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Il primo “notturno”
W Gerusalemme liberata, canto II, ott. 95-97 Il primo “notturno” È questo il primo “notturno” del poema, che conclude il canto II, nel quale si svolge l’episodio dell’ira del pagano Argante, seguita dal grido di guerra dei cristiani. Le figure dei crociati insonni, preda dell’agitazione, si stagliano nel silenzio della natura, placidamente addormentata nella calma notte. 95 Cosí di messaggier fatto è nemico, sia fretta intempestiva o sia matura: la ragion de le genti e l’uso antico s’offenda o no, né ’l pensa egli, nè ’l cura. Senza risposta aver, va per l’amico silenzio de le stelle a l’alte mura, d’indugio impaziente, ed a chi resta già non men la dimora anco è molesta. 96 Era la notte allor ch’alto riposo han l’onde e i venti, e parea muto il mondo. Gli animai lassi, e quei che ’l mar ondoso o de’ liquidi laghi alberga il fondo, e chi si giace in tana o in mandra ascoso, e i pinti augelli, ne l’oblio profondo sotto il silenzio de’ secreti orrori sopian gli affanni e raddolciano i cori. 97 Ma né ’l campo fedel, né ’l franco duca si discioglie nel sonno, o almen s’accheta, 95 1. fatto è: è diventato. Il soggetto è Argante. 2. sia … matura: sia che la sua decisione fosse precipitosa sia che fosse opportuna. 3. la ragion … antico: il diritto dei popoli e le antiche consuetudini. 5-6. l’amico … stelle: è un rimando puntuale a Virgilio, Eneide, II, 255: «[…] tacitae per amica silentia lunae». Il “silenzio propizio della tacita luna” favorisce l’inganno dei Greci: il chiaroscuro virgiliano mostra i Troiani assopiti nella notte e i Greci guidati dal chiarore lunare. Nota il marcato enjambement («l’amico / silenzio»). 6. l’alte mura: di Gerusalemme. 7. d’indugio impaziente: la dieresi (impazïente) dà rilievo alla parola. L’immediata decisione di partire fa sì che la notte, ancora alta, sia percepita dal personaggio come momento di inutile impedimento. 䡲 a chi resta: ad Alete, personaggio immaginario del poema. 8. la dimora: l’indugio. 䡲 anco: anche. 96 1. Era la notte: anche in questo caso il riferimento è Virgilio (Eneide, IV, 522 sgg.) per la descrizione della quiete notturna, a cui si contrappone la figura di Didone insonne, in preda al tormento e all’angoscia: «Nox erat et placidum carpebant fessa soporem / corpora … » (“Era la notte e i corpi stanchi godevano sulla terra il sonno tranquillo”). Il motivo sarà ripreso più avanti, nell’incipit del notturno di Erminia: «Era la notte, e ’l suo stellato velo» (VI, 103). 䡲 alto: profondo (dal latino altus). 3. animai: animali. 䡲 lassi: stanchi. 4. liquidi: limpidi. 䡲 laghi: ancora una volta si riconosce un rimando a Virgilio, Eneide, IV, 526-27: «quaeque lacus late liquidos […] tenent» (“e tutti gli esseri che abitano le ampie distese d’acqua”). 4. alberga: ospita. 5. mandra: mandria. 䡲 ascoso: nascosto. 6. pinti augelli: variopinti uccelli. Vedi Virgilio, Eneide, IV, 525: «pictaeque volucres». 7. orrori: ombre, tenebre. 8. sopian: calmavano. 䡲 sopian … cori: un ultimo riferimento al prestigioso precedente letterario di Virgilio, Eneide, IV, 528: «lenibant curas et corda oblita laborum» (“calmavano le pene e i cuori dimentichi degli affanni”). 97 1. Ma: la medesima contrapposizione introduce l’insonne Didone nell’Eneide, IV, 529 sgg.: «At non infelix animi Phoenissa neque umquam / solvitur in somnos … » (“Ma non così la sventurata fenicia; mai ella si lascia andare al sonno … ”). 䡲 ’l campo fedel: l’accampamento crociato. 䡲 ’l franco duca: il francese Goffredo, condottiero dei crociati. 2. si discioglie: ancora un richiamo al virgiliano «solvitur in somnos». 䡲 s’accheta: si calma. C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino 1 tanta in lor cupidigia è che riluca omai nel ciel l’alba aspettata e lieta, perché il camin lor mostri, e li conduca a la città ch’al gran passaggio è mèta. Mirano ad or ad or se raggio alcuno spunti, o si schiari de la notte il bruno. (Gerusalemme liberata, a cura di L. Caretti, Torino, Einaudi,1993) 3. cupidigia: desiderio impaziente. 6. a la città: a Gerusalemme, meta della crociata (gran passaggio). 8. si schiari … il bruno: si rischiari l’oscurità della notte. | GUIDA ALLA LETTURA W ◗ I crociati come Didone ◗ Il notturno tassiano L’insonnia dei crociati, prossimi allo scontro, richiama l’episodio virgiliano di Didone, insonne e preda dell’ira e dell’angoscia, ormai prossima al suicidio. La lirica descrizione della natura addormentata è fatta propria da Tasso per rappresentare la veglia dei crociati nella notte che precede lo scontro armato con i pagani. Tale richiamo intertestuale permette di riflettere sulla concezione tassiana del poema epico, ricalcato sul modello del poema epico classico, l’Iliade e l’Eneide. L’autore dunque non guarda ai poemi moderni, discostandosi dal genere “romanzesco” di Boiardo e Ariosto. Nell’argomento come nello stile, egli mira al sublime, abbandonando il tono “medio” che caratterizzava l’Orlando furioso: sono i modelli classici a fornirgli materiali di alta poesia da emulare. Il notturno è molto presente nella poesia di Tasso: altri celebri notturni del poema si trovano nel canto VI, 89103 e nel canto IX, con il tragico e cupo notturno di Solimano, il sultano turco sconfitto dai crociati e pronto ad assalire di notte il campo cristiano per vendicarsi. La satanica grandezza dell’eroe campeggia nelle complici tenebre, in uno scenario tratteggiato come vero e proprio locus horridus (ottave 15-16). Di grande musicalità e sensualità è invece il notturno rappresentato nel madrigale Qual rugiada o qual pianto, dove il cadere della rugiada notturna diventa il pianto della notte, delle stelle e della luna, e il soffio della brezza un lamento doloroso, segni della partecipazione della natura al dolore dell’amante per la partenza della donna. 2 C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino | COLLABORA ALL’ANALISI ● W Integra e approfondisci le indicazioni della lettura guidata, svolgendo le attività proposte. Due notturni a confronto Si è osservato nella Guida che il motivo del notturno è ricorrente nella poesia di Tasso. Leggiamo insieme gli altri due celebri notturni menzionati: il madrigale Qual rugiada o qual pianto e il “Notturno di Solimano”, Gerusalemme liberata, IX, 15-16). 1 Qual rugiada o qual pianto quai lagrime eran quelle che sparger vidi dal notturno manto e dal candido volto de le stelle? 5 E perché seminò la bianca luna di cristalline stille un puro membo a l’erba fresca in grembo? Perché ne l’aria bruna s’udìan, quasi dolendo, intorno intorno 10 gir l’aure insino al giorno? Fûr segni forse de la tua partita, vita de la mia vita? 3. notturno manto: cielo notturno, ma con analogia tra l’oscurità e un mantello. 3 Stabilisci un confronto tra questi due notturni e quello del Canto II, verificando come mutino le scelte poetiche in base alle differenti finalità perseguite. 6. di cristalline … nembo: un terso velo di rugiada (cristalline stille). 15 Ma già distendon l’ombre orrido velo che di rossi vapor si sparge e tigne; la terra in vece del notturno gelo bagnan rugiade tepide e sanguigne; s’empie di mostri e di prodigi il cielo, s’odon fremendo errar larve maligne: votò Pluton gli abissi, e la sua notte tutta versò da le tartaree grotte. 16 Per sì profondo orror verso le tende de gli inimici il fer Soldan camina; […] 15 8. tartaree grotte: cavità infernali. 1 Prova a individuare gli elementi che contribuiscono alla creazione di un linguaggio di grande musicalità e sensualità, che unisce alle sensazioni visive quelle tattili. 2 Nota la ripresa della parola rugiada, qui inserita in uno scenario ben diverso, tenebroso e torbido. Osserva le scelte lessicali e foniche dell’autore, destinate a rendere l’atmosfera di orrore in cui si muove il sinistro eroe. 4 Prova infine a leggere, con l’aiuto dell’insegnante, il notturno virgiliano di Eneide, II, 250-267: l’episodio in cui il calare della tenebra favorisce analogamente l’inganno di Sinone. 16 2. camina: s’incammina. C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino 3