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Estratto Tesi - Provincia di Pisa
CAPITOLO 2 UNA QUESTIONE ATTUALE MA DI ORIGINI LONTANE: LA PROGRESSIVA TIPIZZAZIONE GIURISPRUDENZIALE DEL CONCORSO ESTERNO 1. La timida apparizione del concorso esterno nel maxi-processo del 1968 contro le organizzazioni politiche terroristiche e nelle pronunce antecedenti al 1994 2. La contiguità al fenomeno mafioso dalla concezione clinica della sentenza Demitry alle osservazioni della pronuncia Villecco 3. Tra continuità ed evoluzione: la sentenza Carnevale e le risposte mancate 4. La sentenza Mannino: l’ultimo approdo sulle componenti oggettive e soggettive del contributo dell’ “extraneus” 4.1 Segue. Sulla conservazione e sul rafforzamento dell’organizzazione criminosa 1 1. La timida apparizione del concorso esterno nel maxi-processo del 1968 contro le organizzazioni politiche terroristiche e nelle pronunce antecedenti al 1994 Durante la metà degli anni Settanta, nell’intensa lotta giudiziaria contro il terrorismo politico, ci si limitava ad osservare la astratta configurabilità del concorso esterno nel reato associativo, preferendo però reprimere le forme di vicinanza alle organizzazioni criminali talora tramite le diverse fattispecie incriminatici di parte speciale, che nel complesso, erano in grado di assicurare un’adeguata copertura nei confronti di quelle condotte di difficile qualificazione appannaggio delle organizzazioni terroristiche, talaltra propugnando un’interpretazione estesa della nozione di partecipazione associativa punibile1. In questo contesto dunque si andavano sviluppando le prime dispute sulla ammissibilità o meno del concorso esterno nel reato associativo: il problema cominciava a porsi concretamente in relazione alla repressione del terrorismo degli anni ’70 ed ’80 con il palese obiettivo di perseguire oltre agli aderenti alle associazioni e alle bande armate, il sostegno esterno e la fascia sociale di consenso2. 1 Cfr. Corte d’Assise di Brescia 2 febbraio 1978, Fumagalli, in Giust. pen. , II, 1978, 605 ss. ; nonché Corte d’Assise di Torino 23 giugno 1978, Curcio, in Riv. Pen. , 1978, 1008, secondo la quale in materia di banda armata “ogni forma di collaborazione prestata in favore della banda o l’assunzione in seno alla stessa di un qualsiasi impiego che non sottintendano stabilità di vincolo associativo possono integrare ipotesi di concorso nel reato, come si evince dall’art. 307 c.p. , che trova applicazione unicamente fuori dai casi di concorso nel delitto di banda armata”. 2 Si registrano tra le voci di consenso all’azione dei giudici quelle di CASELLI G. PERDUCA, I delitti contro la personalità dello Stato, in Codice penale. Parte speciale, Giurisprudenza sistematica di diritto penale, I, Torino, 1984; VALIANTE M. , Il reato associativo, Milano, 1980. 2 La prima pronuncia di legittimità in tema di concorso esterno nei reati associativi è rinvenibile in un’applicazione concernente i reati associativi di tipo politico: il riferimento è a quella decisione della Corte di Cassazione del 19683, relativa ad un processo nei confronti di alcuni altoatesini per attività terroristiche, che riconosceva la configurabilità del concorso esterno con specifico riferimento al reato di cospirazione mediante associazione di cui all’art. 305 c.p. . Più precisamente in quella sentenza da un lato si individuava il fatto del concorrente nell’ attività di chi “pur non essendo membro del sodalizio, cioè non aderendo ad esso nella piena accettazione della organizzazione, dei mezzi e dei fini, contribuisce all’associazione mercè un apprezzabile fattivo apporto personale, agevolandone l’affermarsi e facilitandone l’operare, conoscendone l’esistenza e le finalità, ed avendo coscienza del nesso causale del suo contributo”; dall’altro il partecipe all’associazione prevista dall’art. 305 c.p. era da individuarsi, secondo i giudici di legittimità, in “colui che conoscendone l’esistenza e gli scopi, vi aderisce e ne diviene, con carattere di stabilità, membro e parte attiva, rimanendo sempre al corrente dell’intera organizzazione, dei progetti, del numero dei consoci, delle azioni effettivamente attuate o da attuarsi, sottoponendosi alla discipline delle gerarchie ed al succedersi 3 Cfr. Cass. , I, 27 novembre 1968, Muther e altri, in Arch. pen. , 1970, 7 ss. Ammettono il concorso esterno anche Cass. , 5 marzo 1980, Livraghi, in Foro it. , 1980, II, c. 479; Cass. , I, 25 ottobre 1983, Arancio, in Foro it. rep. , 1984, c. 524. Contra cfr. Cass. , 14 gennaio 1985, Pinna, ibidem, 1986, c. 2367. 3 dei ruoli: il partecipante vuole tutto il fenomeno associativo nella sua interezza”. La Corte di Cassazione argomentava in particolare la configurabilità del concorso esterno nel reato associativo facendo leva sulla clausola di riserva contenuta nell’art. 307 c.p. , in relazione all’art. 305 c.p. , poi riprodotta nell’art. 418 c.p. , in rapporto all’art. 416 c.p. 4. Avverso tale decisione parte della dottrina non ha mancato di effettuare alcuni rilievi, in particolare a causa della asserita insufficienza del criterio distintivo: qualcuno ha infatti obiettato che, al di là del profilo nominalistico circa la adesione o meno al sodalizio, la distinzione tra partecipazione e concorso all’associazione veniva effettuata dai giudici di legittimità secondo un approccio meramente quantitativo, rappresentato in sostanza dalla maggiore o minore pregnanza del contributo all’associazione5. Altri poi, in via più generale, hanno sostenuto non solo la necessità di evitare di pervenire alla definizione delle condotte esterne rilevanti attraverso un processo riempitivo effettuato da un organo, quello giurisdizionale, deputato ad applicare la legge e non a crearla, unitamente all’inidoneità di tali interventi ad assurgere a parametro 4 Si vedano le osservazioni di SEVERINO P. , Problemi di definizione della figura circostanziata e di applicazione delle regole sul concorso eventuale in riferimento al delitto di cospirazione politica mediante associazione, in Cass. Pen. , 1977, 1107 ss. 5 Il rilievo è di MACCHIA A. , “Concorso esterno”, storia di una creazione giurisprudenziale. Dopo vari tentativi ecco una ricostruzione esauriente, in D & G del 7 giugno del 2003, n. 22, 34 ss. , il quale rileva che le propaggini di tali principi si rinvengono anche in Cass. pen. , I, 17 aprile 2002, Frasca. 4 distintivo di riferimento a causa della inevitabile storicità che li contraddistingue, ma hanno anche evidenziato la pericolosità degli stessi in quanto condizionati da esigenze probatorie non sempre neutre e da percorsi argomentativi molte volte riconducibili alla necessità di punire comportamenti inquadrabili nel penalmente rilevante a causa della tutela della personalità dello Stato6. Eppure nel 1968 già si profilavano, con straordinaria puntualità, i profili fondanti che in futuro sarebbero stati attribuiti all’istituto del concorso esterno: l’elemento oggettivo, costruito sull’efficienza causale di un contributo fattivo all’attività del gruppo; la riconoscibilità del concorrente quale “non membro” dell’associazione (cioè quale persona non aderente ad essa nella piena accettazione dell’organizzazione, dei mezzi, e dei fini); l’elemento soggettivo incentrato sulla consapevolezza dei vantaggi recati al gruppo e, sebbene non troppo nitidamente, su un sentimento di alterità. Con la sentenza Arancio7, intanto, i giudici di legittimità confermavano la sentenza della Corte di Assise di Appello di Torino che aveva condannato un avvocato a titolo di concorso nel delitto di partecipazione a banda armata per aver fatto da tramite tra alcuni 6 Si veda la posizione critica di INSOLERA G. , Il concorso esterno nei delitti associativi: la ragione di Stato e gli inganni della dogmatica, in Foro it. , 1995, II, 422 ss. . Secondo l’Autore: “…o l’ipotesi del concorso finisce con il coincidere con la stessa partecipazione all’associazione, per via dell’efficienza del contributo, necessariamente reiterato, alla vita ed alla permanenza del sodalizio, ovvero il ricorso a questo allargamento della sfera di applicazione del delitto associativo è necessariamente funzionale alla punizione di condotte che in realtà sfuggono a quella in relazione con l’ente”. 7 Cass. , 25 ottobre 1983, Arancio e altri, in Giust. pen. , 1984, I, 469. 5 brigatisti detenuti ed altri in libertà, riformando la decisione dei giudici di primo grado che invece lo avevano assolto, per non aver commesso il fatto, dal reato di organizzatore della medesima associazione. In questa prospettiva, la Suprema Corte ha riconosciuto che le norme sul concorso eventuale di persone nel reato possono trovare applicazione rispetto al reato di partecipazione a banda armata, ed ha specificato inoltre che "commette il delitto di concorso in banda armata, e non già quello di favoreggiamento, il difensore che svolge il ruolo di tramite fra i terroristi detenuti e quelli liberi, al fine di comunicare notizie utili all'esistenza della banda in quanto tale". Appare curioso però il fatto che il medesimo ruolo di tramite tra interno ed esterno del carcere porta qualche anno dopo alla condanna, stavolta per partecipazione alla banda armata, di un altro avvocato8. La Corte di Cassazione infatti, a distanza di pochi anni9, qualifica come partecipativa l’attività di chi, al di fuori di qualsiasi attività difensiva, materializza una collaborazione con l’organizzazione eversiva che pienamente consapevole, sul piano psicologico, integra pure l’adesione ideologica all’attività eversiva dell’organizzazione terroristica. 8 Mai così appropriata la terminologia utilizzata da MOROSINI P. in La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. , che nel titolare un paragrafo si esprime così: “I mobili confini della condotta partecipativa”. 9 Cass. , 13 marzo 1984, Bartoloni, in Cass. pen. , 1984, pag. 1068. 6 Questo breve confronto giurisprudenziale conferma in sostanza, al di là della diversità degli schemi interpretativi adottati, la necessità di colmare qualsiasi possibile lacuna repressiva attorno al fenomeno delle organizzazioni di tipo politico10, in un contesto certamente caratterizzato non solo da un adattamento della fattispecie astratta alle peculiarità organizzative e operative del sodalizio in concreto ma anche da una forte interferenza tra quantità e qualità del materiale probatorio raccolto nel procedimento e criteri di imputazione della responsabilità penale11. In quella sede, tuttavia, venivano emergendo anche soluzioni che in seguito sarebbero state ribaltate: la configurazione del concorso quale contributo all’altrui fatto monosoggettivo di partecipazione, e una concezione del fenomeno concorsuale alla stregua di partecipazione minore, strutturalmente marginale12. Ciò che rileva per ora sottolineare è comunque il fatto che la giurisprudenza ha cercato di sopperire a quel (presunto) deficit di determinatezza che caratterizza l’istituto del concorso di persone nel reato, sia in generale sia quando viene applicato al reato associativo: si 10 Si vedano a tal proposito le considerazioni è effettuate da PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 930. 11 Si veda in tal senso LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. , secondo cui “nelle sedi processuali e nel dibattito scientifico era maturata l’idea polemica che i giudici, teorizzando il concorso esterno, cercassero una fattispecie astratta per le prove raccolte (o asseritamente tali), piuttosto che cercare e vagliare le prove dell’integrazione di una fattispecie delineata dal legislatore”. Per una più completa ed attenta analisi della partecipazione e del concorso esterno nell’associazionismo criminale di tipo politico si rinvia a VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 87 ss. 12 Cfr. BETTIOL R. , Associazioni politiche illecite: un contributo interpretativo, in AA. VV. , Il delitto politico dalla fine dell’800 ai giorni nostri, Roma, 1984, 253; PELLISSERO, Delitti politici e flessibilità delle categorie dogmatiche, Torino, 2000. 7 vedrà nel prosieguo se questa supplenza è stata rispettosa del principio di legalità e di determinatezza che impone alle corti di non superare i, sia pur labili, limiti posti dal legislatore alla rilevanza penale di determinate condotte. Dalla fine degli anni ’80 e fino al 1994, le prime imputazioni di concorso esterno contribuivano ad alimentare il dibattito dottrinario di cui si discorreva nel primo capitolo: stavolta però con riferimento alle organizzazioni criminali di tipo mafioso. In principio con la sentenza Arslan del 198513, la Corte di Cassazione cerca di distinguere i concetti di partecipazione e di concorso esterno, sulla base del modello causale di partecipazione nei reati associativi: il fatto del partecipe, si afferma, è caratterizzato non dal semplice accordo di volontà ma dal contributo causale minimo ma non insignificante alla vita dell’associazione. Successivamente si optò per la prospettiva oganizzatoria, in particolare nel maxi processo alla camorra di Cutolo14: in quella circostanza non solo la figura del partecipe era individuata nell’inserimento nell’organizzazione, ma, i giudici, ammettevano la 13 Cass. , 24 aprile 1985, Arslan, in Cass. pen. , 1986, 822. Si veda però Il rilievo di PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. , secondo il quale tale procedimento tuttavia sarebbe viziato da un “intrinseco difetto di determinatezza”. L’Autore portando gli esempi dell’esito incerto di alcuni processi rileva come mentre nei maxi processi il ricorso al concetto causale di partecipazione ha finito per determinare un arretramento della punibilità, nei processi con un più ristretto numero di imputati, l’applicazione dello stesso ha svolto un ruolo selettivo, in coerenza con le aspettativa di restringimento dell’area della rilevanza penale alimentate dalla sentenza Arslan. 14 Cass. , 13 giugno 1987, Altivalle, in Cass. pen. , 1988, 1822. Cfr. anche Corte d’Appello Napoli, 15 settembre 1986, Tortora ed altri, in Giust. pen. , 1987, II, 474. 8 configurabilità del concorso esterno oltre che nella forma del concorso psicologico o morale, anche in quella del concorso materiale15. Iniziava così l’“altalena” tra pronunce giurisprudenziali negazioniste e favorevoli alla configurabilità del concorso esterno. Tra le prime occorre certamente ricordare le sentenze Cillari16 ed Agostani17 che muovevano, appunto, dalla considerazione che la condotta associativa e quella concorsuale, tipizzate attraverso il medesimo orientamento di tipizzazione causale, sarebbero di fatto indistinguibili. Più precisamente la Corte di Cassazione ha affermato che "l'ipotesi concorsuale ai sensi dell'art. 110 c.p. non trova ingresso nello schema dell'art. 416 c.p. al di là del concorso morale e limitatamente ai 15 Il concorso esterno materiale ricorrerebbe “tutte quelle volte in cui il terzo non abbia voluto entrare a far parte dell’associazione, o non sia stato accettato come socio, e tuttavia presti, all’associazione medesima, un proprio contributo, a condizione che tale apporto, valutato ex ante ed in relazione alla dimensione lesiva del fatto ed alla complessità della fattispecie, sia idoneo se non al potenziamento almeno al consolidamento ed al mantenimento dell’organizzazione criminosa…”. 16 Cass. , I, 19 gennaio 1987, Cillari, in Arch. Pen. , 1989, I, 36 con nota contraria di DE LIGUORI L. , Concorso eventuale e reati associativi, in Cass. Pen. , 1989, 36 ss. Nel processo riguardante una organizzazione facente capo alla nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo composta da soggetti definiti insospettabili si affermava che “la cosiddetta partecipazione esterna, che ai sensi dell’art. 110 c.p. renderebbe responsabile colui che pur non essendo formalmente inserito a far parte di una consorteria mafiosa abbia tuttavia prestato al sodalizio un proprio adeguato contributo perché lo stesso realizzasse i suoi scopi, si risolve, in realtà, nel fatto tipico della partecipazione punibile, la quale deve ritenersi integrata da ogni contributo apprezzabile effettivamente apportato alla vita dell’ente ed in vista del perseguimento dei suoi scopi, mediante una fattiva e consapevole condivisione della logica di intimidazione e di dipendenza personale propria del gruppo e nella consapevolezza del nesso causale del contributo stesso”. Pertanto, si osservava, “ciò che ha rilevanza è che il contributo apportato dal singolo si innesti nella struttura dell’associazione ed in vista del perseguimento della sua finalità, divenuta, così, causa comune civilisticamente intesa dell’agire suo e dell’ente, per tale via risultando che la partecipazione esterna si risolveva nel fatto tipico della partecipazione”. 17 Cass. , I, 21 marzo 1988, Agostani, in Cass. pen. , 1990, 2129, secondo cui “l’appartenenza a una organizzazione non è uno stato o un atteggiamento psicologico, ma si fonda sul contributo alla sua esistenza e attività; nei riflessi soggettivi, la condotta associativa presuppone consapevolezza e volontà del fine perseguito attraverso il contributo; chiunque fornisca un siffatto consapevole apporto è dunque partecipe dell’organizzazione; se l’apporto non c’è, per contro, neppure può esservi un concorso nel reato”. 9 soli casi di determinazione od istigazione a partecipare od a promuovere, costituire, organizzare l'associazione per delinquere. Pertanto, una condotta che concretamente favorisce le attività ed il perseguimento degli scopi sociali, posta in essere da un soggetto esterno al sodalizio, non potrà essere ritenuta condotta di partecipazione al reato associativo ove non sia accompagnata, non dalla mera connivenza, bensì dalla coscienza e volontà di raggiungere attraverso quegli atti, anche se di per se stessi leciti, pure i fini presi di mira dall'associazione e fatti propri, trattandosi, in tal caso non già di concorso nel reato di associazione, bensì di attività che realizza, perfezionandosi l'elemento soggettivo e quello oggettivo, il fatto tipico previsto dalla norma istitutiva della fattispecie associativa"18. Occorre sottolineare che la configurabilità del concorso eventuale, con riferimento all'associazione di tipo mafioso, venne esclusa da ulteriori pronunce di legittimità di poco successive19. 18 Cass. , I, 21 marzo 1988, Agostani, in Cass. pen. , 1990, 2129. Cfr. in tal senso Cass. , I, 18 marzo 1994, Mattina, in Cass. pen. , 1994, III, 2685, secondo cui "al di fuori dell'ipotesi del concorso morale consistente nel determinare o, comunque, rafforzare la volontà altrui di partecipare a un'associazione per delinquere o di promuoverla o dirigerla od organizzarla, non è configurabile il concorso eventuale, ex art. 110 c.p. , nell'associazione per delinquere, sia essa di tipo mafioso o non. Ed invero, affinché una condotta sia ritenuta punibile a titolo di concorso in un determinato reato, ai sensi dell'art. 110 c.p. , sono necessari un contributo causale (materiale o semplicemente morale o psichico), e il dolo richiesti per il reato medesimo. Ne consegue che quando tali condizioni si siano verificate in relazione al delitto di associazione per delinquere sono integrati gli estremi della partecipazione a detta associazione; mentre, allorché le dette condizioni non si siano verificate, il fatto potrà integrare gli estremi di altri reati (corruzione, favoreggiamento o altro), ma non quello di concorso in associazione per delinquere". La Suprema Corte ha, comunque, precisato che "dall'esclusione della configurabilità del concorso materiale nel delitto di associazione per delinquere non necessariamente discende l'esclusione della responsabilità dell'agente per il delitto associativo, in quanto spetta al giudice di merito valutare se gli elementi posti a base dell'erroneamente ritenuto suo concorso giustifichino l'accusa di partecipazione al sodalizio criminoso, e cioè la sussistenza di un contributo causale alla realizzazione dei suoi scopi e l'adesione all'associazione stessa, anche se in relazione a un periodo di tempo relativamente breve: e 19 10 Non bisogna però attendere a lungo per rinvenire qualche decisioni della Suprema Corte favorevole all’ammissibilità del concorso esterno nei reati associativi: fra di esse la più significativa è indubbiamente la sentenza Altivalle20, che ravvisava tale figura “tutte le volte in cui il terzo non abbia voluto entrare a far parte dell’associazione, o non sia stato accettato come socio, e tuttavia presti all’associazione medesima un proprio contributo…idoneo se non al potenziamento almeno al consolidamento ed al mantenimento dell’organizzazione criminosa, con la consapevolezza e la volontà di contribuire alla realizzazione degli scopi dell’associazione…con la conseguenza che il concorso non sussiste quando il contributo è dato ai singoli associati”. La suddetta pronunzia dopo aver individuato nell’inserimento nell’illecito sodalizio l’elemento che distingue la partecipazione dal concorso esterno, ritiene che la condotta del concorrente eventuale debba caratterizzarsi per la sua obiettiva idoneità a rafforzare o mantenere in ciò prescindendo dal fatto che l'associazione possa considerare gli adepti come non partecipi, in quanto non sottoposti a particolari riti di affiliazione, giacché della sussistenza dell'associazione e della partecipazione ad essa di singoli soggetti si deve giudicare in base ai principi di legge in materia e non in base alle regole stabilite dall'associazione per delinquere". 20 Cass. , I, 13 giugno 1987, Altivalle, in Cass. pen. , 1988, II, 1812, che sottolineava come “le condotte di partecipazione all’associazione devono essere caratterizzate sul piano soggettivo dall’affectio societatis, ossia dalla consapevolezza e della volontà di far parte dell’organizzazione condividendone le sorti e gli scopi e, sul piano oggettivo, dall’inserimento nell’organizzazione, che prescinde da formalità o riti che lo ufficializzano, ben potendo esso risultare per facta concludentia, attraverso un comportamento che, sul piano sintomatico, sottolinei la partecipazione, nel senso della norma, alla vita dell’associazione. Il concorso eventuale si configura invece non soltanto nel caso di concorso psicologico nelle forme della determinazione e della istigazione nel momento in cui l’associazione viene costituita, ma anche successivamente quando il terzo non abbia voluto entrare a far parte dell’associazione o non sia stato accettato come socio e, tuttavia, presti all’associazione medesima un proprio contributo, a condizione che tale apporto valutato ex ante, e in relazione alla dimensione lesiva del fatto e alla complessità della fattispecie, sia idoneo, se non al potenziamento, almeno al consolidamento e al mantenimento dell’organizzazione”. 11 vita l'associazione criminosa, ed essere sorretta dalla cosciente volontà di contribuire alla realizzazione delle finalità proprie dell'associazione21. Questa in sostanza la situazione giurisprudenziale: alcune sentenze della Suprema Corte seguono, ai fini della distinzione tra la condotta di partecipazione e quella di concorso, il criterio fondato sull’inserimento o meno del soggetto nella struttura dell’organizzazione delinquenziale22. Altre pronunce, invece, nonostante una cauta apertura in linea teorica al concorso esterno nei reati associativi, ne negano in concreto la sussistenza23. Un piccolo approfondimento merita però la sentenza Clementi24: non solo in quanto tale pronuncia rappresenta l’esatta fotografia dello sviluppo di alcuni degli argomenti dottrinali (esaminati al capitolo 21 Nello stesso senso cfr. Cass. , 4 febbraio 1988, Barbella, in Rep. Foro it. , 1989, che pone l’accento sul carattere episodico della condotta dell’estraneo. 22 Si veda in tal senso Cass. , 23 novembre 1992, Altomonte, in Foro it. rep. , 1993, c. 2197, secondo cui “mentre è punibile a titolo di partecipazione colui che presti la sua adesione e il suo contributo all’attività associativa, anche per una fase temporalmente limitata, risponde a titolo di concorso nel reato associativo il soggetto che, estraneo alla struttura organica del sodalizio, si sia limitato anche ad occasionali prestazioni di singoli comportamenti, aventi idoneità causale per il conseguimento dello scopo sociale o per il mantenimento della struttura associativa, avendo la consapevolezza dell’esistenza dell’associazione e la coscienza del contributo”. Cfr. anche Cass. , I, 24 luglio 1993, Turiano, in Riv. pen. , 1994, II, 540, la quale ha osservato che la norma relativa al concorso di persone e la natura giuridica del reato plurisoggettivo non escludono la possibilità di un concorso eventuale. Più precisamente "deve ritenersi ammissibile il concorso eventuale di persone in un reato associativo, che si realizza quando la condotta dell'agente non sia intrinsecamente connaturata con la struttura del sodalizio criminoso, ma ne costituisca soltanto supporto esterno non direttamente incidente sugli elementi necessari per la configurazione dell'associazione". 23 Il riferimento è a Cass. , I, 18 maggio 1994, Clementi, in Foro it. , 1994, II, c. 560, secondo cui "la possibilità del concorso eventuale dell'estraneo nelle figure di reato cosiddetto plurisoggettivo non può essere negata in via di principio, occorrendo invece esaminare in concreto la struttura del singolo reato plurisoggettivo al fine di acclarare la possibilità di un concorso eventuale di persone nel medesimo. In particolare nel reato di associazione per delinquere di tipo mafioso di cui all'art. 416 bis c. p. , che è appunto reato plurisoggettivo, è ipotizzabile soltanto il concorso necessario di persone, mentre quello eventuale non può sussistere in considerazione della particolare struttura di detto reato, atteso che comunque l'elemento soggettivo ed oggettivo di ciascun apporto alla realizzazione della fattispecie criminosa in questione, per essere rilevante ai fini della integrazione della stessa, non può differire dagli elementi soggettivo ed oggettivo caratterizzanti la "partecipazione" al reato medesimo". 24 Cass. , I, 18 maggio 1994, Clementi, in Foro it. , 1994, II, 560, con nota di VISCONTI C. 12 precedente) volti a sostenere la tesi dell’inammissibilità del concorso eventuale nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. , ma anche perché la stessa pronuncia avrebbe dato, nello stesso anno, impulso alla pronuncia a Sezioni Unite del 5 ottobre 1994. Ad avviso dei giudici di legittimità infatti, l’esistenza del concorso esterno nel reato di associazione di stampo mafioso non può desumersi neppure dal tenore letterale dell'art. 418 c.p. (che stabilisce che la figura criminosa dell'assistenza agli associati è applicabile "al di fuori del caso di concorso nel reato" di associazione di tipo mafioso), poiché "l'interpretazione sistematica di altre norme penali interessanti la materia porta a ritenere che la citata espressione si riferisce al solo concorso necessario di persone nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. e non anche al concorso eventuale nel medesimo". La Suprema Corte afferma infatti che "le condotte in vario modo agevolatrici o del singolo appartenente all'associazione per delinquere di stampo mafioso ovvero dell'attività dell'associazione di per sé considerata, che nella sostanza concretizzerebbero i comportamenti del concorrente eventuale nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. , sono state specificamente prese in considerazione dal legislatore”. Quest'ultima precisazione lascia intendere che, al di fuori della condotta di partecipazione, potrebbero sì verificarsi contributi rilevanti all'attività associativa, che però darebbero luogo solo a speciali 13 aggravanti, che presuppongono comunque la commissione di reati diversi da quello associativo25. Il 1994 è però, come si anticipava, l’anno in cui è datata la prima e compiuta pronuncia della Cassazione a Sezioni Penali Unite che, risolvendo in senso positivo la questione della configurabilità del concorso esterno nel reato associativo, ricomponeva anche i diversi contrasti giurisprudenziali in materia. Da tale data, ammessa e ribadita in linea di principio la legittimità dogmatica, insieme con l’opportunità politico-criminale, del concorso eventuale nel reato associativo, la Corte di Cassazione, inaugura quel lungo percorso volto a precisare presupposti e limiti del concorso esterno nei reati associativi. 25 Sui rilievi concernenti il profilo soggettivo si veda sempre Cass. , I, 18 maggio 1994, Clementi, in Foro it. , 1994, II, c. 560, secondo cui “poiché i concorrenti devono realizzare il medesimo reato degli autori, non può ritenersi che il concorrente esterno agisca con dolo generico diversamente dall’autore del reato associativo il quale invece deve agire con dolo specifico”. Si veda anche Cass. , I, 3 giugno 1994, Della Corte, in Riv. pen. , 1994, III, 1114, con nota di TENCATI, secondo cui nel reato di associazione per delinquere di tipo mafioso non è configurabile responsabilità a titolo di concorso esterno “giacché o il presunto concorrente esterno, nel porre in essere la condotta oggettivamente vantaggiosa per il sodalizio criminoso, è animato anche dal dolo specifico proprio di chi voglia consapevolmente contribuire a realizzare i fini per i quali detto sodalizio è stato costituito ed pera, e allora egli non potrà in alcun modo distinguersi dal partecipante a pieno titolo; ovvero mancando in lui quel dolo specifico, la condotta favoreggiatrice o agevolatrice da lui posta in essere dovrà essere necessariamente riguardata come strutturalmente e concettualmente distinta e separata dal reato associativo.” Cfr. anche Cass. , 14 ottobre 1994, Cavallari, in Cass. pen. , 1996, 2177, secondo la quale "poiché i delitti di cui agli articoli 416 e 416 bis c.p. sono caratterizzati dal dolo specifico, e deve conseguentemente sussistere la volontà del concorrente di contribuire a realizzare gli scopi in vista dei quali è costituito ed opera il sodalizio criminoso, non può ipotizzarsi un concorso nel delitto associativo a titolo di dolo eventuale". 14 2. La contiguità al fenomeno mafioso dalla concezione clinica della sentenza Demitry alle osservazioni della pronuncia Villecco È con la notissima sentenza Demitry26 che i giudici di legittimità, analizzando sul piano dogmatico le caratteristiche idonee a differenziare il fatto tipico della partecipazione all’associazione dalla condotta atipica del concorrente, hanno imposto una forte accelerazione evolutiva ai connotati del concorso esterno nei reati associativi. Tale pronuncia costituisce infatti, secondo opinione comune, la prima compiuta elaborazione giurisprudenziale sul concorso esterno, che risolvendo in senso positivo le obiezioni in materia, ha costituito il precedente richiamato dalle successive decisioni sul tema: il caso di specie riguardava un politico accusato di essere l’intermediatore tra un’associazione camorristica ed un giudice per l’ “aggiustamento” di un processo a carico dei membri del sodalizio criminoso. Si definisce in quel caso partecipe “colui che entra nell’associazione e ne diventa parte, senza il cui apporto quotidiano o comunque assiduo l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta speditezza”; concorrente esterno invece, “colui che non vuol far parte dell'associazione e che l'associazione non chiama 26 Cass. , SS. UU. , 5 ottobre 1994, Demitry, in Foro it. , 1995, II, 422 ss. , con nota di INSOLERA G. , Il concorso esterno nei delitti associativi: la ragione di Stato e gli inganni della dogmatica; nonché in Cass. pen. , 1995, pagg. 858 ss. ; cfr. anche la nota di IACOVIELLO F. M. , Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, in Cass. pen. , 1995, 858 ss. 15 a far parte, ma al quale si rivolge sia per colmare eventuali vuoti temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui la fisiologia dell'associazione entra in fibrillazione, attraversando una fase patologica che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno”. Il parametro distintivo tra partecipe e concorrente esterno, a parere della Suprema Corte, era da individuarsi nella fisiologia o nella patologia dell'agire associativo27. Le ragioni dell’adesione all’indirizzo dell’ammissibilità del concorso esterno nei reati associativi si basavano, tra l’altro, sulla non sovrapponibilità delle condotte di partecipazione e quelle di concorso nel reato di cui all’art. 416 bis c.p. e sull’erroneità della affermazione che il concorrente esterno dovesse possedere lo stesso dolo di colui che fa parte dell’associazione (ovvero il dolo specifico di realizzare i fini propri dell’associazione), trattandosi di un apporto temporaneo finalizzato a superare una fase patologica della stessa. I giudici di legittimità creavano così (ed a loro insaputa! quella che sarebbe poi stata battezzata) la c.d. metafora clinica sul concorso esterno, distinguendo tra “intranei” alla societas sceleris, i quali hanno una posizione determinante nella “fisiologia” dell’associazione, fornendo gli 27 Si sottolinea in proposito che la sentenza Demity avrebbe riservato solo pochi accenni alla problematica della patologia dell’agire associativo, sicché la reale portata dell’elemento della fibrillazione sarebbe da confinare sul piano esclusivamente esemplificativo: in tal senso cfr. GALLO M. , Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa, in Crit. dir. , 2002, 20 ss. 16 stessi un apporto quotidiano o comunque assiduo, insostituibile o quantomeno agevolante, alla realizzazione dei fini associativi; un apporto normale, continuativo e programmato, e soggetti “estranei”, che hanno un ruolo sostitutivo, non sorretto dalla volontà di far parte dell’associazione, ma asservito a quest’ultima nei momenti di “fibrillazione” o vuoti temporanei che fanno entrare la societas in una fase patologica. La situazione dell’extraneus si caratterizzerebbe, in sintesi, per la occasionalità, la temporaneità, la infungibilità o la straordinarietà del contributo che, con una valutazione ex ante, si sia rivelato idoneo al potenziamento o quantomeno al mantenimento in vita della consorteria criminale. Tale contributo poi sarebbe da tenere distinto da quei casi in cui il concorrente rivolgendo la sua condotta di ausilio nei confronti del singolo reato, realizzi il reato di favoreggiamento28. Circa l’elemento psicologico, invece, i giudici di legittimità sostenevano che al concorrente eventuale, differentemente del partecipe, sarebbe mancato l’affectio societatis. 28 Cfr. in proposito, Cass. , VI, sent. n. 1644 del 1995, Passaro ed altri, la quale ha osservato che "il delitto di cui all'art. 418 c.p. ricorre quando, al di fuori di concorso nel reato associativo o di favoreggiamento, si dà rifugio o si fornisce vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione per delinquere; il contributo dell'agente, cioè, non viene prestato nel reato "de quo", a vantaggio dell'organizzazione nel suo complesso (perché in tal caso concreterebbe gli estremi di una condotta di partecipazione all'associazione) ma è rivolto nei confronti di un singolo associato, anche se può, di volta in volta, riguardare soggetti diversi della stessa organizzazione, la quale, d'altro canto, deve risultare attualmente operante, perché una volta consumato il reato associativo la medesima condotta configura il diverso delitto di favoreggiamento". 17 L’extraneus si afferma “vuole prestare il proprio contributo ed è consapevole di agevolare, con lo stesso, l’associazione; ma egli non vuole appartenere all’associazione e realizzarne i fini: è consapevole di questi ultimi ma è indifferente rispetto ad essi, potendo disinteressarsi della strategia complessiva del gruppo criminale. In altri termini, si ravvisava in capo al concorrente esterno un dolo generico, con valenza tuttavia intenzionale29: nel senso che il concorrente eventuale sarebbe cosciente della natura agevolatoria del proprio contributo, così come nel contempo, sarebbe consapevole della diversa entità dell’apporto degli autori tipici, ovvero di coloro che “fanno parte” dell’associazione. Tuttavia, aggiungono i giudici di legittimità, “mentre il suo atteggiamento psicologico deve necessariamente caratterizzarsi per la non volontà di non far parte dell’associazione, è ben possibile che egli condivida e voglia, nei singoli casi concreti, gli scopi dell’associazione stessa, senza che ciò tramuti il suo contributo da concorso esterno in partecipazione interna”30. La Suprema Corte aderiva così alla tesi secondo cui si può essere concorrenti con dolo generico in un reato a dolo specifico a condizione 29 Il rilievo è di FERRARI F. M. , Il concorso esterno in associazione mafiosa, in D & G, 2005, fasc. 2, 109 ss. 30 Si veda sull’argomento più approfonditamente ARDIZZONE S. , Il concorso esterno di persone nel delitto associativo di tipo mafioso e negli altri reati associativi, in Riv. trim. dir. pen. econ. , 1998, 745 ss. ; BERTOROTTA F. , Concorso eventuale di persone e reati associativi, in Riv. it. dir. proc. pen. , 1998, 1273 ss. ; MONACO G. , Le problematiche costituzionali del concorso esterno nel reato associativo, in Jus, 1998, fasc. 1, 133 ss. ; MUSCATIELLO V. , Per una caratterizzazione semantica del concorso esterno, in Riv. it dir. proc. pen. , 1999, fasc. 1, 184 ss. 18 che almeno uno dei partecipi abbia agito con la finalità richiesta dalla legge31: si integra, in tal caso, il c.d. dolo generico di contribuzione o di agevolazione32. A ben vedere, il concorso esterno è nato proprio dall’esigenza di trovare una risposta criminale a condotte apparentemente neutre ma in realtà strumentali alle manifestazioni associative, che non solo non sono iscrivibili nella tipicità penale sotto il profilo della condotta ma spesso se ne differenziano anche sotto quello psicologico33. Quanto contrario alla all’argomento ermeneutico configurabilità del utilizzato concorso dall’indirizzo esterno, tratto dall’introduzione legislativa di aggravanti ad effetto speciale di 31 La dottrina più antica non ha mai dubitato che si potesse concorrere con dolo generico nel dolo specifico dell’altro: in tal senso si veda FROSALI, L’elemento soggettivo del concorso di persone nel reato, in Arch. Pen. , 1947; GALLO M. , Lineamenti di una teoria sul concorso di persone nel reato, Milano, 1957, 99; MANZINI V. , Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1985, II, 577. Nella dottrina più recente invece si afferma che il dolo specifico non è un elemento accidentale ma un fattore essenziale per definire la tipicità, sicché non può non essere richiesto ai concorrenti: in tal senso si veda PICOTTI, Il dolo specifico, Milano, 1992, 559; PROSDOCIMI, Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie penali, Milano, 1993, 208. 32 Quasi contemporaneamente la Sezione I (Cass. , I, 7 ottobre 1994, Tringale, in Giur. it. , 1995, II, 408), si esprimeva in senso contrario. mentre la prima decisione ad uniformarsi al dictum delle Sezioni Unite è Cass. , VI, 27 marzo 1995, Alfano (in C.E.D. Cass. , n. 202163), particolarmente in ordine al dolo generico del concorrente esterno, con nota di CERASE M. , Sul dolo richiesto per il concorso esterno nel reato associativo, in Cass. pen. , 1997, fasc. 4, 983 ss. Successivamente le stesse Sezioni Unite riaffermavano che ai fini della configurabilità del concorso esterno non si richiede il dolo specifico proprio del partecipe, bensì quello generico consistente nella coscienza e volontà di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell’associazione (Cass. , Sez. Un. , 14 dicembre 1995, Mannino, ivi, n. 202904). Una prima voce dissenziente si manifestava con una decisione della Sezione VI (Cass. , Sez. VI, 13 giugno 1997, Dominante, ivi, n. 208901) nella quale si sottolineava come il concorso valesse a qualificare il reato posto in essere per salvare l’associazione non come reato fine, ma come reato mezzo, realizzato per gli scopi del sodalizio, in mancanza della volontà di farli propri. 33 Si vedano a tal proposito le osservazioni di DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss. , secondo cui “la riflessione della sentenza Demitry fotografa correttamente la realtà e rende lampante che rispetto all’elemento finalistico che è quello che caratterizza il fenomeno associativo l a posizione psicologica del concorrente non solo è diversa da quella del partecipe ma, soprattutto, è meno intensa”. 19 fattispecie delittuose specifiche, i giudici di legittimità sottolineavano poi come “sarebbe del tutto indimostrato che qualora il contributo richiesto all’estraneo per assicurare la vita dell’associazione, passi attraverso un determinato o determinati delitti, il delitto o i delitti aggravati, non possano concorrere con il reato di cui agli articoli 110 e 416 bis c. p. ”. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno, altresì, respinto l’orientamento ermeneutico secondo cui il legislatore, con l’esplicita previsione della speciale aggravante delineata dall’art. 378 comma 2° c.p. e dell’ulteriore aggravante di cui all’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, avrebbe implicitamente escluso la possibilità di ipotizzare il concorso eventuale dell’estraneo nel reato di associazione mafiosa come figura generale del nostro ordinamento34. Al riguardo, la sentenza Demitry ha osservato che il concorso eventuale materiale nel reato associativo conserva un proprio autonomo spazio di rilevanza penale (nei limiti della funzione incriminatrice svolta dall'art. 110 c.p. , che rende illecite anche condotte atipiche), e può eventualmente concorrere con la responsabilità per i reati-fine aggravati ai sensi dell’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, commessi dall’estraneo a vantaggio dell’organizzazione criminale (ad esempio, nel caso in cui l’associazione, per commettere l’omicidio di un individuo capace di mettere in pericolo la vita del sodalizio, decida di avvalersi di un esterno, 34 Si veda retro Cap. 1, par. 3. 20 il quale accetti di intervenire avendo consapevolezza del "valore" della sua condotta, che contribuisce alla stabilità del vincolo associativo e al perseguimento degli scopi dell’organizzazione). Dal riferimento, compiuto dai giudici di legittimità, alla funzionalità del contributo del concorrente rispetto all’obiettivo di "consentire alla associazione di mantenersi in vita, anche solo in un determinato settore", può evincersi che la condotta del concorrente esterno acquista rilevanza penale anche quando riveste efficacia causale rispetto all’esistenza ed al rafforzamento di una particolare articolazione dell’associazione mafiosa (ad esempio, una singola "famiglia" di "Cosa Nostra"), invece che dell’intera organizzazione35. Con argomenti testuali infine si è osservato che non può opporsi alla tesi della configurabilità del concorso eventuale materiale il dato, desunto dalla lettera dell’art. 418 c.p. , secondo cui questa figura criminosa è applicabile “al di fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento”: proprio l’espressione legale “concorso nel reato”, che nella stessa norma coesiste con quella “persone che partecipano all’associazione”, riferita evidentemente a realtà strutturalmente differente (e che la Relazione ministeriale sul progetto del codice penale chiarisce essere riferita al reato di associazione per delinquere), conferma implicitamente la figura del concorso eventuale in questione. 35 Su tale argomento si approfondirà infra par. 4 e 4.1. 21 Senza avere la pretesa di descrivere tutte le reazioni alla sentenza in commento, si può affermare che in dottrina prevalse un atteggiamento critico in quanto, ad avviso di alcuni, la scansione operata dalla Suprema Corte appariva priva di riscontro nel diritto positivo36. In verità, da più parti e a più riprese la sentenza Demitry è stata criticata a causa dei parametri utilizzati, non convincenti a causa della difficoltà di distinguere, con sufficiente certezza, lo stato patologico di un’associazione rispetto ad ipotetiche condizioni di supposta normalità37: l’ammettere infatti che il contributo dell’estraneo debba logicamente presupporre una situazione eccezionale o comunque anormale delle condizioni che il sodalizio attraversi in quello specifico momento, 36 Curiosa è l’affermazione di PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno in associazione mafiosa di nuovo al vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697 ss. , secondo cui , con riferimento al concetto di fibrillazione, ci si troverebbe “di fronte ad un’operazione di cartografia fantastica”. 37 Per tutti, in tal senso, cfr. DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss. Ad avviso dell’Autore, la distinzione sarebbe empiricamente oscura: “…Quando si può dire che un'associazione mafiosa vive una fase fisiologica? Forse, quando domina sovrana sul territorio e nel proprio settore di affari, senza essere assillata dalle forze dell'ordine e senza essere insidiata da associazioni antagoniste? Ma questa è una visione elegiaca del vivere mafioso. Anche loro, per fortuna, hanno le loro pene. Fisiologia e patologia sono già di per sé termini fluidi, confluiscono nella indeterminatezza semantica quando si applicano ad una realtà di sua natura patologica come l'associazione mafiosa (…) Non è più selettivo il secondo parametro, quello del risultato del contributo. O, per meglio dire, preso alla lettera tale criterio sarebbe talmente forte da relegare il concorso esterno ad evenienze marginali. Per quanto ne conosciamo del fenomeno, quanto volte è successo che un'associazione mafiosa ha corso il pericolo di disintegrarsi? Allora quel parametro tradisce tutta la propria enfasi e si esaurisce in essa. Il contributo indispensabile alla vita dell'associazione si traduce processualmente in qualsiasi contributo utile alla stessa. Per selezionare troppo non si seleziona nulla. Espressioni come «patologia dell'associazione» «contributo necessario alla vita dell'ente» sono tipiche formule di una legislazione della giurisprudenza: la giurisprudenza li elabora come criteri di prova, normalmente ricorrenti, di un determinato reato. E come criteri di prova tali formule inizialmente funzionano bene, perché la prova va calata nel contesto e dal contesto acquista specificità e significato. Ma poi, appena si consolidano nella prassi giudiziaria, quei criteri di prova diventano criteri legali e quindi elementi della fattispecie. Il normale diventa normativo. E a questo punto, avulsa dal contesto probatorio la formula non funziona più: diventa una formula vaga a contorni indistinti, con connotazioni intrise di valori e con denotazioni a scarsa definizione. Il risultato è la discrezionalità giudiziaria e, quindi, la tipicità processuale”. 22 renderebbe il regime di operatività del concorso esterno intermittente o a fasi alterne. Non può essere sottaciuta la perplessità sull’idoneità di tale criterio distintivo alla luce, anche, di importanti contributi sociologici che, analizzando i rapporti tra le organizzazioni mafiose e lo Stato, ritengono fisiologico il ricorrere ad apporti esterni all’organizzazione per consolidare la struttura stessa38. E poi, pur esplicando potenzialmente un effetto di riduzione dei casi di concorso esterno, la decisione spostava i problemi di definizione restando infatti arduo stabilire quale aspetto della vita di un’organizzazione criminale potesse considerarsi patologico39. Rispetto al requisito dello stato d’emergenza è stato fondatamente rilevato che “qualificare un certo contributo ad un’organizzazione mafiosa come utile in una prospettiva di emergenza o di normalità, 38 Il riferimento è a SCIARRONE R. , Mafie vecchie mafie nuove. Radicamento ed espansione, Roma, 1998. Tale importante analisi sociologica si fonda sul concetto di capitale sociale: cioè l’insieme di risorse di cui dispone un individuo sulla base della sua collocazione in reti di relazioni sociali. I mafiosi cioè utilizzano un know-how consolidato che consente loro di gestire reti di relazioni che si muovono e articolano in modo informale in ambiti e contesti istituzionali diversi, riuscendo per questa via a mobilitare risorse materiali e finanziarie che utilizzano per i propri fini. La distinzione dalle altre organizzazioni criminali è rinvenibile quindi in una dualità caratterizzata da una tendenza alla centralizzazione interna, che riguarda gli affiliati al gruppo mafioso e si manifesta in un territorio relativamente circoscritto, ed una tendenza alla fluidità esterna che concerne invece le reti di alleanze e di contatti dei mafiosi con altri soggetti e può manifestarsi in luoghi più dispersi dal punto di vista spaziale. Quest’ultima caratteristica, al pari della prima è da ritenersi normale, fisiologica. Nel senso invece che i concetti di patologia e fisiologia della vita associativa sembrano essere mutuati più da speculazioni socio-criminologiche che da rigorose analisi dogmatiche e discutibili sotto il profilo della tassatività si veda FINI M. , La difficile configurabilità del concorso eventuale nell’associazione mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre 2002, in L’Indice pen. , 2004, 649 ss. 39 Nel senso che per distinguere il concorrente dal partecipe non dovrebbe adottarsi il criterio della fibrillazione, dovendosi talaltro escludere la rilevanza del contributo occasionale, ma i parametri derivanti dalle regole interne dell’associazione si veda FALLONE A. , Differenze ed entità nel concorso esterno e nel reato associativo,ai fini della determinazione della figura del partecipe e del concorrente esterno anche con particolare riferimento al caso controverso in cui il singolo con la propria condotta sia vittima o complice del sodalizio malavitoso, in Cass. Pen. , 2002, fasc. 2, 857 ss. 23 dipende infatti non dalla disponibilità di criteri predeterminati e sicuri di giudizio, ma dal particolare punto di visto che si intende adottare, cioè in ultima analisi dal punto di vista soggettiva dell’osservatore”40. Con riferimento alla giurisprudenza di merito edita, invece, le pronunce successive all’indicazione interpretativa offerta dalle Sezioni Unite del 1994 generalmente accoglievano la tesi della configurabilità del concorso eventuale, seppur con riferimento a fattispecie anche notevolmente diverse tra loro41. Seppur non in modo dichiarato, però, la sentenza Demitry aveva individuato nel nesso causale tra la condotta dell’extraneus e il rafforzamento dell’associazione, non solo lo strumento di imputazione obiettiva dell’evento, ma il metodo di tipizzazione del contributo punibile: secondo i giudici di legittimità, chi non è chiamato a dare un contributo casualmente idoneo a consentire ad una associazione mafiosa di colmare vuoti in un determinato ruolo, ovvero a superare uno stato di fibrillazione, non può ritenersi, aver posto in essere una condotta 40 Così FIANDACA G. , La criminalità organizzata e le sue infiltrazioni nella politica, nell'economia e nella giustizia in Italia, in AA.VV. , Il crimine organizzato come fenomeno transnazionale a cura di MILITELLO, PAOLI, ARNOLD, Milano-Friburgo, 2000, 259 ss. 41 Cfr. ad esempio Trib. Palermo, 18 novembre 1996, Cordaro, in Foro it. , 1996, 611, risponde “di concorso esterno e non di partecipazione mafiosa, l’avvocato penalista a carico del quale sia stata raggiunta la prova di una sua imminente affiliazione rituale nelle fila di cosa nostra nonché della materiale realizzazione di comportamenti illeciti favorevoli all’organizzazione criminale e connessi all’attività professionale, quale ad esempio, l’aver esercitato pressioni su un medico legale al fine di costringerlo a mutare le conclusioni di una perizia contraria agli interessi processuali di alcuni imputati appartenenti all’associazione mafiosa e da lui assistiti. La condotta dell’avvocato penalista che, nell’interesse di alcuni imputati per associazione mafiosa, abbia esercitato il proprio mandato difensivo sfruttando tutti gli strumenti processuali consentiti dalla legge e non travalicando i limiti impostigli dalla deontologia professionale, non può mai configurarsi come contributo penalmente rilevante ai sensi degli artt. 110 e 416 bis c.p. , poiché trattasi comunque di attività rientrante nell’ambito del diritto alla difesa tutelato dall’art. 24 secondo comma Cost.”. 24 penalmente rilevante ai sensi del combinato disposto degli articoli 110 e 416 bis c.p. . Tuttavia si è evidenziato a tal proposito42 che si era lasciata in sospeso la questione della necessità o meno dell’effettività del contributo del concorrente esterno nella duplice accezione dell’aver questi effettivamente posto in essere la condotta idonea a rafforzare l’organizzazione criminale, e dell’essersi effettivamente verificato tale ultimo effetto43. In questa oggettiva incertezza andavano così maturando quelle prassi giurisprudenziali fondate su un giudizio di tipo prognostico: ci si riferisce alla c.d. teoria della prognosi postuma, secondo cui fornisce un contributo causale al reato colui che pone in essere una condotta che appaia ex ante idonea a facilitare la realizzazione del reato, aumentandone le probabilità di verificazione, il c.d. aumento del rischio, anche se ex post si riveli inutile o dannosa44. 42 Il rilievo è di BORRELLI G. , Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, in Cass. pen. , 2005, fasc. 12, 3759 ss. 43 Secondo VISCONTI C. , Il concorso esterno, cit. , 1303 ss. , “…mentre non vi sono dubbi sul fatto che l’accertamento probatorio debba avere ad oggetto la circostanza che a seguito di un impulso proveniente dall’ente criminale il soggetto si sia concretamente attivato, andando oltre, pertanto una manifestazione di mera disponibilità, è discutibile la necessità che l’effetto rafforzativo si sia concretamente realizzato, ovvero anche che l’associazione abbia concretamente utilizzato il contributo esterno”. 44 Per tale tesi in dottrina si veda PAGLIARO A. , Principi di diritto penale, Parte generale, Milano, 2003, 560; MANTOVANI F. , Diritto penale, parte generale, Padova, 1979,467; ALBEGGIANI F. , Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione criminosa, in Ind. Pen. , 1977, 426 ss. 25 L’esempio estremizzante di tale impostazione teorica culminava nella sentenza Frasca45. Con la suddetta pronuncia la Corte di Cassazione riteneva, in materia di patto politico-mafioso, che la condotta dell’extraneus fosse compiuta “al momento in cui questo si impegnava una volta eletto, a contraccambiare, in termini materiali o di implicito riconoscimento del ruolo e del prestigio del sodalizio criminoso, l’aiuto ricevuto” aggiungendo che “l’ordine pubblico è vulnerato per il sol fatto che una associazione mafiosa scenda in campo più o meno apertamente a favore del candidato”. Comunque sia, anche grazie all’asseverazione che le Sezioni Unite avevano compiuto della propria scelta (con particolare riguardo alla ricostruzione dei profili soggettivi del concorso esterno) in una decisione di qualche tempo successiva46, la questione dell’ammissibilità del concorso esterno nella giurisprudenza si era sostanzialmente chiusa. 45 Cass. , I, 16 marzo 2000, in Foro it. , 2001, II, c. 80, con nota di MOROSINI P. , Riflessi penali e processuali del patto di scambio politico-mafioso, il quale appunto sottolineava come la decisione rappresentasse l’abbandono del criterio causale come mezzo di tipizzazione del contributo punibile, avendo la promessa dell’extraneus unicamente il valore di un apporto potenziale al sodalizio, in attesa di una bilaterale realizzazione del sinallagma contrattuale. In dottrina comunque tale tesi è sostenuta da GROSSO C. F. , Accordo elettorale politicomafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. Una configurazione possibile, in Foro it. , 1996, V, 121 ss. Contra FIANDACA G. , Accordo elettorale politico- mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa: un'espansione incontrollata del concorso criminoso, in Foro it. , 1996, V, 128. Si veda in prospettiva critica MAIELLO V. , Una judge-made law italiana: l'affermata punibilità, ex art. 110 e 416 bis c.p., del candidato alle elezioni che promette favori alla mafia in cambio di voti, in Foro it. , 2003, II, c. 682. 46 Sez. un. , 14 dicembre 1995, Mannino, in Cass. pen. , 1996, 1086, secondo cui sussiste la possibilità di configurare il concorso esterno all’attività dell’associazione per delinquere nel caso del soggetto che, rimanendo estraneo alla struttura organica del sodalizio, si sia limitato ad occasionali prestazioni di singoli comportamenti aventi idoneità causale per il conseguimento dello scopo sociale o per il mantenimento della struttura associativa, avendo la consapevolezza dell’esistenza dell’associazione e del contributo causale arrecato ad essa in vista del conseguimento dei suoi fini. 26 Se si eccettuano alcune pronunce deliberate nelle stesse settimane della decisone Demitry, la sequenza di applicazioni più o meno pedisseque dei principi enunciati si sviluppa senza soluzione di continuità per i cinque anni successivi47. Alcune pronunzie di legittimità, conformemente all’orientamento seguito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 16, del 1994, hanno infatti esplicitato che l’area di applicabilità del concorso esterno resta tendenzialmente circoscritta agli interventi spiegati nei momenti di difficoltà dell'organizzazione criminale48. 47 Cfr. Cass. pen. , 27 marzo 1995, Alfano, in Riv. pen. , 1996, 504 ss. , secondo cui “non occorre provare che il concorrente esterno sia animato da una delle finalità tipiche previste dall’art. 416 bis c.p. , essendo sufficiente la consapevolezza di concorrere con soggetti sorretti dal richiesto dolo specifico”. Cfr. anche Cass. 10 novembre 1995, Sibilla, in Cass. Pen. 1996, 2515, secondo cui “risponde a titolo di concorso, a norma dell’art. 110 c.p. , in reato di partecipazione ad associazione per delinquere, colui che contribuisce al pregiudizio che l’associazione arreca all’ordine pubblico, mediante un apporto materiale o morale al vincolo dei partecipi allo scopo sociale, senza essere vincolato a sua volta”; Cass. , 26 marzo 1997, Funaro, secondo cui “sotto il profilo soggettivo va definito partecipante all’associazione colui senza il cui ordinario apporto l’associazione non raggiunge i propri fini o li raggiunge in condizioni di maggiore difficoltà; va definito concorrente nell’associazione colui che, indifferentemente se per propria scelta o per scelta degli associati, non fa parte di essa, ma che da essa richiesto, dichiara la propria disponibilità a colmare o colma di fatto vuoti temporanei del suo organico”; Cass. , 7 gennaio 1999, Tronci, RV n. 212801, secondo cui “per per la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato occorre riscontrare che il soggetto, pur non appartenendo organicamente all’associazione mafiosa, presti consapevolmente alla stessa un contributo utile per la sua vita e il suo funzionamento. Tale contributo può manifestarsi nelle forme piú varie, anche nel collaborare con l’associazione mafiosa mediante il procacciamento di risorse finanziarie da destinare a lavori pubblici e nell’aggiudicazione «pilotata» dei relativi appalti, attività che offre al sodalizio criminale la possibilità di esercitare ulteriormente il proprio dominio e di accrescere le proprie risorse economiche. La consapevolezza del valore dell’apporto materiale non comporta di per sé il fine dell’agente di realizzare il programma delittuoso”; Cass. , 25 giugno 1999, Trigli; Cass. , 15 maggio 2000, Pangallo, in Cass. Pen. , 2001, 2684; Cass. , 22 dicembre 2000, n. 6929, Cangialosi, in Foro it. 2001, II, 404. 48 Cfr. Cass. , 3 settembre 1996, Blando, secondo cui "nell'ipotesi di concorso, anche nella forma cosiddetta eventuale o esterno, nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. esiste una cointeressenza che, pur se occasionale, deve presentare il carattere di una rilevante importanza, tale da comportare l'assunzione di un ruolo esterno ma essenziale, ineliminabile ed insostituibile, particolarmente nei momenti di difficoltà dell'organizzazione criminale". Cfr. anche Cass. , 22 gennaio 1997, Dominante, che con riferimento ad un caso di consumazione di un omicidio "esemplare" di persona che, appartenente ad altro clan, in un momento di crisi del sodalizio di tipo mafioso, aveva contestato la posizione egemonica di quest’ultimo, ha evidenziato che "in tema di concorso esterno materiale nel delitto di cui all'art. 416 bis c.p. , la differenza tra l'ipotesi della partecipazione e l'ipotesi del concorso esterno va ravvisata nel fatto che chi pone in essere un comportamento nell'interesse dell'associazione deve intervenire in un momento in cui il sodalizio si trovi in una condizione di difficoltà, tendendo proprio a far sì che l'associazione venga, attraverso il suo contributo, salvata” . 27 Non si trascuri di considerare però la presenza di un orientamento giurisprudenziale minoritario che ravvisava le ipotesi di concorso esterno, in fattispecie caratterizzate dalla prestazione di un contributo continuativo in favore dell’associazione di tipo mafioso, prescindendo dal verificarsi di una situazione di anormalità della vita dell’organizzazione49. Su tale scia, nel 2000, una pronuncia della sesta sezione penale della Corte di Cassazione rimetteva in discussione l’ammissibilità del concorso esterno50, esprimendo una serie di perplessità sul fondamento dogmatico e sulla coerenza della soluzione operata dalla sentenza Demitry. Ci si riferisce alla sentenza Villecco (incentrata su un approfondito obiter dictum giacché il tema della fibrillazione non rilevava nella specie, cosicché non era imposta, a norma dell’art. 618 c.p. , la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione del contrasto rispetto alla sentenza Demitry) secondo cui in tema di associazione per 49 Cfr. Cass. , 23 aprile 1997, n. 4903, (ric. P.G. in proc. Montalto), relativa al caso di un soggetto che, pur essendo estraneo all’associazione, aveva svolto con continuità l'attività di riscossione del "pizzo" per conto del sodalizio, ha affermato che "risponde del reato di concorso in associazione per delinquere di stampo mafioso il soggetto che, pur estraneo alla struttura organica del sodalizio, presti un contributo duraturo e consapevole all'attività delittuosa da questa svolta. La responsabilità può essere esclusa solo ove sia acquisita la prova positiva di una formale esclusione del soggetto dall'associazione secondo le regole interne, anche consuetudinarie, di questa. In assenza di tale dimostrazione, ove risulti che gli affiliati fanno preventivo affidamento sul contributo di taluno, la condotta di questi va considerata alla stregua di quella di qualsiasi partecipe". 50 Cass. , VI, 21 settembre 2000, Villecco, in Foro it. , 2001, 7-8, 405 ss. : “Tutto sembrerebbe condurre alla non configurabilità del concorso esterno sia morale che materiale…”. Si vedano a tal proposito IACOVIELLO F. M. , Concorso esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato, in Cass. pen. , 2001, 2073 ss. ; GENOVESE F. A. , In materia di ammissibilità del concorso esterno o eventuale nel reato associativo, in Dir. e form. , 2001, 33 ss. 28 delinquere di stampo mafioso, il combinato disposto degli articoli 110 e 115 c.p. , preclude la configurabilità di un concorso esterno o eventuale, atteso che l’aiuto portato all’associazione nei momenti di crisi o di fibrillazione, integra, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la condotta del “far parte” del sodalizio criminoso. Con una motivazione difficile, estesa, di consecutio logica non sempre percettibile con immediata chiarezza, si sferrava un nuovo attacco all’istituto in esame. Tra i principali argomenti contrari si ricordano l’incoerenza della struttura della sentenza Demitry in tema di elemento soggettivo, che configurerebbe un dolo di agevolazione tipico dei reati non concorsuali: il dolo di agevolazione propugnato finiva, si è detto, per esautorare la perseguibilità delle ipotesi agevolatorie specifiche, tra cui il non evidenziava favoreggiamento51. Il dictum giurisprudenziale poi, solo un’insoddisfacente spiegazione per l’esistenza di figure specializzate riguardanti tipiche fattispecie di concorso esterno, ma anche l’inconferenza dell’ipotesi al concorso morale (istigazione ad associarsi), generalmente accettata, per giustificare il concorso materiale; considerando talaltro che, se il parallelismo reggesse, anche il concorso morale dovrebbe essere ancorato a una situazione di emergenza 51 Si vedano a tal proposito le considerazioni di FERRARI F. M. , Il concorso esterno in associazione mafiosa, in D & G, 2005, fasc. 2, 111. 29 dell’organizzazione; infine si è evidenziata l’inadeguata analisi dell’art. 115 c.p. sulle varie possibili combinazioni tra condotte istigatorie e concreta attuazione del fenomeno associativo52. Per dirimere il contrasto interpretativo suscitato dalla posizione espressa dalla sesta sezione della Cassazione, si sono dovuti attendere circa due anni53. 52 Così LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. 53 Nel senso che i toni oscuri ed involuti della pronuncia non hanno minimamente incrinato unanimità dell’indirizzo favorevole alla configurabilità del concorso esterno si veda per tutti DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss. 30 3. Tra continuità ed evoluzione: la sentenza Carnevale e le risposte mancate La pronuncia a Sezioni Unite n. 22327 del 21 maggio 2003 scaturisce dal ricorso per Cassazione di un imputato che eccepiva non solo la ammissibilità dogmatica del concorso esterno ma anche l’asserita violazione di legge in materia di prove54. Nel caso di specie l’impianto accusatorio si fondava su dichiarazioni di collaboratori e testimoni e su alcune intercettazioni, ma non trascurava di argomentare sulla asserita singolarità di alcune decisioni assunte dalla prima sezione penale della Suprema Corte: basta menzionare l’annullamento delle sentenze per irregolarità nel sorteggio dei giudici popolari e la scarcerazione dei boss per decorrenza dei termini. Secondo l’accusa, in sostanza, l’imputato componendo i collegi con magistrati a lui fedeli o esercitando pressioni su altri magistrati, avrebbe orientato alcune specifiche decisioni in senso favorevole a cosa nostra, quasi sempre riuscendo nell’intento. 54 Sez. Un. , 30 ottobre 2002, Carnevale, in Cass. pen. , 2003, 3276 ss. L’imputato veniva assolto in primo grado dal tribunale di Palermo con sentenza 8 giugno 2000, ex art. 530, comma 2, c.p.p. , per la ritenuta insussistenza del fatto contestatogli dall’imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa contestatagli per aver strumentalizzato le proprie funzioni di magistrato per assicurare l’impunità ad esponenti di vertice di cosa nostra ed aver così determinato il mantenimento, il rafforzamento e l’espansione dell’associazione, e dichiarato poi colpevole in appello. Giova ricordare che la sentenza era stata appellata dal Pm e il conseguente giudizio di impugnazione si era chiuso con la sentenza della Corte di appello di Palermo del 29 giugno 2001, con la quale l’imputato era stato dichiarato colpevole del reato ascrittogli ed era stato condannato ad una pena di sei anni di reclusione. 31 È proprio in riferimento all’individuazione d’ufficio di una causa di inutilizzabilità di prove55 (di sicura rilevanza nell’impianto della sentenza impugnata) collegata ad un giudizio di inadeguatezza delle motivazione della decisione di condanna (e di definitiva lacunosità del quadro degli elementi di prova disponibili per una eventuale decisione di rinvio), che i giudici di legittimità giungono alla deliberazione di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, senza peraltro mettere in discussione, almeno nelle premesse, l’istituto del concorso esterno la cui ammissibilità viene anzi ribadita56. Il nuovo intervento dei giudici di legittimità57, conferma appunto l’orientamento favorevole alla ammissibilità del concorso esterno nei reati associativi, con particolare riferimento alla “persona che, priva 55 La Corte testualmente afferma che “il giudice penale che abbia concorso, in camera di consiglio, alla deliberazione collegiale non può essere richiesto l’obbligo di astenersi dal deporre come testimone in merito al relativo procedimento formativo, trattandosi di attività coperta da segreto d’ufficio ex art. 125, comma 4, c.p. : la violazione di tale obbligo comporta la inutilizzabilità della relativa testimonianza (ipotesi di inutilizzabilità-sanzione prevista dall’art. 191 c.p.p.”. Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, le dichiarazioni rese sulle discussioni in camera di consiglio in relazione ai processi asseritamene aggiustati dall’imputato, sono state assunte in violazione dei divieti posti dalla legge e pertanto sono inutilizzabili come prove. 56 Contraria all’ammissibilità dell’istituto è invece FINI M. , La difficile configurabilità del concorso eventuale nell’associazione mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre 2002, in L’Indice pen. , 2004, 649 ss. 57 La sentenza risulta annotata tra gli altri da: DENORA G. , Sulla qualità di concorrente esterno nel reato di associazione di tipo mafioso, in Riv. it. dir. proc. pen. , 2004, fasc. 1, 353 ss. ; FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 691 ss. ; LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. ; ARGIRO’ F. , Note dommatiche e politico-criminali sulla configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione di stampo mafioso, in Riv. it. dir. proc. pen. , fasc. 3, 768 ss. ; CAVALIERE A. , Il concorso eventuale nel reato associativo. Le ipotesi delle associazioni per delinquere e di tipo mafioso, Napoli, 2003, 222 ss. ; DE FRANCESCO G. , I poliedrici risvolti di un istituto senza pace, in Leg. Pen. , 2003, 704 ss. ; DE VERO G. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante giurisprudenziale e perdurante afasia legislativa, in Dir. pen. proc. , 2003, 1325 ss. ; GROSSO C. F. , Il concorso esterno nel reato associativo: una evoluzione nel segno della continuità, in Leg. pen. , 2003, 685 ss. ; MAIELLO V. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra crisi del principio di legalità e diritto penale del fatto, in Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transazionale, a cura di V. Patalano, Torino, 2003, 269 ss. ; PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno in associazione mafiosa di nuovo al vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697 ss. ; VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003. 32 dell’affectio societatis e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale del programma criminoso”58. Preliminarmente, confutando le argomentazione della sentenza Villecco, la Corte afferma che non può essere accettata la tesi della natura monosoggettiva del reato di partecipazione, sulla base della considerazione che l’inclusione di taluno nell’associazione non deriva semplicemente da un atto unilaterale di adesione del soggetto al gruppo, non dipende, cioè, solo dalla sua volontà, ma anche da quella degli altri associati59. Laddove non vi sia questa accettazione da parte degli associati “non si può avallare l’irrilevanza penale di comportamenti significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli”, ragion per cui esiste uno spazio proprio per la figura del concorrente esterno. 58 Contra esclude la rilevanza del contributo occasionale IACOVIELLO F. M. , Concorso esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato, in Cass. pen. , 2001, 2073 ss. , secondo cui la costruzione dell’associazione come attività organizzata in vista di certi fini, permette di distinguere il partecipe dal concorrente esterno in base al dato oggettivo dell’effettivo svolgimento di una funzione all’interno della stessa e di costruire l’elemento soggettivo di entrambi nel senso di volontà di fornire un contributo volontario e consapevole all’associazione, sapendo di aiutare quest’ultima a realizzare i suoi fini , con l’unica differenza che, nel caso del partecipe, questi sono voluti, mentre nel caso dell’estraneo sono semplicemente conosciuti. 59 Si osservino a tal proposito le osservazioni di LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. , il quale afferma che l’inclusione è negozio multilaterale: il concorso esterno, così come la condotta dell’appartenente (sia essa di partecipazione, organizzazione, direzione), sono relazioni tra il singolo e l’organizzazione complessivamente considerata. 33 Ad avviso dei giudici di legittimità dunque è possibile immaginare comportamenti consapevoli e significativi sul piano causale, prestati da soggetti esterni all’associazioni ed ontologicamente distinguibili dalla condotta del partecipe: anzi si sottolinea come l’art. 110 c.p. consente proprio di attribuire rilevanza penale a condotte diverse da quella tipica di partecipazione, e perciò atipiche, e comunque necessarie o almeno utili alla consumazione del reato. Dopo aver affermato l’applicabilità delle regole del concorso anche ai reati plurisoggettivi60, non si manca di rilevare che sono infondati i rilievi di violazione del principio di tassatività, in quanto la disposizione incriminatrice dell’art. 416 bis c.p. delinea una serie di condotte non generiche, ma ben tipizzate, di tal che il meccanismo estensivo della punibilità ex art. 110 c.p. riposa su puntuali basi normative. Le Sezioni Unite nel percorso argomentativo sottolineano poi come la situazione di chi entra a far parte di una organizzazione 60 La Suprema Corte parte dalla costruzione dei reati associativi (partecipazione, direzione ecc.) come fattispecie plurisoggettive proprie. Si afferma, infatti, che “…accanto al comportamento adesivo dell’autore-partecipe, vi è necessariamente la condotta di accoglienza da parte dei già associati…La necessità di ricorrere alle norme sul concorso eventuale deriva appunto dall’esigenza di assegnare rilevanza penale anche a contributi significativi resi all’organizzazione criminale da parte di chi non sia in essa considerato incluso dagli associati…Laddove non vi sia questa accettazione da parte degli associati, non si può avallare l’irrilevanza penale di comportamenti significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli, ragion per cui esiste uno spazio proprio per la figura del concorrente esterno. Anche dal punto di vista logico, “la situazione di chi entra a far parte di una organizzazione, condividendone vita e obiettivi e quella di chi, pur non entrando a farne parte, apporta dall’esterno un contributo rilevante…sono chiaramente distinguibili”. Inoltre, il dolo del partecipe e quello del concorrente non risultano del tutto sovrapponibili: anche se vi è coincidenza rispetto all’apporto contributivo all’associazione, il dolo del partecipe “è arricchito… dall’elemento dell’affectio societatis, che, invece, per definizione è estraneo all’apporto del concorrente esterno”. 34 condividendone vita ed obiettivi, e quella di chi pur non entrando a farne parte apporta dall’esterno un contributo rilevante alla sua conservazione ed al suo rafforzamento, siano chiaramente distinguibili, né sussistono incompatibilità strutturali tra le due condotte in esame. Si afferma, infatti, che non contrasta con la struttura permanente del reato associativo il fatto che la manifestazione di volontà criminosa del concorrente esterno si esaurisce nel momento della sua espressione, “non potendosi confondere l’aspetto del potenziale riconoscimento del contributo esterno in un qualunque momento della vita dell’associazione, con quello della sua durata”; né tanto meno, si aggiunge, è violato il principio di tassatività o determinatezza della fattispecie penale, poiché l’art. 110 c.p. si affianca ad un reato la cui consumazione è legata anche al sorgere e al permanere dell’offesa all’ordine pubblico, potendo essere determinata dall’aiuto di un estraneo. Tuttavia si ha la cura di precisare, dal punto di vista oggettivo, che la mera “contiguità compiacente” o la “vicinanza” o la disponibilità nei riguardi del sodalizio o dei suoi esponenti, devono essere necessariamente accompagnate da positive attività che forniscano uno o più contributi utili al rafforzamento o al consolidamento dell’associazione. Un chiarimento circa l’elemento soggettivo nel concorso esterno è invece apportato dalla pronuncia in commento, che, prendendo le 35 distanze dai precedenti indirizzi che ritenevano sufficiente, ai fini della sussistenza dell’integrazione dell’elemento psichico, la mera consapevolezza dell’altrui finalità criminosa, richiede come necessaria anche la coscienza e la volontà dell’efficienza causale del proprio contributo rispetto al conseguimento degli scopi dell’associazione: e ciò in considerazione della c.d. concezione monistica del concorso di persone nel reato accolta dal legislatore penale, la quale impone che tutte le condotte siano finalisticamente orientate verso l’evento tipico di ciascuna figura criminosa (indi per cui il concorrente esterno non può soltanto rappresentarsi, ma deve anche volere i fini dell’associazione). Si esige appunto che il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione, si renda compiutamente conto dell’efficacia causale del suo contributo, diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio61. La Corte di Cassazione delinea quindi una forma di dolo diretto in forza del rilievo che il concorrente, pur rimanendo esterno alla struttura organizzativa deve dell’associazione, 61 far proprio, anche solo Contra FINI M. , La difficile configurabilità del concorso eventuale nell’associazione mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre 2002, in L’Indice pen. , 2004, 659, secondo cui “il dolo del concorrente così delineato presenta due facce difficilmente conciliabili. Si afferma che il problema si sposta sul piano dell’accertamento del dolo in quanto da un lato si dovrebbe provare che l’apporto dato dal concorrente eventuale sia sostenuto dalla coscienza e dalla volontà di perseguire le finalità dell’associazione facendole proprie, e dall’altro che tale apporto sia dettato non dall’affectio societatis, che per definizione manca, ma da una generica volontà che il sodalizio continui ad esistere e ad operare”. 36 parzialmente, il dolo generico consistente nella consapevolezza e nella volontà del proprio contributo alle fortune dell’associazione62. Si esclude d’altra parte che l’atteggiamento soggettivo possa connotarsi nella forma meno intensa del dolo eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione dell’evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti63: è necessario che di tale evento si abbia una rappresentazione piena e sicura. È evidente il distacco in punto di dolo non solo dalla sentenza Demitry, ma anche dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo, nella quale si affermava che il concorrente “deve avere quantomeno la consapevolezza” che nei soggetti insieme con i quali agisce è presente il dolo specifico del reato associativo, non essendo necessario che egli persegua e voglia le finalità dell’associazione64. La decisione poi precisa doverosamente come non ogni contributo portato all’associazione può rientrare tout court nello schema del concorso eventuale, atteso che il contributo richiesto al concorrente 62 Cfr. BOTTI C. , Quel reato anomalo nato dalla prassi. Un altro punto per la tesi contraria al concorso esterno, in D & G, 2005, fasc. 27, 86 ss. , secondo cui la sentenza restituisce rilevanza effettiva all’elemento soggettivo richiedendo un accertamento più pregnante: ciò in quanto la condotta del concorrente deve essere finalisticamente orientata verso la sussistenza e l’operatività del sodalizio. Si vedano tuttavia i rilievi di FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 696, secondo cui “si crea per tale via un inedito dolo diretto, proposto in un accezione atecnica priva di un qualche ancoraggio dogmatico a corrispondenti elaborazioni di fonte dottrinale, che finisce in realtà con l’inserire, nell’area rappresentativo-volitiva riservata al concorrente esterno, elementi che sono stati invece considerati peculiari della sfera psichica dell’intraneo”. 63 Per l’ammissibilità del dolo eventuale si era già espresso GROSSO C. F. , La contiguità alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafiosa ed irrilevanza penale, in Riv. it. dir. proc. pen. , 1993, 1192. 64 Corte d’Appello, 29 giugno 2001, inedita. 37 esterno deve potere essere apprezzato come “idoneo, in termini di concretezza, di specificità, di consapevolezza, di volontarietà”65: e ciò, si badi, indifferentemente dalla circostanza che il contributo offerto dall’extraneus sia stato realizzato attraverso un’attività continuativa ovvero mediante un intervento occasionale e non istituzionalizzato, giacché ciò che rileva è che il contributo sia idoneo, “in termini di concretezza, specificità e rilevanza a determinare, sotto il profilo causale, la conservazione o il rafforzamento dell’associazione”66. La Suprema Corte per tale via demanda ai giudici di merito la valutazione dell’offensività del contributo, rifuggendo da qualsiasi schema precostituito, dovendo basarsi su una ricostruzione probatoria razionalmente credibile dello spessore dell’apporto fornito all’organizzazione: da ciò discende che la prova del concorso esterno, ed in particolare i riscontri individualizzanti delle distinte chiamate di correità o in reità dei collaboratori, deve avere per oggetto gli elementi costitutivi della fattispecie, con riferimento allo specifico contributo, 65 In senso analogo alla decisione delle Sezioni Unite si ravvisano pronunce, alla stessa precedenti, della giurisprudenza di merito, secondo cui ai fini della configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa occorre accertare il compimento da parte dell’imputato di specifici interventi idonei a rafforzare l’illecito sodalizio: si veda in tal senso Trib. Palermo, 23 ottobre 1999, Andreotti, in Foro it. , 2001, II, 96 ss. , con nota di LEINERI G. – NICOSIA E. Cfr. in chiave critica ORMANNI I. , Concorso esterno? Prova diabolica, in D & G, n. 27, 2005, 82 ss. , secondo cui sarebbe difficile, se non impossibile, raggiungere la prova piena della obbligata coesistenza non solo della concretezza, specificità, consapevolezza e volontarietà ma anche che l’attività posta in essere abbia anche determinato il rafforzamento o comunque la conservazione della consorteria. 66 Si veda in questo senso GROSSO C. F. , Il concorso esterno nel reato associativo: una evoluzione nel segno della continuità, in Leg. pen. , 2003, 685 ss. , secondo cui “opera come condotta costitutiva di concorso alla realizzazione della fattispecie associativa ogni condotta, o pluralità di condotte, concretamente idonee ad assicurare, al di là del loro scopo specifico, la conservazione, il consolidamento o il rafforzamento dell’organizzazione criminale, o di un suo settore di attività”. 38 consapevole, effettivo e causalmente idoneo, recato dal concorrente e rilevante alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione ed alla realizzazione del programma criminoso della medesima. Con particolare riferimento ai criteri di valutazione della prova, infatti, la Corte di legittimità stabilisce una particolare declinazione, sul terreno del concorso esterno, della regola di necessaria convergenza del molteplice per la valutazione della chiamata di correo: “la convergenza non può misurarsi sul complesso delle informazioni pertinenti al rapporto tra l’accusato e l’organizzazione criminale, ma deve attingere gli specifici episodi di cui l’accusa attribuisce il valore di contributo all’attività o all’esistenza del gruppo”67. Si ribadisce infine non solo che la fattispecie concorsuale sussiste anche a prescindere dal verificarsi di una situazione di anormalità della vita dell’associazione68, superando la metafora clinica della sentenza Demitry, ma anche la necessità che il contributo dell’extraneus sia rivolto a favore dell’associazione unitariamente intesa, negando così quell’orientamento dottrinale che riferisce il contributo del concorrente esterno non al gruppo criminoso, ma alla condotta di partecipazione del singolo associato69. 67 Su questa premessa i giudici di primo grado e quelli di legittimità non hanno neppure avviato, ciascuno nella loro prospettiva, una valutazione di attendibilità delle dichiarazioni che avevano attinto la figura e l’azione dell’interessato. Cfr. diffusamente LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. 68 Questa affermazione è contenuta a pag. 76 della motivazione. 69 In tal senso si vedano le considerazioni svolte precedentemente al par. 3, cap. 1. 39 Sennonché anche le motivazioni della sentenza Carnevale sono state oggetto di critica: è stato infatti obiettato che, sotto un profilo di piena aderenza alla realtà criminologica, il concorrente esterno può essere un soggetto che aiuta una volta tanto, in modo occasionale per un’attività determinata e precisa, senza alcuna partecipazione ai fini o agli intenti dell’associazione, della quale può essere in linea di principio anche un nemico70. Si è rilevato pure che la pronuncia sarebbe affetta da un “ibridismo strutturale”: il fatto che i giudici di legittimità prescindano dalla durata o meno del contributo per attestarsi esclusivamente sulla qualità del medesimo, giungendo ad ammettere l’ipotesi del concorso esterno anche nel caso di un intervento occasionale, si è detto, finirebbe per attribuire alla fattispecie concorsuale il carattere di reati talora istantaneo, talora permanente e talora ancora eventualmente abituale71. Le difficoltà interpretative si acuiscono se si considera la difficoltà di fissare la soglia a partire dalla quale la prestazione dell’extraneus assume effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione72: soprattutto se si considera che il 70 In tal senso si veda VASSALLI G. in AA. VV. , La riforma della parte generale del codice penale. La posizione della dottrina sul progetto Grosso, a cura di Stile, Napoli 2003, 349, secondo cui in tale caso verrebbe appunto smentita l’assunto della sentenza in oggetto quando afferma invece che il concorrente esterno deve volere la realizzazione, magari anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. 71 Cfr. MACCHIA A. , “Concorso esterno”, storia di una creazione giurisprudenziale. Dopo vari tentativi ecco una ricostruzione esauriente, in D & G del 7 giugno del 2003, n. 22, 34 ss. 72 Così DI CHIARA, Osservazioni a Cass. pen. , Sez. Un. , 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it. , 2003, II, c. 453 ss. , il quale in senso critico afferma che “differenziare la rilevanza causale dei contributi a seconda che si sia in presenza di una pluralità di condotte o di una sola condotta 40 giudizio di idoneità dovrebbe essere effettuato ex post, ma la sentenza non indica le leggi scientifiche di copertura o quantomeno le leggi statistiche, secondo le quali esprimere il giudizio stesso. Autorevole dottrina infatti, nonostante abbia lodato le apprezzabili intenzioni dei giudici di legittimità, non ha mancato di rilevare l’insufficienza del ragionamento della Corte non essendo chiaro, si è detto, se tale giudizio di idoneità debba essere effettuato secondo una prospettiva rigorosamente ex post, così come richiederebbe un’autentica logica causale, ovvero se debba riflettere un accertamento ex ante e in concreto secondo un punto di vista assimilabile nella sostanza al paradigma dell’aumento del rischio73: non è esplicitato, in sostanza, se la verifica causale debba avvalersi di una base nomologica, secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, o comunque di regole di esperienza dotate di affidabile fondamento empirico74. finalizzate all’aggiustamento dei processi si risolve in un’affermazione di principio, priva di reali basi dogmatiche”. 73 FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 695, secondo cui non appare peraltro persuasiva l’applicazione dei principi elaborati dai giudici di legittimità al caso di specie di c.d. aggiustamento di processi ad opera di un magistrato compiacente: ad avviso dell’Autore, infatti, la differenziazione dei presupposti della rilevanza causale a seconda che l’obiettivo dell’aggiustamento sia perseguito con un’attività isolata ovvero reiterata “pare corrispondere ad una logica di pregiudiziale compromesso tra eccessivo garantismo ed eccessivo repressivismo, al prezzo di un arbitrario sdoppiamento del concetto di contributo causale, e che non andrebbe al di là di una petizione di principio”. Per togliere rilievo all’assunto dei giudici di legittimità l’Autore fa notare che “una reiterata attività di ingerenza volta a condizionare processi, che non fosse però mai seguita dal conseguimento di effettivi risultati favorevoli per l’associazione, potrebbe addirittura sortire l’effetto contratio di demoralizzare e alimentare sfiducia negli associati. Un effetto dunque di indebolimento, piuttosto che di rafforzamento del sodalizio criminale! ”. Per una simile impostazione si veda anche VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 227. 74 Si vedano inoltre i dubbi espressi da MAIELLO V. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra crisi del principio di legalità e diritto penale del fatto, in Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transazionale, a cura di V. Patalano, Torino, 2003, 292. 41 Si è infine osservato che la pronuncia risulta affetta, a livello di scelte di principio, da una sorta di “strabismo sul piano logicointerpretativo”: non l’esito del processo in sé e per sé, quanto piuttosto il suo collegamento con la postulata necessità di un rafforzamento dell’associazione, dovrebbe assumere un significato veramente decisivo75. Sembrerebbe in verità che la Corte di Cassazione intenda legittimare un modello di responsabilità concorsuale, fondato sul parametro causale proprio dei reati d’evento (che richiede un accertamento della causalità con giudizio ex post) laddove si legge che “non può concordarsi con quanti giudicano una probatio diabolica quella tesa a dimostrare la reale incidenza di una singola condotta o anche di più condotte sulle sorti di un’associazione criminale, soprattutto quando questa è di vaste dimensioni”. Una chiarificazione alle sovra citate perplessità sarà comunque effettuata con la sentenza Mannino del 2005. Prima di esaminarla però appare opportuno evidenziare come alcuni rilievi effettuati da parte della dottrina alla pronuncia Carnevale, effettuati nel 2003 ma presi a riferimento anche da altri autori in tempi 75 Il rilievo è di DE FRANCESCO G. , I poliedrici risvolti di un istituto senza pace, in Leg. Pen. , 2003, 704 ss. , il quale evidenzia come “mentre in caso di contributo isolato, il nesso di influenza su tale risultato non può essere affermato e presunto sic et simpliciter, qualora lo stesso sia continuativo, la mancanza di un esito processuale favorevole non si presta ad essere vicariata e surrogata tout court da un preteso, indiscutibile rafforzamento, non altrimenti dimostrato e verificato, insito nella disponibilità manifestata dal soggetto estraneo alla compagine associativa”. 42 più recenti, abbiano avuto un’importanza non indifferente nelle successive riflessioni sulla tematica del concorso esterno76. Non si possono, a tal proposito, non evidenziare le osservazioni svolte dal Prof. Visconti nella (attenta alle molteplici prospettive di indagine che il concorso esterno inevitabilmente comporta77) monografia più volte citata78. L’Autore dopo aver analiticamente esaminato il materiale giurisprudenziale sul concorso esterno nei reati associativi, ha evidenziato il “filo rosso” che lega le suddette pronunce: in particolare sono stati portati all’attenzione degli studiosi alcuni profili di interdipendenza funzionale tra definizione di diritto penale sostanziale e loro dimensione probatoria. In primo luogo, e con riferimento al concetto di idoneità causale, si è detto che tale concetto non può essere determinato in se stesso, ma richiede l’impiego di alcuni indicatori fattuali che ne segnalino all’esterno la sussistenza. 76 È interessante il rilievo di FIANDACA G. , Diritto penale giurisprudenziale e ruolo della Cassazione, in AA. VV. , Studi in onore di Giorgio Marinucci, I, Teoria del diritto penale, criminologia e politica criminale, Milano, 2006, 239 ss. , secondo cui “…nella pronuncia Carnevale, la Corte di Cassazione mostra comunque una propria consapevolezza di quello che ritiene essere il proprio ruolo: cioè non solo elaborare principi a carattere generale, ma pure raccordare tali principi ai casi concreti oggetto del giudizio. I giudici di legittimità dovrebbero, per il futuro, proseguire su questa strada, coniugando appunto principi e massime generali al contemporaneo studio della casistica: casistica intesa però non come massa di casi concreti considerati solo nella loro specifica irripetibilità storica (casi individuali), ma come insieme di casi tipologici (casi generici): ipotesi paradigmatiche ricostruite sulla base di elementi specifici comuni ma suscettibili di generalizzazione, in quanto tali idonee ad abbracciare tutti i casi singoli che posseggono le medesime proprietà”. 77 Sulla lucidità critica dell’opera citata concorda PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. , il quale sottolinea che “la ricerca di Visconti taglia trasversalmente il profilo legislativo, quello socio-criminologico, quello giurisprudenziale, quello dottrinario, quello di diritto penale sostanziale e quello dei problemi della prova”. 78 VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003. 43 Successivamente, attraverso l’attenta analisi svolta, si è dimostrato che la giurisprudenza ha utilizzato quali indicatori, appunto, circostanze di fatto ricollegabili al “contesto situazionale” in cui si inscrive la prestazione dell’extraneus: in particolare, i possibili effetti positivi che l’associazione può ricavare dall’azione di sostegno del concorrente esterno, con la precisazione che la verifica di questi effetti positivi assume a punto di riferimento, a seconda dei casi, o il risultato che l’associazione si aspetta dalla prestazione del concorrente esterno, ovvero anche, ove non sia conseguito tale risultato, qualche risultato intermedio in termini di possibile vantaggio per l’associazione. Si è affermato appunto che “è proprio nella selezione degli indicatori fattuali che la giurisprudenza non si preoccupa di spiegare l’iter di accertamento della causalità seguito: piuttosto mostra di ricorrere ad un uso opportunistico delle circostanze probatorie in modo da riservarsi un’ampia libertà di manovra nel fissare di volta in volta i presupposti della punibilità del concorso esterno”79. Ad esempio di tale logica si è portato il diverso orientamento seguito dai giudici a seconda dello spaccato criminologico che veniva in rilievo nelle già citate sentenze Demitry e Carnevale: più in particolare, mentre nella tipologia di casi incentrati sul c.d. aggiustamento di processi, l’idoneità causale viene fatta dipendere dalla prova che il 79 Sempre VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003. 44 singolo processo fu in effetti condizionato; nel caso invece della tipologia tra mafia, impresa e politica, il giudizio tende ad appagarsi della prova dell’esecuzione concordata, o comunque del conseguimento anche di un risultato, anticipato rispetto a quello finale perseguito dall’associazione. Sembra sullo stesso piano la riflessione di chi fa notare il carattere di assoluta contingenza delle due diverse posizioni, collegata con la natura della fattispecie concreta dedotta in giudizio80: così come l’imputazione di un episodio di corruzione in atti giudiziari aveva orientato la sentenza Demitry verso la valorizzazione di una dimensione circoscritta del contributo atipico, allo stesso modo l’imputazione di un’attività reiterata e costante di intervento protettivo nei procedimenti penali riguardanti il sodalizio mafioso indirizza la sentenza Carnevale alla riconsiderazione del carattere duraturo del contributo concorsuale, temperata da una più ristretta configurazione dell’elemento soggettivo81. 80 Il riferimento è a DE VERO G. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante giurisprudenziale e perdurante afasia legislativa, in Dir. pen. proc. , 2003, 1325 ss. , il quale evidenzia un fenomeno di totale integrazione giurisprudenziale della fattispecie penale, con tutte le connesse ulteriori evenienze in termini di mutamenti più o meno frequenti in termini di indirizzo. 81 Non dissimile appare il pensiero di PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno in associazione mafiosa di nuovo al vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697 ss. , secondo cui vi sarebbe un vizio di fondo nella impostazione giuridica del problema relativo al concorso esterno. Si afferma a tal proposito che “la contaminazione politica ed il condizionamento derivante da singole vicende processuali ha confuso piani che dovrebbero andare rigorosamente distinti: si dovrebbe, infatti, prima ricostruire il quadro normativo astratto e poi passare alla fase della sussunzione, cioè al giudizio circa la rilevanza e la qualificazione penale di singole condotte. Si assisterebbe, insomma, ad una ricostruzione reciprocamente referenziale delle categorie della partecipazione tipica e del concorso esterno”. 45 Appare poi interessante, anche se sul tema si approfondirà successivamente82, evidenziare la peculiarità del modo di procedere suggerito per la individuazione dell’evento generato dalla condotta dell’extraneus: evento, vantaggioso rispetto alla vita e/o al rafforzamento nei confronti dell’associazione criminosa, che si afferma deve essere individuato secondo un approccio a carattere misto, allo stesso tempo empirico e valutativo83. Per un verso, si afferma, è necessario che tale risultato vantaggioso abbia una dimensione fenomenica sufficiente a consentire un accertamento in fatto; per altro verso la vantaggiosità del risultato, per essere apprezzata, implica valutazioni che certamente trascendono il piano della semplice materialità: apprezzamenti in termini organizzativo-funzionali, economici, socio-criminologici, politico- sociali. Occorre quindi chiarire il concetto di risultato vantaggioso. Ebbene, solo in alcuni casi si individua nel conseguimento del risultato finale oggetto delle aspettative da parte dell’associazione: il più delle volte, infatti, si guarda alla dinamica degli scenari concreti su cui si articola il variegato paesaggio dell’associazionismo criminale. Sarà di volta in volta l’esame del contesto associativo considerato in un determinato frangente storico temporale, e del suo contingente patrimonio di risorse umane, economiche e relazionali, a fungere da 82 83 Cfr. Infra par. 4.1. Si veda VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 322. 46 premessa per verificare quale tipo di prestazioni esterne siano suscettibili di produrre un influsso proficuo in termini di conservazione o rafforzamento. Lo stesso Visconti afferma poi, sotto il profilo oggettivo, che l’accertamento ex post dell’effetto di rafforzamento potrà fare a meno della verifica del risultato finale oggetto di aspettativa da parte dell’associazione, in tutti quei casi nei quali già l’esecuzione della prestazione promessa sia in grado di produrre effetti positivi per il sodalizio criminale; sotto il profilo soggettivo occorrerà invece accertare in capo al soggetto non solo se sia ravvisabile la volontà del proprio comportamento, ma anche l’effetto di quest’ultimo sull’associazione, sicché massima attenzione va riservato al profilo rappresentativo che, si precisa, non può non investire con precisione tutti gli aspetti fattuali che fanno della condotta una prestazione direttamente rivolta a beneficio dell’ente collettivo. Occorre ribadire comunque, in ossequio al principio di materialità, la necessità che l’estraneo abbia effettivamente agito in favore dell’associazione, non bastando quindi la mera intenzione di operare, sia pure obiettivamente manifestata: la condotta dovrà quindi presentarsi casualmente efficiente, cioè vantaggiosa per l’organizzazione criminale complessivamente considerata. 47 4. La sentenza Mannino: l’ultimo approdo sulle componenti oggettive e soggettive del contributo dell’ “extraneus” Rilevando l’esistenza di più orientamenti sull’inquadramento dell’appoggio elettorale da parte della associazione mafiosa e del connesso appoggio promesso a questa da parte del candidato, il Primo Presidente della Corte di Cassazione, con provvedimento 30 marzo 2005, rimetteva alle Sezioni Unite l’oramai famoso processo Mannino84. La Suprema Corte ha in via di principio ribadito l’ammissibilità del concorso eventuale nel reato associativo di cui all’art. 416 bis c.p. escludendone, tuttavia, la sussistenza nel caso posto alla propria attenzione85. I giudici di legittimità hanno, infatti, ritenuto non configurabile detta ipotesi delittuosa nei confronti di un noto personaggio politico, il quale, secondo la tesi dell’accusa, avvalendosi delle sue qualità personali e del suo potere istituzionale, avrebbe agevolato l’attribuzione di appalti, concessioni, licenze, finanziamenti, posti di lavoro ed altre utilità in favore di membri di organizzazioni criminali. 84 Mentre il tribunale di Palermo aveva assolto l’imputato, la Corte d’Appello ne affermava la responsabilità in base al principio che “il patto stretto tra esponenti di una cosca e il politico che si impegni a fornire utilità di tipo economico-imprenditoriale, in cambio di sostegno elettorale, appare di per sé idoneo ad integrare la responsabilità per concorso esterno quando la promessa per la caratura e l’affidabilità del promettente, sia in grado di determinare un immediato salto di qualità nel livello di efficienza dell’organizzazione criminale, mentre il successivo adempimento degli impegni assunti costituisce condotta susseguente al reato, indifferente come l’esito delle consultazioni elettorali”. 85 Cass. , Sez. Un. , 12 luglio 2005, n. 33748, Mannino, in Guida dir. , 2005, 39, 69 ss. 48 Segnatamente, la Suprema Corte ha ritenuto che le condotte dell’imputato, seppur non esenti da legami censurabili e rapporti non occasionali con esponenti di famiglie mafiose agrigentine e palermitane di cosa nostra, fossero da interpretare “in chiave di vicinanza e disponibilità, secondo una causale di tipo elettorale-clientelare o anche corruttiva, e non quali contributi di favore destinati al consolidamento e/o rafforzamento dell’associazione mafiosa” 86. Tali relazioni di contiguità criminale, per quanto riprovevoli da un punto di vista etico e sociale, sono risultate essere estranee all’area penalmente rilevante del concorso esterno in associazione mafiosa, la cui esistenza postula, in sede processuale, la “rigorosa verifica probatoria degli elementi costitutivi del nesso di causalità e del dolo del concorrente”. Le Sezioni Unite, con una decisione fortemente critica verso l’apparato argomentativo della decisione impugnata, hanno preliminarmente confermato il principio giurisprudenziale secondo il quale anche per il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis c.p. è configurabile il concorso esterno87. 86 La sentenza è stata commentata tra gli altri da GIORDANO F. P. , Il contributo individuale dell’esterno deve interagire con le azioni della cosca, in D & G, n. 39, 2005, 88 ss. ; MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. ; VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. 87 Si ricordano (e sono state esaminate nei paragrafi precedenti) nello stesso Cass. , Sez. Un. , 5 ottobre 1994, Demitry, in Foro it. , 1995, II, 422; Cass. , Sez. Un. , 27 settembre 1995, Mannino, in Cass. pen. , 1996, 1087; Cass. , Sez. Un. , 21 maggio 2003, Carnevale, in Cass. pen. , 2003, 3276 ss. 49 Opportunamente i giudici di legittimità hanno dapprima proceduto ad uno sforzo di precisazione della nozione di partecipazione interna: “si definisce partecipe colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, non solo “è” ma “fa parte” della (meglio ancora: “prende parte” alla) stessa”88. Viene richiesta quindi l’assunzione di un ruolo dinamico e funzionale in esplicazione del quale si prende parte al fenomeno associativo ed anche l’essere a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni scopi criminosi: non è richiesta come necessaria la previa sottoposizione ad un rituale di affiliazione formale, essendo sufficienti facta concludentia89. Si conferisce così alla partecipazione punibile uno spessore più coerente con i principi di materialità e di offensività, superando quegli orientamenti giurisprudenziali che, rendendo impropriamente decisivi certi “status”, rischiavano di trasformare il diritto penale del reato in diritto penale del reo: i giudici di legittimità esprimono appunto il chiaro 88 Si riporta la massima di Cass. Sezioni Unite 12 luglio 2005 , Sentenza Mannino: “Partecipazione ad associazione mafiosa : si definisce ‘partecipe’ colui che risulta inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico. Concorso esterno in associazione mafiosa : si ha concorso esterno in associazione mafiosa quando un soggetto, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio e privo dell’affectio societatis, fornisce all’associazione mafiosa un concreto , specifico, consapevole, volontario contributo che si configura come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione. Sul piano dell’accertamento della causalità è necessario un apprezzamento ex post dell’effettivo nesso condizionalistico tra la condotta stessa e la realizzazione del fatto di reato, come storicamente verificatosi hic et nunc. Non è sufficiente che il contributo atipico aumenti la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, secondo una cd nozione “debole” di causalità”. 89 Si vedano a tal proposito le considerazioni svolte retro al Cap. 1, par. 4. 50 intento di escludere la decisività, ai fini dell’identificazione materiale del reato, a quelle circostanze di carattere esclusivamente formale. Si evitano per tale via quegli automatismi in base ai quali, ad esempio, il “giuramento di mafia” o la qualifica di “uomo d’onore” sarebbero sufficienti a sorreggere pronunce di condanna per la “partecipazione”, senza l’accertamento di azioni ulteriori90. La tipicità della condotta deve fondarsi sull’assunzione di un ruolo concreto nell’organigramma criminale, strumentale al raggiungimento degli scopi che l’associazione si propone91: nel caso di specie, ed in base alle suddette precisazioni concettuali, il semplice patto elettorale non sarebbe necessario a configurare la responsabilità per “partecipazione interna” dell’uomo politico, e ciò nonostante il diverso avviso di un datato orientamento della Corte di Cassazione92. Sotto il profilo dell’elemento materiale ammettere che la “partecipazione” venga integrata con la sola promessa voti/favoritismi 90 Emblematico, in proposito, il caso ricordato da VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 145, del figlio di un noto boss di Cosa Nostra condannato per “partecipazione in associazione” (art. 416 bis c.p.) per avere prestato il “rituale giuramento”, pur non essendosi riscontrata nei suoi confronti alcuna attività connessa alle tipiche performance criminali del sodalizio; e in presenza di dichiarazioni di collaboratori di giustizia secondo cui “era stato un piacere del padre quello di farlo combinare, ancorché egli fosse solo una femminuccia e vivesse lontano dalla Sicilia”. 91 Per il modello organizzatorio di condotta si veda in dottrina INGROIA A. , L'associazione di tipo mafioso, in Quaderni penali, Milano, 1993, 40 ss. ; SPAGNOLO G. , L'associazione di tipo mafioso, Padova, 1993, 87 ss. ; DE FRANCESCO G, Gli artt. 416, 416 bis, 416 ter, 417, 418 c.p. , in AA. VV. , Mafia e criminalità organizzata, coordinato da CORSO, INSOLERA, STORTONI, Giurisprudenza sistematica di diritto penale, a cura di BRICOLA e ZAGREBELSKY, Torino, 1995, 35 ss. 92 Il riferimento è a Cass. , I, 26 giugno 1992, Battaglini, in Giust. pen. , 1992, II, 403 ss. , secondo cui la conclusione del patto sarebbe sintomatica non solo della condivisione, da parte del candidato, della logica intimidatoria propria del sodalizio e dell’accettazione della proposta di favorirlo, ma anche del riconoscimento di fatto, da parte dell’ente, del ruolo del politico in termini di svolgimento sistematico di prestazioni diffuse (legate alla sua particolare posizione) a favore della associazione. 51 (la cui realizzazione dipende, quanto meno, dall’elezione) significa, si è detto93, violare i connotati della stabilità del vincolo e dell’effettivo svolgimento di un ruolo all’interno della organizzazione, posti a presidio delle necessarie offensività e materialità del reato. Con riferimento all’elemento psicologico, poi, è sembrato azzardato attribuire al solo accordo il valore di condivisione delle sorti e degli scopi dell’associazione (affectio societatis), ossia di dolo specifico dell’associato94, laddove pare, più ragionevolmente, profilarsi un movente autonomo e personale dell’uomo politico, interessato all’appoggio elettorale, nella consapevolezza di promettere di assecondare occasionalmente esigenze associative95. Si procede poi a sviluppare il ragionamento sul concorso esterno individuabile, per i giudici di legittimità, nel “soggetto che, seppur non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’affectio societatis (e cioè della volontà di far parte dell’associazione), fornisca tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, causalmente idoneo ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, oltre che 93 Il rilievo è di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. 94 In tal senso cfr. Cass. , VI, 27 marzo 1995, Alfano, in Foro it. Rep. , 1996, voce Ordine pubblico, n. 27 e in Cass. pen. , 1997, 983; Cass. , I, 22 aprile 1985, Arslan, in Foro it. , 1986, II, 595. Si veda anche FIANDACA G. – MUSCO E. , Diritto penale, Parte speciale, I, Bologna, 1995, 356. 95 In tal senso si veda Trib. Taranto 29 giugno 1999, Cito, cit. ; Trib. Palermo 4 aprile 1998, Bonomo e altri, in Foro it. , 1999, II, 44 ss. In dottrina per un approfondimento del profilo psicologico della fattispecie si veda VISCONTI C. , Patto politico mafioso e i problematici confini del concorso esterno, in Foro it. , 1997, II, 443. 52 diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima”. Al riguardo la Suprema Corte osservato anche come tale “contributo causale per le associazioni operanti su larga scala come cosa nostra vada valutato con riguardo agli effetti prodottisi relativamente ad un suo particolare settore, ramo di attività o articolazione territoriale”. È stato evidenziato che la novità della sentenza in commento non sta nell’adozione del criterio causale per tipizzare la condotta, quanto nel modo di declinarlo96: la Corte di Cassazione per tale via, si è detto, risponde alle obiezioni secondo cui l’evocazione giurisprudenziale del paradigma causale celerebbe in realtà meccanismi di imputazione diversi, fondati su intuizioni, precomprensioni, giudizi etici97. Su queste premesse, la Corte di Cassazione ha poi ribadito come sia necessaria la sussistenza di tutti i requisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale del concorso di persone nel reato e, per quanto riguarda il dolo, che questa investa sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto. 96 Cfr. MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. 97 Cfr. INSOLERA G. , L’impossibile garanzia: la prova dell’illecito plurisoggettivo, in Quest. Giust. , 1998, 612. 53 Richiamando in proposito le riflessioni sul nesso causale sviluppate dalle stesse Sezioni Unite nella decisione Franzese, i giudici affermano come non sia affatto sufficiente che il contributo atipico sia considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, con prognosi di mera pericolosità ex ante, qualora poi, con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell’evento lesivo. Nell’ormai celebre presa di posizione del 2002 in tema di responsabilità medica98, le Sezioni Unite avevano in realtà posto l’accento sull’esigenza inderogabile di accertare il nesso causale alla stregua di un giudizio controfattuale effettuato “sulla base di una generalizzata regola d’esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica”99. Proprio in considerazione dei principî elaborati in quella importante pronuncia, la Cassazione sostiene adesso che anche nell’ambito del concorso esterno il contributo eziologico dell’estraneo deve atteggiarsi a condizione necessaria dell’evento, secondo lo stesso 98 Cass. , Sez. Un. , 11 settembre 2002, Franzese, in Foro it. , 2002, II, 601 e nella stessa rivista, 2003, con commento di DI MARTINO A. , Il nesso causale attivato da condotte omissive tra probabilità, certezza e accertamento. 99 Appare interessante evidenziare le osservazioni di VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. , secondo i quali l’assunto della sentenza Mannino in tema di causalità del concorso esterno sembra consentire un qualche affievolimento sotto il profilo del rigore nomologico. Gli autori affermano infatti “questa volta manca ogni riferimento esplicito all’esigenza irrinunciabile di utilizzare una legge scientifica di copertura; e inoltre limitarsi a richiedere l’impiego di «massime dotate di empirica plausibilità» vuol dire indebolire o attenuare la portata più impegnativa del ricorso a «generalizzate regole d’esperienza(…)Questo riconoscimento di una possibile attenuazione del sostegno nomologico presuppone implicitamente, il convincimento che la prova dell’efficacia causale sia, sul versante del concorso esterno, maggiormente soggetta a incertezze e ad apprezzamenti di tipo intuizionistico-valutativo, più che a riscontri empirico-fattuali in senso stretto”. 54 modello di causalità tipico delle fattispecie incriminatrici a forma libera e causalmente orientate. In tema di accertamento del nesso causale quindi, i giudici di legittimità rifiutano le teorie dell’aumento del rischio o della causalità adeguatrice di rinforzo, basate su valutazioni ex ante e in concreto, secondo criteri prognostici, suscettibili di produrre espansioni incontrollabili della responsabilità penale. La sentenza Mannino afferma quindi che l’opposta tesi che pretende di prescindere dal paradigma eziologico, tende ad anticipare arbitrariamente la soglia di punibilità, in contrasto con il principio di tipicità e con l’affermata inammissibilità del mero tentativo di concorso. Al fine di rimanere ancorati ai canoni di legalità formale, i giudici di legittimità, ritengono obbligata l’adozione di un modello ispirato allo schema della conditio sine qua non proprio delle fattispecie a forma libera casualmente orientate: il che impone una verifica ex post dell’efficienza causale del sostegno esterno “sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative della intera organizzazione criminale o di sue articolazione settoriali”. È questa la novità più rilevante della pronunzia. La ricostruzione del rapporto di causalità sulla base della teoria condizionalistica o della equivalenza delle cause: “è causa penalmente rilevante la condotta umana, attiva od omissiva, che si pone come condizione necessaria nella 55 catena degli antecedenti che hanno concorso a produrre il risultato, senza del quale l’evento stesso, da cui dipende il reato, non si sarebbe verificato”. Da un lato dunque sarebbero irrilevanti contributi di grande potenzialità però rilevatisi, una volta posti in essere, ininfluenti o controproducenti per la verificazioni dell’evento lesivo; dall’altro lato la mera promessa di una prestazione decisiva, non seguita da comportamento di attuazione, non potrebbe per se stessa ricondursi al profilo oggettivo e tipizzante del paradigma causale. Si abbandonano così i parametri della fisiologia o della patologia dell’agire associativo, determinanti per la sentenza Demitry del 1994, e del destinatario del contributo apportato dal singolo, sostenuto in verità da una dottrina minoritaria100 e già abbandonato dalla sentenza Carnevale, secondo cui nel caso del concorrente esterno il destinatario del contributo non sarebbe l’associazione bensì la condotta di partecipazione del singolo associato, alla quale, per l’appunto, accede. Non trova neanche spazio il criterio relativo alla distinzione tra contributo apportato dal singolo all’ente criminale in via occasionale e contributo apportato in via reiterata e stabile in favore del sodalizio 100 In tal senso IACOVIELLO F. M. , Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, in Cass. pen. , 1995, 858 ss. ; MUSCATIELLO V. , Il concorso esterno nelle fattispecie associative, Padova, 1995, 117 ss. 56 malavitoso101: già la sentenza Carnevale affermava che “si tratti di attività continuativa o ripetuta, si tratti invece di una singola prestazione, dovrà valutarsi esclusivamente se la pluralità o l’unica attività posta in essere, per il grado di concretezza e di specificità che la distingue e per la rilevanza causale che esprime, possa ritenersi idonea a conseguire il risultato sopra menzionato”102. Sotto quest’ultimo profilo appare ravvisabile una divergenza rispetto a quanto in precedenza era stato affermato dalla stessa Corte di Cassazione quando affermava che, tra le connotazioni essenziali del concorso esterno, vi era quella che esso si estrinsecasse in una forma di partecipazione “saltuaria e sporadica” all’attività del sodalizio criminoso103. Con la sentenza Mannino si ritiene inoltre inammissibile una lettura in senso psicologico della nozione di evento, sovente praticata dai giudici di merito, proprio per dissimulare l’assenza di prova sull’incidenza causale104: non rispetterebbero i canoni ermeneutici sopradescritti, infatti, quegli orientamenti rafforzamento dell’associazione nell’accrescimento 101 che identificano il del di senso In senso opposto, nel senso cioè che la reiterazione nel tempo del contributo all’associazione è indice della possibile assunzione da parte di un determinato soggetto di un ruolo stabile all’interno dell’organizzazione e, dunque, della qualità di partecipe, si veda invece BIAN L. , Considerazioni sul concorso eventuale od esterno nei reati associativi, in Il Nuovo Diritto, 2001, fasc. 12, 1095 ss. 102 È interessante rilevare che i canoni fissati dalla sentenza Carnevale sono stati recentemente applicati anche da Cass. , V, sent. n. 16493 del 2006, pubblicata in D & G 2006 del 17 maggio. 103 Il riferimento è a Cass. , 30 maggio 2002, n. 21356, Frasca, RV n. 222439. 104 Si veda Trib. Palermo 27 gennaio 2001, in Foro it. , 2001, 88 ss. ; cfr. anche Trib. Palmi 25 marzo 1996, in Foro it. , 1997, 453. 57 sicurezza e prestigio dei sodali, nella diffusione della sensazione di impunità e sicurezza, nella sicura fiducia di poter continuare a delinquere105. L’elemento distintivo è dunque da individuare unicamente, a parere dei giudici di legittimità, nella intraneità/estraneità del soggetto rispetto all’organizzazione in quanto, per entrambi, è comunque richiesto che con la propria condotta forniscano un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario in favore dell’associazione mafiosa. La Suprema Corte ha quindi proceduto all’individuazione dei parametri in base ai quali distinguere (di volta in volta) in termini probatori quando il soggetto è da considerarsi intraneo o estraneo al sodalizio malavitoso106: si badi non si giunge ad affermare che lo svolgimento effettivo di una attività materiale per la struttura associativa, da circostanza rilevante a livello probatorio, assurge al rango di elemento essenziale del fatto tipico107. A tal proposito i giudici di legittimità ritengono infatti che sul piano probatorio rilevano, ai fini della integrazione della condotta di 105 In tal senso si esprimeva già GROSSO C. F. , Accordo elettorale politico- mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. Una configurazione possibile, in Foro it. , 1996, V, 121 ss. 106 Cfr. FALLONE A. , Concorso esterno? Sì se il clan si rafforza. Ma il rebus dell’extraneus non è risolto, in Diritto e Giustizia, 2006, n. 34, 110 ss. 107 Tale impostazione viene invece recepita dai sostenitori del modello c.d. “causale” della condotta partecipativa, secondo i quali consisterebbe in un contributo materiale apprezzabile in vista della realizzazione del programma criminoso. Si veda a tal proposito INSOLERA G. , L’associazione per delinquere, Padova, 1983, 228; FIANDACA G. , Criminalità organizzata e controllo penale, in Ind. pen. , 1991, 25ss. 58 partecipazione, “tutti gli indicatori fattuali108 dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa, e cioè la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Deve dunque trattarsi di indizi gravi e precisi (tra i quali le prassi giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e però significativi “facta concludentia”109) dai quali sia lecito dedurre senza alcun automatismo probatorio, la sicura dimostrazione della costanza permanenza del vincolo nonché della duratura, e sempre utilizzabile messa a disposizione della persona per ogni attività del sodalizio criminoso, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione”. Sul piano processuale poi, e con riferimento al concorrente esterno, si precisa che “l’accertamento dovrà seguire i principi delineati dall’art. 192 c. p. p. , con l’utilizzo di massime di esperienza dotate di 108 Per la nozione di “indicatori fattuali” e la correlativa natura “disposizionale” del concetto di partecipazione associativa, si veda VISCONTI C. , La sentenza Andreotti: profili di interazione tra diritto sostanziale e accertamento probatorio, in Critica del diritto, 2000, 487 ss. ; ID. , Contiguità, cit. , 282 ss. ; ID. , I reati associativi tra diritto vivente e ruolo della dottrina, in AA.VV. , I reati associativi: paradigmi concettuali e materiale probatorio, a cura di L. PICOTTI-G. FORNASARI-F. VIGANÒ-A.MELCHIONDA, Padova, 2005, 143 ss. 109 Tra i quali per esempio la disponibilità di un arsenale, la latitanza volontaria, l’uso di autovetture blindate. 59 empirica plausibilità, per verificare la correttezza del collegamento che fa derivare da un primo fatto, la condotta dell’extraneus, il factum probandum, ovvero l’evento”. Segnatamente, quindi, con la sentenza Mannino, si è ritenuto che gli impegni assunti da un determinato personaggio politico con taluni esponenti di organizzazioni criminali prima del voto (e quindi di essere eletto), in tanto rilevano penalmente, laddove siano connotati dal carattere della serietà e della concretezza, dati questi desumibili dall’affidabilità dei protagonisti dell’accordo, dai caratteri strutturali dell’associazione, dal contesto di riferimento, nonché dalla specificità dei contenuti degli stessi. Senza dimenticare, altresì, la necessità che detti impegni risultino all’esito di una attenta verifica probatoria, da effettuarsi ex post, causalmente efficaci sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità110, e più precisamente che “gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé e a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”. 110 Si osservino a tal proposito le osservazioni critiche di VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. secondo i quali “da un lato, il ruolo determinante così attribuito alla verifica processuale del rapporto di causalità finisce col trasferire sul terreno del processo la soluzione di una questione che rimane a rigore di diritto sostanziale, in quanto attinente al modo di concepire la nozione di rafforzamento quale presupposto della punibilità del concorso esterno. Dall’altro, la fiducia che la Cassazione sembra riporre nella possibilità di accertare, con rigore empirico, l’incidenza rafforzativa del semplice patto di scambio (non seguito dall’esecuzione concreta della promessa), risulta verosimilmente, al di là delle buone intenzioni, eccessiva”. 60 Il Collegio quindi non ritiene sufficiente che il contributo atipico, con prognosi di mera pericolosità ex ante, sia considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, qualora poi con giudizio ex post, si rilevi ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell’evento lesivo. È la sola verifica ex post, infatti, che permette di valutare se la condotta posta in essere dall’agente sia stata causa di concreti vantaggi o utilità per l’associazione medesima111. Tale costruzione, sebbene coerente in principio, potrebbe però nascondere perplessità operative o quantomeno difficoltà che, gli stessi giudici di legittimità, lasciano intravedere in motivazione quando si ammette che “la promessa o l’impegno del politico di attivarsi, una volta eletto a favore della cosca mafiosa possano già integrare di per sé, gli estremi del contributo atipico del concorrente eventuale nel delitto associativo, a prescindere dalle successive condotte di esecuzione dell’accordo valutabili sotto il profilo probatorio”. Tale preoccupazione però è da ridimensionare112. 111 La sentenza Carnevale, invece, aveva provato a mettere ordine nell’intricata materia distinguendo a seconda della unicità o della reiterazione dei contributi del concorrente esterno. In caso di più contributi, indicava una verifica del consolidamento del sodalizio in via prognostica, giudizio ex ante, affermando che poteva non essere essenziale ai fini della configurabililtà del reato di concorso esterno l’esito favorevole delle condotte; mentre per il contributo unico, sulla base di un ragionamento a contrario, si affacciava l’ipotesi del giudizio ex post. Si veda retro par. 3. 112 Contra si veda FALLONE A. , Concorso esterno? Sì se il clan si rafforza. Ma il rebus dell’extraneus non è risolto, in Diritto e Giustizia, 2006, n. 34, 113, secondo cui “se ai fini dell’integrazione della fattispecie penale non si ritiene necessario (correttamente) l’avvenuta esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus, e al contempo però si ritiene (altrettanto correttamente) che l’accordo tra l’extraneus ed il mafioso, da solo non è sufficiente, occorrendo invece che si accerti con verifica ex post che tale accordo abbia comunque rafforzato la sua struttura associativa, si correrebbe il rischio di una probatio diabolica”. 61 Verificare ex post, infatti, significa anche, in caso di mancata esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus, verificare se tale mancata esecuzione non abbia inciso in misura tale da precludere il formarsi del rafforzamento della struttura associativa, o meglio della capacità criminale del sodalizio malavitoso. Ebbene, tale verifica deve muovere dalle circostanze specifiche dei singoli casi distinguendo tra il caso in cui la mancata esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus precluda ab origine il rafforzamento associativo, dal caso in cui la mancata esecuzione delle promesse faccia venire meno il rafforzamento associativo già però precedentemente realizzatosi: solo in quest’ultimo caso infatti, e non nel primo, può dirsi integrata la fattispecie del concorso esterno. Circa i parametri rilevanti ai fini della sovra citata distinzione si richiede in primo luogo la verifica del motivo per cui le promesse non sono state mantenute, e in particolar modo di comprendere se la mancata esecuzione delle stesse precluda o meno la possibilità in futuro di eseguire promesse di contenuto analogo; in secondo luogo un’analisi sull’aspetto temporale e sull’aspetto quantitativo-qualitativo della diffusione, tra i vari associati, della notizia dell’intervenuto accordo tra Lo stesso autore limita però tale rischio rilevando che la “novità della pronuncia non risiede nel modo di concepire l’evento del reato ma nel richiamo rivolto ai giudici di merito di non fermarsi alla verifica (prova) dell’accordo intervenuto tra extraneus e mafioso, ma di andare a verificare oltre l’accordo intervenuto, in modo tale da verificare se quanto succeduto successivamente all’accordo abbia o meno realmente prodotto un rafforzamento della struttura associativa”. 62 l’organizzazione e l’extraneus, e quindi sulla consapevolezza da parte degli associati di poter contare anche sulla disponibilità di quest’ultimo. Vi è infatti chi ritiene che tali parametri evidenzino in realtà se il rafforzamento associativo conseguente alla manifestata disponibilità dell’extraneus possa dirsi sufficientemente consolidato, e se quindi sia stato o meno raggiunto quella soglia minima (richiamata e di cui alla sentenza Carnevale del 2003) a partire dalla quale il risultato conseguente alla prestazione dell’extraneus assume effettiva rilevanza in termini di conservazione o rafforzamento del sodalizio criminale e, in sostanza, per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto113: bene giuridico che nella specie è costituito dall’integrità dell’ordine pubblico, violata dall’esistenza e dall’operatività del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo del programma criminoso114. Tale procedimento raggiunge l’evidente risultato di evitare il ricorso al surrettizio ed indiretto impiego della causalità psichica cd. “da rafforzamento dell’organizzazione” per dissimulare, in realtà, l’assenza di prova dell’effettiva incidenza causale del contributo materiale per la realizzazione del reato115. 113 Cfr. ESPOSITO C. , Verifica probatoria ex post, ecco come, in Diritto e Giustizia, 2005, n. 39, 59. 114 Giova ricordare che con l’introduzione dell’art. 416 bis c.p. si è deciso, con evidente semplificazione probatoria, di prescindere dalla finalità di specifica commissione di delitti e di facilitare l’individuazione in concreto dell’atto di adesione. 115 Il rilievo è sempre di ESPOSITO C. , Verifica probatoria ex post, ecco come, in Diritto e Giustizia, 2005, n. 39, 59. 63 Sempre sul versante oggettivo del contributo del concorrente esterno, occorre infine ricordare che la condotta posta in essere non deve essere scriminata da cause di giustificazioni quali l’adempimento del dovere o l’esercizio del diritto. Queste le conclusioni della Suprema Corte sull’accertamento dell’elemento soggettivo del concorrente esterno: “…La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volontà di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo reato”. Non è richiesto per l’estraneo il dolo specifico proprio del partecipe, consistente nella consapevolezza di essere inserito nel sodalizio e nella volontà di far raggiungere allo stesso gli obiettivi che si era prefisso116. Nello stesso senso è da collocare la posizione di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 590, quando afferma che “la sentenza in esame parrebbe accreditare quella opinione più generale secondo cui non sarebbero rinvenibili regolarità causali nell’ambito dei fenomeni psichici, per il caratterizzarsi degli stessi in termini di irripetibilità, imprevedibilità ed internità”. 116 Si vedano a tal proposito le singolari osservazioni di DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss. , secondo cui “…il dolo specifico è uno dei grandi inganni che il processo penale consuma ai danni del diritto penale. La funzione selettiva del dolo specifico è tanto esaltata sul piano sostanziale, quanto è emarginata sul piano processuale. Raramente i processi si risolvono sul 64 Il dolo del soggetto esterno è, ad avviso dei giudici di legittimità, generico: si ritiene che debba investire sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla propria condotta alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione mafiosa, ben sapendo e volendo (sempre il concorrente esterno) che il suo apporto è diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio (e ciò a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per i metodi o i fini dello stesso, che lo muovono nel foro interno). Inaccettabile per la Suprema Corte, contrariamente a quanto aveva ritenuto la Corte di Appello di Palermo, la configurazione del dolo eventuale del concorrente esterno117, giacché la consapevolezza e la volizione del medesimo devono essere dirette, con riguardo al fatto tipico e al contributo causale. L’argomento è ritenuto talmente fondamentale e dirimente che, sebbene formulato nell’ambito del reato omissivo improprio dalla già citata sentenza Franzese, è ripreso dai giudici di legittimità ed adattato alla punto del dolo. Inoltre, nel diritto sostanziale il dolo sarà pure volontà. Invece, nel processo il dolo non è volontà, ma è - innanzitutto, se non tutto - consapevolezza. Provata la consapevolezza, la volontà ne consegue. Nei processi per concorso esterno è sufficiente provare che l'imputato sapesse che aveva a che fare con mafiosi: tanto basta perché il dolo - qualsiasi dolo - sia provato. Il dolo da evento psicologico diventa nel processo un'astrazione logica: è la proiezione di una condotta che, di norma, è intenzionale”. 117 Tale rigore veniva già sottolineato dalle Sezioni Unite il 10 luglio 2002 n. 30328, Franzese, dove si affermava che le difficoltà di ricostruzione probatoria del fatto e degli elementi oggettivi che lo compongono non possono mai legittimare un’attenuazione del rigore nell’accertamento del nesso di causalità. In dottrina analogo orientamento circa l’esclusione del dolo eventuale era già stato espresso da SPAGNOLO G. , L'associazione di tipo mafioso, Padova, 1997; cfr. anche DE LIGUORI L. , Concorso eventuale e reati associativi, in Cass. Pen. , 1989, 36 ss. 65 fattispecie associativa, per ribadire che l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano l’esito assolutorio del giudizio118. La Corte ha poi evidenziato come non vi sia incompatibilità in via di principio tra il voler perseguire parte degli obiettivi propri dell’ente criminale ed essere il soggetto al contempo, eventualmente, anche contrario al programma criminale, complessivamente considerato, dell’ente medesimo, atteso che il vero discrimen è pur sempre costituito dalla circostanza che il concorrente esterno, diversamente dal partecipe, sa e non vuole far parte dell’associazione. Ad avviso di qualcuno, questo modo di ricostruire il dolo si pone, invero, in linea di sostanziale continuità con la precedente sentenza Carnevale dell’ottobre 2002, in cui però si parlava espressamente di dolo diretto (ancorché in un’accezione atecnica) e si anticipava il riferimento della direzione della volontà alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso. 118 In motivazione la Corte ha appunto precisato che “deve escludersi la sufficienza del dolo eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione dell’evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti”. 66 Questo riferimento al programma criminoso, si è obiettato, finisce con l’inserire nell’area rappresentativo-volitiva riservata al concorrente esterno, elementi che sono invece più propriamente tipici della sfera psichica dell’“intraneo” 119 : secondo tale orientamento in realtà, la ritenuta insufficienza del dolo eventuale costituisce l’effetto, piuttosto che di una coerente applicazione al concorso esterno dei principî generali in tema di concorso eventuale di persone, di una presa di posizione a carattere valutativo sui limiti di opportuna dilatazione della punibilità della contiguità compiacente alla mafia120. Nella decisione in commento le Sezioni Unite hanno affrontato in conclusione l’ulteriore questione dei limiti di efficacia dimostrativa e di utilizzabilità delle sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e non ancora divenute irrevocabili, in quanto anche su tale questione si erano delineati due contrastanti indirizzi interpretativi nella giurisprudenza della Corte di cassazione121. 119 Così VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. Una conferma giurisprudenziale della tendenza ad assimilare il dolo del concorrente a quello del partecipe si rinviene in Cass. , 25 novembre 2003, Cito, in C. E. D. Cass. , RV n. 229992, ove si afferma che per entrambe le condotte è richiesto il dolo specifico avente ad oggetto il programma criminoso dell’associazione. Ad essere più precisi si trova la stessa impostazione della tematica in FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 696. 120 Si veda FIANDACA G. , Diritto penale giurisprudenziale e ruolo della Cassazione, in Cass. pen. , 2005, 1722 ss. , secondo cui la scelta dei giudici di legittimità rivela “una valutazione di opportunità a carattere sia extralegislativo sia meta-dogmatico, che conferma, ove ve ne fosse bisogno, la «non neutralità» dei principî di diritto affermati dalla Cassazione”. 121 Un primo e più rigido orientamento era sostenuto da Cass. , II, 12 marzo 1996, Lento, in Cass. pen. , 1997, 1762; Cass. , VI, 7 luglio 1999, Arcadi, in C.E.D. Cass. , RV n. 215266; Cass. , IV, 5 dicembre 2000, Reina, ivi, n. 218315; Cass. , IV, 11 maggio 2004, Tahir, ivi, n. 228936. Una soluzione più lata si rinveniva in Cass. , II, 16 gennaio 1996, Romeo, ivi, n. 204767; Cass. , I, 2 maggio 1997, Dragone, ivi, n. 208573; Cass. , II, 5 maggio 2003, Passalacqua, ivi, n. 225157; Cass. , V, 26 ottobre 2004, P.G. in c. T. , ivi, n. 230457. 67 Le Sezioni Unite hanno condiviso la più rigorosa soluzione ermeneutica sul rilievo che le sentenze non irrevocabili delle quali è certamente ammissibile la produzione e l’acquisizione al pari degli altri documenti, sono idonee a documentare il mero fatto storico dell’esistenza della decisione e le scansioni delle relative vicende processuali, ma non la ricostruzione, né il ragionamento probatorio sui fatti oggetto di accertamento: affermando conseguentemente che le sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e non ancora divenute irrevocabili, legittimamente acquisite al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, possono essere utilizzate come prova limitatamente all’esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti. Finanche l’acquisizione, prevista dall’art. 238 bis c.p.p. (norma introdotta con il D. l. 306 del 1992 in tema di criminalità organizzata, che mirava evidentemente ad assicurare la circolarità della prova, che nei processi di mafia deve ritenersi correlato alla “multi-territorialità” dei relativi delitti ed alla frequente pendenza di diversi processi, in un’ottica di semplificazione probatoria) delle sentenze irrevocabili è, secondo le Sezioni Unite, strumento derogatorio ed eccezionale, comunque non vincolante per il giudice. 68 Nel concludere l’analisi giurisprudenziale sulla complessa tematica del concorso esterno ed alla luce delle più recenti pronunce si può quindi concludere (rebus sic stantibus) che assume la qualifica di concorrente esterno colui che apporta un contributo che si atteggia a conditio sine qua non rispetto alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione criminosa; un contributo senza il quale cioè l’organizzazione non avrebbe mantenuto quei connotati che ne caratterizzano la struttura interna, il modo di operare, il radicamento sul territorio; o senza il quale l’organizzazione non avrebbe potuto compiere un salto di qualità, che le ha consentito, ad esempio, di espandersi o di accrescere la propria influenza o il proprio giro d’affari122. Tale accertamento dovrà effettuarsi attraverso leggi scientifiche o, più presumibilmente, massime di esperienza, che permettano di concludere nel senso che nella generalità dei casi, una condotta dello stesso tipo di quella posta in essere dal soggetto è suscettibile di creare un risultato positivo per un’organizzazione criminosa con le caratteristiche di quella osservata. In particolare, la massima d’esperienza dovrà permettere di ricostruire in maniera unitaria e coerente il quadro probatorio a disposizione, in modo tale da poter escludere spiegazioni causali 122 Si veda in tal senso di recente CORVI A. , Il concorso esterno del magistrato nell’associazione di tipo mafioso, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 9, 1117 ss. 69 alternative, in grado di ricondurre la conservazione o il rafforzamento dell’associazione ad altre cause, diverse dalla condotta dell’imputato. 70 4.1 Segue. Sulla conservazione e sul rafforzamento dell’organizzazione criminosa Naturalmente, non è mancato chi ha rilevato ulteriori difficoltà: questa volta però sotto una diversa prospettiva. Ci si riferisce a quegli orientamenti che, con uno sguardo alle tradizionali categorie della dogmatica penalistica, hanno evidenziato i problemi connessi all’accertamento del nesso eziologico tra due entità (condotta del singolo e organizzazione criminosa) “così diverse per natura e grandezza”123. In verità questa problematica emergeva già durante gli anni ’50. Allora ci si interrogava sul come ricostruire questo mega-evento: su quali fossero cioè le circostanze di fatto costitutive la realizzazione concreta, anche se non l’unica possibile, della figura criminosa in questione, o che a tale figure siano funzionalmente collegate, sulle quali avrebbe potuto incidere la condotta dell’extraneus124; più di recente, poi, ci si è interrogati sulla individuazione della grandezza da prendere in considerazione: l’intero sodalizio o la singola famiglia125. Parte della dottrina, quella più restia a riconoscere valore giuridico all’istituto del concorso esterno, si è chiesta infine se conservazione e 123 Il rilievo è di DE VERO G. , I reati di associazione mafiosa: bilancio critico e prospettive di evoluzione normativa, Torino, 2001, 42. 124 PEDRAZZI C. , Il concorso di persone nel reato, Palermo, 1952, 80. 125 VISCONTI C. , Il concorso esterno nell'associazione mafiosa: profili dogmatici ed esigenze di politica criminale, in Riv. It. dir. proc. pen. , 1995, 1328. 71 rafforzamento dell’organizzazione mafiosa siano davvero definibili da un punto di vista dogmatico come eventi126. A tal proposito occorre precisare che due sono i concetti di evento in senso penalmente rilevante. La prima e più diffusa nozione si riferisce all’evento concepito in senso naturalistico, inteso come modificazione del mondo esteriore legata alla condotta da un nesso di causalità e preveduto dalla legge penale come elemento costitutivo o aggravatore. In prevalenza si esclude tale tesi perché nessuna legge penale prevede la conservazione o il rafforzamento di un’associazione quale elemento costitutivo o aggravatore di una fattispecie tipica127. Occorre comunque citare che un recente indirizzo ermeneutico identifica l’evento, in senso naturalistico, nell’associazione hic et nunc, considerata nelle sue caratteristiche concrete128: organigramma interno, meccanismi decisionali, consistenza numerica, radicamento sul territorio, traffici illeciti perseguiti. 126 Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. 127 Secondo gli Autori citati nella nota precedente, conservazione e rafforzamento, sarebbero nozioni che in nessun modo risultano riconducibili all’evento inteso in senso “naturalistico” - che è quella modificazione del mondo esterno legata alla condotta da un nesso di causalità, e prevista dalla legge penale come elemento costitutivo o aggravatore del reato (si veda MANTOVANI F. , Diritto penale, Parte generale, Milano, 2001, 142) – posto che, nel testo dell’art. 416-bis, non è dato rinvenire traccia di tali espressioni. Non resterebbe quindi che considerare queste “entità” come rientranti nel concetto di evento in senso “giuridico”, ossia come lesione o messa in pericolo del bene tutelato dalla norma incriminatrice che di volta in volta viene in considerazione 128 Il riferimento è a CORVI A. , Il concorso esterno del magistrato nell’associazione di tipo mafioso, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 9, 1117 ss. 72 Riconducendo quindi il contributo causale dell’extraneus alla teoria generale della causalità e del concorso di persone nel reato, si identifica il contributo esterno in primo luogo in quello che consente all’associazione di continuare a rimanere così come è, mantenendo invariate le caratteristiche, e consentendo dunque al sodalizio di evitare un mutamento in senso peggiorativo129; in secondo luogo quello che può aiutare l’associazione consentendole di migliorare le proprie prestazioni: magari permettendole di ampliare qualitativamente e quantitativamente la propria attività criminosa, o di operare in nuove zone. Tratto comune di tali due modalità di apporto esterno è, si aggiunge, il suo immediato estrinsecarsi in un risultato esterno, materialmente percepibile ed empiricamente verificabile, dotato di un significato positivo per il sodalizio criminoso: si portano gli esempi dell’aggiustamento del processo, che consente ai vertici dell’associazione di evitare il carcere; dell’assicurazione di un appalto, che permette al sodalizio di stringere illeciti contratti degli imprenditori del luogo, assicurandosi vantaggi nell’immediato; della rivelazione di un imminente mandato di cattura, che fa sì che i sodali si possano dare alla fuga. Questo risultato positivo intermedio però, si aggiunge, non deve confondersi con il vero e proprio evento che rimane l’associazione 129 Diversa era invece la situazione richiesta nella sentenza Demitry, la quale richiedeva che l’associazione versasse in pericolo di vita, scongiurato solo attraverso l’intervento salvifico del concorrente. 73 criminosa; ma in qualche modo, è l’elemento nel quale il nesso tra la condotta dell’extraneus e associazione si trasfigura: nel senso che la conservazione e il rafforzamento sono causalmente riconducibili alla condotta dell’imputato proprio perché sono il fatto di questo risultatati positivo intermedio, a sua volta cagionato dal concorrente. Risultato positivo intermedio necessario per misurare il significato eziologico della condotta dell’imputato: solo facendo riferimento a tale accadimento materiale, sarà possibile affermare che, senza il contributo esterno, non si sarebbe prodotta alcuna utilità per l’associazione; e questo appunto perché sarebbe venuto meno quel risultato che ha determinato quel vantaggio. Altra è la concezione di chi concependo l’evento in senso giuridico, lo identifica con la lesione o messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma: è questa la concezione accolta dalle sentenze più recenti delle Sezioni Unite in tema di concorso esterno130. Il contributo dell’extraneus dovrebbe quindi, secondo il pensiero della Corte di Cassazione enucleato nella sentenza Mannino, assurgere a condizione necessaria per la realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione della lesione dell’ordine pubblico: e ciò, si afferma, in 130 Cfr. FIANDACA G. – MUSCO E. , Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2001, 198. Tuttavia la stessa dottrina avverte come non sia questa la corretta nozione di evento (in senso giuridico) da prendere in considerazione quando si parla di causalità nel senso di cui all’art. 40 c.p. e, conseguentemente, di cui all’art. 110 c.p. 74 applicazione dei principî generali in tema di concorso criminoso al concorso eventuale nel reato associativo. Sennonché si è rilevato da un lato, che la realizzazione del fatto criminoso collettivo si riferisce ad un reato associativo come l’associazione mafiosa, la quale temporalmente preesiste rispetto al sostegno prestato dal concorrente esterno: appare quindi arduo ritenere che detto sostegno possa fungere da condizione necessaria di un reato già venuto ad esistenza. Dall’altro, il rilievo che precede induce in realtà a contestare la fondatezza dell’ulteriore assunto, secondo cui la condotta dell’extraneus dovrebbe porsi come condizione necessaria per la produzione della lesione dell’ordine pubblico, posto che detta lesione può piuttosto derivare dall’esistenza dell’intero sodalizio131. Se così è, la condotta dell’estraneo, vantaggiosa in termini di c.d. conservazione o di c.d. rafforzamento dell’ente associativo, potrebbe semmai farsi apprezzare, sotto il profilo dell’efficacia offensiva, in forma di eventuale incremento «percentuale» di una lesione (o messa in pericolo) che si è verificata e continua a verificarsi anche a prescindere. Si è detto, dunque, che se può apparire concettualmente ancora plausibile, sia pure tendendo al massimo il limite linguistico, individuare una “modificazione del mondo esteriore” nel “rafforzamento”, assai più problematica la cosa risulta rispetto al concetto di “conservazione”, il 131 Sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. 75 quale ultimo implica, logicamente, l’esatto contrario di una “modificazione”132. Vi è stato anche chi ha evidenziato come l’evento descritto dai giudici di legittimità abbia carattere alquanto sfuggente: l’apporto del concorrente esterno infatti, si è detto, non accede, come nella maggior parte dei casi di compartecipazione criminosa, all’azione di altri soggetti, diventando condizione necessaria alla realizzazione di un reato; si innesta, invece, su un reato già esistente, ossia la fattispecie associativa. Verranno, allora, in rilievo i risultati di mantenimento in vita dell’associazione o di incremento della sua funzionalità, ossia circostanze la cui sussistenza trascende il piano della semplice materialità133. Sotto altra angolazione invece si è affermato che lungi dal trattarsi di eventi normativamente tipici, entrambi i concetti costituiscono, in realtà, il risultato di un’attività ermeneutica a carattere creativo: l’accertamento di essi si è aggiunto, rischierebbe, di essere affidato ad apprezzamenti in termini organizzativi funzionali, economici, socio- 132 Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. , i quali approdano al seguente risultato: “…«conservazione» e «rafforzamento» del sodalizio sarebbero entità prive di piena legittimazione tecnica se fossero da intendere quali «eventi» (naturalistici o giuridici) secondo le accezioni dogmaticamente consolidate. Ciò non impedisce, ovviamente, di continuare nondimeno a definirli «eventi»: purché si abbia chiaro però che si tratta di eventi sui generis coniati ad hoc ad opera degli interpreti in sede di riempimento ermeneutico di una fattispecie (quale appunto il concorso esterno) che è in non piccola misura carente di conformazione legale espressa”. 133 BORRELLI G. , Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, in Cass. pen. , 2005, fasc. 12, 3759 ss. 76 criminologici, sganciati da verifiche empiriche, se non a giudizi di valore o intuizioni dell’interprete134. Autorevole dottrina conclude quindi affermando che parlare di conservazione come di vero e proprio salvataggio potrebbe risultare improprio o forzato135. 134 Si vedano a tal proposito le considerazioni di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. 135 Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. Mi si conceda di riportare di seguito parte del ragionamento (definito dagli stessi garantistico) che gli Autori sviluppano commentando la sentenza Mannino con riferimento all’evento-conservazione: “Adattando queste categorizzazioni concettuali alla questione in esame, l’alternativa prospettabile sarebbe la seguente: riferire l’effettoconservazione o alla sopravvivenza di un’associazione mafiosa tipologicamente definita, ad esempio Cosa nostra siciliana, che come tipologia associativa opera e continua a operare nel tempo pur nel variare contingente delle sue risorse umane e operative; oppure, verificare l’effetto-conservazione rispetto a una concreta composizione strutturale della stessa associazione criminosa, considerata nella sua specifica conformazione contingente hic et nunc, ovvero— ancor più in particolare—in qualcuno dei suoi concreti e contingenti comparti organizzativi (conservazione di un’associazione concreta o di suoi concreti settori). Ma, pur accedendo a un concetto di conservazione in concreto, non per questo il problema della verifica causale sarebbe automaticamente risolvibile. Anche preoccupandocisi di specificare in maniera concretamente più circostanziata i settori o i tipi di attività rispetto ai quali la funzionalità associativa risulti eventualmente in crisi, e perciò bisognosa di un intervento soccorritore esterno, parlare di conservazione come vero e proprio salvataggio potrebbe risultare improprio o forzato. È ad esempio davvero sostenibile che un uomo politico, favorendo la concessione di appalti ai membri di un dato sodalizio che versa in crisi di commesse in questo settore, funga così da condizione necessaria perché il sodalizio stesso «conservi» o mantenga una presenza attiva nel mondo degli appalti? Se ciò è forse sostenibile nel caso di effettiva concessione di appalti, non lo sarebbe invece— diversamente da quanto sostengono le sezioni unite— nel caso in cui l’uomo politico si limiti a promettere di attivarsi per la concessione futura di appalti.” Queste invece le conclusioni circa l’evento-rafforzamento: “Comparativamente meno problematico appare, almeno in teoria, riferire il nesso causale all’evento-rafforzamento dell’associazione (o di alcune sue articolazioni settoriali). Verificare l’incidenza della prestazione dell’estraneo in forma di «rafforzamento» o «potenziamento» delle capacità operative di un sodalizio o di una sua articolazione organizzativo-funzionale si prospetta, infatti, come un accertamento circoscrivibile entro rapporti più proporzionati di scala. Peraltro pare più plausibile anche sotto il profilo empiricocriminologico che la valenza tipica del sostegno fornito da un «colletto bianco», estraneo alla struttura organizzativa come tale, si lasci apprezzare in chiave (piuttosto che di mantenimento in vita) di efficacia rafforzativa o potenziatrice del livello di funzionalità della struttura stessa, o meglio ancora di suoi settori operativi. Così, per tornare all’esempio di prima del politico che dispone la concessione di appalti, appare non irrealistico asserire che in questo modo egli è in grado di contribuire al potenziamento dell’organizzazione criminosa beneficiaria. Ma che lo stesso risultato sarebbe conseguibile anche grazie alla semplice promessa, al mero «impegno» a concederli, ci sembra tuttavia anche questa volta—diversamente da quanto inclinano a ritenere le sezioni unite— assunto abbastanza discutibile. Si tratta infatti di intendersi bene sul significato di «rafforzamento» dell’organizzazione, potendo tale concetto alludere a cose diverse. In un’accezione materiale, suscettibile di reale verifica empirica, rafforzamento equivarrà ad effettivo potenziamento delle risorse operative dell’organizzazione o di suoi settori (in termini anche di maggiori disponibilità finanziarie, ecc.): una simile nozione di rafforzamento, a nostro avviso, si prospetta come l’effetto tipico di un intervento di sostegno esterno che non si limiti al livello potenziale della promessa, ma sfoci nella concreta esecuzione della prestazione pattuita (ad esempio—appunto —la effettiva concessione dell’appalto, e non la semplice promessa di concessione). 77 Sulla base della considerazione che il termine “conservazione” implica una condizione di difficoltà, quasi una crisi di sopravvivenza del sodalizio e che, l’intervento di sostegno richiesto al soggetto esterno è di salvataggio, sono state mosse le seguenti obiezioni: da un lato, ci si chiede se sia plausibile che l’intervento di un singolo soggetto esterno, anche se dotato di potere e affidabilità, sia di per sé in grado di assurgere a conditio sine qua non della messa in salvo di un corpo associativo in pericolo di dissolvimento. Dall’altro, si dubita del fatto che la magistratura possa, sulla base di dati criminologici dotati di fondamento empirico e di riscontri probatori rigorosi, stabilire che l’ente associativo soccorso fosse suscettibile di essere, in reale pericolo di sopravvivenza136. Si è dunque evidenziato il rischio che il persistente uso del paradigma causale, in chiave di conservazione o rafforzamento del sodalizio criminoso, si riduca a comoda metafora concettuale e linguistica, a façon de parler psicologicamente rassicurante in termini individual- garantistici, che nasconde tuttavia, più di quanto non spieghi, la reale 136 Sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. : “A ritenere diversamente, cioè che possa bastare un impegno seriamente assunto dal politico, si finisce inevitabilmente col privilegiare proprio quella versione a sfondo socio-psicologico di rafforzamento (nel senso che l’impegno del politico a concedere benefici all’organizzazione determinerebbe comunque un aumento del credito del sodalizio nel contesto ambientale di riferimento e, nello stesso tempo, un accrescimento del senso di superiorità e del prestigio dei capi e del sentimento di fiducia dei partecipi) che le stesse sezioni unite in motivazione dichiarano a parole di voler respingere”. 78 ratio decisoria che guida il giudice nel saggiare il rilievo penale del concorso esterno137. Occorre precisare però che l’orientamento di cui si tratta “non vuole disconoscere il dato della realtà che l’insistenza della Corte di Cassazione nel valorizzare il paradigma eziologico costituisce un riflesso, pressoché necessitato, dell’attuale situazione ordinamentale (nella quale appunto, stante la persistente mancanza di una disciplina normativa espressa delle forme di contiguità punibili, è giuocoforza continuare a utilizzare a fini repressivi le norme sul concorso nel medesimo reato). Piuttosto, muovendo dalla prospettiva di un auspicabile intervento legislativo, finalizzato a risolvere a livello di fattispecie di parte speciale il problema della rilevanza penale della contiguità compiacente, afferma l’intenzione affrancarsi dal vincolo del dogma causale e prescegliere, in sua vece, tecniche di incriminazione che facciano a meno di richiedere la difficile prova dell’idoneità rafforzatrice del singolo contributo esterno rispetto all’intera organizzazione criminale, o a sue articolazioni funzionali138. Sull’argomento merita da ultimo (non per importanza) attenzione il ragionamento sviluppato dal giudice Piergiorgio Morosini che, nel 137 Così sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. 138 Si vedano a tal proposito anche le osservazioni di PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. ; ed alle proposte di VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 540 ss. 79 verificare se la prestazione dell’extraneus abbia prodotto un risultato di conservazione o di rafforzamento, ritiene che occorra: da una parte, tener conto delle condizioni generali sulla specifico fenomeno criminale, che si suppone duraturo nel tempo e per certi versi radicato sul territorio; dall’altra esaminare il contesto associativo in un determinato frangente storico-temporale e il suo contingente patrimonio di risorse umane, economiche e relazionali139. Ragionando in tal senso, lungi dall’ammettere l’impossibilità distintiva tra partecipe e concorrente (ma non senza rilevarne la difficoltà), l’Autore arriva ad affermare che l’evento (conservazione o rafforzamento dell’organizzazione criminale) può sussistere in diverse circostanze: in particolare quando l’iniziativa per l’aggiustamento del processo ha consentito a tutti i capi del sodalizio di conseguire l’impunità; la messa a disposizione dell’immobile ha reso possibile l’organizzazione di una riunione strategica tra boss latitanti da decenni; è divenuta più incisiva la capacità di infiltrarsi nelle attività economiche della zona in virtù dell’emissione di decreti di finanziamento promessi dal politico all’organizzazione per consentirle la spartizione degli appalti. 139 Cfr. MOROSINI P. , Le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici: associazione per delinquere e concorso esterno di politici ed imprenditori, in Il crimine organizzato come fenomeno trasnazionale, cit. , 279 ss. Si segnala che l’Autore già GUP a Palermo, dal 2008 presta servizio presso il Massimario della Corte di Cassazione: Piergiorgio Morosini è stato talaltro estensore di alcune tra le decisioni più significative dell’indirizzo garantista, che hanno sviluppato e fatto applicazione del modello causale di tipizzazione della condotta concorsuale. 80 Tale modus procedendi trovava in verità più di un’esplicita conferma in una pronuncia di merito, nella quale (correttamente) si rilevava che con riferimento al sodalizio criminoso devono essere considerate “le concrete condizioni in cui l’apparato criminale versa, le esigenze che con priorità intende soddisfare, le difficoltà da superare, le eventuali lacerazioni che sia pure in potenza lo attraversano”140. Naturalmente, con riferimento alle macro-organizzazioni, la verifica di tali circostanze potrà effettuarsi anche in base ad una riduzione di scala del secondo termine della relazione eziologica, attraverso la scomposizione della struttura organizzativa per settori di influenza o per cosche. Ragionando diversamente si rischia di adottare schemi prognostici che scambiano la causalità con l’idoneità, o che fanno leva sul (più volte criticato) concetto di rafforzamento in senso psicologico: occorre quindi, de iure condito e come confermano inoltre gli ultimi orientamenti giurisprudenziali, individuare l’utilità concreta che l’extraneus ha apportato all’associazione, ponendo l’attenzione su quanto è avvenuto successivamente alla condotta, e non anteriormente alla stessa con riferimento al solo prestigio o alla caratura del colletto bianco. 140 Cfr. Trib. Taranto, 29 giugno 1999, Cito, in Foro it. , II, 2000, 176. Concordava su tale impostazione già VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 323, il quale affermava che “non può trascurarsi che l’associazione mafiosa è una realtà non certo statica ed immobile, ma, viceversa, caratterizzata da un incessante dinamismo… solo la considerazione della struttura associativa nella sua oggettività storica consente, infatti, di vagliare adeguatamente la valenza causale dell’apporto fornito dall’extraneus… e lo scrutinio relativo all’efficienza causale della condotta collaborativi va rapportato non già al sodalizio in sé quanto, piuttosto, a quel particolare frammento temporale della vita associativa cui la stessa viene prestata” . 81 Con una precisazione: nell’attuale situazione ordinamentale, l’attività concretizzatrice del giudice non può che prendere le mosse dai principî contenuti negli art. 110 ss. dell’ancora vigente codice penale Rocco. È questa del resto la strada percorsa anche dagli estensori della sentenza Mannino, nella cui motivazione espressamente si afferma: “L’opzione ermeneutica favorevole in linea di principio alla configurabilità dell’autonoma fattispecie di concorso ‘eventuale’ o ‘esterno’ nei reati associativi, postula ovviamente che sussistano tutti i requisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale significativo del concorso di persone nel reato”. È facile comprendere, attraverso l’esame delle pronunce a noi più recenti, quale sia stato il peso alla sentenza Mannino del 2005 in materia di concorso esterno nei reati associativi. La Suprema Corte, ad esempio, ha ritenuto configurabile il concorso esterno nel reato di cui all’art. 416 bis c.p. 141 a carico di alcuni soggetti che avevano curato la trasmissione di messaggi (i c.d. “pizzini”), 141 Il riferimento è a Cass. , I, sent. n. 1073, 22 novembre 2006, Ud. (dep. 17 gennaio 2007), CED Cass. , RV n. 235855. La Suprema Corte ha ritenuto che le condotte sottoposte al suo giudizio “avevano fornito un contributo consistente alla associazione, – garantendo agli esponenti di vertice di “Cosa Nostra” di mantenerne la gestione anche in situazioni di difficoltà quali la latitanza e la detenzione – e sussisteva la piena consapevolezza di arrecare aiuto all’intera organizzazione in capo agli autori delle condotte, a conoscenza del ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione dal soggetto ristretto in carcere, per effetto del vincolo di parentela e di affinità con quest’ultimo, vincolo che aveva legittimato la continua ammissione ai colloqui nella casa circondariale”. A ciò si arriva dopo aver ribadito che in tema di associazione di stampo mafioso, affinché risulti integrato il concorso esterno, gli effetti delle condotte dei soggetti agenti devono risultare utili per l’intera associazione, e non solo per qualche suo componente, come nell’ipotesi di mero favoreggiamento professionale. 82 tra uno dei capi dell’associazione mafiosa, latitante da lungo tempo, ed un rappresentante di spicco della stessa, detenuto. Sempre in tema di associazione di tipo mafioso, è stata ritenuta integrata la materialità del “concorso esterno” nell’attività del magistrato che, “non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’ “affectio societatis”, assicuri, in esecuzione di una promessa fatta ai vertici dell’associazione mafiosa, il proprio voto favorevole alla assoluzione di imputati appartenenti al sodalizio stesso e una gestione compiacente del dibattimento, così precostituendosi un giudice non imparziale ma prevenuto in favore degli imputati, il cui sodalizio si rafforza per effetto del contributo del membro dell’istituzione giudiziaria, e non essendo viceversa necessaria la prova che egli abbia anche persuaso ed orientato le scelte degli altri membri del collegio”142. 142 Si veda Cass. , V, sent. n. 16493, 20 aprile 2006, Ud. (dep. 15 maggio2006), CED Cass. , RV n. 234457. In motivazione la Suprema Corte ha censurato la decisione dei giudici di merito i quali avevano assolto il magistrato sulla base della asserita mancata prova del condizionamento operato dall’imputato sugli altri giudici, pur in presenza di indizi – quali dichiarazione di collaboranti – non valutati nella loro globalità. Cfr. anche Cass. , VI, sent. n. 542, 10 maggio 2007, Ud. (dep. 8 gennaio 2008) CED Cass. , RV n. 238242, secondo cui “Nella fattispecie di concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso l’evento del reato è integrato dalla conservazione, agevolazione o rafforzamento di un organismo criminoso già operante e lo stesso deve essere posto in diretta relazione eziologia con la condotta attuata dal concorrente, la cui verifica è praticabile soltanto in virtù di un accertamento postumo di ogni inferenza o incidenza di tale condotta nella vita e nella operatività del sodalizio criminoso. La fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso ha natura di reato permanente al pari di quella di partecipazione alla medesima associazione da parte del soggetto organicamente inserito nel sodalizio. La prova del concorso esterno in associazione di tipo mafioso, qualora sia fondata sulla convergenza di una pluralità di contributi dichiarativi, non può essere esclusa attraverso una selezione dei singoli compendi al fine di censurarne la loro autonoma valenza accusatoria.” 83 Con riferimento all’art. 270 bis c. p. poi, è stato ritenuto configurabile il concorso esterno, con riferimento a quelle condotte realizzate da “soggetti che pur restando estranei alla struttura organizzativa, apportino un concreto apporto eziologicamente rilevante alla conservazione, a rafforzamento e sul conseguimento degli scopi dell’organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali, nella consapevolezza delle finalità perseguite dalla associazione a vantaggio della quale è prestato il contributo”143. Il sentiero tracciato dalla sentenza Mannino sembra infine aver sollecitato proposte che potrebbero avere rilievo ordinamentale. Con riferimento all’attuale Legislatura, tra le novità previste dal progetto di riforma del Codice penale elaborato dalla Commissione presieduta da Giuliano Pisapia, si rinviene infatti un interesse nel determinare con precisione natura e limiti del concorso esterno in associazione mafiosa. Così si è espresso il giudice Piergiorgio Morosini, componente del comitato scientifico della Commissione Pisapia: "Faremo proprie le prescrizioni della Corte di Cassazione a Sezioni Unite per il processo Mannino. Occorrerà cioè non una generica disponibilità del concorrente esterno, ma precise condotte specifiche dirette a rafforzare l’associazione. Nel caso del concorso esterno in associazione mafiosa si 143 Cfr. Cass. , I, sent. n. 1072, 11 ottobre 2006, Ud. (dep. 17gennaio 2007) CED Cass. , RV n. 235290. 84 richiede che venga apportato un contributo specifico all’associazione criminale. I giudici indicarono proprio la concretezza del contributo arrecato alla mafia come discrimine per la prospettazione del concorso…". 85