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LO SCHELETRO MEDIEVALE DI BIUMO INFERIORE (VARESE

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LO SCHELETRO MEDIEVALE DI BIUMO INFERIORE (VARESE
«Rivista di Storia della Medicina», Anno XXII NS (XLIII) fasc. 1-2 gennaio-dicembre 2012
MARTA LICATA
LO SCHELETRO MEDIEVALE
DI BIUMO INFERIORE (VARESE):
ANALISI ANTROPOLOGICA
E PALEOPATOLOGICA
Nel corso della campagna di scavo 2001, all'interno della chiesa dei
Santi Pietro e Paolo di Biumo Inferiore (una castellanza di Varese), sono
stati messi in luce i resti di una struttura sepolcrale a loculo murario
contenente lo scheletro di una persona adulta. Situata al di sotto della
pavimentazione dell'aula della chiesa (angolo NW), la tomba era limitata
da grossi ciottoli immaltati e riprendeva, nella sua architettura, la tipologia
dei sarcofagi lapidei a vasca. Il fondo del loculo non era strutturato, mentre
le testate interne erano centinate, specialmente quella ovest relativa al capo
dell'inumato, e la copertura originaria era completata da due grandi lastre
in serizzo. La sepoltura eÁ stata datata, in mancanza di corredo, ma in base
al manufatto sepolcrale e alla stratigrafia architettonica, tra l' XI e il XIII
secolo 1.
Lo scheletro eÁ stato sottoposto alle indagini identificative e paleopatologiche all'interno del Laboratorio di Antropologia Fisica e Molecolare,
presso il Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell'UniversitaÁ
degli Studi dell'Insubria (Varese). Le ossa si presentano di colore brunogiallo e si caratterizzano anche per una certa fragilitaÁ e leggerezza. Dall'esame macroscopico eÁ apparso che l'incompletezza dei resti interessa soprattutto la gabbia toracica, il cingolo pelvico, le ossa delle mani e dei piedi,
mentre il cranio eÁ integro e ben conservato. Dello scheletro appendicolare si
trovano tutti i distretti scheletrici degli arti superiori e di quelli inferiori
1 M.A. BINAGHI, R. MELLA, Antica chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo. Individuazione della chiesa biabsidata protoromanica, ``Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Lombardia, Notiziario 2001-2002'', pp. 199-201.
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(solamente le fibule sono incomplete), malgrado le epifisi siano assai deteriorate a causa di un'artrosi diffusa su quasi tutte le articolazioni.
Analisi antropologica-identificativa
L'identificazione generica sui reperti ossei antichi ha come obiettivo
principale la determinazione della diagnosi di razza, sesso, statura, etaÁ alla
morte, ed eventualmente elementi caratteristici di attivitaÁ lavorative che
lasciano stimmate sulle ossa. Un primo esame eseguito sulla forma delle
orbite, del palato e dell'apertura piriforme ha indirizzato verso una diagnosi
di razza caucasica del soggetto in studio. La determinazione del sesso puoÁ
basarsi esclusivamente sull'osservazione del dimorfismo sessuale che, nel
nostro caso, eÁ stato indagato esaminando la morfologia delle ossa craniche,
prendendo in considerazione i parametri riportati da AcsaÁdy e NemeskeÂri, i
quali hanno creato dei riferimenti tabellari in cui sono inserite valutazioni su
quattordici caratteri cranici e otto pelvici 2. Il cranio presenta importanti
indizi di mascolinitaÁ come ad esempio la sporgenza della glabella, il piano
nucale sviluppato, la mandibola robusta, la forma delle orbite squadrata, la
morfologia generale e gli indici della faccia 3. La diagnosi maschile del soggetto viene sostenuta anche e soprattutto dalle grandi dimensioni delle ossa
degli arti. Per quanto riguarda la definizione dell'etaÁ, non vi eÁ dubbio che
l'individuo fosse deceduto in etaÁ adulta, come dimostra il grado avanzato di
obliterazione delle suture craniche che spinge l'etaÁ del soggetto al periodo
che segue il 50ë anno. Il metodo Meindle e di Lovejoy 4, secondo il quale per
ogni grado di sinostosi corrisponde una fascia d'etaÁ, si eÁ dimostrato necessario per questo tipo di indagine. In secondo luogo, l'osservazione della
faccetta sinfisiaria, confrontata con le tavole di Todd, conferma l'etaÁ inizial2 G. ACSAÁDI, J. NEMESKEÂRI, History of human life span and mortality, Budapest, 1970.
Ad ogni elemento scheletrico corrisponde una descrizione apparentemente femminile o maschile: eÁ stato di conseguenza assegnato un grado -2,-1 femminili (dove -2 eÁ maggiormente
femminile di -1) 0 neutro, +1,+2 maschili (dove +2 eÁ maggiormente maschile di +1); M.
LICATA, Un modello di ricerca antro-paleopatologica della FacoltaÁ di Medicina dell'UniversitaÁ
degli Studi dell'Insubria per gli studi archeologici sul territorio varesino, ``Rivista della SocietaÁ
Storica Varesina'', 2012, XXIX, pp. 235-246.
3 Sull'argomento si veda anche D. FEREMBACH, I. SCHWIDETZKY, M. STOUKAL, Raccomandazioni per la determinazione dell'etaÁ e del sesso sullo scheletro,``Rivista di Antropologia'',
1979, pp. 5-51; G. OLIVER, Pratique anthropologique, Vigot ed., Parigi, 1960; E. GILES, Discriminant function sexing of the human skeleton, in T.D. STEWART (ed), ``Personal identification in mass disasters'', Washington 1970, pp. 99-109.
4 R.S. MEINDL, C.O. LOVEJOY, Ectocranial suture closure: a revised method for the
determination of skeletal age at death based on the lateral-anterior sutures, ``American Journal
of Physical Anthropology'', 1985, 68, pp. 57-66.
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mente rilevata. La superficie porosa e la formazione di ossificazioni sui
margini dorsali rappresentano alterazioni che si manifestano tra i 50 e i 60
anni 5. Esiste poi la possibilitaÁ di valutare il grado di senescenza anche sulla
superficie sternale della costola, in ragione del fatto che questo distretto
scheletrico subisce un processo di modificazione morfologica; da piatta in
etaÁ adolescenziale diventa scavata in etaÁ senile. Il processo interessa soprattutto i margini esterni che, nel corso del tempo, tendono ad allungarsi e a
frastagliarsi. In tal caso, l'osservazione sull'unica costola che ha conservato
l'estremitaÁ sternale, ha permesso di rilevare ancora una volta il processo
degenerativo avanzato subito dall'individuo 6. L'etaÁ senile eÁ poi provata da
altre manifestazioni patologiche che modificano la forma dell'osso; nel nostro caso eÁ la presenza di un'artrosi diffusa su quasi tutte le articolazioni. Tali
alterazioni sono generalmente collegate allo stress meccanico e tendono ad
aumentare in numero ed intensitaÁ con il progredire dell'etaÁ 7. Anche la
perdita quasi totale dei denti, e il successivo riassorbimento degli alveoli,
rappresenta un importante elemento di vecchiaia riscontrato sullo scheletro.
L'importanza di risalire alla statura degli scheletri antichi di interesse
archeologico eÁ dovuta alla possibilitaÁ di trarne informazioni relative alla
razza e, eventualmente, ai movimenti migratori. Una delle caratteristiche
piuÁ evidenti dello scheletro di Biumo eÁ sicuramente la statura, calcolata
principalmente attraverso le formule di regressione, misura 178,5 cm, secondo i parametri di Manouvrier 8, mentre il valore si alza a 181cm in media,
adoperando le formule di Trotter e Gleser 9.
EÁ consigliabile utilizzare entrambe le metodologie soprattutto perche i
coefficienti di Manouvrier forniscono valori di statura piuÁ bassi in quanto
considerano le variazioni dei rapporti staturali avvenute nel corso dei secoli;
al contrario, le formule di Trotter e Gleser sono state individuate studiando
5 T.W. TODD, Age changes in the pubic bone, ``American Journal of Physical Anthropology'', 1921, 4, pp. 1-70.
6 K.R. BURNS, Forensic Anthropology Training, Prentice Hall, Englewood Cliffs, 1999.
7 A. MESSINA, L. SINEO, Presenza di osteoartite in un campione scheletrico proveniente
da una necropoli paleocristiana di Marsala (Italia), ``Antropo'', 2008, 17, pp. 35-42, www.didac.ehu./es antropo.
8 L. MANOUVRIER, De la de
Âtermination de la taille d'apreÁs les grands os des membres,
``MeÂm. soc. Anthropol. Paris'',1893, II seÁr 4, pp. 347-402.
9 M. TROTTER, G.C. GLESER, Estimation of stature from long bones of American whites
and negroes, ``American Journal of Physical Anthropology'', 1952, 10, pp. 463-514; M. TROTTER, G.C. GLESER, Corrigenda to ``Estimation of stature from long bones of American whites and
negroes'', ``American Journal of Physical Anthropology'', 1977, 47, pp. 355-356; M. TROTTER,
G.C. GLESER, A re-evaluation of estimation of stature based on measurements of stature taken
during life and of long bones after death, ``American Journal of Physical Anthropology'', 1958,
16, pp. 79-123.
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un centinaio di scheletri di epoca attuale e quindi risultano rappresentative
delle popolazioni moderne 10. L'individuazione di caratteri antropologici e
morfologici del cranio e dello scheletro post craniale permettono invece di
determinare la fenotipia e il tipo di impiego fisico muscolare. Tali analisi
infatti sfruttano le potenzialitaÁ informative dello scheletro per indagare anche la presenza di stress alimentari e funzionali, nonche di riconoscere alcune patologie 11. Nello studio del cranio vengono utilizzati sia i caratteri
metrici sia quelli morfologici, che sono a loro volta distinguibili in indici e
per queste valutazioni morfometriche eÁ stato utilizzato il trattato di Martin e
Saller (1975) 12. Sulla base delle variabili craniometriche esaminate, sono
stati indagati diversi indici del cranio neurale e di quello facciale con lo
scopo di trarne le giuste considerazioni sulla forma del cranio dell'individuo.
A tale scopo si riportano gli indici cranici qui rilevati. Un indice cefalico di
77,78, indica una forma mesocranica del cranio, mentre un valore di 72,2 per
l'indice di altezza (vertigo longitudinale) evidenzia ortocrania, ovvero un
grado medio di appiattimento del cranio. Infine, un indice prognato di
118,8 mostra un considerevole grado di prognatismo facciale. La morfologia
del volto viene designata anche grazie al calcolo dell'indice orbitale e di
quello nasale, il primo di 86,5 mette in risalto una forma ipsiconca delle
orbite e il secondo di 47,1 rivela una forma nasale lunga e stretta 13. Come giaÁ
anticipato piuÁ sopra, l'analisi sullo scheletro post-craniale mette in evidenza
le alterazioni riconducibili ad un specifico impegno muscolare dovuto ad
un'attivitaÁ fisica abituale del soggetto. Particolarmente informative a tal
proposito risultano le alterazioni a carico delle articolazioni e le inserzioni
muscolari che si rilevano sulle ossa. Il rapporto tra l'osso e le forze che
modificano la forma e le dimensioni eÁ ben espresso dalla legge di Wolfe 14.
L'osso infatti reagisce in relazione alla pressione funzionale: aumentando o
10 Queste formule sono soprattutto adatte per i casi di identificazione di resti umani
scheletrizzati rinvenuti in contesti forensi.
11 M. DAL POZ, F. RICCI, B. REALE, M. MALVONE, L. SAVADEI , G. MANZI, Paleopatologia
della popolazione altomedioevale di San Lorenzo di Quingentole, Mantova, in ``San Lorenzo di
Quingentole (Mn). Archeologia, storia ed antropologia'', 2001, p. 156.
12 R. MARTIN, K. SALLER, Lehrbuch der Anthropologie, G. FISCHER, Stuttgart, 1975.
13 L'argomento eÁ trattato in maniera esaustiva all'interno di ``Lo studio: antropometria'', in A. CANCI, S. MINOZZI, Archeologia dei resti umani. Dallo scavo al laboratorio, Roma
2005, pp.143-159. L'indice cefalico indica il rapporto percentuale tra la larghezza e la lunghezza massima e quindi delinea se la forma del cranio eÁ piuttosto allungata o rotondeggiante.
L'indice prognato indica il rapporto percentuale tra la lunghezza della faccia e la lunghezza
nasion - basion. L'indice orbitale esprime la forma piuÁ o meno circolare dell'orbita. L'indice
nasale esprime la forma piuÁ o meno lunga dell'apertura piriforme.
14 S. BORGOGNINI TARLI, E. PACCIANI, I resti umani nello scavo archeologico. Metodiche
di recupero e di studio, Bulzoni editore, 1998.
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diminuendo la massa e orientando le strutture ossee nella direzione delle
linee di forza 15. Particolarmente rilevante a questo punto eÁ il calcolo dell'indice diafisario sull'omero il cui risultato, pari a 54,05%, evidenzia un
certo grado di platibrachia; ovvero l'omero ha subito un appiattimento e
la causa puoÁ essere attribuita ad un esercizio costante dei muscoli bicipite e
deltoide. La misurazione dell'accrescimento della linea aspra del femore
(ind. 124) ha permesso poi di rilevare un forte sviluppo pilastrico che eÁ da
associare al lavoro muscolare della coscia. Non solo, l'osservazione di ossa
robuste con evidenti docce tendinee e inserzioni muscolari potrebbe suggerire l'abitudine del soggetto di montare animali da sella, soprattutto per il
fatto che l'ossificazione della linea aspra dimostra la forte sollecitazione degli
adduttori 16.
Analisi paleopatologica
EÁ evidente che, quando si parla di indagini paleopatologiche sui resti
scheletrici antichi, ci si riferisce solamente a quelle patologie che lasciano
tracce sulle ossa. L'impossibilitaÁ di riconoscere tutte quelle malattie che non
coinvolgono la struttura ossea, rappresenta quindi il vero limite della paleopatologia 17. Di conseguenza le nostre analisi si riferiscono solamente alle
affezioni diagnosticabili sulle ossa del soggetto. Lo scheletro mostra segni
evidenti di lesione in due regioni: cranio e colonna vertebrale. Nel nostro
caso poi sono state individuate patologie connesse all'etaÁ e allo stress biomeccanico esercitato sulle ossa, come una malattia paradontale e l'artrosi 18.
Le lesioni traumatiche rappresentano le patologie piuÁ facilmente diagnosticabili in contesti archeologici. La loro lettura e il loro studio rappresentano
un'importante fonte storica in quanto permettono di elaborare ipotesi inerenti ad alcuni episodi violenti oppure ai rischi legati ad una attivitaÁ lavorativa.
15
2011.
CINZIA MANTELLO, Metodologia della ricerca antropologica, Reggio Calabria 2010-
16 G. FORNACIARI, S. GIUSTI, A. VITIELLO, Paleopatologia del cimitero signorile del
castello di Monte di Croce (I fase, XI Secolo), Atti del III Congresso Nazionale di Archeologia
Medievale, pp. 716-719.
17 A. CONZATO, J. RIZZI, Rio di Pusteria e il suo vaso di Pandora. L'ossario della cappella
San Floriano: banca dati paleopatologia on line, Antrocom, 2004, 4, n. 2, pp. 99-103.
18 G. FORNACIARI ,V. GIUFFRA, Lezioni di Paleopatologia, Genova 2009.
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Lo Scheletro medievale di Biumo Inferiore (Varese)
Fig. 1. Lo scheletro mentre viene sottoposto a Tomografia Assiale Computerizzata.
Cranio
Sul cranio, a livello del margine orbitario superiore sinistro, si osserva
una frattura (lunga 2,4 cm) completamente risolta. Si ritiene sia da riferire ad
un trauma subito provocato da fendente. Il risultato infatti eÁ una frattura
allungata con margini netti e con la formazione sul bordo destro di un callo
osseo lungo tutto il margine della ferita. La lesione, avente direzione obliqua
ed essendo sulla porzione sinistra del frontale, puoÁ essere indicativa di un
colpo inferto dall'alto verso il basso sferrato da un destrimane 19. L'osservazione macroscopica eÁ stata integrata dall'acquisizione volumetrica assiale e
dalle successive ricostruzioni 2D coronali e sagittali e ricostruzioni ray sum
eseguite dal dottore Ugo Maspero, presso il Laboratorio di Radiologia della
Fondazione Gaetano e Piera Borghi di Brebbia (VA). Le analisi hanno
permesso di mettere in risalto l'entitaÁ della frattura classificata come ``frattura non affondata''. (Fig. 1 e 2).
19 G. FORNACIARI, V. GIUFFRA, op. cit., p. 164. Sul cranio si distinguono tre tipi di
fratture in base all'arma impiegata: la frattura causata da un oggetto affilato e appuntito, l'esito
dell'impatto con un'arma scagliata, come una freccia o un giavellotto e, infine, il trauma
provocato da un'arma contundente. in A. CANCI, S. MINOZZI, op. cit., p. 169.
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Fig. 2. TAC del cranio.
Colonna vertebrale.
A livello della terza e della quarta vertebra lombare si osserva la rilevante presenza di una neoformazione ossea che ha provocato la fusione delle
due vertebre. L'osservazione macroscopica e l'indagine radiologica hanno
indirizzato verso una diagnosi di lesione provocata da una caduta dall'alto
(Fig. 3). Infatti, in tali evidenze, il corpo vertebrale che si trova nel punto di
massima curvatura si schiaccia per compressione tra i due metameri. Dei due
metameri esaminati, quello caudale (verosimilmente L4) ha il soma con
limitanti concavi, in particolare quello superiore da esito di frattura consolidata, il cui processo riparativo ha causato la formazione di un ponte osseo
anteriore con il sovrastante metamero. In questo caso molto probabilmente
l'intensitaÁ della sollecitazione traumatica eÁ stata tale da far penetrare grossi
frammenti di tessuto discale all'interno del corpo vertebrale che, di conseguenza, puoÁ apparire schiacciato a cuneo. Il danno subito quindi eÁ stato poi
compensato da un'osteofitosi marginale che ha saldato a ponte (sinostosi) il
corpo vertebrale danneggiato con quello adiacente.
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Fig. 3. Radiografia delle due vertebre fuse.
Artrosi
Sullo scheletro studiato sono state rinvenute diverse tracce di manifestazioni di artrosi, malattia degenerativa propria dell'etaÁ avanzata. L'artrosi
si eÁ riscontrata soprattutto al livello delle epifisi degli arti superiori e inferiori.
In particolare si segnala un'evidente artrosi sull'articolazione coxo femorale
che ha provocato una lesione degenerativa sulla testa del femore, mentre
sulla cavitaÁ cotiloidea mostra un sottile orlo osteofitico. Anche la colonna
vertebrale mostra manifestazioni artrosiche, in particolare alcune vertebre
lombari esibiscono delle lesioni sulla porzione centrale che potrebbero essere attribuite alla ernie di Schmorl.
Patologia dentaria
Nell'arcata superiore il soggetto eÁ completamente edentulo e vi eÁ una
totale rimarginazione di tutti gli alveoli tranne quello del canino destro (Fig.
4), mentre nell'arcata inferiore si conservano ancora gli alveoli dei premolari
e dei canini 20. La caduta dei denti puoÁ esser provocata da diversi fattori tra i
20 Solo un dente dell'arcata inferiore eÁ rimasto nell'alveolo mentre gli altri sono caduti
post mortem.
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Fig. 4. Arcata superiore.
quali si annoverano la carie, un evento traumatico, una forte usura delle
superfici occlusali o da diverse patologie. La perdita dei denti intra vitam
eÁ facilmente riscontrabile nei resti scheletrizzati, infatti se il dente eÁ stato
perso in vita l'alveolo si mostra completamente chiuso 21. Il nostro soggetto
puoÁ aver presentato una malattia paradontale con perdita quasi totale dei
denti provocata da un processo infiammatorio acuto che porta all'esposizione della radice (come si vede per il canino dell'arcata inferiore) e alla perdita
del dente 22.
Conclusioni
Devo qui segnalare che questo studio eÁ parte di un'indagine che comprende diversi altri ritrovamenti scheletrici nelle chiese in provincia di Varese. Il soggetto che qui abbiamo presentato era indubitabilmente persona di
rango e cioÁ eÁ indicato dai dati di una sepoltura unica come abbiamo sopra
21
22
A. CANCI, S. MINOZZI, op. cit., p. 205.
Si veda anche G. FORNACIARI, V. GIUFFRA, op. cit., p. 343.
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descritto. Purtroppo, la documentazione storica archivistica oggi nota non
aiuta a conoscere la societaÁ legata alla chiesa dei santi Pietro e Paolo di
Biumo Inferiore nell'epoca a cui risale la sepoltura, e quindi la nostra osservazione antro-paleopatologica rappresenta l'unico elemento per chiarire alcuni aspetti storici interessanti. Le indagini paleopatologiche infatti, individuando i marcatori occupazionali, possono spingersi oltre dicendoci che un
tale sviluppo della linea aspra del femore puoÁ indicare che il soggetto in vita
era solito montare a cavallo e, molto probabilmente, la frattura riscontrata
sulla vertebra lombare nient'altro eÁ che il risultato di una brusca caduta
dall'animale. Lo scheletro inoltre, riportando una lesione netta sul cranio
provocata da un colpo violento, ci riferisce che forse l'individuo era solito
alle armi. Ci arrestiamo di fronte alla difficoltaÁ di stabilire una precisa appartenenza ad una classe sociale del soggetto proprio per la mancanza di
iscrizione votiva e di corredo all'interno della sepoltura. Forse in futuro, di
fronte a nuove scoperte archeologiche e storiche, messe in relazione con i
risultati antro-paleopatologici, potranno chiarire l'identitaÁ del soggetto e
mettere cosõÁ in luce aspetti storici rilevanti relativi alla popolazione di Biumo
Inferiore.
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