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Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo

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Quelle luci lontane che raccontano le origini del nostro universo
FONDAZIONE
GEOMETRI ITALIANI
Poste Italiane
Spedizione in a.p. -45%
art. 2 comma 20/b
L. 662/96
aut. n. DCB/CZ/17/2004
valida dal 19/01/04
anno I
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
numero
In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme.
Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa.
AVVENIMENTI
Renzo Piano
“Fare architettura”
Una lezione magistrale
DOSSIER
Dall’immagine al modello
Note sulla cartografia
geometrica in Italia
dal Rinascimento
alla Rivoluzione Geodetica
Parte prima:
da Tolomeo a Leonardo
di Andrea Cantile
SOCIETÀ E COSTUME
Quelle luci lontane
che raccontano
le origini
del nostro universo
Intervista a Margherita Hack
PROGETTI
Grottaglie
Un teatro all’aperto
per il recupero
e la valorizzazione
delle cave di Fantiano
AMBIENTE E
TERRITORIO
“Cari progettisti
imparate
a pensare a colori”
Intervista a Gianni Martinetti
“Solo due cose sono infinite,
l’universo e la stupidità umana,
e non sono sicuro della prima”.
Albert Einstein
6
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
N. 6 Novembre - Dicembre 2009
6
DIRETTORE
RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
e-mail: [email protected]
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Bruno Razza
Mauro Cappello
Stig Enemark
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Elisabetta Savoldi
Marco Simonotti
6
di Franco Mazzoccoli
COORDINAMENTO
REDAZIONE
GMPRgroup - Claudio Giannasi
Tel. 051 2913901
[email protected]
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.spaziolandau.it
Con la collaborazione di:
Fabrizio Alvisi
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Barberini, 68
00187 Roma
Tel. 06 42744180
06 485463
Fax: 06 42005441
www.fondazionegeometri.it
Segreteria: Adriana Meco
INTERVENTI
Mirando in alto
scopriamo il basso
Guardando il cielo
scopriamo la Terra
Albo Unico
dei Tecnici Laureati
per l’Ingegneria
I perché
della proposta
di Fausto Savoldi
10
14
PREVIDENZA
Fondi d’investimento
immobiliare:
una scelta oculata
per la previdenza
dei professionisti
AVVENIMENTI
Renzo Piano
“Fare architettura”
Una lezione magistrale
20
SOCIETÀ E COSTUME
Quelle luci lontane
che raccontano
le origini
del nostro universo
di Fausto Amadasi
PER QUESTO NUMERO
SI RINGRAZIA:
Audis
Marina Ciuna
Andrea Cantile
Luca Caprara
Teresa Crescenzi
Marco Soravia
Intervista a Margherita Hack
24
STAMPA
Rubbettino
Industrie grafiche ed editoriali
Finito di stampare
nel mese di settembre 2009
Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 115
www.polyedra.com
CITTÀ
Recupero e riuso
di aree dismesse
nel comune
di Venezia
di AUDIS
28
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
VARIAZIONE INDIRIZZO
DI SPEDIZIONE
Per richiedere la modifica del
proprio indirizzo di spedizione della
rivista telefonare al
numero: 06 42744180
COPYRIGHT
È vietata la riproduzione, anche
parziale, di articoli, fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
32
38
AMBIENTE E TERRITORIO
“Cari progettisti,
imparate
a pensare a colori”
Intervista a Gianni Martinetti
24
PUBBLICITÀ
Plusservice Srl
Tel. 051 2913911
[email protected]
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
14
32
PROGETTI
Grottaglie
Un teatro all’aperto
per il recupero
e la valorizzazione
delle cave di Fantiano
38
COSTRUIRE
“átika”, tradizione
mediterranea
e tecnologie
per l’efficienza
energetica
di Marco Soravia
40
OSSERVATORIO
Urban Best Practices Area
Bologna e Venezia
fra le città più ‘virtuose’
in mostra a Shanghai 2010
44
AMBIENTE
Clima
Vertice mondiale
a Copenhagen
Un’occasione
da non perdere
42
44
48
VERDE PENSILE
Un tetto a giardino
per il Polo
natatorio di Roma
Valco San Paolo
48
di Teresa Crescenzi
52
DOSSIER
Dall’immagine al modello
Note sulla cartografia
geometrica in Italia
dal Rinascimento
alla Rivoluzione Geodetica
90
Parte prima: da Tolomeo a Leonardo
52
di Andrea Cantile
72
CerTus-LdL
Il software
per la sicurezza
nei luoghi di lavoro
IL PUNTO DI VISTA
Sicurezza
nei cantieri edili
L’Analisi del Valore
a supporto
di scelte e decisioni
South NTS962R & pfCAD
La combinazione perfetta
fra hardware e software
di Pier Luigi Maffei
80
75
Micropali in resina
Nuovo metodo
per il calcolo
della capacità portante
APPROFONDIMENTI
Sicurezza
nei cantieri edili
L’Analisi del Valore
a supporto
di scelte e decisioni
Interventi sulle coperture
Nuova protezione
provvisoria per creare
passerelle pedonabili
in assenza di ponteggio
di Marina Ciuna
84
84
REDAZIONALI
Topcon IP-S2
Sistema integrato
di posizionamento
per veicoli terrestri
FORMAZIONE
La qualificazione
energetica
degli edifici
Materiali isolanti:
tipologie
e caratteristiche
di Mauro Cappello
96
NEWS
INTERVENTI
Questo numero di GEOCENTRO/magazine conclude l’anno
2009. Anno di celebrazione del trecentesimo anniversario
delle osservazioni al cannocchiale di Galileo Galiei.
Nella storia della umanità i saperi sulla natura, in questi
ultimi secoli, hanno avuto una espansione definita
“Rivoluzione Scientifica” grazie a Copernico, Galileo,
Cartesio. Anche il modo di misurare, rappresentare e leggere
il territorio nel XVIII secolo subisce una trasformazione
definita “Rivoluzione Geodetica” i cui eventi tra la fine
del medioevo e gli inizi del Rinascimento danno vita ad
una amalgama di arte, scienza e tecnologia indicata come
“Rinascimento cartografico” che il Professor Andrea Cantile
racconta, in questo numero, nel suo scritto.
Il progredire nella conoscenza ha portato ad una visione
complessiva dell’universo e dell’uomo. I saperi si sono sviluppati
dopo l’età aurea di matrice galileiana con le teorie: sulla
evoluzione della specie, la termodinamica, quella unificatrice
dei fenomeni ottici, elettrici e magnetici, il complesso delle
geometrie non euclidee, la logica matematica, la radiazione,
l’elettrone (la prima particella elementare), l’atomo non più
indivisibile, quella sulla relatività e tante altre.
L’evoluzione culturale ha inciso su tutte le pratiche umane che
continuano ad essere soggette ad innovazioni che fino a poco
tempo fa non erano immaginabili. Questo fenomeno in crescita
continua comporta la necessità di diffondere ed aggiornare la
6
conoscenza scientifica per mettere tutti nelle condizioni di
poter disporre di sufficienti competenze di base.
Scontato è il principio che la ricchezza di una nazione ed
il conseguente benessere si basi sulla ricerca scientifica e
sulla conoscenza. A tal proposito Margherita Hack da noi
intervistata dice: “... conoscere ciò che ci circonda ci libera
da paure, da superstizioni”.
Renzo Piano, nella sua lezione magistrale dal titolo “Fare
architettura”, focalizza una delle attività più antiche del
mondo, perché “fare” significa pensare, imparare dall’abilità
degli altri, altri saperi e competenze, avere curiosità, quindi
conoscere e scoprire.
Così come sarà piacevole per i nostri lettori, sfogliando le
pagine, scoprire altri argomenti ed interessanti temi.
Dal telescopio di Galileo, la scienza astronomica e la tecnologia
sviluppandosi sono riuscite a farci vedere il nostro pianeta dal
di fuori, unitamente agli altri astri, sullo sfondo della volta
celeste, immagine a cui la nostra copertina è dedicata.
Buona lettura... e particolari auguri, perché verso la fine
di dicembre tutti possano in questa immagine scoprire la
cometa… da seguire per il benessere e la pace.
Franco Mazzoccoli
(Direttore di GEOCENTRO/magazine)
[email protected]/Chris Harvey
Mirando in alto
scopriamo il basso
Guardando il cielo
scopriamo la Terra
INTERVENTI
Albo Unico
dei Tecnici Laureati
per l'Ingegneria
I perché
della proposta
photo©shutterstock.com/Lee Morris
di Fausto Savoldi
(Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati
e della Fondazione dei Geometri Italiani)
Nelle scorse settimane è stato inviato al Ministero della Giustizia
e a vari parlamentari il testo della proposta di legge Delega per la
creazione dell’ “Albo Unico dei Tecnici Laureati per l’Ingegneria”,
proposta sottoscritta e condivisa dai Consigli Nazionali dei
Geometri, dei Periti Industriali e dei Periti Agrari, e dalle rispettive
Casse di Previdenza, delle quali si propone l’unificazione.
La notizia è circolata in tutta Italia ed ha suscitato molti commenti
positivi ma anche alcune perplessità.
Vorremmo spiegare le motivazioni dell’iniziativa legislativa e le
finalità che essa si prefigge.
Un dato di fatto è che, nella società italiana e sul territorio della nostra
Nazione, i tecnici professionisti non possono che essere suddivisi in
due distinti livelli, quello dei laureati magistrali (Albo degli Ingegneri
e Albo degli Architetti) e quello dei laureati cosiddetti “triennali”.
Un terzo livello, inferiore per formazione e competenza, risulterebbe
essere inutile e rischierebbe di invadere il campo dei “mestieri” per i
quali non è necessaria un’iscrizione ad uno specifico Albo, perché non
rientrano tra le attività professionali riconosciute e tutelate dalla legge.
7
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
Il DPR 328/2001, istituendo le sezioni B negli Albi degli
Ingegneri e degli Architetti, sezioni destinate ad accogliere
i laureati del triennio universitario, ha creato una notevole
confusione poco comprensibile al cittadino comune.
Di fatto, le tre esistenti categorie dei diplomati potrebbero
venire relegate ad un terzo livello che non trova alcuna
giustificazione nella legislazione europea, e neanche sul mercato dei
servizi offerti al cittadino dai tecnici professionisti.
Taluni hanno pensato che i provvedimenti del
summenzionato decreto avessero il preciso scopo di
eliminare progressivamente le tre categorie professionali di
diplomati polivalenti, provenienti dalla formazione degli
Istituti Tecnici, sostituendole con l’unica categoria prevista
della sezione B, Ingegneri e Architetti.
Il dubbio, peraltro legittimo, viene immediatamente
smentito dall’articolo 55 dello stesso DPR: il laureato
triennale può iscriversi all’Albo dei Geometri e Periti
assumendo il titolo professionale di Geometra Laureato,
Perito Industriale Laureato e Perito Agrario Laureato (con le
stesse competenze certificate dai tre restrittivi Regolamenti,
rispettivi per ciascuna professione, che risalgono al 1929).
In effetti, l’intenzione originaria del provvedimento non
era quella di creare un ulteriore grado di professionalità.
Più verosimilmente, lo scopo era far nascere una categoria
ufficiale, la sezione B, capace di costituire un supporto
all’attività dei laureati magistrali. Non si tratterebbe di autonomi
professionisti, ma di qualificati collaboratori dei grandi studi
professionali e delle aziende produttive del Paese.
Tuttavia, le norme del Decreto sono mal viste dai laureati
triennali, relegati ad attività ancillari rispetto a quelle dei laureati
magistrali e con limitate possibilità di attività autonoma,
ma sono viste con sospetto anche da parte di Ingegneri ed
Architetti, preoccupati di trovarsi un nuovo concorrente sul
mercato, un concorrente peraltro in grado di far valere la sua
presenza nei rispettivi organismi di governo della professione.
La Legge Delega di cui stiamo parlando si prefigge, con
atteggiamento pragmatico, di chiarire la confusione creata
dal Decreto 328/2001 uscendo così da quest’impasse.
Che rimangano quindi i distinti Albi dei Laureati Magistrali
e venga altresì creato un Albo unico dei Laureati Triennali,
suddiviso per specializzazioni e competenze collegate alla
formazione acquisita.
La soluzione proposta (l’uovo di Colombo!) avrebbe anche il
vantaggio di dare alla Laurea L i connotati di punto di arrivo e
non più, come avviene oggi, di punto di passaggio verso la Laurea
Magistrale, alla quale gli iscritti junior tendono, ben consapevoli
del fatto che, senza questa qualifica, è difficile trovare clienti e
che le loro competenze potrebbero facilmente essere sfruttate da
coloro che posseggono un titolo ritenuto superiore.
In verità, la nostra proposta ha anche motivazioni più profonde e
che riguardano in primo luogo la formazione dei professionisti.
Gli Istituti Tecnici danno oggi al giovane e daranno sempre
più in futuro (la riforma del Ministro Gelmini lo conferma
8
per l’anno scolastico 2010-2011) un’ampia formazione di
base ed elementi di indirizzo verso il percorso universitario.
Per quanto riguarda la professione del Geometra, il triennio
universitario delle classi di laurea L-7, L-17, L-21 e L-23 è
studiato al fine di dare allo studente le conoscenze che venivano
tradizionalmente trasmesse nel percorso educativo degli Istituti
Tecnici, quando gli insegnamenti, degli Istituti Tecnici, erano
preordinati all’esercizio effettivo della professione.
Ciò significa che la formazione del laureato “junior” equivale
a quella del geometra diplomato fino agli anni ’80 ed a quella
del geometra diplomatosi successivamente che, per iscriversi
all’Albo professionale, è costretto a sobbarcarsi dai due ai cinque
anni di pratica professionale ed a superare l’esame di Stato.
Non si comprende come, a parità di formazione, sia
consentita l’iscrizione a due diversi Albi professionali per
tecnici destinati a svolgere le stesse attività. Un unico Albo
di tecnici è la soluzione proposta e a noi pare la più logica!
Le principali obiezioni a tale proposta riguardano soprattutto
la previsione che in tale Albo debbano confluire gli iscritti
agli Albi dei Geometri e dei Periti.
Si argomenta che in tal modo Geometri e Periti vorrebbero
ampliare le loro competenze: nulla di più errato!
Le competenze saranno definite da una specifica norma
governativa, prevista dalla Delega. Nel frattempo, i Geometri,
così come i Geometri Laureati, continueranno ad esercitare le
funzioni loro attribuite dal regolamento del 1929.
Saranno caso mai gli ingeneri juniores a beneficiare di
un’autonomia professionale loro conferita solo parzialmente ed in
modo equivoco dal Decreto 328. In campo edilizio, ad esempio,
si può parlare di edificio “modesto”, ma mai è possibile affermare
che un edificio sia “semplice” poiché è sempre un prototipo di se
stesso! (Consiglio Superiore LLPP del 24/07/2009).
Nessuno ha mai pensato che Geometri e Periti, confluendo
photo©shutterstock.com/Dmitriy Shironosov
come categoria nell’Albo Unico oggetto della proposta,
vogliano acquisire il titolo di Ingegnere o di Architetto.
I titoli professionali rimarrebbero identici a quelli di oggi:
Geometra (titolo a cui teniamo molto!), Geometra Laureato,
Perito Industriale, Perito Agrario, etc. Tutti appartenenti
all’Albo dei Tecnici Laureati per l’Ingegneria.
Normative europee impongono che l’accesso ad una
professione possa avvenire solo tramite il possesso di un
titolo accademico perlomeno triennale o con un percorso
post-secondario di pari livello e durata. Ciò significa che,
nel corso del tempo, i Geometri saranno sempre meno,
per dar spazio ai Geometri Laureati. Lo stesso accadrà per i
Periti Industriale ed Agrari.
Fa molto discutere l’espressione “Tecnici per l’Ingegneria”.
E’ certo possibile trovare un altro nome, ma in Europa, i
Geometri e i Periti sono chiamati “ingegneri” con aggiunto
il titolo della specializzazione acquisita con la formazione.
L’ “ingegneria” è una scienza che include molteplici discipline.
Non ha nulla a che vedere con il titolo professionale! C’è una
bella differenza tra ingegneria e ingegneri, tra architettura e
architetti, tra geometria e geometri. Ugualmente, non è la
stessa cosa parlare di industria o di industriali, di commercio
o di commercianti. Anche il cittadino comune conosce bene
la differenza fra termini diversi!
La discussione sul nome da attribuire al nuovo Albo
Professionale è solo un pretesto per non affrontare il
problema creato dai provvedimenti del DPR 328/2001, un
problema che la società e la committenza non danno segno
di notare, dato che continuano a rivolgersi a Geometri e
Periti per quanto riguarda le loro competenze e ad ingegneri
ed architetti per affrontare problematiche che richiedono
più ampie ed approfondite conoscenze tecniche.
Ci sono poi obiezioni che sorgono all’interno degli stessi
iscritti ai tre Albi dei Diplomati. In particolare, il sospetto
che Geometri e Periti vogliano reciprocamente invadere i
rispettivi campi operativi.
Si tratta di una preoccupazione del tutto infondata. Ciascuno,
all’interno dell’Albo Unico, apparterrebbe ad un ben
determinato Settore e ad una o più Sezioni di specializzazione,
queste ultime correlate ad una specifica abilitazione.
Se così non fosse, dove andrebbero a finire la specializzazione
e la qualità delle prestazioni tanto invocate da tutti e poste
alla base delle più recenti riforme scolastiche per quanto
riguarda i cicli della Secondaria e dell’Università?
Infine, l’articolo 3 della Proposta di Delega al Governo
prevede l’unificazione delle tre Casse oggi autonome: quella
dei Geometri, nata oltre 50 anni fa e le due dei Periti di più
recente costituzione.
Le principali divergenze riguardano proprio questa
previsione e provengono da settori e persone che non sapendo
affrontare i più gravi problemi professionali dimostrano di
non conoscere neppure quelli previdenziali. Salvo che le
perplessità derivino da una difesa di posizioni personali, va
detto che non ha alcun senso progettare un’unica categoria
professionale mantenendo tre strutture previdenziali per
di più molto diverse tra loro. Che la proposta non sia di
facile realizzazione questo è vero, ma la stessa non si limita
ad una semplice affermazione di principio (come avvenuto
per altre Casse da unificare), ma detta anche i principi e le
procedure da seguire per attuarla.
Certamente i professionisti che oggi pagano poco e si
lamentano di prestazioni indecorose dovranno abituarsi
all’idea che la pensione bisogna costruirsela durante
l’intero arco della vita professionale e soprattutto dovranno
comprendere che la previdenza si basa sulla solidarietà fra
coloro che appartengono al sistema e le nuove generazioni
che, via via, entrano a farne parte.
Cifre e calcoli attuariali alla mano, dimostreranno che
nessuno dovrà rinunciare ad alcunché ma, a fronte di
eguale contribuzione, tutti avranno uguali diritti ed
uguali prestazioni.
I migliori attuari stanno lavorando da mesi, sostenuti
dal positivo e favorevole atteggiamento del Ministero del
Welfare, garante della sostenibilità del sistema e controllore
attento delle singole gestioni.
Forse ci vorrà tempo, ma anche i più riottosi all’idea si
convinceranno che il modello di Welfare proposto costituisce
una novità che anche la previdenza pubblica sta perseguendo.
Si sta discutendo in questi giorni, nelle Commissioni
Riunite Giustizia ed Attività Produttive della Camera, il
testo unificato delle proposte di riordino delle professioni
intellettuali; crediamo che la nostra idea costituisca, prima
di tutto, una vera novità ed una rilevante semplificazione
all’interno del nostro mondo degli operatori della
conoscenza. Non ci lasceremo scappare l’occasione di
ottenere una riforma della nostra attività.
9
PREVIDENZA
Fondi d’investimento
immobiliare:
una scelta oculata
per la previdenza
dei professionisti
di Fausto Amadasi
(Presidente Cassa Italiana Previdenza ed Assistenza
Geometri Liberi Professionisti)
La scelta di investire una percentuale elevata del proprio
patrimonio in beni immobili è una delle più antiche e
salde tradizioni delle Casse di Previdenza, che ha garantito
per anni la sicurezza, la redditività e la salvaguardia dalla
svalutazione delle somme affidate dagli iscritti agli Enti
del welfare professionale. Da qualche tempo però gli oneri
ed i rischi di mercato per la gestione diretta dei patrimoni
immobiliari degli Enti sono aumentati, tanto da favorire la
nascita di diversi Fondi comuni d’investimento immobiliare
riservati ad investitori qualificati. Nel contempo, oltre
alle iniziative private provenienti dal mercato finanziario,
anche la mano pubblica ha cominciato a predisporre nuovi
strumenti legislativi, innovatori del mercato immobiliare,
agendo sia sul piano del finanziamento, che su quello
dell’organizzazione e della promozione dell’attività di edilizia
residenziale agevolata.
Intervenire in queste tipologie di investimenti, complessi ed
articolati, comporta per le Casse di Previdenza la necessità
di dedicare ingenti risorse all’acquisizione di professionalità
specialistiche per la gestione del patrimonio immobiliare
e diversificare la propria attività ora principalmente
concentrata sulla previdenza.
E’ sempre più evidente che i fondi di investimento
immobiliare sono una scelta economicamente vantaggiosa
per gli enti previdenziali e recentemente questa linea è stata
apprezzata anche dai vertici degli organi di sorveglianza
previdenziale del Ministero del lavoro, i quali hanno
10
pubblicamente dichiarato di vedere con favore il ricorso
delle Casse di Previdenza a tali innovativi e sicuri strumenti
di investimento.
Visto l’ampio consenso e valutata l’accertata convenienza
anche fiscale di queste nuove prospettive la Cipag è entrata
in questo settore prima come investitore con una quota di 10
milioni di Euro nel Fondo di Housig Sociale Abitare Uno ed
ora sta valutando l’ipotesi di portare una quota del proprio
patrimonio immobiliare nel Fondo Polaris Enti Previdenziali,
un fondo comune di investimento immobiliare riservato ad
investitori qualificati con apporti in natura, costituito dalla
società per azioni Polaris Investment Italia SGR. Si tratta di
un colosso finanziario gestito dalla società lussemburghese
Polaris Investments SA, fondata dalle congregazioni dei
Salesiani e degli Orionini, ed ora partecipato dalla Fondazione
CARIPLO e da altre Fondazioni Bancarie oltre che dalla
Cassa Geometri, cui tutti i soci no profit hanno affidato la
gestione di quote rilevanti del proprio patrimonio.
Il nuovo Fondo immobiliare potrà avvalersi per la gestione
dei comparti di gestori selezionati fra i migliori sul mercato
e potrà giovarsi delle preziose competenze della Fondazione
Housing Sociale e dei proficui rapporti di collaborazione
con la Cassa Depositi e Prestiti e con il Gruppo Banca
Europea degli Investimenti e con la banca depositaria scelta
dal Fondo Polaris Enti Previdenziali, la Banca Intesa San
Paolo, un istituto specializzato in quest’attività e di prima
grandezza.
photo©shutterstock.com/Mariusz S. Jurgielewicz
Il fondo è stato deliberato dalla sgr. ed istituito lo scorso 30
settembre con un valore patrimoniale minimo di 100 milioni
e massimo di 600 milioni di euro, suddiviso in quote di 100
mila euro ciascuna. Il patrimonio del Fondo sarà investito
per una quota non inferiore al 90 per cento in beni immobili,
diritti reali immobiliari e partecipazioni, anche di controllo,
in società immobiliari, purché non quotate. La SGR potrà
distribuire annualmente fino all’80 per cento dei proventi
derivanti dalla gestione ordinaria, nonché fino all’80 per
cento della liquidità derivante da disinvestimenti a titolo
di rimborso anticipato del capitale versato dai sottoscrittori
del fondo. Il Comitato di controllo, che esprimerà pareri al
Consiglio di amministrazione della SGR, sarà presieduto da
un rappresentante dell’assemblea dei sottoscrittori del Fondo
Polaris Enti Previdenziali. Inoltre ciascun sottoscrittore con
più del 33 per cento delle quote potrà nominare un proprio
rappresentate nel Comitato di controllo.
Il Fondo si farà carico di tutti i costi di acquisizione, gestione
e manutenzione degli immobili, imposte e tasse, compensi
alla banca depositaria e commissioni alla SGR. Questa scelta
comporta un aumento di costi diretti di gestione, aumento
ampiamente recuperato dal diverso trattamento fiscale in
materia di imposte catastali e ipotecarie, dalla possibilità
di recuperare l’IVA sugli acquisti e sulle manutenzioni e di
detrarre le spese. Attualmente la redditività del patrimonio
immobiliare è costituita solo da affitti per un importo di
19,8 milioni di euro senza possibilità di far emergere la
rivalutazione del capitale e senza alcun valore aggiunto con
quella che nel gergo è chiamata una “gestione attiva” che
preveda nel tempo programmi di dismissioni e interventi di
ristrutturazione e trasformazione ora limitati dall’incidenza
fiscale non recuperabile e dalle procedure particolarmente
burocraticizzate.
In definitiva il Fondo Polaris Enti Previdenziali rappresenta
una scelta oculata e d’avanguardia per il welfare professionale
della Cipag e si pone l’obiettivo di limitare gli oneri e le
responsabilità dirette della gestione senza la perdita del
controllo che sarà esercitata dal Comitato di Investimento
composto di Consiglieri della Cassa; dota la Cipag di
flessibilità ed efficienza negli interventi di valorizzazione,
gestione dinamica e occasioni di mercato; finanzia meglio
le operazioni di sviluppo e gestisce professionalmente
l’incremento del valore e della redditività. Inoltre questa
scelta consente anche di finanziare meglio la gestione
del portafoglio immobiliare, una volta incrementata la
redditività, con il differimento del carico fiscale al momento
della distribuzione dei dividendi. Tutto ciò considerato,
visto anche il favore degli organi di vigilanza, pare evidente
che la scelta di utilizzare il Fondo Polaris Enti Previdenziali,
in luogo della tradizionale e costosa gestione diretta, è
un’ulteriore scelta obbligata ed indifferibile da parte degli
organi della Cipag, se non si vuole rinunciare agli indubbi
benefici che il nuovo mercato immobiliare offre agli
investitori qualificati.
11
AVVENIMENTI
Renzo Piano
“Fare architettura”
Una lezione magistrale
Renzo Piano
In viaggio insieme a Renzo Piano nel mondo dell’architettura.
Anzi del “fare architettura”. Un’emozionante esperienza alla
quale hanno partecipato oltre 3.000 persone che hanno
riempito il Palazzo dei Congressi di Bologna per seguire
la lezione magistrale dell’architetto genovese, organizzata
nell’ambito dell’edizione 2009 del Cersaie.
Se non schivo, solitamente parsimonioso e attento
nella gestione della propria immagine e in genere della
comunicazione, Piano si apre alla platea, composta in
gran parte da giovani, e parlando a braccio, attraverso un
percorso fatto di immagini proiettate, dipana il filo della
sua esperienza di architetto. “Un mestiere straordinario,
d’avventura”. E soprattutto un “mestiere del fare”.
“Ogni architetto - premette - per svolgere il suo lavoro
comincia da qualche parte. C’è chi, come molti miei
amici, comincia da un visione e poi, però, dato che è
bravo, pian piano arriva al costruire. C’è chi, invece, fa il
percorso inverso. Ma da qualche parte si deve cominciare.
Per me, per noi, si parte sempre dal fare. C’è una poetica
del fare, del costruire, c’è una bellezza del costruire.
La sfida straordinaria dell’ingegno di spostare sempre più in
là i confini. Di esplorare le espressioni dei materiali, delle
nuove tecniche”.
Se è vero che l’architettura comincia dal fare, “dal partire
dal senso e forza della necessità che guida le migliori
cose”, naturalmente, poi, non finisce lì. É anche “l’arte del
celebrare, del rappresentare, dei desideri. E solo quando la
capacità di rispondere ad un bisogno reale riesce a coincidere
con la necessità di rispondere ai desideri, ai sogni, è lì che
l’architettura diventa straordinaria”.
14
Per riuscire in questo compito l’architettura deve essere
“un’arte di frontiera, contaminata, ma non in un’accezione
negativa, perché, in certi casi, non è male che sia contaminata
dalla realtà e che quindi si arricchisca”. Deve, poi, essere
“un’arte corsara, nel senso che dentro c’è anche tanta rapina.
Una rapina a viso scoperto, fatta per restituire”. E, ancora,
l’arte “di chi accetta di correre dei rischi, certo anche di fare
errori. L’arte che corre il mondo”. Proprio come devono fare
i giovani che vogliono diventare architetti che Piano sprona,
appunto, ad andare, correre, scoprire il mondo.
Il padre in cantiere, Genova. Le radici
Il viaggio e la narrazione di Renzo Piano partono – come è
logico – dalle origini, le sue. Siamo nel ’47. Un’immagine
di cantiere. “A questa foto sono molto attaccato” dice.
“Quello che vedete con il cappello è mio padre ed io, anche
se non sono ripreso, ero lì, da qualche parte. Mio padre era
un costruttore. Io sono cresciuto nei cantieri e quando ci
passi tanti anni il miracolo del costruire, per cui le cose si
trasformano, ti resta addosso. E questa è una delle mie radici.
L’altra è Genova, le sue navi, il suo porto. Sono cose che non
si spiegano e che sino a quando non hai cinquanta anni non
le capisci nemmeno. Poi, però, cominci a capire che le radici
contano davvero. Che le hai e tornano sempre a galla”.
Il Centre Georges Pompidou e “l’ansia di sociale”
“E naturalmente – rileva Piano, mentre sullo schermo appare
l’immagine del Centre Georges Pompidou – quelle forme di
navi da qualche parte sono andate a finire. Questa, è una
sorta di nave che si è ritrovata in mezzo al Marais, a Parigi”.
“Quando ci siamo trovati, insieme a Rogers, a progettare il
Beaubourg io avevo 33 anni, lui un po’ di più. Abitavamo
a Londra ed eravamo una specie di Beatles. Vincemmo il
concorso con 681 partecipanti e ancora adesso non ho capito
perché e soprattutto come abbiano potuto lasciarci fare. Però –
continua Piano – ciò che conta è che l’edificio funziona e oggi
è amato. Gli edifici, quelli che contano, non entrano subito
nella ritualità, negli affetti. Hanno bisogno di guadagnarseli gli
affetti e oggi questo edificio e la piazza sono entrati negli affetti,
funzionano, sono amati, vissuti, sono un punto d’incontro”.
Il Beaubourg, ricorda l’architetto genovese, seppe cogliere
“l’ansia di sociale” che caratterizzava quegli anni (tra il ’71
e il ’77, anno di inaugurazione) e lo fece attraverso l’idea
di fabbrica. “Un’idea che molti ci contestavano come se
fosse una bestemmia, mentre noi naturalmente eravamo
felicissimi, perché era chiaro che l’idea di fabbrica era servita
per contraddire l’idea invece molto intimidente di centro
culturale di pietra”. E quindi l’edificio “doveva sì esprimere una
fabbrica, ma soprattutto un senso di apertura, di tolleranza”.
Cominciare a confondere sacro e profano. “Il Beaubourg –
conclude Piano – non ha creato la trasformazione dei musei,
ma l’ha interpretata. E’ stato il momento in cui i musei hanno
cominciato ad essere vissuti in maniera molto più aperta”.
Rigenerazione urbana ad Otranto. L’ascolto e la partecipazione
Altre immagini. Inizio anni ’80. Il primo lavoro di
Piano con l’Unesco. Partendo dall’idea che “un centro
storico deve essere studiato nell’unità, le pietre insieme
alla gente, realizzammo un’unità portatile, montata
nel centro di Otranto”. Attorno all’unità mobile, che
servì a svolgere analisi sugli edifici utilizzando tecniche
conoscitive “rubate letteralmente dalla medicina, per
capire e per fare delle diagnosi molto più precise”, si
coagulò anche un aspetto molto importante del progetto,
quello dell’ascolto e della partecipazione”.
“Non vi immaginate gli scempi che si fanno quando si decide
di demolire. Non solo si butta giù e si cancella ogni traccia,
ma soprattutto si manda via la famiglia che è dentro la casa
interrompendo una spirale virtuosa, la connessione che c’è
tra le pietre e le persone. E’ un fatto che si perpetua a fin di
bene, ma è disastroso”. Ecco perché prima di procedere, oltre
e insieme allo studio e all’analisi degli edifici, è importante
ascoltare chi ci vive, chi ci abita.
“Il tema della partecipazione - riprende Piano – ricorre
continuamente nel mio lavoro. Di esperienze come quella
dell’assemblea di piazza ad Otranto ne ho fatte tante. Ho
passato la vita a discutere ed è difficilissimo”. Ma il fatto che
sia un ‘metodo’ difficile, sottolinea, non vuol dire che bisogna
abbandonarlo. Perché se è vero che “ascoltare è una delle arti
più difficili” e, soprattutto, “non è l’arte dell’ubbidire”, è
altrettanto vero che “ascoltare significa capire”. E per questo
“un bravo architetto deve sapere ascoltare”.
L’importanza del lavoro di gruppo
Un’altra immagine. “Questa è una scena di lavoro di
team nel giardino di casa mentre lavoravamo sulla Menil
Collection a Huston”. Lavorare in gruppo è una cosa molto
importante ma anche difficile. “Perché tutti dicono che si
lavora in gruppo, team work, ma in realtà, poi, si lavora a
cascata, che è diverso. Per me – dice Piano – il vero team
www.shutterstock.com/izoom
Centro Georges Pompidou, Parigi
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| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
work si realizza quando l’informalità raggiunge livelli tali per
cui ci si dimentica chi ha detto qualcosa o chi ha inventato
qualcosa”. E’ una sorta di ping pong rapido. Contesti nei
quali “non sono mai riuscito distaccare il momento creativo
dell’architetto, da quello dell’ingegnere, del tecnico o
del costruttore. Adesso, c’è un grande nuovo tema che ti
costringe a lavorare insieme per cui il team work è diventato
fondamentale. E’ il tema della sostenibilità, l’energia e il
rapporto con l’ambiente e con il contesto dell’edificio”.
“La Menil Collection a Huston è stato il primo caso in cui
abbiamo lavorato sulla luce naturale che arriva su tutto l’edificio.
Qui – ricorda Piano – veniva ancora Reyner Banham, un
critico di architettura straordinario che scrisse ‘The architecture
of well-tempered environment’, un libro sull’architettura della
cose impalpabili. E questa è un’architettura fatta di luce, di
trasparenza, di leggerezza: la luce di questo museo diventò un
elemento importante del nostro lavoro”.
"Parco della Musica" Auditorium, Roma
L’aeroporto Kansai di Osaka. L’avventura e il lavorare con
le persone
“Questo è un lavoro di cui vado molto fiero e del quale
parlo perché ha una dimensione completamente diversa.
Quando costruimmo l’aeroporto era il più grande del
mondo”. Un’opera realizzata su un’isola che prima non
c’era. “Quando, prima di partire coi lavori, dissi che volevo
andare sul luogo del cantiere - ricorda Piano - i giapponesi
non capivano e non sapevano come spiegarmi che non
c’era. Che non c’era niente. Noi, ovviamente, lo sapevamo
e andammo lo stesso. Prendemmo la barca, ancorammo in
mezzo al mare e ci mettemmo ad ascoltare. L’arte dell’ascolto
di cui parlavo prima rispetto alle persone, esiste anche nei
confronti dei luoghi. Perché i luoghi parlano, hanno storia.
Anche se ci si trova in mezzo al mare”.
Fare architettura significa lavorare con molte persone. “Ad
un certo punto, in questo progetto, abbiamo lavorato con
10.000 operai, un esercito. C’erano in campo due grandi
imprese giapponesi ciascuna delle quali cominciò a lavorare
da un estremo opposto con l’obiettivo di trovarsi al centro
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dopo un anno e mezzo. Ricordo che pensai, fra me e me,
non ci riusciranno mai. E loro, invece, prima mi dissero
il giorno preciso in cui l’avrebbero fatto. Poi lo fecero,
trovandosi esattamente dove avevano detto”.
“Si trattava di persone straordinarie e orgogliosissime.
Ogni giorno lasciavano il cantiere, come se si aspettassero
il terremoto. E nonostante in 38 mesi di cantiere abbiamo
avuto ben 36 terremoti nessuno si è fatto male”. E tutto
questo, aggiunge Piano, è significativo non perché è
architettura, ma perché è “fare architettura”.
L’auditorium di Roma. Quando la forma parte dal suono
Dal Giappone a Roma, un salto geografico, a significare
ancora una volta che “questo continuo spostarsi, muoversi
per la terra, dà l’idea di come l’architettura sia un mestiere di
avventura. Un mestiere in cui continui ad incrociare il tuo
destino con persone che hanno dentro un’energia”. A Roma,
ricorda Piano, “il rapporto con i musicisti come Claudio
Abbado, Maurizio Pollini e tanti altri è stato straordinario”.
Anche per affrontare uno fra gli aspetti determinanti del
progetto, la scelta dell’acustica. “Guardate questa sala per
2.780 persone. E’ una cassa armonica di legno e questi pezzi
di legno sono tutti scolpiti. Qui si è partiti dal suono per
dare forma all’involucro che lo accoglie”.
La chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e il rapporto
con i materiali
Un cantiere di pietra. “Un materiale straordinario.
Una volta si scalpellava, adesso ci sono macchine digitali
che la tagliano in modo preciso e ti consentono da fare cose
eccezionali”. D’altra parte “l’architettura è fatta di materiali
e il lavoro fatto sui materiali è molto importante perché
il legno, la ceramica, la terra cotta, la pietra, sono antichi,
quanto la Terra e vanno reinventati”.
Berlino, Potsdamer Platz, 1991. Di fronte alla forza dei luoghi
“Il luogo dove abbiamo costruito, Potsdamer Platz, era
diventato un vuoto quando, nel ’61, con l’inizio della
guerra fredda e la costruzione del muro venne fatta tabula
rasa. Era vuoto e spaventoso, perché un luogo di grande
sofferenza, che avrebbe potuto dire tante cose, era, invece,
pieno solo di fantasmi”.
Mancavano, rileva Renzo Piano, quelle “tracce del passato, che
normalmente usi come fortunata presenza, che ti guidano,
ti danno delle linee, una disciplina e sono importanti perché
a quelle ti agganci per non restare completamente aperto”.
Un foglio bianco fa paura. E a Potsdamer Platz c’era, al
tempo stesso, “un foglio bianco, perché tutto era sparito”, ma
anche e soprattutto, “un foglio intriso di dolore, di tensione.
Un progetto molto drammatico”. Ed emblematico, visto
che dei 5.000 operai impegnati sul cantiere solo 500 erano
tedeschi e come fece notare a Piano l’amico e scrittore Mario
Vargas Llosa, che all’epoca abitava a Berlino, “il luogo
Moreno Maggi - Rpbw, Renzo Piano Building Workshop
ANNO I
della più terribile intolleranza che la storia dell’umanità
avesse mai registrato” veniva ricostruito da 5.000 persone
fra cui turchi, egiziani, russi, insomma razze e nazionalità
che venivano da ogni parte del mondo. E l’architettura è
anche questo. Cambiare il mondo. Sostituire “un luogo di
intolleranza con un luogo di tolleranza”.
Justine Lee (grande), Ishida Shunji (piccola) - Rpbw, Renzo Piano Building Workshop
Il centro culturale Jean Marie Tjibaou e il canto degli edifici
Da Berlino al Pacifico. In Nuova Caledonia, dove lo studio
di Renzo Piano ha progettato il primo ed unico Centro
Culturale del Pacifico, un complesso composto da dieci
edifici intitolato alla memoria di Jean Marie Tjibaou, leader
del popolo kanaki, una delle tre grandi etnie del Pacifico
insieme ai maori e agli aborigeni. Un popolo la cui cultura è
sostanzialmente del gesto, del movimento, della danza, del
suono e del teatro.
Il materiale usato per la realizzazione degli edifici è il
legno, “antico come il mondo e che si può reinventare
all’infinito”. Un’energia naturale perché “cresce con il
sole, il vento e l’acqua”. E che, in questo caso, è stato
scelto perché parte della cultura locale. “Questo è un
progetto interessante – sottolinea Piano – perché si
colloca a metà strada tra l’architettura e l’antropologia”.
L’architetto, infatti, “deve essere anche antropologo,
deve capire le persone”, la loro cultura. “Quando gli
alisei soffiano, questi edifici iniziano a cantare, hanno
un suono. Se ci pensate, anche queste sono cose rubate,
ad una cultura”. E non è un caso che i kanaki abbiano
riconosciuto il complesso come edificio loro.
La sede del New York Times. La luce e i colori della
‘Grande mela’
“New York è una città che amo, una città atmosferica che alla
sera, quando c’è il sole, diventa tutta rossa. Dopo la pioggia è
tutta blu. E’ una città che cambia in continuazione. L’idea di
partenza nel costruire la sede del New York Times - racconta
Piano - era di fare una torre, alta 250 metri, dove catturare
questa mobilità della luce, del colore, attraverso la ceramica”.
Tenendo conto “che gli edifici catturano la luce, prendono
il colore della luce”, per ottenere l’effetto desiderato, spiega
l’architetto genovese, si pensò alla ceramica e vennero
progettate e realizzate 360.00 ‘baguette’ di ceramica bianca.
Come sempre in architettura le scelte partono da ragioni molto
pratiche. “Se devi realizzare un edificio a torre - continua Piano fai un vetro trasparente per bloccare il gradiente termico oppure
ciò che abbiamo fatto noi. Se si calcola con attenzione il ritmo
delle ‘baguette’ fai qualcosa che non riceve mai direttamente
il sole, ma dall’interno vedi fuori. Ed è ciò che abbiamo fatto,
lavorando su questa logica in modo rigoroso. Anche qui è la
pura forza della necessità che ti guida”.
E il risultato è che l’edificio del New York Times, come
si vede da un’immagine, “prende la luce, mentre gli altri
non la prendono. E’ un edificio metamorfico e le ‘baguette’
hanno un loro ruolo preciso”.
La California Academy of Sciences e la sostenibilità
ambientale: un edificio che respira e vive al ritmo della terra
Altra immagine. “Qui siamo in California a San
Francisco e questa è la California Academy of Sciences.
California Academy of Sciences - San Francisco
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Marcello Castigliego
La Chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo
Un grande edificio costruito agli inizi del ‘900 e danneggiato
dal terremoto del 1989. E’ uno dei primi e grandi musei della
scienza che nacque nel 1850 su una nave a vela che, durante
la buona stagione, andava a girare per il mondo raccogliendo
reperti, tornava nella cattiva stagione e attraccava al porto di
San Francisco diventando un museo”.
All’interno del progetto realizzato dallo Studio di Renzo
Piano maggiore rilevanza ha l’edificio che gli americani
chiamano “Exhibit n.1” e che è stato classificato Platinum
nel Leed System. Un edificio che consuma pochissima
energia e nel quale è stato utilizzato moltissimo materiale
riciclato. “Il tetto - spiega Piano - è ricoperto solo da specie
vegetali locali che non hanno bisogno di annaffiatura
ma solo di acqua atmosferica che catturano durante la
notte. Si tratta di essenze, che abbiamo sviluppato con
gli scienziati e che poi sono state selezionate dai botanici
nell’arco di quattro anni affinché il loro stesso contenitore
nel tempo diventi terra”. Sulla copertura sono poi state
collocate delle bocche che quando all’interno c’è troppo
caldo si aprono. “E’ un edificio che respira, che dialoga
con l’ambiente, che vive al ritmo della terra”, conclude
l’architetto rilevando anche che per costruire nella
nuova ottica della sostenibilità ambientale “non basta
risparmiare e costruire edifici che consumano poco.
Occorre anche trovare un’estetica, un espressione, un
linguaggio e realizzare opere che interpretino e celebrino
questa nuova situazione”.
Punta Nave, a Genova
Ultima tappa del viaggio. “Questo è il nostro ufficio
laboratorio. E’ un luogo magico che ha a che fare con
l’acqua e dove il mare è una presenza costante”. Per arrivarci
occorre prendere una teleferica, una sorta di cubo di vetro,
che sale sino all’ingresso dello studio.
“Noi facciamo molti prototipi” spiega Piano parlando
del lavoro di preparazione nel quale, appunto, la fase di
prototipizzazione è essenziale “perché è un modo per
rendere fisica un’idea” ed aiuta ad evitare errori.
L’architetto, infatti, ha una specie di condanna: “se sbaglia,
a differenza di quanto succede in altre arti, quando se ne
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accorge è troppo tardi. L’architettura quando è fatta è
finita”. E se è sbagliata “impone a tutta una comunità di
vivere immersa nel brutto per tempi molto lunghi”.
E’ una responsabilità molto grossa dice Piano e uno dei
modi per correre meno rischi è, appunto, quello di fare
prototipi. Che sono da considerarsi, a tutti gli effetti, “parte
essenziale del progetto architettonico”.
All’interno della Fondazione Renzo Piano, oltre al
laboratorio dove vengono conservati i prototipi c’è anche
uno spazio, chiamato “classroom”, dove si svolgono i
seminari e si riuniscono gli studenti che vengono a Punta
Mare da molte università del mondo a completare i loro
studi. Vengono “a bottega” come dice Piano perché “la
Fondazione si occupa di insegnamento ma non tanto dando
a questi giovani altre informazioni” bensì “invitandoli,
come dire, a tavola, a stare con noi e vivere assieme”
per capire “che l’architettura è un mestiere serio, molto
complesso. Nel quale ti trovi a dovere affrontare situazioni
sempre diverse che generano soluzioni originali, non per
eclettismo ma perché le persone con cui ti confronti sono
diverse, i luoghi e il clima sono diversi”.
E in un periodo di “priapismo mediatico”, come quello
che stiamo vivendo, nel quale “fra tanti architetti è diffusa
un’ansia da prestazione”, Piano sceglie di concludere la sua
“lezione” ribadendo che l’architettura è un mestiere antico
dove, invece, “l’avventura è reale”. Tanto è vero “che molti
edifici li abbiamo scritti scavando nella roccia, o affrontando
tempeste, terremoti, persino trovando bombe inesplose,
come successo sul cantiere di Berlino”.
E l’architetto “sempre indeciso tra l’essere un tecnico, uno
scienziato, uno storico, un antropologo, un umanista, un
topografo, un geografo” è (e deve essere) in verità tutto
questo assieme.
Ma ancora non basta, a un architetto serve anche il coraggio.
“Come diceva Marguerite Yourcenar – conclude Piano –
creare è un po’ come guardare nel buio. Perché quando
si entra in una stanza buia all’inizio non si vede niente,
ma dopo un po’ si comincia a vedere. E questa è un po’
l’avventura del costruire. Occorre sapere guardare nel buio,
con coraggio, senza scappare”.
SOCIETÀ E COSTUME
Quelle luci lontane
che raccontano
le origini
del nostro universo
Intervista a Margherita Hack
Laureatasi in fisica a Firenze, presso l’osservatorio di Arcetri,
nel 1945, Margherita Hack è stata professoressa ordinaria
di astronomia dal 1964 al 1997 all’Università di Trieste
(professore emerito dal 1998). Direttore dell’Osservatorio
Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987 e del Dipartimento
di Astronomia dell’Università di Trieste dal 1985 al 1991 e
dal 1994 al 1997, è Membro dell’Accademia Nazionale dei
Lincei e delle più prestigiose società fisiche e astronomiche.
Ha lavorato presso numerosi osservatori americani ed europei
ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro
dell’ESA e della NASA, contribuendo sensibilmente ad
accrescere il prestigio della comunità astronomica italiana
in ambito internazionale. E’ autrice di numerosi libri e di
oltre 250 lavori originali pubblicati su riviste internazionali.
Come segno di apprezzamento per il suo importante contributo,
le è stato anche intitolato l’asteroide 8558 Hack.
In questa intervista per GEOCENTRO/magazine racconta
alcuni passaggi della sua esperienza illustrando le attuali
e affascinanti teorie sulle origini del nostro universo, basate
sull’osservazione che, oggi, ci consente di vedere galassie lontane
13 miliardi di anni luce.
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Professoressa Hack, ci può raccontare come è nata la sua
passione per l’astronomia?
“In realtà non è esatto parlare di passione. Quando ho finito
il liceo mi piaceva più di tutto la fisica e quindi mi sono
iscritta al corso di laurea in fisica. Nel momento di scegliere
la tesi avrei voluto fare una tesi in elettronica, ma il direttore
di istituto decise altrimenti, assegnandomi una tesi su un
argomento vecchio che non mi interessava, perché volevo
fare una tesi sperimentale. A quel punto, l’altra possibilità
era fare una tesi in astrofisica, la strada che scelsi. Cominciai
così ad imparare ad osservare e ad utilizzare gli strumenti
capendo quanto fosse interessante fare ricerca e che la mia
intenzione era di seguitare a far ricerca. Non è stata, quindi,
una scelta in un campo particolare. Se avessi fatto una tesi
sulla fisica delle particelle, avrei fatto ricerca sulla fisica delle
particelle. Diciamo che mi interessavano la fisica e la ricerca.
In astronomia per interpretare la luce delle stelle si utilizzano
tutte le parti della fisica, quindi l’astronomia è da considerarsi
essenzialmente un ricchissimo laboratorio di fisica”.
Quale percorso di studi dovrebbe intraprendere, secondo
lei, un giovane che oggi desidera diventare astronomo?
“Sicuramente un buon corso di laurea in fisica. E prima
dell’università direi principalmente un liceo o anche un istituto
tecnico. Comunque è all’università che si avvia il percorso che
porta all’astronomia, e fortunatamente in Italia è rimasta la
tradizione di Fermi, quindi la fisica e l’astrofisica sono ambiti
nei quali c’è un ottimo livello nel campo della ricerca”.
Lei ha detto che l’universo obbedisce alla geometria
euclidea. Ci vuole spiegare perché?
“E’ un dato delle osservazioni. Le osservazioni fatte attraverso
un esperimento che si chiama Boomerang. In sintesi un
pallone stratosferico in orbita attorno al Polo sud della Terra
che ha osservato l’aspetto del cielo ad una lunghezza d’onda
http://commons.wikimedia.org/Gianmaria Zanotti
Margherita Hack
di qualche millimetro e ci ha mostrato come era l’universo
primordiale 13 miliardi e 700 milioni di anni fa, quando
ancora non c’erano né le stelle, né le galassie. Da queste
osservazioni si è potuto ricavare che l’universo è piatto, cioè
che obbedisce alla geometria euclidea. A questa conclusione
si è arrivati tenendo conto che certi dettagli dovrebbero
essere visti, dal calcolo, sotto un certo angolo. Se l’universo
è piano i raggi si propagano in linea retta e noi vediamo
queste immagini nella loro vera grandezza. Se l’universo fosse
curvo e chiuso, agirebbe come una lente positiva, quindi
ingrandirebbe. Se fosse curvo e aperto, agirebbe come una
lente negativa e quindi le immagini verrebbero rimpiccolite.
Il fatto che si siano viste le immagini della grandezza che
ci si aspettava implica che l’universo è piano ed obbedisce
alla geometria euclidea. Nella geometria euclidea l’universo
dalla Terra il Sole e la Luna, erano troppo incerte”.
Quindi è la misurazione che apre, in un certo senso, la
strada all’Astronomia?
“C’era la curiosità. Il cielo è ed era sotto gli occhi di tutti,
ed è evidente che la prima domanda che l’uomo si poneva
era cos’erano le stelle, cos’era la Luna, il Sole. Perché si
muovevano da est a ovest e perché le stelle mantenevano le
stesse posizioni relative inalterate. A tutte queste domande
l’uomo ha cercato di rispondere. E con l’osservazione
attraverso il cielo e gli strumenti analitici che aveva a
disposizione è riuscito ad arrivare a risposte corrette”.
Come descriverebbe la sua esperienza dell’osservazione
del cielo?
“All’inizio c’è stata la curiosità di imparare ad osservare e
ad utilizzare gli strumenti, la responsabilità, nel momento
NASA
Telescopio Spaziale Hubble
piano vuole dire infinito. Quindi, probabilmente, il nostro
universo è infinito”.
Quanto deve l’astronomia alla geometria e viceversa?
“Nell’antichità furono soprattutto geometri, ovviamente
intesi nell’accezione dell’epoca, che, riguardo al cielo, si
impegnarono per determinare la distanza dalla Terra della
Luna e del Sole. Erano riusciti a determinare la distanza
della Luna con buona approssimazione, mentre quella del
Sole l’avevano sottostimata. Il principio che usavano era
corretto. Solo che le misure, basate sui triangoli formati
in cui si andava in laboratorio. E poi, naturalmente, la
curiosità e l’entusiasmo di vedere come, applicando
le leggi della fisica, si possa arrivare a ricostruire la
struttura interna delle stelle, la loro natura fisica, la
loro costituzione chimica. Il tutto utilizzando la fisica,
sperimentata in laboratorio”.
Secondo le attuali teorie, l’età dell’universo è compresa tra
13 miliardi e 600 milioni e 13 miliardi e 700 milioni di
anni. Oggi, si dice che vediamo fino a 13 miliardi di anni
luce di distanza, ovvero l’aspetto dell’universo così com’era
21
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
700 milioni di anni e dopo che ha iniziato ad espandersi.
“Con Hubble vediamo la galassia più lontana, a 13
miliardi di anni luce di distanza. La vediamo, cioè,
com’era 13 miliardi di anni fa. Con i radiotelescopi,
però, vediamo anche l’immagine dell’universo com’era
quando erano passati appena 400.000 anni dal ‘big bang’.
Un’immagine nella quale ancora non si vedono né le stelle
né le galassie, ma solo delle macchie più o meno dense.
Sono necessari i radiotelescopi perché l’emissione avviene
ad un lunghezza d’onda compresa tra qualche millimetro
e qualche centimetro e occorrono quindi questi strumenti
sensibili a tutte le lunghezze d’onda. Con i radiotelescopi
vediamo delle zone che emettono un po’ di più o un po’
di meno con una temperatura che in media è di 2,7 gradi
assoluti, quindi circa -270 gradi centigradi. E fra queste,
Il radiotelescopio di Arecibo, in Porto Rico, è il più conosciuto al mondo e
anche il più grande, ricavato in una depressione naturale larga circa 300 metri
delle zone appena un po’ più dense e più calde di qualche
centomillesimo di grado che sono quelle da cui poi si
formeranno le future galassie”.
In una conferenza tenutasi un paio d’anni fa all’Auditorium
di Roma, lei ha definito la teoria del ‘big bang’ ingannevole.
E se abbiamo capito bene, preferisce parlare di un
improvviso cambiamento di stato dell’universo che ne
avvia l’espansione.
“In realtà è il linguaggio che è ingannevole, perché ‘big bang’
vuole dire la “grande esplosione”, la fuga delle galassie, e
quindi ci si immagina che ci sia stato un gran botto che ha
scaraventato le galassie in tutte le direzioni. Invece non c’è stato
alcun botto. C’è stato un cambiamento di condizione dalle
temperature e densità altissime e si è sviluppata un’energia
che ha dato luogo all’espansione dello spazio. Ora a me pare
chiaro che le galassie non fuggono, ma piuttosto, quando
si formano, sono trascinate dal moto di espansione. Che è
diverso. Per spiegare meglio questa differenza faccio sempre
22
il paragone con la pasta di un dolce che lievita e nella quale
sono immerse delle noccioline. Queste noccioline sembrano
allontanarsi l’una dall’altra. Però non sono le noccioline che
fuggono è la pasta che lievita”.
E’ vero che la scienza attuale non riesce a spiegare
quell’evento così importante?
“Sappiamo che si è liberata dell’energia che ha dato inizio
all’espansione. Questa ha prodotto una diminuzione di
temperatura e densità che ha dato luogo alle mutazioni
dell’universo. Dalla zuppa di particelle elementari a quello
che vediamo oggi, fatto di stelle e galassie. Non sappiamo,
però, né la ragione di questo evento iniziale né che cosa
fosse quell’energia. Potremmo immaginare, per esempio,
che le particelle e le antiparticelle abbiano dato luogo a
questo annichilirsi e liberazione di energia. E’ un’ipotesi”.
Ciononostante, da scienziata, ha sempre rifiutato
l’intervento di un agente esterno, e a maggior ragione di
natura divina. Perché?
“Quella non è più scienza. Diventa una questione di fede. Con
Dio si spiega tutto, ma sono cose diverse. La scienza cerca di
progredire, conoscendo dall’osservazione, dall’esperimento,
applicando le leggi che va via via scoprendo. Poi se si crede
in Dio, va bene. Dio spiega tutto, non c’è bisogno di
arrovellarsi tanto. Ma non è più scienza”.
E cause riconducibili per esempio ad altri universi?
“Noi conosciamo l’energia e quello che osserviamo
nell’universo. Poi, che esistano altri universi è un’idea
possibile. Ma quello che è conoscibile da noi è il nostro
universo. Si può benissimo immaginare che esistano altri
universi. Come si pensava che la Terra fosse il centro
dell’universo, poi che il Sole fosse il centro della Via Lattea
e poi che questa abbracciasse tutto l’universo, e ci siamo
sbagliati, può darsi che ci si sbagli ancora a pensare che
l’universo sia tutto ciò che esiste”.
In una intervista ha avuto modo dire che i viaggi spaziali
avranno sempre come limite invalicabile la velocità della
luce. Con questo presupposto sarà possibile un giorno per
l’umanità trovare casa in un altro pianeta simile alla Terra?
“Molto difficile. Credo che sia fantascienza”.
Cosa pensa del discusso esperimento del Cern di Ginevra
che presto dovrebbe essere ritentato e degli allarmi lanciati
a suo tempo da alcuni scienziati in merito al fatto che
potrebbe addirittura provocare un buco nero?
“Quegli allarmi sono sciocchezze. Al Cern vogliono
semplicemente liberare, con l’energia, delle particelle elementari
che forse sono ancora sconosciute e forse erano presenti
nell’universo primordiale. E’ un esperimento finalizzato ad
ampliare la nostra conoscenza sulle particelle elementari”.
In quale modo, secondo lei, l’astronomia e l’osservazione
delle stelle possono aiutare l’uomo ad avere maggiore
rispetto e a migliorare il mondo in cui vive?
“Attraverso la conoscenza. Conoscere ciò che ci circonda ci
libera da paure, da superstizioni”.
NAIC - Arecibo Observatory
ANNO I
CITTÀ
Recupero e riuso
di aree dismesse
nel comune
di Venezia
di AUDIS - Associazione Aree Urbane Dismesse
Prosegue con questo articolo la collaborazione con l’Associazione
Aree Urbane Dismesse, che propone la presentazione e
l’analisi - secondo i principi della Carta della Rigenerazione
Urbana - di alcuni significativi interventi di trasformazione e
riqualificazione realizzati in importanti aree urbane italiane. Il
servizio, dedicato alla città di Venezia, si apre con un intervento
di inquadramento sulle trasformazioni che stanno interessando
la città lagunare di Gianfranco Vecchiato, architetto
e Assessore all’Urbanistica del Comune di Venezia e
prosegue con l’analisi dell’intervento relativo al Parco Scientifico
Tecnologico di Venezia - VEnice GAteway (VEGA) - che ha dato
il via alla riconversione della zona industriale di Porto Marghera
in un nuovo modello produttivo a ridotto impatto ambientale.
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Sorvolando la parte della pianura veneta che giunge al mare
Adriatico, il paesaggio si trasforma via via in un reticolo sempre
più denso di strade, paesi, centri abitati, zone produttive.
Infine, la visione della laguna e di Venezia vengono a
mescolarsi con la presenza della zona industriale di Marghera
e con la conurbazione mestrina. Sono tutte testimonianze di
un’alacre attività che giungono a noi fin dal passato e che
dimostrano una vocazione al lavoro, all’intraprendere, a
competere sul piano locale e internazionale.
Questa realtà economica ha delle peculiarità rispetto ad
altre aree tradizionalmente forti del Veneto, in virtù della
sua posizione logistica e delle sue infrastrutture.
Nel Comune di Venezia la strategia urbanistica coinvolge
necessariamente tutti gli aspetti che la Carta AUDIS
identifica nella sfera delle Qualità, sotto i profili architettonici,
ambientali, sociali, energetici, culturali e paesaggistici.
L’obiettivo è rivolto ad integrare il rilancio di investimenti
sul piano della qualità delle trasformazioni e delle sue valenze
ambientali, richiamando una imprenditoria dinamica e
internazionale ad affiancare le forze economiche locali.
Per questo la pianificazione diviene essenziale per integrare
sistemi territoriali lacerati, per disegnare fasi nuove di
sviluppo, per rilanciare la cultura urbana di qualità nelle
aree dismesse o degradate.
Il microcosmo territoriale di Venezia ha in sé le caratteristiche
immagine su concessione del Servizio Videocomunicazione del Comune di Venezia
Vista area di Venezia dall’isola della Giudecca
per promuovere questi obiettivi e, infatti, ciò sta avvenendo
nell’area industriale di Porto Marghera, così come a Mestre,
a Venezia e all’isola del Lido.
Tra le priorità vi è la tutela e la valorizzazione del sistema
ambientale connettivo nel quale vivono queste diverse e
complementari realtà, come ad esempio un grande progetto
di bonifica e di ricostituzione ambientale lungo l’asta del
Naviglio Brenta, denominato “Moranzani”, che, grazie ad
un accordo fra Comune, Provincia e Regione, consentirà
di collocare 6 milioni di tonnellate di fanghi resi inerti e
provenienti dalla zona industriale, a formare una “costola”
verde di due chilometri tra laguna ed entroterra.
Nella lunga penisola che caratterizza la prima zona industriale di
Marghera altre aree dismesse sono in trasformazione. Non
solo nel settore dove insiste il Parco Tecnologico denominato
VEGA, che sta completando con tre altri grandi interventi
la sua riconversione da industriale a terziario avanzato ed in
quaternario, ma anche nelle aree da tempo degradate poste
fra la zona residenziale di Marghera e Mestre.
Si tratta di interventi che coprono decine di ettari con
progetti di qualità architettonica e con destinazioni d’uso
che comprendono anche quote residenziali.
A Mestre possiamo annoverare una serie di progetti
fondamentali per il nuovo volto della città nel XXI secolo:
dalla costruzione di un Museo Internazionale che sarà
totalmente innovativo nel panorama nazionale e dedicato alla
rappresentazione e studio dei fenomeni urbani del Novecento,
che trasformerà il centro città recuperando un ex distretto
militare da sempre precluso all’uso pubblico. Ancora a Mestre
l’area dismessa dell’ex ospedale cittadino è interessata da un
grande progetto di riqualificazione urbana ed architettonica
per circa 200mila mc, che riporterà nel centro oltre mille
persone ed aprirà nel contempo spazi commerciali dentro ad
una radicale metamorfosi del contesto urbano.
A Venezia, oltre alle zone della Marittima e di S. Giobbe
che hanno progetti di riconversione per servizi, direzionale
e residenza universitaria, si sta completando la costruzione
del sistema di trasporto del People Mover che unirà l’isola
del Tronchetto a Piazzale Roma, a sua volta interessata da un
nuovo piano particolareggiato che intende ridefinire i rapporti
con il contesto urbano risalenti agli anni Trenta, dopo la
costruzione del ponte automobilistico translagunare.
Al Lido di Venezia è in corso la costruzione del Nuovo
Palazzo del Cinema e sarà trasformata a residenza e ricettivo
l’area ex ospedaliera. Sempre al Lido sono in avvio progetti di
riqualificazione in altre zone dell’isola, e nelle aree interessate
dai grandi lavori del MOSE si stanno valutando progetti di
riqualificazione anche ambientale al fine di favorire un forte
rilancio che recuperi la tradizione di qualità che fece grande
il Lido fin dagli inizi dello scorso secolo.
In tutta l’area comunale, nonostante la crisi internazionale
che ha colpito il sistema creditizio, si sta reagendo con
progetti di recupero, che coprono ampie parti di un territorio
Gianfranco Vecchiato
caratterizzate da vasti fenomeni di degrado edilizio nella
seconda metà del Novecento.
Il Comune ha poi deliberato da alcuni anni forti incentivi
economici sulle nuove costruzioni con sconti sui contributi per
oneri primari e secondari, per agevolare investimenti sul piano
dell’innovazione tecnologica e per il risparmio energetico.
Venezia, che ha visto inoltre il recupero del grande complesso
dello Stucky, oggi albergo e centro congressi all’isola della
Giudecca, di parti sempre più ampie dell’Arsenale, luogo
essenziale nella stessa storia millenaria della città, della Punta
Vega 1
• Funzione precedente: Area industriale: produzione di
fertilizzanti, magazzini.
• Funzione attuale: Parco scientifico e tecnologico
• Committente e developer: Nova Marghera spa - Gruppo
Guaraldo
• Progetto architettonico: arch. Giovanni Caprioglio, arch. Paolo
Piva, arch. Wilhem Holzbauer e arch. Roberto Sordina.
• Progetto strutture: Studio tecnico associato Turrini
• Progetto impianti e energia: Steam s.r.l.
• Progetto di bonifica: IPROS Ambiente s.r.l.
• Costi di intervento: 94,50 milioni di €.
• Finanziamenti (in euro): VEGA - Parco Scientifico Tecnologico
S.c.a.r.l.: 18,00 mil. - Nova Marghera S.r.l.: 43,00 mil.Comunità Europea: 27,50 mil. - Promomarghera S.p.A.: 1,00
mil. - AGIP Petroli S.p.A.: 5,00 mil.
• Tempi: approvazione 1996 - fine lavori 2004
• Superfici: totale: 94.210 mq di cui:
- servizi 49.280 mq (considerando spazi comuni, sale
convegni, direzionale);
- parcheggi 23.000; terziario: 23.566 mq (considerando spazi
per aziende, laboratori, produttivo);
- commerciale: 5.250 mq
• Strumenti: Piano di recupero di iniziativa pubblica e privata
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ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
della Dogana e di altri spazi espositivi come quello esemplare
della Fondazione Vedova su progetto dell’architetto Renzo
Piano, sta innovando pur fra i problemi derivanti dai
bisogni residenziali e dalla pressione turistica, le sue capacità
propulsive che acquistano energia dalla sua stessa struttura
urbana ed evocativa.
Una città che è sempre stata citata come un modello per le
caratteristiche di città ideale dove le aree urbane dismesse
hanno segnato spesso non solo la fine di un ciclo economico
ma anche culturale.
Materia quindi delicata e complessa alla quale occorre sempre
avvicinarsi con intelligenza e con modestia, consapevoli che
ad ogni passo si è dinanzi alla storia.
Gianfranco Vecchiato
Il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - VEnice GAteway
(VEGA)
Descrizione
Il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - VEnice
GAteway (VEGA) - ha dato il via alla riconversione della
zona industriale di Porto Marghera in un nuovo modello
produttivo a ridotto impatto ambientale.
La progettazione e la realizzazione del Parco Scientifico
Tecnologico di Venezia ha avuto come obiettivi: la
promozione dello sviluppo dell’economia regionale; il
miglioramento delle relazioni tra Università e l’impresa
locale; la creazione di nuova occupazione qualificata.
Qualità urbanistica
L’area si inserisce nel processo di trasformazione urbana di
Venezia e della sua terraferma voluto dalla Variante di Piano
Regolatore per Porto Marghera (adozione 1994, approvazione
1999). La Variante al Prg individua le quattro aree in cui si
svilupperà il Parco Scientifico Tecnologico, per una superficie
complessiva di circa 35 ettari di terreno, appartenenti alla
prima Zona Industriale di Porto Marghera.
VEGA costituisce la prima area nella quale gli interventi si
sono sviluppati in quattro fasi.
Nella prima di queste fasi è stata realizzata la riqualificazione
su un’area di circa 1,5 ettari e la ristrutturazione di un
circolo ricreativo riconvertito nell’edificio denominato
Porta dell’Innovazione.
La seconda (1994-1996), ha interessato un’area di 4 ettari,
nella quale sono stati realizzati il complesso Antares, recupero
di un vecchio magazzino di ceneri di pirite ora utilizzato
come spazio per convegni ed eventi espositivi, Pleiadi e
Pegaso destinati ad attività produttive e di ricerca.
Nella terza fase (1997-1999) si è proceduto alla
riqualificazione di 1,7 ettari con la costruzione dell’edificio
Auriga, la realizzazione di parcheggi e di una piazza
sopraelevata che collega tutti gli edifici del Parco.
Gli interventi dell’ultima fase (2000-2004) hanno interessato
26
Vista aerea Parco scientifico e tecnologico VEGA
la riqualificazione di 4 ettari nei quali sono stati realizzati gli
Edifici Lybra, adibito ad attività direzionali e Cygnus, che
costituisce il complesso “produttivo”.
Attualmente a completamento di VEGA, Nova Marghera
sta sviluppando City Mall: 11.600 mq di superficie per un
polo di servizi e attività per il tempo libero.
Qualità architettonica
I vari progetti alternano interventi di ristrutturazione di
edifici industriali a complessi costruiti ex novo, connessi tra
di loro e con la città, che vengono a costituire un paesaggio
composito, variegato nei linguaggi e dinamico, a colloquio
sia con il paesaggio lagunare e il centro storico, che con la
realtà industriale di Marghera e la città di Mestre.
Per gli scheletri di archeologia industriale è stata ideata
una pelle continua e leggera che alterna superfici traslucide
luminose a fluorescenti campiture trasparenti.
Qualità sociale
Al posto delle vecchie fabbriche si sono realizzati circa 63.000
mq di edifici dove operano oltre 200 imprese e 2000 persone.
VEGA è un nuovo quartiere urbano dove laboratori e
piattaforme tecnologiche d’avanguardia convivono con
aree per il tempo libero, sedi di enti e istituzioni prestigiose,
creando un ambiente di lavoro ricco e vario che favorisce le
sinergie fra gli operatori presenti.
Qualità economica
La realizzazione del progetto ha visto consistenti contributi
comunitari. L’utilizzo di finanziamenti pubblici, giunti
copiosi, ha fatto da traino per gli investimenti privati, destinati
in particolare al riutilizzo e alla riconversione di aree contigue,
Ex Molino STUCKY recuperato
e alla costituzione della società “Nova Marghera srl” che, per
dare uno sviluppo omogeneo al progetto, si impegna nella
costruzione di altri 40.200 mq di edifici, aree verdi, garage
e parcheggi. Il parco costituisce oggi un centro di attività
produttive e imprenditoriali che genera vivacità economica e
posti di lavoro di grande rilevanza per la città e la regione.
Qualità ambientale
VEGA è un modello di riconversione ambientale
riconosciuto dalle certificazioni internazionali per la
qualità della gestione rispetto all’ambiente (ISO 14001)
e ai servizi (ISO 9001).
La bonifica, avviata e conclusa prima dell’entrata in vigore
del Decreto Ronchi, ha riguardato il trattamento delle
ceneri di pirite, lo scavo e la vagliatura del terreno inquinato;
l’accumulo del materiale inquinato (terreno e ceneri
di pirite non vendibili) in due vasche di contenimento,
l’impermeabilizzazione del perimetro dell’area e del suolo,
il recupero ambientale mediante deposizione di terreno
vegetale, inerbimento e piantumazione di arbusti.
In ottemperanza alla nuova normativa nazionale (DM
471/99 e dlgs 152/06), inoltre, sono condotti monitoraggi
delle acque in falda, l’emungimento e il trattamento delle
acque; si aggiungono le misure di messa in sicurezza
d’emergenza nei confronti della laguna, mediante lo
sbarramento fisico della falda contenuta sia nei terreni di
riporto che negli strati permeabili sottostanti.
Qualità energetica
Il progetto è stato avviato in un momento in cui la cultura
del risparmio energetico non era sviluppata come oggi;
di conseguenza sono mancate le indicazioni di legge e
l’applicazione di tecnologie adeguate che caratterizzano i
progetti più recenti; le realizzazioni per le prime quattro fasi
non hanno pertanto elementi di particolare qualità sotto
questo profilo.
Qualità culturale e paesaggistica
Il progetto crea una sintesi tra riferimenti diversi: la cultura
industriale, la nuova concezione del waterfront urbano a
livello internazionale e le particolari organizzazioni spaziali
della città sull’acqua, come nel complesso Lybra e Cygnus.
Un luogo ‘cerniera’ dal punto di vista fisico e simbolico
tra le spinte urbane di Mestre, l’area industriale e il centro
storico veneziano.
Cos’è AUDIS
L’Associazione Aree Urbane Dismesse affronta le problematiche
riguardanti la trasformazione di quelle parti di città che hanno
interrotto il loro ciclo funzionale e che soffrono della frattura tra
la struttura urbana e i suoi nuovi utilizzatori.
Nel corso della sua attività, iniziata nel 1995, AUDIS ha saputo
cogliere l’evoluzione del tema delle aree dismesse, stimolando il
dibattito tra amministratori pubblici, operatori privati e tra tutti
coloro che sono coinvolti nei processi di trasformazione urbana,
ampliando continuamente il dibattito.
La Carta della Rigenerazione Urbana, approvata nel 2008,
costituisce il punto di arrivo dell’associazione come promotrice di
una cultura volta alla riprogettazione della città dall’interno.
Gli associati AUDIS sono Comuni di grandi e medie città,
amministrazioni provinciali e regionali, imprese e società private e
pubblico-private, istituti di ricerca e associazioni, università.
Per approfondire: www.audis.it
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ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
AMBIENTE E TERRITORIO
“Cari progettisti,
imparate
a pensare a colori”
Intervista a Gianni Martinetti
Dirigente e membro del Consiglio di Amministrazione di
Covema Vernici Spa, Gianni Martinetti in questa intervista
racconta qual è il percorso che porta alla nascita di un nuovo
colore. Come, andando per il mondo a caccia di stimoli e
spunti e setacciando i luoghi della moda e del design, si possano
individuare le nuove tendenze che caratterizzeranno i colori
per interni dei prossimi anni. E il rapporto, non sempre risolto,
tra gli architetti, i progettisti e il colore.
Martinetti, ci tolga subito una curiosità: come si diventa
esperti del colore?
“La risposta non è né semplice, né immediata. Nel senso
che teoricamente gli esperti di colore dovrebbero nascere
dalle facoltà di design e di architettura. Ma in Italia le
università che organizzano percorsi formativi sul colore
sono pochissime e spesso si appoggiano a strutture esterne
o alle competenze interne di qualche docente ‘illuminato’,
che crede nel colore. La ragione di questo vuoto a mio
parere, risiede nel fatto che lo studio del colore si percepisce
ancora come una materia molto soggettiva e non, come
invece si dovrebbe, come una scienza. E il risultato è che
28
mentre in alcune realtà europee cominciano ad affermarsi
e ad essere riconosciute figure come il ‘colour designer’, in
genere professionisti che hanno costruito la loro competenza
su studi specifici e istituzionali, oltre che su esperienze
personali, da noi il percorso è un po’ da inventare”.
Veniamo alla vostra realtà. Come nasce, dal punto di
vista ideativo e tecnico, un nuovo colore in Covema?
“Credo sia doverosa una premessa. Non ho la presunzione di
dire che i colori li creiamo noi. Anzi è senz’altro giusto dire
che i colori esistono già in natura, nel mondo, nelle cose.
Le aziende di vernici come Covema devono avere, semmai,
la capacità di riprodurre quei colori e di farli diventare
materia. Questo, a mio parere, è il nostro compito: lavorare
sui nostri componenti base, pigmenti e prodotti vernicianti,
per riprodurre i colori della natura in maniera sempre più
bella, più intensa. Per tornare alla domanda, dobbiamo
un po’ entrare nella teoria del colore, che sostanzialmente
definisce il colore come composto da una serie di cromaticità,
quelli che noi conosciamo come i colori base, e poi dall’asse
della luminosità, semplificato nei suoi opposti, il bianco e il
nero. Miscelando cromaticità differenti con bianco e nero si
possono classificare tutti i colori percepiti dal nostro occhio.
Saper gestire, amalgamare queste componenti determina la
capacità di riprodurre un colore”.
Quali sono le aree che entrano in campo dal punto di
vista aziendale nel momento che si decide di predisporre
un nuovo colore?
“Nel nostro laboratorio operano due professionisti dedicati
esclusivamente alla nascita dei colori. Sono dei periti chimici
tintori che hanno la capacità di capire, comprendere un colore e
riprodurlo. Nel fare questo si avvalgono del necessario supporto
photo©shutterstock.com/Sailorr
strumentale, utilizzando gli spettrofotometri ed i colorimetri
che permettono di misurare la curva di riflettanza del colore,
cioè “l’impronta univoca” del colore nell’ambito della luce
visibile. Tramite questa curva, appositi software collegati agli
strumenti sono in grado di formulare una “ricetta colore”
realizzabile con i nostri prodotti vernicianti. Un tempo questo
lavoro di formulazione veniva fatto dagli esperti “coloristi” che
riproducevano ad occhio il colore, miscelando con maestria i
componenti base. Oggi i software sono di grande aiuto anche
se un occhio esperto è sempre necessario. E comunque è bene
ricordare che ci sono dei limiti, sia di natura tecnica sia economica, e
non sempre con i pigmenti disponibili nel nostro settore si è in
grado di realizzare tutti i colori presenti nel mondo”.
La vostra pubblicazione, ‘Coloretrend’, da anni
contribuisce a segnalare le nuove tendenze in tema di
colore. Per l’edizione 2010 – 2011 vi siete avvalsi, tra gli
altri, della collaborazione di Orietta Pellizzari, esperta e
‘cacciatrice di tendenze’. Come è nata questa idea e come
si è sviluppata?
“Coloretrend nasce qualche anno fa quando, partendo dal
presupposto che anche i colori per l’arredamento di interni
hanno un loro andamento ciclico e seguono le mode, ci siamo
detti: perché non provare ad andare a vedere dove nascono i
colori di tendenza dei prossimi anni? Abbiamo quindi osservato
da vicino cosa proponevano settori come l’abbigliamento,
il design, l’elettronica, l’auto, i mobili e l’arredamento.
Sfere caratterizzate da una forte contaminazione reciproca che,
in effetti, ci hanno fornito elementi ed indicazioni di grande
stimolo. Soddisfatti dei risultati delle prime due edizioni
biennali, quest’anno abbiamo scelto di rilanciare il progetto
avvalendoci dell’esperienza di persone che, grazie al loro fiuto
e gusto, potevano portarci stimoli ancora più interessanti.
Proseguendo nel rapporto istituzionale con l’Istituto del
Colore di Milano, abbiamo individuato in Orietta Pellizzari,
una professionista che collabora con diversi marchi e istituzioni
nazionali importanti, la nuova capo progetto. Orietta gira per
il mondo facendo, come dice lei, ‘cool-hunting’, cioè caccia
le tendenze all’interno di posti molto particolari. In primo
luogo i negozi della moda, come per esempio lo ‘store’ di
Armani a Tokio, disegnato ed allestito da Fuksas e da altri
famosi architetti e designer, subito diventato di tendenza.
E poi locali, ristoranti, sale teatrali, gallerie d’arte, fiere,
sfilate. Durante i suoi tour Orietta, curiosando, raccogliendo
segnali ancora ‘deboli’ e cercando di percepire, fra tanti
stimoli, le tendenze che andranno a finire in architettura, ha
scattato moltissime foto. Materiale prezioso che abbiamo,
poi, analizzato mettendoci attorno ad un tavolo con persone
caratterizzate da competenze diverse: docenti del Politecnico
di Milano, architetti, esperti di illuminotecnica, designer.
Alla fine del percorso, durato quasi un anno, abbiamo radunato
le idee e dato alle stampe la terza edizione di Coloretrend.
Un’edizione, a mio parere, particolarmente riuscita anche
perché strutturata sulla connessione tra il colore e i modi di
vivere. Una lettura fortemente attuale che ci ha consentito di
inserire e organizzare i colori individuati all’interno di cinque
ambienti che corrispondono ad altrettanti modi di vivere e di
pensare la propria abitazione”.
Ci può illustrare i diversi ambienti e le scelte cromatiche
che li caratterizzano?
“Il primo ambiente lo abbiamo chiamato ‘Classy chic’.
E’ un ambiente classico, collocato in un palazzo di prestigio
ristrutturato, nel centro storico. I temi colore di questo
29
ANNO I
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
mondo-ambiente sono quelli del bianco e del nero giocati in
contrasto. Con un nero che, però, non è mai asettico ma ha già
dentro del colore. Un nero caldo. Così come anche i bianchi.
Non sono freddi, sono dei bianchi panna e comunque tonali.
In questo tema abbiamo evidenziato l’unione di tinte classiche
con la presenza di prodotti decorativi grigi metallizzati e dorati
che vengono utilizzati a contorno o ad esaltazione di alcuni
particolari architettonici di una casa. E ai quali si uniscono
componenti di arredo di analoghe tonalità.
Il secondo è un po’ particolare, sbarazzino. L’abbiamo chiamato
‘young’. E’ la casa in affitto, per esempio di un giovane che va
a studiare nell’università di una grande città e che ha l’esigenza
di personalizzare il proprio ambiente con colori vivaci. Un
ambiente dove immaginiamo oggetti un po’ ‘raffazzonati’ in
giro, acquistati ad Ikea o prestati dai genitori. Eterogeneità,
insomma, a cui si vuole dare, col colore, una connotazione un
po’ particolare. Per questo si è pensato ad una miscela di colori
molto d’accento, verdi acidi e azzurri violacei con tinte che noi
definiamo intermedie o dominanti leggermente più tranquille.
Il terzo ambiente, ‘City urban’, è quello del single che vuole
la casa di design, moderna, magari all’interno di un loft o
in un ambiente simile ed in questa logica ha bisogno di
colori che sottolineino l’aspetto tecnologico. Qui abbiamo
osato molto puntando sul contrasto tra rossi caldi e grigi
freddi. Quindi amaranti o rossi purpurei piuttosto che
ciliegia con grigi tonali. Un contrasto che deriva dal design
Coloretrend, Classy chic
30
high tech e che riconosciamo in questo ambiente.
Gli ultimi due ambienti, invece, sono dedicati della seconda
casa. Il primo si chiama ‘Beach time’, e guarda ovviamente
alla casa del mare. Qui siamo andati a lavorare sul tema
del violaceo e del blu violaceo. Abbiamo anche dato una
spruzzata di verde smeraldo e verde acqua che in alcuni
casi può essere assolutamente interessante. Insomma un
tema molto leggero, fresco, che miscela anche l’utilizzo di
particolari essenze profumate.
‘Country time’ è la casa in campagna che oggi, secondo
noi, ha bisogno di colori terrosi: dei tabacchi particolari,
marroncini leggeri miscelati con dei beige molto tenui
piuttosto che degli accenti fatti con degli ocra rossastri”.
Come si declinano queste proposte verso il mondo dei
progettisti?
“Innanzitutto, cercando di sfatare il luogo comune che porta
troppo spesso a pensare ad una stanza di un unico colore.
La suggestione che abbiamo voluto dare con questa edizione
di Coloretrend è che, invece, probabilmente il tono colore
di una stanza è dato da un particolare e non sempre dalla
parete. E quindi più che nello scegliere o consigliare un
singolo colore, la capacità e direi anche il valore aggiunto
sta nel sapere rappresentare e proporre un mix di colori,
un’unione di toni. Ecco perché ognuno dei cinque ambientitema è caratterizzato da dodici colori suddivisi in terne da
quattro colori ciascuna e denominate: intermedi, dominanti
Coloretrend, Urban city
e accenti. Questi ultimi sono i colori che connotano in
maniera netta un ambiente. Quindi, consigliamo, l’accento
va miscelato nella giusta proporzione con quelli che sono,
invece, i colori intermedi e dominanti. A supporto delle scelte
abbiamo messo a disposizione dei progettisti uno strumento
che si chiama ‘proporzione colori’ indicando, allo stesso
tempo quelle che, secondo noi, in ciascun ambiente, sono le
quantità corrette di accento, rispetto alla quantità di colori
dominanti. Insomma delle proporzioni”.
Qual è dal suo punto di vista il rapporto degli architetti
e più in generale dei progettisti con il colore?
“Mi piace pensare a due modi di utilizzare il colore in un progetto
architettonico: come sostantivo o come aggettivo. L’architetto,
storicamente e culturalmente, come vero sostantivo del progetto
ha in mente la forma. Gli architetti progettano case e strutture
fatte in un certo modo, con una determinata funzione, spesso
dimenticandosi completamente del colore. Non utilizzandolo
come elemento progettuale e quasi attaccandolo quando il
progetto è ormai determinato. Il colore è solo un pezzo che
viene dopo, un aggettivo. Ci sono moltissimi progetti fatti così.
Credo che, invece, il colore dovrebbe essere pensato insieme
alla forma, ne ha la stessa dignità perché si integra con essa
ed è capace di esaltarla o di nasconderla. I professionisti più
attenti al tema, a mio parere, dovrebbero far percepire nei loro
progetti che il colore, in realtà, è sostantivo tanto quanto la
forma. Dovrebbero pensare a colori”.
Cambiamo tema, qual è il suo punto di vista sull’utilizzo
attuale da parte delle Amministrazioni locali dello
strumento ‘Piano del colore’?
“Indubbiamente, il cambiamento che, dopo l’esperienza di
Torino con il primo Piano Colore, ha indotto le Amministrazioni
comunali ad osservare più da vicino il colore, dotandosi in
alcuni casi di veri e propri strumenti urbanistici direttivi, è stato
di natura epocale. Dopodichè, purtroppo, oggi è impossibile
non osservare che il Piano Colore di un comune fa fatica a
dare risultati cromatici apprezzabili in tempi brevi e risulta
essere uno strumento di uso limitato ad alcune aree e spesso
solo ad alcune vie. Capita, quindi, di vedere dei coordinamenti
corretti e ben fatti che poi lasciano un po’ alla deriva quello
che è il contorno del centro storico, il resto della città che
peraltro, secondo me, andrebbe gestito anche in maniera più
attenta. Perché, se i centri storici hanno comunque una loro
connotazione, è nelle periferie urbane che nei decenni si sono
accumulati i guasti maggiori. E proprio quelle dovrebbero,
invece, essere inserite in maniera intelligente all’interno di
Piani Colore fatti bene. Forse non risolveremo i problemi
del cosiddetto degrado urbano con il colore, però è indubbio
che in una città pulita, ordinata e colorata adeguatamente si è
portati a comportarsi in un certo modo. Io, quindi, il colore
lo vedrei estendersi e impossessarsi di tutta la città. Anzi, per
ogni singolo comune, mi piacerebbe pensare di poter creare un
abbinamento di colori corretti, i quali possano caratterizzare in
maniera distintiva, evidente, coordinata nei vari elementi del
tessuto e dell’arredo urbano, la città stessa”.
31
PROGETTI
Grottaglie
Un teatro all’aperto
per il recupero
e la valorizzazione
delle cave di Fantiano
32
La Regione Puglia gli ha assegnato il Premio per la qualità
architettonica. Ma il riconoscimento forse ancora più importante
è venuto dalle persone. Dai tanti spettatori (in qualche serata
anche diecimila) che lo hanno ‘abitato’ per assistere ai concerti e
alle manifestazioni culturali che hanno animato l’ultima estate di
Grottaglie, suggestiva terra di gravine in provincia di Taranto.
E’ il nuovo teatro stabile all’aperto sorto, grazie ad una
illuminata e sapiente operazione di recupero e valorizzazione,
nell’area delle cave di Fantiano. Un progetto realizzato, su
bando dell’Amministrazione comunale, dallo studio associato
“d_progetti”.
In questo articolo, insieme alla presentazione dell’intervento,
i progettisti Francesco D’Elia, architetto e Claudio Donati,
geometra, illustrano la genesi del progetto, le scelte compiute
grazie alla lettura e l’ascolto del luogo, le sfide costruttive
e i materiali utilizzati, con grande attenzione al recupero e
riutilizzo di quanto già presente in ambiente.
si concentrò l’attività estrattiva per la produzione di conci
di tufo e sabbia calcarenitica. In seguito, anni di abbandono
avevano portato le cave ad essere utilizzate come discariche
abusive. Oggi il paesaggio è caratterizzato da un immenso
parco naturalistico costituito da oliveti secolari, boschi
di Pino d’Aleppo e macchia mediterranea, grotte che
ospitavano gli antichi insediamenti e cave tufacee a cielo
aperto con pareti a strapiombo, terrazze e isolati “monoliti”
che disegnano incredibili architetture di calcarenite.
Negli ultimi tempi (dal 1999) l’interesse del Comune di
Grottaglie, della Regione Puglia e le opportunità comunitarie,
hanno fatto sì che a questi ambiti sia stato riconosciuto un
alto valore paesaggistico, che ha consentito la istituzione del
Parco Regionale Naturale della Terra delle Gravine.
Si è attivato un modello di riqualificazione e valorizzazione
integrato, che ha coinvolto diversi ambiti, quali il centro
storico, il Quartiere delle Ceramiche e gli habitat rupestri con
l’obiettivo di implementare le ricadute turistico-ricettive ed
innalzare il livello di qualità della vita dell’intera collettività,
secondo principi di eco-sostenibilità. I primi interventi
hanno riguardato il riappropriarsi dei luoghi attraverso
l’organizzazione di manifestazioni teatrali e concertistiche
stagionali che in breve tempo hanno raggiunto una dimensione
internazionale (Musica Mundi, il Teatro della Fede).
Da questi riscontri è nato il progetto che, oltre alla sede
stabile del teatro di Fantiano, prevede la realizzazione del
Parco Attrezzato delle Gravine e delle Cave per attività
culturali, spettacolari e del tempo libero.
Il teatro di Fantiano
L’area dell’intervento è ubicata a circa tre chilometri, a nordovest, dal centro urbano di Grottaglie. In questo luogo e
nelle gravine limitrofe ha stanziato la popolazione fino al
consolidamento dell’attuale nucleo storico cittadino.
Tra gli anni cinquanta e settanta del novecento, nella zona
Il progetto
L’idea centrale, come si legge nella documentazione
progettuale, è stata quella di fornire un’immagine di rilievo
simbolico e rappresentativo, sotto il profilo architettonico,
paesaggistico ed ambientale, in grado di confrontarsi con
l’intorno agrario ed antropizzato attraverso segni sintetici
ed immediatamente riconoscibili.
L’ordine degli attributi qualificativi dei materiali e dei
componenti edilizi è stato assunto come valore estetico
da denunciare apertamente recuperando i ‘suggerimenti’
forniti dal luogo e riprendendo il giusto significato
dei dettagli architettonici, delle differenziazioni di
Sezione del progetto
33
grana materica, delle trame di disegno, dei colori, del
trattamento delle superfici dei vari materiali, delle specie
arboree ed arbustive.
Le principali indicazioni progettuali, come spiegano
Francesco D’Elia e Claudio Donati ripensando alla genesi
dell’intervento, si impongono già alla prima verifica sul
luogo e nel corso della successiva analisi del territorio.
“Abbiamo operato su un territorio di per sé fantastico –
rilevano i progettisti ripensando alla genesi del progetto – .
Si può quasi dire che in confronto alla bellezza del luogo
non abbiamo fatto nulla. O anche, che l’avere fatto poco,
l’essenziale, ci ha consentito di realizzare un’opera che è stata
giudicata importante, anche per la sua capacità di dialogare
con l’ambiente”.
“Nel primo sopralluogo – ricordano – ci siamo trovati di
fronte ad un contesto affascinante e ricco di segni da leggere.
Macchie di colore sulle rocce, relitti dell’attività estrattiva,
una fossa creata artificialmente, dei monoliti che un tempo
erano serviti ad individuare i confini delle proprietà. E la
presenza significativa di vegetazione che segnalava come
la natura, appena terminata l’attività dell’uomo, si fosse
riappropriata dei luoghi. Un elemento, questo, che si ha
stimolato moltissimo, in termini progettuali”.
“Vediamo anche – continuano D’Elia e Donati – che
non c’è bisogno di inventare nulla, perché il teatro, dove
lo voleva l’Amministrazione di fatto c’era già. A partire
da una quinta suggestiva delineata nella parete della cava
e dai gradoni disegnati sul terreno dove saremmo andati
a lavorare, segni delle ‘tagghiate’, che poi riprenderemo
dandogli continuità”.
A seguito di questa lettura, attenta oltre che all’aspetto
puramente morfologico, alla “stratificazione temporale”
del luogo e degli oggetti presenti sul posto, in definitiva al
“genius loci”, il progetto del teatro prende corpo.
Sull’area di sedime, in coincidenza con la depressione del
terreno utilizzata nell’ultimo periodo come discarica abusiva,
34
Progettazione e Direzione Lavori
d_progetti Donati D’Elia Associati
Francesco D’Elia (capogruppo)
Coordinamento della progettazione
Gaetano Cavallo
Dirigente U.T.C. Settore LL.PP.
Responsabile del procedimento
Davide Caputo
Settore LL.PP.
Collaboratori
Giovanni Blasi, Gerardo Bonomo, Roberto D’Elia, Angelo Di
Bello, Patrizia Donati, Alessandro Fischetti, Vincenzo Latanza,
Marcello Perrini, Chicco Raschillà, Carlo Siciliano
Geologia
Jean Vincent C.A. Stefani
Fattibilità ambientale
Pietro Tripaldi
Consulenza pubblico spettacolo
Pier Paolo Raho
Sicurezza dei lavori
Francesco D’Elia
Committente
Comune di Grottaglie
Ente Finanziatore
Regione Puglia Settore Beni Culturali
P.O.R. Puglia 2000 - 2006
P.I.S. n.13 “Itinerario turistico - Culturale Habitat Rupestre”
Misura 2.1
Comune di Grottaglie Assessorato LL.PP.
Localizzazione
Contrada Fantiano in Grottaglie (Ta)
Impresa
Magazzile Rocco Antonio, Massafra (Ta)
Dati dimensionali
superficie del lotto di intervento: 80.000 mq
volumi complessivi: 1.400 mc
Cronologia
2006 progetto esecutivo
2007 - 2008 realizzazione
Fotografie
Arch. Roberto D’Elia
viene ricavata la cavea per gli spettatori, utilizzando in parte
i gradoni esistenti e costruendo, in continuità, ulteriori
gradonate sempre in tufo. Le sedute per gli spettatori sono
realizzate in blocchi squadrati di pietra calcarea del tipo
locale, mentre i gradini di smistamento sono in mattoni di
cotto tipici della produzione ceramica locale.
La cavea – spiegano i progettisti – si adagia e si integra
altimetricamente e planimetricamente allo stato dei
luoghi, al di sotto di una parte di essa, come un’opera
ipogea, sfruttando la depressione del terreno bonificato,
vengono realizzati i servizi degli spettatori e le centrali
tecnologiche. Il palcoscenico ed il blocco dei camerini
e servizi per gli artisti-addetti sono ubicati a ridosso del
fronte di cava, che costituisce la quinta naturale per le
rappresentazioni spettacolari.
La quota altimetrica e l’ingombro planimetrico del
palcoscenico coincidono con il banco tufaceo ed il
materiale di risulta che era presente ai piedi del fronte cava,
per il quale viene eseguito un intervento di risagomatura e
pulizia delle superfetazioni. Posteriormente al palcoscenico
è stato realizzato il blocco di camerini e servizi per artisti
e addetti. Il manufatto “pensato” come un monolite, è
costruito con blocchi di tufo a vista (utilizzando i conci
presenti in loco) e con le lamiere in acciaio cor-ten a
memoria dei vecchi macchinari utilizzati per l’estrazione.
Le sfide costruttive e i materiali
“Un elemento importante del percorso prima progettuale
poi costruttivo - dicono al proposito D’Elia e Donati - è stato
senz’altro quello relativo alla realizzazione dei nuovi volumi dove
hanno trovato posto i servizi per gli spettatori e i camerini. Su questi
ultimi, in particolare, abbiamo optato per una caratterizzazione
che esplicitasse la modernità del nostro intervento, datato 2006 2008. Una scelta fatta per evitare il rischio di creare un falso, un
qualcosa che fingesse un riferimento al passato del luogo”.
Il monolite orizzontale si caratterizza, allora, attraverso una
non planarità che, nel richiamarsi alla forma dei monoliti
verticali presenti nell’area e alla casualità della natura, firma,
in qualche modo, la modernità dell’opera. Così come i tagli
e le linee della stessa (“che hanno richiesto un impegnativo
lavoro di carpenteria”), l’utilizzo del calcestruzzo in cemento
armato e gli inserti di acciaio cor-ten “che richiamano i relitti
dei materiali arrugginiti abbandonati sull’area. Presenze
che ci hanno affascinato molto anche perché trovano
somiglianza nel colore rossastro del dilavamento”.
Naturali ed inseriti nella tradizione locale, gli altri
materiali utilizzati: “il legno per il palcoscenico, il tufo
lavorato con tagli tipici delle vecchie masserie, la terra, la
ghiaia, il verde, evidenziando le specie locali, la ceramica,
utilizzando mattonelle di produzione grottagliese per i
camminamenti, la pietra per le sedute”.
35
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
“Un altro momento particolarmente impegnativo –
proseguono i progettisti – è stato quello della bonifica dei
sentieri e del territorio circostante il teatro. Otto ettari
di sentieri, macchia mediterranea e numerose cave a cui
sono state assegnate destinazioni per attività ricreative e
cinematografiche”.
Il futuro e le opportunità per il territorio
Oltre che dal punto di vista architettonico, l’intervento di
Fantiano si segnala in quanto esperienza pilota e laboratorio
in vista di una rifunzionalizzazione dell’intera zona delle
gravine che parte da Matera e arriva sino a Grottaglie.
Capace di trasformare un’area abbandonata in luogo adatto
ad ospitare manifestazioni culturali in grado di attrarre
utenti da un bacino che va ben oltre i confini del territorio
comunale e allo stesso tempo rispettoso dell’ambiente,
può rappresentare, infatti, il primo tassello di un percorso,
non certo facile, che potrebbe portare il sistema delle
cave e delle gravine a diventare un interessante elemento
attrattore in funzione turistica oltre che culturale.
36
Lo studio “d_progetti”
Francesco D’Elia (Grottaglie 1955) si laurea presso la Facoltà di
Architettura di Firenze nel 1980. Nel 1982 fonda con Antonio
e Claudio Donati (geometra), lo studio associato “d_progetti”
Donati D’Elia con sede a Taranto.
Operativo sul territorio nazionale, lo studio si occupa di
riqualificazione urbana, progettazione architettonica e delle
infrastrutture. Ampio riconoscimento deriva dalla realizzazione
di centri polivalenti per lo sport, cultura e spettacolo tra i quali
si ricordano il Palamazzola (TA), Complesso polifunzionale
– Martina Franca (TA), Centro per lo Sport e la Cultura –
Policoro (MT).
Impegnato attualmente nella progettazione e direzione lavori
in ambito pubblico e privato (Palasport – Veroli (FR), Ristretta
(ME), Porto Turistico di Otranto (LE), Parco fluviale del
Basento (PZ), Città dello Sport Sant’Angelo a Cupolo (BN),
Stadio Comunale Lamezia Terme (CZ), Stadio di atletica
leggera Reggio Calabria) sviluppa parallelamente le attività
di partecipazione e concorsi di progettazione nazionali ed
internazionali.
COSTRUIRE
“átika”
“átika”, tradizione
mediterranea
e tecnologie
per l’efficienza
energetica
di Marco Soravia
(Architetto e Responsabile Ufficio progettazione Velux s.p.a.)
Per centinaia di anni le popolazioni mediterranee hanno
costruito adottando strategie che permettessero di ottimizzare
il comfort. Lo spessore dei muri, la colorazione bianca delle
pareti esterne e del tetto, le persiane sulle finestre, le vie strette o
i cortili interni, le vasche d’acqua sono stati utilizzati per secoli in
modo consapevole e funzionale. Tuttavia, negli ultimi decenni
l’architettura sembra avere dimenticato queste tradizioni.
“átika” è una casa a basso consumo energetico sviluppata da
Velux per i Paesi del sud Europa. Ispirandosi alla tradizione
mediterranea, “átika” si pone l’obiettivo di ottenere un
maggiore comfort abitativo e un minor consumo energetico
grazie a soluzioni semplici e al contempo efficaci, associando
38
e combinando il meglio del passato e del futuro: la semplicità
e l’economia delle risorse dell’architettura tradizionale con
la più recente tecnologia delle costruzioni.
In “átika” confluiscono i risultati di uno studio commissionato
al centro di ricerca interuniversitario A.B.I.T.A di Firenze
(Architettura Bioecologica ed Innovazione Tecnologica per
l’Ambiente) sull’indoor comfort, con un focus particolare
sugli ambienti mansardati nell’area mediterranea.
La ricerca ha dimostrato che grazie a materiali isolanti
adeguati, a una ventilazione naturale efficace, a posizionamenti
ottimali di finestre e schermi solari, gli ambienti mansardati
raggiungono un comfort interno migliore di un qualsiasi
altro piano dell’edificio.
Il progetto concettuale di “átika” è stato creato da Javier
Cantalejo di ACXT/IDOM, uno studio spagnolo di provata
fama nel campo dell’architettura e dell’ingegneria, che ha
collaborato con Frank Gehry alla realizzazione del Museo
Guggenheim di Bilbao.
L’idea architettonica alla base del progetto è quella di creare
singole stanze con specifiche destinazioni d’uso organizzate
attorno a un patio. Una casa unifamiliare composta da una
camera da letto con bagno adiacente, sala con cucina e atrio
d’ingresso. La destinazione d’uso di ogni stanza è caratterizzata
dal suo orientamento cardinale dato dall’inclinazione dei raggi
solari rispetto alla pendenza del tetto e alle finestre presenti.
Le angolazioni della copertura sono legate alla necessità di
assorbire la luce o proteggersi da essa in funzione degli angoli
di irraggiamento solare tipici dell’Europa meridionale (30°
durante l’inverno, 50° durante la primavera e l’autunno, 74°
durante l’estate). I 10 mq di pannelli solari termici sono,
infatti, orientati a sud su falde con inclinazioni ottimizzate
per garantire la massima resa energetica durante tutto
l’anno. Anche le finestre per tetti sono strategicamente
posizionate per assicurare la migliore illuminazione naturale
e per sfruttare opportunamente l’effetto serra in inverno e
l’effetto camino (ventilazione) in estate.
Le origini
“átika” è un’abitazione unifamiliare di circa 63 mq con un ampio
patio, che si ispira alla tradizione architettonica romana dove gli
ambienti erano distribuiti intorno al cortile.
Questa disposizione permette di sfruttare la ventilazione trasversale
garantita dalle finestre posizionate lungo il patio.
Nel dettaglio, l’architettura tradizionale mediterranea è
ben rappresentata dalle domus romane, edifici che erano
caratterizzati da:
ambienti molto alti (anche 5 o 6 metri), in grado di attivare una
buona ventilazione naturale;
grosse murature in pietra che mantenevano un buon isolamento e
un po’ di umidità utile ad abbassare la temperatura;
zone d’ombra, grazie a cortili interni, tettoie e pergolati verdi,
un orientamento preciso dei locali a seconda delle loro funzioni.
Le forme
Vista dall’esterno, “átika” ha un particolare profilo a zigzag.
La forma frastagliata del tetto non deriva da scelte estetiche, ma
dal fatto che ogni inclinazione svolge una funzione energetica.
Alcune porzioni di tetto sono orientate a nord per avere una luce
indiretta negli ambienti, ottimale durante la stagione estiva per
illuminare senza accumulare calore. Altre porzioni sono orientate
a sud, per ottenere una luce calda nelle stanze e per accumulare
calore durante l’inverno (il cosiddetto effetto serra).
L’orientamento a sud delle falde permette inoltre di captare la
massima energia solare possibile durante tutto l’anno, attraverso
pannelli solari termici.
Utilizzo dell’energia solare
Alla nostra latitudine la massima efficienza dei collettori solari
termici si ottiene con inclinazioni comprese tra 15 e 60 gradi. In
“átika”, le pendenze dei tetti sono state disegnate appositamente
per far sì che i collettori sfruttino il massimo irraggiamento
durante l’intero arco dell’anno per la produzione di acqua calda
sanitaria, per il riscaldamento e per il raffrescamento estivo. Ogni
singola inclinazione infatti corrisponde a una incidenza diversa
con cui il sole colpisce i pannelli durante le diverse stagioni.
Nel bilancio energetico annuale le finestre orientate a sud svolgono
un ruolo attivo. Il sole, colpendo le vetrate, penetra negli ambienti,
riscaldandoli in modo del tutto naturale e gratuito. Questo
semplice fenomeno viene definito “effetto serra”. Il ruolo attivo
delle finestre viene completato durante la stagione estiva con
appositi schermi solari esterni che proteggono i vetri dall’eccessivo
irraggiamento nelle giornate più calde. In questo modo le finestre
non costituiscono un punto di dispersione di energia, ma diventano
un elemento che contribuisce a ridurre i consumi annuali.
Expo 2010 in cifre
OSSERVATORIO
Durata: 1 maggio - 31 ottobre 2010
Area: 5,3 Kmq
Espositori: 239
Visitatori attesi: 75 milioni
Per la prima volta in un’esposizione universale, a Shanghai
2010, un’area dedicata ospiterà le ‘buone pratiche’ dello
sviluppo urbano. O meglio una selezione delle città del
mondo che, negli ultimi anni, si sono dimostrate più ‘virtuose’
nel gestire, in diversi ambiti, i processi di modernizzazione,
trasformazione ed evoluzione e hanno operato per migliorare
la qualità dei loro territori e le condizioni di vita dei cittadini.
In perfetta sintonia, quindi, con il tema dell’Expo cinese:
“Better City, Better Life” (Città Migliore, Vita Migliore).
L’area (di circa 15 ettari e composta da ex capannoni
industriali recuperati e adibiti a spazi espositivi per le città,
su progetto dello studio italiano mOa - Mario Occhiuto
architetture) si chiama Urban Best Practices Area (UBPA)
e dal 1 maggio al 31 ottobre 2010 presenterà ai visitatori
della manifestazione i progetti di oltre cinquanta città. In
qualche modo l’elite mondiale nel settore, individuata dagli
organizzatori attraverso una selezione operata fra le centinaia
di richieste di partecipazione provenienti da tutto il mondo.
Per l’Italia saranno presenti (con propri spazi espositivi)
Bologna (nella sezione “Livable cities”) e Venezia
(“Protection and utilization of historical heritages”).
40
All’interno di un padiglione ‘collettivo’ sarà invece ospitata
Milano, che promuoverà Expo 2015, prossima Esposizione
Universale con sede nel capoluogo lombardo.
Con le città italiane selezionate, nell’UBPA saranno presenti
i principali centri urbani del pianeta (Londra, San Paolo,
Hong Kong, Barcellona, Seul, Praga, Osaka, Chicago,
solo per citarne alcuni) i cui progetti verranno presentati
secondo una suddivisione per categorie. Accanto ai “progetti
specifici” (nei campi: edilizia residenziale, per uffici, per il
tempo libero, ecc.) le città proporranno le loro “esperienze”
secondo i temi: “Livable cities” (Città vivibili), “Sustainable
urbanization” (Urbanizzazione sostenibile) e “Protection
and utilization of historical heritage” (Protezione e utilizzo
del patrimonio storico).
BOLOGNA
La città delle Due Torri è stata selezionata come esempio di
eccellenza nel campo delle pratiche urbane, in particolare
su quattro tematiche: cultura e creatività, innovazione
tecnologica, diritti umani e partecipazione sociale,
trasformazioni urbanistiche e infrastrutturali.
www.shutterstock.com/claudio zaccherini
Urban Best Practices Area
Bologna e Venezia
fra le città più ‘virtuose’
in mostra a Shanghai 2010
Shanghai al tramonto
PromoBologna
Rendering stand Bologna
Nell’area UBPA Bologna avrà a disposizione uno spazio
espositivo di circa 340 mq gestito operativamente dall’agenzia
di marketing territoriale PromoBologna, nominata casecoordinator dall’Amministrazione comunale, e Bologna Fiere,
attraverso i propri uffici di Bologna e di Shanghai.
Lo stand verrà realizzato secondo il concept progettato da Antonio
Mastrorocco (in collaborazione con Consorzio Creativo Library
e Loop Creazioni Multimediali di Bologna) e risultato vincitore
del concorso per idee indetto nei mesi scorsi.
Lo spazio espositivo ideato da Mastrorocco è concepito per
offrire un’esperienza immersiva e polisensoriale. Non vive
quindi di strutture architettoniche, ma di video-ambienti,
allestimenti interattivi e proiezioni sensibili: vere e proprie
istallazioni artistiche che invadono totalmente ogni superficie
producendo un effetto di immersione nella città. Lo spazio si
compone di sei aree tematiche che ripercorrono le principali
caratteristiche di Bologna.
Il portico (la protezione, la facilità di fruizione)
Questa struttura coperta è costituita da una serie di colonne
rivestite di monitor che alternano immagini fotografiche di
colonne bolognesi (ricreandone virtualmente superfici e colori)
a video e filmati che raccontano i contenuti di eccellenza della
città. All’esplorazione visiva si associa un corredo sonoro:
istallazioni audio tra le colonne riproducono le atmosfere della
città, fatte di voci, rumori, suoni e musiche.
Le vie (i dettagli)
Camminando su di una videoproiezione a pavimento, il
visitatore interagisce con quello che vede, modificando
ed alternando ad ogni passo immagini che mostrano le
tipiche strade medievali di Bologna (fatte di lastre, ciottoli,
sanpietrini…). Il sistema comprende una videoproiezione
verticale dall’alto verso il pavimento, gestita da pc, e una
webcam che rileva la presenza degli utenti e invia al pc le
informazioni che consentono l’interazione.
La torre (l’architettura medievale)
La torre, simbolo storico della città, svetta nello spazio come
segnale visivo ed elemento di riconoscimento dello stand
all’interno del padiglione. La struttura è alta circa 7 metri. Sui
tre lati rivolti verso il pubblico sono montati schermi LCD che
proiettano immagini delle facciate delle torri bolognesi alternate
a video con contenuti sulle caratteristiche della città.
La porta (l’attitudine alla messa in relazione)
Altro elemento architettonico legato alla dimensione storica
della città, la porta rappresenta nello stand una soglia virtuale di
passaggio tra due mondi, quello di Bologna e quello di Shanghai.
Un maxischermo collocato all’interno della struttura “a
cornice” proietta all’interno dello stand le immagini raccolte da
una webcam posizionata su Piazza Maggiore. Allo stesso modo,
in piazza Maggiore potrà essere collocato un maxischermo
che mostra le immagini di una webcam posizionata nello
stand di Shanghai.
La bicicletta (la ricerca, l’esplorazione)
Quattro biciclette sono posizionate ciascuna di fronte ad un
monitor che proietta un video in soggettiva di un percorso tra le
vie del centro di Bologna. Il video è interattivo e viene regolato
dal movimento dei pedali da parte del visitatore, che ha così la
sensazione di muoversi. Pedalando, lo spettatore attiva il filmato,
che si svolge alla stessa velocità della pedalata, permettendo di
“rallentare” o “accelerare” la visita del centro storico.
La piazza (l’apertura, la tolleranza, l’incontro)
La piazza, elemento urbanistico caratterizzante della cultura
italiana, è simbolo di apertura e capacità di accoglienza.
Punto di aggregazione, incontro, scambio, la piazza diventa
luogo dove praticare la tolleranza e la convivenza di diversi
stili di vita. Quest’area viene rappresentata nello stand da una
superficie circolare, con ai lati due videoproiezioni. Accanto
alla piazza, un touch screen a parete e un tavolo interattivo
forniscono le superfici per la comunicazione di contenuti
riferiti ad aziende e iniziative commerciali del distretto
bolognese, i quali possono essere approfonditi dal visitatore
tramite una navigazione individuale.
41
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
VENEZIA
La città lagunare è stata selezionata dal Comitato internazionale
dell’UBPA per presentare le proprie esperienze e i progetti
nell’ambito della categoria “Protection and utilization of
historical heritages” insieme ad altre importanti città come il
Cairo (Egitto), Suzhou e Hangzou (Cina), Liverpool (Gran
Bretagna) e Pondicherry (India).
Fra la principali motivazioni che hanno portato alla selezione
di Venezia, i livelli di eccellenza raggiunti in termini di know
how e di capacità ingegneristica nella gestione di un ambiente
complesso come quello della laguna, dove storicamente coabitano
e si fondono l’habitat marino e il tessuto urbano di una delle città
più ricche di storia, fascino ed architettura. Un equilibrio unico
al mondo che ha indotto la città a sviluppare competenze tali
da assicurare ad ogni processo di trasformazione urbana messo
in campo elevati standard di sostenibilità e compatibilità con il
delicato ambiente nel quale deve necessariamente inserirsi.
Un altro elemento importante riguarda le capacità e l’impegno
dimostrati da Venezia negli interventi di restauro conservativo,
recupero e riuso di parti significative del centro storico (e dei
beni architettonici presenti), anche in funzione di un loro utilizzo
nell’ambito di uno sviluppo sostenibile della città.
Trasversale, in qualche modo, ai temi citati, anche il Turismo e
le strategie messe in campo dalla città per la gestione del flusso
sempre crescente di visitatori rappresenterà un argomento di
interesse che Venezia proporrà a Shanghai.
Lo spazio espositivo e l’allestimento
Contenuti principali dello spazio espositivo della città di
Venezia saranno le tre best practices individuate per la
partecipazione all’Expo:
• la bonifica ambientale e riconversione industriale dei 2.000
ettari che costituiscono l’area industriale di Porto Marghera;
• l’individuazione di un insieme di funzioni compatibili sia
con la salvaguardia che con il riutilizzo della zona storica
dell’Arsenale di Venezia;
• il riutilizzo di edifici dal notevole valore architettonico situati
nel centro storico.
Rendering stand Venezia
Lo stand veneziano, che si svilupperà su una superficie di circa
500 mq, sarà realizzato sulla base di un concept progettato dalla
società K-Events di Milano. Evidenzierà le specificità di Venezia
e le capacità del suo sistema economico di misurarsi con le
tematiche della qualità della vita e della sostenibilità urbana e,
soprattutto, di promuovere le eccellenze imprenditoriali presenti
sul territorio veneziano e veneto.
I contenuti saranno illustrati prevalentemente attraverso filmati
proiettabili su cinque diversi touch screen tematici e su schermi
posti alle pareti. Al centro dello spazio sarà collocata la ‘Dark
room’, un ambiente all’interno del quale sarà visibile uno
speciale ologramma in 3D di grandi dimensioni. La ‘Dark room’
sorgerà su un piano d’acqua e sarà elevata secondo il sistema a
palafitte, tipico delle antiche case veneziane. La parte superiore
di questo ambiente ospiterà, poi, uno spazio dedicato alle attività
di animazione economica e agli incontri con gli operatori.
Sulla parte della struttura, verrà inoltre posto verticalmente
un plastico del territorio veneziano dove i progetti proposti
troveranno una corrispondenza e potranno essere identificati.
Coordinata dall’Assessorato alla Pianificazione strategica del
Comune di Venezia, la partecipazione a Shanghai della città
lagunare si innerva sul Comitato Expo Venice. Promosso
dall’Amministrazione comunale (Presidente è il Sindaco di
Venezia) e caratterizzato come uno ‘strumento’ di marketing
territoriale, conta sull’adesione di oltre 30 soggetti, tra istituzioni,
rappresentanze delle categorie economiche, Enti del mondo
della cultura e del sapere, società di servizi, imprese.
“Preposto a far fronte alle manifestazioni internazionali e alla
promozione delle potenzialità del sistema locale”, estenderà
il proprio ruolo e funzioni oltre l’evento di Shanghai,
accompagnando Venezia e il sistema territoriale anche verso
l’Expo 2015 di Milano.
Nel contesto di Shanghai, risulterà inoltre particolarmente utile
nell’ambito del percorso di animazione economica già attivato
da Venezia per favorire l’incontro tra il mondo dell’impresa
veneziano e le imprese e gli operatori cinesi, nonché per
l’attrazione di investimenti sul territorio.
Comune di Venezia
ANNO I
AMBIENTE
Due settimane per cambiare rotta, stabilire nuovi obiettivi
e raggiungere un nuovo accordo globale sul clima che
sostituirà il protocollo di Kyoto a partire dal 2012.
Questo è ciò che l’ONU e, soprattutto, la comunità scientifica
mondiale si aspettano, nonostante le difficoltà e le notevoli
divergenze della vigilia, dalla “COP 15” di Copenhagen, la
Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
in programma dal 7 al 18 dicembre.
L’appuntamento nella capitale scandinava è la quindicesima
“Conferenza della Parti” (COP), appuntamento che si svolge
quasi annualmente dal 1992, anno in cui a Rio de Janeiro,
in occasione della Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo
delle Nazioni Unite, è stata ratificata la Convenzione quadro sui
cambiamenti climatici. Un trattato ambientale internazionale,
questo, finalizzato alla riduzione delle emissioni dei gas serra,
sulla base dell’ipotesi di riscaldamento globale, per raggiungere
la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera
a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze
antropogeniche dannose per il sistema climatico.
Lo strumento cardine di questo accordo internazionale
è la definizione periodica di protocolli o previsioni di
aggiornamenti in cui vengono fissati i limiti obbligatori di
emissioni nocive in ambiente. Il più famoso (soprattutto per
la mancata ratifica da parte degli Stati Uniti) è il protocollo
di Kyoto, adottato, non senza tese negoziazioni, nella
COP 3, svoltasi nel dicembre 1997 in Giappone. Furono
concordate riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni
di gas serra, in media di 6%-8% rispetto ai livelli del 1990,
da raggiungere fra gli anni 2008 e 2012.
L’incontro di Copenhagen si segnala per la sua importanza
perché rappresenta il dopo-Kyoto. È infatti la fase finale
di un piano di trattative (Bali Road Map), iniziato nel
2007 durante la COP 13 di Bali in Indonesia, volto alla
realizzazione in due anni di un accordo internazionale
ambizioso ed efficace sul cambiamento climatico, a
44
Il Segretario Generale ONU Ban Ki-moon (sinistra) e Erik Solheim,
Ministro dell’Ambiente norvegese (destra), in visita al Circolo Polare Artico.
Il manifesto “Seal the Deal” rappresenta la campagna di sensibilizzazione
che Ban Ki-moon sta portando avanti nei confronti dei Paesi membri
dell’ONU affinché la Conferenza di Copenhagen abbia esito positivo
seguire la prima fase del Protocollo di Kyoto.
Quattro sono i punti chiave al centro del dibattito
internazionale per la stesura di un nuovo protocollo:
• mitigazione: ovvero riduzione delle emissioni di gas
serra. Tra il 1970 e il 2004 le emissioni di gas serra
sono aumentate del 70%, senza ulteriori politiche di
regolamentazione, si prevede tra il 2000 e il 2030 un
aumento delle emissioni globali di gas serra dal 25 al 90%,
di cui due terzi imputabili ai Paesi in via di sviluppo;
• adattamento: sostegno ai Paesi poveri nell’adattarsi agli
inevitabili effetti del cambiamento climatico causato
dalle emissioni dei gas serra presenti nell’atmosfera.
Secondo dati ONU, nel 2008 oltre 20 milioni di persone
sono state costrette ad abbandonare le proprie case per i
disastri derivati dal cambiamento climatico, circa quattro
volte il numero di profughi causati dalle guerre;
• tecnologia: nuova e a bassa emissione di carbonio,
possibilmente da trasferire rapidamente ai Paesi più poveri.
La capacità e le tecnologie per ridurre le emissioni esistono
in tutti i settori maggiormente responsabili delle emissioni
stesse: approvvigionamento energetico, trasporti, edilizia,
industria, agricoltura, silvicoltura, gestione dei rifiuti;
• finanziamenti e incentivi: per mitigare gli effetti
dei cambiamenti climatici si calcola che serviranno
circa 250 miliardi di dollari entro il 2020, finalizzati
all’adozione di incentivi per lo sviluppo e la messa in
opera di tecnologie eco-compatibili. Questo tipo di
incentivi può essere creato stabilendo un prezzo per
le emissioni di carbonio, risultato ottenibile attraverso
imposte, tasse e diritti di emissione negoziabili.
UN Photo/Mark Garten
Clima
Vertice mondiale
a Copenhagen
Un’occasione
da non perdere
UN Photo/Marco Castro
Trovare un accordo comune su questi punti faciliterà non
poco la nascita di un’intesa globale per il dopo Kyoto. Molti
sono però gli interessi in gioco e grandi le distanze fra le
posizioni dei vari Paesi.
Unione Europea: in materia di legislazione contro le emissioni
di gas serra, è da sempre considerata l’Istituzione più
avanzata e attenta, soprattutto in relazione all’introduzione
del “Pacchetto 20-20-20”, che prevede una serie di azioni
entro il 2020 atte a ridurre del 20% le emissioni di gas
a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e
aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili.
Da verificare però se il nuovo Parlamento garantirà
continuità a questa linea di tutela ambientale: con le ultime
elezioni, infatti, la maggioranza si è spostata su posizioni
più conservatrici, attente alle richieste degli industriali e
orientate a finanza ed economia.
Stati Uniti: le parole del nuovo Presidente americano, nonché
fresco Premio Nobel per la Pace, Barack Obama, hanno
fin da subito fatto intendere un cambiamento di rotta
della politica ambientale americana. “Il tempo rimasto per
correre ai ripari sta per scadere”, ha avvertito Obama. “La
sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli, la
nostra prosperità, la nostra salute e la nostra sicurezza, sono
a rischio a causa della minaccia climatica”.
Fino a oggi però gli Stati Uniti sono rimasti fuori dal
Protocollo di Kyoto, occorre quindi capire fino a che punto
la nuova Amministrazione sia incline a sottoporsi a regole,
scadenze e sanzioni condivise a livello mondiale. Dalle prime
mosse i dubbi non mancano.
Russia: è difficile decifrare la posizione della Federazione che per
molti osservatori risulta essere una vera e propria incognita.
Data l’ingente presenza di impianti produttivi obsoleti e
tutt’altro che efficienti, un taglio delle emissioni di gas serra
richiederebbe sforzi economici che la Russia non può permettersi
a causa di numerosi fattori: processo di democratizzazione
ancora incompleto, disinteresse per le tematiche ambientali/
energetiche, crisi economica e contenziosi internazionali sugli
approvvigionamenti di gas (es. Ucraina), solo per citare i
principali.
Giappone: il nuovo premier Hatoyama ha confermato
gli impegni presi in campagna elettorale, nel corso della
quale aveva promesso che entro il 2020 avrebbe ridotto le
emissioni di gas serra nell’atmosfera del 25% (su base 1990),
una quota più alta di quella, giudicata già buona, della Ue.
Un notevole passo avanti rispetto alla maggioranza che in
precedenza governava il Paese del Sol Levante, molto più
attenta alle esigenze economiche del comparto industriale.
Cina e India: sono fra i primi Paesi al mondo per emissioni
Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti d’America, durante
l’Assemblea Generale ONU (settembre 2009)
di gas serra. Ma proprio al Vertice all’Onu di settembre le
due delegazioni hanno presentato piani per la riduzione
dei gas serra, cosa che ha stupito in positivo molti degli
osservatori presenti.
In primis il presidente cinese, Hu Jintao, ha delineato un
piano per la riduzione del 15% dei gas serra da qui al 2020
sulla base del 2005. Ma non solo, ha anche assicurato che la
Cina opererà in modo determinante in merito al risparmio
energetico, ponendosi obiettivi precisi (che il presidente
stesso non ha esitato a definire “ambiziosi”) per abbassare
l’inquinamento tramite tecnologie pulite, ma anche
attraverso un aumento delle superfici boschive.
Anche l’India, seppure con maggiore cautela, sembra su
questa strada. Le autorità indiane infatti hanno recentemente
annunciato, per la prima volta, l’intenzione di quantificare
i livelli di riduzione anche se per un periodo di prova, nel
tentativo di liberarsi dell’immagine di Paese inquinatore
intransigente. “Stiamo già intraprendendo una serie di
azioni che si tradurranno in una significativa riduzione
delle nostre emissioni di gas a effetto serra”, ha affermato il
ministro dell’Ambiente indiano Jairam Ramesh.
Dichiarazioni, quelle di Cina e India, decisamente
significative, tenendo conto che a farle sono due Paesi “in via
di sviluppo” e che, in quanto tali, non sono stati tenuti ad
osservare i limiti imposti dal Protocollo di Kyoto. Decisione
presa a suo tempo per non penalizzarne la crescita economica
e perché non hanno prodotto in dimensioni incisive emissioni
45
Il Segretario Generale ONU, Ban Ki-moon, insieme a Barack Obama,
Presidente degli Stati Uniti d’America
di gas serra durante il periodo di industrializzazione alla base
del cambiamento climatico odierno.
E’ bene ricordare che per ora si tratta di programmi
esposti in vertici ufficiali e che quindi occorrerà vedere se
e quando partiranno concretamente. In ogni caso, data la
levatura dei due Paesi (specialmente in prospettiva futura),
le dichiarazioni espresse rappresentano, comunque, un
indiscutibile passo in avanti.
UN Photo/Mark Garten
cambiamenti climatici, ma addirittura, come testimoniano
differenti studi recentemente divulgati, le grandi crisi di siccità
degli anni ‘80 sono state provocate anche dall’inquinamento
causato dai Paesi occidentali industrializzati.
Complessivamente, alla vigilia della Conferenza di
Copenhagen, il quadro internazionale risulta essere
perlomeno eterogeneo e, se le posizioni dei principali
Governi del mondo resteranno quelle attuali, il rischio di
un flop è tutt’altro che remoto.
Ne è apparso ben consapevole il Segretario Generale Onu,
Ban Ki-moon, che ha più volte lamentato negli ultimi mesi
la “lentezza glaciale” dei negoziati, sottolineando che un
fallimento a Copenhagen sarebbe “moralmente ingiustificabile,
economicamente miope e politicamente avventato”.
Lo stesso Segretario, di ritorno da una missione nell’Artico
(la zona terrestre dove la temperatura sta aumentando
più rapidamente che in ogni altra regione) ha voluto
sensibilizzare l’opinione pubblica testimoniando ciò che
ha potuto constatare di persona: “Abbiamo scatenato forze
potenti ed imprevedibili, il cui impatto è già visibile. L’ho
potuto osservare con i miei occhi, purtroppo c’é ancora
inerzia e nelle discussioni internazionali sulla lotta ai
cambiamenti climatici osserviamo solo progressi limitati”.
Africa: dall’Unione Africana giungono i segnali meno
confortanti e la ferma intenzione di boicottare qualsiasi
accordo nella Conferenza di Copenhagen se la comunità
internazionale non provvederà a risarcire adeguatamente
l’Africa per i danni subiti a causa delle emissioni di gas serra
emessi dai ricchi Paesi industrializzati. L’Unione ha tenuto a
ribadire che i Paesi più poveri, e quindi quelli africani, non
solo sono esposti maggiormente alle conseguenze negative dei
Surriscaldamento climatico
46
Anomalia media della temperatura atmosferica a terra e della superficie
dei mari negli ultimi 150 anni
Questa interpretazione dei dati climatici è sostenuta principalmente
dall’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni
Unite (IPCC), ma attualmente il dibattito è comunque ancora
aperto all’interno della comunità scientifica. Sebbene la grande
maggioranza di coloro che si occupano di mutamenti climatici
(almeno 30 associazioni e accademie scientifiche, tra cui tutte le
accademie nazionali della scienza dei paesi del G8) siano in accordo
con le conclusioni principali dell’IPCC, alcuni scienziati le respingono
proponendo diverse interpretazioni.
http://commons.wikimedia.org/wiki/User:Jak
Il surriscaldamento climatico indica il contributo antropico
(generato dall’uomo) al riscaldamento globale registrato nell’ultimo
secolo. Quest’ultimo è il fenomeno di innalzamento della
temperatura superficiale del pianeta.
Se questo aumento di temperatura è dovuto in parte a cause naturali,
come l’irraggiamento solare combinato con il naturale effetto serra
dell’atmosfera, un’altra parte importante è riconducibile, come
accennato, alle attività umane: utilizzo di combustibili fossili,
deforestazione, allevamento e agricoltura intensive sono tutte cause
del surriscaldamento ad opera dell’uomo.
I valori di CO2 e la temperatura media del globo registrati
nell’ultimo millennio testimoniano questo trend negativo: vi è un
sensibile aumento dei due indici a partire dal 1800 (periodo della
Rivoluzione Industriale) a dimostrazione che le temperature vanno
di pari passo con l’aumento dell’anidride carbonica.
E che, fra gli agenti climatici, l’uomo risulta avere un ruolo
importante, pur essendo il “più recente” ed influenzando il clima
del pianeta da relativamente poco tempo.
VERDE PENSILE
Un tetto a giardino
per il Polo
natatorio di Roma
Valco San Paolo
di Teresa Crescenzi
Architetto e professore a contratto di ‘Materiali innovativi’
all’Università La Sapienza di Roma, Teresa Crescenzi si occupa
principalmente di progettazione e restauro.
Ha partecipato alla redazione di progetti per rilevanti
opere pubbliche e ha collaborato con il professor Giampaolo
Imbrighi alla progettazione del Padiglione Italia per Expo
2010 di Shanghai. Collaborazione rinnovata per il progetto
architettonico del Polo Natatorio di Roma Valco San Paolo,
realizzato per i Mondiali di nuoto svoltisi nella Capitale l’estate
scorsa, di cui in questo articolo vengono presentate le principali
caratteristiche, a partire dalla copertura a verde caratterizzata
da una vegetazione autorigenerante.
48
Come spesso accade, in presenza di eventi speciali che
hanno luogo nel nostro Paese, si sviluppano interessanti
possibilità concorsuali per la progettazione e la
realizzazione di opere pubbliche.
E’ il caso dei Campionati mondiali di nuoto svoltisi a
Roma l’estate scorsa che, insieme ad opere di carattere
temporaneo, hanno visto la realizzazione di tre Poli
natatori collocati in adiacenza delle sedi universitarie dei
tre atenei romani.
Tra questi il Polo Natatorio di Roma Valco San Paolo.
Realizzato a tempo di record nell’ansa del Tevere
dall’Impresa Opere Pubbliche e Ambiente, su un’area
comunale (circa 30.000 mq. di superficie) adiacente all’ex
Cinodromo e definita dal P.R.G. “Centralità urbana/
metropolitana a pianificazione definita”, il Polo ha visto
svolgere al suo interno gli allenamenti di numerose
squadre di Nazionali estere.
Data la particolare morfologia e il notevole interesse del
contesto paesaggistico (ancorché fortemente degradato),
il progetto ha prestato una particolare attenzione al
raggiungimento di un’equilibrata integrazione tra spazi
artificiali e naturali, con il fine di adottare una soluzione
architettonica che tutelasse i valori storici, architettonici
ed estetici del paesaggio, con la realizzazione di un
“edificio paesaggio”.
Un elemento importante nel progetto riguarda il
rivestimento della copertura costituito da una particolare
vegetazione, che richiede una minor manutenzione rispetto
ad un normale prato verde, poiché autorigenerante.
Il trattamento a verde della copertura, infatti, nella
fattispecie il ricorso al “tetto giardino”, presenta numerosi
vantaggi, non solo dal punto di vista dell’inserimento
nell’ambiente cui è destinato, ma anche dal punto di
vista funzionale e, in ultima analisi, anche economico.
Come anzidetto, esso è costituito da una particolare
vegetazione capace di rigenerarsi autonomamente, tipo
Sedum, che viene allocata su un supporto tecnologico
particolare che facilita il rapporto con le precipitazioni
atmosferiche, graduando le quantità d’acqua necessarie
e, conseguentemente, in climi non estremi, rendendo la
tecnologia verde effettivamente autosufficiente.
Oltre alla valenza estetica della scelta progettuale, quindi,
vi sono ragioni che ineriscono l’isolamento termico, lo
49
ANNO I
50
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
smaltimento delle acque piovane, la regolazione del clima
del singolo edificio, il risparmio energetico, la riduzione
dell’inquinamento dell’aria ed elettromagnetico, che
stanno facendo del verde pensile una delle ultime concrete
frontiere dell’architettura bio-ecologica, proponendolo
per convenienza ed efficacia in alternativa alle tecnologie
tradizionali.
Il progetto è incastonato all’interno della depressione presente
nell’area e, nascondendosi sotto la copertura piantumata a
verde, tende a fondersi con la natura, costituendosi come un
Attraverso la combinazione e l’integrazione controllata tra
sistemi e tecnologie attive, passive e/o ibride, si è inteso
rispondere, in termini qualitativi, anche alle esigenze
immanenti di adeguamento al dettato comunitario in
materia di uso controllato delle risorse primarie e di
contenimento energetico, sulla base di una rinnovata
attenzione al contesto microclimatico e biofisico e al tema
della qualità architettonica e ambientale.
A livello tecnico, si è inteso perseguire un maggior impiego delle
fonti rinnovabili (attraverso l’adozione di dispositivi tecnici e sistemi
naturale rimodellamento del terreno, non trascurando gli
obiettivi propri della sostenibilità, mirati all’ottimizzazione
energetico-ambientale, cioè al contenimento dei consumi
energetici e dell’integrazione delle energie rinnovabili nel
progetto di architettura.
Il complesso sportivo di Valco San Paolo è costituito da
un corpo foresteria e un corpo piscina e palestre, mentre
lo spazio che divide i due corpi è destinato a parcheggio.
E’ stata inoltre realizzata una piscina olimpionica scoperta
e delle sistemazioni esterne a verde integrato.
impiantistici a bassa emissività e consumi) un’organizzazione
integrata delle reti tecnologiche e, infine, un’utilizzazione di
materiali e componenti edilizi certificati, di tecnologie pulite e
sistemi costruttivi non impattanti sull’ambiente.
Il progetto, inoltre, nel perseguire un costante miglioramento
delle prestazioni della classe di unità tecnologiche “chiusure”,
prevede l’adozione di un sistema di parete ventilata che, per
la stessa successione degli strati che lo compongono, esalta la
risposta dell’organismo edilizio alle variazioni climatiche ed
atmosferiche, assicurando elevati standard abitativi interni.
DOSSIER
“Copia di un antico disegno
rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina
e di Valdinievole dell'anno 1450 circa”,
Archivio di Stato di Lucca, Deputazione
sopra il Nuovo Ozzieri, 3. c. 4.
Copy of an ancient map of the lakes of Sesto, of
Bientina and of Valdinievole -1450 approx.-
Parte prima: da Tolomeo a Leonardo
di Andrea Cantile
Professore a contratto di Cartografia presso l'Alma Mater
Studiorum - Università di Bologna (Corso di laurea magistrale
in “Geografia e processi territoriali”) e di Storia del paesaggio
attraverso la storia della cartografia, presso l'Università degli
Studi di Firenze (Corso di laurea magistrale in “Architettura
del paesaggio”).
Andrea Cantile è inoltre Direttore cartografico dell'I.G.M.,
Membro del Consiglio scientifico dell'Osservatorio Ximeniano
di Firenze, Membro dell'United Nations Group of Experts on
Geographical Names e collabora al History of Cartography
Project, della Chicago University Press.
È autore di numerose pubblicazioni scientifiche in Italia ed
all’estero e svolge attività di ricerca nel campo della storia
del rilevamento e della rappresentazione del territorio, dal
Rinascimento ad oggi.
52
Contract Professor, teaches Cartography, at Alma Mater
Studiorum - University of Bologna (II Level degree course
- “Geografia e processi territoriali”), and Landscape history
through the History of Cartography, at the University
of Florence (II Level degree course - “Architettura del
paesaggio”)
He is also I.G.M. (Military Geographic Institute)
Cartographic Director, member of the Scientific Council of
the “Osservatorio Ximeniano” astronomical observatory in
Florence, member of the United Nations Group of Experts
on Geographical Names and he collaborates at the History of
Cartography Project of the Chicago University Press.
Author of many scientific publications in Italy and abroad, he
is involved in research activities in the topographical survey and
representation history field, from Renaissance to present day.
Cantile A. (a cura di), Leonardo genio e cartografo. La rappresentazione del territorio tra scienza e arte, Firenze, I.G.M., 2003
Dall’immagine al modello
Note sulla cartografia
geometrica in Italia
dal Rinascimento
alla Rivoluzione Geodetica
The long and complicated process that comes from the old
graphic descriptions of a geographic space to the modern
geometric cartography, set the fundaments of all theories
and operational procedures that are still the ground of every
activity concerning the surveying and the land representation.
The starting point of the whole development is usually placed
in the XVIII century, at the time of the so-called “Geodetic
Revolution”, but its origin goes up to far earlier times.
This change in the way to measure, to represent and, most of
Tolomeo, Immagine tratta dal frontespizio
di un volume del XVI secolo
Claudius Ptolemaeus, Picture of XVI century book frontispiece
http://commons.wikimedia.org/wiki/Claudio_Tolomeo
La genesi del lungo e complesso passaggio, che dalle antiche
immagini descrittive dello spazio geografico ha condotto
in epoca moderna alla modellizzazione di quest'ultimo si fa
risalire normalmente al XVIII secolo (all'epoca cioè della
cosiddetta "Rivoluzione geodetica"), ma ha in realtà le sue
radici si trovano in epoche ben più remote, quando si posero le
basi per le definizione degli elementi fondativi di quelle teorie e
di quelle procedure operative su cui si basano ancora oggi tutte
le attività di rilevamento e di rappresentazione del territorio.
Le radici di questa rivoluzionaria trasformazione del modo
di misurare, di rappresentare, ma soprattutto di percepire e
di “leggere” il territorio si possono far risalire tra la fine del
Medioevo e gli inizi del Rinascimento, con una serie di eventi
53
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
significativi, che, in un periodo di tempo relativamente breve,
danno vita a quell'amalgama di arte, di scienza e di tecnologia
che possiamo indicare come “Rinascimento cartografico”.
Il Medioevo determina, come noto, una lunghissima
interruzione di quel filone che, da Anassimandro di Mileto
(610 c.a - 546 c.a, a.C.) a Claudio Tolomeo (2° secolo),
aveva elevato a disciplina scientifica lo studio della forma e
delle dimensioni della Terra, secondo un paradigma fondato
sull’osservazione, sulla misura e sul calcolo. Gran parte della
pur ricca produzione cartografica medievale subisce per lungo
tempo una forte deriva di carattere filosofico-religioso, con i
suoi modelli cosmografici e le sue mappae mundi, e determina
uno iato profondo con la tradizione classica, che solo sul finire
dell’evo si comincia a colmare, sulla spinta delle esigenze di
mobilità, con la creazione di nuovi modelli di descrizione del
mondo o di parti di esso, identificabili sostanzialmente con gli
itinerari stradali e le carte nautiche.
Sulla scorta di queste esperienze, la successiva epoca della
Rinascenza realizza una convergenza di sforzi e di idee, mutuati
da vari saperi, che arricchisce ed amplia sia sul piano del
contenuto informativo sia su quello della rappresentazione le
nuove carte di terraferma, determinando la nascita di un vero
e proprio “Rinascimento cartografico” ed aprendo la strada a
quella che più tardi sarà salutata come una grande rivoluzione
scientifica.
Gli elementi che determinano l’avvento di questo Rinascimento
cartografico vanno ricercati principalmente in due momenti
fondamentali.
Il primo di questi, in ordine cronologico e di importanza, è
sicuramente la riscoperta che l’Occidente fa della geografia
tolemaica, dimenticata per oltre un millennio, mentre nel
vicino Oriente la cultura islamica continua ed arricchisce
quell’antico filone di studi per il tramite dell’eredità greca.
È a Firenze, nel 1397, che questa riscoperta prende le mosse,
grazie all’arrivo in città dell’umanista bizantino Emanuele
Crisolora, chiamato ad insegnare greco nello Studio fiorentino
dal celebre letterato Coluccio Salutati, nel suo ruolo di
Cancelliere della Repubblica.
Con l’arrivo di Crisolora giunge anche una copia in greco della
Geographia di Tolomeo, corredata di carte, che viene impiegata,
unitamente ad altri codici di proprietà dello stesso Crisolora,
nelle sue attività didattiche presso lo Studio.
L’apprezzamento di questo codice è pressoché immediato,
dal momento che per il suo tramite gli allievi dello Studio
fiorentino possono per la prima volta vedere “in pictura” tutti
i luoghi menzionati dai testi classici e collocare quindi città,
monti, fiumi, paesi e popoli sia nel tempo che nello spazio.
Lo Studio fiorentino fa così da cassa di risonanza per un sempre
più ampio pubblico, interessato a conoscere il mondo, e presto,
al successo in ambito didattico, segue anche quello in ambito
politico ed economico, dal momento che in breve tempo si
comprende l’importanza di quella cartografia, o pictura di
Tolomeo, nelle relazioni tra paesi, nel commercio e nei viaggi.
54
Wikimedia, from Edward Grant, "Celestial Orbs in the Latin Middle Ages", Isis, Vol. 78, No. 2. (Jun., 1987), pp. 152-173.
ANNO I
all, to perceive and “read” a territory dates back to the end of
the Middle Age and the beginning of the Renaissance. In a
short time, significant events opened the way to that mix of art,
science and technology that we can call the “Cartographical
Renaissance”.
Starting from Anaximander (Mileto c. 610 – c. 546 B.C.)
to Ptolemy (2nd century A.C.) the study of the scientific
measurement of the shape and the dimension of the Terrestrial
Globe became a true science, following straightforward
observations, assessments and calculations. We all know that
with the Middle Age this study came to a stop. For a long time,
as rich at it was, the medieval cartographic production took a
strong drift. Philosophical and religious opinions (with their
cosmographical models and their mappae mundi) created a
deep break with the classical tradition. Only at the end of the
Middle Age this fracture started to heal, following the new
demands of mobility and the new ways to describe the world:
essentially, road trails maps and charts.
As a consequence of these experiences, the Renaissance realised a
fruitful match between new efforts and innovations belonging
to different fields of knowledge. Therefore, the new cartography
of dry lands was enriched and improved both in the quality
of information available and in its graphic representation.
That’s the beginning of a true “Cartographical Renaissance”,
the starting point of what would be thereafter welcomed as a
“scientific revolution”.
Two are the most significant events that can be considered the
core of all this process.
Questo crescente interesse verso l’opera di Tolomeo spinge
Iacopo Angeli da Scarperia, allievo di Crisolora, a realizzare
una versione in latino del codice del maestro, e poi Francesco
Lapaccini e Domenico Boninsegni ad elaborare delle copie
dell’opera con la toponomastica interamente tradotta in
latino per rendere totalmente accessibile la Geographia di
Tolomeo agli studiosi ed ai curiosi del tempo, affrancando
così definitivamente l’opera da quel millenario oblio e
trasformandola in un vero e proprio best seller cartografico.
La Geographia diviene negli anni a seguire un’opera
monumentale, realizzata con materiali di vaglio, spesso
impreziosita con fatture di pregio e raffinate decorazioni in
oro, ed entra a far parte delle biblioteche dei più celebri e
potenti personaggi del tempo, come Palla Strozzi, Lorenzo de’
Medici, Federico da Montefeltro, Alfonso d’Aragona, Borso
d’Este, Papa Gregorio XII, oltre che di numerosi studiosi ed
eruditi.
La crescente diffusione della Geographia origina quindi una
ricca attività editoriale, che fa di Firenze il primo centro
di produzione di atlanti tolemaici di varie fatture e che si
espande in altre città d’Europa, conducendo alla nascita
di un florido mercato cartografico, anche a fogli sciolti,
The first one (chronologically and for its relevance) it’s the
renewed consideration of the Ptolemaic Geography in the
Western Countries. While such a theory had been neglected
for almost a thousand years in Europe, through the Greek
inheritance it had been enriched and continued by the Islamic
culture in the Middle East.
Florence, 1397: this re-discovery begins with the coming into
town of the Byzantine Humanist Emmanuel Chrysoloras.
He had been asked to teach Greek in the famous Studio by
the notorious man of letters and Chancellor of Florentine
Republic, Coluccio Salutati.
Together with Chrysoloras, also a Greek copy of the Geographia
by Ptolemy with all its maps arrived in Italy. It was used, with
others codes belonging to Chrysoloras himself, for the teaching
activity in the Studio.
The code was immediately recognised as a cornerstone. Through
it, for the first time, the students of the Studio could be able to
see “in pictura” all the places always mentioned in the classics:
nouns of towns, mounts, rivers, countries and peoples.
The Florentine Studio acted as a sort of “sound box” for a
wider audience interested in knowing the world through the
sight of Ptolemy. Quite soon, after the academic success, came
Una carta stampata del XV secolo raffigurante la descrizione di Tolomeo dell’Ecumene (1482, Johannes Schnitzer, incisore)
http://en.wikipedia.org/wiki/Ecumene
A printed map from the XV century depicting Ptolemy's description of the Oecumene (1482, Johannes Schnitzer, engraver)
55
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
alimentato dagli interessi di numerosi cultori e collezionisti.
La tecnica calcografica da stampa, poi, amplifica ancor più il
fenomeno, registrando come precursore il celebre stampatore
francese, Antoine Lafréry, attivo a Roma nella seconda metà
del Cinquecento, che realizza le prime Tavole Moderne di
Geografia de la Maggior parte del Mondo di diversi avtori
raccolte et messe secondo l'ordine di Tolomeo con i disegni di
molte citta et fortezze di diverse provintie stampate in rame con
stvdio et diligenza in Roma.
Al di là degli aspetti economici, che pur svolgono un ruolo non
secondario nella vicenda, l’elemento di maggior importanza
è costituito dall’apertura di nuovi orizzonti culturali, prova
dell’esistenza di un humus nel quale germoglia appunto il
“Rinascimento cartografico” italiano e si pongono le basi per
le successive conquiste in questo campo.
Di converso, però, c’è anche da sottolineare come il rinnovato
successo di Tolomeo porti alcuni spiriti sedentari a ritenere
sufficiente lo studio della sua Geographia per la scoperta
del mondo o, come diremmo oggi, per l’effettuazione di
viaggi virtuali, come efficacemente testimoniano le rime di
Ludovico Ariosto nella Satira III, dedicata a messer Annibale
Malaguzzi, del 1518 (vedi pagina a fianco).
Mentre le biblioteche dei potenti e degli eruditi si arricchiscono
con le sofisticate delineazioni cartografiche dei nuovi atlanti
tolemaici, la rappresentazione dello spazio geografico
per le finalità pratiche - legate ai diritti di proprietà o di
sfruttamento di risorse naturali, alle regimazioni idrauliche,
alle liti giudiziarie, a questioni confinarie tra privati o tra
comunità, all’accensione di servitù su fondi agricoli, su
boschi, su specchi d’acqua - resta però ancora ferma a forme
di tipo descrittivo, con delineazioni grafiche talvolta così naif
da apparire oggi molto simili a disegni infantili.
Per avere un’idea di quanto elementari siano in tale periodo
le rappresentazioni del territorio non di tipo tolemaico basta
fare riferimento, a titolo esemplificativo, a due carte toscane
del Quattrocento e cioè la “Copia di un antico disegno
rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e di Valdinievole
dell’anno 1450 circa” (vedi pagina 52) e la “Carta trovata
nell’Archivio dei Monaci Cassinensi di S. Flora e Lucilla di
Arezzo” sempre del medesimo periodo.
La prima fornisce, senza alcun riguardo per la componente
metrica, indicazioni sugli abitati, sulla viabilità, sull’idrografia,
sull’orografia, con la relativa toponomastica, e la seconda,
analogamente priva di ogni rapporto geometrico col vero,
fornisce informazioni in merito agli insediamenti, alle strade
ed ai ponti, ai corsi ed agli specchi d’acqua navigabili, all’uso
del suolo, con i vari nomi di luogo e delle strade.
La lezione fondamentale impartita da Tolomeo, circa le
modalità di sviluppo di una porzione di superficie sferica
sul piano, per il tramite delle proiezioni e di opportune
coordinate geografiche, non viene cioè subito assimilata dai
cartografi del tempo, determinando di fatto un’evidente
discrepanza tra le nuove rappresentazioni geografiche e
56
Tiziano,
presunto ritratto di Ludovico
Ariosto
Tizian,
portrait of a man, long believed
to be Ludovico Ariosto
http://commons.wikimedia.org/wiki/Ludovico_Ariosto
“Chi vuol andar a torno, a torno vada:
vegga Inghilterra, Ongheria, Francia e Spagna;
a me piace abitar la mia contrada.
Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna;
quel monte che divide e quel che serra
Italia, e un mare e l’altro che bagna.
Questo mi basta; il resto de la terra,
senza mai pagar l’oste, andrò cercando
con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra;
e tutto il mar, senza far voti quando
lampeggi il ciel, sicuro in su le carte
verrò, più che sui legni, volteggiando.”
In peace at home permitted to remain
Who goes and whither gives me little pain
Two seas that wash the Italian coast I’ve seen
And traversed over the land that lies between
Of Apennines and Alps can talk beside
That these enclose the country those divide
Now idleness or prudence deems it best
In maps and charts secure to view the rest
My curious eyes here range from coast to coast
They need no passport and they pay no post.”
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
corografiche di tipo tolemaico e quelle topografiche, nelle
quali ultime l’imitazione resiste alla regola geometrica.
Anche se Iacopo Angeli da Scarperia ben evidenzia, nel
testo introduttivo della sua traduzione dal greco al latino
della Geographia di Tolomeo, la portata rivoluzionaria
dell’opera dell’alessandrino, consistente nella dimostrazione
del metodo per delineare sul piano la sfera, conservando la
“proportio cuiusque partis ad universale”, solo dopo alcuni
anni, nell’humus culturale della rinascenza, germogliano
nuovi interessi di tipo cartografico anche tra i tecnici, dando
origine ad un nuovo filone di studi, dal quale deriva una ricca
trattatistica in campo topografico.
Capofila di questa nuova generazione di studiosi è Leon
Battista Alberti, che recupera il precedente sapere medievale
ed il contributo della Geographia di Tolomeo per nuove
teorizzazioni e nuovi metodi in campo topografico e
cartografico.
Due scritti minori di Alberti hanno in particolare il
merito di aver posto la prima pietra per la modellizzazione
cartografica in Italia: Ex ludis rerum mathematicarum, portato
a compimento prima del 1450, e Descriptio urbis Romae,
realizzato tra il 1443 ed il 1455. Vari altri riferimenti di
interesse si riscontrano anche nel De Pictura, nel De Statua e
nel De re aedificatoria.
Il primo di questi saggi contiene tra l’altro una sorta di
prontuario di topografia ante litteram. In esso, nel recuperare
parte della lunga tradizione manualistica ispirata alla
geometria di Euclide, Alberti raccoglie i principali artifici
matematici, capaci di dare risposta a problemi di misura,
apparentemente privi di soluzione e risolubili solo con
metodologie di determinazione indiretta e di calcolo.
I metodi proposti per la misura indiretta delle distanze sono
risolti con l’uso generalizzato del primo criterio di similitudine
fra triangoli rettangoli e con la cosiddetta “regola del tre”,
mentre il contributo più importante dell’opera si riscontra
nel nuovo metodo di rilevamento topografico, che propone la
risoluzione dei problemi di posizionamento relativo alla scala
urbana, attraverso operazioni di triangolazione, già anticipato
peraltro da Giovanni Fontana nel suo Tractatus de trigono
balistario abbreviatus [...], del 1440, successivamente ripreso
ed ampliato da vari trattatisti rinascimentali e perfezionato
ulteriormente per altri cinque secoli, fino ai nostri giorni.
Lo strumento impiegato per la triangolazione è un
goniometro, diviso in 48 parti, ancora privo di alidada e di
bussola per l’orientamento al Nord magnetico, ed impiegato
in abbinamento con un filo a piombo.
Il metodo dell’Alberti viene illustrato in modo completo,
spiegando preliminarmente le modalità di costruzione dello
strumento all’uopo impiegato ed esponendo poi passo per
passo le operazioni da compiere per il rilevamento, con
tutte le regole da rispettare per l’osservazione delle direzioni
angolari tra i vari siti e la loro registrazione, pur mancando
però di indicazioni in merito al dimensionamento ed
58
http://commons.wikimedia.org/wiki/Leon_Battista_Alberti
ANNO I
Statua di Leon Battista Alberti,
sita a Firenze presso la Galleria degli Uffizi
Late statue of Leon Battista Alberti.
Courtyard of the Uffizi Gallery, Florence
also the recognition from the political and business world.
The relevance of the Ptolemaic cartography (pictura) in state
relationships, trades and travels was quickly understood.
Following this growing interest for the researches by Ptolemy,
Iacopo Angeli from Scarperia, a Chrysoloras student, translated
his master’s code in Latin. Thereafter, Francesco Lappaccini
and Domenico Boninsegni created a copy of the code with
all the names of the different places translated in Latin. The
Geographia by Ptolemy was therefore completely accessible to
every scholar and to whoever was interested in this field of
study. It was the end of a millenary oblivion and the rise of a
true new “best seller” in the cartographical gender.
The years passing by, the Geographia became a chef d’oeuvre,
Vagnetti L., Lo studio di Roma negli scritti albertiani, in Convegno internazionale indetto nel V centenario di Leon Battista Alberti, Roma-Mantova-Firenze, 25-29 aprile 1972, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, Quaderno n. 209, Roma, 1974
all’orientamento dei vari poligoni rilevati.
Il secondo saggio, Descriptio urbis Romae, offre alla cartografia
un contributo decisamente originale, attraverso l’illustrazione
del metodo di restituzione grafica di una pianta urbana per
coordinate polari, raccolte ed ordinate in apposite griglie o
tabelle.
Lo strumento ideato per la costruzione di tali griglie di
coordinate è ancora un goniometro, chiamato Orizon e dotato
di un raggio graduato, chiamato Radius, incernierato nel
Leon Battista Alberti,
Descriptio urbis Romae
Leon Battista Alberti,
Description of the town of Rome
realised on precious papers, often enriched with exquisite
workmanships and sophisticated gold decorations. It got on
the bookshelves of the most famous and powerful important
men of the time (such as Palla Strozzi, Lorenzo de’ Medici,
Federico da Montefeltro, Alfonso d’Aragona, Borso d’Este, the
Pope Gregorio XII), together with those of many scholars.
With this increasing popularity of the text, a new rich
editorial activity begins. Florence becomes the heart of the
production of different kinds of Ptolemaic Atlases and this
trend spreads to other towns in the whole Europe. That’s the
start of a flourishing market of maps (even on single sheets),
increased by the interest of a lot of collectors and those keen on
the subject. The chalcography from a printed sample broadens
even more this tendency. Everything started when a French
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Florence1493.png
immagine riprodotta nella doppia pagina precedente: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cellarius_ptolemaic_system.jpg
ANNO I
Vista di Firenze, 1490 circa (particolare)
View of Florence in Italy, around 1490 (detail)
centro del medesimo goniometro, proprio come i moderni
rapportatori.
Una volta materializzata su un foglio di carta la pianta di
una città rilevata con il metodo di triangolazione illustrato
nei ludi, il cartografo fissa su tale rappresentazione l’origine
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printer, Antoine Lafréry, active in Rome at the middle of the
XVI century, realised the first Tavole Moderne di Geografia
de la Maggior parte del Mondo di diversi avtori raccolte et
messe secondo l’ordine di Tolomeo con i disegni di molte
citta e fortezze di diverse provintie stampate in rame con
di un sistema cartografico di riferimento, in un punto
posto in posizione centrale e, a partire da questo, rileva con
l’Orizon le coordinate polari di ciascun particolare presente
sul grafico, cioè direzioni e distanze dall’origine, così da
costruire una tabella composta dai nomi e dalla posizione
di ciascun particolare topografico rappresentato, come una
sorta di pianta criptata. Tale tabella, ricavata dunque da
una restituzione grafica e non da un rilevamento diretto
sul territorio, costituisce un nuovo punto di partenza per
il cartografo che volesse ottenere un’altra pianta, analoga a
quella originaria, con la garanzia di restituire un modello
perfettamente sovrapponibile al precedente.
Tempio Malatestiano,
opera rimasta incompiuta di Leon Battista Alberti
Malatesta Temple,
Leon Battista Alberti unfinished work
http://commons.wikimedia.org/wiki/Leon_Battista_Alberti
Santa Maria Novella, Firenze
stvdio et diligenza in Roma (Modern Geographical Tables
of the most part of the World, by different authors and
organised according to the Ptolemaic order, with drawings
of various towns and fortresses, carefully printed through
copper plates in Rome).
Besides the economic aspects, however relevant they were,
the most important element was the opening of new cultural
horizons. There was a true humus (“fertile ground”) that
could bring to life the Italian “Cartographical Renaissance”.
These were the basis for the future achievements in this field.
Nevertheless, the renewed success of Ptolemy drove some of the
most sedentary scholars to the conclusion that it was enough to
read his Geographia in order to discover the whole World (or,
as we would say today, to make “virtual travels”). A persuasion
clearly testified by the verses written by Ludovico Ariosto
(Satira III, dedicate to Sir Annibale Malaguzzi, 1518):
The libraries of the most important people were enriched by
the new and sophisticated cartographical drawings of the
Ptolemaic Atlases. In the meanwhile, the representations of
the territory for practical purposes - property rights, natural
resources employment, water flows regulations, legal contests,
boundaries litigations between citizen or communities, access
to rights on rural estates, forests or stretches of water – is still
linked to descriptive representations, sometimes with sketches
so naïf that could be today compared with child’s drawings.
As an example, to understand how non-Ptolemaic
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http://it.wikipedia.org/wiki/File:Da_Vinci_Vitruve_Luc_Viatour.jpg
Considerato solo in questi termini, però, l’intero metodo
proposto dalla Descriptio potrebbe apparire alla fine una
mera esercitazione accademica, ancorché caratterizzata
dall’innovativo metodo del riporto per coordinate polari,
la cui validità risulterebbe, al primo acchito, confermata
esclusivamente ai fini della riproduzione fedele di una pianta;
la novità introdotta da tale metodo non è affatto limitata
alla sola replica geometrica dell’originale mappa rilevata,
alla quale pur si potrebbe giungere semplicemente per
lucidatura del primo modello, ma consiste nell’introduzione
del concetto di “scalabilità” del dato originario, consentendo
al cartografo di ricavare, dai medesimi dati di posizione, n
schemi di impianto planimetrico simili, tutti in rapporto
diverso dal primo modello, e quindi anche dal vero, al variare
del fattore di proporzionalità scelto per la definizione delle
distanze dall’origine, cioè della scala di rappresentazione della
mappa.
Anche se Alberti non realizza una pianta urbana così come
oggi noi la intendiamo, il suo metodo segna di fatto un
momento importantissimo nella storia della Cartografia,
che va al di là del primato, pur non secondario, relativo
alla rappresentazione urbana della “Città eterna”, perché,
proprio con l’ideazione di questo metodo di posizionamento
per coordinate polari, si propone un criterio oggettivo di
restituzione grafica della pianta di una città e quindi ripetibile
anche al variare dell’artefice.
Da questa esperienza si apre definitivamente la strada della
rinascenza cartografica, con l’affrancamento da quell’approccio
fantastico o anagogico, tipico di certa cartografia medievale,
e si segnano i prodromi di quella rivoluzione che due secoli
dopo avrebbe posto il problema del posizionamento al centro
della problematica cartografica.
Sullo specifico piano della rappresentazione, è al contributo
dei nuovi topografi, pittori e miniaturisti rinascimentali che
si deve il raggiungimento di un ulteriore progresso per la
realizzazione di mappe dotate di sempre maggiori capacità
espressive e descrittive.
A distanza di circa cinquant’anni dalla redazione dei saggi
albertiani, un’altra figura imponente della storia della scienza
e dell’arte, Leonardo da Vinci (1452 - 1519), apporta alla
disciplina un contributo di originalità senza precedenti, sulla
scorta delle conoscenze della Geographia di Tolomeo e dei
saggi di Leon Battista Alberti, sia nelle operazioni di disegno
dal vero con strumenti prospettografici (come il “Velo”
inventato dallo stesso Alberti per rendere controllabili dal
punto di vista geometrico le vedute prospettiche), sia nelle
operazioni di rilevamento, sia nella redazione delle carte.
La produzione cartografica di Leonardo si staglia mille
miglia verso l’alto rispetto agli ingenui ed infantili disegni di
Leonardo da Vinci, Uomo Vitruviano
Leonardo da Vinci, Vitruvian Man
representations of the land were simplistic, we should look at
two maps of Tuscany from the XV century: the “Copia di un
antico disegno rappresentante i laghi di Sesto, di Bientina e
di Valdinievole dell’anno 1450 circa” [“Copy of an ancient
map of the lakes of Sesto, of Bientina and of Valdinievole
-1450 approx.-”] and the “Carta trovata nell’archivio dei
Monaci Cassinesi di S.Flora e Lucilla di Arezzo” [“Map
found in the Archives of the Cassino monks of S. Flora and
Lucilla near Arezzo”], in the same years.
The first one, without considering any exact metrical
measurement, gives the location of build-up areas, roads,
rivers, mountains (with their specific topographical names).
The second one, similarly lacking in any geometrical link
with the reality, describes settlings, roads and bridges, rivers,
navigable stretches of water, and land uses, with all the names
of the places and the different roads.
Most of all, Ptolemy teaches that a portion of a spherical
surface can be represented on a plane through projections and
right geographical coordinates. The land surveyors of the time
didn’t become immediately aware of this lesson. Therefore,
there was a relevant difference between geographical and
chorographical representations following the Ptolemaic theory
and topographical drawings where imitation still resisted
against geometrical rules.
In his translation from Greek into Latin of the Ptolemy’s
Geographia, Iacopo Angeli from Scarperia put a strong
evidence on the revolutionary innovation introduced by the
work of the scientist from Alexandria: a demonstration of how
to trace a sphere on a plane surface, maintaining the “proportio
cuiusque partis ad universale” [the proportions between the
single parts and the whole]. Nevertheless, only after many years,
within the cultural context of the Renaissance, a new interest
towards cartography grew also among the technicians. That
gave way to new studies, and originated many cartographical
treatises.
The leader of this generation of scientists was Leon Battista
Alberti. He recovered the middle-age know-how and the
contribution of the Ptolemaic Geographia in order to
introduce new theories and new methods in the cartographical
and topographical fields.
Two minor works of Alberti represent the first step in
the cartographical modelling in Italy: Ex ludis rerum
mathematicarum, ended before 1450, and Descriptio urbis
Romae, written between 1443 and 1455. Other interesting
clues can be found in De Pictura, in De Statua, and De re
aedificatoria.
The first of these essays contains, among other things, a sort of
ante litteram “handbook” of Topography. Partially recovering
a long scholar tradition dating up to Euclid, in this text Alberti
collects the most important mathematic tricks that can give
answers to measurement problems that are apparently without
a solution, unless a method of indirect calculation is applied.
The problems presented by an indirect measurement of distances
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| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
territorio dei tanti agrimensori e periti del suo tempo, anche
se il suo avvicinamento alla rappresentazione cartografica
non deriva certo da intenti di tipo professionale.
Leonardo non è un cartografo in senso stretto, ma si occupa
di cartografia per specifiche necessità di studio e per esigenze
di analisi, finalizzate alla progettazione territoriale o alla
pianificazione di attività belliche.
Per entrare più direttamente nel merito delle sue opere
cartografiche bisogna preliminarmente spostare l’attenzione
dal mondo delle mappe a quello della rappresentazione in
generale, cioè del disegno e della pittura, che per Leonardo non
sono semplicemente un linguaggio per ripetere visivamente
cose già note, ma, come ha osservato Giulio Carlo Argan,
“sono la chiave con cui si penetra nel mondo dei fenomeni”.
È infatti dai precetti derivanti dal Libro di pittura che si
recuperano i fondamenti innovativi della sua produzione
cartografica.
La formula adotta da Leonardo nel rilevamento e nella
rappresentazione cartografica è sintetizzata nel precetto che
egli stesso ferma nei suoi appunti del Manoscritto L dell’Istituto
di Francia, dove egli annota: “scorta sulle sommità e in su’ lati
dei colli le figure di terreni e le sue divisioni e nelle cose volte
a te, fale in propria forma” (Ms. L dell’Istituto di Francia, f. 21
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are solved through the use of the first principle of similitude
between right-angled triangles and through the so called “rule
of three”. However, the most relevant contribution of this work
consist in a new method of topographical surveying that is
meant to solve the question of the mutual position on the urban
scale through a triangulation work. Such a work had already
been anticipated by Giovanni Fontana in his Tractatus de
trigono balistario abbreviatus […] in 1440. This essay was
recovered and completed by different Renaissance scholars, and
was furthermore ameliorated for other five centuries, until
nowadays.
For this triangulation, they used a goniometer divided in 48
parts, still without an alidade and a compass pointing to the
magnetic North, and still with the help of a plumb line.
Alberti fully describes his method, explaining how to
manufacture the adequate instrument and, step by step,
how operate in order to obtain a correct survey. Moreover, he
explains all the rules to follow in the observation of the angular
directions among the different sites and in their registrations.
Nevertheless, there are no instructions about the representation
of the dimensions and the orientation of the various polygons
surveyed.
The second essay, Descriptio urbis Romae, is a much more
original step forward. It shows how an urban plan could be
sketched on a map, according to polar coordinates collected
and organised within standard tables.
The instrument that enables the technicians to draw such
tables is a protractor, called Orizon. It is provided with a
graduated radius that is hinged in the middle of the instrument
itself, exactly as it happens in the modern, graduated circular
protractor having a pivoted arm, used for measuring or
marking off angles.
When it has represented on a sheet of paper the plan of a town
measured through the triangulation method explained in the
Ludi, a surveyor establish in this representation the basis of a
cartographic system of reference: starting from a central point,
he can measure with the Orizon the polar coordinates of every
single place on the graphic. We are talking about distances and
angles from a starting point that can give way to the setting
down of a table with the name and the position of every
represented topographical detail, a sort of encrypted map. Such
a table, obtained through a graphical representation and not
by a practical survey on the field, represents a revolutionary
step forward: the cartographer willing to obtain another map,
identical to the original one, could certainly be able to make a
copy perfectly matching the first sample.
Considered from this point of view, the whole method suggested
by the Descriptio could appear like a mere academic exercise:
the advantages of taking polar coordinates as a reference are
obvious at first sight, as such a process allows the creation of
a faithful reproduction from an original map. However, this
method is by far more productive than a simple technique
for a geometrical copy of a topographical map (a copy that
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Leonardo_self.jpg
ANNO I
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mona_Lisa-restored.jpg
Leonardo da Vinci,
Monna Lisa dopo il restauro (particolare)
Leonardo da Vinci,
Mona Lisa restored (detail)
could be realised by an easy tracing from first model). Its
real innovation consists in the introduction of the concept of
“scalability” starting from the real measurements. In such a
way, the cartographer can draw from the same positional data
a n number of maps, identical as for their proportions, but all
different in their scale if compared with the model, according
to the decrease factor chosen in the definition of the distances
from the origin (scale of the map).
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| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
Leonardo da Vinci,
Carta dell’Italia Centro-Nord
Leonardo da Vinci,
Map of the Northern and Central Parts of Italy
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Even if Alberti didn’t draw a map of a town as we know
it today, his method represents a milestone in the History of
Cartography. It goes far beyond the creation of the first map
of the “Eternal City” (Rome): by referring every position to
polar coordinates it is possible to fix a objective criterion for
a graphical reproduction of an urban plan, and, therefore, to
replicate it authentically also changing the mapmaker.
This experience gives way once and for all to the Cartographical
Renaissance, abandoning the fantastical and analogical
approach that was typical of the Middle Age. It is the first
step towards the revolution that, within two centuries, would
put the problem of the position at the core of the whole
Windsor Castle, Royal Library, 12277
ANNO I
r). Il passaggio dal rilievo alla carta avviene poi attraverso una
sintesi individuale di elementi percettivi, metrici ed ordinali,
che propongono sempre una visione diagrammatica dello
spazio, percepito e delineato nella sua unitarietà.
Il suo più alto contributo alla rappresentazione del territorio
riguarda specialmente la componente verticale dei monti e
dei laghi. Il metodo che Leonardo impiega nella restituzione
grafica delle masse orografiche si basa sul tentativo di
delineazione delle forme di monti e colline nel rispetto dei
loro mutui rapporti di proporzionalità e nell’introduzione
della sua teoria delle ombre, che conferisce alle carte una
forza comunicativa senza precedenti e conferma l’importanza
cartographical science.
Talking about the representation, during the Renaissance
new surveyors, painters and miniaturists went further into
the creation of maps with greater power of description and
expression.
After more or less fifty years since the publishing of Alberti’s
essays, another genius in both Art and Science, Leonardo da
Vinci (1452-1519), gave a unique, original contribution
to this discipline, thanks to the methods proposed by Leon
Battista Alberti and to the Ptolemaic Geographia, both in
the drawing techniques from the reality (through perspective
instruments such as the “Velo”, conceived by Alberti in order
to establish a geometrical correspondence with a perspective
view) and in the methods of surveying and sketching maps.
Leonardo’s maps stand out a mile from the naïve and childish
sketches realised by the surveyors and the experts of the time,
even if his interest for the cartographical representation doesn’t
have a professional purpose.
Leonardo isn’t a cartographer, but he deals with this science
for scientific and analytic purposes: landscape planning and
war strategies.
In order to understand his cartographical work, we need to
take a step behind, shifting our focus from the maps to the
representations more in general; that’s to say to the language of
the drawings and of the paintings. For Leonardo, this latter
wasn’t a mere visual repetition of what was already known;
instead, it was “the key to open the world of phenomena” (as
Giulio Carlo Argan said).
The innovative basis of his cartographical production, therefore,
can be found in the rules enunciated in the Libro di pittura.
The way Leonardo chooses to survey and graphically represent
a piece of land is summarised in the rule given in his own note
in the Manuscript L, France Institute (f. 21 r): “On the top
of the hills and on theirs sides, look at the shapes of the land
portions, at their division, and at all the things in front of
you, and draw them in their own shape”. The transformation
from the sketch to the map is done through a personal synthesis
of perceptive elements, metric and ordinal, always giving a
diagrammatical view of the land (conceived and represented
as a whole).
Leonardo’s contribution to an accurate landscape representation
is particularly relevant for what concerns the vertical component
of mountains and hydrography. In the graphical reproduction
of mountainous blocks, he tries to sketch the shapes of every
massif and hill following their mutual proportions. Moreover,
his “theory of the shadows” gives to the maps a communicative
power never achieved before, a proof of the importance of a
careful study on them. “… shades in painting need much more
investigation and speculation than their outline; and evidence
of this precept is that the outline can be made to shine using
veils transparency, or flat glass placed between the eye and the
thing to be drawn; but this rule does not apply to shades, due
to the lack of sensitivity of their shape, for, more often than
69
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
Leonardo da Vinci,
Map of Valdichiana
che per Leonardo ha il loro profondo studio: “Di molto
maggiore investigazione e speculazione sono le ombre nella
pittura che i loro lineamenti; e la prova di questo s’insegna
che i lineamenti si possono lucidare con veli, o vetri piani
interposti fra l’occhio e la cosa che si deve lucidare; ma le
ombre non sono comprese da tale regola, per l’insensibilità
dei loro termini, i quali il più delle volte sono confusi”
(Leonardo da Vinci, Libro di Pittura).
Così, è da riscontrare il geniale uso di luce ed ombra, adottato
per la Carta dell’Italia centro-nord, nella quale Leonardo
introduce una modalità di rappresentazione che consente
una percezione delle variazioni di quota del territorio
cartografato, senza precedenti nella storia della Cartografia,
e che può essere riconosciuta come l’archetipo della tecnica
di rappresentazione orografica a tinte ipsometriche, ancora
oggi adottata per la realizzazione degli atlanti scolastici del
nostro tempo e riproducente con efficacia ed immediatezza il
concetto di “più scuro più alto”.
70
not, they are undefined or uncertain...” (Leonardo da Vinci,
c. 1508-10).
Therefore, we have to take into account the clever use of lights
and shadows in the Carta dell’Italia centro-nord (Windsor,
RL 12277). In this map, Leonardo introduces a new way of
representation that makes it possible to perceive the differences
of altitude in the landscape. Such a method had never been
previously applied in cartography and constitutes the archetype
of the way to represent an altitude through hypsometric colours
(a method nowadays still in use for school atlases and a
practical and understandable example of the abstract concept
“the darker, the higher”).
Together with the representation of a mountain shape, even
Leonardo’s hydrographical sketches are a demonstration of the
same idea of three-dimensionality, obtained with the same
method, although with the opposite concept “the darker, the
deepest”. The best example is the Carta della Valdichiana
(Windsor, RL 12278r), where the shallow stretch of water
in the valley contrasts with the deepest waters of its tributary
flows, thanks to the use of different tones of blue for every level
of depth.
Windsor Castle, Royal Library, 12278r
Leonardo da Vinci,
Carta della Valdichiana
Analogamente all’orografia, anche nell’idrografia Leonardo
esprime l’idea di tridimensionalità attraverso la stessa tecnica,
richiamando il concetto inverso: “più scuro, più profondo”,
come nella Carta della Valdichiana, dove contrappone
il poco profondo specchio d’acqua della Chiana, ai più
fondi flussi idrici dei torrenti tributari dello stesso bacino,
segnalandone con diverse tonalità di azzurro le differenti
depressioni.
La seconda parte del testo, “Da Raffaello Sanzio a
Giambattista Nolli” sarà pubblicata nel prossimo
numero di GEOCENTRO/magazine
The second part of the text “From Raffaello Sanzio
to Giambattista Nolli” will be published in the next
number.
CAODURO® s.p.a
CAVAZZALE - VICENZA
[email protected] - www.caoduro.it
IL PUNTO DI VISTA
Sicurezza
nei cantieri edili
L’Analisi del Valore
a supporto
di scelte e decisioni
Prosegue in questo numero, la pubblicazione degli articoli sul
tema della Gestione e l’Analisi del Valore (AV).
Pier Luigi Maffei, ingegnere, attualmente è Professore Ordinario
di Architettura Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Pisa e Presidente del Comitato Scientifico
del CeSAV presso il Dipartimento di Ingegneria Civile
72
della medesima università. È inoltre Presidente dell’AIAV Associazione Italiana per la Gestione e l’Analisi del Valore.
A livello internazionale, è membro del Value Management
Certification and Training System - European Governing
Board – EGB e del SAVE International – The Value Society –
USA. È autore di oltre cento pubblicazioni specialistiche.
photo©shutterstock.com/Kuzma
Pier Luigi Maffei
Professore ordinario di Architettura Tecnica dell’Università di Pisa
L’attività nei cantieri edili comporta rischi che si possono
e si devono ricondurre a limiti molto più bassi rispetto a
quelli che si presentano attualmente in Italia, ove in media
si hanno 300 morti all’anno.
Un contributo importante in questo senso può venire dal
porre le premesse per una completa e corretta informazione
e formazione fin dalla scuola elementare, per contribuire
all’educazione da darsi in famiglia, allo scopo di far crescere
una cultura della prevenzione in casa e nei luoghi di lavoro.
Spetta poi al mondo della “comunicazione” divulgare
quelle che Emanuela Falcetti definisce in RAI Radio Uno
“Istruzioni per l’Uso”.
Le morti bianche e le ultime novità normative per il settore
costruzioni evidenziano ancora una volta la necessità di un
approccio interdisciplinare coordinato, che consentirebbe
di portare a sintesi e ottimizzare i compiti e le responsabilità
delle diverse componenti (committente, programmatore,
progettista, datore di lavoro, direttore dei lavori, coordinatore
per la sicurezza), al fine di costituire un adeguato percorso
nel processo realizzativo.
Il ricorso all’Analisi del Valore (AV) - metodo che comprende
una rigorosa tecnica operativa che prevede fasi di attività
interdisciplinari coordinate - permette di valutare e misurare
l’Utilità derivante dalla soddisfazione delle esigenze in
rapporto alle risorse necessarie per ottenerla nella vita utile
ipotizzata (Costo globale).
in Ingegneria Edile, nell’Università di Pisa, coordinando
gli Insegnamenti di Ergotecnica edile, Organizzazione
del cantiere e Sicurezza nei Cantieri al fine di avere un
rigoroso ed efficace strumento nella prassi operativa in
cantiere. Soluzioni diverse di attività e funzioni in cantiere,
sul piano organizzativo ed operativo, vengono messe a
confronto con l’Indice di Valore, parametro unico numerico
omnicomprensivo che viene assunto nelle stime, nella
valutazioni di più soluzioni a confronto, assunte fin dalla fase
di programmazione del processo edilizio: programmazione,
progettazione, realizzazione, gestione, per assumere tutti gli
elementi suggeriti dalla gestione come dati di ingresso del
processo stesso; ciò consente di tendere, nella reiterazione
delle fasi, ad un sempre più grande Indice di Valore. Per le
applicazioni AV in materia di sicurezza, ci si è avvalsi anche
della Teoria dei Giochi (Gaming Simulation) mettendo
al tavolo della discussione tutti gli attori, al fine di creare
le premesse per portare a sintesi nel progetto esecutivo operativo le “n” dimensioni di un tema così complesso.
Il valore della sicurezza nella produzione edilizia
A fronte di una attività che nei cantieri temporanei e mobili
permane critica, cresce nel Paese con insistenza, a tutti i
livelli, la domanda di sicurezza nel mondo della produzione
edilizia. Un contributo in tal senso importante deriverà
photo©shutterstock.com/Ian O'Hanlon
Percorso ipotizzabile per la sicurezza nei cantieri edili
1 Predisposizione del gruppo di lavoro, costituito da
figure i cui compiti coprano tutte le professionalità
necessarie per la redazione del progetto.
2 Analisi del processo produttivo, dalla programmazione
alla determinazione di tutte le fasi lavorative necessarie
per la realizzazione dell’opera.
3 Riesame della progettazione, al fine di determinare
se, ed in quale modo, sia possibile ridurre i rischi
connessi con lo svolgimento delle varie fasi lavorative,
anche considerando l’ipotesi di modificare e/o
sostituire alcune fasi particolarmente delicate.
4 Progetto del cantiere, attraverso la predisposizione
del layout, delle attrezzature, delle mansioni previste
per l’esecuzione dei lavori.
5 Valutazione dei rischi relativi a tutte le fasi lavorative.
6 Gestione accurata di controlli in fase realizzativa.
L’analisi dei rischi in cantiere è materia complessa che
può essere affrontata con l’Analisi del Valore in una
condizione di coinvolgimento di tutte le componenti
chiamate dal coordinatore anche ad attività allo stesso
tavolo (interdisciplina). La ricerca dell’integrazione tra i
vari aspetti è stata affrontata nell’ambito dei Corsi di Laurea
73
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
anche dal fatto che la legge finanziaria 2007 abbia previsto
la responsabilità solidale del committente imprenditore
o datore di lavoro con l’appaltatore e con gli eventuali
subappaltatori (art.1, Legge 296/2006). Dal gennaio 2007
l’imprenditore committente risponde, infatti, in solido con
l’appaltatore per tutti danni non indennizzabili dall’Inail; ne
portare la gestione come input del processo realizzativo.
Ciò consentirà di porre alla base delle gare di appalto elaborati
operativi di un progetto cantierabile, predisposti quindi con
l’apporto dell’impresa che si è aggiudicata l’appalto, con
attenzioni rivolte alle specificità dell’impresa a alle condizioni
di sicurezza per tutti gli operatori in cantiere.
FINALITÀ
FUNZIONI
VINCOLI
ESIGENZE
RISORSE
PROGRAMMAZIONE
SdF e Dpp
PROGRAMMAZIONE
CONTROLLI
PROGETTAZIONE
PROGETTAZIONE
GESTIONE
GESTIONE
VALORE
VERIFICHE INTERNE
VERIFICHE
PRESTAZIONALI
COLLAUDO
REALIZZAZIONE
VALIDAZIONE
REALIZZAZIONE
derivano considerazioni in merito al ricorso che le imprese
fanno nei confronti di esternalizzazioni di attività (appalto
d’opera, servizi, ecc.) e di processi aziendali outsourcing
scelti per esigenze di flessibilità e per contenere i costi fissi.
Occorre in ogni caso rimarcare che solamente con una
adeguata e continuativa informazione e con una formazione
portata già nella scuola, si potrà raggiungere l’obiettivo della
cultura del valore della salute, premessa indispensabile per
ridurre i rischi di incidente in cantiere, rientrando quindi
nei limiti inevitabili tipici delle attività umane.
Mentre c’è da considerare cosa sia possibile fare sotto il profilo
sociale (a livello di conoscenza, informazione, educazione,
formazione, cultura, comunicazione), un più corretto modo
di vivere in cantiere da parte di tutte le componenti può e
deve essere perseguito tramite attività che rientrano nella
programmazione prima ancora che nella progettazione, tenendo
conto del fatto che i prodotti dell’attività programmatoria
sono gli Studi di Fattibilità (SdF) e i Documenti preliminari
all’avvio della progettazione (Dpp), in modo tale da poter
74
L’ordinamento italiano in materia di lavori pubblici, che ebbe
avvio con la legge 109/1994, nell’art. 11 del DM 145/2000,
capitolato generale d’appalto, prevede che l’impresa che
si è aggiudicata la gara di opera pubblica, possa chiedere
al Responsabile del Procedimento (RP) di poter apportare
varianti in diminuzione migliorative, finalizzate anche a
creare migliori condizioni di sicurezza durante i lavori.
Si suggerisce a tal proposito di ricorrere all’Analisi del Valore
per dimostrare che quanto si propone, anche in base alle
proprie precedenti esperienze, condotte in situazioni analoghe
a quelle dell’opera che si accinge a realizzare, comporti
migliorie senza aumento dell’importo dei lavori a base d’asta.
Qualora la proposta dell’impresa comportasse anche un
minor costo rispetto a quello con il quale si è aggiudicata
la gara, con l’accettazione della proposta stessa da parte del
Responsabile del Procedimento e del committente pubblico,
l’impresa beneficia del 50% di quanto avrà fatto risparmiare
la committenza pubblica e quindi la comunità.
Una più estesa applicazione dell’Analisi del Valore in
photo©shutterstock.com/Kenneth William Caleno
fase di programmazione potrebbe portare ad assumere a
riferimento dell’offerta economicamente più vantaggiosa
il costo di produzione, ricavato dal Costo globale
(somma del costo di produzione, del costo di gestione
nella vita utile ipotizzata e del costo finale, meno il
valore residuo dell’opera stimato a vita utile conclusa).
Si dimostrerebbe in tal caso che ad una maggiore incidenza
del costo di produzione, a vantaggio per esempio della
sicurezza, corrispondano economie per la comunità in
termini sociali e minori costi di gestione nella vita utile
ipotizzata, ma anche un minor costo finale in virtù di
un valore residuo da stimare e portare in detrazione nel
calcolo del costo globale.
Migliorare le condizioni di lavoro, ed abbattere di
conseguenza il rischio di incidenti, è quindi obiettivo da
perseguire in ogni caso per motivi etici, conseguendo anche
un aumento di utilità e quindi un maggior valore dell’opera,
allorché l’utilità cresce più dell’aumento del costo globale.
Il valore è infatti imprescindibilmente legato all’utilità
e alle risorse di cui c’è necessità, essendo direttamente
proporzionale all’utilità ed inversamente proporzionale
al costo da sostenere in tutto il periodo di tempo preso
a riferimento (vita utile ipotizzata o programmata).
La proposta potrebbe incentrare le attenzioni sul
Classi di esigenze - UNI 8289:1981
• Sicurezza
• Benessere
• Fruibilitá
• Aspetto
• Gestione
• Integrabilitá
• Salvaguardia dell’ambiente
75
76
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
minor rischio per i lavoratori. Costi messi in gioco in
produzione, si ripagano, in altre parole, in termini sociali
nell’arco di tempo preso in considerazione, migliorando
le condizioni di vita in cantiere ed abbattendo di
conseguenza il rischio di incidenti.
Si tratta di ricondurre il concetto di “economia” e quindi di
“economicità” di un intervento, all’interno del significato
originario della parola; un’offerta per realizzare un’opera
risulterà quindi “economicamente” più vantaggiosa di
In sintesi il “valore della sicurezza” fa porre le attenzioni
sull’Utilità del servizio da rendere e sul Costo globale da
sostenere per tutto il periodo preso in considerazione,
ovverosia nella vita utile ipotizzata. Posti a rapporto, Utilità
e Costo globale, si rendono strettamente correlati gli aspetti
funzionali a quelli economico-gestionali, ponendo al centro
delle attenzioni la singola persona, con i propri doveri
e diritti, compreso quello alla salute da conservare il più
lungo tempo possibile.
un’altra se il servizio che deve dare, quello per il quale
essa è stata ipotizzata e quindi programmata e progettata,
verrà ottenuto e offerto non necessariamente ad un minor
costo di produzione, ma ad un giusto Costo globale,
spendendo il giusto, per avere una corretta gestione, una
manutenzione fattibile, un costo di esercizio affrontabile e
un alto valore residuo dell’opera, al termine della vita utile
per essa ipotizzata. Una soluzione è, in altre parole, più
economica di un’altra se porta con sé un maggior valore,
non se comporta un costo più basso a scapito del valore
del prodotto.
Il criterio da adottare per stabilire quale sia l’offerta
economicamente più vantaggiosa, anche in questo caso
deve pertanto essere improntato a poter giudicare e
valutare tra le soluzioni prospettate quella che offra le
maggiori garanzie in merito al “servizio” che si intende
offrire, al risultato che si intende conseguire, considerando
che nel concetto di utilità sono insite tutte le sette classi
di esigenze: sicurezza, benessere, fruibilità, aspetto,
gestione, integrabilità e salvaguardia dell’ambiente (UNI
8289:1981).
Nella stima dell’Utilità si terrà conto anche dell’efficacia
photo©shutterstock.com/Michal Modzelewski
ANNO I
100%
E2
Efficacia
E1
C1
C2
Costi
Curva costi/efficacia degli interventi di sicurezza
degli interventi per la sicurezza in rapporto al costo
da sostenere, assumendo tutti gli elementi derivanti
dalle precedenti esperienze in cantiere e formando
una banca dati, ogni imprenditore può divenire il
formatore di operatori dei cantieri edili, culturalmente
oltre che operativamente preparati ad affrontare le
attività lavorative al minor rischio di incidenti possibile.
Studenti, neodiplomati e laureati che intendano trovare
nei cantieri edili occasioni di lavoro potranno avere così
occasioni di stage, di praticantato condotto in situazioni
reali, a contatto con chi pratica le attività che essi stessi
saranno chiamati a svolgere.
È possibile delineare graficamente l’interrelazione tra i
costi e l’efficacia degli interventi di sicurezza tramite una
curva, con un tratto iniziale con pendenza molto elevata,
cui corrisponde una spesa limitata per il conseguimento di
elevati incrementi di efficacia e un tratto con andamento
asintotico cui corrisponde una forte spesa per piccoli
incrementi di efficacia.
La curva tende rapidamente ad un asintoto che
rappresenta il limite di convenienza degli interventi di
sicurezza, stabilire fino a quale punto sia conveniente
ed opportuno spingere la progettazione è, come già
illustrato in precedenza abbastanza difficile, in questo
caso è tuttavia possibile far riferimento al rapporto
L. 81/2008 Articolo 115
Sistemi di protezione contro le cadute
dall’alto
1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure
di protezione collettiva come previsto all’articolo 111,
comma 1, lett. a), Ë necessario che i lavoratori utilizzino
idonei sistemi di protezione composti da diversi elementi,
non necessariamente presenti contemporaneamente,
quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f ) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l’uso specifico,
deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m
o, in presenza di dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante
connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili
delle opere fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di
ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo
anticaduta.
77
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
tra le variazioni percentuali dell’efficacia e variazione
percentuale dell’investimento, procedendo nel calcolo
del rapporto ΔE/ΔC, in tal modo si hanno preziose
informazioni sulla convenienza dell’intervento.
I costi legati alla sicurezza sono:
• costi per la conformità
• costi per la gestione dei rischi
• costi per l’eliminazione dei rischi residui
La legge vigente è il D.Lgs. 81/2008 che rafforza il concetto
della catena delle responsabilità al fine di costruire un luogo
di lavoro con minori rischi possibili. Le misure di prevenzione
e protezione da applicare per migliorare la sicurezza in
questo senso sono date dall’analisi dei rischi e riguardano la
necessità di informare e formare gli addetti sui corretti modi
di operare.
Riportiamo di seguito l’elenco, non esaustivo, dei costi
per la sicurezza molti dei quali impensabili prima degli
anni novanta:
• quota annua per l’ammortamento delle spese sostenute
per adeguare gli impianti e i luoghi di lavoro alle leggi
previgenti (D.P.R. 547/55, D.P.R. 303/56, D.Lgs46/90);
• quota annua sia per l’ammortamento degli oneri dovuti
alla prima valutazione dei rischi (D.Lgs. 626/94 s.m.i.),
sia degli eventuali altri costi sostenuti nell’anno per
eventuali aggiornamenti;
• quota per l’ammortamento misurazione rumore (DPR
277/91)
• ammortamenti dei costi per l’adeguamento ergonomico
dei posti di lavoro;
• potenziamento del controllo sanitario dei lavoratori in
funzione dei rischi specifici;
• potenziamento delle misure igienico-sanitarie (ad
esempio bagni separati per uomini e donne);
• quota di ammortamento degli eventuali investimenti
sostenuti per l’adeguamento antincendio dell’attività
(impianti segnalazione e allarme, illuminazione di
sicurezza, impianti di spegnimento automatico o
manuale, etc.);
• organizzazione degli addetti all’incendio e dei
conseguenti corsi specifici di prevenzione incendi (D.I.
10 marzo 1998);
• quota di ammortamento dell’acquisto delle attrezzature
antincendio;
• quota annua di ammortamento per l’eventuale
potenziamento dei dispositivi di protezione individuali;
• quota di ammortamento per la creazione e/o
potenziamento del pronto soccorso e preparazione del
personale addetto;
• costo delle ore di esercitazioni di evacuazione del
personale in caso di pericolo grave ed immediato;
• costi annui per l’informazione e la formazione dei
lavoratori ed in generale di tutto il personale;
• costo annuo del o dei responsabili del Servizio di
78
photo©shutterstock.com/Mark William Richardson
ANNO I
Prevenzione e Protezione;
• costo annuo del medico competente e delle visite ai
lavoratori;
• costo annuo per le riunioni periodiche di prevenzione
dei rischi.
Costo
Nella stima del costo di produzione di un’opera
o di un servizio, allo scopo di effettuare una
valida programmazione è necessario stimare il
Costo globale da sostenere per poterne valutare la
convenienza o meno, andando a considerare la vita
utile ipotizzata.
Il Costo globale è dato dalla somma del costo di
produzione, del costo di gestione nella vita utile
ipotizzata e del costo finale detratto il valore residuo.
Cg = Cp+ (Cge x n x f ) + Cf x f - Vr x f
Cp = Cg - (Cge x n x f ) - Cf x f + Vr x f
• n anni della vita utile ipotizzata
• f fattore di attualizzazione dei costi e valori differiti
• Cp costo di produzione rappresenta la somma
dei costi che concorrono a realizzare l’intervento
programmato (spese di promozione, di
progettazione, di costruzione, tecniche, l’utile
dell’imprenditore, ecc.);
• Cge costo di gestione nelle vita utile ipotizzata,
calcolato mettendo in conto i costi di esercizio e
per gli interventi di manutenzione programmata,
per garantire la soglia minima delle prestazioni
in fase d’uso dell’entità;
• Cf costo finale, come costo per la dismissione, per
il ripristino funzionale o il cambio di destinazione
d’uso al termine della vita utile ipotizzata
• Vr valore residuo
L’Analisi del Valore è presente nell’ordinamento dei lavori
pubblici che ebbe alla base la Legge 109 del 1994, e più
precisamente nell’articolo 15 del regolamento generale e
nell’articolo 11 del capitolato generale di appalto, l’Analisi
del Valore è stata resa obbligatoria in base all’articolo 15
della Legge Regionale Veneto, 7 novembre 2003, n. 27
(in Bur 11 novembre 2003 n. 106: Disposizioni generali
in materia di lavori pubblici di interesse regionale e per le
costruzioni in zone classificate sismiche) nella verifica e
nella validazione del progetto effettuate dal responsabile
del procedimento, per i lavori di speciale complessità o
di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico. In
essa si legge che «la validazione del progetto deve dare
atto, certificandola, che la progettazione è stata effettuata
mediante l’impiego della tecnica dell’analisi del valore».
Sul significato di “economicamente”
Il significato autentico dell’avverbio “economicamente” è
riscontrabile sui dizionari della lingua italiana: “economia” deriva
dalla parola greca “oikos”, che significa casa, ovverosia quanto più
di necessario alla persona umana, dimora pensata e realizzata per
poter esplicare funzioni che abbiano al centro delle attenzioni
l’utilità, in rapporto alle risorse di cui si dispone e che si intende
impiegare per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Indice di Valore (Iv)
Rapporto fra l’Utilità (U) della soluzione esaminata - minimo
prezzo stimato che si é disposti a pagare per ottenere le funzioni
primarie esplicate, in un dato luogo ed in determinate condizioni
- ed il costo di produzione, ricavato con esplicite considerazioni
sul Costo globale (cfr. GEOCENTRO/magazine n. 3 e 4). Dalla
definizione di Indice di Valore si evince che nel confronto che
viene effettuato con AV non sfugge nessun aspetto, assumendo
come filtro di ogni analisi e valutazione tutti gli elementi presenti
nelle sette classi di esigenze di cui alla norma UNI 8289:1981
Palermo,
stima del valore
di mercato
di una villa
di Marina Ciuna
(Ricercatore di Estimo – Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Palermo)
Il procedimento di stima mono-parametrica non è in grado di
tenere conto degli effetti delle caratteristiche qualitative sul valore di
mercato degli immobili, perché esaurisce la sua efficacia con l’impiego
di un unico parametro, solitamente la superficie commerciale.
Ciononostante può essere applicato correggendo con le aggiunte e
le detrazioni il valore ottenuto con il procedimento; le aggiunte e le
detrazioni a loro volta sono stimate con giudizi soggettivi, che per le
caratteristiche qualitative sono poi tradotti in coefficienti numerici.
Tutto ciò avviene in assenza di dati di mercato. Il market comparison
approach (MCA) si fonda invece sulla rilevazione dei prezzi di
mercato di immobili simili a quello da stimare che presenta valenze
qualitative e il sistema generale di stima (SDS) si incarica di calcolare
i loro effetti nella determinazione del valore di mercato.
Il processo valutativo fondato sul MCA e il SDS può essere
presentato con il resoconto del rapporto di valutazione di un villino
con particolari qualità immobiliari, descrivendo i criteri della
valutazione, presentando i dati di mercato e rassegnando il valore di
mercato e il metodo adottato per la sua determinazione.
Descrizione dell’immobile da valutare
L’immobile oggetto di stima (subject) è un villino monofamiliare
in stile Liberty sito nel Comune di Palermo nella zona balneare di
Mondello. L’immobile ha una superficie principale di 190,00 mq, una
superficie dei balconi di 22,00 mq e un giardino esterno di 1.300,00
mq. L’immobile ha due servizi igienici e un livello di manutenzione
80
photo©shutterstock.com/AlexGul
APPROFONDIMENTI
interna buono. La misura delle superfici immobiliari è svolta
con un rilievo metrico secondo lo standard di misurazione
del Codice delle valutazioni immobiliari III di Tecnoborsa
(2005). Per l’analisi estimativa è stata considerata la superficie
interna netta.
Criterio di stima
Il criterio di stima è il valore di mercato che, secondo
gli standard estimativi internazionali, è definito come
l’ammontare stimato per il quale un determinato immobile
può essere compravenduto alla data della valutazione
tra un acquirente e un venditore, essendo entrambi i
soggetti non condizionati, indipendenti e con interessi
opposti, dopo un’adeguata attività di marketing durante la
quale entrambe le parti hanno agito con eguale capacità,
con prudenza e senza alcuna costrizione (International
Valuation Standards 1, 3.1).
Il segmento di mercato
Il segmento di mercato dell’immobile da valutare è costituito
da villini in stile Liberty siti a Mondello, il baricentro turisticomondano della città di Palermo. L’epoca di costruzione
dei villini si fa risalire agli anni ’10 del secolo scorso.
Le arterie viarie maggiormente interessate al fenomeno del
villino Liberty sono i nodi di confluenza e tutte le principali
strade che congiungono Palermo con i centri di Valdesi, di
Mondello e di Partanna. Le strade secondarie accolgono
ville e villini non in stile edificati in tempi successivi.
La domanda è costituita da liberi professionisti e in generale
da utenti di ceto sociale agiato, mentre l’offerta da singoli
privati che disinvestono. La forma di mercato è costituita da
concorrenza monopolistica ristretta.
Il campione dei dati immobiliari
Il campione dei dati immobiliari è costituito da tre villini
simili a quello da stimare e compravenduti di recente,
appartenenti allo stesso segmento di mercato dell’immobile
oggetto di stima.
Unità A: Villino monofamiliare in stile Liberty. L’immobile
ha una superficie principale di 200,00 mq, una superficie
dei balconi di 17,00 mq e un giardino esterno di 1.400,00
mq. L’immobile ha due servizi igienici e un livello di
manutenzione interna ottimo. L’immobile prospetta sul
lungomare di Mondello con possibilità di accesso immediato
alla spiaggia e presenta un livello di panoramicità ottimo
avendo gli affacci sul golfo. La compravendita è avvenuta 6
mesi fa e il prezzo di mercato è di 1.800.000,00 euro.
Unità B: Villino monofamiliare costruito negli anni ‘50.
L’immobile ha una superficie principale di 220,00 mq, una
superficie dei balconi di 21,00 mq e un giardino esterno di
1.100,00 mq. L’immobile ha tre servizi igienici e un livello
di manutenzione interna buono. L’immobile prospetta sul
viale principale di ingresso di Mondello, ma non presenta
panoramicità sul mare. La compravendita è avvenuta 2 mesi
fa e il prezzo di mercato è di 1.300.000,00 euro.
Unità C: Villino monofamiliare costruito negli anni ’50.
L’immobile ha una superficie principale di 255,00 mq, una
superficie dei balconi di 25,00 mq e un giardino esterno di
1.150,00 mq. L’immobile ha tre servizi igienici e un livello
di manutenzione interna scarso. L’immobile prospetta sul
lungomare di Mondello con possibilità di accesso immediato
alla spiaggia e presenta un livello di panoramicità ottimo
avendo gli affacci sul golfo. La compravendita è avvenuta 5
mesi fa e il prezzo di mercato è di 1.680.000,00 euro.
Oltre alla rilevazione dei dati immobiliari degli immobili
comparabili, l’indagine di mercato ha riguardato la
rilevazione degli indici mercantili e delle informazioni
strumentali all’analisi estimativa (tabella 1).
Tabella 1 - Indici mercantili
Indice e informazione
Importo
Saggio annuale di rivalutazione
0,01
Rapporto mercantile dei balconi
0,5
Rapporto complementare area/immobile
0,2
Costo del servizio (euro)
10.000,00
- vetustà media (anni)
6
- vita media (anni)
10
Costo dell’intervento di manutenzione (euro)
35.000,00
Metodologia di stima
La stima del valore di mercato è svolta con il market
comparison approach e con il sistema di stima applicato in
sequenza per la stima delle caratteristiche qualitative.
Le caratteristiche immobiliari considerate ai fini della
valutazione sono:
• la Data contata in mesi a partire dal momento della stima
fino al momento in cui è avvenuta la compravendita
dell’unità campione;
• la Superficie principale intesa come superficie interna
netta espressa in mq;
• la Superficie balconi misurata in mq;
• la Superficie esterna misurata in mq;
• i Servizi misurati con una scala a punteggio, 2 per
indicare la presenza di due servizi, 3 per indicare la
presenza di tre servizi igienici;
• lo Stato di manutenzione misurato con una scala a
punteggio, 1 per indicare uno stato di manutenzione
sufficiente, 2 per indicare uno stato di manutenzione
buono, 3 per indicare uno stato di manutenzione
ottimo;
• lo Stile Liberty misurato con una scala dicotomica, 0 per
indicare l’assenza dello stile Liberty, 1 per indicarne la
presenza;
• la Panoramicità misurata con una scala dicotomica,
81
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
0 per indicare l’assenza della panoramicità sul mare,
1 per indicarne la presenza.
I dati rilevati sono predisposti nella tabella dei dati (tabella 2).
Gli aggiustamenti ai prezzi di mercato in base alle
caratteristiche considerate nella stima si basano sui prezzi
marginali. Il prezzo marginale esprime la variazione del
prezzo totale al variare dell’ammontare della caratteristica.
Prezzo marginale della data di compravendita. Il prezzo
marginale è stimato con il saggio annuo di rivalutazione
pari all’1% (preso con il segno negativo). Prezzo marginale
dell’unità A:
prezzo medio dell’unità C:
1.680.000 · (1-0,2)
—————————— = 5.024,30 euro/mq.
255 + 0,5 · 25
Il prezzo marginale della variabile superficie principale è
pari allora a 4.511,93 euro/mq.
Prezzo marginale della superficie dei balconi. Il prezzo
marginale è calcolato tenendo conto del rapporto mercantile
pari al 50%:
0,5 · 4.511,93 = 2.255,97 euro/mq.
-0,01
1.800.000 · ———— = -1.500,00 euro/mese;
12
Prezzo marginale della superficie esterna. Il prezzo
marginale può essere rappresentato dal minore dei prezzi
medi della superficie esterna calcolati, tenendo conto
del rapporto complementare pari al 20%. Prezzo medio
dell’unità A:
prezzo marginale dell’unità B:
-0,01
1.300.000 · ———— = -1.083,33 euro/mese;
12
prezzo marginale dell’unità C:
1.800.000 · 0,2
————————— = 257,14 euro/mq;
1.400
-0,01
1.680.000 · ———— = -1.400,00 euro/mese.
12
prezzo medio dell’unità B:
Prezzo marginale della superficie principale. Il prezzo
marginale può essere rappresentato dal minore dei prezzi
medi calcolati con il rapporto complementare pari al 20%.
Prezzo medio dell’unità A:
1.300.000 · 0,2
————————— = 236,36 euro/mq;
1.100
prezzo medio dell’unità C:
1.800.000 · (1-0,2)
—————————— = 6.906,48 euro/mq;
200 + 0,5 · 17
prezzo medio dell’unità B:
1.680.000 · 0,2
————————— = 292,17 euro/mq.
1.150
1.300.000 · (1-0,2)
—————————— = 4.511,93 euro/mq;
220 + 0,5 · 21
Il prezzo marginale della superficie esterna è pari allora a
236,36 euro/mq.
Tabella 2 - Dati nel MCA
Compravendite
Prezzo e caratteristica
82
Subject
Unità A
Unità B
Unità C
Prezzo totale (euro)
1.800.000,00
1.300.000,00
1.680.000,00
-
Data (mesi)
6
2
5
0
Superficie principale (mq)
200,00
220,00
255,00
190,00
Balconi (mq)
17,00
21,00
25,00
22,00
Superficie esterna (mq)
1.400,00
1.100,00
1.150,00
1.300,00
Servizio (n)
2
3
3
2
Stato di manutenzione (n)
3
2
1
2
Stile Liberty (0-1)
1
0
0
1
Panoramicità (0-1)
1
0
1
0
Prezzo marginale dei servizi igienici. Il prezzo marginale
è calcolato attraverso il costo di ricostruzione deprezzato
di un servizio, considerando una vita media di 10 anni
e una vetustà media del campione di 6 anni. Il costo del
servizio, secondo un preventivo di spesa, è risultato di
10.000,00 euro, il prezzo marginale dei servizi igienici è
allora pari a:
6
10.000 · 1 - —— = 4.000,00 euro.
10
(
)
della matrice dei dati sono costituite dalle differenze
tra gli ammontare delle caratteristiche dell’immobile di
confronto e dell’immobile da valutare:
[ ]
1 1-1 1-0
1 0-1 0-0
1 0-1 1-0
;
il vettore dei prezzi corretti è:
[ ]
1.716.524,16
Prezzo marginale dello stato di manutenzione. Il prezzo
marginale è stimato considerando il differenziale di spesa
per passare da un livello di manutenzione ad un altro.
Secondo un preventivo di spesa, il prezzo marginale dello
stato di manutenzione è pari a 35.000,00 euro.
I prezzi marginali dello Stile Liberty e della Panoramicità
sono stimati con il SDS.
Nella tabella di valutazione si svolgono le operazioni di
stima (tabella 3). In corrispondenza delle caratteristiche,
in ciascuna cella della tabella si riporta il prodotto
tra la differenza negli ammontare della caratteristica
dell’unità da valutare e dell’unità rilevata e il prezzo
marginale relativo. La somma algebrica di ciascuna
colonna rappresenta il prezzo corretto, ottenuto dal
confronto tra l’unità rilevata e l’unità da valutare, ossia
il prezzo che l’unità immobiliare avrebbe spuntato se
fosse stata eguale all’unità da stimare salvo che per le
caratteristiche qualitative.
Sistema di stima
I prezzi corretti sono prezzi parziali che esprimono il
prezzo che l’unità immobiliare da stimare avrebbe avuto
se le caratteristiche qualitative fossero state nella parità
di condizioni. In assenza di parità di condizioni, i prezzi
corretti differiscono per effetto delle differenze residue
indotte dalle caratteristiche qualitative. Il SDS provvede a
separare l’effetto di queste ultime calcolando i loro prezzi
marginali e contemporaneamente il valore di mercato
dell’immobile da stimare. La seconda e la terza colonna
1.212.337,44
1.453.411,16
.
La soluzione del SDS conduce al valore di mercato
dell’immobile da valutare e ai prezzi marginali delle
caratteristiche Stile Liberty e Panoramicità:
[ ]
1.475.450,44
263.113,00
241.073,72
.
Il valore di mercato dell’immobile da stimare è pari a
1.475.450,44 euro. Lo stile Liberty induce un aumento
del valore pari a 263.113,00 euro; la panoramicità
causa un aumento del valore pari a 241.073,72 euro.
Entrambe queste influenze sono considerate nel valore
di mercato stimato.
Nel rapporto di valutazione di un immobile con valenze
architettoniche e ambientali, il MCA e il SDS affrontano
in maniera piana e risolvono in modo razionale: la stima
delle aree esterne a giardino e la stima monetaria delle
stile architettonico e della panoramicità. Due risultati
che sarebbero stati irraggiungibili con i procedimenti
estimativi tradizionali e senza l’uso degli standard
valutativi. Il cliente esperto come quello profano non
possono che apprezzare la particolareggiata descrizione
dei dati di mercato, l’esposizione delle ipotesi estimative,
il rigore dello svolgimento del metodo e la dimostrazione
del risultato di stima.
Tabella 3 - Valutazione nel MCA
Prezzo e caratteristica
Unità A (euro)
Unità B (euro)
Unità C (euro)
Prezzo totale
1.800.000,00
1.300.000,00
1.680.000,00
Data
(0-6)·(-1.500,00)
(0-2)·(-1.083,33)
(0-5)·(-1.400,00)
Superficie principale
(190-200)·4.511,93
(190-220)·4.511,93
(190-255)·4.511,93
Balconi
(22-17)·2.255,97
(22-21)·2.255,97
(22-25)·2.255,97
Superficie esterna
(1.300-1.400)·236,36
(1.300-1.100)·236,36
(1.300-1.150)·236,36
Servizio
(2-2)·4.000,00
(2-3)·4.000,00
(2-3)·4.000,00
Stato di manutenzione
(2-3)·35.000,00
(2-2)·35.000,00
(2-1)·35.000,00
Prezzi corretti
1.716.524,16
1.212.337,44
1.453.411,16
83
photo©shutterstock.com/Mihail Jershov
FORMAZIONE
La qualificazione
energetica
degli edifici
Materiali isolanti:
tipologie
e caratteristiche
di Mauro Cappello
Questo articolo che illustra la lezione n.6 conclude il corso
sul tema della qualificazione energetica degli edifici. Corso
che ha l’obiettivo di fornire gli elementi di base ai tecnici che
intendono lavorare nel settore.
Mauro Cappello, ingegnere, attualmente ispettore presso l’Unità
di Verifica degli Investimenti Pubblici del Ministero dello
Sviluppo economico, è stato consulente del Ministro dei Lavori
pubblici e del Vice Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e ha
organizzato la 1ª Conferenza Nazionale sui Lavori pubblici.
È autore di diverse pubblicazioni specialistiche.
Come già evidenziato nel corso delle precedenti lezioni, dal
1° luglio 2009 l’attestato di qualificazione o certificazione
energetica degli edifici, deve essere redatto per la singola
unità abitativa e non più per l’intero edificio come avveniva
prima di questa data.
Proprio per trattare una situazione ricorrente abbiamo
scelto di illustrare un appartamento di circa 70 m2.
Nella figura 1 viene riportata la planimetria dell’appartamento
esaminato.
1^ fase – Raccolta dati
Comune: Catanzaro
Gradi Giorno: 1328 [GG]
Zona climatica: C – 15 novembre 31 marzo per 10 ore al
giorno
Temperature medie esterne mensili:
84
2^ fase – Definizione del parametro:
trasmittanza termica (Uo)
Il calcolo della trasmittanza termica di una parete, così
come richiesto dal D.Lgs. 192/2005 ss.mm.ii. (Allegato C),
prevede la conoscenza esatta della stratigrafia dell’elemento
edilizio completa di tipologia di materiale presente, il
relativo spessore ed infine le caratteristiche termiche definite
dal parametro h, conducibilità termica [W/mK].
Alla fine del calcolo il tecnico deve verificare che il valore
di trasmittanza che si ottiene sia minore di quello previsto
dalla norma per la zona climatica interessata, ovvero nel
nostro caso per la zona climatica C detto valore dovrà essere
Uo < 0,4 [W/m2K]
U=
1
1
hi
+
s1
s2
s 1
+ + ..... n +
h1 h2
hn he
Per svolgere un minimo di calcolo andremo ad ipotizzare
una parete esterna avente cinque strati: intonaco interno
– muratura 8 cm – isolante in intercapedine lana di
roccia – muratura 10 cm ed infine intonaco esterno, con
Città
Alt.
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
Catanzaro
320
8,3
8,7
10,4
13,4
17,0
21,7
24,4
24,8
22,3
17,9
13,7
10,1
Figura 1: planimetria dell’appartamento esaminato
le caratteristiche di seguito riportate:
Passiamo adesso al calcolo del volume lordo riscaldato:
V = Ssolaio * H = 60 m2 * 3,6 m = 216 m3
intonaco interno:
2 cm
h = 0,9
[W/m°K]
muratura:
8 cm
h = 0,20
[W/m°K]
lana di roccia:
6 cm
h = 0,039
[W/m°K]
muratura:
10 cm
h = 0,27
[W/m°K]
intonaco esterno:
2 cm
h = 0,9
[W/m°K]
Ne consegue che S/V = 235,2/216 = 1,093 m-1, pertanto
essendo maggiore del valore 0,9, si dovrà utilizzare il valore
EPlim calcolato per un edificio sito nella zona climatica di
Catanzaro ed avente S/V = 0,9.
Svolgendo i calcoli si ottiene un valore di trasmittanza pari a
Uo = 0,397 [W/m2K] che verifica il requisito della norma. Per
i solai si ha U=0,36 [W/m2K] e per gli infissi U=2 [W/m2K]
3^ fase – Determinazione del fattore di forma
e dell’indice EPlim
L’appartamento in oggetto ha una pianta rettangolare di
dimensione 10 m x 6 m mentre l’altezza totale (computata
con l’accortezza prevista dalla norma) è di 3,6 m.
Pertanto computando le superfici disperdenti:
• Superficie area solai: 2*(10*6)= 120 m2
• Superficie area pareti laterali: 3,6 m * (10 m+6 m+10
m+6 m) = 115,2 m2
Superficie totale disperdente (S): 115,2 m2 + 120 m2 =
235,2 m2
68
48
901
1328
1400
Passiamo adesso al calcolo dell’indice di prestazione
energetica limite dell’edificio per la sola climatizzazione
invernale.
85
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
photo©shutterstock.com/Reeed
ANNO I
Il valore che viene fuori dal calcolo è EPlim= 65,11 [kWh/m2a].
Essendo la superficie utile dell’appartamento, ovvero
quella calpestabile, pari a 54,5 m2, ciò significa che per il
riscaldamento invernale l’energia massima consumabile in
un anno sarà:
E = EPlim*Su = 65,11 * 54,5 = 3.548 [kWh/anno]
4^ fase – Definizione del parametro:
trasmittanza termica periodica (Y)
Una delle novità introdotte dal d.P.R. 2 aprile 2009, n. 59
“Attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni,
concernente attuazione della direttiva 2002/91/ce sul rendimento
energetico in edilizia.” riguarda l’introduzione di un nuovo
parametro, la trasmittanza termica periodica, indicata con la
lettera Y e caratterizzata dalle medesime unità di misura della
trasmittanza U cioè [W/m2K].
Metodo di calcolo della trasmittanza
termica periodica
Per ognuno degli strati di cui si compone la parete deve essere
calcolato il parametro “profondità di penetrazione periodica b”
espresso in metri. Dopo, sempre relativamente ad ogni singolo
strato, verrà determinato il rapporto j=d/b. Definite queste
grandezze per ogni materiale componente la stratigrafia, si passa ad
impostare una matrice per ognuno di essi, i cui elementi saranno
numeri complessi (ovvero numeri della forma a+jb).
Va ricordato che anche per le resistenze termiche superficiali
(interna ed esterna) deve essere impostata una matrice.
Definite tutte le matrici, i cui elementi sono calcolati secondo
quanto dettato dalla norma UNI EN ISO 13786:2008 al
paragrafo 6.3, si procede al loro prodotto, partendo dall’interno
verso l’esterno (si rammenta che il prodotto di matrici non è
commutativo, ovvero il prodotto di matrici è diverso a seconda
dell’ordine di moltiplicazione).
L’articolo 2 del citato decreto, definisce questa grandezza
come “il parametro che valuta la capacità di una parete
opaca di sfasare ed attenuare il flusso termico che la attraversa
nell’arco delle 24 ore, definita e determinata secondo la norma
UNI EN ISO 13786:2008 e successivi aggiornamenti”
Quanto detto si riassume nel seguente modo:
ZEE = Zsi x Z x Zse
essendo indicate con la lettera Z le citate matrici;
ZEE =
86
] ]
Z11 Z12
Z21 Z22
la matrice risultante avrà la forma sopra rappresentata.
L’espressione della trasmittanza termica periodica è legata
alla matrice di trasferimento di calore ZEE, in particolare:
1
YIE = – ––––
Z12
Il procedimento di calcolo prevede il prodotto di matrici di
numeri complessi, tuttavia sinteticamente possiamo dire che
la trasmittanza termica periodica è legata alla trasmittanza
termica Uo (calcolata ignorando i ponti termici) dalla
seguente relazione:
|YIE |= f x U0
essendo f una quantità adimensionale definita “fattore di
decremento”. Sempre il medesimo decreto all’articolo 4
comma 18 prevede che per pareti verticali “...il valore del
modulo della trasmittanza termica periodica (YIE) di cui al
comma 4 dell’art.2, sia inferiore a 0,12 [W/m2K]”.
La norma UNI EN ISO 13786:2008 fornisce anche la
definizione del tempo di sfasamento dell’onda termica.
Dalla trattazione svolta si evince che la necessità del calcolo
della trasmittanza termica periodica, deriva dall’esigenza di
contenere il consumo di energia per il raffrescamento estivo,
parametro che adesso il tecnico deve calcolare e che costituisce
un ulteriore elemento di novità rispetto al passato.
Cominciamo ad esaminare la parete calcolandone i parametri
j e b a partire dai dati conosciuti e reperibili sui cataloghi
dei materiali o nella letteratura scientifica:
Mentre per l’intonaco esterno la matrice è la stessa essendo
le caratteristiche le medesime.
Impostando le matrici per le resistenze interne ed esterne,
Materiale
Spessore d [m]
Densità l [kg/m]
Conducibilità
termica h [W/mK]
b [m]
j=d/b [m]
Capacità termica
spaecifica [J/KgK]
Intonaco interno
0,020
1300,000
0,900
0,141
0,142
960,000
Muratura
(par. interno)
0,080
1800,000
0,016
0,016
5,000
1000,000
Lana di roccia
0,060
40,000
0,039
0,180
0,333
830,000
Muratura
(par. esterno)
0,100
1800,000
0,027
0,019
5,263
1100,000
Intonaco esterno
0,020
1300,000
0,900
0,141
0,142
960,000
Come si vede, il procedimento è standard e può essere
facilmente semplificato tramite l’impiego di un foglio di
calcolo elettronico.
Il passo successivo sarà quello di definire le matrici complesse
relative ai singoli strati di materiale:
si otterrà la matrice finale ed un valore per la Trasmittanza
termica periodica minore del limite previsto dalla norma.
Intonaco
1+0
-
,02i
0,022
-
1,813-1,813i
1+0
,02i
Muratura interna
21,051-
25,057
71,155i
+46,106i
50,113
21,051-
+50,113i
71,155i
Lana di Roccia
0,998
-
+0,111i
1,537-0,055i
-
0,998
photo©shutterstock.com/Michael Klenetsky
0,145-0,145i
+0,111i
Muratura esterna
50,50782,261i
11,18
+46,735i
45,132
+45,132i
50,507
-82,261i
87
ANNO I
| n. 6 |
NOVEMBRE - DICEMBRE 2009
5^ fase: Calcolo del valore di energia
per il riscaldamento invernale
Per calcolare l’energia per il riscaldamento è necessario
determinare il coefficiente H composto da tre termini:
Hie (tra interno scaldato ed esterno) Hit (interno scaldato
e terra) ed infire Hi-ins (interno scaldato – interno non
scaldato).
Consideriamo adesso, solo per esigenze di spazio, unicamente
i primi due termini:
Hie = ∑UA + ∑ls + ∑r oltre Hit = U tA
Elemento
edilizio
U
A
UA
1,05(UA)
Solaio
superiore
0,360
60,0
21,6
22,680
Solaio
inferiore
(UNI 10355)
0,380
60,0
22,8
23,940
Parete
laterale
esterna
0,397
98,6
39,14
41,101
Infissi
1,600
14,4
23,04
24,192
Porta di
ingresso
2,00
2,2
4,4
4,620
TOTALE
116,53
Nell’appartamento sono presenti 4 finestre di dimensioni
(2 m x 1,8 m) = 3,6 m2 ed una porta di dimensioni (2,2 m
x1 m ) = 2,2 m2, dunque un totale di 16,6 m2. L’area della
parete ammonta a Ap = 115,2 m2 - 16,6 m2 = 98,6 m2.
L’effetto dei ponti termici è stato portato in conto sotto
forma di aumento percentuale del 5% come proposto dalla
norma UNI 14683.
Giunti a questo punto siamo pronti per impostare una
tabella ove inserire i dati del calcolo e determinare l’energia
che servirebbe per mantenere la temperatura di 20 °C,
tuttavia in questa fase ancora non abbiamo determinato
l’energia derivante dagli apporti interni e da quelli solari
(per esigenze di spazio non sono stati calcolati i fattori di
riduzione d degli apporti gratuiti).
6^ fase - fabbisogno acqua calda sanitaria
La determinazione del fabbisogno per acqua calda sanitaria
avviene tramite la procedura descritta al punto 5.2 della
norma UNI 11300 - 2:
Qh,W = ∑l x c x VW x (eer - eo) x G
Giorni
Ore/ giorno
Ore acc.ne
Temperatura
est. media
mensile
NOV
30
10
300
13,7
6,3
DIC
31
10
310
10,1
GEN
31
10
310
FEB
28
10
MAR
31
10
TOTALE
88
Il calcolo della radiazione solare restituisce i valori: Gen
- 3,61 Feb - 4,74 Mar - 5,71 Nov - 3,77 Dic - 3,4 tutti i
valori sono espressi in [kWh/m2] mentre per la superficie
vetrata si ha una superficie Avetri = 10 m2.
Dalla tabella riepilogativa vediamo che la quantità di energia
da fornire agli ambienti dell’appartamento ammonta a
Q = 1.087,37 [kWh/anno].
Qint=
275,73[W]*t[h]
Qsole [Wh]
Q=Qdisp-Qapp
220.241,70
82.719,00
37.700,00
99.822,70
9,9
357.630,57
85.476,30
34.000,00
238.154,27
8,3
11,7
422.654,31
85.476,30
36.100,00
301.078,01
280
8,7
11,3
368.700,92
77.204,40
47.400,00
244.096,52
310
10,4
9,6
346.793,28
85.476,30
57.100,00
204.216,98
ΔT = (20-Te) Q=H*ΔT*t [Wh]
1.087.368,48
photo©shutterstock.com/Patrycja Zadros
assenza di un quadro di normativa tecnica sperimentato
e consolidato, in materia di climatizzazione estiva degli
edifici, che, al momento, rende difficile la definizione di
specifici metodi semplificati e ritenuto che, i metodi di
valutazione indicati ai successivi paragrafi 6.1 e 6.2 non
presentano condizioni di semplicità e minimizzazione degli
oneri disposti dall’art.6 c.9 del decreto, la valutazione di cui
sopra è resa in ogni caso facoltativa nella certificazione di
singole unità immobiliari ad uso residenziale di superficie
utile inferiore od uguale a 200 m2, che per la definizione
dell’indice di prestazione energetica della climatizzazione
invernale utilizzino il metodo semplificato. In assenza
della predetta valutazione, all’unità immobiliare viene
attribuita una qualità prestazionale corrispondente
al livello “V” delle tabelle di cui ai paragrafi 6.1 e
6.2”. Stanti le affermazioni della norma assumeremo
che il nostro appartamento sia caratterizzato da un
EPe,involucro = 40 [kWh/m2 anno].
ricordando che l: densità dell’acqua; c: calore specifico pari
a 1,162 [Wh/kg K]; VW: volume di acqua utilizzato; Δe:
differenza tra temperatura acqua erogata ed all’uscita (la
norma in mancanza di dati suggerisce 25°K).
Il fattore VW necessita di ulteriori chiarimenti, infatti
la norma UNI citata prevede una semplice relazione
VW= a x Nu [l/G]. L’applicazione delle formule al nostro
caso restituisce un valore di VW = 96,04 [l/G] da cui
QW = 1.018.336 [kWh/anno]. Come si vede l’energia
determinata per il fabbisogno di acqua calda sanitaria
assume lo stesso ordine di grandezza di quella necessaria
per il riscaldamento.
7^ fase – determinazione fabbisogno energia
per la climatizzazione estiva
Il tema della climatizzazione estiva costituisce una delle
novità introdotte dalle Linee guida nazionali, infatti viene
previsto un relativo indice di prestazione energetica, definito
EPe dell’involucro.
Va segnalato che, benché la norma UNI 11300-1 illustri
un metodo di calcolo, non esistono ancora disposizioni
nazionali ben definite, per esempio ancora non è stato
determinato il periodo di funzionamento (come accade
per gli impianti termici di riscaldamento). Riconoscendo
tale limite, le Linee guida, al punto 6 recitano “in
8^ fase – impianto riscaldamento:
determinazione dei rendimenti
La determinazione dei rendimenti dei vari sottosistemi del
sistema impianto termico di riscaldamento avviene tramite
la consultazione dei prospetti: 17-20-21a-23°.
Quindi avremo : de = 0,95 - dreg = 0,94 - dd = 0,99 ed infine
dgen = 0,97.
Il rendimento complessivo del sistema impianto
riscaldamento sarà il prodotto dei singoli rendimenti,
ovvero: dtot = 0,86.
9^ fase – determinazione dell’indice di prestazione
energetica reale dell’edificio
Noti i rendimenti possiamo passare alla determinazione
dell’EPi,reale per l’appartamento in studio. Applicando la
formula: EPi,reale = Q/Sudtotale = 1.087/54,6 x 0,86 = 23,22
[kWh/m2 anno] che come si vede bene è di molto inferiore
al valore limite EPi,lim = 65,11 [kWh/m2 anno].
Conclusioni
Il caso illustrato costituisce un esempio svolto all’interno
del quale, per brevità di trattazione e spazio nella rivista, è
stato necessario apportare una serie di semplificazioni.
Non è stato possibile verificare il rispetto dell’EPglobale e
nemmeno dare una sia pur semplice trattazione del metodo
di calcolo “estivo”, peraltro ancora non richiesto in forma
puntuale dalle linee guida, secondo quanto illustrato nella
7^ fase dell’articolo. Riteniamo tuttavia che, nonostante le
limitazioni evidenziate, possa essere utile ai tecnici impegnati
in questa attività per mostrare la relativa semplicità di un
calcolo apparentemente difficile e complesso.
Per maggiori informazioni visitare il sito www.filotecna.it
Per segnalazioni: [email protected]
89
REDAZIONALE
Topcon IP-S2
Sistema integrato
di posizionamento
per veicoli terrestri
Topcon ha recentemente presentato IP-S2, un sistema
integrato di posizionamento 3D di precisione e raccolta
dati per veicoli terrestri.
IP-S2 combina il tracciamento e il posizionamento dei segnali
GNSS a doppia frequenza con la misurazione inerziale e con
l’integrazione della scansione laser e l’immagine digitale.
Mediante l’utilizzo di scanner laser 3D, LiDAR e/o fotocamere,
i dati raccolti vengono integrati e georeferenziati. L’utente può
quindi unire, in modo rapido e preciso, la “nuvola di punti”
LiDAR e i dati relativi alla cattura di immagini digitali per la
costruzione di modelli 3D delle aree percorse.
L’integrazione di sensori di alto livello crea una serie illimitata
di applicazioni tecnologiche in molteplici settori, quali
ad esempio: GIS, costruzioni, agricoltura, monitoraggio
e controllo macchine, ambiti nei quali Topcon detiene la
leadership del mercato.
Grazie alle elevate potenzialità di scansione e di misurazione
inerziale di precisione, alla capacità di supportare un’ampia
90
gamma di sensori e al sistema con videocamera digitale per
immagini sferiche a 360°, IP-S2 è in grado di raccogliere dati
di misurazione accurati in condizioni estremamente difficili,
come ad esempio lungo i tunnel, sotto i ponti, nelle aree ad alta
densità boschiva oppure nei canyon urbani.
La raccolta dati per le applicazioni GIS è da sempre un’attività
che richiede un notevole dispendio di tempo, di solito alcuni
anni, per essere interamente portata a termine. Di conseguenza
molti database risultano incompleti, impedendo ai manager
di sfruttare al massimo il potenziale a disposizione. Anche la
sicurezza ha sempre rappresentato un problema, a causa della
necessità per il personale di sostare nelle corsie di strade ad
elevato traffico dove si trova la maggior parte degli asset.
Il sistema standard IP-S2 comprende tre scanner LiDAR
ad alta risoluzione che coprono il percorso del veicolo sia a
livello del terreno che scansionando le aree adiacenti fino ad
una distanza di 30 metri. La tecnologia è in grado di offrire
il posizionamento e georeferenziazione di precisione di
elementi visibili, come, ad esempio, la segnaletica stradale
verticale ed orizzontale, raccogliendo immagini digitali
a 360° (ad un ritmo di 15 fotogrammi al secondo) per la
catalogazione dell’area in tempo reale.
Il software e l’hardware IP-S2 sono stati progettati e costruiti in
un formato modulare in modo da poter facilmente integrare,
secondo le esigenze, nuovi e futuri sensori di scansione. IPS2 offre inoltre un servizio on-line di post-elaborazione dei
dati al fine di ottenere la maggiore precisione possibile dei
dataset. Le informazioni vengono raccolte, immagazzinate e
successivamente recuperate senza alcuno sforzo.
Nel mondo sono oltre 400 le unità attualmente in uso.
Maggiori informazioni sono disponibili consultando il sito:
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mobile-mapping/ip-s2.html
REDAZIONALE
CerTus-LdL
Il software
per la sicurezza
nei luoghi di lavoro
CerTus-LdL è il software ACCA per lo studio e la redazione
della documentazione relativa alla sicurezza nei luoghi di
lavoro. Recentemente, l’argomento “sicurezza” è divenuto di
pressante attualità tanto che il governo è dovuto intervenire
in materia attraverso il decreto legislativo n. 81/2008 e
relativo decreto correttivo ridefinendo “de facto” contenuti
e procedure della ex 626. Il legislatore ha imposto, inoltre, la
produzione di una specifica documentazione in tempi certi.
Infatti, con l’entrata in vigore del decreto, una delle esigenze
più importanti per il datore di lavoro è quella di redigere
(o aggiornare) il D.V.R. (Documento di Valutazione dei
Rischi). In particolare, tutte le aziende devono dimostrare
l’avvenuta valutazione dei rischi con l’indicazione di una
data certa. Il D.V.R. va aggiornato ad ogni cambio delle
condizioni anche organizzative dell’azienda. La data certa
serve ad attestare in maniera non controvertibile che il
documento è aggiornato fino a un determinato giorno.
CerTus-LdL apre una nuova frontiera operativa. Infatti il
tecnico, in funzione della specifico processo produttivo,
può individuare le criticità del luogo di lavoro dal semplice
disegno dell’azienda, con l’inputazione ad oggetti (Input
Object Draw). Gli oggetti possono anche essere applicati
direttamente agli elementi del disegno caricato in formato
DXF o DWG. L’analisi dei processi e delle attività lavorative,
le verifiche dei luoghi di lavoro, delle macchine e delle
attrezzature, sono contestualizzate al disegno realizzato. La
rappresentazione grafica consente di individuare incongruenze
di sistema e generare la connessione tra luoghi, attività, rischi
e prevenzioni. Una modalità operativa semplice, veloce e
realmente contestualizzata al luogo di lavoro.
TECNOLOGIA
• Banca dati con l’analisi di 90 processi e 506 attività
lavorative
• Archivio con 52 attività esterne di cantiere
• Check list per la verifica di conformità di luoghi e
attrezzature
• Valutazione dei rischi specifici integrati e già inclusi nel
programma
• Personalizzazione di D.V.R., D.U.V.R.I e P.E.E.
• Gestione dei documenti con Word Processor interno
• Rischi da interferenze e Costi della sicurezza
• Planimetrie dei luoghi di lavoro
• Archivio della modulistica tecnica
Costo: € 899 + spedizione + iva
AMBITI DI IMPIEGO DEL SOFTWARE
Architetti, Ingegneri, Geometri, Periti, Consulenti per la
Sicurezza grazie alle caratteristiche assolutamente uniche di
CerTus-LdL possono operare con semplicità e affidabilità
in materia di sicurezza nei Luoghi di Lavoro (ex 626).
91
REDAZIONALE
South NTS962R & pfCAD
La combinazione perfetta
fra hardware e software
S.C.S. survey CAD system srl di Verona, leader nazionale
nella produzione di software di topografia, ha concluso
un accordo con SOUTH Surveying & Mapping
Instruments CO. LTD China che prevede lo scambio di
collaborazione tecnica e commerciale per la distribuzione
delle Stazioni Totali SOUTH in Italia e per la fornitura
del software pfCAD per il mercato topografico cinese.
SOUTH Surveying vanta decine di migliaia di Stazioni
Totali già vendute nel mercato interno cinese ed è quindi
azienda leader con oltre 20 anni di esperienza.
Il primo grande risultato di questo accordo è la produzione
di software pfCAD integrato nella Stazione Totale South
NTS962R con Windows a bordo. Il software prende
il completo controllo della macchina e, quindi, eseguire
un rilievo topografico diventa ora ancora più semplice ed
immediato e i controlli grafici riducono ogni possibilità di
errore in campagna.
Le principali caratteristiche sono:
• Lettura diretta angoli e distanze e controllo dalla grafica.
Nessun limite di punti memorizzabili per ogni sessione
di lavoro. Nessun limite di lavori. Gestione di file e dei
lavori come nei programmi Windows
• Importazione all’interno della Stazione Totale di file
Raster e di file DXF. Importazione di più mappe unite tra
loro e già georiferite o importazione e georeferenziazione
in tempo reale sui punti noti rilevati
• Importazione di TAF e Misurate che poi vengono utilizzate
per georiferire in automatico già in campagna il rilievo
• Importazione di file DXF di progetti stradali, di fabbricati,
piani quotati e tracciamento diretto degli stessi
• Gestione diretta del libretto Pregeo con definizione
in grafica dei contorni di fabbricati e particelle ed
esportazione del File Pregeo con tutte le righe
• Esportazione file DXF, ASCII
• Controllo diretto delle Misurate e TAF con esposizione
degli scarti a diagramma
• Ampia gamma di strumenti per il calcolo di nuovi
punti: intersezioni, trilaterazioni, calcolo di curve e loro
tracciamento in tempo reale, ecc.
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• Funzione di tracciamento facile da usare sia per tracciare
confini che strade e fabbricati
• Disponibili i classici problemi topografici come Snellius,
Intersezione Inversa, Fuori centro, ecc
• Sul display touch screen è possibile gestire facilmente
tutto il CAD e utilizzare le funzioni CAD Zoom, Interroga
Area, Interroga Distanze sul lavoro che si sta eseguendo
• L’editor grafico permette inoltre di caricare, ricercare e
visualizzare le Monografie della propria zona
Per ulteriori informazioni tecniche contattare S.C.S. srl al
numero 045-7971883 o visitare i siti web www.gpskit.it e
www.pfcad.it
REDAZIONALE
Micropali in resina
Nuovo metodo
per il calcolo
della capacità portante
Novatek da anni opera su tutto il territorio nazionale nel
settore del consolidamento e sollevamento di fabbricati.
Oggi, in collaborazione con l’Università degli Studi di
Parma, ha messo a punto un metodo per il calcolo della
capacità portante dei propri micropali in resina brevettati.
Lo scopo dell’iniziativa è definire il campo di applicabilità
dei micropali in resina e individuare un metodo per il
calcolo del carico limite corrispondente ad ogni tipologia
di palo, in modo tale da offrire ai tecnici di settore uno
strumento utile e valido per un corretto dimensionamento
di un intervento di consolidamento.
PROVE DI CARICO
In fase preliminare è stato preparato un apposito campoprove dove, una volta caratterizzato il terreno, sono stati
realizzati 6 micropali di prova in resina con barra in acciaio
in assenza di fondazione superficiale in testa. Su questi
micropali sono state effettuate delle prove di carico fino
alla rottura del palo.
In seguito si è scelto di eseguire le prove su micropali
realizzati come opere di sottofondazione in presenza di
fondazioni superficiali in testa e nelle medesime condizioni
in cui sono realizzati per i clienti.
Le prove di carico e la raccolta dati sono ancora in pieno
svolgimento: i risultati su 21 micropali in 6 siti diversi
confermano l’ottimo comportamento dei micropali in
resina armata e la possibilità di utilizzare i dati raccolti per
elaborare un metodo di supporto al dimensionamento del
brevetto Novatek.
CONCLUSIONI
Le prove di carico hanno dimostrato che per i micropali
Novatek può essere adottata una metodologia analoga a
quella di Bustamante e Doix.
Il metodo proposto, messo a punto sulla base di prove di
carico su micropali iniettati in terreni limo-argillosi, è stato
implementato in un programma di calcolo per un rapido
utilizzo e un’immediata applicazione. Questo metodo
permette di ottenere cautelativamente valori di capacità
portante rispetto a un comportamento in condizioni ultime
del sistema palo-terreno.
La ricerca non si ferma qui. Novatek è già impegnata ad
ottenere ulteriori risultati da prove sperimentali in differenti
siti campione.
Sul sito www.novatek.it è disponibile in pdf l’approfondimento
dello studio realizzato
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REDAZIONALE
Interventi sulle coperture
Nuova protezione
provvisoria per creare
passerelle pedonabili
in assenza di ponteggio
La nuova protezione provvisoria tassellabile a parete per
creare passerelle pedonabili realizzata da Veroni rappresenta
una pratica soluzione ogni qual volta si presenti l’esigenza di
lavorare sul perimetro esterno di una copertura, soprattutto
in quelle situazioni particolati di traffico o in centri storici,
dove l’utilizzo di ponteggi risulta difficoltoso e ingombrante.
Il prodotto offre la possibilità di garantire all’utilizzatore
la massima sicurezza in fatto di anticaduta rispettando
pienamente le normative vigenti: questo parapetto è stato
infatti progettato e realizzato da Veroni conformemente
alla normativa europea UNI EN 13374/04 ed è inoltre
certificato dall’ISPESL, Ente Nazionale per la Prevenzione
e la Sicurezza del Lavoro.
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Caratteristiche tecniche
La protezione provvisoria ideata da Veroni è formata da una
mensola triangolare con base da 800 mm che si tassella alla
parete tramite due piastre a quattro fori 120X200 mm,
a questa si unisce un’asta di compensazione, regolabile
da 120 a 620 mm dal bordo, o un’asta a ‘L’ che si scosta
dalla parete dai 900 ai 1400 mm. Utilizzata come
semplice protezione anticaduta per la persona, l’interasse
tra i montanti è di 1400 mm. La soluzione pedonabile
invece presenta alcune differenze sostanziali: entrambe le
versioni permettono la pedonabilità, ciascuna protezione
va posizionata a un passo di 1000 mm, così come per la
distanza dalla parete consentita che è di max. 1000 mm.
La passerella pedonabile viene applicata direttamente
sulla base della mensola tramite piccoli supporti in
acciaio, che facilitano il fissaggio delle tavole di legno
d’abete o simili. Tramite poi un ripartitore di carico
fissato alla piastra superiore della mensola, ovvero una
barra filettata passante M16 e un ferro a ‘U’ posizionato
sull’altro lato della parete, viene garantita la massima
praticità di installazione. Una volta installati i parapetti,
si completa la messa in sicurezza con l’applicazione delle
tavole, parapetto e intermedio da H 200 e spessore 25
mm, e il parapiede, spesso 300 mm, posizionato a 200
mm dal piano di calpestio.
NEWS
Ideato un nuovo tipo
di manto stradale
Non più asfalto
ma pannelli solari
Il Dipartimento dei Trasporti americano
(U.S. Department of Transportation
- DOT) ha recentemente finanziato la
realizzazione del prototipo di un sistema
di particolari pannelli solari in grado di
poter rimpiazzare il comune asfalto su
strade, autostrade e parcheggi.
Il progetto, a cura dell’azienda Solar
Roadways, prevede l’impiego di
particolari pannelli solari: conterranno
infatti una serie di LED (utili come
segnalatori stradali luminosi al posto
delle classiche strisce verniciate) ed
elementi riscaldanti (per prevenire il
rischio ghiaccio nei periodi invernali).
Le attuali stime sulla funzionalità di
questo prototipo di manto stradale
solare parlano di 7.6 kW/h al giorno di
energia prodotta da ogni pannello.
Ogni pannello costerà più o meno
5-6mila euro ma, ovviamente, il
tornaconto economico sarà più che
vantaggioso vista la portata della
produzione energetica totale. Inoltre,
secondo quanto dichiarato dall’azienda
stessa, questo sistema non servirà
solamente alla creazione di energia
elettrica ma potrà letteralmente
trasformare le autostrade in strutture
completamente autosufficienti, sicure e
decentralizzate.
Dan Walden - Solar Roadways
RINNOVABILI
CATASTO TERRENI
L’Agenzia del Territorio avvia
il nuovo sistema di aggiornamento
Obbligatorio dal 1° giugno 2010
È durato circa due anni il periodo di sperimentazione del
nuovo sistema di aggiornamento del Catasto Terreni che
NEWS del Territorio ha esteso, con provvedimento del 1°
l’Agenzia
Ottobre 2009, a tutto il territorio nazionale.
La fase di sperimentazione ha coinvolto in questi anni 19
Uffici Provinciali e i professionisti designati dai rispettivi
Consigli Nazionali (Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori, Agronomi e Forestali, Geometri e Geometri
Laureati, Ingegneri, Periti Industriali e Periti Industriali
Laureati, Periti Agrari e Periti Agrari Laureati e Agrotecnici
e Agrotecnici Laureati) ed ha portato alla realizzazione di
una procedura automatica, basata su regole condivise, per
la consultazione delle banche dati del Catasto Terreni.
Per ora il nuovo sistema può essere adottato in via facoltativa,
ma a partire dal 1° giugno 2010 sarà reso obbligatorio.
Ecco i punti cardine di questo nuovo modello tecnicoorganizzativo:
• condivisione degli archivi catastali, disponibili al
professionista attraverso il nuovo estratto della mappa;
• partecipazione attiva degli stessi professionisti che
predispongono la proposta di aggiornamento;
• trasmissione telematica degli atti;
• procedura informatica PREGEO 10, che esegue tutti i
controlli necessari in relazione alle vigenti disposizioni in
materia e provvede all’aggiornamento automatico della
cartografia catastale e del corrispondente archivio censuario.
Inventati alberi in plastica
mille volte più efficienti
di quelli naturali
contro l’anidride carbonica
Come è noto, gli alberi assorbono
grandi quantità di anidride carbonica.
Un professore della Columbia
University si è però chiesto se e come
fosse possibile aumentare questa capacità
di assorbimento. Insieme al suo team
della Global Research Technologies ha
creato un albero sintetico che, secondo
quanto da lui dichiarato, può catturare
CO2 mille volte più velocemente degli
alberi naturali e senza il bisogno di luce
solare diretta.
Questo tipo di albero è composto da
foglie in plastica in grado di intrappolare
anidride carbonica in una camera
interna, appositamente progettata
per comprimere e trasformare il gas
in liquido e potenzialmente usato per
carburanti e fertilizzanti. Ogni singolo
dispositivo può catturare fino a 90000
tonnellate di CO2 l’anno.
Il problema principale purtroppo è il
prezzo. Costosi da produrre, questi alberi
sintetici però promettono prestazioni
davvero strabilianti. Il costo quindi non
deve spaventare (più o meno come una
macchina nuova di fascia media) anche
perché possono essere usati ovunque,
anche in condizioni dove i normali alberi,
quelli veri, non potrebbero sopravvivere.
photo©shutterstock.com/Pakhnyushcha
CURIOSITÀ
photo©shutterstock.com/Vladimir Mucibabic
Nel prossimo numero
CITTÀ
Rigenerazione urbana
Esperienze di housing sociale
SOCIETÀ E COSTUME
Intervista a Mario Nanni
il ‘progettista’ di Viabizzuno
OSSERVATORIO
Expo 2010 di Shanghai:
Come si presentano
i principali Paesi
del mondo
DOSSIER
Dall’immagine al modello
Note sulla cartografia
geometrica in Italia
dal Rinascimento
alla Rivoluzione Geodetica
Parte seconda: da Raffaello Sanzio
a Giambattista Nolli
… e tanti altri interessanti articoli sui temi del progettare, del
costruire, dell’ambiente e sulle novità più significative per la
categoria dei geometri: previdenza, innovazione, tecnologie e
materiali …
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