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Estratto Tesi - Provincia di Pisa

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Estratto Tesi - Provincia di Pisa
CAPITOLO 2
UNA QUESTIONE ATTUALE MA DI ORIGINI LONTANE:
LA PROGRESSIVA TIPIZZAZIONE GIURISPRUDENZIALE
DEL CONCORSO ESTERNO
1. La timida apparizione del concorso esterno nel maxi-processo
del 1968 contro le organizzazioni politiche terroristiche e
nelle pronunce antecedenti al 1994
2. La contiguità al fenomeno mafioso dalla concezione clinica
della sentenza Demitry alle osservazioni della pronuncia
Villecco
3. Tra continuità ed evoluzione: la sentenza Carnevale e le
risposte mancate
4. La sentenza Mannino: l’ultimo approdo sulle componenti
oggettive e soggettive del contributo dell’ “extraneus”
4.1 Segue. Sulla conservazione e sul rafforzamento
dell’organizzazione criminosa
1
1. La timida apparizione del concorso esterno nel maxi-processo del
1968 contro le organizzazioni politiche terroristiche e nelle
pronunce antecedenti al 1994
Durante la metà degli anni Settanta, nell’intensa lotta giudiziaria
contro il terrorismo politico, ci si limitava ad osservare la astratta
configurabilità del concorso esterno nel reato associativo, preferendo
però reprimere le forme di vicinanza alle organizzazioni criminali talora
tramite le diverse fattispecie incriminatici di parte speciale, che nel
complesso, erano in grado di assicurare un’adeguata copertura nei
confronti di quelle condotte di difficile qualificazione appannaggio delle
organizzazioni terroristiche, talaltra propugnando un’interpretazione
estesa della nozione di partecipazione associativa punibile1.
In questo contesto dunque si andavano sviluppando le prime
dispute sulla ammissibilità o meno del concorso esterno nel reato
associativo: il problema cominciava a porsi concretamente in relazione
alla repressione del terrorismo degli anni ’70 ed ’80 con il palese
obiettivo di perseguire oltre agli aderenti alle associazioni e alle bande
armate, il sostegno esterno e la fascia sociale di consenso2.
1
Cfr. Corte d’Assise di Brescia 2 febbraio 1978, Fumagalli, in Giust. pen. , II, 1978, 605 ss. ;
nonché Corte d’Assise di Torino 23 giugno 1978, Curcio, in Riv. Pen. , 1978, 1008, secondo la quale
in materia di banda armata “ogni forma di collaborazione prestata in favore della banda o
l’assunzione in seno alla stessa di un qualsiasi impiego che non sottintendano stabilità di vincolo
associativo possono integrare ipotesi di concorso nel reato, come si evince dall’art. 307 c.p. , che
trova applicazione unicamente fuori dai casi di concorso nel delitto di banda armata”.
2
Si registrano tra le voci di consenso all’azione dei giudici quelle di CASELLI G. PERDUCA, I delitti contro la personalità dello Stato, in Codice penale. Parte speciale,
Giurisprudenza sistematica di diritto penale, I, Torino, 1984; VALIANTE M. , Il reato associativo,
Milano, 1980.
2
La prima pronuncia di legittimità in tema di concorso esterno nei
reati associativi è rinvenibile in un’applicazione concernente i reati
associativi di tipo politico: il riferimento è a quella decisione della Corte
di Cassazione del 19683, relativa ad un processo nei confronti di alcuni
altoatesini per attività terroristiche, che riconosceva la configurabilità del
concorso esterno con specifico riferimento al reato di cospirazione
mediante associazione di cui all’art. 305 c.p. .
Più precisamente in quella sentenza da un lato si individuava il
fatto del concorrente nell’ attività di chi “pur non essendo membro del
sodalizio, cioè non aderendo ad esso nella piena accettazione della
organizzazione, dei mezzi e dei fini, contribuisce all’associazione mercè
un apprezzabile fattivo apporto personale, agevolandone l’affermarsi e
facilitandone l’operare, conoscendone l’esistenza e le finalità, ed avendo
coscienza del nesso causale del suo contributo”; dall’altro il partecipe
all’associazione prevista dall’art. 305 c.p. era da individuarsi, secondo i
giudici di legittimità, in “colui che conoscendone l’esistenza e gli scopi,
vi aderisce e ne diviene, con carattere di stabilità, membro e parte
attiva, rimanendo sempre al corrente dell’intera organizzazione, dei
progetti, del numero dei consoci, delle azioni effettivamente attuate o da
attuarsi, sottoponendosi alla discipline delle gerarchie ed al succedersi
3
Cfr. Cass. , I, 27 novembre 1968, Muther e altri, in Arch. pen. , 1970, 7 ss.
Ammettono il concorso esterno anche Cass. , 5 marzo 1980, Livraghi, in Foro it. , 1980, II, c.
479; Cass. , I, 25 ottobre 1983, Arancio, in Foro it. rep. , 1984, c. 524. Contra cfr. Cass. , 14 gennaio
1985, Pinna, ibidem, 1986, c. 2367.
3
dei ruoli: il partecipante vuole tutto il fenomeno associativo nella sua
interezza”.
La
Corte
di
Cassazione
argomentava
in
particolare
la
configurabilità del concorso esterno nel reato associativo facendo leva
sulla clausola di riserva contenuta nell’art. 307 c.p. , in relazione all’art.
305 c.p. , poi riprodotta nell’art. 418 c.p. , in rapporto all’art. 416 c.p. 4.
Avverso tale decisione parte della dottrina non ha mancato di
effettuare alcuni rilievi, in particolare a causa della asserita insufficienza
del criterio distintivo: qualcuno ha infatti obiettato che, al di là del
profilo nominalistico circa la adesione o meno al sodalizio, la distinzione
tra partecipazione e concorso all’associazione veniva effettuata dai
giudici di legittimità secondo un approccio meramente quantitativo,
rappresentato in sostanza dalla maggiore o minore pregnanza del
contributo all’associazione5.
Altri poi, in via più generale, hanno sostenuto non solo la necessità
di evitare di pervenire alla definizione delle condotte esterne rilevanti
attraverso un processo riempitivo effettuato da un organo, quello
giurisdizionale, deputato ad applicare la legge e non a crearla,
unitamente all’inidoneità di tali interventi ad assurgere a parametro
4
Si vedano le osservazioni di SEVERINO P. , Problemi di definizione della figura
circostanziata e di applicazione delle regole sul concorso eventuale in riferimento al delitto di
cospirazione politica mediante associazione, in Cass. Pen. , 1977, 1107 ss.
5
Il rilievo è di MACCHIA A. , “Concorso esterno”, storia di una creazione
giurisprudenziale. Dopo vari tentativi ecco una ricostruzione esauriente, in D & G del 7 giugno del
2003, n. 22, 34 ss. , il quale rileva che le propaggini di tali principi si rinvengono anche in Cass. pen. ,
I, 17 aprile 2002, Frasca.
4
distintivo di riferimento a causa della inevitabile storicità che li
contraddistingue, ma hanno anche evidenziato la pericolosità degli stessi
in quanto condizionati da esigenze probatorie non sempre neutre e da
percorsi argomentativi molte volte riconducibili alla necessità di punire
comportamenti inquadrabili nel penalmente rilevante a causa della tutela
della personalità dello Stato6.
Eppure nel 1968 già si profilavano, con straordinaria puntualità, i
profili fondanti che in futuro sarebbero stati attribuiti all’istituto del
concorso esterno: l’elemento oggettivo, costruito sull’efficienza causale
di un contributo fattivo all’attività del gruppo; la riconoscibilità del
concorrente quale “non membro” dell’associazione (cioè quale persona
non aderente ad essa nella piena accettazione dell’organizzazione, dei
mezzi, e dei fini); l’elemento soggettivo incentrato sulla consapevolezza
dei vantaggi recati al gruppo e, sebbene non troppo nitidamente, su un
sentimento di alterità.
Con la sentenza Arancio7, intanto, i giudici di legittimità
confermavano la sentenza della Corte di Assise di Appello di Torino che
aveva condannato un avvocato a titolo di concorso nel delitto di
partecipazione a banda armata per aver fatto da tramite tra alcuni
6
Si veda la posizione critica di INSOLERA G. , Il concorso esterno nei delitti associativi: la
ragione di Stato e gli inganni della dogmatica, in Foro it. , 1995, II, 422 ss. . Secondo l’Autore: “…o
l’ipotesi del concorso finisce con il coincidere con la stessa partecipazione all’associazione, per via
dell’efficienza del contributo, necessariamente reiterato, alla vita ed alla permanenza del sodalizio,
ovvero il ricorso a questo allargamento della sfera di applicazione del delitto associativo è
necessariamente funzionale alla punizione di condotte che in realtà sfuggono a quella in relazione
con l’ente”.
7
Cass. , 25 ottobre 1983, Arancio e altri, in Giust. pen. , 1984, I, 469.
5
brigatisti detenuti ed altri in libertà, riformando la decisione dei giudici
di primo grado che invece lo avevano assolto, per non aver commesso il
fatto, dal reato di organizzatore della medesima associazione.
In questa prospettiva, la Suprema Corte ha riconosciuto che le
norme sul concorso eventuale di persone nel reato possono trovare
applicazione rispetto al reato di partecipazione a banda armata, ed ha
specificato inoltre che "commette il delitto di concorso in banda armata,
e non già quello di favoreggiamento, il difensore che svolge il ruolo di
tramite fra i terroristi detenuti e quelli liberi, al fine di comunicare
notizie utili all'esistenza della banda in quanto tale".
Appare curioso però il fatto che il medesimo ruolo di tramite tra
interno ed esterno del carcere porta qualche anno dopo alla condanna,
stavolta per partecipazione alla banda armata, di un altro avvocato8.
La Corte di Cassazione infatti, a distanza di pochi anni9, qualifica
come partecipativa l’attività di chi, al di fuori di qualsiasi attività
difensiva, materializza una collaborazione con l’organizzazione eversiva
che pienamente consapevole, sul piano psicologico, integra pure
l’adesione
ideologica
all’attività
eversiva
dell’organizzazione
terroristica.
8
Mai così appropriata la terminologia utilizzata da MOROSINI P. in La difficile tipizzazione
giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss. , che
nel titolare un paragrafo si esprime così: “I mobili confini della condotta partecipativa”.
9
Cass. , 13 marzo 1984, Bartoloni, in Cass. pen. , 1984, pag. 1068.
6
Questo breve confronto giurisprudenziale conferma in sostanza, al
di là della diversità degli schemi interpretativi adottati, la necessità di
colmare qualsiasi possibile lacuna repressiva attorno al fenomeno delle
organizzazioni di tipo politico10, in un contesto certamente caratterizzato
non solo da un adattamento della fattispecie astratta alle peculiarità
organizzative e operative del sodalizio in concreto ma anche da una forte
interferenza tra quantità e qualità del materiale probatorio raccolto nel
procedimento e criteri di imputazione della responsabilità penale11.
In quella sede, tuttavia, venivano emergendo anche soluzioni che
in seguito sarebbero state ribaltate: la configurazione del concorso quale
contributo all’altrui fatto monosoggettivo di partecipazione, e una
concezione del fenomeno concorsuale alla stregua di partecipazione
minore, strutturalmente marginale12.
Ciò che rileva per ora sottolineare è comunque il fatto che la
giurisprudenza ha cercato di sopperire a quel (presunto) deficit di
determinatezza che caratterizza l’istituto del concorso di persone nel
reato, sia in generale sia quando viene applicato al reato associativo: si
10
Si vedano a tal proposito le considerazioni è effettuate da PATALANO V. , Riflessione e
spunti sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 930.
11
Si veda in tal senso LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la
definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. , secondo cui
“nelle sedi processuali e nel dibattito scientifico era maturata l’idea polemica che i giudici,
teorizzando il concorso esterno, cercassero una fattispecie astratta per le prove raccolte (o
asseritamente tali), piuttosto che cercare e vagliare le prove dell’integrazione di una fattispecie
delineata dal legislatore”.
Per una più completa ed attenta analisi della partecipazione e del concorso esterno
nell’associazionismo criminale di tipo politico si rinvia a VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e
responsabilità penale, Torino, 2003, 87 ss.
12
Cfr. BETTIOL R. , Associazioni politiche illecite: un contributo interpretativo, in AA. VV.
, Il delitto politico dalla fine dell’800 ai giorni nostri, Roma, 1984, 253; PELLISSERO, Delitti politici
e flessibilità delle categorie dogmatiche, Torino, 2000.
7
vedrà nel prosieguo se questa supplenza è stata rispettosa del principio di
legalità e di determinatezza che impone alle corti di non superare i, sia
pur labili, limiti posti dal legislatore alla rilevanza penale di determinate
condotte.
Dalla fine degli anni ’80 e fino al 1994, le prime imputazioni di
concorso esterno contribuivano ad alimentare il dibattito dottrinario di
cui si discorreva nel primo capitolo: stavolta però con riferimento alle
organizzazioni criminali di tipo mafioso.
In principio con la sentenza Arslan del 198513, la Corte di
Cassazione cerca di distinguere i concetti di partecipazione e di concorso
esterno, sulla base del modello causale di partecipazione nei reati
associativi: il fatto del partecipe, si afferma, è caratterizzato non dal
semplice accordo di volontà ma dal contributo causale minimo ma non
insignificante alla vita dell’associazione.
Successivamente si optò per la prospettiva oganizzatoria, in
particolare nel maxi processo alla camorra di Cutolo14: in quella
circostanza non solo la figura del partecipe era individuata
nell’inserimento nell’organizzazione, ma, i giudici, ammettevano la
13
Cass. , 24 aprile 1985, Arslan, in Cass. pen. , 1986, 822.
Si veda però Il rilievo di PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla contiguità alla mafia, in
Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. , secondo il quale tale procedimento tuttavia sarebbe viziato da un
“intrinseco difetto di determinatezza”. L’Autore portando gli esempi dell’esito incerto di alcuni
processi rileva come mentre nei maxi processi il ricorso al concetto causale di partecipazione ha finito
per determinare un arretramento della punibilità, nei processi con un più ristretto numero di imputati,
l’applicazione dello stesso ha svolto un ruolo selettivo, in coerenza con le aspettativa di restringimento
dell’area della rilevanza penale alimentate dalla sentenza Arslan.
14
Cass. , 13 giugno 1987, Altivalle, in Cass. pen. , 1988, 1822. Cfr. anche Corte d’Appello
Napoli, 15 settembre 1986, Tortora ed altri, in Giust. pen. , 1987, II, 474.
8
configurabilità del concorso esterno oltre che nella forma del concorso
psicologico o morale, anche in quella del concorso materiale15.
Iniziava
così
l’“altalena”
tra
pronunce
giurisprudenziali
negazioniste e favorevoli alla configurabilità del concorso esterno.
Tra le prime occorre certamente ricordare le sentenze Cillari16 ed
Agostani17 che muovevano, appunto, dalla considerazione che la
condotta associativa e quella concorsuale, tipizzate attraverso il
medesimo orientamento di tipizzazione causale, sarebbero di fatto
indistinguibili.
Più precisamente la Corte di Cassazione ha affermato che
"l'ipotesi concorsuale ai sensi dell'art. 110 c.p. non trova ingresso nello
schema dell'art. 416 c.p. al di là del concorso morale e limitatamente ai
15
Il concorso esterno materiale ricorrerebbe “tutte quelle volte in cui il terzo non abbia voluto
entrare a far parte dell’associazione, o non sia stato accettato come socio, e tuttavia presti,
all’associazione medesima, un proprio contributo, a condizione che tale apporto, valutato ex ante ed
in relazione alla dimensione lesiva del fatto ed alla complessità della fattispecie, sia idoneo se non al
potenziamento almeno al consolidamento ed al mantenimento dell’organizzazione criminosa…”.
16
Cass. , I, 19 gennaio 1987, Cillari, in Arch. Pen. , 1989, I, 36 con nota contraria di DE
LIGUORI L. , Concorso eventuale e reati associativi, in Cass. Pen. , 1989, 36 ss.
Nel processo riguardante una organizzazione facente capo alla nuova camorra organizzata di
Raffaele Cutolo composta da soggetti definiti insospettabili si affermava che “la cosiddetta
partecipazione esterna, che ai sensi dell’art. 110 c.p. renderebbe responsabile colui che pur non
essendo formalmente inserito a far parte di una consorteria mafiosa abbia tuttavia prestato al
sodalizio un proprio adeguato contributo perché lo stesso realizzasse i suoi scopi, si risolve, in realtà,
nel fatto tipico della partecipazione punibile, la quale deve ritenersi integrata da ogni contributo
apprezzabile effettivamente apportato alla vita dell’ente ed in vista del perseguimento dei suoi scopi,
mediante una fattiva e consapevole condivisione della logica di intimidazione e di dipendenza
personale propria del gruppo e nella consapevolezza del nesso causale del contributo stesso”.
Pertanto, si osservava, “ciò che ha rilevanza è che il contributo apportato dal singolo si innesti nella
struttura dell’associazione ed in vista del perseguimento della sua finalità, divenuta, così, causa
comune civilisticamente intesa dell’agire suo e dell’ente, per tale via risultando che la partecipazione
esterna si risolveva nel fatto tipico della partecipazione”.
17
Cass. , I, 21 marzo 1988, Agostani, in Cass. pen. , 1990, 2129, secondo cui
“l’appartenenza a una organizzazione non è uno stato o un atteggiamento psicologico, ma si fonda
sul contributo alla sua esistenza e attività; nei riflessi soggettivi, la condotta associativa presuppone
consapevolezza e volontà del fine perseguito attraverso il contributo; chiunque fornisca un siffatto
consapevole apporto è dunque partecipe dell’organizzazione; se l’apporto non c’è, per contro,
neppure può esservi un concorso nel reato”.
9
soli casi di determinazione od istigazione a partecipare od a
promuovere, costituire, organizzare l'associazione per delinquere.
Pertanto, una condotta che concretamente favorisce le attività ed il
perseguimento degli scopi sociali, posta in essere da un soggetto esterno
al sodalizio, non potrà essere ritenuta condotta di partecipazione al
reato associativo ove non sia accompagnata, non dalla mera
connivenza, bensì dalla coscienza e volontà di raggiungere attraverso
quegli atti, anche se di per se stessi leciti, pure i fini presi di mira
dall'associazione e fatti propri, trattandosi, in tal caso non già di
concorso nel reato di associazione, bensì di attività che realizza,
perfezionandosi l'elemento soggettivo e quello oggettivo, il fatto tipico
previsto dalla norma istitutiva della fattispecie associativa"18.
Occorre sottolineare che la configurabilità del concorso eventuale,
con riferimento all'associazione di tipo mafioso, venne esclusa da
ulteriori pronunce di legittimità di poco successive19.
18
Cass. , I, 21 marzo 1988, Agostani, in Cass. pen. , 1990, 2129.
Cfr. in tal senso Cass. , I, 18 marzo 1994, Mattina, in Cass. pen. , 1994, III, 2685, secondo
cui "al di fuori dell'ipotesi del concorso morale consistente nel determinare o, comunque, rafforzare
la volontà altrui di partecipare a un'associazione per delinquere o di promuoverla o dirigerla od
organizzarla, non è configurabile il concorso eventuale, ex art. 110 c.p. , nell'associazione per
delinquere, sia essa di tipo mafioso o non. Ed invero, affinché una condotta sia ritenuta punibile a
titolo di concorso in un determinato reato, ai sensi dell'art. 110 c.p. , sono necessari un contributo
causale (materiale o semplicemente morale o psichico), e il dolo richiesti per il reato medesimo. Ne
consegue che quando tali condizioni si siano verificate in relazione al delitto di associazione per
delinquere sono integrati gli estremi della partecipazione a detta associazione; mentre, allorché le
dette condizioni non si siano verificate, il fatto potrà integrare gli estremi di altri reati (corruzione,
favoreggiamento o altro), ma non quello di concorso in associazione per delinquere". La Suprema
Corte ha, comunque, precisato che "dall'esclusione della configurabilità del concorso materiale nel
delitto di associazione per delinquere non necessariamente discende l'esclusione della responsabilità
dell'agente per il delitto associativo, in quanto spetta al giudice di merito valutare se gli elementi
posti a base dell'erroneamente ritenuto suo concorso giustifichino l'accusa di partecipazione al
sodalizio criminoso, e cioè la sussistenza di un contributo causale alla realizzazione dei suoi scopi e
l'adesione all'associazione stessa, anche se in relazione a un periodo di tempo relativamente breve: e
19
10
Non bisogna però attendere a lungo per rinvenire qualche
decisioni della Suprema Corte favorevole all’ammissibilità del concorso
esterno nei reati associativi: fra di esse la più significativa è
indubbiamente la sentenza Altivalle20, che ravvisava tale figura “tutte le
volte in cui il terzo non abbia voluto entrare a far parte
dell’associazione, o non sia stato accettato come socio, e tuttavia presti
all’associazione medesima un proprio contributo…idoneo se non al
potenziamento
almeno
al
consolidamento
ed
al
mantenimento
dell’organizzazione criminosa, con la consapevolezza e la volontà di
contribuire alla realizzazione degli scopi dell’associazione…con la
conseguenza che il concorso non sussiste quando il contributo è dato ai
singoli associati”.
La suddetta pronunzia dopo aver
individuato nell’inserimento
nell’illecito sodalizio l’elemento che distingue la partecipazione dal
concorso esterno, ritiene che la condotta del concorrente eventuale debba
caratterizzarsi per la sua obiettiva idoneità a rafforzare o mantenere in
ciò prescindendo dal fatto che l'associazione possa considerare gli adepti come non partecipi, in
quanto non sottoposti a particolari riti di affiliazione, giacché della sussistenza dell'associazione e
della partecipazione ad essa di singoli soggetti si deve giudicare in base ai principi di legge in
materia e non in base alle regole stabilite dall'associazione per delinquere".
20
Cass. , I, 13 giugno 1987, Altivalle, in Cass. pen. , 1988, II, 1812, che sottolineava come
“le condotte di partecipazione all’associazione devono essere caratterizzate sul piano soggettivo
dall’affectio societatis, ossia dalla consapevolezza e della volontà di far parte dell’organizzazione
condividendone le sorti e gli scopi e, sul piano oggettivo, dall’inserimento nell’organizzazione, che
prescinde da formalità o riti che lo ufficializzano, ben potendo esso risultare per facta concludentia,
attraverso un comportamento che, sul piano sintomatico, sottolinei la partecipazione, nel senso della
norma, alla vita dell’associazione. Il concorso eventuale si configura invece non soltanto nel caso di
concorso psicologico nelle forme della determinazione e della istigazione nel momento in cui
l’associazione viene costituita, ma anche successivamente quando il terzo non abbia voluto entrare a
far parte dell’associazione o non sia stato accettato come socio e, tuttavia, presti all’associazione
medesima un proprio contributo, a condizione che tale apporto valutato ex ante, e in relazione alla
dimensione lesiva del fatto e alla complessità della fattispecie, sia idoneo, se non al potenziamento,
almeno al consolidamento e al mantenimento dell’organizzazione”.
11
vita l'associazione criminosa, ed essere sorretta dalla cosciente volontà di
contribuire alla realizzazione delle finalità proprie dell'associazione21.
Questa in sostanza la situazione giurisprudenziale: alcune sentenze
della Suprema Corte seguono, ai fini della distinzione tra la condotta di
partecipazione e quella di concorso, il criterio fondato sull’inserimento o
meno del soggetto nella struttura dell’organizzazione delinquenziale22.
Altre pronunce, invece, nonostante una cauta apertura in linea
teorica al concorso esterno nei reati associativi, ne negano in concreto la
sussistenza23.
Un piccolo approfondimento merita però la sentenza Clementi24:
non solo in quanto tale pronuncia rappresenta l’esatta fotografia dello
sviluppo di alcuni degli argomenti dottrinali (esaminati al capitolo
21
Nello stesso senso cfr. Cass. , 4 febbraio 1988, Barbella, in Rep. Foro it. , 1989, che pone
l’accento sul carattere episodico della condotta dell’estraneo.
22
Si veda in tal senso Cass. , 23 novembre 1992, Altomonte, in Foro it. rep. , 1993, c. 2197,
secondo cui “mentre è punibile a titolo di partecipazione colui che presti la sua adesione e il suo
contributo all’attività associativa, anche per una fase temporalmente limitata, risponde a titolo di
concorso nel reato associativo il soggetto che, estraneo alla struttura organica del sodalizio, si sia
limitato anche ad occasionali prestazioni di singoli comportamenti, aventi idoneità causale per il
conseguimento dello scopo sociale o per il mantenimento della struttura associativa, avendo la
consapevolezza dell’esistenza dell’associazione e la coscienza del contributo”. Cfr. anche Cass. , I, 24
luglio 1993, Turiano, in Riv. pen. , 1994, II, 540, la quale ha osservato che la norma relativa al
concorso di persone e la natura giuridica del reato plurisoggettivo non escludono la possibilità di un
concorso eventuale. Più precisamente "deve ritenersi ammissibile il concorso eventuale di persone in
un reato associativo, che si realizza quando la condotta dell'agente non sia intrinsecamente
connaturata con la struttura del sodalizio criminoso, ma ne costituisca soltanto supporto esterno non
direttamente incidente sugli elementi necessari per la configurazione dell'associazione".
23
Il riferimento è a Cass. , I, 18 maggio 1994, Clementi, in Foro it. , 1994, II, c. 560, secondo
cui "la possibilità del concorso eventuale dell'estraneo nelle figure di reato cosiddetto plurisoggettivo
non può essere negata in via di principio, occorrendo invece esaminare in concreto la struttura del
singolo reato plurisoggettivo al fine di acclarare la possibilità di un concorso eventuale di persone
nel medesimo. In particolare nel reato di associazione per delinquere di tipo mafioso di cui all'art.
416 bis c. p. , che è appunto reato plurisoggettivo, è ipotizzabile soltanto il concorso necessario di
persone, mentre quello eventuale non può sussistere in considerazione della particolare struttura di
detto reato, atteso che comunque l'elemento soggettivo ed oggettivo di ciascun apporto alla
realizzazione della fattispecie criminosa in questione, per essere rilevante ai fini della integrazione
della stessa, non può differire dagli elementi soggettivo ed oggettivo caratterizzanti la
"partecipazione" al reato medesimo".
24
Cass. , I, 18 maggio 1994, Clementi, in Foro it. , 1994, II, 560, con nota di VISCONTI C.
12
precedente) volti a sostenere la tesi dell’inammissibilità del concorso
eventuale nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. , ma anche perché la stessa
pronuncia avrebbe dato, nello stesso anno, impulso alla pronuncia a
Sezioni Unite del 5 ottobre 1994.
Ad avviso dei giudici di legittimità infatti, l’esistenza del concorso
esterno nel reato di associazione di stampo mafioso non può desumersi
neppure dal tenore letterale dell'art. 418 c.p. (che stabilisce che la figura
criminosa dell'assistenza agli associati è applicabile "al di fuori del caso
di concorso nel reato" di associazione di tipo mafioso), poiché
"l'interpretazione sistematica di altre norme penali interessanti la
materia porta a ritenere che la citata espressione si riferisce al solo
concorso necessario di persone nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. e non
anche al concorso eventuale nel medesimo".
La Suprema Corte afferma infatti che "le condotte in vario modo
agevolatrici o del singolo appartenente all'associazione per delinquere
di stampo mafioso ovvero dell'attività dell'associazione di per sé
considerata, che nella sostanza concretizzerebbero i comportamenti del
concorrente eventuale nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. , sono state
specificamente prese in considerazione dal legislatore”.
Quest'ultima precisazione lascia intendere che, al di fuori della
condotta di partecipazione, potrebbero sì verificarsi contributi rilevanti
all'attività associativa, che però darebbero luogo solo a speciali
13
aggravanti, che presuppongono comunque la commissione di reati
diversi da quello associativo25.
Il 1994 è però, come si anticipava, l’anno in cui è datata la prima e
compiuta pronuncia della Cassazione a Sezioni Penali Unite che,
risolvendo in senso positivo la questione della configurabilità del
concorso esterno nel reato associativo, ricomponeva anche i diversi
contrasti giurisprudenziali in materia.
Da tale data, ammessa e ribadita in linea di principio la legittimità
dogmatica, insieme con l’opportunità politico-criminale, del concorso
eventuale nel reato associativo, la Corte di Cassazione, inaugura quel
lungo percorso volto a precisare presupposti e limiti del concorso esterno
nei reati associativi.
25
Sui rilievi concernenti il profilo soggettivo si veda sempre Cass. , I, 18 maggio 1994,
Clementi, in Foro it. , 1994, II, c. 560, secondo cui “poiché i concorrenti devono realizzare il
medesimo reato degli autori, non può ritenersi che il concorrente esterno agisca con dolo generico
diversamente dall’autore del reato associativo il quale invece deve agire con dolo specifico”.
Si veda anche Cass. , I, 3 giugno 1994, Della Corte, in Riv. pen. , 1994, III, 1114, con nota di
TENCATI, secondo cui nel reato di associazione per delinquere di tipo mafioso non è configurabile
responsabilità a titolo di concorso esterno “giacché o il presunto concorrente esterno, nel porre in
essere la condotta oggettivamente vantaggiosa per il sodalizio criminoso, è animato anche dal dolo
specifico proprio di chi voglia consapevolmente contribuire a realizzare i fini per i quali detto
sodalizio è stato costituito ed pera, e allora egli non potrà in alcun modo distinguersi dal partecipante
a pieno titolo; ovvero mancando in lui quel dolo specifico, la condotta favoreggiatrice o agevolatrice
da lui posta in essere dovrà essere necessariamente riguardata come strutturalmente e
concettualmente distinta e separata dal reato associativo.”
Cfr. anche Cass. , 14 ottobre 1994, Cavallari, in Cass. pen. , 1996, 2177, secondo la quale
"poiché i delitti di cui agli articoli 416 e 416 bis c.p. sono caratterizzati dal dolo specifico, e deve
conseguentemente sussistere la volontà del concorrente di contribuire a realizzare gli scopi in vista
dei quali è costituito ed opera il sodalizio criminoso, non può ipotizzarsi un concorso nel delitto
associativo a titolo di dolo eventuale".
14
2. La contiguità al fenomeno mafioso dalla concezione clinica
della sentenza Demitry alle osservazioni della pronuncia Villecco
È con la notissima sentenza Demitry26 che i giudici di legittimità,
analizzando sul piano dogmatico le caratteristiche idonee a differenziare
il fatto tipico della partecipazione all’associazione dalla condotta atipica
del concorrente, hanno imposto una forte accelerazione evolutiva ai
connotati del concorso esterno nei reati associativi.
Tale pronuncia costituisce infatti, secondo opinione comune, la
prima compiuta elaborazione giurisprudenziale sul concorso esterno, che
risolvendo in senso positivo le obiezioni in materia, ha costituito il
precedente richiamato dalle successive decisioni sul tema: il caso di
specie riguardava un politico accusato di essere l’intermediatore tra
un’associazione camorristica ed un giudice per l’ “aggiustamento” di un
processo a carico dei membri del sodalizio criminoso.
Si
definisce
in
quel
caso
partecipe
“colui
che
entra
nell’associazione e ne diventa parte, senza il cui apporto quotidiano o
comunque assiduo l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li
raggiunge con la dovuta speditezza”; concorrente esterno invece, “colui
che non vuol far parte dell'associazione e che l'associazione non chiama
26
Cass. , SS. UU. , 5 ottobre 1994, Demitry, in Foro it. , 1995, II, 422 ss. , con nota di
INSOLERA G. , Il concorso esterno nei delitti associativi: la ragione di Stato e gli inganni della
dogmatica; nonché in Cass. pen. , 1995, pagg. 858 ss. ; cfr. anche la nota di IACOVIELLO F. M. , Il
concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad associazione per delinquere, in Cass. pen. , 1995,
858 ss.
15
a far parte, ma al quale si rivolge sia per colmare eventuali vuoti
temporanei in un determinato ruolo, sia, soprattutto, nel momento in cui
la fisiologia dell'associazione entra in fibrillazione, attraversando una
fase patologica che, per essere superata, richiede il contributo
temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno”.
Il parametro distintivo tra partecipe e concorrente esterno, a parere
della Suprema Corte, era da individuarsi nella fisiologia o nella patologia
dell'agire associativo27.
Le ragioni dell’adesione all’indirizzo dell’ammissibilità del
concorso esterno nei reati associativi si basavano, tra l’altro, sulla non
sovrapponibilità delle condotte di partecipazione e quelle di concorso nel
reato di cui all’art. 416 bis c.p. e sull’erroneità della affermazione che il
concorrente esterno dovesse possedere lo stesso dolo di colui che fa parte
dell’associazione (ovvero il dolo specifico di realizzare i fini propri
dell’associazione), trattandosi di un apporto temporaneo finalizzato a
superare una fase patologica della stessa.
I giudici di legittimità creavano così (ed a loro insaputa! quella che
sarebbe poi stata battezzata) la c.d. metafora clinica sul concorso esterno,
distinguendo tra “intranei” alla societas sceleris, i quali hanno una
posizione determinante nella “fisiologia” dell’associazione, fornendo gli
27
Si sottolinea in proposito che la sentenza Demity avrebbe riservato solo pochi accenni alla
problematica della patologia dell’agire associativo, sicché la reale portata dell’elemento della
fibrillazione sarebbe da confinare sul piano esclusivamente esemplificativo: in tal senso cfr. GALLO
M. , Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa, in Crit. dir. , 2002, 20 ss.
16
stessi un apporto quotidiano o comunque assiduo, insostituibile o
quantomeno agevolante, alla realizzazione dei fini associativi; un
apporto normale, continuativo e programmato, e soggetti “estranei”, che
hanno un ruolo sostitutivo, non sorretto dalla volontà di far parte
dell’associazione, ma asservito a quest’ultima nei momenti di
“fibrillazione” o vuoti temporanei che fanno entrare la societas in una
fase patologica.
La situazione dell’extraneus si caratterizzerebbe, in sintesi, per la
occasionalità, la temporaneità, la infungibilità o la straordinarietà del
contributo che, con una valutazione ex ante, si sia rivelato idoneo al
potenziamento o quantomeno al mantenimento in vita della consorteria
criminale.
Tale contributo poi sarebbe da tenere distinto da quei casi in cui il
concorrente rivolgendo la sua condotta di ausilio nei confronti del
singolo reato, realizzi il reato di favoreggiamento28.
Circa l’elemento psicologico, invece, i giudici di legittimità
sostenevano che al concorrente eventuale, differentemente del partecipe,
sarebbe mancato l’affectio societatis.
28
Cfr. in proposito, Cass. , VI, sent. n. 1644 del 1995, Passaro ed altri, la quale ha osservato
che "il delitto di cui all'art. 418 c.p. ricorre quando, al di fuori di concorso nel reato associativo o di
favoreggiamento, si dà rifugio o si fornisce vitto a taluna delle persone che partecipano
all'associazione per delinquere; il contributo dell'agente, cioè, non viene prestato nel reato "de quo",
a vantaggio dell'organizzazione nel suo complesso (perché in tal caso concreterebbe gli estremi di
una condotta di partecipazione all'associazione) ma è rivolto nei confronti di un singolo associato,
anche se può, di volta in volta, riguardare soggetti diversi della stessa organizzazione, la quale,
d'altro canto, deve risultare attualmente operante, perché una volta consumato il reato associativo la
medesima condotta configura il diverso delitto di favoreggiamento".
17
L’extraneus si afferma “vuole prestare il proprio contributo ed è
consapevole di agevolare, con lo stesso, l’associazione; ma egli non
vuole appartenere all’associazione e realizzarne i fini: è consapevole di
questi ultimi ma è indifferente rispetto ad essi, potendo disinteressarsi
della strategia complessiva del gruppo criminale.
In altri termini, si ravvisava in capo al concorrente esterno un dolo
generico, con valenza tuttavia intenzionale29: nel senso che il concorrente
eventuale sarebbe cosciente della natura agevolatoria del proprio
contributo, così come nel contempo, sarebbe consapevole della diversa
entità dell’apporto degli autori tipici, ovvero di coloro che “fanno parte”
dell’associazione.
Tuttavia, aggiungono i giudici di legittimità, “mentre il suo
atteggiamento psicologico deve necessariamente caratterizzarsi per la
non volontà di non far parte dell’associazione, è ben possibile che egli
condivida e voglia, nei singoli casi concreti, gli scopi dell’associazione
stessa, senza che ciò tramuti il suo contributo da concorso esterno in
partecipazione interna”30.
La Suprema Corte aderiva così alla tesi secondo cui si può essere
concorrenti con dolo generico in un reato a dolo specifico a condizione
29
Il rilievo è di FERRARI F. M. , Il concorso esterno in associazione mafiosa, in D & G,
2005, fasc. 2, 109 ss.
30
Si veda sull’argomento più approfonditamente ARDIZZONE S. , Il concorso esterno di
persone nel delitto associativo di tipo mafioso e negli altri reati associativi, in Riv. trim. dir. pen.
econ. , 1998, 745 ss. ; BERTOROTTA F. , Concorso eventuale di persone e reati associativi, in Riv.
it. dir. proc. pen. , 1998, 1273 ss. ; MONACO G. , Le problematiche costituzionali del concorso
esterno nel reato associativo, in Jus, 1998, fasc. 1, 133 ss. ; MUSCATIELLO V. , Per una
caratterizzazione semantica del concorso esterno, in Riv. it dir. proc. pen. , 1999, fasc. 1, 184 ss.
18
che almeno uno dei partecipi abbia agito con la finalità richiesta dalla
legge31: si integra, in tal caso, il c.d. dolo generico di contribuzione o di
agevolazione32.
A ben vedere, il concorso esterno è nato proprio dall’esigenza di
trovare una risposta criminale a condotte apparentemente neutre ma in
realtà strumentali alle manifestazioni associative, che non solo non sono
iscrivibili nella tipicità penale sotto il profilo della condotta ma spesso se
ne differenziano anche sotto quello psicologico33.
Quanto
contrario
alla
all’argomento
ermeneutico
configurabilità
del
utilizzato
concorso
dall’indirizzo
esterno,
tratto
dall’introduzione legislativa di aggravanti ad effetto speciale di
31
La dottrina più antica non ha mai dubitato che si potesse concorrere con dolo generico nel
dolo specifico dell’altro: in tal senso si veda FROSALI, L’elemento soggettivo del concorso di
persone nel reato, in Arch. Pen. , 1947; GALLO M. , Lineamenti di una teoria sul concorso di
persone nel reato, Milano, 1957, 99; MANZINI V. , Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1985,
II, 577.
Nella dottrina più recente invece si afferma che il dolo specifico non è un elemento
accidentale ma un fattore essenziale per definire la tipicità, sicché non può non essere richiesto ai
concorrenti: in tal senso si veda PICOTTI, Il dolo specifico, Milano, 1992, 559; PROSDOCIMI,
Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie penali, Milano, 1993, 208.
32
Quasi contemporaneamente la Sezione I (Cass. , I, 7 ottobre 1994, Tringale, in Giur. it. ,
1995, II, 408), si esprimeva in senso contrario. mentre la prima decisione ad uniformarsi al dictum
delle Sezioni Unite è Cass. , VI, 27 marzo 1995, Alfano (in C.E.D. Cass. , n. 202163), particolarmente
in ordine al dolo generico del concorrente esterno, con nota di CERASE M. , Sul dolo richiesto per il
concorso esterno nel reato associativo, in Cass. pen. , 1997, fasc. 4, 983 ss.
Successivamente le stesse Sezioni Unite riaffermavano che ai fini della configurabilità del
concorso esterno non si richiede il dolo specifico proprio del partecipe, bensì quello generico
consistente nella coscienza e volontà di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi
dell’associazione (Cass. , Sez. Un. , 14 dicembre 1995, Mannino, ivi, n. 202904).
Una prima voce dissenziente si manifestava con una decisione della Sezione VI (Cass. , Sez.
VI, 13 giugno 1997, Dominante, ivi, n. 208901) nella quale si sottolineava come il concorso valesse a
qualificare il reato posto in essere per salvare l’associazione non come reato fine, ma come reato
mezzo, realizzato per gli scopi del sodalizio, in mancanza della volontà di farli propri.
33
Si vedano a tal proposito le osservazioni di DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non
si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss.
, secondo cui “la riflessione della sentenza Demitry fotografa correttamente la realtà e rende
lampante che rispetto all’elemento finalistico che è quello che caratterizza il fenomeno associativo l a
posizione psicologica del concorrente non solo è diversa da quella del partecipe ma, soprattutto, è
meno intensa”.
19
fattispecie delittuose specifiche, i giudici di legittimità sottolineavano poi
come “sarebbe del tutto indimostrato che qualora il contributo richiesto
all’estraneo per assicurare la vita dell’associazione, passi attraverso un
determinato o determinati delitti, il delitto o i delitti aggravati, non
possano concorrere con il reato di cui agli articoli 110 e 416 bis c. p. ”.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno, altresì, respinto
l’orientamento ermeneutico secondo cui il legislatore, con l’esplicita
previsione della speciale aggravante delineata dall’art. 378 comma 2°
c.p. e dell’ulteriore aggravante di cui all’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n.
152, avrebbe implicitamente escluso la possibilità di ipotizzare il
concorso eventuale dell’estraneo nel reato di associazione mafiosa come
figura generale del nostro ordinamento34.
Al riguardo, la sentenza Demitry ha osservato che il concorso
eventuale materiale nel reato associativo conserva un proprio autonomo
spazio di rilevanza penale (nei limiti della funzione incriminatrice svolta
dall'art. 110 c.p. , che rende illecite anche condotte atipiche), e può
eventualmente concorrere con la responsabilità per i reati-fine aggravati
ai sensi dell’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, commessi dall’estraneo a
vantaggio dell’organizzazione criminale (ad esempio, nel caso in cui
l’associazione, per commettere l’omicidio di un individuo capace di
mettere in pericolo la vita del sodalizio, decida di avvalersi di un esterno,
34
Si veda retro Cap. 1, par. 3.
20
il quale accetti di intervenire avendo consapevolezza del "valore" della
sua condotta, che contribuisce alla stabilità del vincolo associativo e al
perseguimento degli scopi dell’organizzazione).
Dal riferimento, compiuto dai giudici di legittimità, alla
funzionalità del contributo del concorrente rispetto all’obiettivo di
"consentire alla associazione di mantenersi in vita, anche solo in un
determinato settore", può evincersi che la condotta del concorrente
esterno acquista rilevanza penale anche quando riveste efficacia causale
rispetto all’esistenza ed al rafforzamento di una particolare articolazione
dell’associazione mafiosa (ad esempio, una singola "famiglia" di "Cosa
Nostra"), invece che dell’intera organizzazione35.
Con argomenti testuali infine si è osservato che non può opporsi
alla tesi della configurabilità del concorso eventuale materiale il dato,
desunto dalla lettera dell’art. 418 c.p. , secondo cui questa figura
criminosa è applicabile “al di fuori dei casi di concorso nel reato o di
favoreggiamento”: proprio l’espressione legale “concorso nel reato”, che
nella stessa norma coesiste con quella “persone che partecipano
all’associazione”, riferita evidentemente a realtà strutturalmente
differente (e che la Relazione ministeriale sul progetto del codice penale
chiarisce essere riferita al reato di associazione per delinquere),
conferma implicitamente la figura del concorso eventuale in questione.
35
Su tale argomento si approfondirà infra par. 4 e 4.1.
21
Senza avere la pretesa di descrivere tutte le reazioni alla sentenza
in commento, si può affermare che in dottrina prevalse un atteggiamento
critico in quanto, ad avviso di alcuni, la scansione operata dalla Suprema
Corte appariva priva di riscontro nel diritto positivo36.
In verità, da più parti e a più riprese la sentenza Demitry è stata
criticata a causa dei parametri utilizzati, non convincenti a causa della
difficoltà di distinguere, con sufficiente certezza, lo stato patologico di
un’associazione rispetto ad ipotetiche condizioni di supposta normalità37:
l’ammettere infatti che il contributo dell’estraneo debba logicamente
presupporre una situazione eccezionale o comunque anormale delle
condizioni che il sodalizio attraversi in quello specifico momento,
36
Curiosa è l’affermazione di PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno in
associazione mafiosa di nuovo al vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie
palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697 ss. , secondo cui , con riferimento al concetto di fibrillazione, ci si
troverebbe “di fronte ad un’operazione di cartografia fantastica”.
37
Per tutti, in tal senso, cfr. DE LEO F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot.
Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss. Ad avviso
dell’Autore, la distinzione sarebbe empiricamente oscura: “…Quando si può dire che un'associazione
mafiosa vive una fase fisiologica? Forse, quando domina sovrana sul territorio e nel proprio settore
di affari, senza essere assillata dalle forze dell'ordine e senza essere insidiata da associazioni
antagoniste? Ma questa è una visione elegiaca del vivere mafioso. Anche loro, per fortuna, hanno le
loro pene. Fisiologia e patologia sono già di per sé termini fluidi, confluiscono nella indeterminatezza
semantica quando si applicano ad una realtà di sua natura patologica come l'associazione mafiosa
(…) Non è più selettivo il secondo parametro, quello del risultato del contributo. O, per meglio dire,
preso alla lettera tale criterio sarebbe talmente forte da relegare il concorso esterno ad evenienze
marginali. Per quanto ne conosciamo del fenomeno, quanto volte è successo che un'associazione
mafiosa ha corso il pericolo di disintegrarsi? Allora quel parametro tradisce tutta la propria enfasi e
si esaurisce in essa. Il contributo indispensabile alla vita dell'associazione si traduce processualmente
in qualsiasi contributo utile alla stessa. Per selezionare troppo non si seleziona nulla. Espressioni
come «patologia dell'associazione» «contributo necessario alla vita dell'ente» sono tipiche formule di
una legislazione della giurisprudenza: la giurisprudenza li elabora come criteri di prova,
normalmente ricorrenti, di un determinato reato. E come criteri di prova tali formule inizialmente
funzionano bene, perché la prova va calata nel contesto e dal contesto acquista specificità e
significato. Ma poi, appena si consolidano nella prassi giudiziaria, quei criteri di prova diventano
criteri legali e quindi elementi della fattispecie. Il normale diventa normativo. E a questo punto,
avulsa dal contesto probatorio la formula non funziona più: diventa una formula vaga a contorni
indistinti, con connotazioni intrise di valori e con denotazioni a scarsa definizione. Il risultato è la
discrezionalità giudiziaria e, quindi, la tipicità processuale”.
22
renderebbe il regime di operatività del concorso esterno intermittente o a
fasi alterne.
Non può essere sottaciuta la perplessità sull’idoneità di tale
criterio distintivo alla luce, anche, di importanti contributi sociologici
che, analizzando i rapporti tra le organizzazioni mafiose e lo Stato,
ritengono fisiologico il ricorrere ad apporti esterni all’organizzazione per
consolidare la struttura stessa38.
E poi, pur esplicando potenzialmente un effetto di riduzione dei
casi di concorso esterno, la decisione spostava i problemi di definizione
restando
infatti
arduo
stabilire
quale
aspetto
della
vita
di
un’organizzazione criminale potesse considerarsi patologico39.
Rispetto al requisito dello stato d’emergenza è stato fondatamente
rilevato che “qualificare un certo contributo ad un’organizzazione
mafiosa come utile in una prospettiva di emergenza o di normalità,
38
Il riferimento è a SCIARRONE R. , Mafie vecchie mafie nuove. Radicamento ed
espansione, Roma, 1998. Tale importante analisi sociologica si fonda sul concetto di capitale sociale:
cioè l’insieme di risorse di cui dispone un individuo sulla base della sua collocazione in reti di
relazioni sociali. I mafiosi cioè utilizzano un know-how consolidato che consente loro di gestire reti di
relazioni che si muovono e articolano in modo informale in ambiti e contesti istituzionali diversi,
riuscendo per questa via a mobilitare risorse materiali e finanziarie che utilizzano per i propri fini. La
distinzione dalle altre organizzazioni criminali è rinvenibile quindi in una dualità caratterizzata da una
tendenza alla centralizzazione interna, che riguarda gli affiliati al gruppo mafioso e si manifesta in un
territorio relativamente circoscritto, ed una tendenza alla fluidità esterna che concerne invece le reti di
alleanze e di contatti dei mafiosi con altri soggetti e può manifestarsi in luoghi più dispersi dal punto
di vista spaziale. Quest’ultima caratteristica, al pari della prima è da ritenersi normale, fisiologica.
Nel senso invece che i concetti di patologia e fisiologia della vita associativa sembrano
essere mutuati più da speculazioni socio-criminologiche che da rigorose analisi dogmatiche e
discutibili sotto il profilo della tassatività si veda FINI M. , La difficile configurabilità del concorso
eventuale nell’associazione mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre 2002, in
L’Indice pen. , 2004, 649 ss.
39
Nel senso che per distinguere il concorrente dal partecipe non dovrebbe adottarsi il criterio
della fibrillazione, dovendosi talaltro escludere la rilevanza del contributo occasionale, ma i parametri
derivanti dalle regole interne dell’associazione si veda FALLONE A. , Differenze ed entità nel
concorso esterno e nel reato associativo,ai fini della determinazione della figura del partecipe e del
concorrente esterno anche con particolare riferimento al caso controverso in cui il singolo con la
propria condotta sia vittima o complice del sodalizio malavitoso, in Cass. Pen. , 2002, fasc. 2, 857 ss.
23
dipende infatti non dalla disponibilità di criteri predeterminati e sicuri
di giudizio, ma dal particolare punto di visto che si intende adottare,
cioè in ultima analisi dal punto di vista soggettiva dell’osservatore”40.
Con riferimento alla giurisprudenza di merito edita, invece, le
pronunce successive all’indicazione interpretativa offerta dalle Sezioni
Unite del 1994 generalmente accoglievano la tesi della configurabilità
del concorso eventuale, seppur con riferimento a fattispecie anche
notevolmente diverse tra loro41.
Seppur non in modo dichiarato, però, la sentenza Demitry aveva
individuato nel nesso causale tra la condotta dell’extraneus e il
rafforzamento dell’associazione, non solo lo strumento di imputazione
obiettiva dell’evento, ma il metodo di tipizzazione del contributo
punibile: secondo i giudici di legittimità, chi non è chiamato a dare un
contributo casualmente idoneo a consentire ad una associazione mafiosa
di colmare vuoti in un determinato ruolo, ovvero a superare uno stato di
fibrillazione, non può ritenersi, aver posto in essere una condotta
40
Così FIANDACA G. , La criminalità organizzata e le sue infiltrazioni nella politica,
nell'economia e nella giustizia in Italia, in AA.VV. , Il crimine organizzato come fenomeno
transnazionale a cura di MILITELLO, PAOLI, ARNOLD, Milano-Friburgo, 2000, 259 ss.
41
Cfr. ad esempio Trib. Palermo, 18 novembre 1996, Cordaro, in Foro it. , 1996, 611,
risponde “di concorso esterno e non di partecipazione mafiosa, l’avvocato penalista a carico del
quale sia stata raggiunta la prova di una sua imminente affiliazione rituale nelle fila di cosa nostra
nonché della materiale realizzazione di comportamenti illeciti favorevoli all’organizzazione criminale
e connessi all’attività professionale, quale ad esempio, l’aver esercitato pressioni su un medico legale
al fine di costringerlo a mutare le conclusioni di una perizia contraria agli interessi processuali di
alcuni imputati appartenenti all’associazione mafiosa e da lui assistiti. La condotta dell’avvocato
penalista che, nell’interesse di alcuni imputati per associazione mafiosa, abbia esercitato il proprio
mandato difensivo sfruttando tutti gli strumenti processuali consentiti dalla legge e non travalicando i
limiti impostigli dalla deontologia professionale, non può mai configurarsi come contributo
penalmente rilevante ai sensi degli artt. 110 e 416 bis c.p. , poiché trattasi comunque di attività
rientrante nell’ambito del diritto alla difesa tutelato dall’art. 24 secondo comma Cost.”.
24
penalmente rilevante ai sensi del combinato disposto degli articoli 110 e
416 bis c.p. .
Tuttavia si è evidenziato a tal proposito42 che si era lasciata in
sospeso la questione della necessità o meno dell’effettività del contributo
del concorrente esterno nella duplice accezione dell’aver questi
effettivamente posto in essere la condotta idonea a rafforzare
l’organizzazione criminale, e dell’essersi effettivamente verificato tale
ultimo effetto43.
In questa oggettiva incertezza andavano così maturando quelle
prassi giurisprudenziali fondate su un giudizio di tipo prognostico: ci si
riferisce alla c.d. teoria della prognosi postuma, secondo cui fornisce un
contributo causale al reato colui che pone in essere una condotta che
appaia ex ante idonea a facilitare la realizzazione del reato,
aumentandone le probabilità di verificazione, il c.d. aumento del rischio,
anche se ex post si riveli inutile o dannosa44.
42
Il rilievo è di BORRELLI G. , Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto
di concorso esterno in associazione mafiosa, in Cass. pen. , 2005, fasc. 12, 3759 ss.
43
Secondo VISCONTI C. , Il concorso esterno, cit. , 1303 ss. , “…mentre non vi sono dubbi
sul fatto che l’accertamento probatorio debba avere ad oggetto la circostanza che a seguito di un
impulso proveniente dall’ente criminale il soggetto si sia concretamente attivato, andando oltre,
pertanto una manifestazione di mera disponibilità, è discutibile la necessità che l’effetto rafforzativo
si sia concretamente realizzato, ovvero anche che l’associazione abbia concretamente utilizzato il
contributo esterno”.
44
Per tale tesi in dottrina si veda PAGLIARO A. , Principi di diritto penale, Parte generale,
Milano, 2003, 560; MANTOVANI F. , Diritto penale, parte generale, Padova, 1979,467;
ALBEGGIANI F. , Imputazione dell’evento e struttura obiettiva della partecipazione criminosa, in
Ind. Pen. , 1977, 426 ss.
25
L’esempio estremizzante di tale impostazione teorica culminava
nella sentenza Frasca45. Con la suddetta pronuncia la Corte di Cassazione
riteneva, in materia di patto politico-mafioso, che la condotta
dell’extraneus fosse compiuta “al momento in cui questo si impegnava
una volta eletto, a contraccambiare, in termini materiali o di implicito
riconoscimento del ruolo e del prestigio del sodalizio criminoso, l’aiuto
ricevuto” aggiungendo che “l’ordine pubblico è vulnerato per il sol
fatto che una associazione mafiosa scenda in campo più o meno
apertamente a favore del candidato”.
Comunque sia, anche grazie all’asseverazione che le Sezioni Unite
avevano compiuto della propria scelta (con particolare riguardo alla
ricostruzione dei profili soggettivi del concorso esterno) in una decisione
di qualche tempo successiva46, la questione dell’ammissibilità del
concorso esterno nella giurisprudenza si era sostanzialmente chiusa.
45
Cass. , I, 16 marzo 2000, in Foro it. , 2001, II, c. 80, con nota di MOROSINI P. , Riflessi
penali e processuali del patto di scambio politico-mafioso, il quale appunto sottolineava come la
decisione rappresentasse l’abbandono del criterio causale come mezzo di tipizzazione del contributo
punibile, avendo la promessa dell’extraneus unicamente il valore di un apporto potenziale al sodalizio,
in attesa di una bilaterale realizzazione del sinallagma contrattuale.
In dottrina comunque tale tesi è sostenuta da GROSSO C. F. , Accordo elettorale politicomafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. Una configurazione possibile, in Foro it. , 1996,
V, 121 ss.
Contra FIANDACA G. , Accordo elettorale politico- mafioso e concorso esterno in
associazione mafiosa: un'espansione incontrollata del concorso criminoso, in Foro it. , 1996, V, 128.
Si veda in prospettiva critica MAIELLO V. , Una judge-made law italiana: l'affermata
punibilità, ex art. 110 e 416 bis c.p., del candidato alle elezioni che promette favori alla mafia in
cambio di voti, in Foro it. , 2003, II, c. 682.
46
Sez. un. , 14 dicembre 1995, Mannino, in Cass. pen. , 1996, 1086, secondo cui sussiste la
possibilità di configurare il concorso esterno all’attività dell’associazione per delinquere nel caso del
soggetto che, rimanendo estraneo alla struttura organica del sodalizio, si sia limitato ad occasionali
prestazioni di singoli comportamenti aventi idoneità causale per il conseguimento dello scopo sociale
o per il mantenimento della struttura associativa, avendo la consapevolezza dell’esistenza
dell’associazione e del contributo causale arrecato ad essa in vista del conseguimento dei suoi fini.
26
Se si eccettuano alcune pronunce deliberate nelle stesse settimane
della decisone Demitry, la sequenza di applicazioni più o meno
pedisseque dei principi enunciati si sviluppa senza soluzione di
continuità per i cinque anni successivi47.
Alcune pronunzie di legittimità, conformemente all’orientamento
seguito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 16, del 1994, hanno infatti
esplicitato che l’area di applicabilità del concorso esterno resta
tendenzialmente circoscritta agli interventi spiegati nei momenti di
difficoltà dell'organizzazione criminale48.
47
Cfr. Cass. pen. , 27 marzo 1995, Alfano, in Riv. pen. , 1996, 504 ss. , secondo cui “non
occorre provare che il concorrente esterno sia animato da una delle finalità tipiche previste dall’art.
416 bis c.p. , essendo sufficiente la consapevolezza di concorrere con soggetti sorretti dal richiesto
dolo specifico”. Cfr. anche Cass. 10 novembre 1995, Sibilla, in Cass. Pen. 1996, 2515, secondo cui
“risponde a titolo di concorso, a norma dell’art. 110 c.p. , in reato di partecipazione ad associazione
per delinquere, colui che contribuisce al pregiudizio che l’associazione arreca all’ordine pubblico,
mediante un apporto materiale o morale al vincolo dei partecipi allo scopo sociale, senza essere
vincolato a sua volta”; Cass. , 26 marzo 1997, Funaro, secondo cui “sotto il profilo soggettivo va
definito partecipante all’associazione colui senza il cui ordinario apporto l’associazione non
raggiunge i propri fini o li raggiunge in condizioni di maggiore difficoltà; va definito concorrente
nell’associazione colui che, indifferentemente se per propria scelta o per scelta degli associati, non fa
parte di essa, ma che da essa richiesto, dichiara la propria disponibilità a colmare o colma di fatto
vuoti temporanei del suo organico”; Cass. , 7 gennaio 1999, Tronci, RV n. 212801, secondo cui “per
per la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato occorre riscontrare che il
soggetto, pur non appartenendo organicamente all’associazione mafiosa, presti consapevolmente alla
stessa un contributo utile per la sua vita e il suo funzionamento. Tale contributo può manifestarsi
nelle forme piú varie, anche nel collaborare con l’associazione mafiosa mediante il procacciamento
di risorse finanziarie da destinare a lavori pubblici e nell’aggiudicazione «pilotata» dei relativi
appalti, attività che offre al sodalizio criminale la possibilità di esercitare ulteriormente il proprio
dominio e di accrescere le proprie risorse economiche. La consapevolezza del valore dell’apporto
materiale non comporta di per sé il fine dell’agente di realizzare il programma delittuoso”; Cass. , 25
giugno 1999, Trigli; Cass. , 15 maggio 2000, Pangallo, in Cass. Pen. , 2001, 2684; Cass. , 22 dicembre
2000, n. 6929, Cangialosi, in Foro it. 2001, II, 404.
48
Cfr. Cass. , 3 settembre 1996, Blando, secondo cui "nell'ipotesi di concorso, anche nella
forma cosiddetta eventuale o esterno, nel reato di cui all'art. 416 bis c.p. esiste una cointeressenza
che, pur se occasionale, deve presentare il carattere di una rilevante importanza, tale da comportare
l'assunzione di un ruolo esterno ma essenziale, ineliminabile ed insostituibile, particolarmente nei
momenti di difficoltà dell'organizzazione criminale". Cfr. anche Cass. , 22 gennaio 1997, Dominante,
che con riferimento ad un caso di consumazione di un omicidio "esemplare" di persona che,
appartenente ad altro clan, in un momento di crisi del sodalizio di tipo mafioso, aveva contestato la
posizione egemonica di quest’ultimo, ha evidenziato che "in tema di concorso esterno materiale nel
delitto di cui all'art. 416 bis c.p. , la differenza tra l'ipotesi della partecipazione e l'ipotesi del
concorso esterno va ravvisata nel fatto che chi pone in essere un comportamento nell'interesse
dell'associazione deve intervenire in un momento in cui il sodalizio si trovi in una condizione di
difficoltà, tendendo proprio a far sì che l'associazione venga, attraverso il suo contributo, salvata” .
27
Non si trascuri di considerare però la presenza di un orientamento
giurisprudenziale minoritario che ravvisava le ipotesi di concorso
esterno, in fattispecie caratterizzate dalla prestazione di un contributo
continuativo in favore dell’associazione di tipo mafioso, prescindendo
dal
verificarsi
di
una
situazione
di
anormalità
della
vita
dell’organizzazione49.
Su tale scia, nel 2000, una pronuncia della sesta sezione penale
della Corte di Cassazione rimetteva in discussione l’ammissibilità del
concorso esterno50, esprimendo una serie di perplessità sul fondamento
dogmatico e sulla coerenza della soluzione operata dalla sentenza
Demitry.
Ci si riferisce alla sentenza Villecco (incentrata su un approfondito
obiter dictum giacché il tema della fibrillazione non rilevava nella
specie, cosicché non era imposta, a norma dell’art. 618 c.p. , la
rimessione del ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione del contrasto
rispetto alla sentenza Demitry) secondo cui in tema di associazione per
49
Cfr. Cass. , 23 aprile 1997, n. 4903, (ric. P.G. in proc. Montalto), relativa al caso di un
soggetto che, pur essendo estraneo all’associazione, aveva svolto con continuità l'attività di
riscossione del "pizzo" per conto del sodalizio, ha affermato che "risponde del reato di concorso in
associazione per delinquere di stampo mafioso il soggetto che, pur estraneo alla struttura organica
del sodalizio, presti un contributo duraturo e consapevole all'attività delittuosa da questa svolta. La
responsabilità può essere esclusa solo ove sia acquisita la prova positiva di una formale esclusione
del soggetto dall'associazione secondo le regole interne, anche consuetudinarie, di questa. In assenza
di tale dimostrazione, ove risulti che gli affiliati fanno preventivo affidamento sul contributo di taluno,
la condotta di questi va considerata alla stregua di quella di qualsiasi partecipe".
50
Cass. , VI, 21 settembre 2000, Villecco, in Foro it. , 2001, 7-8, 405 ss. : “Tutto
sembrerebbe condurre alla non configurabilità del concorso esterno sia morale che materiale…”.
Si vedano a tal proposito IACOVIELLO F. M. , Concorso esterno in associazione mafiosa:
il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato, in Cass. pen. , 2001, 2073 ss. ;
GENOVESE F. A. , In materia di ammissibilità del concorso esterno o eventuale nel reato
associativo, in Dir. e form. , 2001, 33 ss.
28
delinquere di stampo mafioso, il combinato disposto degli articoli 110 e
115 c.p. , preclude la configurabilità di un concorso esterno o eventuale,
atteso che l’aiuto portato all’associazione nei momenti di crisi o di
fibrillazione, integra, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la condotta
del “far parte” del sodalizio criminoso.
Con una motivazione difficile, estesa, di consecutio logica non
sempre percettibile con immediata chiarezza, si sferrava un nuovo
attacco all’istituto in esame.
Tra i principali argomenti contrari si ricordano l’incoerenza della
struttura della sentenza Demitry in tema di elemento soggettivo, che
configurerebbe un dolo di agevolazione tipico dei reati non concorsuali:
il dolo di agevolazione propugnato finiva, si è detto, per esautorare la
perseguibilità
delle
ipotesi
agevolatorie
specifiche,
tra
cui
il
non
evidenziava
favoreggiamento51.
Il
dictum
giurisprudenziale
poi,
solo
un’insoddisfacente spiegazione per l’esistenza di figure specializzate
riguardanti
tipiche
fattispecie di
concorso
esterno,
ma
anche
l’inconferenza dell’ipotesi al concorso morale (istigazione ad associarsi),
generalmente
accettata,
per
giustificare
il
concorso
materiale;
considerando talaltro che, se il parallelismo reggesse, anche il concorso
morale dovrebbe essere ancorato a una situazione di emergenza
51
Si vedano a tal proposito le considerazioni di FERRARI F. M. , Il concorso esterno in
associazione mafiosa, in D & G, 2005, fasc. 2, 111.
29
dell’organizzazione; infine si è evidenziata l’inadeguata analisi dell’art.
115 c.p. sulle varie possibili combinazioni tra condotte istigatorie e
concreta attuazione del fenomeno associativo52.
Per dirimere il contrasto interpretativo suscitato dalla posizione
espressa dalla sesta sezione della Cassazione, si sono dovuti attendere
circa due anni53.
52
Così LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione
dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss.
53
Nel senso che i toni oscuri ed involuti della pronuncia non hanno minimamente incrinato
unanimità dell’indirizzo favorevole alla configurabilità del concorso esterno si veda per tutti DE LEO
F. , Aspettando un legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza
Mannino, in Cass. pen. , 2006, fasc. 5, 1994 ss.
30
3. Tra continuità ed evoluzione: la sentenza Carnevale e le
risposte mancate
La pronuncia a Sezioni Unite n. 22327 del 21 maggio 2003
scaturisce dal ricorso per Cassazione di un imputato che eccepiva non
solo la ammissibilità dogmatica del concorso esterno ma anche l’asserita
violazione di legge in materia di prove54.
Nel caso di specie l’impianto accusatorio si fondava su
dichiarazioni di collaboratori e testimoni e su alcune intercettazioni, ma
non trascurava di argomentare sulla asserita singolarità di alcune
decisioni assunte dalla prima sezione penale della Suprema Corte: basta
menzionare l’annullamento delle sentenze per irregolarità nel sorteggio
dei giudici popolari e la scarcerazione dei boss per decorrenza dei
termini. Secondo l’accusa, in sostanza, l’imputato componendo i collegi
con magistrati a lui fedeli o esercitando pressioni su altri magistrati,
avrebbe orientato alcune specifiche decisioni in senso favorevole a cosa
nostra, quasi sempre riuscendo nell’intento.
54
Sez. Un. , 30 ottobre 2002, Carnevale, in Cass. pen. , 2003, 3276 ss.
L’imputato veniva assolto in primo grado dal tribunale di Palermo con sentenza 8 giugno
2000, ex art. 530, comma 2, c.p.p. , per la ritenuta insussistenza del fatto contestatogli
dall’imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa contestatagli per aver strumentalizzato
le proprie funzioni di magistrato per assicurare l’impunità ad esponenti di vertice di cosa nostra ed
aver così determinato il mantenimento, il rafforzamento e l’espansione dell’associazione, e dichiarato
poi colpevole in appello.
Giova ricordare che la sentenza era stata appellata dal Pm e il conseguente giudizio di
impugnazione si era chiuso con la sentenza della Corte di appello di Palermo del 29 giugno 2001, con
la quale l’imputato era stato dichiarato colpevole del reato ascrittogli ed era stato condannato ad una
pena di sei anni di reclusione.
31
È proprio in riferimento all’individuazione d’ufficio di una causa
di inutilizzabilità di prove55 (di sicura rilevanza nell’impianto della
sentenza impugnata) collegata ad un giudizio di inadeguatezza delle
motivazione della decisione di condanna (e di definitiva lacunosità del
quadro degli elementi di prova disponibili per una eventuale decisione di
rinvio), che i giudici di legittimità giungono alla deliberazione di
annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, senza peraltro
mettere in discussione, almeno nelle premesse, l’istituto del concorso
esterno la cui ammissibilità viene anzi ribadita56.
Il nuovo intervento dei giudici di legittimità57, conferma appunto
l’orientamento favorevole alla ammissibilità del concorso esterno nei
reati associativi, con particolare riferimento alla “persona che, priva
55
La Corte testualmente afferma che “il giudice penale che abbia concorso, in camera di
consiglio, alla deliberazione collegiale non può essere richiesto l’obbligo di astenersi dal deporre
come testimone in merito al relativo procedimento formativo, trattandosi di attività coperta da
segreto d’ufficio ex art. 125, comma 4, c.p. : la violazione di tale obbligo comporta la inutilizzabilità
della relativa testimonianza (ipotesi di inutilizzabilità-sanzione prevista dall’art. 191 c.p.p.”.
Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, le dichiarazioni rese sulle discussioni in
camera di consiglio in relazione ai processi asseritamene aggiustati dall’imputato, sono state assunte
in violazione dei divieti posti dalla legge e pertanto sono inutilizzabili come prove.
56
Contraria all’ammissibilità dell’istituto è invece FINI M. , La difficile configurabilità del
concorso eventuale nell’associazione mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre
2002, in L’Indice pen. , 2004, 649 ss.
57
La sentenza risulta annotata tra gli altri da: DENORA G. , Sulla qualità di concorrente
esterno nel reato di associazione di tipo mafioso, in Riv. it. dir. proc. pen. , 2004, fasc. 1, 353 ss. ;
FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003,
691 ss. ; LEO G. , Un altro passo in avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto,
in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto 2003, n. 30, 69 ss. ; ARGIRO’ F. , Note dommatiche e
politico-criminali sulla configurabilità del concorso esterno nel reato di associazione di stampo
mafioso, in Riv. it. dir. proc. pen. , fasc. 3, 768 ss. ; CAVALIERE A. , Il concorso eventuale nel reato
associativo. Le ipotesi delle associazioni per delinquere e di tipo mafioso, Napoli, 2003, 222 ss. ; DE
FRANCESCO G. , I poliedrici risvolti di un istituto senza pace, in Leg. Pen. , 2003, 704 ss. ; DE
VERO G. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante giurisprudenziale e perdurante
afasia legislativa, in Dir. pen. proc. , 2003, 1325 ss. ; GROSSO C. F. , Il concorso esterno nel reato
associativo: una evoluzione nel segno della continuità, in Leg. pen. , 2003, 685 ss. ; MAIELLO V. , Il
concorso esterno in associazione mafiosa tra crisi del principio di legalità e diritto penale del fatto, in
Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transazionale, a cura di V. Patalano, Torino, 2003,
269 ss. ; PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno in associazione mafiosa di nuovo al
vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697
ss. ; VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003.
32
dell’affectio societatis e non inserita nella struttura organizzativa del
sodalizio, fornisce un contributo concreto, specifico, consapevole e
volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo,
purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della
conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne
rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione,
anche parziale del programma criminoso”58.
Preliminarmente, confutando le argomentazione della sentenza
Villecco, la Corte afferma che non può essere accettata la tesi della
natura monosoggettiva del reato di partecipazione, sulla base della
considerazione che l’inclusione di taluno nell’associazione non deriva
semplicemente da un atto unilaterale di adesione del soggetto al gruppo,
non dipende, cioè, solo dalla sua volontà, ma anche da quella degli altri
associati59. Laddove non vi sia questa accettazione da parte degli
associati “non si può avallare l’irrilevanza penale di comportamenti
significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli”, ragion per
cui esiste uno spazio proprio per la figura del concorrente esterno.
58
Contra esclude la rilevanza del contributo occasionale IACOVIELLO F. M. , Concorso
esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato, in Cass.
pen. , 2001, 2073 ss. , secondo cui la costruzione dell’associazione come attività organizzata in vista
di certi fini, permette di distinguere il partecipe dal concorrente esterno in base al dato oggettivo
dell’effettivo svolgimento di una funzione all’interno della stessa e di costruire l’elemento soggettivo
di entrambi nel senso di volontà di fornire un contributo volontario e consapevole all’associazione,
sapendo di aiutare quest’ultima a realizzare i suoi fini , con l’unica differenza che, nel caso del
partecipe, questi sono voluti, mentre nel caso dell’estraneo sono semplicemente conosciuti.
59
Si osservino a tal proposito le osservazioni di LEO G. , Un altro passo in avanti verso
delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del 2 agosto
2003, n. 30, 69 ss. , il quale afferma che l’inclusione è negozio multilaterale: il concorso esterno, così
come la condotta dell’appartenente (sia essa di partecipazione, organizzazione, direzione), sono
relazioni tra il singolo e l’organizzazione complessivamente considerata.
33
Ad avviso dei giudici di legittimità dunque è possibile
immaginare comportamenti consapevoli e significativi sul piano causale,
prestati da soggetti esterni all’associazioni ed ontologicamente
distinguibili dalla condotta del partecipe: anzi si sottolinea come l’art.
110 c.p. consente proprio di attribuire rilevanza penale a condotte
diverse da quella tipica di partecipazione, e perciò atipiche, e comunque
necessarie o almeno utili alla consumazione del reato.
Dopo aver affermato l’applicabilità delle regole del concorso
anche ai reati plurisoggettivi60, non si manca di rilevare che sono
infondati i rilievi di violazione del principio di tassatività, in quanto la
disposizione incriminatrice dell’art. 416 bis c.p. delinea una serie di
condotte non generiche, ma ben tipizzate, di tal che il meccanismo
estensivo della punibilità ex art. 110 c.p. riposa su puntuali basi
normative.
Le Sezioni Unite nel percorso argomentativo sottolineano poi
come la situazione di chi entra a far parte di una organizzazione
60
La Suprema Corte parte dalla costruzione dei reati associativi (partecipazione, direzione
ecc.) come fattispecie plurisoggettive proprie. Si afferma, infatti, che “…accanto al comportamento
adesivo dell’autore-partecipe, vi è necessariamente la condotta di accoglienza da parte dei già
associati…La necessità di ricorrere alle norme sul concorso eventuale deriva appunto dall’esigenza
di assegnare rilevanza penale anche a contributi significativi resi all’organizzazione criminale da
parte di chi non sia in essa considerato incluso dagli associati…Laddove non vi sia questa
accettazione da parte degli associati, non si può avallare l’irrilevanza penale di comportamenti
significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli, ragion per cui esiste uno spazio proprio
per la figura del concorrente esterno.
Anche dal punto di vista logico, “la situazione di chi entra a far parte di una organizzazione,
condividendone vita e obiettivi e quella di chi, pur non entrando a farne parte, apporta dall’esterno
un contributo rilevante…sono chiaramente distinguibili”.
Inoltre, il dolo del partecipe e quello del concorrente non risultano del tutto sovrapponibili:
anche se vi è coincidenza rispetto all’apporto contributivo all’associazione, il dolo del partecipe “è
arricchito… dall’elemento dell’affectio societatis, che, invece, per definizione è estraneo all’apporto
del concorrente esterno”.
34
condividendone vita ed obiettivi, e quella di chi pur non entrando a farne
parte apporta dall’esterno un contributo rilevante alla sua conservazione
ed al suo rafforzamento, siano chiaramente distinguibili, né sussistono
incompatibilità strutturali tra le due condotte in esame.
Si afferma, infatti, che non contrasta con la struttura permanente
del reato associativo il fatto che la manifestazione di volontà criminosa
del concorrente esterno si esaurisce nel momento della sua espressione,
“non potendosi confondere l’aspetto del potenziale riconoscimento del
contributo
esterno
in
un
qualunque
momento
della
vita
dell’associazione, con quello della sua durata”; né tanto meno, si
aggiunge, è violato il principio di tassatività o determinatezza della
fattispecie penale, poiché l’art. 110 c.p. si affianca ad un reato la cui
consumazione è legata anche al sorgere e al permanere dell’offesa
all’ordine pubblico, potendo essere determinata dall’aiuto di un estraneo.
Tuttavia si ha la cura di precisare, dal punto di vista oggettivo, che
la mera “contiguità compiacente” o la “vicinanza” o la disponibilità nei
riguardi
del
sodalizio
o
dei
suoi
esponenti,
devono
essere
necessariamente accompagnate da positive attività che forniscano uno o
più
contributi
utili
al
rafforzamento
o
al
consolidamento
dell’associazione.
Un chiarimento circa l’elemento soggettivo nel concorso esterno è
invece apportato dalla pronuncia in commento, che, prendendo le
35
distanze dai precedenti indirizzi che ritenevano sufficiente, ai fini della
sussistenza
dell’integrazione
dell’elemento
psichico,
la
mera
consapevolezza dell’altrui finalità criminosa, richiede come necessaria
anche la coscienza e la volontà dell’efficienza causale del proprio
contributo rispetto al conseguimento degli scopi dell’associazione: e ciò
in considerazione della c.d. concezione monistica del concorso di
persone nel reato accolta dal legislatore penale, la quale impone che tutte
le condotte siano finalisticamente orientate verso l’evento tipico di
ciascuna figura criminosa (indi per cui il concorrente esterno non può
soltanto rappresentarsi, ma deve anche volere i fini dell’associazione).
Si esige appunto che il concorrente esterno, pur sprovvisto
dell’affectio societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione,
si renda compiutamente conto dell’efficacia causale del suo contributo,
diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del
sodalizio61.
La Corte di Cassazione delinea quindi una forma di dolo diretto in
forza del rilievo che il concorrente, pur rimanendo esterno alla struttura
organizzativa
deve
dell’associazione,
61
far
proprio,
anche
solo
Contra FINI M. , La difficile configurabilità del concorso eventuale nell’associazione
mafiosa dopo la sentenza delle Sezioni Unite del 30 ottobre 2002, in L’Indice pen. , 2004, 659,
secondo cui “il dolo del concorrente così delineato presenta due facce difficilmente conciliabili. Si
afferma che il problema si sposta sul piano dell’accertamento del dolo in quanto da un lato si
dovrebbe provare che l’apporto dato dal concorrente eventuale sia sostenuto dalla coscienza e dalla
volontà di perseguire le finalità dell’associazione facendole proprie, e dall’altro che tale apporto sia
dettato non dall’affectio societatis, che per definizione manca, ma da una generica volontà che il
sodalizio continui ad esistere e ad operare”.
36
parzialmente, il dolo generico consistente nella consapevolezza e nella
volontà del proprio contributo alle fortune dell’associazione62.
Si esclude d’altra parte che l’atteggiamento soggettivo possa
connotarsi nella forma meno intensa del dolo eventuale, inteso come
mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di
verificazione dell’evento, ritenuto solamente probabile o possibile
insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti63: è necessario che
di tale evento si abbia una rappresentazione piena e sicura.
È evidente il distacco in punto di dolo non solo dalla sentenza
Demitry, ma anche dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo,
nella quale si affermava che il concorrente “deve avere quantomeno la
consapevolezza” che nei soggetti insieme con i quali agisce è presente il
dolo specifico del reato associativo, non essendo necessario che egli
persegua e voglia le finalità dell’associazione64.
La decisione poi precisa doverosamente come non ogni contributo
portato all’associazione può rientrare tout court nello schema del
concorso eventuale, atteso che il contributo richiesto al concorrente
62
Cfr. BOTTI C. , Quel reato anomalo nato dalla prassi. Un altro punto per la tesi contraria
al concorso esterno, in D & G, 2005, fasc. 27, 86 ss. , secondo cui la sentenza restituisce rilevanza
effettiva all’elemento soggettivo richiedendo un accertamento più pregnante: ciò in quanto la condotta
del concorrente deve essere finalisticamente orientata verso la sussistenza e l’operatività del sodalizio.
Si vedano tuttavia i rilievi di FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del
concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 696, secondo cui “si crea per tale via un inedito dolo diretto,
proposto in un accezione atecnica priva di un qualche ancoraggio dogmatico a corrispondenti
elaborazioni di fonte dottrinale, che finisce in realtà con l’inserire, nell’area rappresentativo-volitiva
riservata al concorrente esterno, elementi che sono stati invece considerati peculiari della sfera
psichica dell’intraneo”.
63
Per l’ammissibilità del dolo eventuale si era già espresso GROSSO C. F. , La contiguità
alla mafia tra partecipazione, concorso in associazione mafiosa ed irrilevanza penale, in Riv. it. dir.
proc. pen. , 1993, 1192.
64
Corte d’Appello, 29 giugno 2001, inedita.
37
esterno deve potere essere apprezzato come “idoneo, in termini di
concretezza, di specificità, di consapevolezza, di volontarietà”65: e ciò, si
badi, indifferentemente dalla circostanza che il contributo offerto
dall’extraneus sia stato realizzato attraverso un’attività continuativa
ovvero mediante un intervento occasionale e non istituzionalizzato,
giacché ciò che rileva è che il contributo sia idoneo, “in termini di
concretezza, specificità e rilevanza a determinare, sotto il profilo
causale, la conservazione o il rafforzamento dell’associazione”66.
La Suprema Corte per tale via demanda ai giudici di merito la
valutazione dell’offensività del contributo, rifuggendo da qualsiasi
schema precostituito, dovendo basarsi su una ricostruzione probatoria
razionalmente
credibile
dello
spessore
dell’apporto
fornito
all’organizzazione: da ciò discende che la prova del concorso esterno, ed
in particolare i riscontri individualizzanti delle distinte chiamate di
correità o in reità dei collaboratori, deve avere per oggetto gli elementi
costitutivi della fattispecie, con riferimento allo specifico contributo,
65
In senso analogo alla decisione delle Sezioni Unite si ravvisano pronunce, alla stessa
precedenti, della giurisprudenza di merito, secondo cui ai fini della configurabilità del concorso
esterno in associazione mafiosa occorre accertare il compimento da parte dell’imputato di specifici
interventi idonei a rafforzare l’illecito sodalizio: si veda in tal senso Trib. Palermo, 23 ottobre 1999,
Andreotti, in Foro it. , 2001, II, 96 ss. , con nota di LEINERI G. – NICOSIA E.
Cfr. in chiave critica ORMANNI I. , Concorso esterno? Prova diabolica, in D & G, n. 27,
2005, 82 ss. , secondo cui sarebbe difficile, se non impossibile, raggiungere la prova piena della
obbligata coesistenza non solo della concretezza, specificità, consapevolezza e volontarietà ma anche
che l’attività posta in essere abbia anche determinato il rafforzamento o comunque la conservazione
della consorteria.
66
Si veda in questo senso GROSSO C. F. , Il concorso esterno nel reato associativo: una
evoluzione nel segno della continuità, in Leg. pen. , 2003, 685 ss. , secondo cui “opera come condotta
costitutiva di concorso alla realizzazione della fattispecie associativa ogni condotta, o pluralità di
condotte, concretamente idonee ad assicurare, al di là del loro scopo specifico, la conservazione, il
consolidamento o il rafforzamento dell’organizzazione criminale, o di un suo settore di attività”.
38
consapevole, effettivo e causalmente idoneo, recato dal concorrente e
rilevante alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione ed alla
realizzazione del programma criminoso della medesima.
Con particolare riferimento ai criteri di valutazione della prova,
infatti, la Corte di legittimità stabilisce una particolare declinazione, sul
terreno del concorso esterno, della regola di necessaria convergenza del
molteplice per la valutazione della chiamata di correo: “la convergenza
non può misurarsi sul complesso delle informazioni pertinenti al
rapporto tra l’accusato e l’organizzazione criminale, ma deve attingere
gli specifici episodi di cui l’accusa attribuisce il valore di contributo
all’attività o all’esistenza del gruppo”67.
Si ribadisce infine non solo che la fattispecie concorsuale sussiste
anche a prescindere dal verificarsi di una situazione di anormalità della
vita dell’associazione68, superando la metafora clinica della sentenza
Demitry, ma anche la necessità che il contributo dell’extraneus sia
rivolto a favore dell’associazione unitariamente intesa, negando così
quell’orientamento dottrinale che riferisce il contributo del concorrente
esterno non al gruppo criminoso, ma alla condotta di partecipazione del
singolo associato69.
67
Su questa premessa i giudici di primo grado e quelli di legittimità non hanno neppure
avviato, ciascuno nella loro prospettiva, una valutazione di attendibilità delle dichiarazioni che
avevano attinto la figura e l’azione dell’interessato. Cfr. diffusamente LEO G. , Un altro passo in
avanti verso delle sezione Unite verso la definizione dell’istituto, in Guida al diritto, Il sole 24 ore del
2 agosto 2003, n. 30, 69 ss.
68
Questa affermazione è contenuta a pag. 76 della motivazione.
69
In tal senso si vedano le considerazioni svolte precedentemente al par. 3, cap. 1.
39
Sennonché anche le motivazioni della sentenza Carnevale sono
state oggetto di critica: è stato infatti obiettato che, sotto un profilo di
piena aderenza alla realtà criminologica, il concorrente esterno può
essere un soggetto che aiuta una volta tanto, in modo occasionale per
un’attività determinata e precisa, senza alcuna partecipazione ai fini o
agli intenti dell’associazione, della quale può essere in linea di principio
anche un nemico70.
Si è rilevato pure che la pronuncia sarebbe affetta da un “ibridismo
strutturale”: il fatto che i giudici di legittimità prescindano dalla durata o
meno del contributo per attestarsi esclusivamente sulla qualità del
medesimo, giungendo ad ammettere l’ipotesi del concorso esterno anche
nel caso di un intervento occasionale, si è detto, finirebbe per attribuire
alla fattispecie concorsuale il carattere di reati talora istantaneo, talora
permanente e talora ancora eventualmente abituale71.
Le difficoltà interpretative si acuiscono se si considera la difficoltà
di fissare la soglia a partire dalla quale la prestazione dell’extraneus
assume effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del
rafforzamento dell’associazione72: soprattutto se si considera che il
70
In tal senso si veda VASSALLI G. in AA. VV. , La riforma della parte generale del codice
penale. La posizione della dottrina sul progetto Grosso, a cura di Stile, Napoli 2003, 349, secondo cui
in tale caso verrebbe appunto smentita l’assunto della sentenza in oggetto quando afferma invece che
il concorrente esterno deve volere la realizzazione, magari anche parziale, del programma criminoso
del sodalizio.
71
Cfr. MACCHIA A. , “Concorso esterno”, storia di una creazione giurisprudenziale. Dopo
vari tentativi ecco una ricostruzione esauriente, in D & G del 7 giugno del 2003, n. 22, 34 ss.
72
Così DI CHIARA, Osservazioni a Cass. pen. , Sez. Un. , 30 ottobre 2002, Carnevale, in
Foro it. , 2003, II, c. 453 ss. , il quale in senso critico afferma che “differenziare la rilevanza causale
dei contributi a seconda che si sia in presenza di una pluralità di condotte o di una sola condotta
40
giudizio di idoneità dovrebbe essere effettuato ex post, ma la sentenza
non indica le leggi scientifiche di copertura o quantomeno le leggi
statistiche, secondo le quali esprimere il giudizio stesso.
Autorevole dottrina infatti, nonostante abbia lodato le apprezzabili
intenzioni dei giudici di legittimità, non ha mancato di rilevare
l’insufficienza del ragionamento della Corte non essendo chiaro, si è
detto, se tale giudizio di idoneità debba essere effettuato secondo una
prospettiva rigorosamente ex post, così come richiederebbe un’autentica
logica causale, ovvero se debba riflettere un accertamento ex ante e in
concreto secondo un punto di vista assimilabile nella sostanza al
paradigma dell’aumento del rischio73: non è esplicitato, in sostanza, se la
verifica causale debba avvalersi di una base nomologica, secondo il
modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, o comunque di regole
di esperienza dotate di affidabile fondamento empirico74.
finalizzate all’aggiustamento dei processi si risolve in un’affermazione di principio, priva di reali basi
dogmatiche”.
73
FIANDACA G. , La tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg.
pen. , 2003, 695, secondo cui non appare peraltro persuasiva l’applicazione dei principi elaborati dai
giudici di legittimità al caso di specie di c.d. aggiustamento di processi ad opera di un magistrato
compiacente: ad avviso dell’Autore, infatti, la differenziazione dei presupposti della rilevanza causale
a seconda che l’obiettivo dell’aggiustamento sia perseguito con un’attività isolata ovvero reiterata
“pare corrispondere ad una logica di pregiudiziale compromesso tra eccessivo garantismo ed
eccessivo repressivismo, al prezzo di un arbitrario sdoppiamento del concetto di contributo causale, e
che non andrebbe al di là di una petizione di principio”.
Per togliere rilievo all’assunto dei giudici di legittimità l’Autore fa notare che “una reiterata
attività di ingerenza volta a condizionare processi, che non fosse però mai seguita dal conseguimento
di effettivi risultati favorevoli per l’associazione, potrebbe addirittura sortire l’effetto contratio di
demoralizzare e alimentare sfiducia negli associati. Un effetto dunque di indebolimento, piuttosto che
di rafforzamento del sodalizio criminale! ”.
Per una simile impostazione si veda anche VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e
responsabilità penale, Torino, 2003, 227.
74
Si vedano inoltre i dubbi espressi da MAIELLO V. , Il concorso esterno in associazione
mafiosa tra crisi del principio di legalità e diritto penale del fatto, in Nuove strategie per la lotta al
crimine organizzato transazionale, a cura di V. Patalano, Torino, 2003, 292.
41
Si è infine osservato che la pronuncia risulta affetta, a livello di
scelte di principio, da una sorta di “strabismo sul piano logicointerpretativo”: non l’esito del processo in sé e per sé, quanto piuttosto il
suo collegamento con la postulata necessità di un rafforzamento
dell’associazione,
dovrebbe
assumere
un
significato
veramente
decisivo75.
Sembrerebbe in verità che la Corte di Cassazione intenda
legittimare un modello di responsabilità concorsuale, fondato sul
parametro causale proprio dei reati d’evento (che richiede un
accertamento della causalità con giudizio ex post) laddove si legge che
“non può concordarsi con quanti giudicano una probatio diabolica
quella tesa a dimostrare la reale incidenza di una singola condotta o
anche di più condotte sulle sorti di un’associazione criminale,
soprattutto quando questa è di vaste dimensioni”.
Una chiarificazione alle sovra citate perplessità sarà comunque
effettuata con la sentenza Mannino del 2005.
Prima di esaminarla però appare opportuno evidenziare come
alcuni rilievi effettuati da parte della dottrina alla pronuncia Carnevale,
effettuati nel 2003 ma presi a riferimento anche da altri autori in tempi
75
Il rilievo è di DE FRANCESCO G. , I poliedrici risvolti di un istituto senza pace, in Leg.
Pen. , 2003, 704 ss. , il quale evidenzia come “mentre in caso di contributo isolato, il nesso di
influenza su tale risultato non può essere affermato e presunto sic et simpliciter, qualora lo stesso sia
continuativo, la mancanza di un esito processuale favorevole non si presta ad essere vicariata e
surrogata tout court da un preteso, indiscutibile rafforzamento, non altrimenti dimostrato e verificato,
insito nella disponibilità manifestata dal soggetto estraneo alla compagine associativa”.
42
più recenti, abbiano avuto un’importanza non indifferente nelle
successive riflessioni sulla tematica del concorso esterno76.
Non si possono, a tal proposito, non evidenziare le osservazioni
svolte dal Prof. Visconti nella (attenta alle molteplici prospettive di
indagine che il concorso esterno inevitabilmente comporta77) monografia
più volte citata78.
L’Autore dopo aver analiticamente esaminato il materiale
giurisprudenziale sul concorso esterno nei reati associativi, ha
evidenziato il “filo rosso” che lega le suddette pronunce: in particolare
sono stati portati all’attenzione degli studiosi alcuni profili di
interdipendenza funzionale tra definizione di diritto penale sostanziale e
loro dimensione probatoria.
In primo luogo, e con riferimento al concetto di idoneità causale,
si è detto che tale concetto non può essere determinato in se stesso, ma
richiede l’impiego di alcuni indicatori fattuali che ne segnalino
all’esterno la sussistenza.
76
È interessante il rilievo di FIANDACA G. , Diritto penale giurisprudenziale e ruolo della
Cassazione, in AA. VV. , Studi in onore di Giorgio Marinucci, I, Teoria del diritto penale,
criminologia e politica criminale, Milano, 2006, 239 ss. , secondo cui “…nella pronuncia Carnevale,
la Corte di Cassazione mostra comunque una propria consapevolezza di quello che ritiene essere il
proprio ruolo: cioè non solo elaborare principi a carattere generale, ma pure raccordare tali principi
ai casi concreti oggetto del giudizio. I giudici di legittimità dovrebbero, per il futuro, proseguire su
questa strada, coniugando appunto principi e massime generali al contemporaneo studio della
casistica: casistica intesa però non come massa di casi concreti considerati solo nella loro specifica
irripetibilità storica (casi individuali), ma come insieme di casi tipologici (casi generici): ipotesi
paradigmatiche ricostruite sulla base di elementi specifici comuni ma suscettibili di generalizzazione,
in quanto tali idonee ad abbracciare tutti i casi singoli che posseggono le medesime proprietà”.
77
Sulla lucidità critica dell’opera citata concorda PATALANO V. , Riflessione e spunti sulla
contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. , il quale sottolinea che “la ricerca di
Visconti taglia trasversalmente il profilo legislativo, quello socio-criminologico, quello
giurisprudenziale, quello dottrinario, quello di diritto penale sostanziale e quello dei problemi della
prova”.
78
VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003.
43
Successivamente, attraverso l’attenta analisi svolta, si è dimostrato
che la giurisprudenza ha utilizzato quali indicatori, appunto, circostanze
di fatto ricollegabili al “contesto situazionale” in cui si inscrive la
prestazione dell’extraneus: in particolare, i possibili effetti positivi che
l’associazione può ricavare dall’azione di sostegno del concorrente
esterno, con la precisazione che la verifica di questi effetti positivi
assume a punto di riferimento, a seconda dei casi, o il risultato che
l’associazione si aspetta dalla prestazione del concorrente esterno,
ovvero anche, ove non sia conseguito tale risultato, qualche risultato
intermedio in termini di possibile vantaggio per l’associazione.
Si è affermato appunto che “è proprio nella selezione degli
indicatori fattuali che la giurisprudenza non si preoccupa di spiegare
l’iter di accertamento della causalità seguito: piuttosto mostra di
ricorrere ad un uso opportunistico delle circostanze probatorie in modo
da riservarsi un’ampia libertà di manovra nel fissare di volta in volta i
presupposti della punibilità del concorso esterno”79.
Ad esempio di tale logica si è portato il diverso orientamento
seguito dai giudici a seconda dello spaccato criminologico che veniva in
rilievo nelle già citate sentenze Demitry e Carnevale: più in particolare,
mentre nella tipologia di casi incentrati sul c.d. aggiustamento di
processi, l’idoneità causale viene fatta dipendere dalla prova che il
79
Sempre VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003.
44
singolo processo fu in effetti condizionato; nel caso invece della
tipologia tra mafia, impresa e politica, il giudizio tende ad appagarsi
della prova dell’esecuzione concordata, o comunque del conseguimento
anche di un risultato, anticipato rispetto a quello finale perseguito
dall’associazione.
Sembra sullo stesso piano la riflessione di chi fa notare il carattere
di assoluta contingenza delle due diverse posizioni, collegata con la
natura della fattispecie concreta dedotta in giudizio80: così come
l’imputazione di un
episodio di corruzione in atti giudiziari aveva
orientato la sentenza Demitry verso la valorizzazione di una dimensione
circoscritta del contributo atipico, allo stesso modo l’imputazione di
un’attività reiterata e costante di intervento protettivo nei procedimenti
penali riguardanti il sodalizio mafioso indirizza la sentenza Carnevale
alla riconsiderazione del carattere duraturo del contributo concorsuale,
temperata da una più ristretta configurazione dell’elemento soggettivo81.
80
Il riferimento è a DE VERO G. , Il concorso esterno in associazione mafiosa tra incessante
giurisprudenziale e perdurante afasia legislativa, in Dir. pen. proc. , 2003, 1325 ss. , il quale
evidenzia un fenomeno di totale integrazione giurisprudenziale della fattispecie penale, con tutte le
connesse ulteriori evenienze in termini di mutamenti più o meno frequenti in termini di indirizzo.
81
Non dissimile appare il pensiero di PAPA M. , Un “Baco del sistema” il concorso esterno
in associazione mafiosa di nuovo al vaglio delle sezioni unite tra prospettive di quarantena e terapie
palliative, in Leg. Pen. , 2003, 697 ss. , secondo cui vi sarebbe un vizio di fondo nella impostazione
giuridica del problema relativo al concorso esterno. Si afferma a tal proposito che “la contaminazione
politica ed il condizionamento derivante da singole vicende processuali ha confuso piani che
dovrebbero andare rigorosamente distinti: si dovrebbe, infatti, prima ricostruire il quadro normativo
astratto e poi passare alla fase della sussunzione, cioè al giudizio circa la rilevanza e la
qualificazione penale di singole condotte. Si assisterebbe, insomma, ad una ricostruzione
reciprocamente referenziale delle categorie della partecipazione tipica e del concorso esterno”.
45
Appare poi interessante, anche se sul tema si approfondirà
successivamente82, evidenziare la peculiarità del modo di procedere
suggerito per la individuazione dell’evento generato dalla condotta
dell’extraneus: evento, vantaggioso rispetto alla vita e/o al rafforzamento
nei confronti dell’associazione criminosa, che si afferma deve essere
individuato secondo un approccio a carattere misto, allo stesso tempo
empirico e valutativo83. Per un verso, si afferma, è necessario che tale
risultato vantaggioso abbia una dimensione fenomenica sufficiente a
consentire un accertamento in fatto; per altro verso la vantaggiosità del
risultato, per essere apprezzata, implica valutazioni che certamente
trascendono il piano della semplice materialità: apprezzamenti in termini
organizzativo-funzionali,
economici,
socio-criminologici,
politico-
sociali.
Occorre quindi chiarire il concetto di risultato vantaggioso.
Ebbene, solo in alcuni casi si individua nel conseguimento del
risultato finale oggetto delle aspettative da parte dell’associazione: il più
delle volte, infatti, si guarda alla dinamica degli scenari concreti su cui si
articola il variegato paesaggio dell’associazionismo criminale.
Sarà di volta in volta l’esame del contesto associativo considerato
in un determinato frangente storico temporale, e del suo contingente
patrimonio di risorse umane, economiche e relazionali, a fungere da
82
83
Cfr. Infra par. 4.1.
Si veda VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 322.
46
premessa per verificare quale tipo di prestazioni esterne siano suscettibili
di produrre un influsso proficuo in termini di conservazione o
rafforzamento.
Lo stesso Visconti afferma poi, sotto il profilo oggettivo, che
l’accertamento ex post dell’effetto di rafforzamento potrà fare a meno
della verifica del risultato finale oggetto di aspettativa da parte
dell’associazione, in tutti quei casi nei quali già l’esecuzione della
prestazione promessa sia in grado di produrre effetti positivi per il
sodalizio criminale; sotto il profilo soggettivo occorrerà invece accertare
in capo al soggetto non solo se sia ravvisabile la volontà del proprio
comportamento, ma anche l’effetto di quest’ultimo sull’associazione,
sicché massima attenzione va riservato al profilo rappresentativo che, si
precisa, non può non investire con precisione tutti gli aspetti fattuali che
fanno della condotta una prestazione direttamente rivolta a beneficio
dell’ente collettivo.
Occorre ribadire comunque, in ossequio al principio di materialità,
la necessità che l’estraneo abbia effettivamente agito in favore
dell’associazione, non bastando quindi la mera intenzione di operare, sia
pure obiettivamente manifestata: la condotta dovrà quindi presentarsi
casualmente efficiente, cioè vantaggiosa per l’organizzazione criminale
complessivamente considerata.
47
4. La sentenza Mannino: l’ultimo approdo sulle componenti
oggettive e soggettive del contributo dell’ “extraneus”
Rilevando l’esistenza di più orientamenti sull’inquadramento
dell’appoggio elettorale da parte della associazione mafiosa e del
connesso appoggio promesso a questa da parte del candidato, il Primo
Presidente della Corte di Cassazione, con provvedimento 30 marzo 2005,
rimetteva alle Sezioni Unite l’oramai famoso processo Mannino84.
La Suprema Corte ha in via di principio ribadito l’ammissibilità
del concorso eventuale nel reato associativo di cui all’art. 416 bis c.p.
escludendone, tuttavia, la sussistenza nel caso posto alla propria
attenzione85.
I giudici di legittimità hanno, infatti, ritenuto non configurabile
detta ipotesi delittuosa nei confronti di un noto personaggio politico, il
quale, secondo la tesi dell’accusa, avvalendosi delle sue qualità personali
e del suo potere istituzionale, avrebbe agevolato l’attribuzione di appalti,
concessioni, licenze, finanziamenti, posti di lavoro ed altre utilità in
favore di membri di organizzazioni criminali.
84
Mentre il tribunale di Palermo aveva assolto l’imputato, la Corte d’Appello ne affermava la
responsabilità in base al principio che “il patto stretto tra esponenti di una cosca e il politico che si
impegni a fornire utilità di tipo economico-imprenditoriale, in cambio di sostegno elettorale, appare
di per sé idoneo ad integrare la responsabilità per concorso esterno quando la promessa per la
caratura e l’affidabilità del promettente, sia in grado di determinare un immediato salto di qualità nel
livello di efficienza dell’organizzazione criminale, mentre il successivo adempimento degli impegni
assunti costituisce condotta susseguente al reato, indifferente come l’esito delle consultazioni
elettorali”.
85
Cass. , Sez. Un. , 12 luglio 2005, n. 33748, Mannino, in Guida dir. , 2005, 39, 69 ss.
48
Segnatamente, la Suprema Corte ha ritenuto che le condotte
dell’imputato, seppur non esenti da legami censurabili e rapporti non
occasionali con esponenti di famiglie mafiose agrigentine e palermitane
di cosa nostra, fossero da interpretare “in chiave di vicinanza e
disponibilità, secondo una causale di tipo elettorale-clientelare o anche
corruttiva, e non quali contributi di favore destinati al consolidamento
e/o rafforzamento dell’associazione mafiosa” 86.
Tali relazioni di contiguità criminale, per quanto riprovevoli da un
punto di vista etico e sociale, sono risultate essere estranee all’area
penalmente rilevante del concorso esterno in associazione mafiosa, la cui
esistenza postula, in sede processuale, la “rigorosa verifica probatoria
degli elementi costitutivi del nesso di causalità e del dolo del
concorrente”.
Le Sezioni Unite, con una decisione fortemente critica verso
l’apparato
argomentativo
della
decisione
impugnata,
hanno
preliminarmente confermato il principio giurisprudenziale secondo il
quale anche per il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all’art.
416 bis c.p. è configurabile il concorso esterno87.
86
La sentenza è stata commentata tra gli altri da GIORDANO F. P. , Il contributo individuale
dell’esterno deve interagire con le azioni della cosca, in D & G, n. 39, 2005, 88 ss. ; MOROSINI P. ,
La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. ,
2006, fasc. 5, 585 ss. ; VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al
vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
87
Si ricordano (e sono state esaminate nei paragrafi precedenti) nello stesso Cass. , Sez. Un. ,
5 ottobre 1994, Demitry, in Foro it. , 1995, II, 422; Cass. , Sez. Un. , 27 settembre 1995, Mannino, in
Cass. pen. , 1996, 1087; Cass. , Sez. Un. , 21 maggio 2003, Carnevale, in Cass. pen. , 2003, 3276 ss.
49
Opportunamente i giudici di legittimità hanno dapprima proceduto
ad uno sforzo di precisazione della nozione di partecipazione interna: “si
definisce partecipe colui che, risultando inserito stabilmente e
organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa,
non solo “è” ma “fa parte” della (meglio ancora: “prende parte” alla)
stessa”88. Viene richiesta quindi l’assunzione di un ruolo dinamico e
funzionale in esplicazione del quale si prende parte al fenomeno
associativo ed anche l’essere a disposizione dell’ente per il
perseguimento dei comuni scopi criminosi: non è richiesta come
necessaria la previa sottoposizione ad un rituale di affiliazione formale,
essendo sufficienti facta concludentia89.
Si conferisce così alla partecipazione punibile uno spessore più
coerente con i principi di materialità e di offensività, superando quegli
orientamenti giurisprudenziali che, rendendo impropriamente decisivi
certi “status”, rischiavano di trasformare il diritto penale del reato in
diritto penale del reo: i giudici di legittimità esprimono appunto il chiaro
88
Si riporta la massima di Cass. Sezioni Unite 12 luglio 2005 , Sentenza Mannino:
“Partecipazione ad associazione mafiosa : si definisce ‘partecipe’ colui che risulta inserito
stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, da intendersi
non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico.
Concorso esterno in associazione mafiosa : si ha concorso esterno in associazione mafiosa quando un
soggetto, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio e privo dell’affectio
societatis, fornisce all’associazione mafiosa un concreto , specifico, consapevole, volontario
contributo che si configura come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle
capacità operative dell’associazione. Sul piano dell’accertamento della causalità è necessario un
apprezzamento ex post dell’effettivo nesso condizionalistico tra la condotta stessa e la realizzazione
del fatto di reato, come storicamente verificatosi hic et nunc. Non è sufficiente che il contributo
atipico aumenti la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, secondo una cd nozione
“debole” di causalità”.
89
Si vedano a tal proposito le considerazioni svolte retro al Cap. 1, par. 4.
50
intento di escludere la decisività, ai fini dell’identificazione materiale del
reato, a quelle circostanze di carattere esclusivamente formale.
Si evitano per tale via quegli automatismi in base ai quali, ad
esempio, il “giuramento di mafia” o la qualifica di “uomo d’onore”
sarebbero sufficienti a sorreggere pronunce di condanna per la
“partecipazione”, senza l’accertamento di azioni ulteriori90.
La tipicità della condotta deve fondarsi sull’assunzione di un ruolo
concreto nell’organigramma criminale, strumentale al raggiungimento
degli scopi che l’associazione si propone91: nel caso di specie, ed in base
alle suddette precisazioni concettuali, il semplice patto elettorale non
sarebbe necessario a configurare la responsabilità per “partecipazione
interna” dell’uomo politico, e ciò nonostante il diverso avviso di un
datato orientamento della Corte di Cassazione92.
Sotto il profilo dell’elemento materiale ammettere che la
“partecipazione” venga integrata con la sola promessa voti/favoritismi
90
Emblematico, in proposito, il caso ricordato da VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e
responsabilità penale, Torino, 2003, 145, del figlio di un noto boss di Cosa Nostra condannato per
“partecipazione in associazione” (art. 416 bis c.p.) per avere prestato il “rituale giuramento”, pur non
essendosi riscontrata nei suoi confronti alcuna attività connessa alle tipiche performance criminali del
sodalizio; e in presenza di dichiarazioni di collaboratori di giustizia secondo cui “era stato un piacere
del padre quello di farlo combinare, ancorché egli fosse solo una femminuccia e vivesse lontano dalla
Sicilia”.
91
Per il modello organizzatorio di condotta si veda in dottrina INGROIA A. , L'associazione
di tipo mafioso, in Quaderni penali, Milano, 1993, 40 ss. ; SPAGNOLO G. , L'associazione di tipo
mafioso, Padova, 1993, 87 ss. ; DE FRANCESCO G, Gli artt. 416, 416 bis, 416 ter, 417, 418 c.p. , in
AA. VV. , Mafia e criminalità organizzata, coordinato da CORSO, INSOLERA, STORTONI,
Giurisprudenza sistematica di diritto penale, a cura di BRICOLA e ZAGREBELSKY, Torino, 1995,
35 ss.
92
Il riferimento è a Cass. , I, 26 giugno 1992, Battaglini, in Giust. pen. , 1992, II, 403 ss. ,
secondo cui la conclusione del patto sarebbe sintomatica non solo della condivisione, da parte del
candidato, della logica intimidatoria propria del sodalizio e dell’accettazione della proposta di
favorirlo, ma anche del riconoscimento di fatto, da parte dell’ente, del ruolo del politico in termini di
svolgimento sistematico di prestazioni diffuse (legate alla sua particolare posizione) a favore della
associazione.
51
(la cui realizzazione dipende, quanto meno, dall’elezione) significa, si è
detto93, violare i connotati della stabilità del vincolo e dell’effettivo
svolgimento di un ruolo all’interno della organizzazione, posti a presidio
delle necessarie offensività e materialità del reato.
Con riferimento all’elemento psicologico, poi, è sembrato
azzardato attribuire al solo accordo il valore di condivisione delle sorti e
degli scopi dell’associazione (affectio societatis), ossia di dolo specifico
dell’associato94, laddove pare, più ragionevolmente, profilarsi un
movente autonomo e personale dell’uomo politico, interessato
all’appoggio
elettorale,
nella
consapevolezza
di
promettere
di
assecondare occasionalmente esigenze associative95.
Si procede poi a sviluppare il ragionamento sul concorso esterno
individuabile, per i giudici di legittimità, nel “soggetto che, seppur non
inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione
mafiosa e privo dell’affectio societatis (e cioè della volontà di far parte
dell’associazione), fornisca tuttavia un concreto, specifico, consapevole
e volontario contributo, causalmente idoneo ai fini della conservazione o
del rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, oltre che
93
Il rilievo è di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso
esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss.
94
In tal senso cfr. Cass. , VI, 27 marzo 1995, Alfano, in Foro it. Rep. , 1996, voce Ordine
pubblico, n. 27 e in Cass. pen. , 1997, 983; Cass. , I, 22 aprile 1985, Arslan, in Foro it. , 1986, II, 595.
Si veda anche FIANDACA G. – MUSCO E. , Diritto penale, Parte speciale, I, Bologna,
1995, 356.
95
In tal senso si veda Trib. Taranto 29 giugno 1999, Cito, cit. ; Trib. Palermo 4 aprile 1998,
Bonomo e altri, in Foro it. , 1999, II, 44 ss.
In dottrina per un approfondimento del profilo psicologico della fattispecie si veda
VISCONTI C. , Patto politico mafioso e i problematici confini del concorso esterno, in Foro it. ,
1997, II, 443.
52
diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso
della medesima”.
Al riguardo la Suprema Corte osservato anche come tale
“contributo causale per le associazioni operanti su larga scala come
cosa nostra vada valutato con riguardo agli effetti prodottisi
relativamente ad un suo particolare settore, ramo di attività o
articolazione territoriale”.
È stato evidenziato che la novità della sentenza in commento non
sta nell’adozione del criterio causale per tipizzare la condotta, quanto nel
modo di declinarlo96: la Corte di Cassazione per tale via, si è detto,
risponde alle obiezioni secondo cui l’evocazione giurisprudenziale del
paradigma causale celerebbe in realtà meccanismi di imputazione
diversi, fondati su intuizioni, precomprensioni, giudizi etici97.
Su queste premesse, la Corte di Cassazione ha poi ribadito come
sia necessaria la sussistenza di tutti i requisiti strutturali che
caratterizzano il nucleo centrale del concorso di persone nel reato e, per
quanto riguarda il dolo, che questa investa sia tutti gli elementi essenziali
della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio
comportamento alla realizzazione del fatto concreto.
96
Cfr. MOROSINI P. , La difficile tipizzazione giurisprudenziale del concorso esterno in
associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss.
97
Cfr. INSOLERA G. , L’impossibile garanzia: la prova dell’illecito plurisoggettivo, in
Quest. Giust. , 1998, 612.
53
Richiamando in proposito le riflessioni sul nesso causale
sviluppate dalle stesse Sezioni Unite nella decisione Franzese, i giudici
affermano come non sia affatto sufficiente che il contributo atipico sia
considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di
realizzazione del fatto di reato, con prognosi di mera pericolosità ex ante,
qualora poi, con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o
addirittura controproducente per la verificazione dell’evento lesivo.
Nell’ormai celebre presa di posizione del 2002 in tema di responsabilità
medica98, le Sezioni Unite avevano in realtà posto l’accento sull’esigenza
inderogabile di accertare il nesso causale alla stregua di un giudizio
controfattuale effettuato “sulla base di una generalizzata regola
d’esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica”99.
Proprio in considerazione dei principî elaborati in quella
importante pronuncia, la Cassazione sostiene adesso che anche
nell’ambito del concorso esterno il contributo eziologico dell’estraneo
deve atteggiarsi a condizione necessaria dell’evento, secondo lo stesso
98
Cass. , Sez. Un. , 11 settembre 2002, Franzese, in Foro it. , 2002, II, 601 e nella stessa
rivista, 2003, con commento di DI MARTINO A. , Il nesso causale attivato da condotte omissive tra
probabilità, certezza e accertamento.
99
Appare interessante evidenziare le osservazioni di VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il
patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. ,
secondo i quali l’assunto della sentenza Mannino in tema di causalità del concorso esterno sembra
consentire un qualche affievolimento sotto il profilo del rigore nomologico. Gli autori affermano
infatti “questa volta manca ogni riferimento esplicito all’esigenza irrinunciabile di utilizzare una
legge scientifica di copertura; e inoltre limitarsi a richiedere l’impiego di «massime dotate di
empirica plausibilità» vuol dire indebolire o attenuare la portata più impegnativa del ricorso a
«generalizzate regole d’esperienza(…)Questo riconoscimento di una possibile attenuazione del
sostegno nomologico presuppone implicitamente, il convincimento che la prova dell’efficacia causale
sia, sul versante del concorso esterno, maggiormente soggetta a incertezze e ad apprezzamenti di tipo
intuizionistico-valutativo, più che a riscontri empirico-fattuali in senso stretto”.
54
modello di causalità tipico delle fattispecie incriminatrici a forma libera
e causalmente orientate.
In tema di accertamento del nesso causale quindi, i giudici di
legittimità rifiutano le teorie dell’aumento del rischio o della causalità
adeguatrice di rinforzo, basate su valutazioni ex ante e in concreto,
secondo
criteri
prognostici,
suscettibili
di
produrre
espansioni
incontrollabili della responsabilità penale.
La sentenza Mannino afferma quindi che l’opposta tesi che
pretende di prescindere dal paradigma eziologico, tende ad anticipare
arbitrariamente la soglia di punibilità, in contrasto con il principio di
tipicità e con l’affermata inammissibilità del mero tentativo di concorso.
Al fine di rimanere ancorati ai canoni di legalità formale, i giudici
di legittimità, ritengono obbligata l’adozione di un modello ispirato allo
schema della conditio sine qua non proprio delle fattispecie a forma
libera casualmente orientate: il che impone una verifica ex post
dell’efficienza causale del sostegno esterno “sulla conservazione o sul
rafforzamento delle capacità operative della intera organizzazione
criminale o di sue articolazione settoriali”.
È questa la novità più rilevante della pronunzia. La ricostruzione
del rapporto di causalità sulla base della teoria condizionalistica o della
equivalenza delle cause: “è causa penalmente rilevante la condotta
umana, attiva od omissiva, che si pone come condizione necessaria nella
55
catena degli antecedenti che hanno concorso a produrre il risultato,
senza del quale l’evento stesso, da cui dipende il reato, non si sarebbe
verificato”.
Da un lato dunque sarebbero irrilevanti contributi di grande
potenzialità però rilevatisi, una volta posti in essere, ininfluenti o
controproducenti per la verificazioni dell’evento lesivo; dall’altro lato la
mera
promessa di una prestazione decisiva, non seguita da
comportamento di attuazione, non potrebbe per se stessa ricondursi al
profilo oggettivo e tipizzante del paradigma causale.
Si abbandonano così i parametri della fisiologia o della patologia
dell’agire associativo, determinanti per la sentenza Demitry del 1994, e
del destinatario del contributo apportato dal singolo, sostenuto in verità
da una dottrina minoritaria100 e già abbandonato dalla sentenza
Carnevale, secondo cui nel caso del concorrente esterno il destinatario
del contributo non sarebbe l’associazione bensì la condotta di
partecipazione del singolo associato, alla quale, per l’appunto, accede.
Non trova neanche spazio il criterio relativo alla distinzione tra
contributo apportato dal singolo all’ente criminale in via occasionale e
contributo apportato in via reiterata e stabile in favore del sodalizio
100
In tal senso IACOVIELLO F. M. , Il concorso eventuale nel delitto di partecipazione ad
associazione per delinquere, in Cass. pen. , 1995, 858 ss. ; MUSCATIELLO V. , Il concorso esterno
nelle fattispecie associative, Padova, 1995, 117 ss.
56
malavitoso101: già la sentenza Carnevale affermava che “si tratti di
attività continuativa o ripetuta, si tratti invece di una singola
prestazione, dovrà valutarsi esclusivamente se la pluralità o l’unica
attività posta in essere, per il grado di concretezza e di specificità che la
distingue e per la rilevanza causale che esprime, possa ritenersi idonea
a conseguire il risultato sopra menzionato”102.
Sotto quest’ultimo profilo appare ravvisabile una divergenza
rispetto a quanto in precedenza era stato affermato dalla stessa Corte di
Cassazione quando affermava che, tra le connotazioni essenziali del
concorso esterno, vi era quella che esso si estrinsecasse in una forma di
partecipazione “saltuaria e
sporadica” all’attività del
sodalizio
criminoso103.
Con la sentenza Mannino si ritiene inoltre inammissibile una
lettura in senso psicologico della nozione di evento, sovente praticata dai
giudici di merito, proprio per dissimulare l’assenza di prova
sull’incidenza causale104: non rispetterebbero i canoni ermeneutici
sopradescritti,
infatti,
quegli
orientamenti
rafforzamento
dell’associazione nell’accrescimento
101
che
identificano
il
del
di
senso
In senso opposto, nel senso cioè che la reiterazione nel tempo del contributo
all’associazione è indice della possibile assunzione da parte di un determinato soggetto di un ruolo
stabile all’interno dell’organizzazione e, dunque, della qualità di partecipe, si veda invece BIAN L. ,
Considerazioni sul concorso eventuale od esterno nei reati associativi, in Il Nuovo Diritto, 2001, fasc.
12, 1095 ss.
102
È interessante rilevare che i canoni fissati dalla sentenza Carnevale sono stati
recentemente applicati anche da Cass. , V, sent. n. 16493 del 2006, pubblicata in D & G 2006 del 17
maggio.
103
Il riferimento è a Cass. , 30 maggio 2002, n. 21356, Frasca, RV n. 222439.
104
Si veda Trib. Palermo 27 gennaio 2001, in Foro it. , 2001, 88 ss. ; cfr. anche Trib. Palmi
25 marzo 1996, in Foro it. , 1997, 453.
57
sicurezza e prestigio dei sodali, nella diffusione della sensazione di
impunità e sicurezza, nella sicura fiducia di poter continuare a
delinquere105.
L’elemento distintivo è dunque da individuare unicamente, a
parere dei giudici di legittimità, nella intraneità/estraneità del soggetto
rispetto all’organizzazione in quanto, per entrambi, è comunque richiesto
che con la propria condotta forniscano un contributo concreto, specifico,
consapevole e volontario in favore dell’associazione mafiosa.
La Suprema Corte ha quindi proceduto all’individuazione dei
parametri in base ai quali distinguere (di volta in volta) in termini
probatori quando il soggetto è da considerarsi intraneo o estraneo al
sodalizio malavitoso106: si badi non si giunge ad affermare che lo
svolgimento effettivo di una attività materiale per la struttura associativa,
da circostanza rilevante a livello probatorio, assurge al rango di elemento
essenziale del fatto tipico107.
A tal proposito i giudici di legittimità ritengono infatti che sul
piano probatorio rilevano, ai fini della integrazione della condotta di
105
In tal senso si esprimeva già GROSSO C. F. , Accordo elettorale politico- mafioso e
concorso esterno in associazione mafiosa. Una configurazione possibile, in Foro it. , 1996, V, 121 ss.
106
Cfr. FALLONE A. , Concorso esterno? Sì se il clan si rafforza. Ma il rebus
dell’extraneus non è risolto, in Diritto e Giustizia, 2006, n. 34, 110 ss.
107
Tale impostazione viene invece recepita dai sostenitori del modello c.d. “causale” della
condotta partecipativa, secondo i quali consisterebbe in un contributo materiale apprezzabile in vista
della realizzazione del programma criminoso. Si veda a tal proposito INSOLERA G. , L’associazione
per delinquere, Padova, 1983, 228; FIANDACA G. , Criminalità organizzata e controllo penale, in
Ind. pen. , 1991, 25ss.
58
partecipazione, “tutti gli indicatori fattuali108 dai quali, sulla base di
attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della
criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo
essenziale
della
condotta
partecipativa,
e
cioè
la
stabile
compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio.
Deve dunque trattarsi di indizi gravi e precisi (tra i quali le prassi
giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti
nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale,
l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di
delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e però significativi “facta
concludentia”109) dai quali sia lecito dedurre senza alcun automatismo
probatorio, la sicura dimostrazione della costanza permanenza del
vincolo nonché della duratura, e sempre utilizzabile messa a
disposizione della persona per ogni attività del sodalizio criminoso, con
puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale
considerato dall’imputazione”.
Sul piano processuale poi, e con riferimento al concorrente
esterno, si precisa che “l’accertamento dovrà seguire i principi delineati
dall’art. 192 c. p. p. , con l’utilizzo di massime di esperienza dotate di
108
Per la nozione di “indicatori fattuali” e la correlativa natura “disposizionale” del concetto
di partecipazione associativa, si veda VISCONTI C. , La sentenza Andreotti: profili di interazione tra
diritto sostanziale e accertamento probatorio, in Critica del diritto, 2000, 487 ss. ; ID. , Contiguità,
cit. , 282 ss. ; ID. , I reati associativi tra diritto vivente e ruolo della dottrina, in AA.VV. , I reati
associativi: paradigmi concettuali e materiale probatorio, a cura di L. PICOTTI-G. FORNASARI-F.
VIGANÒ-A.MELCHIONDA, Padova, 2005, 143 ss.
109
Tra i quali per esempio la disponibilità di un arsenale, la latitanza volontaria, l’uso di
autovetture blindate.
59
empirica plausibilità, per verificare la correttezza del collegamento che
fa derivare da un primo fatto, la condotta dell’extraneus, il factum
probandum, ovvero l’evento”.
Segnatamente, quindi, con la sentenza Mannino, si è ritenuto che
gli impegni assunti da un determinato personaggio politico con taluni
esponenti di organizzazioni criminali prima del voto (e quindi di essere
eletto), in tanto rilevano penalmente, laddove siano connotati dal
carattere della serietà e della concretezza, dati questi desumibili
dall’affidabilità dei protagonisti dell’accordo, dai caratteri strutturali
dell’associazione, dal contesto di riferimento, nonché dalla specificità
dei contenuti degli stessi.
Senza dimenticare, altresì, la necessità che detti impegni risultino
all’esito di una attenta verifica probatoria, da effettuarsi ex post,
causalmente efficaci sulla base di massime di esperienza dotate di
empirica plausibilità110, e più precisamente che “gli impegni assunti dal
politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé e a
prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo,
sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative
dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”.
110
Si osservino a tal proposito le osservazioni critiche di VISCONTI C. – FIANDACA G. ,
Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
secondo i quali “da un lato, il ruolo determinante così attribuito alla verifica processuale del
rapporto di causalità finisce col trasferire sul terreno del processo la soluzione di una questione che
rimane a rigore di diritto sostanziale, in quanto attinente al modo di concepire la nozione di
rafforzamento quale presupposto della punibilità del concorso esterno. Dall’altro, la fiducia che la
Cassazione sembra riporre nella possibilità di accertare, con rigore empirico, l’incidenza rafforzativa
del semplice patto di scambio (non seguito dall’esecuzione concreta della promessa), risulta
verosimilmente, al di là delle buone intenzioni, eccessiva”.
60
Il Collegio quindi non ritiene sufficiente che il contributo atipico,
con prognosi di mera pericolosità ex ante, sia considerato idoneo ad
aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato,
qualora poi con giudizio ex post, si rilevi ininfluente o addirittura
controproducente per la verificazione dell’evento lesivo.
È la sola verifica ex post, infatti, che permette di valutare se la
condotta posta in essere dall’agente sia stata causa di concreti vantaggi o
utilità per l’associazione medesima111.
Tale costruzione, sebbene coerente in principio, potrebbe però
nascondere perplessità operative o quantomeno difficoltà che, gli stessi
giudici di legittimità, lasciano intravedere in motivazione quando si
ammette che “la promessa o l’impegno del politico di attivarsi, una volta
eletto a favore della cosca mafiosa possano già integrare di per sé, gli
estremi del contributo atipico del concorrente eventuale nel delitto
associativo, a prescindere dalle successive condotte di esecuzione
dell’accordo valutabili sotto il profilo probatorio”.
Tale preoccupazione però è da ridimensionare112.
111
La sentenza Carnevale, invece, aveva provato a mettere ordine nell’intricata materia
distinguendo a seconda della unicità o della reiterazione dei contributi del concorrente esterno. In caso
di più contributi, indicava una verifica del consolidamento del sodalizio in via prognostica, giudizio ex
ante, affermando che poteva non essere essenziale ai fini della configurabililtà del reato di concorso
esterno l’esito favorevole delle condotte; mentre per il contributo unico, sulla base di un ragionamento
a contrario, si affacciava l’ipotesi del giudizio ex post. Si veda retro par. 3.
112
Contra si veda FALLONE A. , Concorso esterno? Sì se il clan si rafforza. Ma il rebus
dell’extraneus non è risolto, in Diritto e Giustizia, 2006, n. 34, 113, secondo cui “se ai fini
dell’integrazione della fattispecie penale non si ritiene necessario (correttamente) l’avvenuta
esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus, e al contempo però si ritiene (altrettanto
correttamente) che l’accordo tra l’extraneus ed il mafioso, da solo non è sufficiente, occorrendo
invece che si accerti con verifica ex post che tale accordo abbia comunque rafforzato la sua struttura
associativa, si correrebbe il rischio di una probatio diabolica”.
61
Verificare ex post, infatti, significa anche, in caso di mancata
esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus, verificare se tale
mancata esecuzione non abbia inciso in misura tale da precludere il
formarsi del rafforzamento della struttura associativa, o meglio della
capacità criminale del sodalizio malavitoso. Ebbene, tale verifica deve
muovere dalle circostanze specifiche dei singoli casi distinguendo tra il
caso in cui la mancata esecuzione delle promesse da parte dell’extraneus
precluda ab origine il rafforzamento associativo, dal caso in cui la
mancata esecuzione delle promesse faccia venire meno il rafforzamento
associativo già però precedentemente realizzatosi: solo in quest’ultimo
caso infatti, e non nel primo, può dirsi integrata la fattispecie del
concorso esterno.
Circa i parametri rilevanti ai fini della sovra citata distinzione si
richiede in primo luogo la verifica del motivo per cui le promesse non
sono state mantenute, e in particolar modo di comprendere se la mancata
esecuzione delle stesse precluda o meno la possibilità in futuro di
eseguire promesse di contenuto analogo; in secondo luogo un’analisi
sull’aspetto temporale e sull’aspetto quantitativo-qualitativo della
diffusione, tra i vari associati, della notizia dell’intervenuto accordo tra
Lo stesso autore limita però tale rischio rilevando che la “novità della pronuncia non risiede
nel modo di concepire l’evento del reato ma nel richiamo rivolto ai giudici di merito di non fermarsi
alla verifica (prova) dell’accordo intervenuto tra extraneus e mafioso, ma di andare a verificare oltre
l’accordo intervenuto, in modo tale da verificare se quanto succeduto successivamente all’accordo
abbia o meno realmente prodotto un rafforzamento della struttura associativa”.
62
l’organizzazione e l’extraneus, e quindi sulla consapevolezza da parte
degli associati di poter contare anche sulla disponibilità di quest’ultimo.
Vi è infatti chi ritiene che tali parametri evidenzino in realtà se il
rafforzamento associativo conseguente alla manifestata disponibilità
dell’extraneus possa dirsi sufficientemente consolidato, e se quindi sia
stato o meno raggiunto quella soglia minima (richiamata e di cui alla
sentenza Carnevale del 2003) a partire dalla quale il risultato
conseguente alla prestazione dell’extraneus assume effettiva rilevanza in
termini di conservazione o rafforzamento del sodalizio criminale e, in
sostanza, per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico
protetto113: bene giuridico che nella specie è costituito dall’integrità
dell’ordine pubblico, violata dall’esistenza e dall’operatività del
sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo del
programma criminoso114.
Tale procedimento raggiunge l’evidente risultato di evitare il
ricorso al surrettizio ed indiretto impiego della causalità psichica cd. “da
rafforzamento dell’organizzazione” per dissimulare, in realtà, l’assenza
di prova dell’effettiva incidenza causale del contributo materiale per la
realizzazione del reato115.
113
Cfr. ESPOSITO C. , Verifica probatoria ex post, ecco come, in Diritto e Giustizia, 2005,
n. 39, 59.
114
Giova ricordare che con l’introduzione dell’art. 416 bis c.p. si è deciso, con evidente
semplificazione probatoria, di prescindere dalla finalità di specifica commissione di delitti e di
facilitare l’individuazione in concreto dell’atto di adesione.
115
Il rilievo è sempre di ESPOSITO C. , Verifica probatoria ex post, ecco come, in Diritto e
Giustizia, 2005, n. 39, 59.
63
Sempre sul versante oggettivo del contributo del concorrente
esterno, occorre infine ricordare che la condotta posta in essere non deve
essere scriminata da cause di giustificazioni quali l’adempimento del
dovere o l’esercizio del diritto.
Queste le conclusioni della Suprema Corte sull’accertamento
dell’elemento soggettivo del concorrente esterno: “…La particolare
struttura della fattispecie concorsuale comporta infine, quale essenziale
requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della
rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della
figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio
comportamento
alla
realizzazione
del
fatto
concreto,
con
la
consapevolezza e la volontà di interagire, sinergicamente, con le
condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo
reato”.
Non è richiesto per l’estraneo il dolo specifico proprio del
partecipe, consistente nella consapevolezza di essere inserito nel
sodalizio e nella volontà di far raggiungere allo stesso gli obiettivi che si
era prefisso116.
Nello stesso senso è da collocare la posizione di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione
giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 590, quando
afferma che “la sentenza in esame parrebbe accreditare quella opinione più generale secondo cui non
sarebbero rinvenibili regolarità causali nell’ambito dei fenomeni psichici, per il caratterizzarsi degli
stessi in termini di irripetibilità, imprevedibilità ed internità”.
116
Si vedano a tal proposito le singolari osservazioni di DE LEO F. , Aspettando un
legislatore che non si chiami Godot. Il concorso esterno dopo la sentenza Mannino, in Cass. pen. ,
2006, fasc. 5, 1994 ss. , secondo cui “…il dolo specifico è uno dei grandi inganni che il processo
penale consuma ai danni del diritto penale. La funzione selettiva del dolo specifico è tanto esaltata sul
piano sostanziale, quanto è emarginata sul piano processuale. Raramente i processi si risolvono sul
64
Il dolo del soggetto esterno è, ad avviso dei giudici di legittimità,
generico: si ritiene che debba investire sia il fatto tipico oggetto della
previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla propria
condotta alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione
mafiosa, ben sapendo e volendo (sempre il concorrente esterno) che il
suo apporto è diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma
criminoso del sodalizio (e ciò a prescindere dalla condivisione,
avversione, disinteresse o indifferenza per i metodi o i fini dello stesso,
che lo muovono nel foro interno).
Inaccettabile per la Suprema Corte, contrariamente a quanto aveva
ritenuto la Corte di Appello di Palermo, la configurazione del dolo
eventuale del concorrente esterno117, giacché la consapevolezza e la
volizione del medesimo devono essere dirette, con riguardo al fatto
tipico e al contributo causale.
L’argomento è ritenuto talmente fondamentale e dirimente che, sebbene
formulato nell’ambito del reato omissivo improprio dalla già citata
sentenza Franzese, è ripreso dai giudici di legittimità ed adattato alla
punto del dolo. Inoltre, nel diritto sostanziale il dolo sarà pure volontà. Invece, nel processo il dolo
non è volontà, ma è - innanzitutto, se non tutto - consapevolezza. Provata la consapevolezza, la
volontà ne consegue. Nei processi per concorso esterno è sufficiente provare che l'imputato sapesse
che aveva a che fare con mafiosi: tanto basta perché il dolo - qualsiasi dolo - sia provato. Il dolo da
evento psicologico diventa nel processo un'astrazione logica: è la proiezione di una condotta che, di
norma, è intenzionale”.
117
Tale rigore veniva già sottolineato dalle Sezioni Unite il 10 luglio 2002 n. 30328,
Franzese, dove si affermava che le difficoltà di ricostruzione probatoria del fatto e degli elementi
oggettivi che lo compongono non possono mai legittimare un’attenuazione del rigore
nell’accertamento del nesso di causalità.
In dottrina analogo orientamento circa l’esclusione del dolo eventuale era già stato espresso
da SPAGNOLO G. , L'associazione di tipo mafioso, Padova, 1997; cfr. anche DE LIGUORI L. ,
Concorso eventuale e reati associativi, in Cass. Pen. , 1989, 36 ss.
65
fattispecie
associativa,
per
ribadire
che
l’insufficienza,
la
contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento,
e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale
efficacia condizionante della condotta dell’agente rispetto ad altri fattori
interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano l’esito
assolutorio del giudizio118.
La Corte ha poi evidenziato come non vi sia incompatibilità in via
di principio tra il voler perseguire parte degli obiettivi propri dell’ente
criminale ed essere il soggetto al contempo, eventualmente, anche
contrario al programma criminale, complessivamente considerato,
dell’ente medesimo, atteso che il vero discrimen è pur sempre costituito
dalla circostanza che il concorrente esterno, diversamente dal partecipe,
sa e non vuole far parte dell’associazione.
Ad avviso di qualcuno, questo modo di ricostruire il dolo si pone, invero,
in linea di sostanziale continuità con la precedente sentenza Carnevale
dell’ottobre 2002, in cui però si parlava espressamente di dolo diretto
(ancorché in un’accezione atecnica) e si anticipava il riferimento della
direzione della volontà alla realizzazione, anche parziale, del programma
criminoso.
118
In motivazione la Corte ha appunto precisato che “deve escludersi la sufficienza del dolo
eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione
dell’evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente
perseguiti”.
66
Questo riferimento al programma criminoso, si è obiettato, finisce con
l’inserire nell’area rappresentativo-volitiva riservata al concorrente
esterno, elementi che sono invece più propriamente tipici della sfera
psichica dell’“intraneo”
119
: secondo tale orientamento in realtà, la
ritenuta insufficienza del dolo eventuale costituisce l’effetto, piuttosto
che di una coerente applicazione al concorso esterno dei principî generali
in tema di concorso eventuale di persone, di una presa di posizione a
carattere valutativo sui limiti di opportuna dilatazione della punibilità
della contiguità compiacente alla mafia120.
Nella decisione in commento le Sezioni Unite hanno affrontato in
conclusione l’ulteriore questione dei limiti di efficacia dimostrativa e di
utilizzabilità delle sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e
non ancora divenute irrevocabili, in quanto anche su tale questione si
erano
delineati
due
contrastanti
indirizzi
interpretativi
nella
giurisprudenza della Corte di cassazione121.
119
Così VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
Una conferma giurisprudenziale della tendenza ad assimilare il dolo del concorrente a quello
del partecipe si rinviene in Cass. , 25 novembre 2003, Cito, in C. E. D. Cass. , RV n. 229992, ove si
afferma che per entrambe le condotte è richiesto il dolo specifico avente ad oggetto il programma
criminoso dell’associazione.
Ad essere più precisi si trova la stessa impostazione della tematica in FIANDACA G. , La
tormentosa vicenda giurisprudenziale del concorso esterno, in Leg. pen. , 2003, 696.
120
Si veda FIANDACA G. , Diritto penale giurisprudenziale e ruolo della Cassazione, in
Cass. pen. , 2005, 1722 ss. , secondo cui la scelta dei giudici di legittimità rivela “una valutazione di
opportunità a carattere sia extralegislativo sia meta-dogmatico, che conferma, ove ve ne fosse
bisogno, la «non neutralità» dei principî di diritto affermati dalla Cassazione”.
121
Un primo e più rigido orientamento era sostenuto da Cass. , II, 12 marzo 1996, Lento, in
Cass. pen. , 1997, 1762; Cass. , VI, 7 luglio 1999, Arcadi, in C.E.D. Cass. , RV n. 215266; Cass. , IV,
5 dicembre 2000, Reina, ivi, n. 218315; Cass. , IV, 11 maggio 2004, Tahir, ivi, n. 228936.
Una soluzione più lata si rinveniva in Cass. , II, 16 gennaio 1996, Romeo, ivi, n. 204767;
Cass. , I, 2 maggio 1997, Dragone, ivi, n. 208573; Cass. , II, 5 maggio 2003, Passalacqua, ivi, n.
225157; Cass. , V, 26 ottobre 2004, P.G. in c. T. , ivi, n. 230457.
67
Le Sezioni Unite hanno condiviso la più rigorosa soluzione
ermeneutica sul rilievo che le sentenze non irrevocabili delle quali è
certamente ammissibile la produzione e l’acquisizione al pari degli altri
documenti, sono idonee a documentare il mero fatto storico
dell’esistenza della decisione e le scansioni delle relative vicende
processuali, ma non la ricostruzione, né il ragionamento probatorio sui
fatti oggetto di accertamento: affermando conseguentemente che le
sentenze pronunciate in procedimenti penali diversi e non ancora
divenute irrevocabili, legittimamente acquisite al fascicolo per il
dibattimento nel contraddittorio fra le parti, possono essere utilizzate
come prova limitatamente all’esistenza della decisione e alle vicende
processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle
prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei
procedimenti.
Finanche l’acquisizione, prevista dall’art. 238 bis c.p.p. (norma
introdotta con il D. l. 306 del 1992 in tema di criminalità organizzata,
che mirava evidentemente ad assicurare la circolarità della prova, che nei
processi di mafia deve ritenersi correlato alla “multi-territorialità” dei
relativi delitti ed alla frequente pendenza di diversi processi, in un’ottica
di semplificazione probatoria) delle sentenze irrevocabili è, secondo le
Sezioni Unite, strumento derogatorio ed eccezionale, comunque non
vincolante per il giudice.
68
Nel concludere l’analisi giurisprudenziale sulla complessa
tematica del concorso esterno ed alla luce delle più recenti pronunce si
può quindi concludere (rebus sic stantibus) che assume la qualifica di
concorrente esterno colui che apporta un contributo che si atteggia a
conditio sine qua non rispetto alla conservazione o al rafforzamento
dell’associazione criminosa; un contributo senza il quale cioè
l’organizzazione non avrebbe mantenuto quei connotati che ne
caratterizzano la struttura interna, il modo di operare, il radicamento sul
territorio; o senza il quale l’organizzazione non avrebbe potuto compiere
un salto di qualità, che le ha consentito, ad esempio, di espandersi o di
accrescere la propria influenza o il proprio giro d’affari122.
Tale accertamento dovrà effettuarsi attraverso leggi scientifiche o,
più presumibilmente, massime di esperienza, che permettano di
concludere nel senso che nella generalità dei casi, una condotta dello
stesso tipo di quella posta in essere dal soggetto è suscettibile di creare
un
risultato
positivo
per un’organizzazione
criminosa con
le
caratteristiche di quella osservata.
In particolare, la massima d’esperienza dovrà permettere di
ricostruire in maniera unitaria e coerente il quadro probatorio a
disposizione, in modo tale da poter escludere spiegazioni causali
122
Si veda in tal senso di recente CORVI A. , Il concorso esterno del magistrato
nell’associazione di tipo mafioso, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 9, 1117 ss.
69
alternative, in grado di ricondurre la conservazione o il rafforzamento
dell’associazione ad altre cause, diverse dalla condotta dell’imputato.
70
4.1
Segue.
Sulla
conservazione
e
sul
rafforzamento
dell’organizzazione criminosa
Naturalmente, non è mancato chi ha rilevato ulteriori difficoltà:
questa volta però sotto una diversa prospettiva.
Ci si riferisce a quegli orientamenti che, con uno sguardo alle
tradizionali categorie della dogmatica penalistica, hanno evidenziato i
problemi connessi all’accertamento del nesso eziologico tra due entità
(condotta del singolo e organizzazione criminosa) “così diverse per
natura e grandezza”123.
In verità questa problematica emergeva già durante gli anni ’50.
Allora ci si interrogava sul come ricostruire questo mega-evento:
su quali fossero cioè le circostanze di fatto costitutive la realizzazione
concreta, anche se non l’unica possibile, della figura criminosa in
questione, o che a tale figure siano funzionalmente collegate, sulle quali
avrebbe potuto incidere la condotta dell’extraneus124; più di recente, poi,
ci si è interrogati sulla individuazione della grandezza da prendere in
considerazione: l’intero sodalizio o la singola famiglia125.
Parte della dottrina, quella più restia a riconoscere valore giuridico
all’istituto del concorso esterno, si è chiesta infine se conservazione e
123
Il rilievo è di DE VERO G. , I reati di associazione mafiosa: bilancio critico e prospettive
di evoluzione normativa, Torino, 2001, 42.
124
PEDRAZZI C. , Il concorso di persone nel reato, Palermo, 1952, 80.
125
VISCONTI C. , Il concorso esterno nell'associazione mafiosa: profili dogmatici ed
esigenze di politica criminale, in Riv. It. dir. proc. pen. , 1995, 1328.
71
rafforzamento dell’organizzazione mafiosa siano davvero definibili da
un punto di vista dogmatico come eventi126.
A tal proposito occorre precisare che due sono i concetti di evento
in senso penalmente rilevante.
La prima e più diffusa nozione si riferisce all’evento concepito in
senso naturalistico, inteso come modificazione del mondo esteriore
legata alla condotta da un nesso di causalità e preveduto dalla legge
penale come elemento costitutivo o aggravatore.
In prevalenza si esclude tale tesi perché nessuna legge penale
prevede la conservazione o il rafforzamento di un’associazione quale
elemento costitutivo o aggravatore di una fattispecie tipica127.
Occorre comunque citare che un recente indirizzo ermeneutico
identifica l’evento, in senso naturalistico, nell’associazione hic et nunc,
considerata nelle sue caratteristiche concrete128: organigramma interno,
meccanismi decisionali, consistenza numerica, radicamento sul territorio,
traffici illeciti perseguiti.
126
Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
127
Secondo gli Autori citati nella nota precedente, conservazione e rafforzamento, sarebbero
nozioni che in nessun modo risultano riconducibili all’evento inteso in senso “naturalistico” - che è
quella modificazione del mondo esterno legata alla condotta da un nesso di causalità, e prevista dalla
legge penale come elemento costitutivo o aggravatore del reato (si veda MANTOVANI F. , Diritto
penale, Parte generale, Milano, 2001, 142) – posto che, nel testo dell’art. 416-bis, non è dato rinvenire
traccia di tali espressioni. Non resterebbe quindi che considerare queste “entità” come rientranti nel
concetto di evento in senso “giuridico”, ossia come lesione o messa in pericolo del bene tutelato dalla
norma incriminatrice che di volta in volta viene in considerazione
128
Il riferimento è a CORVI A. , Il concorso esterno del magistrato nell’associazione di tipo
mafioso, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 9, 1117 ss.
72
Riconducendo quindi il contributo causale dell’extraneus alla
teoria generale della causalità e del concorso di persone nel reato, si
identifica il contributo esterno in primo luogo in quello che consente
all’associazione di continuare a rimanere così come è, mantenendo
invariate le caratteristiche, e consentendo dunque al sodalizio di evitare
un mutamento in senso peggiorativo129; in secondo luogo quello che può
aiutare l’associazione consentendole di migliorare le proprie prestazioni:
magari permettendole di ampliare qualitativamente e quantitativamente
la propria attività criminosa, o di operare in nuove zone.
Tratto comune di tali due modalità di apporto esterno è, si
aggiunge, il suo immediato estrinsecarsi in un risultato esterno,
materialmente percepibile ed empiricamente verificabile, dotato di un
significato positivo per il sodalizio criminoso: si portano gli esempi
dell’aggiustamento
del
processo,
che
consente
ai
vertici
dell’associazione di evitare il carcere; dell’assicurazione di un appalto,
che permette al sodalizio di stringere illeciti contratti degli imprenditori
del luogo, assicurandosi vantaggi nell’immediato; della rivelazione di un
imminente mandato di cattura, che fa sì che i sodali si possano dare alla
fuga.
Questo risultato positivo intermedio però, si aggiunge, non deve
confondersi con il vero e proprio evento che rimane l’associazione
129
Diversa era invece la situazione richiesta nella sentenza Demitry, la quale richiedeva che
l’associazione versasse in pericolo di vita, scongiurato solo attraverso l’intervento salvifico del
concorrente.
73
criminosa; ma in qualche modo, è l’elemento nel quale il nesso tra la
condotta dell’extraneus e associazione si trasfigura: nel senso che la
conservazione e il rafforzamento sono causalmente riconducibili alla
condotta dell’imputato proprio perché sono il fatto di questo risultatati
positivo intermedio, a sua volta cagionato dal concorrente. Risultato
positivo intermedio necessario per misurare il significato eziologico
della condotta dell’imputato: solo facendo riferimento a tale accadimento
materiale, sarà possibile affermare che, senza il contributo esterno, non si
sarebbe prodotta alcuna utilità per l’associazione; e questo appunto
perché sarebbe venuto meno quel risultato che ha determinato quel
vantaggio.
Altra è la concezione di chi concependo l’evento in senso
giuridico, lo identifica con la lesione o messa in pericolo del bene
giuridico tutelato dalla norma: è questa la concezione accolta dalle
sentenze più recenti delle Sezioni Unite in tema di concorso esterno130.
Il contributo dell’extraneus dovrebbe quindi, secondo il pensiero
della Corte di Cassazione enucleato nella sentenza Mannino, assurgere a
condizione necessaria per la realizzazione del fatto criminoso collettivo e
per la produzione della lesione dell’ordine pubblico: e ciò, si afferma, in
130
Cfr. FIANDACA G. – MUSCO E. , Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2001, 198.
Tuttavia la stessa dottrina avverte come non sia questa la corretta nozione di evento (in senso
giuridico) da prendere in considerazione quando si parla di causalità nel senso di cui all’art. 40 c.p. e,
conseguentemente, di cui all’art. 110 c.p.
74
applicazione dei principî generali in tema di concorso criminoso al
concorso eventuale nel reato associativo.
Sennonché si è rilevato da un lato, che la realizzazione del fatto
criminoso collettivo si riferisce ad un reato associativo come
l’associazione mafiosa, la quale temporalmente preesiste rispetto al
sostegno prestato dal concorrente esterno: appare quindi arduo ritenere
che detto sostegno possa fungere da condizione necessaria di un reato già
venuto ad esistenza. Dall’altro, il rilievo che precede induce in realtà a
contestare la fondatezza dell’ulteriore assunto, secondo cui la condotta
dell’extraneus dovrebbe porsi come condizione necessaria per la
produzione della lesione dell’ordine pubblico, posto che detta lesione
può piuttosto derivare dall’esistenza dell’intero sodalizio131.
Se così è, la condotta dell’estraneo, vantaggiosa in termini di c.d.
conservazione o di c.d. rafforzamento dell’ente associativo, potrebbe
semmai farsi apprezzare, sotto il profilo dell’efficacia offensiva, in forma
di eventuale incremento «percentuale» di una lesione (o messa in
pericolo) che si è verificata e continua a verificarsi anche a prescindere.
Si è detto, dunque, che se può apparire concettualmente ancora
plausibile, sia pure tendendo al massimo il limite linguistico, individuare
una “modificazione del mondo esteriore” nel “rafforzamento”, assai più
problematica la cosa risulta rispetto al concetto di “conservazione”, il
131
Sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
75
quale
ultimo
implica,
logicamente,
l’esatto
contrario
di
una
“modificazione”132.
Vi è stato anche chi ha evidenziato come l’evento descritto dai
giudici di legittimità abbia carattere alquanto sfuggente: l’apporto del
concorrente esterno infatti, si è detto, non accede, come nella maggior
parte dei casi di compartecipazione criminosa, all’azione di altri soggetti,
diventando condizione necessaria alla realizzazione di un reato; si
innesta, invece, su un reato già esistente, ossia la fattispecie associativa.
Verranno, allora, in rilievo i risultati di mantenimento in vita
dell’associazione o di incremento della sua funzionalità, ossia
circostanze la cui sussistenza trascende il piano della semplice
materialità133.
Sotto altra angolazione invece si è affermato che lungi dal trattarsi
di eventi normativamente tipici, entrambi i concetti costituiscono, in
realtà, il risultato di un’attività ermeneutica a carattere creativo:
l’accertamento di essi si è aggiunto, rischierebbe, di essere affidato ad
apprezzamenti in termini organizzativi funzionali, economici, socio-
132
Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. , i quali approdano al seguente risultato:
“…«conservazione» e «rafforzamento» del sodalizio sarebbero entità prive di piena legittimazione
tecnica se fossero da intendere quali «eventi» (naturalistici o giuridici) secondo le accezioni
dogmaticamente consolidate. Ciò non impedisce, ovviamente, di continuare nondimeno a definirli
«eventi»: purché si abbia chiaro però che si tratta di eventi sui generis coniati ad hoc ad opera degli
interpreti in sede di riempimento ermeneutico di una fattispecie (quale appunto il concorso esterno)
che è in non piccola misura carente di conformazione legale espressa”.
133
BORRELLI G. , Tipizzazione della condotta e nesso di causalità nel delitto di concorso
esterno in associazione mafiosa, in Cass. pen. , 2005, fasc. 12, 3759 ss.
76
criminologici, sganciati da verifiche empiriche, se non a giudizi di valore
o intuizioni dell’interprete134.
Autorevole dottrina conclude quindi affermando che parlare di
conservazione come di vero e proprio salvataggio potrebbe risultare
improprio o forzato135.
134
Si vedano a tal proposito le considerazioni di MOROSINI P. , La difficile tipizzazione
giurisprudenziale del concorso esterno in associazione, in Dir. pen. proc. , 2006, fasc. 5, 585 ss.
135
Cfr. VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. Mi si conceda di riportare di seguito parte del
ragionamento (definito dagli stessi garantistico) che gli Autori sviluppano commentando la sentenza
Mannino con riferimento all’evento-conservazione: “Adattando queste categorizzazioni concettuali
alla questione in esame, l’alternativa prospettabile sarebbe la seguente: riferire l’effettoconservazione o alla sopravvivenza di un’associazione mafiosa tipologicamente definita, ad esempio
Cosa nostra siciliana, che come tipologia associativa opera e continua a operare nel tempo pur nel
variare contingente delle sue risorse umane e operative; oppure, verificare l’effetto-conservazione
rispetto a una concreta composizione strutturale della stessa associazione criminosa, considerata
nella sua specifica conformazione contingente hic et nunc, ovvero— ancor più in particolare—in
qualcuno dei suoi concreti e contingenti comparti organizzativi (conservazione di un’associazione
concreta o di suoi concreti settori). Ma, pur accedendo a un concetto di conservazione in concreto,
non per questo il problema della verifica causale sarebbe automaticamente risolvibile. Anche
preoccupandocisi di specificare in maniera concretamente più circostanziata i settori o i tipi di
attività rispetto ai quali la funzionalità associativa risulti eventualmente in crisi, e perciò bisognosa di
un intervento soccorritore esterno, parlare di conservazione come vero e proprio salvataggio
potrebbe risultare improprio o forzato. È ad esempio davvero sostenibile che un uomo politico,
favorendo la concessione di appalti ai membri di un dato sodalizio che versa in crisi di commesse in
questo settore, funga così da condizione necessaria perché il sodalizio stesso «conservi» o mantenga
una presenza attiva nel mondo degli appalti? Se ciò è forse sostenibile nel caso di effettiva
concessione di appalti, non lo sarebbe invece— diversamente da quanto sostengono le sezioni unite—
nel caso in cui l’uomo politico si limiti a promettere di attivarsi per la concessione futura di appalti.”
Queste invece le conclusioni circa l’evento-rafforzamento: “Comparativamente meno problematico
appare, almeno in teoria, riferire il nesso causale all’evento-rafforzamento dell’associazione (o di
alcune sue articolazioni settoriali). Verificare l’incidenza della prestazione dell’estraneo in forma di
«rafforzamento» o «potenziamento» delle capacità operative di un sodalizio o di una sua
articolazione organizzativo-funzionale si prospetta, infatti, come un accertamento circoscrivibile
entro rapporti più proporzionati di scala. Peraltro pare più plausibile anche sotto il profilo empiricocriminologico che la valenza tipica del sostegno fornito da un «colletto bianco», estraneo alla
struttura organizzativa come tale, si lasci apprezzare in chiave (piuttosto che di mantenimento in vita)
di efficacia rafforzativa o potenziatrice del livello di funzionalità della struttura stessa, o meglio
ancora di suoi settori operativi. Così, per tornare all’esempio di prima del politico che dispone la
concessione di appalti, appare non irrealistico asserire che in questo modo egli è in grado di
contribuire al potenziamento dell’organizzazione criminosa beneficiaria. Ma che lo stesso risultato
sarebbe conseguibile anche grazie alla semplice promessa, al mero «impegno» a concederli, ci
sembra tuttavia anche questa volta—diversamente da quanto inclinano a ritenere le sezioni unite—
assunto abbastanza discutibile. Si tratta infatti di intendersi bene sul significato di «rafforzamento»
dell’organizzazione, potendo tale concetto alludere a cose diverse. In un’accezione materiale,
suscettibile di reale verifica empirica, rafforzamento equivarrà ad effettivo potenziamento delle
risorse operative dell’organizzazione o di suoi settori (in termini anche di maggiori disponibilità
finanziarie, ecc.): una simile nozione di rafforzamento, a nostro avviso, si prospetta come l’effetto
tipico di un intervento di sostegno esterno che non si limiti al livello potenziale della promessa, ma
sfoci nella concreta esecuzione della prestazione pattuita (ad esempio—appunto —la effettiva
concessione dell’appalto, e non la semplice promessa di concessione).
77
Sulla base della considerazione che il termine “conservazione”
implica una condizione di difficoltà, quasi una crisi di sopravvivenza del
sodalizio e che, l’intervento di sostegno richiesto al soggetto esterno è di
salvataggio, sono state mosse le seguenti obiezioni: da un lato, ci si
chiede se sia plausibile che l’intervento di un singolo soggetto esterno,
anche se dotato di potere e affidabilità, sia di per sé in grado di assurgere
a conditio sine qua non della messa in salvo di un corpo associativo in
pericolo di dissolvimento.
Dall’altro, si dubita del fatto che la magistratura possa, sulla base
di dati criminologici dotati di fondamento empirico e di riscontri
probatori rigorosi, stabilire che l’ente associativo soccorso fosse
suscettibile di essere, in reale pericolo di sopravvivenza136.
Si è dunque evidenziato il rischio che il persistente uso del paradigma
causale, in chiave di conservazione o rafforzamento del sodalizio
criminoso, si riduca a comoda metafora concettuale e linguistica, a façon
de
parler
psicologicamente
rassicurante in
termini
individual-
garantistici, che nasconde tuttavia, più di quanto non spieghi, la reale
136
Sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al vaglio
delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss. : “A ritenere diversamente, cioè che possa bastare
un impegno seriamente assunto dal politico, si finisce inevitabilmente col privilegiare proprio quella
versione a sfondo socio-psicologico di rafforzamento (nel senso che l’impegno del politico a
concedere benefici all’organizzazione determinerebbe comunque un aumento del credito del sodalizio
nel contesto ambientale di riferimento e, nello stesso tempo, un accrescimento del senso di superiorità
e del prestigio dei capi e del sentimento di fiducia dei partecipi) che le stesse sezioni unite in
motivazione dichiarano a parole di voler respingere”.
78
ratio decisoria che guida il giudice nel saggiare il rilievo penale del
concorso esterno137.
Occorre precisare però che l’orientamento di cui si tratta “non vuole
disconoscere il dato della realtà che l’insistenza della Corte di
Cassazione nel valorizzare il paradigma eziologico costituisce un
riflesso, pressoché necessitato, dell’attuale situazione ordinamentale
(nella quale appunto, stante la persistente mancanza di una disciplina
normativa espressa delle forme di contiguità punibili, è giuocoforza
continuare a utilizzare a fini repressivi le norme sul concorso nel
medesimo reato).
Piuttosto, muovendo dalla prospettiva di un auspicabile intervento
legislativo, finalizzato a risolvere a livello di fattispecie di parte speciale
il problema della rilevanza penale della contiguità compiacente, afferma
l’intenzione affrancarsi dal vincolo del dogma causale e prescegliere, in
sua vece, tecniche di incriminazione che facciano a meno di richiedere la
difficile prova dell’idoneità rafforzatrice del singolo contributo esterno
rispetto all’intera organizzazione criminale, o a sue articolazioni
funzionali138.
Sull’argomento merita da ultimo (non per importanza) attenzione
il ragionamento sviluppato dal giudice Piergiorgio Morosini che, nel
137
Così sempre VISCONTI C. – FIANDACA G. , Il patto di scambio politico-mafioso al
vaglio delle sezioni unite, in Foro it. , 2006, fasc. 2, 86 ss.
138
Si vedano a tal proposito anche le osservazioni di PATALANO V. , Riflessione e spunti
sulla contiguità alla mafia, in Riv. Pen. , 2004, fasc. 10, 927 ss. ; ed alle proposte di VISCONTI C. ,
Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Torino, 2003, 540 ss.
79
verificare se la prestazione dell’extraneus abbia prodotto un risultato di
conservazione o di rafforzamento, ritiene che occorra: da una parte, tener
conto delle condizioni generali sulla specifico fenomeno criminale, che
si suppone duraturo nel tempo e per certi versi radicato sul territorio;
dall’altra esaminare il contesto associativo in un determinato frangente
storico-temporale e il suo contingente patrimonio di risorse umane,
economiche e relazionali139.
Ragionando in tal senso, lungi dall’ammettere l’impossibilità
distintiva tra partecipe e concorrente (ma non senza rilevarne la
difficoltà), l’Autore arriva ad affermare che l’evento (conservazione o
rafforzamento dell’organizzazione criminale) può sussistere in diverse
circostanze: in particolare quando l’iniziativa per l’aggiustamento del
processo ha consentito a tutti i capi del sodalizio di conseguire
l’impunità; la messa a disposizione dell’immobile ha reso possibile
l’organizzazione di una riunione strategica tra boss latitanti da decenni; è
divenuta più incisiva la capacità di infiltrarsi nelle attività economiche
della zona in virtù dell’emissione di decreti di finanziamento promessi
dal politico all’organizzazione per consentirle la spartizione degli
appalti.
139
Cfr. MOROSINI P. , Le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici: associazione per
delinquere e concorso esterno di politici ed imprenditori, in Il crimine organizzato come fenomeno
trasnazionale, cit. , 279 ss.
Si segnala che l’Autore già GUP a Palermo, dal 2008 presta servizio presso il Massimario
della Corte di Cassazione: Piergiorgio Morosini è stato talaltro estensore di alcune tra le decisioni più
significative dell’indirizzo garantista, che hanno sviluppato e fatto applicazione del modello causale di
tipizzazione della condotta concorsuale.
80
Tale modus procedendi trovava in verità più di un’esplicita
conferma in una pronuncia di merito, nella quale (correttamente) si
rilevava che con riferimento al sodalizio criminoso devono essere
considerate “le concrete condizioni in cui l’apparato criminale versa, le
esigenze che con priorità intende soddisfare, le difficoltà da superare, le
eventuali lacerazioni che sia pure in potenza lo attraversano”140.
Naturalmente, con riferimento alle macro-organizzazioni, la verifica di
tali circostanze potrà effettuarsi anche in base ad una riduzione di scala
del
secondo
termine
della
relazione
eziologica,
attraverso
la
scomposizione della struttura organizzativa per settori di influenza o per
cosche.
Ragionando diversamente si rischia di adottare schemi prognostici
che scambiano la causalità con l’idoneità, o che fanno leva sul (più volte
criticato) concetto di rafforzamento in senso psicologico: occorre quindi,
de iure condito e come confermano inoltre gli ultimi orientamenti
giurisprudenziali, individuare l’utilità concreta che l’extraneus ha
apportato all’associazione, ponendo l’attenzione su quanto è avvenuto
successivamente alla condotta, e non anteriormente alla stessa con
riferimento al solo prestigio o alla caratura del colletto bianco.
140
Cfr. Trib. Taranto, 29 giugno 1999, Cito, in Foro it. , II, 2000, 176.
Concordava su tale impostazione già VISCONTI C. , Contiguità alla mafia e responsabilità
penale, Torino, 2003, 323, il quale affermava che “non può trascurarsi che l’associazione mafiosa è
una realtà non certo statica ed immobile, ma, viceversa, caratterizzata da un incessante dinamismo…
solo la considerazione della struttura associativa nella sua oggettività storica consente, infatti, di
vagliare adeguatamente la valenza causale dell’apporto fornito dall’extraneus… e lo scrutinio
relativo all’efficienza causale della condotta collaborativi va rapportato non già al sodalizio in sé
quanto, piuttosto, a quel particolare frammento temporale della vita associativa cui la stessa viene
prestata” .
81
Con una precisazione: nell’attuale situazione ordinamentale,
l’attività concretizzatrice del giudice non può che prendere le mosse dai
principî contenuti negli art. 110 ss. dell’ancora vigente codice penale
Rocco.
È questa del resto la strada percorsa anche dagli estensori della
sentenza Mannino, nella cui motivazione espressamente si afferma:
“L’opzione ermeneutica favorevole in linea di principio alla
configurabilità dell’autonoma fattispecie di concorso ‘eventuale’ o
‘esterno’ nei reati associativi, postula ovviamente che sussistano tutti i
requisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale significativo del
concorso di persone nel reato”.
È facile comprendere, attraverso l’esame delle pronunce a noi più
recenti, quale sia stato il peso alla sentenza Mannino del 2005 in materia
di concorso esterno nei reati associativi.
La Suprema Corte, ad esempio, ha ritenuto configurabile il
concorso esterno nel reato di cui all’art. 416 bis c.p. 141 a carico di alcuni
soggetti che avevano curato la trasmissione di messaggi (i c.d. “pizzini”),
141
Il riferimento è a Cass. , I, sent. n. 1073, 22 novembre 2006, Ud. (dep. 17 gennaio 2007),
CED Cass. , RV n. 235855.
La Suprema Corte ha ritenuto che le condotte sottoposte al suo giudizio “avevano fornito un
contributo consistente alla associazione, – garantendo agli esponenti di vertice di “Cosa Nostra” di
mantenerne la gestione anche in situazioni di difficoltà quali la latitanza e la detenzione – e sussisteva
la piena consapevolezza di arrecare aiuto all’intera organizzazione in capo agli autori delle condotte,
a conoscenza del ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione dal soggetto ristretto in carcere, per
effetto del vincolo di parentela e di affinità con quest’ultimo, vincolo che aveva legittimato la
continua ammissione ai colloqui nella casa circondariale”. A ciò si arriva dopo aver ribadito che in
tema di associazione di stampo mafioso, affinché risulti integrato il concorso esterno, gli effetti delle
condotte dei soggetti agenti devono risultare utili per l’intera associazione, e non solo per qualche suo
componente, come nell’ipotesi di mero favoreggiamento professionale.
82
tra uno dei capi dell’associazione mafiosa, latitante da lungo tempo, ed
un rappresentante di spicco della stessa, detenuto.
Sempre in tema di associazione di tipo mafioso, è stata ritenuta
integrata la materialità del “concorso esterno” nell’attività del magistrato
che,
“non
inserito
stabilmente
nella
struttura
organizzativa
dell’associazione e privo dell’ “affectio societatis”, assicuri, in
esecuzione di una promessa fatta ai vertici dell’associazione mafiosa, il
proprio voto favorevole alla assoluzione di imputati appartenenti al
sodalizio stesso e una gestione compiacente del dibattimento, così
precostituendosi un giudice non imparziale ma prevenuto in favore degli
imputati, il cui sodalizio si rafforza per effetto del contributo del membro
dell’istituzione giudiziaria, e non essendo viceversa necessaria la prova
che egli abbia anche persuaso ed orientato le scelte degli altri membri
del collegio”142.
142
Si veda Cass. , V, sent. n. 16493, 20 aprile 2006, Ud. (dep. 15 maggio2006), CED Cass. ,
RV n. 234457. In motivazione la Suprema Corte ha censurato la decisione dei giudici di merito i quali
avevano assolto il magistrato sulla base della asserita mancata prova del condizionamento operato
dall’imputato sugli altri giudici, pur in presenza di indizi – quali dichiarazione di collaboranti – non
valutati nella loro globalità.
Cfr. anche Cass. , VI, sent. n. 542, 10 maggio 2007, Ud. (dep. 8 gennaio 2008) CED Cass. ,
RV n. 238242, secondo cui “Nella fattispecie di concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso
l’evento del reato è integrato dalla conservazione, agevolazione o rafforzamento di un organismo
criminoso già operante e lo stesso deve essere posto in diretta relazione eziologia con la condotta
attuata dal concorrente, la cui verifica è praticabile soltanto in virtù di un accertamento postumo di
ogni inferenza o incidenza di tale condotta nella vita e nella operatività del sodalizio criminoso.
La fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso ha natura di reato
permanente al pari di quella di partecipazione alla medesima associazione da parte del soggetto
organicamente inserito nel sodalizio.
La prova del concorso esterno in associazione di tipo mafioso, qualora sia fondata sulla
convergenza di una pluralità di contributi dichiarativi, non può essere esclusa attraverso una
selezione dei singoli compendi al fine di censurarne la loro autonoma valenza accusatoria.”
83
Con riferimento all’art. 270 bis c. p. poi, è stato ritenuto
configurabile il concorso esterno, con riferimento a quelle condotte
realizzate da “soggetti che pur restando estranei alla struttura
organizzativa, apportino un concreto apporto eziologicamente rilevante
alla conservazione, a rafforzamento e sul conseguimento degli scopi
dell’organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali, nella
consapevolezza delle finalità perseguite dalla associazione a vantaggio
della quale è prestato il contributo”143.
Il sentiero tracciato dalla sentenza Mannino sembra infine aver
sollecitato proposte che potrebbero avere rilievo ordinamentale.
Con riferimento all’attuale Legislatura, tra le novità previste dal
progetto di riforma del Codice penale elaborato dalla Commissione
presieduta da Giuliano Pisapia, si rinviene infatti un interesse nel
determinare con precisione natura e limiti del concorso esterno in
associazione mafiosa.
Così si è espresso il giudice Piergiorgio Morosini, componente del
comitato scientifico della Commissione Pisapia: "Faremo proprie le
prescrizioni della Corte di Cassazione a Sezioni Unite per il processo
Mannino. Occorrerà cioè non una generica disponibilità del concorrente
esterno,
ma
precise
condotte
specifiche
dirette
a
rafforzare
l’associazione. Nel caso del concorso esterno in associazione mafiosa si
143
Cfr. Cass. , I, sent. n. 1072, 11 ottobre 2006, Ud. (dep. 17gennaio 2007) CED Cass. , RV
n. 235290.
84
richiede che venga apportato un contributo specifico all’associazione
criminale. I giudici indicarono proprio la concretezza del contributo
arrecato alla mafia come discrimine per la prospettazione del
concorso…".
85
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