato durante la stagione estiva con appositi schermi solari esterni che proteggono i vetri dall’eccessivo irraggiamento nelle giornate più calde. In questo modo le finestre non costituiscono un punto di dispersione di energia, ma diventano un elemento che contribuisce a ridurre i consumi annuali. Expo 2010 in cifre OSSERVATORIO Durata: 1 maggio - 31 ottobre 2010 Area: 5,3 Kmq Espositori: 239 Visitatori attesi: 75 milioni Per la prima volta in un’esposizione universale, a Shanghai 2010, un’area dedicata ospiterà le ‘buone pratiche’ dello sviluppo urbano. O meglio una selezione delle città del mondo che, negli ultimi anni, si sono dimostrate più ‘virtuose’ nel gestire, in diversi ambiti, i processi di modernizzazione, trasformazione ed evoluzione e hanno operato per migliorare la qualità dei loro territori e le condizioni di vita dei cittadini. In perfetta sintonia, quindi, con il tema dell’Expo cinese: “Better City, Better Life” (Città Migliore, Vita Migliore). L’area (di circa 15 ettari e composta da ex capannoni industriali recuperati e adibiti a spazi espositivi per le città, su progetto dello studio italiano mOa - Mario Occhiuto architetture) si chiama Urban Best Practices Area (UBPA) e dal 1 maggio al 31 ottobre 2010 presenterà ai visitatori della manifestazione i progetti di oltre cinquanta città. In qualche modo l’elite mondiale nel settore, individuata dagli organizzatori attraverso una selezione operata fra le centinaia di richieste di partecipazione provenienti da tutto il mondo. Per l’Italia saranno presenti (con propri spazi espositivi) Bologna (nella sezione “Livable cities”) e Venezia (“Protection and utilization of historical heritages”). 40 All’interno di un padiglione ‘collettivo’ sarà invece ospitata Milano, che promuoverà Expo 2015, prossima Esposizione Universale con sede nel capoluogo lombardo. Con le città italiane selezionate, nell’UBPA saranno presenti i principali centri urbani del pianeta (Londra, San Paolo, Hong Kong, Barcellona, Seul, Praga, Osaka, Chicago, solo per citarne alcuni) i cui progetti verranno presentati secondo una suddivisione per categorie. Accanto ai “progetti specifici” (nei campi: edilizia residenziale, per uffici, per il tempo libero, ecc.) le città proporranno le loro “esperienze” secondo i temi: “Livable cities” (Città vivibili), “Sustainable urbanization” (Urbanizzazione sostenibile) e “Protection and utilization of historical heritage” (Protezione e utilizzo del patrimonio storico). BOLOGNA La città delle Due Torri è stata selezionata come esempio di eccellenza nel campo delle pratiche urbane, in particolare su quattro tematiche: cultura e creatività, innovazione tecnologica, diritti umani e partecipazione sociale, trasformazioni urbanistiche e infrastrutturali. www.shutterstock.com/claudio zaccherini Urban Best Practices Area Bologna e Venezia fra le città più ‘virtuose’ in mostra a Shanghai 2010 Shanghai al tramonto PromoBologna Rendering stand Bologna Nell’area UBPA Bologna avrà a disposizione uno spazio espositivo di circa 340 mq gestito operativamente dall’agenzia di marketing territoriale PromoBologna, nominata casecoordinator dall’Amministrazione comunale, e Bologna Fiere, attraverso i propri uffici di Bologna e di Shanghai. Lo stand verrà realizzato secondo il concept progettato da Antonio Mastrorocco (in collaborazione con Consorzio Creativo Library e Loop Creazioni Multimediali di Bologna) e risultato vincitore del concorso per idee indetto nei mesi scorsi. Lo spazio espositivo ideato da Mastrorocco è concepito per offrire un’esperienza immersiva e polisensoriale. Non vive quindi di strutture architettoniche, ma di video-ambienti, allestimenti interattivi e proiezioni sensibili: vere e proprie istallazioni artistiche che invadono totalmente ogni superficie producendo un effetto di immersione nella città. Lo spazio si compone di sei aree tematiche che ripercorrono le principali caratteristiche di Bologna. Il portico (la protezione, la facilità di fruizione) Questa struttura coperta è costituita da una serie di colonne rivestite di monitor che alternano immagini fotografiche di colonne bolognesi (ricreandone virtualmente superfici e colori) a video e filmati che raccontano i contenuti di eccellenza della città. All’esplorazione visiva si associa un corredo sonoro: istallazioni audio tra le colonne riproducono le atmosfere della città, fatte di voci, rumori, suoni e musiche. Le vie (i dettagli) Camminando su di una videoproiezione a pavimento, il visitatore interagisce con quello che vede, modificando ed alternando ad ogni passo immagini che mostrano le tipiche strade medievali di Bologna (fatte di lastre, ciottoli, sanpietrini…). Il sistema comprende una videoproiezione verticale dall’alto verso il pavimento, gestita da pc, e una webcam che rileva la presenza degli utenti e invia al pc le informazioni che consentono l’interazione. La torre (l’architettura medievale) La torre, simbolo storico della città, svetta nello spazio come segnale visivo ed elemento di riconoscimento dello stand all’interno del padiglione. La struttura è alta circa 7 metri. Sui tre lati rivolti verso il pubblico sono montati schermi LCD che proiettano immagini delle facciate delle torri bolognesi alternate a video con contenuti sulle caratteristiche della città. La porta (l’attitudine alla messa in relazione) Altro elemento architettonico legato alla dimensione storica della città, la porta rappresenta nello stand una soglia virtuale di passaggio tra due mondi, quello di Bologna e quello di Shanghai. Un maxischermo collocato all’interno della struttura “a cornice” proietta all’interno dello stand le immagini raccolte da una webcam posizionata su Piazza Maggiore. Allo stesso modo, in piazza Maggiore potrà essere collocato un maxischermo che mostra le immagini di una webcam posizionata nello stand di Shanghai. La bicicletta (la ricerca, l’esplorazione) Quattro biciclette sono posizionate ciascuna di fronte ad un monitor che proietta un video in soggettiva di un percorso tra le vie del centro di Bologna. Il video è interattivo e viene regolato dal movimento dei pedali da parte del visitatore, che ha così la sensazione di muoversi. Pedalando, lo spettatore attiva il filmato, che si svolge alla stessa velocità della pedalata, permettendo di “rallentare” o “accelerare” la visita del centro storico. La piazza (l’apertura, la tolleranza, l’incontro) La piazza, elemento urbanistico caratterizzante della cultura italiana, è simbolo di apertura e capacità di accoglienza. Punto di aggregazione, incontro, scambio, la piazza diventa luogo dove praticare la tolleranza e la convivenza di diversi stili di vita. Quest’area viene rappresentata nello stand da una superficie circolare, con ai lati due videoproiezioni. Accanto alla piazza, un touch screen a parete e un tavolo interattivo forniscono le superfici per la comunicazione di contenuti riferiti ad aziende e iniziative commerciali del distretto bolognese, i quali possono essere approfonditi dal visitatore tramite una navigazione individuale. 41 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 VENEZIA La città lagunare è stata selezionata dal Comitato internazionale dell’UBPA per presentare le proprie esperienze e i progetti nell’ambito della categoria “Protection and utilization of historical heritages” insieme ad altre importanti città come il Cairo (Egitto), Suzhou e Hangzou (Cina), Liverpool (Gran Bretagna) e Pondicherry (India). Fra la principali motivazioni che hanno portato alla selezione di Venezia, i livelli di eccellenza raggiunti in termini di know how e di capacità ingegneristica nella gestione di un ambiente complesso come quello della laguna, dove storicamente coabitano e si fondono l’habitat marino e il tessuto urbano di una delle città più ricche di storia, fascino ed architettura. Un equilibrio unico al mondo che ha indotto la città a sviluppare competenze tali da assicurare ad ogni processo di trasformazione urbana messo in campo elevati standard di sostenibilità e compatibilità con il delicato ambiente nel quale deve necessariamente inserirsi. Un altro elemento importante riguarda le capacità e l’impegno dimostrati da Venezia negli interventi di restauro conservativo, recupero e riuso di parti significative del centro storico (e dei beni architettonici presenti), anche in funzione di un loro utilizzo nell’ambito di uno sviluppo sostenibile della città. Trasversale, in qualche modo, ai temi citati, anche il Turismo e le strategie messe in campo dalla città per la gestione del flusso sempre crescente di visitatori rappresenterà un argomento di interesse che Venezia proporrà a Shanghai. Lo spazio espositivo e l’allestimento Contenuti principali dello spazio espositivo della città di Venezia saranno le tre best practices individuate per la partecipazione all’Expo: • la bonifica ambientale e riconversione industriale dei 2.000 ettari che costituiscono l’area industriale di Porto Marghera; • l’individuazione di un insieme di funzioni compatibili sia con la salvaguardia che con il riutilizzo della zona storica dell’Arsenale di Venezia; • il riutilizzo di edifici dal notevole valore architettonico situati nel centro storico. Rendering stand Venezia Lo stand veneziano, che si svilupperà su una superficie di circa 500 mq, sarà realizzato sulla base di un concept progettato dalla società K-Events di Milano. Evidenzierà le specificità di Venezia e le capacità del suo sistema economico di misurarsi con le tematiche della qualità della vita e della sostenibilità urbana e, soprattutto, di promuovere le eccellenze imprenditoriali presenti sul territorio veneziano e veneto. I contenuti saranno illustrati prevalentemente attraverso filmati proiettabili su cinque diversi touch screen tematici e su schermi posti alle pareti. Al centro dello spazio sarà collocata la ‘Dark room’, un ambiente all’interno del quale sarà visibile uno speciale ologramma in 3D di grandi dimensioni. La ‘Dark room’ sorgerà su un piano d’acqua e sarà elevata secondo il sistema a palafitte, tipico delle antiche case veneziane. La parte superiore di questo ambiente ospiterà, poi, uno spazio dedicato alle attività di animazione economica e agli incontri con gli operatori. Sulla parte della struttura, verrà inoltre posto verticalmente un plastico del territorio veneziano dove i progetti proposti troveranno una corrispondenza e potranno essere identificati. Coordinata dall’Assessorato alla Pianificazione strategica del Comune di Venezia, la partecipazione a Shanghai della città lagunare si innerva sul Comitato Expo Venice. Promosso dall’Amministrazione comunale (Presidente è il Sindaco di Venezia) e caratterizzato come uno ‘strumento’ di marketing territoriale, conta sull’adesione di oltre 30 soggetti, tra istituzioni, rappresentanze delle categorie economiche, Enti del mondo della cultura e del sapere, società di servizi, imprese. “Preposto a far fronte alle manifestazioni internazionali e alla promozione delle potenzialità del sistema locale”, estenderà il proprio ruolo e funzioni oltre l’evento di Shanghai, accompagnando Venezia e il sistema territoriale anche verso l’Expo 2015 di Milano. Nel contesto di Shanghai, risulterà inoltre particolarmente utile nell’ambito del percorso di animazione economica già attivato da Venezia per favorire l’incontro tra il mondo dell’impresa veneziano e le imprese e gli operatori cinesi, nonché per l’attrazione di investimenti sul territorio. Comune di Venezia ANNO I AMBIENTE Due settimane per cambiare rotta, stabilire nuovi obiettivi e raggiungere un nuovo accordo globale sul clima che sostituirà il protocollo di Kyoto a partire dal 2012. Questo è ciò che l’ONU e, soprattutto, la comunità scientifica mondiale si aspettano, nonostante le difficoltà e le notevoli divergenze della vigilia, dalla “COP 15” di Copenhagen, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma dal 7 al 18 dicembre. L’appuntamento nella capitale scandinava è la quindicesima “Conferenza della Parti” (COP), appuntamento che si svolge quasi annualmente dal 1992, anno in cui a Rio de Janeiro, in occasione della Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite, è stata ratificata la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici. Un trattato ambientale internazionale, questo, finalizzato alla riduzione delle emissioni dei gas serra, sulla base dell’ipotesi di riscaldamento globale, per raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico. Lo strumento cardine di questo accordo internazionale è la definizione periodica di protocolli o previsioni di aggiornamenti in cui vengono fissati i limiti obbligatori di emissioni nocive in ambiente. Il più famoso (soprattutto per la mancata ratifica da parte degli Stati Uniti) è il protocollo di Kyoto, adottato, non senza tese negoziazioni, nella COP 3, svoltasi nel dicembre 1997 in Giappone. Furono concordate riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra, in media di 6%-8% rispetto ai livelli del 1990, da raggiungere fra gli anni 2008 e 2012. L’incontro di Copenhagen si segnala per la sua importanza perché rappresenta il dopo-Kyoto. È infatti la fase finale di un piano di trattative (Bali Road Map), iniziato nel 2007 durante la COP 13 di Bali in Indonesia, volto alla realizzazione in due anni di un accordo internazionale ambizioso ed efficace sul cambiamento climatico, a 44 Il Segretario Generale ONU Ban Ki-moon (sinistra) e Erik Solheim, Ministro dell’Ambiente norvegese (destra), in visita al Circolo Polare Artico. Il manifesto “Seal the Deal” rappresenta la campagna di sensibilizzazione che Ban Ki-moon sta portando avanti nei confronti dei Paesi membri dell’ONU affinché la Conferenza di Copenhagen abbia esito positivo seguire la prima fase del Protocollo di Kyoto. Quattro sono i punti chiave al centro del dibattito internazionale per la stesura di un nuovo protocollo: • mitigazione: ovvero riduzione delle emissioni di gas serra. Tra il 1970 e il 2004 le emissioni di gas serra sono aumentate del 70%, senza ulteriori politiche di regolamentazione, si prevede tra il 2000 e il 2030 un aumento delle emissioni globali di gas serra dal 25 al 90%, di cui due terzi imputabili ai Paesi in via di sviluppo; • adattamento: sostegno ai Paesi poveri nell’adattarsi agli inevitabili effetti del cambiamento climatico causato dalle emissioni dei gas serra presenti nell’atmosfera. Secondo dati ONU, nel 2008 oltre 20 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per i disastri derivati dal cambiamento climatico, circa quattro volte il numero di profughi causati dalle guerre; • tecnologia: nuova e a bassa emissione di carbonio, possibilmente da trasferire rapidamente ai Paesi più poveri. La capacità e le tecnologie per ridurre le emissioni esistono in tutti i settori maggiormente responsabili delle emissioni stesse: approvvigionamento energetico, trasporti, edilizia, industria, agricoltura, silvicoltura, gestione dei rifiuti; • finanziamenti e incentivi: per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici si calcola che serviranno circa 250 miliardi di dollari entro il 2020, finalizzati all’adozione di incentivi per lo sviluppo e la messa in opera di tecnologie eco-compatibili. Questo tipo di incentivi può essere creato stabilendo un prezzo per le emissioni di carbonio, risultato ottenibile attraverso imposte, tasse e diritti di emissione negoziabili. UN Photo/Mark Garten Clima Vertice mondiale a Copenhagen Un’occasione da non perdere UN Photo/Marco Castro Trovare un accordo comune su questi punti faciliterà non poco la nascita di un’intesa globale per il dopo Kyoto. Molti sono però gli interessi in gioco e grandi le distanze fra le posizioni dei vari Paesi. Unione Europea: in materia di legislazione contro le emissioni di gas serra, è da sempre considerata l’Istituzione più avanzata e attenta, soprattutto in relazione all’introduzione del “Pacchetto 20-20-20”, che prevede una serie di azioni entro il 2020 atte a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili. Da verificare però se il nuovo Parlamento garantirà continuità a questa linea di tutela ambientale: con le ultime elezioni, infatti, la maggioranza si è spostata su posizioni più conservatrici, attente alle richieste degli industriali e orientate a finanza ed economia. Stati Uniti: le parole del nuovo Presidente americano, nonché fresco Premio Nobel per la Pace, Barack Obama, hanno fin da subito fatto intendere un cambiamento di rotta della politica ambientale americana. “Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere”, ha avvertito Obama. “La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli, la nostra prosperità, la nostra salute e la nostra sicurezza, sono a rischio a causa della minaccia climatica”. Fino a oggi però gli Stati Uniti sono rimasti fuori dal Protocollo di Kyoto, occorre quindi capire fino a che punto la nuova Amministrazione sia incline a sottoporsi a regole, scadenze e sanzioni condivise a livello mondiale. Dalle prime mosse i dubbi non mancano. Russia: è difficile decifrare la posizione della Federazione che per molti osservatori risulta essere una vera e propria incognita. Data l’ingente presenza di impianti produttivi obsoleti e tutt’altro che efficienti, un taglio delle emissioni di gas serra richiederebbe sforzi economici che la Russia non può permettersi a causa di numerosi fattori: processo di democratizzazione ancora incompleto, disinteresse per le tematiche ambientali/ energetiche, crisi economica e contenziosi internazionali sugli approvvigionamenti di gas (es. Ucraina), solo per citare i principali. Giappone: il nuovo premier Hatoyama ha confermato gli impegni presi in campagna elettorale, nel corso della quale aveva promesso che entro il 2020 avrebbe ridotto le emissioni di gas serra nell’atmosfera del 25% (su base 1990), una quota più alta di quella, giudicata già buona, della Ue. Un notevole passo avanti rispetto alla maggioranza che in precedenza governava il Paese del Sol Levante, molto più attenta alle esigenze economiche del comparto industriale. Cina e India: sono fra i primi Paesi al mondo per emissioni Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti d’America, durante l’Assemblea Generale ONU (settembre 2009) di gas serra. Ma proprio al Vertice all’Onu di settembre le due delegazioni hanno presentato piani per la riduzione dei gas serra, cosa che ha stupito in positivo molti degli osservatori presenti. In primis il presidente cinese, Hu Jintao, ha delineato un piano per la riduzione del 15% dei gas serra da qui al 2020 sulla base del 2005. Ma non solo, ha anche assicurato che la Cina opererà in modo determinante in merito al risparmio energetico, ponendosi obiettivi precisi (che il presidente stesso non ha esitato a definire “ambiziosi”) per abbassare l’inquinamento tramite tecnologie pulite, ma anche attraverso un aumento delle superfici boschive. Anche l’India, seppure con maggiore cautela, sembra su questa strada. Le autorità indiane infatti hanno recentemente annunciato, per la prima volta, l’intenzione di quantificare i livelli di riduzione anche se per un periodo di prova, nel tentativo di liberarsi dell’immagine di Paese inquinatore intransigente. “Stiamo già intraprendendo una serie di azioni che si tradurranno in una significativa riduzione delle nostre emissioni di gas a effetto serra”, ha affermato il ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh. Dichiarazioni, quelle di Cina e India, decisamente significative, tenendo conto che a farle sono due Paesi “in via di sviluppo” e che, in quanto tali, non sono stati tenuti ad osservare i limiti imposti dal Protocollo di Kyoto. Decisione presa a suo tempo per non penalizzarne la crescita economica e perché non hanno prodotto in dimensioni incisive emissioni 45 Il Segretario Generale ONU, Ban Ki-moon, insieme a Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti d’America di gas serra durante il periodo di industrializzazione alla base del cambiamento climatico odierno. E’ bene ricordare che per ora si tratta di programmi esposti in vertici ufficiali e che quindi occorrerà vedere se e quando partiranno concretamente. In ogni caso, data la levatura dei due Paesi (specialmente in prospettiva futura), le dichiarazioni espresse rappresentano, comunque, un indiscutibile passo in avanti. UN Photo/Mark Garten cambiamenti climatici, ma addirittura, come testimoniano differenti studi recentemente divulgati, le grandi crisi di siccità degli anni ‘80 sono state provocate anche dall’inquinamento causato dai Paesi occidentali industrializzati. Complessivamente, alla vigilia della Conferenza di Copenhagen, il quadro internazionale risulta essere perlomeno eterogeneo e, se le posizioni dei principali Governi del mondo resteranno quelle attuali, il rischio di un flop è tutt’altro che remoto. Ne è apparso ben consapevole il Segretario Generale Onu, Ban Ki-moon, che ha più volte lamentato negli ultimi mesi la “lentezza glaciale” dei negoziati, sottolineando che un fallimento a Copenhagen sarebbe “moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato”. Lo stesso Segretario, di ritorno da una missione nell’Artico (la zona terrestre dove la temperatura sta aumentando più rapidamente che in ogni altra regione) ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica testimoniando ciò che ha potuto constatare di persona: “Abbiamo scatenato forze potenti ed imprevedibili, il cui impatto è già visibile. L’ho potuto osservare con i miei occhi, purtroppo c’é ancora inerzia e nelle discussioni internazionali sulla lotta ai cambiamenti climatici osserviamo solo progressi limitati”. Africa: dall’Unione Africana giungono i segnali meno confortanti e la ferma intenzione di boicottare qualsiasi accordo nella Conferenza di Copenhagen se la comunità internazionale non provvederà a risarcire adeguatamente l’Africa per i danni subiti a causa delle emissioni di gas serra emessi dai ricchi Paesi industrializzati. L’Unione ha tenuto a ribadire che i Paesi più poveri, e quindi quelli africani, non solo sono esposti maggiormente alle conseguenze negative dei Surriscaldamento climatico 46 Anomalia media della temperatura atmosferica a terra e della superficie dei mari negli ultimi 150 anni Questa interpretazione dei dati climatici è sostenuta principalmente dall’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (IPCC), ma attualmente il dibattito è comunque ancora aperto all’interno della comunità scientifica. Sebbene la grande maggioranza di coloro che si occupano di mutamenti climatici (almeno 30 associazioni e accademie scientifiche, tra cui tutte le accademie nazionali della scienza dei paesi del G8) siano in accordo con le conclusioni principali dell’IPCC, alcuni scienziati le respingono proponendo diverse interpretazioni. http://commons.wikimedia.org/wiki/User:Jak Il surriscaldamento climatico indica il contributo antropico (generato dall’uomo) al riscaldamento globale registrato nell’ultimo secolo. Quest’ultimo è il fenomeno di innalzamento della temperatura superficiale del pianeta. Se questo aumento di temperatura è dovuto in parte a cause naturali, come l’irraggiamento solare combinato con il naturale effetto serra dell’atmosfera, un’altra parte importante è riconducibile, come accennato, alle attività umane: utilizzo di combustibili fossili, deforestazione, allevamento e agricoltura intensive sono tutte cause del surriscaldamento ad opera dell’uomo. I valori di CO2 e la temperatura media del globo registrati nell’ultimo millennio testimoniano questo trend negativo: vi è un sensibile aumento dei due indici a partire dal 1800 (periodo della Rivoluzione Industriale) a dimostrazione che le temperature vanno di pari passo con l’aumento dell’anidride carbonica. E che, fra gli agenti climatici, l’uomo risulta avere un ruolo importante, pur essendo il “più recente” ed influenzando il clima del pianeta da relativamente poco tempo. VERDE PENSILE Un tetto a giardino per il Polo natatorio di Roma Valco San Paolo di Teresa Crescenzi Architetto e professore a contratto di ‘Materiali innovativi’ all’Università La Sapienza di Roma, Teresa Crescenzi si occupa principalmente di progettazione e restauro. Ha partecipato alla redazione di progetti per rilevanti opere pubbliche e ha collaborato con il professor Giampaolo Imbrighi alla progettazione del Padiglione Italia per Expo 2010 di Shanghai. Collaborazione rinnovata per il progetto architettonico del Polo Natatorio di Roma Valco San Paolo, realizzato per i Mondiali di nuoto svoltisi nella Capitale l’estate scorsa, di cui in questo articolo vengono presentate le principali caratteristiche, a partire dalla copertura a verde caratterizzata da una vegetazione autorigenerante. 48 Come spesso accade, in presenza di eventi speciali che hanno luogo nel nostro Paese, si sviluppano interessanti possibilità concorsuali per la progettazione e la realizzazione di opere pubbliche. E’ il caso dei Campionati mondiali di nuoto svoltisi a Roma l’estate scorsa che, insieme ad opere di carattere temporaneo, hanno visto la realizzazione di tre Poli natatori collocati in adiacenza delle sedi universitarie dei tre atenei romani. Tra questi il Polo Natatorio di Roma Valco San Paolo. Realizzato a tempo di record nell’ansa del Tevere dall’Impresa Opere Pubbliche e Ambiente, su un’area comunale (circa 30.000 mq. di superficie) adiacente all’ex Cinodromo e definita dal P.R.G. “Centralità urbana/ metropolitana a pianificazione definita”, il Polo ha visto svolgere al suo interno gli allenamenti di numerose squadre di Nazionali estere. Data la particolare morfologia e il notevole interesse del contesto paesaggistico (ancorché fortemente degradato), il progetto ha prestato una particolare attenzione al raggiungimento di un’equilibrata integrazione tra spazi artificiali e naturali, con il fine di adottare una soluzione architettonica che tutelasse i valori storici, architettonici ed estetici del paesaggio, con la realizzazione di un “edificio paesaggio”. Un elemento importante nel progetto riguarda il rivestimento della copertura costituito da una particolare vegetazione, che richiede una minor manutenzione rispetto ad un normale prato verde, poiché autorigenerante. Il trattamento a verde della copertura, infatti, nella fattispecie il ricorso al “tetto giardino”, presenta numerosi vantaggi, non solo dal punto di vista dell’inserimento nell’ambiente cui è destinato, ma anche dal punto di vista funzionale e, in ultima analisi, anche economico. Come anzidetto, esso è costituito da una particolare vegetazione capace di rigenerarsi autonomamente, tipo Sedum, che viene allocata su un supporto tecnologico particolare che facilita il rapporto con le precipitazioni atmosferiche, graduando le quantità d’acqua necessarie e, conseguentemente, in climi non estremi, rendendo la tecnologia verde effettivamente autosufficiente. Oltre alla valenza estetica della scelta progettuale, quindi, vi sono ragioni che ineriscono l’isolamento termico, lo 49 ANNO I 50 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 smaltimento delle acque piovane, la regolazione del clima del singolo edificio, il risparmio energetico, la riduzione dell’inquinamento dell’aria ed elettromagnetico, che stanno facendo del verde pensile una delle ultime concrete frontiere dell’architettura bio-ecologica, proponendolo per convenienza ed efficacia in alternativa alle tecnologie tradizionali. Il progetto è incastonato all’interno della depressione presente nell’area e, nascondendosi sotto la copertura piantumata a verde, tende a fondersi con la natura, costituendosi come un Attraverso la combinazione e l’integrazione controllata tra sistemi e tecnologie attive, passive e/o ibride, si è inteso rispondere, in termini qualitativi, anche alle esigenze immanenti di adeguamento al dettato comunitario in materia di uso controllato delle risorse primarie e di contenimento energetico, sulla base di una rinnovata attenzione al contesto microclimatico e biofisico e al tema della qualità architettonica e ambientale. A livello tecnico, si è inteso perseguire un maggior impiego delle fonti rinnovabili (attraverso l’adozione di dispositivi tecnici e sistemi naturale rimodellamento del terreno, non trascurando gli obiettivi propri della sostenibilità, mirati all’ottimizzazione energetico-ambientale, cioè al contenimento dei consumi energetici e dell’integrazione delle energie rinnovabili nel progetto di architettura. Il complesso sportivo di Valco San Paolo è costituito da un corpo foresteria e un corpo piscina e palestre, mentre lo spazio che divide i due corpi è destinato a parcheggio. E’ stata inoltre realizzata una piscina olimpionica scoperta e delle sistemazioni esterne a verde integrato. impiantistici a bassa emissività e consumi) un’organizzazione integrata delle reti tecnologiche e, infine, un’utilizzazione di materiali e componenti edilizi certificati, di tecnologie pulite e sistemi costruttivi non impattanti sull’ambiente. Il progetto, inoltre, nel perseguire un costante miglioramento delle prestazioni della classe di unità tecnologiche “chiusure”, prevede l’adozione di un sistema di parete ventilata che, per la stessa successione degli strati che lo compongono, esalta la risposta dell’organismo edilizio alle variazioni climatiche ed atmosferiche, assicurando elevati standard abitativi interni. DOSSIER “Copia di un antico disegno rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e di Valdinievole dell'anno 1450 circa”, Archivio di Stato di Lucca, Deputazione sopra il Nuovo Ozzieri, 3. c. 4. Copy of an ancient map of the lakes of Sesto, of Bientina and of Valdinievole -1450 approx.- Parte prima: da Tolomeo a Leonardo di Andrea Cantile Professore a contratto di Cartografia presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna (Corso di laurea magistrale in “Geografia e processi territoriali”) e di Storia del paesaggio attraverso la storia della cartografia, presso l'Università degli Studi di Firenze (Corso di laurea magistrale in “Architettura del paesaggio”). Andrea Cantile è inoltre Direttore cartografico dell'I.G.M., Membro del Consiglio scientifico dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze, Membro dell'United Nations Group of Experts on Geographical Names e collabora al History of Cartography Project, della Chicago University Press. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche in Italia ed all’estero e svolge attività di ricerca nel campo della storia del rilevamento e della rappresentazione del territorio, dal Rinascimento ad oggi. 52 Contract Professor, teaches Cartography, at Alma Mater Studiorum - University of Bologna (II Level degree course - “Geografia e processi territoriali”), and Landscape history through the History of Cartography, at the University of Florence (II Level degree course - “Architettura del paesaggio”) He is also I.G.M. (Military Geographic Institute) Cartographic Director, member of the Scientific Council of the “Osservatorio Ximeniano” astronomical observatory in Florence, member of the United Nations Group of Experts on Geographical Names and he collaborates at the History of Cartography Project of the Chicago University Press. Author of many scientific publications in Italy and abroad, he is involved in research activities in the topographical survey and representation history field, from Renaissance to present day. Cantile A. (a cura di), Leonardo genio e cartografo. La rappresentazione del territorio tra scienza e arte, Firenze, I.G.M., 2003 Dall’immagine al modello Note sulla cartografia geometrica in Italia dal Rinascimento alla Rivoluzione Geodetica The long and complicated process that comes from the old graphic descriptions of a geographic space to the modern geometric cartography, set the fundaments of all theories and operational procedures that are still the ground of every activity concerning the surveying and the land representation. The starting point of the whole development is usually placed in the XVIII century, at the time of the so-called “Geodetic Revolution”, but its origin goes up to far earlier times. This change in the way to measure, to represent and, most of Tolomeo, Immagine tratta dal frontespizio di un volume del XVI secolo Claudius Ptolemaeus, Picture of XVI century book frontispiece http://commons.wikimedia.org/wiki/Claudio_Tolomeo La genesi del lungo e complesso passaggio, che dalle antiche immagini descrittive dello spazio geografico ha condotto in epoca moderna alla modellizzazione di quest'ultimo si fa risalire normalmente al XVIII secolo (all'epoca cioè della cosiddetta "Rivoluzione geodetica"), ma ha in realtà le sue radici si trovano in epoche ben più remote, quando si posero le basi per le definizione degli elementi fondativi di quelle teorie e di quelle procedure operative su cui si basano ancora oggi tutte le attività di rilevamento e di rappresentazione del territorio. Le radici di questa rivoluzionaria trasformazione del modo di misurare, di rappresentare, ma soprattutto di percepire e di “leggere” il territorio si possono far risalire tra la fine del Medioevo e gli inizi del Rinascimento, con una serie di eventi 53 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 significativi, che, in un periodo di tempo relativamente breve, danno vita a quell'amalgama di arte, di scienza e di tecnologia che possiamo indicare come “Rinascimento cartografico”. Il Medioevo determina, come noto, una lunghissima interruzione di quel filone che, da Anassimandro di Mileto (610 c.a - 546 c.a, a.C.) a Claudio Tolomeo (2° secolo), aveva elevato a disciplina scientifica lo studio della forma e delle dimensioni della Terra, secondo un paradigma fondato sull’osservazione, sulla misura e sul calcolo. Gran parte della pur ricca produzione cartografica medievale subisce per lungo tempo una forte deriva di carattere filosofico-religioso, con i suoi modelli cosmografici e le sue mappae mundi, e determina uno iato profondo con la tradizione classica, che solo sul finire dell’evo si comincia a colmare, sulla spinta delle esigenze di mobilità, con la creazione di nuovi modelli di descrizione del mondo o di parti di esso, identificabili sostanzialmente con gli itinerari stradali e le carte nautiche. Sulla scorta di queste esperienze, la successiva epoca della Rinascenza realizza una convergenza di sforzi e di idee, mutuati da vari saperi, che arricchisce ed amplia sia sul piano del contenuto informativo sia su quello della rappresentazione le nuove carte di terraferma, determinando la nascita di un vero e proprio “Rinascimento cartografico” ed aprendo la strada a quella che più tardi sarà salutata come una grande rivoluzione scientifica. Gli elementi che determinano l’avvento di questo Rinascimento cartografico vanno ricercati principalmente in due momenti fondamentali. Il primo di questi, in ordine cronologico e di importanza, è sicuramente la riscoperta che l’Occidente fa della geografia tolemaica, dimenticata per oltre un millennio, mentre nel vicino Oriente la cultura islamica continua ed arricchisce quell’antico filone di studi per il tramite dell’eredità greca. È a Firenze, nel 1397, che questa riscoperta prende le mosse, grazie all’arrivo in città dell’umanista bizantino Emanuele Crisolora, chiamato ad insegnare greco nello Studio fiorentino dal celebre letterato Coluccio Salutati, nel suo ruolo di Cancelliere della Repubblica. Con l’arrivo di Crisolora giunge anche una copia in greco della Geographia di Tolomeo, corredata di carte, che viene impiegata, unitamente ad altri codici di proprietà dello stesso Crisolora, nelle sue attività didattiche presso lo Studio. L’apprezzamento di questo codice è pressoché immediato, dal momento che per il suo tramite gli allievi dello Studio fiorentino possono per la prima volta vedere “in pictura” tutti i luoghi menzionati dai testi classici e collocare quindi città, monti, fiumi, paesi e popoli sia nel tempo che nello spazio. Lo Studio fiorentino fa così da cassa di risonanza per un sempre più ampio pubblico, interessato a conoscere il mondo, e presto, al successo in ambito didattico, segue anche quello in ambito politico ed economico, dal momento che in breve tempo si comprende l’importanza di quella cartografia, o pictura di Tolomeo, nelle relazioni tra paesi, nel commercio e nei viaggi. 54 Wikimedia, from Edward Grant, "Celestial Orbs in the Latin Middle Ages", Isis, Vol. 78, No. 2. (Jun., 1987), pp. 152-173. ANNO I all, to perceive and “read” a territory dates back to the end of the Middle Age and the beginning of the Renaissance. In a short time, significant events opened the way to that mix of art, science and technology that we can call the “Cartographical Renaissance”. Starting from Anaximander (Mileto c. 610 – c. 546 B.C.) to Ptolemy (2nd century A.C.) the study of the scientific measurement of the shape and the dimension of the Terrestrial Globe became a true science, following straightforward observations, assessments and calculations. We all know that with the Middle Age this study came to a stop. For a long time, as rich at it was, the medieval cartographic production took a strong drift. Philosophical and religious opinions (with their cosmographical models and their mappae mundi) created a deep break with the classical tradition. Only at the end of the Middle Age this fracture started to heal, following the new demands of mobility and the new ways to describe the world: essentially, road trails maps and charts. As a consequence of these experiences, the Renaissance realised a fruitful match between new efforts and innovations belonging to different fields of knowledge. Therefore, the new cartography of dry lands was enriched and improved both in the quality of information available and in its graphic representation. That’s the beginning of a true “Cartographical Renaissance”, the starting point of what would be thereafter welcomed as a “scientific revolution”. Two are the most significant events that can be considered the core of all this process. Questo crescente interesse verso l’opera di Tolomeo spinge Iacopo Angeli da Scarperia, allievo di Crisolora, a realizzare una versione in latino del codice del maestro, e poi Francesco Lapaccini e Domenico Boninsegni ad elaborare delle copie dell’opera con la toponomastica interamente tradotta in latino per rendere totalmente accessibile la Geographia di Tolomeo agli studiosi ed ai curiosi del tempo, affrancando così definitivamente l’opera da quel millenario oblio e trasformandola in un vero e proprio best seller cartografico. La Geographia diviene negli anni a seguire un’opera monumentale, realizzata con materiali di vaglio, spesso impreziosita con fatture di pregio e raffinate decorazioni in oro, ed entra a far parte delle biblioteche dei più celebri e potenti personaggi del tempo, come Palla Strozzi, Lorenzo de’ Medici, Federico da Montefeltro, Alfonso d’Aragona, Borso d’Este, Papa Gregorio XII, oltre che di numerosi studiosi ed eruditi. La crescente diffusione della Geographia origina quindi una ricca attività editoriale, che fa di Firenze il primo centro di produzione di atlanti tolemaici di varie fatture e che si espande in altre città d’Europa, conducendo alla nascita di un florido mercato cartografico, anche a fogli sciolti, The first one (chronologically and for its relevance) it’s the renewed consideration of the Ptolemaic Geography in the Western Countries. While such a theory had been neglected for almost a thousand years in Europe, through the Greek inheritance it had been enriched and continued by the Islamic culture in the Middle East. Florence, 1397: this re-discovery begins with the coming into town of the Byzantine Humanist Emmanuel Chrysoloras. He had been asked to teach Greek in the famous Studio by the notorious man of letters and Chancellor of Florentine Republic, Coluccio Salutati. Together with Chrysoloras, also a Greek copy of the Geographia by Ptolemy with all its maps arrived in Italy. It was used, with others codes belonging to Chrysoloras himself, for the teaching activity in the Studio. The code was immediately recognised as a cornerstone. Through it, for the first time, the students of the Studio could be able to see “in pictura” all the places always mentioned in the classics: nouns of towns, mounts, rivers, countries and peoples. The Florentine Studio acted as a sort of “sound box” for a wider audience interested in knowing the world through the sight of Ptolemy. Quite soon, after the academic success, came Una carta stampata del XV secolo raffigurante la descrizione di Tolomeo dell’Ecumene (1482, Johannes Schnitzer, incisore) http://en.wikipedia.org/wiki/Ecumene A printed map from the XV century depicting Ptolemy's description of the Oecumene (1482, Johannes Schnitzer, engraver) 55 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 alimentato dagli interessi di numerosi cultori e collezionisti. La tecnica calcografica da stampa, poi, amplifica ancor più il fenomeno, registrando come precursore il celebre stampatore francese, Antoine Lafréry, attivo a Roma nella seconda metà del Cinquecento, che realizza le prime Tavole Moderne di Geografia de la Maggior parte del Mondo di diversi avtori raccolte et messe secondo l'ordine di Tolomeo con i disegni di molte citta et fortezze di diverse provintie stampate in rame con stvdio et diligenza in Roma. Al di là degli aspetti economici, che pur svolgono un ruolo non secondario nella vicenda, l’elemento di maggior importanza è costituito dall’apertura di nuovi orizzonti culturali, prova dell’esistenza di un humus nel quale germoglia appunto il “Rinascimento cartografico” italiano e si pongono le basi per le successive conquiste in questo campo. Di converso, però, c’è anche da sottolineare come il rinnovato successo di Tolomeo porti alcuni spiriti sedentari a ritenere sufficiente lo studio della sua Geographia per la scoperta del mondo o, come diremmo oggi, per l’effettuazione di viaggi virtuali, come efficacemente testimoniano le rime di Ludovico Ariosto nella Satira III, dedicata a messer Annibale Malaguzzi, del 1518 (vedi pagina a fianco). Mentre le biblioteche dei potenti e degli eruditi si arricchiscono con le sofisticate delineazioni cartografiche dei nuovi atlanti tolemaici, la rappresentazione dello spazio geografico per le finalità pratiche - legate ai diritti di proprietà o di sfruttamento di risorse naturali, alle regimazioni idrauliche, alle liti giudiziarie, a questioni confinarie tra privati o tra comunità, all’accensione di servitù su fondi agricoli, su boschi, su specchi d’acqua - resta però ancora ferma a forme di tipo descrittivo, con delineazioni grafiche talvolta così naif da apparire oggi molto simili a disegni infantili. Per avere un’idea di quanto elementari siano in tale periodo le rappresentazioni del territorio non di tipo tolemaico basta fare riferimento, a titolo esemplificativo, a due carte toscane del Quattrocento e cioè la “Copia di un antico disegno rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e di Valdinievole dell’anno 1450 circa” (vedi pagina 52) e la “Carta trovata nell’Archivio dei Monaci Cassinensi di S. Flora e Lucilla di Arezzo” sempre del medesimo periodo. La prima fornisce, senza alcun riguardo per la componente metrica, indicazioni sugli abitati, sulla viabilità, sull’idrografia, sull’orografia, con la relativa toponomastica, e la seconda, analogamente priva di ogni rapporto geometrico col vero, fornisce informazioni in merito agli insediamenti, alle strade ed ai ponti, ai corsi ed agli specchi d’acqua navigabili, all’uso del suolo, con i vari nomi di luogo e delle strade. La lezione fondamentale impartita da Tolomeo, circa le modalità di sviluppo di una porzione di superficie sferica sul piano, per il tramite delle proiezioni e di opportune coordinate geografiche, non viene cioè subito assimilata dai cartografi del tempo, determinando di fatto un’evidente discrepanza tra le nuove rappresentazioni geografiche e 56 Tiziano, presunto ritratto di Ludovico Ariosto Tizian, portrait of a man, long believed to be Ludovico Ariosto http://commons.wikimedia.org/wiki/Ludovico_Ariosto “Chi vuol andar a torno, a torno vada: vegga Inghilterra, Ongheria, Francia e Spagna; a me piace abitar la mia contrada. Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna; quel monte che divide e quel che serra Italia, e un mare e l’altro che bagna. Questo mi basta; il resto de la terra, senza mai pagar l’oste, andrò cercando con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra; e tutto il mar, senza far voti quando lampeggi il ciel, sicuro in su le carte verrò, più che sui legni, volteggiando.” In peace at home permitted to remain Who goes and whither gives me little pain Two seas that wash the Italian coast I’ve seen And traversed over the land that lies between Of Apennines and Alps can talk beside That these enclose the country those divide Now idleness or prudence deems it best In maps and charts secure to view the rest My curious eyes here range from coast to coast They need no passport and they pay no post.” | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 corografiche di tipo tolemaico e quelle topografiche, nelle quali ultime l’imitazione resiste alla regola geometrica. Anche se Iacopo Angeli da Scarperia ben evidenzia, nel testo introduttivo della sua traduzione dal greco al latino della Geographia di Tolomeo, la portata rivoluzionaria dell’opera dell’alessandrino, consistente nella dimostrazione del metodo per delineare sul piano la sfera, conservando la “proportio cuiusque partis ad universale”, solo dopo alcuni anni, nell’humus culturale della rinascenza, germogliano nuovi interessi di tipo cartografico anche tra i tecnici, dando origine ad un nuovo filone di studi, dal quale deriva una ricca trattatistica in campo topografico. Capofila di questa nuova generazione di studiosi è Leon Battista Alberti, che recupera il precedente sapere medievale ed il contributo della Geographia di Tolomeo per nuove teorizzazioni e nuovi metodi in campo topografico e cartografico. Due scritti minori di Alberti hanno in particolare il merito di aver posto la prima pietra per la modellizzazione cartografica in Italia: Ex ludis rerum mathematicarum, portato a compimento prima del 1450, e Descriptio urbis Romae, realizzato tra il 1443 ed il 1455. Vari altri riferimenti di interesse si riscontrano anche nel De Pictura, nel De Statua e nel De re aedificatoria. Il primo di questi saggi contiene tra l’altro una sorta di prontuario di topografia ante litteram. In esso, nel recuperare parte della lunga tradizione manualistica ispirata alla geometria di Euclide, Alberti raccoglie i principali artifici matematici, capaci di dare risposta a problemi di misura, apparentemente privi di soluzione e risolubili solo con metodologie di determinazione indiretta e di calcolo. I metodi proposti per la misura indiretta delle distanze sono risolti con l’uso generalizzato del primo criterio di similitudine fra triangoli rettangoli e con la cosiddetta “regola del tre”, mentre il contributo più importante dell’opera si riscontra nel nuovo metodo di rilevamento topografico, che propone la risoluzione dei problemi di posizionamento relativo alla scala urbana, attraverso operazioni di triangolazione, già anticipato peraltro da Giovanni Fontana nel suo Tractatus de trigono balistario abbreviatus [...], del 1440, successivamente ripreso ed ampliato da vari trattatisti rinascimentali e perfezionato ulteriormente per altri cinque secoli, fino ai nostri giorni. Lo strumento impiegato per la triangolazione è un goniometro, diviso in 48 parti, ancora privo di alidada e di bussola per l’orientamento al Nord magnetico, ed impiegato in abbinamento con un filo a piombo. Il metodo dell’Alberti viene illustrato in modo completo, spiegando preliminarmente le modalità di costruzione dello strumento all’uopo impiegato ed esponendo poi passo per passo le operazioni da compiere per il rilevamento, con tutte le regole da rispettare per l’osservazione delle direzioni angolari tra i vari siti e la loro registrazione, pur mancando però di indicazioni in merito al dimensionamento ed 58 http://commons.wikimedia.org/wiki/Leon_Battista_Alberti ANNO I Statua di Leon Battista Alberti, sita a Firenze presso la Galleria degli Uffizi Late statue of Leon Battista Alberti. Courtyard of the Uffizi Gallery, Florence also the recognition from the political and business world. The relevance of the Ptolemaic cartography (pictura) in state relationships, trades and travels was quickly understood. Following this growing interest for the researches by Ptolemy, Iacopo Angeli from Scarperia, a Chrysoloras student, translated his master’s code in Latin. Thereafter, Francesco Lappaccini and Domenico Boninsegni created a copy of the code with all the names of the different places translated in Latin. The Geographia by Ptolemy was therefore completely accessible to every scholar and to whoever was interested in this field of study. It was the end of a millenary oblivion and the rise of a true new “best seller” in the cartographical gender. The years passing by, the Geographia became a chef d’oeuvre, Vagnetti L., Lo studio di Roma negli scritti albertiani, in Convegno internazionale indetto nel V centenario di Leon Battista Alberti, Roma-Mantova-Firenze, 25-29 aprile 1972, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, Quaderno n. 209, Roma, 1974 all’orientamento dei vari poligoni rilevati. Il secondo saggio, Descriptio urbis Romae, offre alla cartografia un contributo decisamente originale, attraverso l’illustrazione del metodo di restituzione grafica di una pianta urbana per coordinate polari, raccolte ed ordinate in apposite griglie o tabelle. Lo strumento ideato per la costruzione di tali griglie di coordinate è ancora un goniometro, chiamato Orizon e dotato di un raggio graduato, chiamato Radius, incernierato nel Leon Battista Alberti, Descriptio urbis Romae Leon Battista Alberti, Description of the town of Rome realised on precious papers, often enriched with exquisite workmanships and sophisticated gold decorations. It got on the bookshelves of the most famous and powerful important men of the time (such as Palla Strozzi, Lorenzo de’ Medici, Federico da Montefeltro, Alfonso d’Aragona, Borso d’Este, the Pope Gregorio XII), together with those of many scholars. With this increasing popularity of the text, a new rich editorial activity begins. Florence becomes the heart of the production of different kinds of Ptolemaic Atlases and this trend spreads to other towns in the whole Europe. That’s the start of a flourishing market of maps (even on single sheets), increased by the interest of a lot of collectors and those keen on the subject. The chalcography from a printed sample broadens even more this tendency. Everything started when a French 59 60 61 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Florence1493.png immagine riprodotta nella doppia pagina precedente: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cellarius_ptolemaic_system.jpg ANNO I Vista di Firenze, 1490 circa (particolare) View of Florence in Italy, around 1490 (detail) centro del medesimo goniometro, proprio come i moderni rapportatori. Una volta materializzata su un foglio di carta la pianta di una città rilevata con il metodo di triangolazione illustrato nei ludi, il cartografo fissa su tale rappresentazione l’origine 62 printer, Antoine Lafréry, active in Rome at the middle of the XVI century, realised the first Tavole Moderne di Geografia de la Maggior parte del Mondo di diversi avtori raccolte et messe secondo l’ordine di Tolomeo con i disegni di molte citta e fortezze di diverse provintie stampate in rame con di un sistema cartografico di riferimento, in un punto posto in posizione centrale e, a partire da questo, rileva con l’Orizon le coordinate polari di ciascun particolare presente sul grafico, cioè direzioni e distanze dall’origine, così da costruire una tabella composta dai nomi e dalla posizione di ciascun particolare topografico rappresentato, come una sorta di pianta criptata. Tale tabella, ricavata dunque da una restituzione grafica e non da un rilevamento diretto sul territorio, costituisce un nuovo punto di partenza per il cartografo che volesse ottenere un’altra pianta, analoga a quella originaria, con la garanzia di restituire un modello perfettamente sovrapponibile al precedente. Tempio Malatestiano, opera rimasta incompiuta di Leon Battista Alberti Malatesta Temple, Leon Battista Alberti unfinished work http://commons.wikimedia.org/wiki/Leon_Battista_Alberti Santa Maria Novella, Firenze stvdio et diligenza in Roma (Modern Geographical Tables of the most part of the World, by different authors and organised according to the Ptolemaic order, with drawings of various towns and fortresses, carefully printed through copper plates in Rome). Besides the economic aspects, however relevant they were, the most important element was the opening of new cultural horizons. There was a true humus (“fertile ground”) that could bring to life the Italian “Cartographical Renaissance”. These were the basis for the future achievements in this field. Nevertheless, the renewed success of Ptolemy drove some of the most sedentary scholars to the conclusion that it was enough to read his Geographia in order to discover the whole World (or, as we would say today, to make “virtual travels”). A persuasion clearly testified by the verses written by Ludovico Ariosto (Satira III, dedicate to Sir Annibale Malaguzzi, 1518): The libraries of the most important people were enriched by the new and sophisticated cartographical drawings of the Ptolemaic Atlases. In the meanwhile, the representations of the territory for practical purposes - property rights, natural resources employment, water flows regulations, legal contests, boundaries litigations between citizen or communities, access to rights on rural estates, forests or stretches of water – is still linked to descriptive representations, sometimes with sketches so naïf that could be today compared with child’s drawings. As an example, to understand how non-Ptolemaic 63 http://it.wikipedia.org/wiki/File:Da_Vinci_Vitruve_Luc_Viatour.jpg Considerato solo in questi termini, però, l’intero metodo proposto dalla Descriptio potrebbe apparire alla fine una mera esercitazione accademica, ancorché caratterizzata dall’innovativo metodo del riporto per coordinate polari, la cui validità risulterebbe, al primo acchito, confermata esclusivamente ai fini della riproduzione fedele di una pianta; la novità introdotta da tale metodo non è affatto limitata alla sola replica geometrica dell’originale mappa rilevata, alla quale pur si potrebbe giungere semplicemente per lucidatura del primo modello, ma consiste nell’introduzione del concetto di “scalabilità” del dato originario, consentendo al cartografo di ricavare, dai medesimi dati di posizione, n schemi di impianto planimetrico simili, tutti in rapporto diverso dal primo modello, e quindi anche dal vero, al variare del fattore di proporzionalità scelto per la definizione delle distanze dall’origine, cioè della scala di rappresentazione della mappa. Anche se Alberti non realizza una pianta urbana così come oggi noi la intendiamo, il suo metodo segna di fatto un momento importantissimo nella storia della Cartografia, che va al di là del primato, pur non secondario, relativo alla rappresentazione urbana della “Città eterna”, perché, proprio con l’ideazione di questo metodo di posizionamento per coordinate polari, si propone un criterio oggettivo di restituzione grafica della pianta di una città e quindi ripetibile anche al variare dell’artefice. Da questa esperienza si apre definitivamente la strada della rinascenza cartografica, con l’affrancamento da quell’approccio fantastico o anagogico, tipico di certa cartografia medievale, e si segnano i prodromi di quella rivoluzione che due secoli dopo avrebbe posto il problema del posizionamento al centro della problematica cartografica. Sullo specifico piano della rappresentazione, è al contributo dei nuovi topografi, pittori e miniaturisti rinascimentali che si deve il raggiungimento di un ulteriore progresso per la realizzazione di mappe dotate di sempre maggiori capacità espressive e descrittive. A distanza di circa cinquant’anni dalla redazione dei saggi albertiani, un’altra figura imponente della storia della scienza e dell’arte, Leonardo da Vinci (1452 - 1519), apporta alla disciplina un contributo di originalità senza precedenti, sulla scorta delle conoscenze della Geographia di Tolomeo e dei saggi di Leon Battista Alberti, sia nelle operazioni di disegno dal vero con strumenti prospettografici (come il “Velo” inventato dallo stesso Alberti per rendere controllabili dal punto di vista geometrico le vedute prospettiche), sia nelle operazioni di rilevamento, sia nella redazione delle carte. La produzione cartografica di Leonardo si staglia mille miglia verso l’alto rispetto agli ingenui ed infantili disegni di Leonardo da Vinci, Uomo Vitruviano Leonardo da Vinci, Vitruvian Man representations of the land were simplistic, we should look at two maps of Tuscany from the XV century: the “Copia di un antico disegno rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e di Valdinievole dell’anno 1450 circa” [“Copy of an ancient map of the lakes of Sesto, of Bientina and of Valdinievole -1450 approx.-”] and the “Carta trovata nell’archivio dei Monaci Cassinesi di S.Flora e Lucilla di Arezzo” [“Map found in the Archives of the Cassino monks of S. Flora and Lucilla near Arezzo”], in the same years. The first one, without considering any exact metrical measurement, gives the location of build-up areas, roads, rivers, mountains (with their specific topographical names). The second one, similarly lacking in any geometrical link with the reality, describes settlings, roads and bridges, rivers, navigable stretches of water, and land uses, with all the names of the places and the different roads. Most of all, Ptolemy teaches that a portion of a spherical surface can be represented on a plane through projections and right geographical coordinates. The land surveyors of the time didn’t become immediately aware of this lesson. Therefore, there was a relevant difference between geographical and chorographical representations following the Ptolemaic theory and topographical drawings where imitation still resisted against geometrical rules. In his translation from Greek into Latin of the Ptolemy’s Geographia, Iacopo Angeli from Scarperia put a strong evidence on the revolutionary innovation introduced by the work of the scientist from Alexandria: a demonstration of how to trace a sphere on a plane surface, maintaining the “proportio cuiusque partis ad universale” [the proportions between the single parts and the whole]. Nevertheless, only after many years, within the cultural context of the Renaissance, a new interest towards cartography grew also among the technicians. That gave way to new studies, and originated many cartographical treatises. The leader of this generation of scientists was Leon Battista Alberti. He recovered the middle-age know-how and the contribution of the Ptolemaic Geographia in order to introduce new theories and new methods in the cartographical and topographical fields. Two minor works of Alberti represent the first step in the cartographical modelling in Italy: Ex ludis rerum mathematicarum, ended before 1450, and Descriptio urbis Romae, written between 1443 and 1455. Other interesting clues can be found in De Pictura, in De Statua, and De re aedificatoria. The first of these essays contains, among other things, a sort of ante litteram “handbook” of Topography. Partially recovering a long scholar tradition dating up to Euclid, in this text Alberti collects the most important mathematic tricks that can give answers to measurement problems that are apparently without a solution, unless a method of indirect calculation is applied. The problems presented by an indirect measurement of distances 65 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 territorio dei tanti agrimensori e periti del suo tempo, anche se il suo avvicinamento alla rappresentazione cartografica non deriva certo da intenti di tipo professionale. Leonardo non è un cartografo in senso stretto, ma si occupa di cartografia per specifiche necessità di studio e per esigenze di analisi, finalizzate alla progettazione territoriale o alla pianificazione di attività belliche. Per entrare più direttamente nel merito delle sue opere cartografiche bisogna preliminarmente spostare l’attenzione dal mondo delle mappe a quello della rappresentazione in generale, cioè del disegno e della pittura, che per Leonardo non sono semplicemente un linguaggio per ripetere visivamente cose già note, ma, come ha osservato Giulio Carlo Argan, “sono la chiave con cui si penetra nel mondo dei fenomeni”. È infatti dai precetti derivanti dal Libro di pittura che si recuperano i fondamenti innovativi della sua produzione cartografica. La formula adotta da Leonardo nel rilevamento e nella rappresentazione cartografica è sintetizzata nel precetto che egli stesso ferma nei suoi appunti del Manoscritto L dell’Istituto di Francia, dove egli annota: “scorta sulle sommità e in su’ lati dei colli le figure di terreni e le sue divisioni e nelle cose volte a te, fale in propria forma” (Ms. L dell’Istituto di Francia, f. 21 66 are solved through the use of the first principle of similitude between right-angled triangles and through the so called “rule of three”. However, the most relevant contribution of this work consist in a new method of topographical surveying that is meant to solve the question of the mutual position on the urban scale through a triangulation work. Such a work had already been anticipated by Giovanni Fontana in his Tractatus de trigono balistario abbreviatus […] in 1440. This essay was recovered and completed by different Renaissance scholars, and was furthermore ameliorated for other five centuries, until nowadays. For this triangulation, they used a goniometer divided in 48 parts, still without an alidade and a compass pointing to the magnetic North, and still with the help of a plumb line. Alberti fully describes his method, explaining how to manufacture the adequate instrument and, step by step, how operate in order to obtain a correct survey. Moreover, he explains all the rules to follow in the observation of the angular directions among the different sites and in their registrations. Nevertheless, there are no instructions about the representation of the dimensions and the orientation of the various polygons surveyed. The second essay, Descriptio urbis Romae, is a much more original step forward. It shows how an urban plan could be sketched on a map, according to polar coordinates collected and organised within standard tables. The instrument that enables the technicians to draw such tables is a protractor, called Orizon. It is provided with a graduated radius that is hinged in the middle of the instrument itself, exactly as it happens in the modern, graduated circular protractor having a pivoted arm, used for measuring or marking off angles. When it has represented on a sheet of paper the plan of a town measured through the triangulation method explained in the Ludi, a surveyor establish in this representation the basis of a cartographic system of reference: starting from a central point, he can measure with the Orizon the polar coordinates of every single place on the graphic. We are talking about distances and angles from a starting point that can give way to the setting down of a table with the name and the position of every represented topographical detail, a sort of encrypted map. Such a table, obtained through a graphical representation and not by a practical survey on the field, represents a revolutionary step forward: the cartographer willing to obtain another map, identical to the original one, could certainly be able to make a copy perfectly matching the first sample. Considered from this point of view, the whole method suggested by the Descriptio could appear like a mere academic exercise: the advantages of taking polar coordinates as a reference are obvious at first sight, as such a process allows the creation of a faithful reproduction from an original map. However, this method is by far more productive than a simple technique for a geometrical copy of a topographical map (a copy that http://it.wikipedia.org/wiki/File:Leonardo_self.jpg ANNO I http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mona_Lisa-restored.jpg Leonardo da Vinci, Monna Lisa dopo il restauro (particolare) Leonardo da Vinci, Mona Lisa restored (detail) could be realised by an easy tracing from first model). Its real innovation consists in the introduction of the concept of “scalability” starting from the real measurements. In such a way, the cartographer can draw from the same positional data a n number of maps, identical as for their proportions, but all different in their scale if compared with the model, according to the decrease factor chosen in the definition of the distances from the origin (scale of the map). 67 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 Leonardo da Vinci, Carta dell’Italia Centro-Nord Leonardo da Vinci, Map of the Northern and Central Parts of Italy 68 Even if Alberti didn’t draw a map of a town as we know it today, his method represents a milestone in the History of Cartography. It goes far beyond the creation of the first map of the “Eternal City” (Rome): by referring every position to polar coordinates it is possible to fix a objective criterion for a graphical reproduction of an urban plan, and, therefore, to replicate it authentically also changing the mapmaker. This experience gives way once and for all to the Cartographical Renaissance, abandoning the fantastical and analogical approach that was typical of the Middle Age. It is the first step towards the revolution that, within two centuries, would put the problem of the position at the core of the whole Windsor Castle, Royal Library, 12277 ANNO I r). Il passaggio dal rilievo alla carta avviene poi attraverso una sintesi individuale di elementi percettivi, metrici ed ordinali, che propongono sempre una visione diagrammatica dello spazio, percepito e delineato nella sua unitarietà. Il suo più alto contributo alla rappresentazione del territorio riguarda specialmente la componente verticale dei monti e dei laghi. Il metodo che Leonardo impiega nella restituzione grafica delle masse orografiche si basa sul tentativo di delineazione delle forme di monti e colline nel rispetto dei loro mutui rapporti di proporzionalità e nell’introduzione della sua teoria delle ombre, che conferisce alle carte una forza comunicativa senza precedenti e conferma l’importanza cartographical science. Talking about the representation, during the Renaissance new surveyors, painters and miniaturists went further into the creation of maps with greater power of description and expression. After more or less fifty years since the publishing of Alberti’s essays, another genius in both Art and Science, Leonardo da Vinci (1452-1519), gave a unique, original contribution to this discipline, thanks to the methods proposed by Leon Battista Alberti and to the Ptolemaic Geographia, both in the drawing techniques from the reality (through perspective instruments such as the “Velo”, conceived by Alberti in order to establish a geometrical correspondence with a perspective view) and in the methods of surveying and sketching maps. Leonardo’s maps stand out a mile from the naïve and childish sketches realised by the surveyors and the experts of the time, even if his interest for the cartographical representation doesn’t have a professional purpose. Leonardo isn’t a cartographer, but he deals with this science for scientific and analytic purposes: landscape planning and war strategies. In order to understand his cartographical work, we need to take a step behind, shifting our focus from the maps to the representations more in general; that’s to say to the language of the drawings and of the paintings. For Leonardo, this latter wasn’t a mere visual repetition of what was already known; instead, it was “the key to open the world of phenomena” (as Giulio Carlo Argan said). The innovative basis of his cartographical production, therefore, can be found in the rules enunciated in the Libro di pittura. The way Leonardo chooses to survey and graphically represent a piece of land is summarised in the rule given in his own note in the Manuscript L, France Institute (f. 21 r): “On the top of the hills and on theirs sides, look at the shapes of the land portions, at their division, and at all the things in front of you, and draw them in their own shape”. The transformation from the sketch to the map is done through a personal synthesis of perceptive elements, metric and ordinal, always giving a diagrammatical view of the land (conceived and represented as a whole). Leonardo’s contribution to an accurate landscape representation is particularly relevant for what concerns the vertical component of mountains and hydrography. In the graphical reproduction of mountainous blocks, he tries to sketch the shapes of every massif and hill following their mutual proportions. Moreover, his “theory of the shadows” gives to the maps a communicative power never achieved before, a proof of the importance of a careful study on them. “… shades in painting need much more investigation and speculation than their outline; and evidence of this precept is that the outline can be made to shine using veils transparency, or flat glass placed between the eye and the thing to be drawn; but this rule does not apply to shades, due to the lack of sensitivity of their shape, for, more often than 69 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 Leonardo da Vinci, Map of Valdichiana che per Leonardo ha il loro profondo studio: “Di molto maggiore investigazione e speculazione sono le ombre nella pittura che i loro lineamenti; e la prova di questo s’insegna che i lineamenti si possono lucidare con veli, o vetri piani interposti fra l’occhio e la cosa che si deve lucidare; ma le ombre non sono comprese da tale regola, per l’insensibilità dei loro termini, i quali il più delle volte sono confusi” (Leonardo da Vinci, Libro di Pittura). Così, è da riscontrare il geniale uso di luce ed ombra, adottato per la Carta dell’Italia centro-nord, nella quale Leonardo introduce una modalità di rappresentazione che consente una percezione delle variazioni di quota del territorio cartografato, senza precedenti nella storia della Cartografia, e che può essere riconosciuta come l’archetipo della tecnica di rappresentazione orografica a tinte ipsometriche, ancora oggi adottata per la realizzazione degli atlanti scolastici del nostro tempo e riproducente con efficacia ed immediatezza il concetto di “più scuro più alto”. 70 not, they are undefined or uncertain...” (Leonardo da Vinci, c. 1508-10). Therefore, we have to take into account the clever use of lights and shadows in the Carta dell’Italia centro-nord (Windsor, RL 12277). In this map, Leonardo introduces a new way of representation that makes it possible to perceive the differences of altitude in the landscape. Such a method had never been previously applied in cartography and constitutes the archetype of the way to represent an altitude through hypsometric colours (a method nowadays still in use for school atlases and a practical and understandable example of the abstract concept “the darker, the higher”). Together with the representation of a mountain shape, even Leonardo’s hydrographical sketches are a demonstration of the same idea of three-dimensionality, obtained with the same method, although with the opposite concept “the darker, the deepest”. The best example is the Carta della Valdichiana (Windsor, RL 12278r), where the shallow stretch of water in the valley contrasts with the deepest waters of its tributary flows, thanks to the use of different tones of blue for every level of depth. Windsor Castle, Royal Library, 12278r Leonardo da Vinci, Carta della Valdichiana Analogamente all’orografia, anche nell’idrografia Leonardo esprime l’idea di tridimensionalità attraverso la stessa tecnica, richiamando il concetto inverso: “più scuro, più profondo”, come nella Carta della Valdichiana, dove contrappone il poco profondo specchio d’acqua della Chiana, ai più fondi flussi idrici dei torrenti tributari dello stesso bacino, segnalandone con diverse tonalità di azzurro le differenti depressioni. La seconda parte del testo, “Da Raffaello Sanzio a Giambattista Nolli” sarà pubblicata nel prossimo numero di GEOCENTRO/magazine The second part of the text “From Raffaello Sanzio to Giambattista Nolli” will be published in the next number. CAODURO® s.p.a CAVAZZALE - VICENZA [email protected] - www.caoduro.it IL PUNTO DI VISTA Sicurezza nei cantieri edili L’Analisi del Valore a supporto di scelte e decisioni Prosegue in questo numero, la pubblicazione degli articoli sul tema della Gestione e l’Analisi del Valore (AV). Pier Luigi Maffei, ingegnere, attualmente è Professore Ordinario di Architettura Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa e Presidente del Comitato Scientifico del CeSAV presso il Dipartimento di Ingegneria Civile 72 della medesima università. È inoltre Presidente dell’AIAV Associazione Italiana per la Gestione e l’Analisi del Valore. A livello internazionale, è membro del Value Management Certification and Training System - European Governing Board – EGB e del SAVE International – The Value Society – USA. È autore di oltre cento pubblicazioni specialistiche. photo©shutterstock.com/Kuzma Pier Luigi Maffei Professore ordinario di Architettura Tecnica dell’Università di Pisa L’attività nei cantieri edili comporta rischi che si possono e si devono ricondurre a limiti molto più bassi rispetto a quelli che si presentano attualmente in Italia, ove in media si hanno 300 morti all’anno. Un contributo importante in questo senso può venire dal porre le premesse per una completa e corretta informazione e formazione fin dalla scuola elementare, per contribuire all’educazione da darsi in famiglia, allo scopo di far crescere una cultura della prevenzione in casa e nei luoghi di lavoro. Spetta poi al mondo della “comunicazione” divulgare quelle che Emanuela Falcetti definisce in RAI Radio Uno “Istruzioni per l’Uso”. Le morti bianche e le ultime novità normative per il settore costruzioni evidenziano ancora una volta la necessità di un approccio interdisciplinare coordinato, che consentirebbe di portare a sintesi e ottimizzare i compiti e le responsabilità delle diverse componenti (committente, programmatore, progettista, datore di lavoro, direttore dei lavori, coordinatore per la sicurezza), al fine di costituire un adeguato percorso nel processo realizzativo. Il ricorso all’Analisi del Valore (AV) - metodo che comprende una rigorosa tecnica operativa che prevede fasi di attività interdisciplinari coordinate - permette di valutare e misurare l’Utilità derivante dalla soddisfazione delle esigenze in rapporto alle risorse necessarie per ottenerla nella vita utile ipotizzata (Costo globale). in Ingegneria Edile, nell’Università di Pisa, coordinando gli Insegnamenti di Ergotecnica edile, Organizzazione del cantiere e Sicurezza nei Cantieri al fine di avere un rigoroso ed efficace strumento nella prassi operativa in cantiere. Soluzioni diverse di attività e funzioni in cantiere, sul piano organizzativo ed operativo, vengono messe a confronto con l’Indice di Valore, parametro unico numerico omnicomprensivo che viene assunto nelle stime, nella valutazioni di più soluzioni a confronto, assunte fin dalla fase di programmazione del processo edilizio: programmazione, progettazione, realizzazione, gestione, per assumere tutti gli elementi suggeriti dalla gestione come dati di ingresso del processo stesso; ciò consente di tendere, nella reiterazione delle fasi, ad un sempre più grande Indice di Valore. Per le applicazioni AV in materia di sicurezza, ci si è avvalsi anche della Teoria dei Giochi (Gaming Simulation) mettendo al tavolo della discussione tutti gli attori, al fine di creare le premesse per portare a sintesi nel progetto esecutivo operativo le “n” dimensioni di un tema così complesso. Il valore della sicurezza nella produzione edilizia A fronte di una attività che nei cantieri temporanei e mobili permane critica, cresce nel Paese con insistenza, a tutti i livelli, la domanda di sicurezza nel mondo della produzione edilizia. Un contributo in tal senso importante deriverà photo©shutterstock.com/Ian O'Hanlon Percorso ipotizzabile per la sicurezza nei cantieri edili 1 Predisposizione del gruppo di lavoro, costituito da figure i cui compiti coprano tutte le professionalità necessarie per la redazione del progetto. 2 Analisi del processo produttivo, dalla programmazione alla determinazione di tutte le fasi lavorative necessarie per la realizzazione dell’opera. 3 Riesame della progettazione, al fine di determinare se, ed in quale modo, sia possibile ridurre i rischi connessi con lo svolgimento delle varie fasi lavorative, anche considerando l’ipotesi di modificare e/o sostituire alcune fasi particolarmente delicate. 4 Progetto del cantiere, attraverso la predisposizione del layout, delle attrezzature, delle mansioni previste per l’esecuzione dei lavori. 5 Valutazione dei rischi relativi a tutte le fasi lavorative. 6 Gestione accurata di controlli in fase realizzativa. L’analisi dei rischi in cantiere è materia complessa che può essere affrontata con l’Analisi del Valore in una condizione di coinvolgimento di tutte le componenti chiamate dal coordinatore anche ad attività allo stesso tavolo (interdisciplina). La ricerca dell’integrazione tra i vari aspetti è stata affrontata nell’ambito dei Corsi di Laurea 73 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 anche dal fatto che la legge finanziaria 2007 abbia previsto la responsabilità solidale del committente imprenditore o datore di lavoro con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori (art.1, Legge 296/2006). Dal gennaio 2007 l’imprenditore committente risponde, infatti, in solido con l’appaltatore per tutti danni non indennizzabili dall’Inail; ne portare la gestione come input del processo realizzativo. Ciò consentirà di porre alla base delle gare di appalto elaborati operativi di un progetto cantierabile, predisposti quindi con l’apporto dell’impresa che si è aggiudicata l’appalto, con attenzioni rivolte alle specificità dell’impresa a alle condizioni di sicurezza per tutti gli operatori in cantiere. FINALITÀ FUNZIONI VINCOLI ESIGENZE RISORSE PROGRAMMAZIONE SdF e Dpp PROGRAMMAZIONE CONTROLLI PROGETTAZIONE PROGETTAZIONE GESTIONE GESTIONE VALORE VERIFICHE INTERNE VERIFICHE PRESTAZIONALI COLLAUDO REALIZZAZIONE VALIDAZIONE REALIZZAZIONE derivano considerazioni in merito al ricorso che le imprese fanno nei confronti di esternalizzazioni di attività (appalto d’opera, servizi, ecc.) e di processi aziendali outsourcing scelti per esigenze di flessibilità e per contenere i costi fissi. Occorre in ogni caso rimarcare che solamente con una adeguata e continuativa informazione e con una formazione portata già nella scuola, si potrà raggiungere l’obiettivo della cultura del valore della salute, premessa indispensabile per ridurre i rischi di incidente in cantiere, rientrando quindi nei limiti inevitabili tipici delle attività umane. Mentre c’è da considerare cosa sia possibile fare sotto il profilo sociale (a livello di conoscenza, informazione, educazione, formazione, cultura, comunicazione), un più corretto modo di vivere in cantiere da parte di tutte le componenti può e deve essere perseguito tramite attività che rientrano nella programmazione prima ancora che nella progettazione, tenendo conto del fatto che i prodotti dell’attività programmatoria sono gli Studi di Fattibilità (SdF) e i Documenti preliminari all’avvio della progettazione (Dpp), in modo tale da poter 74 L’ordinamento italiano in materia di lavori pubblici, che ebbe avvio con la legge 109/1994, nell’art. 11 del DM 145/2000, capitolato generale d’appalto, prevede che l’impresa che si è aggiudicata la gara di opera pubblica, possa chiedere al Responsabile del Procedimento (RP) di poter apportare varianti in diminuzione migliorative, finalizzate anche a creare migliori condizioni di sicurezza durante i lavori. Si suggerisce a tal proposito di ricorrere all’Analisi del Valore per dimostrare che quanto si propone, anche in base alle proprie precedenti esperienze, condotte in situazioni analoghe a quelle dell’opera che si accinge a realizzare, comporti migliorie senza aumento dell’importo dei lavori a base d’asta. Qualora la proposta dell’impresa comportasse anche un minor costo rispetto a quello con il quale si è aggiudicata la gara, con l’accettazione della proposta stessa da parte del Responsabile del Procedimento e del committente pubblico, l’impresa beneficia del 50% di quanto avrà fatto risparmiare la committenza pubblica e quindi la comunità. Una più estesa applicazione dell’Analisi del Valore in photo©shutterstock.com/Kenneth William Caleno fase di programmazione potrebbe portare ad assumere a riferimento dell’offerta economicamente più vantaggiosa il costo di produzione, ricavato dal Costo globale (somma del costo di produzione, del costo di gestione nella vita utile ipotizzata e del costo finale, meno il valore residuo dell’opera stimato a vita utile conclusa). Si dimostrerebbe in tal caso che ad una maggiore incidenza del costo di produzione, a vantaggio per esempio della sicurezza, corrispondano economie per la comunità in termini sociali e minori costi di gestione nella vita utile ipotizzata, ma anche un minor costo finale in virtù di un valore residuo da stimare e portare in detrazione nel calcolo del costo globale. Migliorare le condizioni di lavoro, ed abbattere di conseguenza il rischio di incidenti, è quindi obiettivo da perseguire in ogni caso per motivi etici, conseguendo anche un aumento di utilità e quindi un maggior valore dell’opera, allorché l’utilità cresce più dell’aumento del costo globale. Il valore è infatti imprescindibilmente legato all’utilità e alle risorse di cui c’è necessità, essendo direttamente proporzionale all’utilità ed inversamente proporzionale al costo da sostenere in tutto il periodo di tempo preso a riferimento (vita utile ipotizzata o programmata). La proposta potrebbe incentrare le attenzioni sul Classi di esigenze - UNI 8289:1981 • Sicurezza • Benessere • Fruibilitá • Aspetto • Gestione • Integrabilitá • Salvaguardia dell’ambiente 75 76 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 minor rischio per i lavoratori. Costi messi in gioco in produzione, si ripagano, in altre parole, in termini sociali nell’arco di tempo preso in considerazione, migliorando le condizioni di vita in cantiere ed abbattendo di conseguenza il rischio di incidenti. Si tratta di ricondurre il concetto di “economia” e quindi di “economicità” di un intervento, all’interno del significato originario della parola; un’offerta per realizzare un’opera risulterà quindi “economicamente” più vantaggiosa di In sintesi il “valore della sicurezza” fa porre le attenzioni sull’Utilità del servizio da rendere e sul Costo globale da sostenere per tutto il periodo preso in considerazione, ovverosia nella vita utile ipotizzata. Posti a rapporto, Utilità e Costo globale, si rendono strettamente correlati gli aspetti funzionali a quelli economico-gestionali, ponendo al centro delle attenzioni la singola persona, con i propri doveri e diritti, compreso quello alla salute da conservare il più lungo tempo possibile. un’altra se il servizio che deve dare, quello per il quale essa è stata ipotizzata e quindi programmata e progettata, verrà ottenuto e offerto non necessariamente ad un minor costo di produzione, ma ad un giusto Costo globale, spendendo il giusto, per avere una corretta gestione, una manutenzione fattibile, un costo di esercizio affrontabile e un alto valore residuo dell’opera, al termine della vita utile per essa ipotizzata. Una soluzione è, in altre parole, più economica di un’altra se porta con sé un maggior valore, non se comporta un costo più basso a scapito del valore del prodotto. Il criterio da adottare per stabilire quale sia l’offerta economicamente più vantaggiosa, anche in questo caso deve pertanto essere improntato a poter giudicare e valutare tra le soluzioni prospettate quella che offra le maggiori garanzie in merito al “servizio” che si intende offrire, al risultato che si intende conseguire, considerando che nel concetto di utilità sono insite tutte le sette classi di esigenze: sicurezza, benessere, fruibilità, aspetto, gestione, integrabilità e salvaguardia dell’ambiente (UNI 8289:1981). Nella stima dell’Utilità si terrà conto anche dell’efficacia photo©shutterstock.com/Michal Modzelewski ANNO I 100% E2 Efficacia E1 C1 C2 Costi Curva costi/efficacia degli interventi di sicurezza degli interventi per la sicurezza in rapporto al costo da sostenere, assumendo tutti gli elementi derivanti dalle precedenti esperienze in cantiere e formando una banca dati, ogni imprenditore può divenire il formatore di operatori dei cantieri edili, culturalmente oltre che operativamente preparati ad affrontare le attività lavorative al minor rischio di incidenti possibile. Studenti, neodiplomati e laureati che intendano trovare nei cantieri edili occasioni di lavoro potranno avere così occasioni di stage, di praticantato condotto in situazioni reali, a contatto con chi pratica le attività che essi stessi saranno chiamati a svolgere. È possibile delineare graficamente l’interrelazione tra i costi e l’efficacia degli interventi di sicurezza tramite una curva, con un tratto iniziale con pendenza molto elevata, cui corrisponde una spesa limitata per il conseguimento di elevati incrementi di efficacia e un tratto con andamento asintotico cui corrisponde una forte spesa per piccoli incrementi di efficacia. La curva tende rapidamente ad un asintoto che rappresenta il limite di convenienza degli interventi di sicurezza, stabilire fino a quale punto sia conveniente ed opportuno spingere la progettazione è, come già illustrato in precedenza abbastanza difficile, in questo caso è tuttavia possibile far riferimento al rapporto L. 81/2008 Articolo 115 Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto 1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all’articolo 111, comma 1, lett. a), Ë necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, quali i seguenti: a) assorbitori di energia; b) connettori; c) dispositivo di ancoraggio; d) cordini; e) dispositivi retrattili; f ) guide o linee vita flessibili; g) guide o linee vita rigide; h) imbracature. 2. Il sistema di protezione, certificato per l’uso specifico, deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di dissipatore di energia a 4 metri. 3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali. 4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta. 77 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 tra le variazioni percentuali dell’efficacia e variazione percentuale dell’investimento, procedendo nel calcolo del rapporto ΔE/ΔC, in tal modo si hanno preziose informazioni sulla convenienza dell’intervento. I costi legati alla sicurezza sono: • costi per la conformità • costi per la gestione dei rischi • costi per l’eliminazione dei rischi residui La legge vigente è il D.Lgs. 81/2008 che rafforza il concetto della catena delle responsabilità al fine di costruire un luogo di lavoro con minori rischi possibili. Le misure di prevenzione e protezione da applicare per migliorare la sicurezza in questo senso sono date dall’analisi dei rischi e riguardano la necessità di informare e formare gli addetti sui corretti modi di operare. Riportiamo di seguito l’elenco, non esaustivo, dei costi per la sicurezza molti dei quali impensabili prima degli anni novanta: • quota annua per l’ammortamento delle spese sostenute per adeguare gli impianti e i luoghi di lavoro alle leggi previgenti (D.P.R. 547/55, D.P.R. 303/56, D.Lgs46/90); • quota annua sia per l’ammortamento degli oneri dovuti alla prima valutazione dei rischi (D.Lgs. 626/94 s.m.i.), sia degli eventuali altri costi sostenuti nell’anno per eventuali aggiornamenti; • quota per l’ammortamento misurazione rumore (DPR 277/91) • ammortamenti dei costi per l’adeguamento ergonomico dei posti di lavoro; • potenziamento del controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici; • potenziamento delle misure igienico-sanitarie (ad esempio bagni separati per uomini e donne); • quota di ammortamento degli eventuali investimenti sostenuti per l’adeguamento antincendio dell’attività (impianti segnalazione e allarme, illuminazione di sicurezza, impianti di spegnimento automatico o manuale, etc.); • organizzazione degli addetti all’incendio e dei conseguenti corsi specifici di prevenzione incendi (D.I. 10 marzo 1998); • quota di ammortamento dell’acquisto delle attrezzature antincendio; • quota annua di ammortamento per l’eventuale potenziamento dei dispositivi di protezione individuali; • quota di ammortamento per la creazione e/o potenziamento del pronto soccorso e preparazione del personale addetto; • costo delle ore di esercitazioni di evacuazione del personale in caso di pericolo grave ed immediato; • costi annui per l’informazione e la formazione dei lavoratori ed in generale di tutto il personale; • costo annuo del o dei responsabili del Servizio di 78 photo©shutterstock.com/Mark William Richardson ANNO I Prevenzione e Protezione; • costo annuo del medico competente e delle visite ai lavoratori; • costo annuo per le riunioni periodiche di prevenzione dei rischi. Costo Nella stima del costo di produzione di un’opera o di un servizio, allo scopo di effettuare una valida programmazione è necessario stimare il Costo globale da sostenere per poterne valutare la convenienza o meno, andando a considerare la vita utile ipotizzata. Il Costo globale è dato dalla somma del costo di produzione, del costo di gestione nella vita utile ipotizzata e del costo finale detratto il valore residuo. Cg = Cp+ (Cge x n x f ) + Cf x f - Vr x f Cp = Cg - (Cge x n x f ) - Cf x f + Vr x f • n anni della vita utile ipotizzata • f fattore di attualizzazione dei costi e valori differiti • Cp costo di produzione rappresenta la somma dei costi che concorrono a realizzare l’intervento programmato (spese di promozione, di progettazione, di costruzione, tecniche, l’utile dell’imprenditore, ecc.); • Cge costo di gestione nelle vita utile ipotizzata, calcolato mettendo in conto i costi di esercizio e per gli interventi di manutenzione programmata, per garantire la soglia minima delle prestazioni in fase d’uso dell’entità; • Cf costo finale, come costo per la dismissione, per il ripristino funzionale o il cambio di destinazione d’uso al termine della vita utile ipotizzata • Vr valore residuo L’Analisi del Valore è presente nell’ordinamento dei lavori pubblici che ebbe alla base la Legge 109 del 1994, e più precisamente nell’articolo 15 del regolamento generale e nell’articolo 11 del capitolato generale di appalto, l’Analisi del Valore è stata resa obbligatoria in base all’articolo 15 della Legge Regionale Veneto, 7 novembre 2003, n. 27 (in Bur 11 novembre 2003 n. 106: Disposizioni generali in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le costruzioni in zone classificate sismiche) nella verifica e nella validazione del progetto effettuate dal responsabile del procedimento, per i lavori di speciale complessità o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico. In essa si legge che «la validazione del progetto deve dare atto, certificandola, che la progettazione è stata effettuata mediante l’impiego della tecnica dell’analisi del valore». Sul significato di “economicamente” Il significato autentico dell’avverbio “economicamente” è riscontrabile sui dizionari della lingua italiana: “economia” deriva dalla parola greca “oikos”, che significa casa, ovverosia quanto più di necessario alla persona umana, dimora pensata e realizzata per poter esplicare funzioni che abbiano al centro delle attenzioni l’utilità, in rapporto alle risorse di cui si dispone e che si intende impiegare per raggiungere gli obiettivi prefissati. Indice di Valore (Iv) Rapporto fra l’Utilità (U) della soluzione esaminata - minimo prezzo stimato che si é disposti a pagare per ottenere le funzioni primarie esplicate, in un dato luogo ed in determinate condizioni - ed il costo di produzione, ricavato con esplicite considerazioni sul Costo globale (cfr. GEOCENTRO/magazine n. 3 e 4). Dalla definizione di Indice di Valore si evince che nel confronto che viene effettuato con AV non sfugge nessun aspetto, assumendo come filtro di ogni analisi e valutazione tutti gli elementi presenti nelle sette classi di esigenze di cui alla norma UNI 8289:1981 Palermo, stima del valore di mercato di una villa di Marina Ciuna (Ricercatore di Estimo – Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo) Il procedimento di stima mono-parametrica non è in grado di tenere conto degli effetti delle caratteristiche qualitative sul valore di mercato degli immobili, perché esaurisce la sua efficacia con l’impiego di un unico parametro, solitamente la superficie commerciale. Ciononostante può essere applicato correggendo con le aggiunte e le detrazioni il valore ottenuto con il procedimento; le aggiunte e le detrazioni a loro volta sono stimate con giudizi soggettivi, che per le caratteristiche qualitative sono poi tradotti in coefficienti numerici. Tutto ciò avviene in assenza di dati di mercato. Il market comparison approach (MCA) si fonda invece sulla rilevazione dei prezzi di mercato di immobili simili a quello da stimare che presenta valenze qualitative e il sistema generale di stima (SDS) si incarica di calcolare i loro effetti nella determinazione del valore di mercato. Il processo valutativo fondato sul MCA e il SDS può essere presentato con il resoconto del rapporto di valutazione di un villino con particolari qualità immobiliari, descrivendo i criteri della valutazione, presentando i dati di mercato e rassegnando il valore di mercato e il metodo adottato per la sua determinazione. Descrizione dell’immobile da valutare L’immobile oggetto di stima (subject) è un villino monofamiliare in stile Liberty sito nel Comune di Palermo nella zona balneare di Mondello. L’immobile ha una superficie principale di 190,00 mq, una superficie dei balconi di 22,00 mq e un giardino esterno di 1.300,00 mq. L’immobile ha due servizi igienici e un livello di manutenzione 80 photo©shutterstock.com/AlexGul APPROFONDIMENTI interna buono. La misura delle superfici immobiliari è svolta con un rilievo metrico secondo lo standard di misurazione del Codice delle valutazioni immobiliari III di Tecnoborsa (2005). Per l’analisi estimativa è stata considerata la superficie interna netta. Criterio di stima Il criterio di stima è il valore di mercato che, secondo gli standard estimativi internazionali, è definito come l’ammontare stimato per il quale un determinato immobile può essere compravenduto alla data della valutazione tra un acquirente e un venditore, essendo entrambi i soggetti non condizionati, indipendenti e con interessi opposti, dopo un’adeguata attività di marketing durante la quale entrambe le parti hanno agito con eguale capacità, con prudenza e senza alcuna costrizione (International Valuation Standards 1, 3.1). Il segmento di mercato Il segmento di mercato dell’immobile da valutare è costituito da villini in stile Liberty siti a Mondello, il baricentro turisticomondano della città di Palermo. L’epoca di costruzione dei villini si fa risalire agli anni ’10 del secolo scorso. Le arterie viarie maggiormente interessate al fenomeno del villino Liberty sono i nodi di confluenza e tutte le principali strade che congiungono Palermo con i centri di Valdesi, di Mondello e di Partanna. Le strade secondarie accolgono ville e villini non in stile edificati in tempi successivi. La domanda è costituita da liberi professionisti e in generale da utenti di ceto sociale agiato, mentre l’offerta da singoli privati che disinvestono. La forma di mercato è costituita da concorrenza monopolistica ristretta. Il campione dei dati immobiliari Il campione dei dati immobiliari è costituito da tre villini simili a quello da stimare e compravenduti di recente, appartenenti allo stesso segmento di mercato dell’immobile oggetto di stima. Unità A: Villino monofamiliare in stile Liberty. L’immobile ha una superficie principale di 200,00 mq, una superficie dei balconi di 17,00 mq e un giardino esterno di 1.400,00 mq. L’immobile ha due servizi igienici e un livello di manutenzione interna ottimo. L’immobile prospetta sul lungomare di Mondello con possibilità di accesso immediato alla spiaggia e presenta un livello di panoramicità ottimo avendo gli affacci sul golfo. La compravendita è avvenuta 6 mesi fa e il prezzo di mercato è di 1.800.000,00 euro. Unità B: Villino monofamiliare costruito negli anni ‘50. L’immobile ha una superficie principale di 220,00 mq, una superficie dei balconi di 21,00 mq e un giardino esterno di 1.100,00 mq. L’immobile ha tre servizi igienici e un livello di manutenzione interna buono. L’immobile prospetta sul viale principale di ingresso di Mondello, ma non presenta panoramicità sul mare. La compravendita è avvenuta 2 mesi fa e il prezzo di mercato è di 1.300.000,00 euro. Unità C: Villino monofamiliare costruito negli anni ’50. L’immobile ha una superficie principale di 255,00 mq, una superficie dei balconi di 25,00 mq e un giardino esterno di 1.150,00 mq. L’immobile ha tre servizi igienici e un livello di manutenzione interna scarso. L’immobile prospetta sul lungomare di Mondello con possibilità di accesso immediato alla spiaggia e presenta un livello di panoramicità ottimo avendo gli affacci sul golfo. La compravendita è avvenuta 5 mesi fa e il prezzo di mercato è di 1.680.000,00 euro. Oltre alla rilevazione dei dati immobiliari degli immobili comparabili, l’indagine di mercato ha riguardato la rilevazione degli indici mercantili e delle informazioni strumentali all’analisi estimativa (tabella 1). Tabella 1 - Indici mercantili Indice e informazione Importo Saggio annuale di rivalutazione 0,01 Rapporto mercantile dei balconi 0,5 Rapporto complementare area/immobile 0,2 Costo del servizio (euro) 10.000,00 - vetustà media (anni) 6 - vita media (anni) 10 Costo dell’intervento di manutenzione (euro) 35.000,00 Metodologia di stima La stima del valore di mercato è svolta con il market comparison approach e con il sistema di stima applicato in sequenza per la stima delle caratteristiche qualitative. Le caratteristiche immobiliari considerate ai fini della valutazione sono: • la Data contata in mesi a partire dal momento della stima fino al momento in cui è avvenuta la compravendita dell’unità campione; • la Superficie principale intesa come superficie interna netta espressa in mq; • la Superficie balconi misurata in mq; • la Superficie esterna misurata in mq; • i Servizi misurati con una scala a punteggio, 2 per indicare la presenza di due servizi, 3 per indicare la presenza di tre servizi igienici; • lo Stato di manutenzione misurato con una scala a punteggio, 1 per indicare uno stato di manutenzione sufficiente, 2 per indicare uno stato di manutenzione buono, 3 per indicare uno stato di manutenzione ottimo; • lo Stile Liberty misurato con una scala dicotomica, 0 per indicare l’assenza dello stile Liberty, 1 per indicarne la presenza; • la Panoramicità misurata con una scala dicotomica, 81 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 0 per indicare l’assenza della panoramicità sul mare, 1 per indicarne la presenza. I dati rilevati sono predisposti nella tabella dei dati (tabella 2). Gli aggiustamenti ai prezzi di mercato in base alle caratteristiche considerate nella stima si basano sui prezzi marginali. Il prezzo marginale esprime la variazione del prezzo totale al variare dell’ammontare della caratteristica. Prezzo marginale della data di compravendita. Il prezzo marginale è stimato con il saggio annuo di rivalutazione pari all’1% (preso con il segno negativo). Prezzo marginale dell’unità A: prezzo medio dell’unità C: 1.680.000 · (1-0,2) —————————— = 5.024,30 euro/mq. 255 + 0,5 · 25 Il prezzo marginale della variabile superficie principale è pari allora a 4.511,93 euro/mq. Prezzo marginale della superficie dei balconi. Il prezzo marginale è calcolato tenendo conto del rapporto mercantile pari al 50%: 0,5 · 4.511,93 = 2.255,97 euro/mq. -0,01 1.800.000 · ———— = -1.500,00 euro/mese; 12 Prezzo marginale della superficie esterna. Il prezzo marginale può essere rappresentato dal minore dei prezzi medi della superficie esterna calcolati, tenendo conto del rapporto complementare pari al 20%. Prezzo medio dell’unità A: prezzo marginale dell’unità B: -0,01 1.300.000 · ———— = -1.083,33 euro/mese; 12 prezzo marginale dell’unità C: 1.800.000 · 0,2 ————————— = 257,14 euro/mq; 1.400 -0,01 1.680.000 · ———— = -1.400,00 euro/mese. 12 prezzo medio dell’unità B: Prezzo marginale della superficie principale. Il prezzo marginale può essere rappresentato dal minore dei prezzi medi calcolati con il rapporto complementare pari al 20%. Prezzo medio dell’unità A: 1.300.000 · 0,2 ————————— = 236,36 euro/mq; 1.100 prezzo medio dell’unità C: 1.800.000 · (1-0,2) —————————— = 6.906,48 euro/mq; 200 + 0,5 · 17 prezzo medio dell’unità B: 1.680.000 · 0,2 ————————— = 292,17 euro/mq. 1.150 1.300.000 · (1-0,2) —————————— = 4.511,93 euro/mq; 220 + 0,5 · 21 Il prezzo marginale della superficie esterna è pari allora a 236,36 euro/mq. Tabella 2 - Dati nel MCA Compravendite Prezzo e caratteristica 82 Subject Unità A Unità B Unità C Prezzo totale (euro) 1.800.000,00 1.300.000,00 1.680.000,00 - Data (mesi) 6 2 5 0 Superficie principale (mq) 200,00 220,00 255,00 190,00 Balconi (mq) 17,00 21,00 25,00 22,00 Superficie esterna (mq) 1.400,00 1.100,00 1.150,00 1.300,00 Servizio (n) 2 3 3 2 Stato di manutenzione (n) 3 2 1 2 Stile Liberty (0-1) 1 0 0 1 Panoramicità (0-1) 1 0 1 0 Prezzo marginale dei servizi igienici. Il prezzo marginale è calcolato attraverso il costo di ricostruzione deprezzato di un servizio, considerando una vita media di 10 anni e una vetustà media del campione di 6 anni. Il costo del servizio, secondo un preventivo di spesa, è risultato di 10.000,00 euro, il prezzo marginale dei servizi igienici è allora pari a: 6 10.000 · 1 - —— = 4.000,00 euro. 10 ( ) della matrice dei dati sono costituite dalle differenze tra gli ammontare delle caratteristiche dell’immobile di confronto e dell’immobile da valutare: [ ] 1 1-1 1-0 1 0-1 0-0 1 0-1 1-0 ; il vettore dei prezzi corretti è: [ ] 1.716.524,16 Prezzo marginale dello stato di manutenzione. Il prezzo marginale è stimato considerando il differenziale di spesa per passare da un livello di manutenzione ad un altro. Secondo un preventivo di spesa, il prezzo marginale dello stato di manutenzione è pari a 35.000,00 euro. I prezzi marginali dello Stile Liberty e della Panoramicità sono stimati con il SDS. Nella tabella di valutazione si svolgono le operazioni di stima (tabella 3). In corrispondenza delle caratteristiche, in ciascuna cella della tabella si riporta il prodotto tra la differenza negli ammontare della caratteristica dell’unità da valutare e dell’unità rilevata e il prezzo marginale relativo. La somma algebrica di ciascuna colonna rappresenta il prezzo corretto, ottenuto dal confronto tra l’unità rilevata e l’unità da valutare, ossia il prezzo che l’unità immobiliare avrebbe spuntato se fosse stata eguale all’unità da stimare salvo che per le caratteristiche qualitative. Sistema di stima I prezzi corretti sono prezzi parziali che esprimono il prezzo che l’unità immobiliare da stimare avrebbe avuto se le caratteristiche qualitative fossero state nella parità di condizioni. In assenza di parità di condizioni, i prezzi corretti differiscono per effetto delle differenze residue indotte dalle caratteristiche qualitative. Il SDS provvede a separare l’effetto di queste ultime calcolando i loro prezzi marginali e contemporaneamente il valore di mercato dell’immobile da stimare. La seconda e la terza colonna 1.212.337,44 1.453.411,16 . La soluzione del SDS conduce al valore di mercato dell’immobile da valutare e ai prezzi marginali delle caratteristiche Stile Liberty e Panoramicità: [ ] 1.475.450,44 263.113,00 241.073,72 . Il valore di mercato dell’immobile da stimare è pari a 1.475.450,44 euro. Lo stile Liberty induce un aumento del valore pari a 263.113,00 euro; la panoramicità causa un aumento del valore pari a 241.073,72 euro. Entrambe queste influenze sono considerate nel valore di mercato stimato. Nel rapporto di valutazione di un immobile con valenze architettoniche e ambientali, il MCA e il SDS affrontano in maniera piana e risolvono in modo razionale: la stima delle aree esterne a giardino e la stima monetaria delle stile architettonico e della panoramicità. Due risultati che sarebbero stati irraggiungibili con i procedimenti estimativi tradizionali e senza l’uso degli standard valutativi. Il cliente esperto come quello profano non possono che apprezzare la particolareggiata descrizione dei dati di mercato, l’esposizione delle ipotesi estimative, il rigore dello svolgimento del metodo e la dimostrazione del risultato di stima. Tabella 3 - Valutazione nel MCA Prezzo e caratteristica Unità A (euro) Unità B (euro) Unità C (euro) Prezzo totale 1.800.000,00 1.300.000,00 1.680.000,00 Data (0-6)·(-1.500,00) (0-2)·(-1.083,33) (0-5)·(-1.400,00) Superficie principale (190-200)·4.511,93 (190-220)·4.511,93 (190-255)·4.511,93 Balconi (22-17)·2.255,97 (22-21)·2.255,97 (22-25)·2.255,97 Superficie esterna (1.300-1.400)·236,36 (1.300-1.100)·236,36 (1.300-1.150)·236,36 Servizio (2-2)·4.000,00 (2-3)·4.000,00 (2-3)·4.000,00 Stato di manutenzione (2-3)·35.000,00 (2-2)·35.000,00 (2-1)·35.000,00 Prezzi corretti 1.716.524,16 1.212.337,44 1.453.411,16 83 photo©shutterstock.com/Mihail Jershov FORMAZIONE La qualificazione energetica degli edifici Materiali isolanti: tipologie e caratteristiche di Mauro Cappello Questo articolo che illustra la lezione n.6 conclude il corso sul tema della qualificazione energetica degli edifici. Corso che ha l’obiettivo di fornire gli elementi di base ai tecnici che intendono lavorare nel settore. Mauro Cappello, ingegnere, attualmente ispettore presso l’Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello Sviluppo economico, è stato consulente del Ministro dei Lavori pubblici e del Vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e ha organizzato la 1ª Conferenza Nazionale sui Lavori pubblici. È autore di diverse pubblicazioni specialistiche. Come già evidenziato nel corso delle precedenti lezioni, dal 1° luglio 2009 l’attestato di qualificazione o certificazione energetica degli edifici, deve essere redatto per la singola unità abitativa e non più per l’intero edificio come avveniva prima di questa data. Proprio per trattare una situazione ricorrente abbiamo scelto di illustrare un appartamento di circa 70 m2. Nella figura 1 viene riportata la planimetria dell’appartamento esaminato. 1^ fase – Raccolta dati Comune: Catanzaro Gradi Giorno: 1328 [GG] Zona climatica: C – 15 novembre 31 marzo per 10 ore al giorno Temperature medie esterne mensili: 84 2^ fase – Definizione del parametro: trasmittanza termica (Uo) Il calcolo della trasmittanza termica di una parete, così come richiesto dal D.Lgs. 192/2005 ss.mm.ii. (Allegato C), prevede la conoscenza esatta della stratigrafia dell’elemento edilizio completa di tipologia di materiale presente, il relativo spessore ed infine le caratteristiche termiche definite dal parametro h, conducibilità termica [W/mK]. Alla fine del calcolo il tecnico deve verificare che il valore di trasmittanza che si ottiene sia minore di quello previsto dalla norma per la zona climatica interessata, ovvero nel nostro caso per la zona climatica C detto valore dovrà essere Uo < 0,4 [W/m2K] U= 1 1 hi + s1 s2 s 1 + + ..... n + h1 h2 hn he Per svolgere un minimo di calcolo andremo ad ipotizzare una parete esterna avente cinque strati: intonaco interno – muratura 8 cm – isolante in intercapedine lana di roccia – muratura 10 cm ed infine intonaco esterno, con Città Alt. Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Catanzaro 320 8,3 8,7 10,4 13,4 17,0 21,7 24,4 24,8 22,3 17,9 13,7 10,1 Figura 1: planimetria dell’appartamento esaminato le caratteristiche di seguito riportate: Passiamo adesso al calcolo del volume lordo riscaldato: V = Ssolaio * H = 60 m2 * 3,6 m = 216 m3 intonaco interno: 2 cm h = 0,9 [W/m°K] muratura: 8 cm h = 0,20 [W/m°K] lana di roccia: 6 cm h = 0,039 [W/m°K] muratura: 10 cm h = 0,27 [W/m°K] intonaco esterno: 2 cm h = 0,9 [W/m°K] Ne consegue che S/V = 235,2/216 = 1,093 m-1, pertanto essendo maggiore del valore 0,9, si dovrà utilizzare il valore EPlim calcolato per un edificio sito nella zona climatica di Catanzaro ed avente S/V = 0,9. Svolgendo i calcoli si ottiene un valore di trasmittanza pari a Uo = 0,397 [W/m2K] che verifica il requisito della norma. Per i solai si ha U=0,36 [W/m2K] e per gli infissi U=2 [W/m2K] 3^ fase – Determinazione del fattore di forma e dell’indice EPlim L’appartamento in oggetto ha una pianta rettangolare di dimensione 10 m x 6 m mentre l’altezza totale (computata con l’accortezza prevista dalla norma) è di 3,6 m. Pertanto computando le superfici disperdenti: • Superficie area solai: 2*(10*6)= 120 m2 • Superficie area pareti laterali: 3,6 m * (10 m+6 m+10 m+6 m) = 115,2 m2 Superficie totale disperdente (S): 115,2 m2 + 120 m2 = 235,2 m2 68 48 901 1328 1400 Passiamo adesso al calcolo dell’indice di prestazione energetica limite dell’edificio per la sola climatizzazione invernale. 85 | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 photo©shutterstock.com/Reeed ANNO I Il valore che viene fuori dal calcolo è EPlim= 65,11 [kWh/m2a]. Essendo la superficie utile dell’appartamento, ovvero quella calpestabile, pari a 54,5 m2, ciò significa che per il riscaldamento invernale l’energia massima consumabile in un anno sarà: E = EPlim*Su = 65,11 * 54,5 = 3.548 [kWh/anno] 4^ fase – Definizione del parametro: trasmittanza termica periodica (Y) Una delle novità introdotte dal d.P.R. 2 aprile 2009, n. 59 “Attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, concernente attuazione della direttiva 2002/91/ce sul rendimento energetico in edilizia.” riguarda l’introduzione di un nuovo parametro, la trasmittanza termica periodica, indicata con la lettera Y e caratterizzata dalle medesime unità di misura della trasmittanza U cioè [W/m2K]. Metodo di calcolo della trasmittanza termica periodica Per ognuno degli strati di cui si compone la parete deve essere calcolato il parametro “profondità di penetrazione periodica b” espresso in metri. Dopo, sempre relativamente ad ogni singolo strato, verrà determinato il rapporto j=d/b. Definite queste grandezze per ogni materiale componente la stratigrafia, si passa ad impostare una matrice per ognuno di essi, i cui elementi saranno numeri complessi (ovvero numeri della forma a+jb). Va ricordato che anche per le resistenze termiche superficiali (interna ed esterna) deve essere impostata una matrice. Definite tutte le matrici, i cui elementi sono calcolati secondo quanto dettato dalla norma UNI EN ISO 13786:2008 al paragrafo 6.3, si procede al loro prodotto, partendo dall’interno verso l’esterno (si rammenta che il prodotto di matrici non è commutativo, ovvero il prodotto di matrici è diverso a seconda dell’ordine di moltiplicazione). L’articolo 2 del citato decreto, definisce questa grandezza come “il parametro che valuta la capacità di una parete opaca di sfasare ed attenuare il flusso termico che la attraversa nell’arco delle 24 ore, definita e determinata secondo la norma UNI EN ISO 13786:2008 e successivi aggiornamenti” Quanto detto si riassume nel seguente modo: ZEE = Zsi x Z x Zse essendo indicate con la lettera Z le citate matrici; ZEE = 86 ] ] Z11 Z12 Z21 Z22 la matrice risultante avrà la forma sopra rappresentata. L’espressione della trasmittanza termica periodica è legata alla matrice di trasferimento di calore ZEE, in particolare: 1 YIE = – –––– Z12 Il procedimento di calcolo prevede il prodotto di matrici di numeri complessi, tuttavia sinteticamente possiamo dire che la trasmittanza termica periodica è legata alla trasmittanza termica Uo (calcolata ignorando i ponti termici) dalla seguente relazione: |YIE |= f x U0 essendo f una quantità adimensionale definita “fattore di decremento”. Sempre il medesimo decreto all’articolo 4 comma 18 prevede che per pareti verticali “...il valore del modulo della trasmittanza termica periodica (YIE) di cui al comma 4 dell’art.2, sia inferiore a 0,12 [W/m2K]”. La norma UNI EN ISO 13786:2008 fornisce anche la definizione del tempo di sfasamento dell’onda termica. Dalla trattazione svolta si evince che la necessità del calcolo della trasmittanza termica periodica, deriva dall’esigenza di contenere il consumo di energia per il raffrescamento estivo, parametro che adesso il tecnico deve calcolare e che costituisce un ulteriore elemento di novità rispetto al passato. Cominciamo ad esaminare la parete calcolandone i parametri j e b a partire dai dati conosciuti e reperibili sui cataloghi dei materiali o nella letteratura scientifica: Mentre per l’intonaco esterno la matrice è la stessa essendo le caratteristiche le medesime. Impostando le matrici per le resistenze interne ed esterne, Materiale Spessore d [m] Densità l [kg/m] Conducibilità termica h [W/mK] b [m] j=d/b [m] Capacità termica spaecifica [J/KgK] Intonaco interno 0,020 1300,000 0,900 0,141 0,142 960,000 Muratura (par. interno) 0,080 1800,000 0,016 0,016 5,000 1000,000 Lana di roccia 0,060 40,000 0,039 0,180 0,333 830,000 Muratura (par. esterno) 0,100 1800,000 0,027 0,019 5,263 1100,000 Intonaco esterno 0,020 1300,000 0,900 0,141 0,142 960,000 Come si vede, il procedimento è standard e può essere facilmente semplificato tramite l’impiego di un foglio di calcolo elettronico. Il passo successivo sarà quello di definire le matrici complesse relative ai singoli strati di materiale: si otterrà la matrice finale ed un valore per la Trasmittanza termica periodica minore del limite previsto dalla norma. Intonaco 1+0 - ,02i 0,022 - 1,813-1,813i 1+0 ,02i Muratura interna 21,051- 25,057 71,155i +46,106i 50,113 21,051- +50,113i 71,155i Lana di Roccia 0,998 - +0,111i 1,537-0,055i - 0,998 photo©shutterstock.com/Michael Klenetsky 0,145-0,145i +0,111i Muratura esterna 50,50782,261i 11,18 +46,735i 45,132 +45,132i 50,507 -82,261i 87 ANNO I | n. 6 | NOVEMBRE - DICEMBRE 2009 5^ fase: Calcolo del valore di energia per il riscaldamento invernale Per calcolare l’energia per il riscaldamento è necessario determinare il coefficiente H composto da tre termini: Hie (tra interno scaldato ed esterno) Hit (interno scaldato e terra) ed infire Hi-ins (interno scaldato – interno non scaldato). Consideriamo adesso, solo per esigenze di spazio, unicamente i primi due termini: Hie = ∑UA + ∑ls + ∑r oltre Hit = U tA Elemento edilizio U A UA 1,05(UA) Solaio superiore 0,360 60,0 21,6 22,680 Solaio inferiore (UNI 10355) 0,380 60,0 22,8 23,940 Parete laterale esterna 0,397 98,6 39,14 41,101 Infissi 1,600 14,4 23,04 24,192 Porta di ingresso 2,00 2,2 4,4 4,620 TOTALE 116,53 Nell’appartamento sono presenti 4 finestre di dimensioni (2 m x 1,8 m) = 3,6 m2 ed una porta di dimensioni (2,2 m x1 m ) = 2,2 m2, dunque un totale di 16,6 m2. L’area della parete ammonta a Ap = 115,2 m2 - 16,6 m2 = 98,6 m2. L’effetto dei ponti termici è stato portato in conto sotto forma di aumento percentuale del 5% come proposto dalla norma UNI 14683. Giunti a questo punto siamo pronti per impostare una tabella ove inserire i dati del calcolo e determinare l’energia che servirebbe per mantenere la temperatura di 20 °C, tuttavia in questa fase ancora non abbiamo determinato l’energia derivante dagli apporti interni e da quelli solari (per esigenze di spazio non sono stati calcolati i fattori di riduzione d degli apporti gratuiti). 6^ fase - fabbisogno acqua calda sanitaria La determinazione del fabbisogno per acqua calda sanitaria avviene tramite la procedura descritta al punto 5.2 della norma UNI 11300 - 2: Qh,W = ∑l x c x VW x (eer - eo) x G Giorni Ore/ giorno Ore acc.ne Temperatura est. media mensile NOV 30 10 300 13,7 6,3 DIC 31 10 310 10,1 GEN 31 10 310 FEB 28 10 MAR 31 10 TOTALE 88 Il calcolo della radiazione solare restituisce i valori: Gen - 3,61 Feb - 4,74 Mar - 5,71 Nov - 3,77 Dic - 3,4 tutti i valori sono espressi in [kWh/m2] mentre per la superficie vetrata si ha una superficie Avetri = 10 m2. Dalla tabella riepilogativa vediamo che la quantità di energia da fornire agli ambienti dell’appartamento ammonta a Q = 1.087,37 [kWh/anno]. Qint= 275,73[W]*t[h] Qsole [Wh] Q=Qdisp-Qapp 220.241,70 82.719,00 37.700,00 99.822,70 9,9 357.630,57 85.476,30 34.000,00 238.154,27 8,3 11,7 422.654,31 85.476,30 36.100,00 301.078,01 280 8,7 11,3 368.700,92 77.204,40 47.400,00 244.096,52 310 10,4 9,6 346.793,28 85.476,30 57.100,00 204.216,98 ΔT = (20-Te) Q=H*ΔT*t [Wh] 1.087.368,48 photo©shutterstock.com/Patrycja Zadros assenza di un quadro di normativa tecnica sperimentato e consolidato, in materia di climatizzazione estiva degli edifici, che, al momento, rende difficile la definizione di specifici metodi semplificati e ritenuto che, i metodi di valutazione indicati ai successivi paragrafi 6.1 e 6.2 non presentano condizioni di semplicità e minimizzazione degli oneri disposti dall’art.6 c.9 del decreto, la valutazione di cui sopra è resa in ogni caso facoltativa nella certificazione di singole unità immobiliari ad uso residenziale di superficie utile inferiore od uguale a 200 m2, che per la definizione dell’indice di prestazione energetica della climatizzazione invernale utilizzino il metodo semplificato. In assenza della predetta valutazione, all’unità immobiliare viene attribuita una qualità prestazionale corrispondente al livello “V” delle tabelle di cui ai paragrafi 6.1 e 6.2”. Stanti le affermazioni della norma assumeremo che il nostro appartamento sia caratterizzato da un EPe,involucro = 40 [kWh/m2 anno]. ricordando che l: densità dell’acqua; c: calore specifico pari a 1,162 [Wh/kg K]; VW: volume di acqua utilizzato; Δe: differenza tra temperatura acqua erogata ed all’uscita (la norma in mancanza di dati suggerisce 25°K). Il fattore VW necessita di ulteriori chiarimenti, infatti la norma UNI citata prevede una semplice relazione VW= a x Nu [l/G]. L’applicazione delle formule al nostro caso restituisce un valore di VW = 96,04 [l/G] da cui QW = 1.018.336 [kWh/anno]. Come si vede l’energia determinata per il fabbisogno di acqua calda sanitaria assume lo stesso ordine di grandezza di quella necessaria per il riscaldamento. 7^ fase – determinazione fabbisogno energia per la climatizzazione estiva Il tema della climatizzazione estiva costituisce una delle novità introdotte dalle Linee guida nazionali, infatti viene previsto un relativo indice di prestazione energetica, definito EPe dell’involucro. Va segnalato che, benché la norma UNI 11300-1 illustri un metodo di calcolo, non esistono ancora disposizioni nazionali ben definite, per esempio ancora non è stato determinato il periodo di funzionamento (come accade per gli impianti termici di riscaldamento). Riconoscendo tale limite, le Linee guida, al punto 6 recitano “in 8^ fase – impianto riscaldamento: determinazione dei rendimenti La determinazione dei rendimenti dei vari sottosistemi del sistema impianto termico di riscaldamento avviene tramite la consultazione dei prospetti: 17-20-21a-23°. Quindi avremo : de = 0,95 - dreg = 0,94 - dd = 0,99 ed infine dgen = 0,97. Il rendimento complessivo del sistema impianto riscaldamento sarà il prodotto dei singoli rendimenti, ovvero: dtot = 0,86. 9^ fase – determinazione dell’indice di prestazione energetica reale dell’edificio Noti i rendimenti possiamo passare alla determinazione dell’EPi,reale per l’appartamento in studio. Applicando la formula: EPi,reale = Q/Sudtotale = 1.087/54,6 x 0,86 = 23,22 [kWh/m2 anno] che come si vede bene è di molto inferiore al valore limite EPi,lim = 65,11 [kWh/m2 anno]. Conclusioni Il caso illustrato costituisce un esempio svolto all’interno del quale, per brevità di trattazione e spazio nella rivista, è stato necessario apportare una serie di semplificazioni. Non è stato possibile verificare il rispetto dell’EPglobale e nemmeno dare una sia pur semplice trattazione del metodo di calcolo “estivo”, peraltro ancora non richiesto in forma puntuale dalle linee guida, secondo quanto illustrato nella 7^ fase dell’articolo. Riteniamo tuttavia che, nonostante le limitazioni evidenziate, possa essere utile ai tecnici impegnati in questa attività per mostrare la relativa semplicità di un calcolo apparentemente difficile e complesso. Per maggiori informazioni visitare il sito www.filotecna.it Per segnalazioni: [email protected] 89 REDAZIONALE Topcon IP-S2 Sistema integrato di posizionamento per veicoli terrestri Topcon ha recentemente presentato IP-S2, un sistema integrato di posizionamento 3D di precisione e raccolta dati per veicoli terrestri. IP-S2 combina il tracciamento e il posizionamento dei segnali GNSS a doppia frequenza con la misurazione inerziale e con l’integrazione della scansione laser e l’immagine digitale. Mediante l’utilizzo di scanner laser 3D, LiDAR e/o fotocamere, i dati raccolti vengono integrati e georeferenziati. L’utente può quindi unire, in modo rapido e preciso, la “nuvola di punti” LiDAR e i dati relativi alla cattura di immagini digitali per la costruzione di modelli 3D delle aree percorse. L’integrazione di sensori di alto livello crea una serie illimitata di applicazioni tecnologiche in molteplici settori, quali ad esempio: GIS, costruzioni, agricoltura, monitoraggio e controllo macchine, ambiti nei quali Topcon detiene la leadership del mercato. Grazie alle elevate potenzialità di scansione e di misurazione inerziale di precisione, alla capacità di supportare un’ampia 90 gamma di sensori e al sistema con videocamera digitale per immagini sferiche a 360°, IP-S2 è in grado di raccogliere dati di misurazione accurati in condizioni estremamente difficili, come ad esempio lungo i tunnel, sotto i ponti, nelle aree ad alta densità boschiva oppure nei canyon urbani. La raccolta dati per le applicazioni GIS è da sempre un’attività che richiede un notevole dispendio di tempo, di solito alcuni anni, per essere interamente portata a termine. Di conseguenza molti database risultano incompleti, impedendo ai manager di sfruttare al massimo il potenziale a disposizione. Anche la sicurezza ha sempre rappresentato un problema, a causa della necessità per il personale di sostare nelle corsie di strade ad elevato traffico dove si trova la maggior parte degli asset. Il sistema standard IP-S2 comprende tre scanner LiDAR ad alta risoluzione che coprono il percorso del veicolo sia a livello del terreno che scansionando le aree adiacenti fino ad una distanza di 30 metri. La tecnologia è in grado di offrire il posizionamento e georeferenziazione di precisione di elementi visibili, come, ad esempio, la segnaletica stradale verticale ed orizzontale, raccogliendo immagini digitali a 360° (ad un ritmo di 15 fotogrammi al secondo) per la catalogazione dell’area in tempo reale. Il software e l’hardware IP-S2 sono stati progettati e costruiti in un formato modulare in modo da poter facilmente integrare, secondo le esigenze, nuovi e futuri sensori di scansione. IPS2 offre inoltre un servizio on-line di post-elaborazione dei dati al fine di ottenere la maggiore precisione possibile dei dataset. Le informazioni vengono raccolte, immagazzinate e successivamente recuperate senza alcuno sforzo. Nel mondo sono oltre 400 le unità attualmente in uso. Maggiori informazioni sono disponibili consultando il sito: www.topconpositioning.com/products/mapping-and-gis/ mobile-mapping/ip-s2.html REDAZIONALE CerTus-LdL Il software per la sicurezza nei luoghi di lavoro CerTus-LdL è il software ACCA per lo studio e la redazione della documentazione relativa alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Recentemente, l’argomento “sicurezza” è divenuto di pressante attualità tanto che il governo è dovuto intervenire in materia attraverso il decreto legislativo n. 81/2008 e relativo decreto correttivo ridefinendo “de facto” contenuti e procedure della ex 626. Il legislatore ha imposto, inoltre, la produzione di una specifica documentazione in tempi certi. Infatti, con l’entrata in vigore del decreto, una delle esigenze più importanti per il datore di lavoro è quella di redigere (o aggiornare) il D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi). In particolare, tutte le aziende devono dimostrare l’avvenuta valutazione dei rischi con l’indicazione di una data certa. Il D.V.R. va aggiornato ad ogni cambio delle condizioni anche organizzative dell’azienda. La data certa serve ad attestare in maniera non controvertibile che il documento è aggiornato fino a un determinato giorno. CerTus-LdL apre una nuova frontiera operativa. Infatti il tecnico, in funzione della specifico processo produttivo, può individuare le criticità del luogo di lavoro dal semplice disegno dell’azienda, con l’inputazione ad oggetti (Input Object Draw). Gli oggetti possono anche essere applicati direttamente agli elementi del disegno caricato in formato DXF o DWG. L’analisi dei processi e delle attività lavorative, le verifiche dei luoghi di lavoro, delle macchine e delle attrezzature, sono contestualizzate al disegno realizzato. La rappresentazione grafica consente di individuare incongruenze di sistema e generare la connessione tra luoghi, attività, rischi e prevenzioni. Una modalità operativa semplice, veloce e realmente contestualizzata al luogo di lavoro. TECNOLOGIA • Banca dati con l’analisi di 90 processi e 506 attività lavorative • Archivio con 52 attività esterne di cantiere • Check list per la verifica di conformità di luoghi e attrezzature • Valutazione dei rischi specifici integrati e già inclusi nel programma • Personalizzazione di D.V.R., D.U.V.R.I e P.E.E. • Gestione dei documenti con Word Processor interno • Rischi da interferenze e Costi della sicurezza • Planimetrie dei luoghi di lavoro • Archivio della modulistica tecnica Costo: € 899 + spedizione + iva AMBITI DI IMPIEGO DEL SOFTWARE Architetti, Ingegneri, Geometri, Periti, Consulenti per la Sicurezza grazie alle caratteristiche assolutamente uniche di CerTus-LdL possono operare con semplicità e affidabilità in materia di sicurezza nei Luoghi di Lavoro (ex 626). 91 REDAZIONALE South NTS962R & pfCAD La combinazione perfetta fra hardware e software S.C.S. survey CAD system srl di Verona, leader nazionale nella produzione di software di topografia, ha concluso un accordo con SOUTH Surveying & Mapping Instruments CO. LTD China che prevede lo scambio di collaborazione tecnica e commerciale per la distribuzione delle Stazioni Totali SOUTH in Italia e per la fornitura del software pfCAD per il mercato topografico cinese. SOUTH Surveying vanta decine di migliaia di Stazioni Totali già vendute nel mercato interno cinese ed è quindi azienda leader con oltre 20 anni di esperienza. Il primo grande risultato di questo accordo è la produzione di software pfCAD integrato nella Stazione Totale South NTS962R con Windows a bordo. Il software prende il completo controllo della macchina e, quindi, eseguire un rilievo topografico diventa ora ancora più semplice ed immediato e i controlli grafici riducono ogni possibilità di errore in campagna. Le principali caratteristiche sono: • Lettura diretta angoli e distanze e controllo dalla grafica. Nessun limite di punti memorizzabili per ogni sessione di lavoro. Nessun limite di lavori. Gestione di file e dei lavori come nei programmi Windows • Importazione all’interno della Stazione Totale di file Raster e di file DXF. Importazione di più mappe unite tra loro e già georiferite o importazione e georeferenziazione in tempo reale sui punti noti rilevati • Importazione di TAF e Misurate che poi vengono utilizzate per georiferire in automatico già in campagna il rilievo • Importazione di file DXF di progetti stradali, di fabbricati, piani quotati e tracciamento diretto degli stessi • Gestione diretta del libretto Pregeo con definizione in grafica dei contorni di fabbricati e particelle ed esportazione del File Pregeo con tutte le righe • Esportazione file DXF, ASCII • Controllo diretto delle Misurate e TAF con esposizione degli scarti a diagramma • Ampia gamma di strumenti per il calcolo di nuovi punti: intersezioni, trilaterazioni, calcolo di curve e loro tracciamento in tempo reale, ecc. 92 • Funzione di tracciamento facile da usare sia per tracciare confini che strade e fabbricati • Disponibili i classici problemi topografici come Snellius, Intersezione Inversa, Fuori centro, ecc • Sul display touch screen è possibile gestire facilmente tutto il CAD e utilizzare le funzioni CAD Zoom, Interroga Area, Interroga Distanze sul lavoro che si sta eseguendo • L’editor grafico permette inoltre di caricare, ricercare e visualizzare le Monografie della propria zona Per ulteriori informazioni tecniche contattare S.C.S. srl al numero 045-7971883 o visitare i siti web www.gpskit.it e www.pfcad.it REDAZIONALE Micropali in resina Nuovo metodo per il calcolo della capacità portante Novatek da anni opera su tutto il territorio nazionale nel settore del consolidamento e sollevamento di fabbricati. Oggi, in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, ha messo a punto un metodo per il calcolo della capacità portante dei propri micropali in resina brevettati. Lo scopo dell’iniziativa è definire il campo di applicabilità dei micropali in resina e individuare un metodo per il calcolo del carico limite corrispondente ad ogni tipologia di palo, in modo tale da offrire ai tecnici di settore uno strumento utile e valido per un corretto dimensionamento di un intervento di consolidamento. PROVE DI CARICO In fase preliminare è stato preparato un apposito campoprove dove, una volta caratterizzato il terreno, sono stati realizzati 6 micropali di prova in resina con barra in acciaio in assenza di fondazione superficiale in testa. Su questi micropali sono state effettuate delle prove di carico fino alla rottura del palo. In seguito si è scelto di eseguire le prove su micropali realizzati come opere di sottofondazione in presenza di fondazioni superficiali in testa e nelle medesime condizioni in cui sono realizzati per i clienti. Le prove di carico e la raccolta dati sono ancora in pieno svolgimento: i risultati su 21 micropali in 6 siti diversi confermano l’ottimo comportamento dei micropali in resina armata e la possibilità di utilizzare i dati raccolti per elaborare un metodo di supporto al dimensionamento del brevetto Novatek. CONCLUSIONI Le prove di carico hanno dimostrato che per i micropali Novatek può essere adottata una metodologia analoga a quella di Bustamante e Doix. Il metodo proposto, messo a punto sulla base di prove di carico su micropali iniettati in terreni limo-argillosi, è stato implementato in un programma di calcolo per un rapido utilizzo e un’immediata applicazione. Questo metodo permette di ottenere cautelativamente valori di capacità portante rispetto a un comportamento in condizioni ultime del sistema palo-terreno. La ricerca non si ferma qui. Novatek è già impegnata ad ottenere ulteriori risultati da prove sperimentali in differenti siti campione. Sul sito www.novatek.it è disponibile in pdf l’approfondimento dello studio realizzato 93 REDAZIONALE Interventi sulle coperture Nuova protezione provvisoria per creare passerelle pedonabili in assenza di ponteggio La nuova protezione provvisoria tassellabile a parete per creare passerelle pedonabili realizzata da Veroni rappresenta una pratica soluzione ogni qual volta si presenti l’esigenza di lavorare sul perimetro esterno di una copertura, soprattutto in quelle situazioni particolati di traffico o in centri storici, dove l’utilizzo di ponteggi risulta difficoltoso e ingombrante. Il prodotto offre la possibilità di garantire all’utilizzatore la massima sicurezza in fatto di anticaduta rispettando pienamente le normative vigenti: questo parapetto è stato infatti progettato e realizzato da Veroni conformemente alla normativa europea UNI EN 13374/04 ed è inoltre certificato dall’ISPESL, Ente Nazionale per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro. 94 Caratteristiche tecniche La protezione provvisoria ideata da Veroni è formata da una mensola triangolare con base da 800 mm che si tassella alla parete tramite due piastre a quattro fori 120X200 mm, a questa si unisce un’asta di compensazione, regolabile da 120 a 620 mm dal bordo, o un’asta a ‘L’ che si scosta dalla parete dai 900 ai 1400 mm. Utilizzata come semplice protezione anticaduta per la persona, l’interasse tra i montanti è di 1400 mm. La soluzione pedonabile invece presenta alcune differenze sostanziali: entrambe le versioni permettono la pedonabilità, ciascuna protezione va posizionata a un passo di 1000 mm, così come per la distanza dalla parete consentita che è di max. 1000 mm. La passerella pedonabile viene applicata direttamente sulla base della mensola tramite piccoli supporti in acciaio, che facilitano il fissaggio delle tavole di legno d’abete o simili. Tramite poi un ripartitore di carico fissato alla piastra superiore della mensola, ovvero una barra filettata passante M16 e un ferro a ‘U’ posizionato sull’altro lato della parete, viene garantita la massima praticità di installazione. Una volta installati i parapetti, si completa la messa in sicurezza con l’applicazione delle tavole, parapetto e intermedio da H 200 e spessore 25 mm, e il parapiede, spesso 300 mm, posizionato a 200 mm dal piano di calpestio. NEWS Ideato un nuovo tipo di manto stradale Non più asfalto ma pannelli solari Il Dipartimento dei Trasporti americano (U.S. Department of Transportation - DOT) ha recentemente finanziato la realizzazione del prototipo di un sistema di particolari pannelli solari in grado di poter rimpiazzare il comune asfalto su strade, autostrade e parcheggi. Il progetto, a cura dell’azienda Solar Roadways, prevede l’impiego di particolari pannelli solari: conterranno infatti una serie di LED (utili come segnalatori stradali luminosi al posto delle classiche strisce verniciate) ed elementi riscaldanti (per prevenire il rischio ghiaccio nei periodi invernali). Le attuali stime sulla funzionalità di questo prototipo di manto stradale solare parlano di 7.6 kW/h al giorno di energia prodotta da ogni pannello. Ogni pannello costerà più o meno 5-6mila euro ma, ovviamente, il tornaconto economico sarà più che vantaggioso vista la portata della produzione energetica totale. Inoltre, secondo quanto dichiarato dall’azienda stessa, questo sistema non servirà solamente alla creazione di energia elettrica ma potrà letteralmente trasformare le autostrade in strutture completamente autosufficienti, sicure e decentralizzate. Dan Walden - Solar Roadways RINNOVABILI CATASTO TERRENI L’Agenzia del Territorio avvia il nuovo sistema di aggiornamento Obbligatorio dal 1° giugno 2010 È durato circa due anni il periodo di sperimentazione del nuovo sistema di aggiornamento del Catasto Terreni che NEWS del Territorio ha esteso, con provvedimento del 1° l’Agenzia Ottobre 2009, a tutto il territorio nazionale. La fase di sperimentazione ha coinvolto in questi anni 19 Uffici Provinciali e i professionisti designati dai rispettivi Consigli Nazionali (Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Agronomi e Forestali, Geometri e Geometri Laureati, Ingegneri, Periti Industriali e Periti Industriali Laureati, Periti Agrari e Periti Agrari Laureati e Agrotecnici e Agrotecnici Laureati) ed ha portato alla realizzazione di una procedura automatica, basata su regole condivise, per la consultazione delle banche dati del Catasto Terreni. Per ora il nuovo sistema può essere adottato in via facoltativa, ma a partire dal 1° giugno 2010 sarà reso obbligatorio. Ecco i punti cardine di questo nuovo modello tecnicoorganizzativo: • condivisione degli archivi catastali, disponibili al professionista attraverso il nuovo estratto della mappa; • partecipazione attiva degli stessi professionisti che predispongono la proposta di aggiornamento; • trasmissione telematica degli atti; • procedura informatica PREGEO 10, che esegue tutti i controlli necessari in relazione alle vigenti disposizioni in materia e provvede all’aggiornamento automatico della cartografia catastale e del corrispondente archivio censuario. Inventati alberi in plastica mille volte più efficienti di quelli naturali contro l’anidride carbonica Come è noto, gli alberi assorbono grandi quantità di anidride carbonica. Un professore della Columbia University si è però chiesto se e come fosse possibile aumentare questa capacità di assorbimento. Insieme al suo team della Global Research Technologies ha creato un albero sintetico che, secondo quanto da lui dichiarato, può catturare CO2 mille volte più velocemente degli alberi naturali e senza il bisogno di luce solare diretta. Questo tipo di albero è composto da foglie in plastica in grado di intrappolare anidride carbonica in una camera interna, appositamente progettata per comprimere e trasformare il gas in liquido e potenzialmente usato per carburanti e fertilizzanti. Ogni singolo dispositivo può catturare fino a 90000 tonnellate di CO2 l’anno. Il problema principale purtroppo è il prezzo. Costosi da produrre, questi alberi sintetici però promettono prestazioni davvero strabilianti. Il costo quindi non deve spaventare (più o meno come una macchina nuova di fascia media) anche perché possono essere usati ovunque, anche in condizioni dove i normali alberi, quelli veri, non potrebbero sopravvivere. photo©shutterstock.com/Pakhnyushcha CURIOSITÀ photo©shutterstock.com/Vladimir Mucibabic Nel prossimo numero CITTÀ Rigenerazione urbana Esperienze di housing sociale SOCIETÀ E COSTUME Intervista a Mario Nanni il ‘progettista’ di Viabizzuno OSSERVATORIO Expo 2010 di Shanghai: Come si presentano i principali Paesi del mondo DOSSIER Dall’immagine al modello Note sulla cartografia geometrica in Italia dal Rinascimento alla Rivoluzione Geodetica Parte seconda: da Raffaello Sanzio a Giambattista Nolli … e tanti altri interessanti articoli sui temi del progettare, del costruire, dell’ambiente e sulle novità più significative per la categoria dei geometri: previdenza, innovazione, tecnologie e materiali … Per la pubblicità su Geocentro Magazine Plusservice Srl - Ufficio commerciale di Bologna Telefono: 051 2913911 E-mail: [email protected] TIRATURA E DIFFUSIONE MEDIA: 130.000 copie DIFFUSIONE COPIE PER AREE: Nord Ovest: 33.800; Nord Est: 28.600; Centro: 28.730; Sud e Isole: 38.350