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L`ARRAMPICATA TIRATA
Roberto Abiuso Doc, agosto 2015 L’ARRAMPICATA TIRATA (senza fare brutta figura) Manuale NON SERIO di filosofia e pratica della “arrampicata tirata” Mi è stato chiesto di corredare il libro di poesie “Arrampicare da secondi” con un testo tecnico che spieghi meglio l’uso delle attrezzature riguardo alle due fondamentali varianti dell’arrampicata: l’arrampicata da primo e l’arrampicata da secondo. Volentieri ho scritto queste poche note perché credo che sia giunta l’ora di dire con chiarezza ciò che molti percepiscono solo confusamente. Arrampicare vuol dire portare il proprio imbraco il più vicino possibile alla catena, utilizzando l’apposita corda. Mi permetto di fare questa affermazione dopo 15 anni di esperienza in proposito. Per chi arrampica da primo, la questione è semplice: utilizzando la forza e l’equilibrio in modo istintivo, insieme ad una certa dose di coraggio, o ce la fa, o non ce la fa. Chi arrampica abitualmente da primo, viene ritenuto generalmente più bravo di chi arrampica da secondo ma quando si trova occasionalmente ad arrampicare da secondo, può trovarsi in difficoltà, non conoscendo i principi di chi arrampica di solito da secondo. Infatti, per chi arrampica da secondo, la faccenda è più complessa. Deve usare l’intelligenza, deve ingegnarsi e imparare con la pratica ad usare tutte le possibilità che gli offre l’attrezzatura. In questo caso il coraggio non c’entra. Chi arrampica da primo, può decidere liberamente di rinunciare nel caso trovi un passaggio troppo difficile per lui. Nessuno può criticarlo perché è lui che rischia ed è lui che decide. Invece chi arrampica da secondo deve trovare a tutti i costi una soluzione, non ha scuse. Se non riesce a salire, deve cercare un altro modo, inventarsi qualcos’altro ma non arrendersi. Chi comincia da principiante ad arrampicare da secondo, prova istintivamente dei sistemi per facilitare l’ascesa ma ci vuole tempo e pratica per acquisire le tecniche adeguate. Per esempio, l’errore più frequente e banale consiste nell’infilare un dito in uno spit: se improvvisamente si perde l’appoggio si perde anche il dito e non si fa che aggravare il problema. Con un dito in meno, l’arrampicata diventa molto più difficile. Lo spit invece deve essere tenuto pinzandolo tra pollice e indice, spostando magari il peso del corpo lateralmente. Ma il sistema corretto è agganciare allo spit un rinvio e attaccarsi comodamente a quello. Questo è il motivo per cui conviene portarsi sempre un rinvio agganciato all’imbraco, a portata di mano. Questa manovra, come altre simili, deve essere fatta con destrezza, cercando di coprire il rinvio con il proprio corpo e approfittando di un momento di distrazione generale. Sembra infatti che questo tipo di azioni non vengano considerate opportune nell’ambiente della cosiddetta “arrampicata sportiva”, probabilmente per motivi di invidia. Pertanto conviene agire velocemente, come quando ci si appoggia con il piede su uno spit, giusto un attimo di passaggio per afferrare una presa altrimenti irraggiungibile e passare oltre. Alcuni istruttori insegnano ad arrampicare con la tecnica di due punti di appoggio oppure di tre punti di appoggio. Chi arrampica da secondo usa servirsi di cinque punti, a volte sei, dei quali il principale è la corda. Affrontiamo ora il rapporto tra l’arrampicatore e chi lo assicura. È bene scegliersi un compagno robusto ed esperto, con il quale non ci siano incomprensioni o rancori. Il patto, non detto, è che tanto mi tiri tu, tanto ti tirerò poi io. Le azioni devono essere all’unisono e chi arrampica deve agevolare il compagno, nel momento del recupero, alzandosi sulle punte dei piedi e ruotando il bacino in avanti. E deve restare in questa posizione per qualche istante, per lasciare il tempo sufficiente ad un recupero completo. In questo modo la corda sarà tesa al massimo e ciò faciliterà di molto la salita. Un altro modo di aiutarsi, quando si è abbastanza vicini alla catena e la corda di recupero è a portata di mano, consiste nel tirare la corda di recupero verso il basso, cercando nel contempo di tendere il corpo il più possibile verso l’alto. Attaccarsi invece alla corda di un altro che arrampica sulla via a fianco è da evitare, pena vendette imprevedibili. Da parte sua, chi assicura deve conoscere perfettamente le tecniche di recupero a morte, cioè piegare le gambe scaricando il peso sull’imbraco e rialzandosi nel momento del recupero, oppure salire su di un rialzo del terreno, recuperare e poi scendere, o ancora, lasciarsi scendere per la scarpata con tutto il peso sull’imbraco. Qualunque cosa si inventi l’assicuratore per tirare la corda è consentita e chi è più abile è più ricercato. Ci sono senz’altro altri modi che ognuno improvvisa e utilizza secondo la necessità ma ognuno ha i suoi e li tiene per sé. Queste azioni, se fatte correttamente, possono farci guadagnare anche un grado e possono permetterci di accompagnarci alla media degli altri sullo stesso piano. Fate attenzione: mai farsi assicurare da chi arrampica solo da primo, non capisce le difficoltà e i meriti di chi arrampica da secondo e si ostina di solito a non favorirlo in nessun modo, per farlo arrampicare secondo i suoi benedetti principi di “arrampicata sportiva”. Se pensate che loro indossano le scarpette più strette possibile, mentre noi portiamo solo scarpette comode, è chiaro che siamo su piani diversi. Noi non abbiamo bisogno che le scarpette tengano, ci basta che ci tenga la corda. Declinare quindi gentilmente l’eventuale invito con qualche scusa e adocchiare rapidamente uno “giusto”. Noi naturalmente ci comportiamo con un’altra ottica e nulla può farci rinunciare ad applicare tutta la nostra abilità e furbizia alla ”arrampicata tirata”. I seguaci di questa disciplina, prima o poi, avranno il giusto riconoscimento. Per cui, come dicevano l’antichi, SURSUM CORDA !