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LA MUSICA TRA CREATIVITA`, DIRITTO E FISCO Foyer del
LA MUSICA TRA CREATIVITA’, DIRITTO E FISCO
Foyer del Conservatorio, Via Conservatorio, 12 – Milano
IV edizione del 9 ottobre 2012
QUALIFICAZIONE DEL REDDITO
Relazione a cura di Emanuele Fiore
Agenzia delle Entrate -Direzione Regionale della Lombardia - Ufficio Fiscalità delle Imprese e Finanziaria.
Le posizioni espresse nella presente relazione non impegnano in alcun modo l’Agenzia delle Entrate.
SOMMARIO: - 1. Premessa - 1.1. Le categorie reddituali in materia di imposizione diretta
2. La qualificazione del reddito derivante dall’esecuzione di brani musicali - 2.1. Il
musicista “dipendente” - 2.2. Il musicista “autonomo” - 2.3. Il musicista “occasionale” ed il
co.co.co (o co.co.pro.) - 2.4. L’artista “imprenditore” - 2.5. I redditi prodotti in forma
associata
- 2.6. Direttori artistici e collaboratori tecnici di cori, bande musicali e
filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche – 3. I diritti d’autore - 4. L’artista
“internazionale - 4.1. La normativa “interna” - 4.1.1. I redditi degli artisti non residenti in
Italia - 4.1.2. I redditi degli artisti residenti in Italia prodotti all’estero - 4.2. Il trattamento
fiscale degli artisti per le esecuzioni materiali di brani musicali e per lo sfruttamento del
diritto d’autore nelle convenzioni internazionali -4.2.1. Esecuzioni di prestazioni artistiche 4.2.2. Diritti d’autore - 4.2.3. Ritenute sui redditi prodotti da non residenti e non imponibili
in Italia per effetto di convenzioni internazionali.
1
1.
Premessa
1.1. Le categorie reddituali in materia di imposizione diretta
Le possibili combinazioni delle situazioni di fatto che si possono verificare nella pratica ed
in relazione alle concrete modalità di esercizio dell’attività svolta dal musicista e dall’autore, sono
innumerevoli. Nella presente relazione, pertanto, si tracceranno i criteri da seguire in via generale
per individuare l’esatta categoria reddituale in cui debbono essere ricondotti i proventi che, a vario
titolo, i musicisti (esecutori ed autori) possono percepire dallo svolgimento di attività artistiche.
In via di premessa si rammenta che, per quel che concerne l’imposizione diretta, il nostro
ordinamento ed in particolare l’art 6, comma 2 del D.P.R. del 22 dicembre 1986 n 917 (di seguito
TUIR), individua sei categorie reddituali: a) i redditi fondiari; b) i redditi di capitale; c) i redditi di
lavoro dipendente; d) i redditi di lavoro autonomo; e) i redditi di impresa; f) i redditi diversi.
La corretta identificazione della categoria reddituale cui debbono essere ricondotti i redditi
che gli artisti possono ritrarre dalla loro attività (e del relativo trattamento fiscale), dipende, in via
generale, dalla qualificazione giuridica delle prestazioni artistiche, dal rapporto negoziale nel cui
ambito vengono rese ed, eventualmente, dal ricorso a specifici modelli organizzativi, anche
collettivi.
In ragione di quanto sopra, assume prioritaria rilevanza la qualificazione giuridica della
prestazione svolta, da analizzarsi alla luce del rapporto giuridico intercorrente tra il prestatore del
servizio e la controparte negoziale.
In pratica l’individuazione del regime fiscale da applicarsi ai redditi percepiti dagli artisti
dipende dalle risposte che si danno dare alle seguenti domande.
1)
Qual è l’oggetto della prestazione?
2)
La prestazione artistica viene resa nell’ambito di un rapporto che, in ragione dell’esistenza di
un vincolo di subordinazione, può essere ricondotta nell’ambito di un rapporto di lavoro
dipendente a tempo determinato (o eventualmente indeterminato)?
3)
Nel caso in cui difetti il predetto vincolo di subordinazione, come viene svolta l’attività
artistica? E’ un’attività svolta in maniera episodica, occasionale e/o saltuaria oppure la stessa viene
svolta in via abituale e professionale?
4)
L’apporto dell’attività, anche intellettuale, dell’artista può ritenersi prevalente o, invece, è
connessa ed involge un’organizzazione di fattori produttivi che assume carattere prevalente
rispetto alla prestazione materiale e/o intellettuale ?
2
La disciplina fiscale dei redditi percepiti dagli artisti, infatti, differisce notevolmente a
seconda che le stesse siano riconducibili nell’alveo di un rapporto di lavoro subordinato, o, al
contrario, siano rese in virtù di un negozio giuridico di natura obbligatoria privo del requisito della
subordinazione. In tale ultimo caso, assume altresì rilievo la possibilità di qualificare l’artista come
un mero prestatore d’opera occasionale, come un vero e proprio lavoratore autonomo o, addirittura,
un imprenditore.
Ulteriori
profili
fiscali,
inoltre,
possono
discendere
da
eventuali
elementi
di
“internazionalizzazione” della prestazione artistica. Tale circostanza si realizza, dando luogo a
fenomeni transnazionali di produzione del reddito, sia nel caso in cui l’artista residente in Italia
svolga la propria attività all’estero, sia, nel caso inverso, in cui un’artista non residente in Italia
svolga la propria attività artistica nel nostro Stato. In tali ipotesi, come si preciserà di seguito, il
regime fiscale da applicarsi dipenderà, oltre che dalla risposta alle domande prima evidenziate anche
dalla risposta ad i seguenti ulteriori quesiti: 1) dove è residente fiscalmente l’artista? 2) dove viene
resa la prestazione? dove è residente (o chi è il soggetto) che corrisponde il compenso? Si deve
anticipare infatti che il regime fiscale applicabile ai redditi prodotti dall’artista dipende anche dai
seguenti ulteriori profili giuridici e fattuali: 1) il luogo di esecuzione della prestazione; 2) la
residenza fiscale dell’artista o, in alcune ipotesi, lo Stato di residenza o di stabilimento del soggetto
che corrisponde il compenso.
2.La qualificazione del reddito derivante dall’esecuzione di brani musicali
La prestazione artistica, qualora non sia oggetto di una vera e propria attività commerciale
esercitata in forma d’impresa (si veda quanto illustrato nei par. 2.3. e 2.4.), può essere resa
nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente, nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo
strettamente inteso, od occasionale, oppure nell’ambito di un rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa (o a progetto).
A fronte di ciascuna tipologia di rapporto che si instaura con il committente/datore di lavoro,
segue una differente disciplina fiscale.
In particolare, in via generale si possono verificare le seguenti ipotesi. Un primo caso è che
le prestazioni rese da un artista si inseriscano nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato (o
parasubordinato, ad es co.co.co). Ciò si verifica laddove l’artista sia sottoposto al potere direttivo del
datore di lavoro su cui grava in via esclusiva il rischio dell’organizzazione dello spettacolo (o al
potere di coordinamento di un altro soggetto, nel caso dei lavoratori c.d. parasubordinati).
3
Una seconda ipotesi si realizza, invece, laddove l’artista sia tenuto esclusivamente ad
effettuare una prestazione artistica in virtù di un rapporto negoziale di natura obbligatoria, senza
essere al contempo soggetto al potere direttivo o di coordinamento di un altro soggetto. In tale
ipotesi, potrà configurarsi un rapporto di lavoro autonomo in senso stretto o una mera prestazione
occasionale. Può anche accadere, tuttavia, che la prestazione o l’opera dell’artista, in ragione della
prevalenza dell’elemento organizzativo dell’attività svolta nel suo complesso nonché dell’impiego
di mezzi e capitali, debba ricondursi nell’alveo di una vera e propria attività commerciale e
produttiva, quindi, di redditi d’impresa.
In sintesi. Una volta appurato che la prestazione debba essere eseguita dall’artista in assenza
del potere di direzione (o di coordinamento) di altri, ed esclusa la prevalenza dell’impiego di mezzi
strumentali, di capitali e di una organizzazione imprenditoriale, si deve valutare se l’artista svolge la
propria attività con i caratteri dell’ abitualità e della professionalità o meno.
Si considerano infatti redditi di lavoro autonomo, ai sensi dell’ art.53 del TUIR, quelli che derivano
dall’esercizio di arti e professioni, intendendosi per esercizio di arti e professioni l’esercizio per
professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle
esercitate in forma di impresa. Qualora pertanto l’attività sia svolta in assenza dei caratteri della
professionalità ed abitualità, siamo certamente di fronte ad un artista qualificabile, sotto il profilo
fiscale, come lavoratore autonomo occasionale inquadrabile nella fattispecie di cui all’art. 67,
comma 1, lett. l) del TUIR.
4
2.1.
Il musicista “dipendente”
Secondo la definizione contenuta all’art. 49 del TUIR, si considerano redditi da lavoro
dipendente quei redditi che derivano da rapporti aventi ad oggetto la prestazione di lavoro, con
qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri.
In questa sede è sufficiente rammentare che ai sensi dell’art art. 51, comma 1, del TUIR
costituiscono redditi di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo
percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di
lavoro”.
Come chiarito dalla La C.M. 23.12.97 n. 326/E (par. 2) il concetto di reddito di lavoro è
contraddistinto dalla sua onnicomprensività e, quindi, della totale imponibilità di tutto ciò che il
dipendente riceve nel periodo d’imposta (salvo le specifiche deroghe previste dall’art 51 TUIR che
individua tassativamente alcuni componenti che non concorrono a formare il reddito o che vi
concorrono solo in parte – si veda in particolare quanto indicato sub par. 4.1.2). Ai sensi del primo
comma dell’art 51 TUIR si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme ed i valori
in genere corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo
d’imposta successivo a quello cui si riferiscono (c.d. criterio di cassa allargato).
In sintesi, costituiscono redditi di lavoro dipendente tutte le somme e i valori erogati a qualunque
titolo al dipendente entro il 12 gennaio, anche indipendentemente dal nesso sinallagmatico tra
l’effettività della prestazione di lavoro reso e le somme ed i valori percepiti, in qualunque modo
riconducibili al rapporto di lavoro ed anche se non provenienti direttamente dal datore di lavoro
(C.M. n. 326/E citata, par. 2). Con il termine “valori” si fa riferimento alla quantificazione monetaria
dei beni e dei servizi che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta (c.d. fringe benefit o
compensi in natura).
Sulla retribuzione percepita dal musicista-dipendente, il datore di lavoro, ai sensi e con le
modalità stabilite dall’art 23 del d.p.r. n. 600 del 1973, deve operare una ritenuta a titolo di acconto
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, applicando le aliquote previste dai vari scaglioni di
reddito ragguagliate al periodo di paga ed effettuando le detrazioni previste dal TUIR.
In tale ipotesi, l’esecuzione delle prestazioni da parte dell’artista non sarà ovviamente
soggetta ad IVA per difetto dell’elemento soggettivo. I lavoratori dipendenti, come è noto, non sono
soggetti passivi IVA.
5
2.2. Il musicista “autonomo”
Il caso più diffuso nella pratica è che i corrispettivi percepiti dal musicista e, più in generale,
dell’artista, costituiscano redditi di lavoro autonomo (da intendersi in senso ampio). In sintesi, gli
elementi che caratterizzano l’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, ai sensi del primo comma
dell’articolo 531 TUIR, sono la professionalità e l’abitualità (da non confondersi con
la
continuità).
Il requisito della professionalità sussiste allorquando il soggetto ponga in essere con
regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti coordinati e finalizzati al conseguimento di
uno scopo, sia pure prefissato in astratto. Tale requisito sussiste solo laddove l’attività esercitata sia
caratterizzata dalla completa autonomia del soggetto che la esercita rispetto a quello che ne
beneficia.
Per quel che concerne l’abitualità si deve evidenziare che non è necessario, affinché tale
requisito possa ritenersi sussistente, che l’attività artistica sia esercitata in via esclusiva o anche solo
prevalente dal soggetto. E’ sufficiente che l’attività sia esercitata con regolarità, stabilità e
sistematicità ( non è necessario, tra l’altro, che per l’attività esercitata sia obbligatoria l’iscrizione in
appositi albi od elenchi).
In relazione alla categoria reddituale in esame, l’art. 54, comma 1, TUIR stabilisce il
principio generale secondo cui la determinazione analitica del reddito di lavoro autonomo avviene
mediante la contrapposizione dei compensi percepiti, al netto dei contributi previdenziali, alle spese
sostenute per lo svolgimento dell’attività. Ne discende che, salvo alcune specifiche deroghe, il
reddito di lavoro autonomo deve essere determinato con il c.d criterio di cassa. Di conseguenza, ai
fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo nel periodo d’imposta rilevano solo:
- i compensi effettivamente percepiti in denaro o in natura, anche sotto forma di partecipazione agli
utili nel periodo d’imposta (coincidente con l’anno solare)2 .
1
Art 53 del T.U.I.R., Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni.
Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di
lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI (redditi d’impresa), compreso l’esercizio in forma associata
di cui alla lettera c) del comma 3 dell’art. 5.
2
Con la circ. del 23.6.2010 n. 38/E (§ 3.3.), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per i compensi
incassati dal professionista tramite bonifico bancario, al fine di individuare il periodo d’imposta in cui il provento
concorre alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, rileva la data dell’accredito della somma sul conto corrente
bancario (c.d. “data disponibile”). Nessun rilievo assumono invece: la c.d. “data valuta”, utile esclusivamente per il
computo degli (eventuali) interessi attivi maturati sul conto corrente; il momento in cui viene impartito l’ordine di
bonifico;il momento in cui la banca informa il professionista dell’avvenuto accredito. .È stato altresì precisato che
6
- i costi e gli oneri inerenti alla produzione del reddito effettivamente sostenuti nel periodo
d’imposta.
Ciò comporta, ai fini contabili, l’obbligo di tenuta delle scritture contabili ai sensi dell’art. 19 del
d.p.r. n. 600 del 1973, in base al regime “semplificato” o, su opzione, secondo le regole del regime
“ordinario”.
I compensi corrisposti da sostituti di imposta (società, enti, ecc.) a titolo di compensi per
attività di lavoro autonomo sono assoggettati, ai sensi dell’art 25 del d.p.r. n. 600 del 1973, alla
ritenuta del 20% a titolo di acconto dell’Irpef, con obbligo di rivalsa3.
Nell’ipotesi in esame, i corrispettivi percepiti dal musicista, qualora sussista anche il
presupposto territoriale (ai sensi di quanto chiarito nel par. 1.2.), sono da assoggettare ad IVA.
Per quel che concerne l’IRAP4 si rammenta l’orientamento espresso nella circolare della
Agenzia delle Entrate del 13 giugno 2008, n. 45 secondo cui l’esercizio delle attività di lavoro
autonomo di cui all’art. 49, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso
dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.
Il requisito della “autonoma organizzazione” ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi
forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id
quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione; c) si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (vedi anche Cass. n. 19607
del 2010, n. 19607; Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).
l’esercente arti o professioni deve scomputare l’eventuale ritenuta subita nel periodo d’imposta in cui il compenso, al
quale la ritenuta medesima attiene, concorre a formare il reddito di lavoro autonomo, anche se detto periodo può non
coincidere con quello in cui il soggetto che ha effettuato il pagamento deve operare la ritenuta ed includere quest’ultima
nel modello 770.
3
La ritenuta “ordinaria” del 20% deve essere operata dai sostituti d’imposta anche alla base fissa in Italia di
un’associazione professionale estera (ris. n. 154/E del 11 giugno 2009).
4
Il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’imposta sulle attività produttive (IRAP),
stabilisce all’art. 2, comma 1, che “presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente
organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.
Il successivo art. 3, comma 1, lett. c), indica tra i soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche esercenti arti e
professioni di cui all’art. 49, comma 1, (ora art. 53) del T.U.I.R.. La Corte Costituzionale (sent. n. 156 del 2001) ha
chiarito che non sussiste il presupposto per l’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive quando detta
attività viene svolta in assenza di elementi di organizzazione.
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2.3
Il musicista “ occasionale” ed il co.co.co ( o co.co.pro.)
In questa tipologia rientrano tutti quei soggetti che si dedicano alla musica in modo saltuario
in quanto svolgono ordinariamente altre attività lavorative o commerciali (o nessun’altra attività). In
relazione a tale ipotesi l’ art. 67, lett. l) Tuir dispone che costituiscono “redditi diversi” quelli
derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dall’assunzione di obblighi di
fare, non fare o permettere.
Si deve rilevare che non esistono criteri normativi che stabiliscano l’importo massimo dei
corrispettivi oltre il quale una determinata attività perde il carattere dell’occasionalità, così come
non è individuato neppure un numero massimo di prestazioni da svolgersi entro uno stesso periodo
d’imposta affinché l’attività rientri in tale categoria. Per tale ragione pertanto può risultare difficile
distinguere le prestazioni occasionali dalle prestazioni coordinate e continuative (o da quelle,
fiscalmente assimilate, coordinate a progetto).
Tuttavia è essenziale operare tale distinzione in quanto le due figure ricevono un trattamento fiscale
per molti aspetti differente. Mentre infatti i redditi corrisposti da sostituti di imposta (società, enti,
ecc.) a titolo di compensi per attività di lavoro autonomo occasionale sono assoggettati alla ritenuta
del 20% a titolo di acconto, i redditi corrisposti nell’ambito di una co.co.co, in quanto generalmente
assimilati a quelli di lavoro dipendente, sono ordinariamente assoggettati alle ritenute previste per i
lavoratori dipendenti, con aliquota minima attualmente pari al 23 per cento.
Inoltre si evidenzia che, in sede di dichiarazione, mentre dal reddito di lavoro autonomo occasionale
è possibile dedurre le spese strettamente inerenti alla produzione dello stesso (come per es. le spese
di viaggio), nel caso del co.co.co (o co.co.pro.) la deduzione analitica delle spese inerenti
generalmente non potrà avvenire, in quanto operano le detrazioni forfettarie di imposta previste dal
TUIR per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
A tal fine si evidenzia che il criterio guida è quello espresso già da tempo dal Ministero delle
finanze5 secondo cui: “Le prestazioni coordinate e continuative sono caratterizzate da regolarità,
stabilità e sistematicità. Le prestazioni occasionali riguardano invece attività episodiche, saltuarie e
comunque non programmate”. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, infatti, si
contraddistinguono per elementi oggettivi ed in particolare per “la continuità nel tempo della
5
Circ. Serv. III div. 58 e 68, prot. n. 5/984/97 e n. 6-607/97, contente le risposte fornite in occasione della
Video Conferenza del 20 maggio 1997
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prestazione lavorativa e la coordinazione che si realizza tramite l’inserimento funzionale del
parasubordinato nell’organizzazione economica del committente. Tali attività devono, inoltre, essere
svolte senza vincolo di subordinazione, senza l’impiego di mezzi organizzati e con retribuzione
periodica prestabilita”(Circolare del 6 luglio 2011 n. 67/E (par.2).
Tuttavia si deve precisare che non sempre i corrispettivi percepiti per prestazioni rese
nell’ambito di un rapporto di collaborazione continuativa ( o coordinata a progetto) sono
qualificabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. I proventi in esame sono
riconducibili in tale categoria reddituale solo se l’attività prestata non rientra nei compiti istituzionali
compresi nell’attività di lavoro dipendente o nell’oggetto dell’arte o professione esercitata dal
contribuente. In caso contrario, i compensi percepiti vengono attratti, rispettivamente, nei redditi di
lavoro dipendente di cui all’art 49 TUIR o nei redditi di lavoro autonomo. In sintesi l’art 50, comma
1, lettera c-bis, del TUIR, ha stabilito un principio di attrazione nella sfera del lavoro autonomo dei
rapporti di collaborazione che risultino inerenti all’attività artistica svolta dal contribuente in via
professionale (o nel reddito da lavoro dipendente se l’attività svolta rientri nei compiti istituzionali
compresi nell’attività di lavoro dipendente). Tale connessione alle mansioni tipiche dell’attività
esercitata da parte del prestatore, come chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 12.12.2001
n. 105/E, deve essere valutata caso per caso.
Per completezza, si evidenzia che sia i compensi percepiti dai prestatori di attività di lavoro
autonomo di natura occasionale che quelli percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi (o
collaboratori coordinati a progetto), non sono assoggettati ad IRAP per difetto del requisito
dell’autonoma organizzazione (per la prassi: Risoluzione della Agenzia delle Entrate n 32 del 2002;
per la giurisprudenza: Corte di Cassazione, sez. Trib., sentenza 16 settembre 2010,n. 19607, che
richiama Cass. nn. 3676, 3673, 3678, 3680 del 2007). Inoltre, si rammenta che sia il corrispettivo
percepito dal musicista occasionale che quello percepito dai co.co.co. non è assoggettato ad IVA,
per difetto del presupposto soggettivo in capo al prestatore.
2.4
L’artista “imprenditore”
Ai sensi dell’art 56 del TUIR, sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di
imprese commerciali. Per attività commerciali, ai sensi del secondo comma di tale articolo, si deve
intendere sia l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate
nell’art. 2195 c.c. (attività industriale diretta alla produzione di beni o i servizi, attività intermediaria
nella circolazione dei beni; attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; attività bancaria o
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assicurativa; attività ausiliarie delle precedenti) che l’esercizio delle attività indicate alle lettere b) e
c) del comma 2 dell’art. 32 TUIR (attività agricole) se eccedono i limiti ivi indicati. Tali attività
danno luogo sempre a redditi d’impresa anche se non sono organizzate in forma d’impresa.
Il secondo comma dello stesso articolo, stabilisce inoltre che sono considerati redditi
d’impresa anche “i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette
alla prestazione di servizi che non rientrano nell’ art. 2195 c.c.”. Da tale disposizione discende,
dunque, che anche le attività riconducibili in linea di principio nell’esercizio di arti (e professioni) e,
quindi, nell’ambito di attività di lavoro autonomo, possono dare luogo a redditi riconducibili tra i
redditi d’impresa qualora ricorra una organizzazione imprenditoriale nel cui contesto la prestazione
intellettuale od artistica perda il ruolo di elemento prevalente ed, al contrario, assuma preponderante
rilevanza l’elemento organizzativo complessivamente considerato (Circolare Ministero delle
Finanze – Imposte Dirette del 12 aprile 1983 n 12; Risoluzione Ministero delle Finanze
Dipartimento delle Entrate Dir. Centrale :Affari Giuridici e Contenzioso Tributario del 17 luglio
1996 n 129). In tale ipotesi, troverà applicazione il sistema di determinazione “analitica” del reddito
stabilito dalle norme contenute nella sez I del capo II del titolo II, salvo quanto stabilito dal capo VI
del Titolo I del TUIR.
Si evidenzia, inoltre, che i redditi prodotti saranno sempre qualificabili come redditi
d’impresa qualora l’attività artistica venga svolta tramite società in nome collettivo, società in
accomandita semplice o, addirittura, in forma di società di capitali.
Si rammenta infatti che, ai sensi dell’art 6, comma 3, TUIR “I redditi delle società in nome
collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto
sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme
relative a tali redditi”. In particolare, come stabilito dal primo comma dell’art 56 del TUIR in tale
ipotesi il reddito della società di persone si determina secondo le norme contenute nella sez.I del
capo II del titolo II (nonché delle norme del capo VI del titolo II relative alle società ed agli enti di
cui all’art 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR) dettate in materia di IRES per le società di capitali.
Nello stesso senso l’art 81 TUIR che sancisce il principio della vis attrattiva nel reddito d’impresa di
tutti gli elementi reddituali prodotti dalle società di capitali. Ai sensi di tale articolo, infatti, il reddito
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complessivo delle società e dagli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 73,
da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa6.
In tale ipotesi le prestazioni, in presenza del requisito territoriale (vedi sopra par 1.2), sono
soggette ad IVA e danno luogo a materia imponibile ai fini IRAP
2.5
I redditi prodotti in forma associata
Gli artisti infatti possono anche esercitare l’attività artistica in forma associata e per
raggiungere tale scopo possono adottare diversi modelli giuridici.
Come già illustrato, nel caso in cui la prestazione artistica (o lo sfruttamento dell’opera
intellettuale) avvenga tramite una società in nome collettivo, una società in accomandita semplice o,
addirittura, tramite una società di capitali, i redditi prodotti costituiranno redditi d’impresa. Si deve
rammentare che, tuttavia, gli stessi redditi assumono una diversa qualificazione reddituale in capo ai
soci persone fisiche cui vengono imputati o distribuiti dalle società su indicate. In particolare, i
redditi imputati, ai sensi dell’art 5 TUIR, per trasparenza dalle società di persone, costituiscono
“redditi di partecipazione” (categoria che in realtà non costituisce una autonoma e distinta categoria
reddituale rispetto a quelle individuate nel citato art 6 del TUIR); i redditi (utili) distribuiti
(dividenti) dalle società di capitali ai soci, assumono invece la qualifica di “redditi di capitale”, il cui
regime impositivo è contenuto negli articoli 44 e seguenti del TUIR.
In relazione all’esercizio tramite società di capitali dell’attività artistica è opportuno
evidenziare come recentemente al fine di agevolare l’inizio di nuove attività imprenditoriali l’art 3
del D.L. 24 gennaio 2012 n.1 abbia introdotto nel codice civile - art 2463- bis c.c.- la figura della
società semplificata a responsabilità limitata . Inoltre l’art 44 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83 ha
esteso la possibilità di costituire società a responsabilità limitata a capitale ridotto anche alle
persone fisiche che abbiano superato tale età. In relazione a tali società si rammenta la possibilità di
optare per il regime di trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria (c.d. piccola
trasparenza ) ex art 116 T.U.I.R.. In tal caso i redditi prodotti dalla società a responsabilità limitata
vengono imputati direttamente per trasparenza ai soci persone fisiche a prescindere dalla effettiva
distribuzione degli utili.
6
a) società per azioni, in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata [, società cooperative,
società di mutua assicurazione, società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001; societa’ cooperative europee di
cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle
società ed i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività
commerciali
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Si deve inoltre evidenziare che nel caso in cui la prestazione artistica (o il diritto allo
sfruttamento dell’opera) avvenga tramite una società, sarà necessario andare ad esaminare il
rapporto giuridico eventualmente esistente tra questa ed i singoli soci (musicisti/autori ) ed in virtù
del quale quest’ultimi, rendendo materialmente la prestazione cui si obbliga la società nei confronti
dei terzi committenti/acquirenti, maturano il diritto a percepire un corrispettivo (es lavoro
dipendente). Tale corrispettivo, infatti, andrà inquadrato, sulla base degli stessi criteri indicati nei
paragrafi precedenti, in una delle categorie reddituali già viste.
Al di fuori di tali ipotesi e se l’attività, per caratteristiche oggettive, non assume la natura di
una vera e propria attività commerciale e/o industriale (prevalenza di beni strumentali rispetto
all’apporto intellettuale - vedi quanto detto nel par. 2.4), gli artisti possono ricorrere
fondamentalmente a due modelli associativi: la società semplice tra professionisti e l’associazione
tra professionisti (tali soggetti collettivi, come è noto, non possono infatti esercitare attività
d’impresa). A tale proposito si evidenzia che la scelta per l’uno o l’altro schema negoziale è, sotto il
profilo fiscale sostanzialmente indifferente in quanto l’art 5, comma 3 lettera d) del TUIR, equipara
il trattamento fiscale applicabile nell’una e nell’altra ipotesi. Tale disposizione, infatti, stabilisce
che, ai fini delle imposte sui redditi, le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone
fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, sono equiparate alle società semplici.
L’ associazione tra professionisti, che costituisce sicuramente la forma più comune per
l’esercizio in forma associata delle professioni artistiche, è dunque soggetta sostanzialmente alla
disciplina applicabile alle società semplici. Da ciò consegue che, ai fini delle imposte sui redditi, alle
società ed associazioni in parola non viene riconosciuta una soggettività piena e distinta da quella
del socio, dell’associato o del partecipante, seppure su di esse gravino precisi obblighi contabili e
dichiarativi (si veda al riguardo il combinato disposto degli articoli 1 e 13 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600). Pertanto i redditi prodotti dall’associazione sono imputati per trasparenza agli
associati in proporzione alle quote di partecipazioni agli utili dei vari artisti e costituiscono sempre,
come espressamente sancito dall’art 53, comma 1, TUIR, redditi di lavoro autonomo.
In via generale ed in sintesi si rammenta che: a) il reddito dell’associazione /società semplice
deve essere determinato in via analitica con le regole previste per il lavoro autonomo ma in modo
complessivo per l’intera associazione; b) i compensi percepiti dall’associazione, se corrisposti da un
sostituto d’imposta, sono soggetti a ritenuta d’acconto. Gli stessi concorrono alla formazione del
reddito imponibile per il loro intero ammontare e le ritenute vengono scomputate dall’imposta lorda.
12
Le ritenute subite dall’associazione vengono attribuite agli associati, con possibilità per gli stessi di
riassegnare all’associazione l’eventuale eccedenza non utilizzata; c) il reddito è attribuito, nello
stesso periodo di produzione, a coloro che risultano associati alla fine del periodo d’imposta, in
proporzione alle quote risultanti all’inizio dello stesso, a prescindere dell’effettiva distribuzione e
percezione degli stessi. A tale proposito si rammenta che le quote di partecipazione agli utili si
presumono proporzionate al valore dei conferimenti, ove esistenti, salvo che le stesse quote di
partecipazione siano state determinate diversamente nell’atto pubblico o nella scrittura privata
autenticata di costituzione o in altro atto pubblico o scrittura privata. Nel caso di associazioni tra
professionisti, si deve evidenziare che, diversamente rispetto alle società semplici, tali atti possono
essere redatti fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione (modello
Unico società di persone, compilazione quadro RE); d) il risultato negativo di periodo
dell’associazione (perdita) viene imputato agli associati nella medesima misura in cui sarebbero
imputabili gli utili e sono da questi utilizzabili in compensazione degli altri redditi prodotti dagli
stessi nel medesimo periodo d’imposta.
Mentre, come visto, ai fini delle imposte sui redditi, alle società ed associazioni in parola non
viene riconosciuta una soggettività piena e distinta da quella del socio, dell’associato o del
partecipante, tale soggettività sussiste in altri settori impositivi.
In particolare ai fini dell’imposta sul valore aggiunto l’ articolo 5, al primo comma, DPR
633/72 dispone che “per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale,
ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo […] da parte di società semplici o di
associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma
associata delle attività stesse”. Pertanto ai fini IVA le società ed associazioni indicate dall’articolo 5
del TUIR soddisfano il requisito personale ed hanno una soggettività distinta da quella dei soci ed
associati. Per tale ragione tali soggetti debbono essere titolari di una propria partita IVA emettere
fatture in nome proprio e sono tenute al rispetto di tutti gli altri obblighi previsti dalla disciplina
dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini IRAP si rammenta che l’articolo 3, comma 1, lettere b) e
c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ricomprende le società ed associazioni senza personalità
giuridica tra i soggetti passivi dell’imposta regionale sulle attività produttive. Come chiarito
dall’Agenzia delle entrate, con la circolare del 13 giugno 2008 n. 45/E, nel caso di esercizio in
forma associata di professioni di lavoro autonomo ed artistico, si presume sempre l’esistenza di
un’autonoma organizzazione (nello stesso senso si rammenta l’orientamento della Suprema Corte di
13
Cassazione con la sentenza n .13570 del 11 giugno 2007 e nella recente ordinanza n.22212 del 29
ottobre 2010) idonea a determinare l’insorgere del presupposto impositivo.
Si rammenta infine che l’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973 attribuisce agli enti in parola la
qualifica di sostituti d’imposta (circolare N. 56/E del 23 dicembre 2009).
2.6
Direttori artistici e collaboratori tecnici di cori, bande musicali e filodrammatiche che
perseguono finalità dilettantistiche
L’ordinamento fiscale italiano prevede un regime particolarmente favorevole per i direttori
artistici e per collaboratori tecnici di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità
dilettantistiche.
Ai sensi dell’art 67, comma 1, lettera m) del TUIR i compensi erogati ai direttori artistici ed
ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e
filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, se non costituiscono redditi di capitale
ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da
società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore
dipendente, sono da ricondurre nell’ambito dei redditi diversi. Ai sensi dell’art. 69, comma 2, del
medesimo Testo unico, le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m)
del comma 1 dell’articolo 67 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore
complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro (non concorrono, altresì, a formare il reddito i
rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in
occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale).
Inoltre, ai sensi del combinato disposto degli articoli 69, comma 2, del TUIR e 25, comma 1, della
legge 13 maggio 1999, n. 133, sulla parte imponibile dei redditi di cui all’articolo 67, comma 1,
lettera m), del TUIR, le società e gli enti eroganti operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta nella
misura fissata per il primo scaglione di reddito dall’articolo 11 dello stesso testo unico (attualmente
il 23%), maggiorata delle addizionali regionali e comunali. La ritenuta viene applicata a titolo
d’imposta per la parte imponibile dei suddetti redditi compresa fino a euro 20.658, 28, mentre è
operata a titolo di acconto per la parte imponibile che eccede il predetto importo.
Si deve evidenziare che, come si evince dalla lettera della norma, il regime di favore
descritto si applica solo se l’attività posta in essere da tali soggetti non sia riconducibile, per
caratteristiche oggettive e soggettive, nell’ambito di categorie reddituali differenti.
14
3
I diritti d’autore
Ai sensi dell’art. 2575 del c.c.: “formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di
carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative,
all’architettura, al teatro e alla cinematografia qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.
Il diritto d’autore è tutelato giuridicamente quando le opere dell’ingegno sono “creative, rese
pubbliche e riprodotte” ed, inoltre, abbiano caratteristiche di “originalità e novità” (in tal senso tra
tutte vedi Cass. civ. n. 10516/94). In sintesi, la tutela sussiste allorché sia realizzato qualcosa che
presenti elementi di novità, che sia distinguibile da altre opere e non sia la mera variazione di un
opera già esistente (originale).
In via di premessa si deve precisare che, sotto il profilo fiscale, il diritto d’autore rileva
esclusivamente sotto il profilo di carattere patrimoniale, come diritto allo sfruttamento esclusivo
della creazione a fini economici (il diritto morale d’autore, è inalienabile ed imprescrittibile e non ha
contenuto patrimoniale) ed a tale profilo che nel corso della relazione ci si riferirà quando si parlerà
genericamente di diritto d’autore.
Il diritto allo sfruttamento economico dell’opera è “plurimo” nel senso che comprende: a) il
diritto di riproduzione, ossia di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo;
b) il diritto di esecuzione e/o rappresentazione dell’opera; c) il diritto di diffusione, ossia di
diffondere l’opera a distanza (mediante radio, televisione, via satellite o via cavo, su reti
telematiche, ecc.); d) il diritto di distribuzione, ossia di commercializzazione dell’opera su supporti
materiali; e) il diritto di elaborazione, ossia di apportare modifiche all’opera originale, di
trasformarla, adattarla, ridurla.
Tali diritti possono essere esercitati direttamente dall’autore ma, più di frequente, il
compositore o l’ autore di testi musicali cede a terzi ( quasi sempre in via esclusiva) il diritto allo
sfruttamento economico delle opere realizzate. Una volta che la titolarità del diritto d’autore viene
trasferita, sarà, ovviamente, il soggetto che ha acquistato il diritto allo sfruttamento economico
dell’opera a ritrarre un reddito fiscalmente rilevante.
Il nostro Legislatore, ben consapevole della prassi commerciale in uso nel mondo della
musica, riconduce i proventi derivanti dallo sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno a
15
differenti tipologie reddituali in ragione della “qualifica” dell’alienante (con conseguente differente
modalità di determinazione dell’imponibile).
In particolare, l’ art. 53 comma 2 lett. b) del TUIR stabilisce che, se non sono conseguiti
nell’esercizio di imprese commerciali, i compensi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte
dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o
informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico,
rientrano tra i redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo .
L’art. 67 co. 1 lett. g) del TUIR, pur facendo salva la disposizione contenuta nel citato art. 53
del TUIR, riconduce, invece, nella categoria residuale dei “redditi diversi”, quelli derivanti
dall’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di processi, formule e informazioni
relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale e scientifico (c.d. “know-how”).
In sintesi: dalla lettura combinata degli artt. 53 e 67 del TUIR emerge che dalla cessione dei
diritti d’autore, possono originare proventi riconducibili a due categorie reddituali:
• il provento costituisce reddito assimilato a quelli di lavoro autonomo ex art. 53 del TUIR, se il
soggetto beneficiario è l’autore;
• il reddito ritratto ha natura di reddito diverso ex art 67 co. 1 lett. g) del TUIR, se, invece, il
soggetto beneficiario ha acquisito il bene immateriale dal cui sfruttamento economico deriva il
reddito a titolo oneroso o a titolo gratuito (es. erede dell’autore o dell’inventore).
Nella prima ipotesi, il reddito è pari all’ammontare dei compensi in denaro o in natura
percepiti dall’autore o inventore nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli
utili. Il legislatore per favorire le attività artistiche ha previsto una riduzione della base imponibile,
a titolo di deduzione forfetaria delle spese, nella misura del 25% ovvero del 40% se i relativi
compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni (art. 54 co. 8 del TUIR). L’esistenza di
tale deduzione forfettaria impedisce la deduzione analitica dei costi sostenuti dall’autore per la
realizzazione dell’opera e regolarmente documentati. Ai sensi di quanto disposto dal 2° cpv del
comma 1 dell’art 25 del D.P.R. 29 settembre 1973n. 600, il committente sostituto d’imposta deve
praticare una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF pari al 20% sull’ammontare imponibile (ossia al
netto della deduzione forfettaria) del corrispettivo corrisposto all’autore/compositore (Esempio 1.
Autore di età uguale o maggiore di 35 anni e corrispettivo lordo pari a 100 => il corrispettivo
imponibile è pari a 75 (100-25) e la ritenuta da effettuarsi sarà pari a 15 (20% di 75); Esempio 2.
16
Autore di età minore di 35 anni e corrispettivo lordo di 100 => il corrispettivo imponibile è pari a 60
(100-40)=60 e la ritenuta da effettuarsi sarà pari a 12 (20% di 60)).
Nella seconda ipotesi, i proventi ritratti dallo sfruttamento dei diritti immateriali in esame da
parte di soggetti diversi dall’autore, risultano imponibili in misura diversa a seconda che gli stessi
siano stati o meno acquistati a titolo oneroso. L’art. 71, comma 1, del TUIR stabilisce, infatti, che
tali redditi sono determinati applicando all’ammontare percepito nel corso del periodo d’imposta
una percentuale di riduzione forfetaria del 25%, se i diritti sono stati acquisiti a titolo oneroso.
Anche in tale ipotesi la presenza di un abbattimento forfetario esclude la possibilità di portare in
deduzione le eventuali spese sostenute per l’acquisizione del bene immateriale e le altre spese
inerenti. Se, invece, il diritto allo sfruttamento economico dell’opera e pervenuto al (con)cedente per
successione o donazione, non è ammessa nessuna deduzione.
A seconda come vengono inquadrate le somme percepite per lo sfruttamento di opere dell’ingegno
sono imponibili, dunque, nella misura evidenziata nella tabella che segue.
PERCIPIENTE
Autore (reddito ass. lav. autonomo ex art. 53
BASE IMPONIBILE
75%
TUIR)
Autore o inventore di età inferiore a 35
60%
anni
(reddito ass. lav. autonomo ex art. 53 del TUIR)
Acquirente diritti d’autore
75%
(reddito diverso ex art 67 co. 1 lett. g) del TUIR)
Erede o donatario
100%
(reddito diverso ex art 67 co. 1 lett. g) del TUIR)
Per effetto della clausola di riserva contenuta dall’art 53, comma 2 lett.b) del TUIR (“se non
sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali”), qualora il diritto allo sfruttamento
economico avvenga nell’ambito di un’attività d’impresa (eventualmente esercitata in forma
societaria), il relativo provento confluirà, assieme a tutti gli altri elementi positivi di reddito, nella
determinazione del reddito dell’esercizio, dando luogo a redditi d’impresa.
Ritenute. Si evidenzia che sia i proventi percepiti direttamente dall’autore e riconducibili tra i
redditi di lavoro autonomo, che quelli percepiti da soggetti terzi (acquirenti a titolo oneroso, eredi o
donatari) e riconducibili tra i redditi diversi, sono soggetti alla ritenuta a titolo d’acconto del 20% di
17
cui all’art 25, comma 1, del D.P.R. 600/737. Tale ritenuta deve essere calcolata sulla parte
imponibile dei corrispettivi (come vedremo nel paragrafo 4.1.1, nel caso di percipienti non residenti
la ritenuta è del 30 % ed è a titolo d’imposta).
In materia di IVA si rammenta che la cessione del diritto d’autore ha rilevanza solo se viene
posta in essere da un soggetto diverso dall’autore, dall’erede o dal legatario e sempreché il cedente
sia uno dei soggetti passivi indicati negli artt. 4 e 5 del D.P.R. 633/72.
Come già illustrato, infatti, non sono considerate prestazioni di servizi, le cessioni, concessioni,
licenze e simili relative a diritti d’autore se effettuate direttamente dagli autori e loro eredi o legatari
(art. 3, terzo comma, lett. a, del D.P.R. n. 633/1972). In tale ipotesi, i compensi corrisposti da un
operatore nazionale ad artisti-persone fisiche sono oggettivamente fuori campo IVA. La residenza
dell’autore (Italia, UE o extra-UE) non influisce in alcun modo sul regime appena delineato. In
definitiva, se l’autore (erede o donatario) è residente in Italia, non dovrà emettere fattura con IVA,
anche se è fornito di partita IVA ad altro titolo. Se, al contrario, l’autore non è residente in Italia
(soggetto UE o extra-UE), l’operatore nazionale non avrà obbligo di emettere autofattura per
mancanza del presupposto oggettivo (l’operazione non è una “prestazione di servizi” ai fini IVA).
4.
L’artista “internazionale”
Il quadro normativo diviene più complesso nel momento in cui le prestazioni musicali
assumono profili internazionali.
L’art. 3 del TUIR individua distintamente i redditi imponibili in Italia con riguardo ai soggetti
residenti e ai soggetti non residenti, determinando il limite entro cui può essere esercitata la potestà
impositiva riconosciuta, in base alle norme interne, all’ordinamento tributario italiano.
Per quel che concerne i soggetti residenti, in applicazione del cd. principio c.d. world wide, sono
soggetti ad imposizione in Italia anche i redditi prodotti all’estero; nei confronti dei soggetti non
residenti, sono imponibili in Italia esclusivamente quei redditi che, in forza dell’art. 23 del TUIR, si
considerano prodotti nel territorio dello Stato.
Assume pertanto rilievo preponderante il concetto di residenza fiscale contenuta nell’art 2 del TUIR.
7
art 33 del D.P.R 42/1988: “4. La ritenuta prevista nell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, deve essere anche operata: a) con l’aliquota del 20 per cento, sui redditi indicati
nell’articolo 49(ora 53), comma 2, lettera d), e comma 3, e nell’articolo 81(ora 67), comma 1, lettere g) ed m), del testo
unico; per i redditi di cui alla lettera g) la ritenuta e’ operata sulla parte imponibile del loro ammontare.
Nelle ipotesi di cui al secondo ed al quarto comma del predetto articolo 25 l’aliquota della ritenuta si applica
nella misura del 30 per cento”;
18
Tale articolo stabilisce la nozione di residenza fiscale chiarendo che, ai fini delle imposte sui redditi,
si considerano residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono
iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio
(“luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”ex art 43 c.c.) o la
residenza (“luogo in cui una persona ha la dimora abituale” ex art 43 c.c.) ai sensi del codice civile
e, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed
emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del
Ministero delle Finanze. Si rammenta che secondo la prassi dell’Amministrazione Finanziaria
(Circolare Min. Finanze del 2 dicembre 1997, n. 304) il “centro di affari ed interessi” è da
intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica,
ma anche morali, sociali e familiari. Inoltre, la giurisprudenza, sia nazionale (Cass. 15 giugno 2010
n. 1443) che comunitaria (Corte di giustizia CEE sentenza 156/2007) nonché la prassi
dell’Amministrazione Finanziaria, sono concordi nel ritenere che i rapporti familiari e personali
debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelli patrimoniali. Pertanto se un soggetto ha i propri
interessi economici in uno Stato ma ha invece i propri interessi familiari o personali in un altro
Stato, è in quest’ultimo che deve ritenersi residente sotto il profilo fiscale.
4.1.
La normativa “interna”
L’art 23 del TUIR stabilisce, con riferimento ai redditi prodotti dai non residenti, vari criteri
di collegamento territoriale. Tra tali criteri, quello da applicarsi in concreto deve essere individuato
in ragione della categoria reddituale in cui la prestazione artistica è riconducibile.
In particolare, per quel che concerne le esecuzioni musicali, laddove il rapporto sottostante sia
qualificabile come contratto di lavoro dipendente (comma 1, lett. c)), i redditi degli artisti si
considerano prodotti in Italia, e quindi ivi soggetti ad imposizione, laddove le prestazioni artistiche
siano esercitate nel territorio dello Stato. Lo stesso criterio sostanziale si applica sia laddove tale
rapporto sia riconducibile al
lavoro autonomo strettamente inteso od al lavoro autonomo
occasionale (comma 1 lett. d) ed f)), in quanto i redditi ad essi riconducibili si considerano prodotti
in Italia se derivanti da attività esercitate o svolte nel territorio dello Stato.
Invece per quel che concerne i co.co.pro.(co.), l’art 23, comma 2 lettera b) del TUIR stabilisce che,
indipendentemente dalle condizioni indicate nel primo comma, i redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente di cui alla lettera c -bis) dell’art 50 TUIR si considerano prodotti in Italia, se corrisposti
19
dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio
stesso di soggetti non residenti.
Infine, sempre a prescindere dalle condizioni indicate al primo comma, si considerano
prodotti in Italia, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili
organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, i compensi conseguiti da imprese,
società o enti non residenti per prestazioni artistiche effettuate per loro conto nel territorio dello
Stato (art 23, comma 2, lettera d)).
A ben vedere, dunque, il criterio di localizzazione del reddito prodotto dagli artisti per le prestazioni
artistiche è determinato dalla normativa interna, seppure con riguardo distintamente alle diverse
tipologie reddituali, facendo riferimento prevalentemente al criterio di collegamento del luogo in cui
sono rese le prestazioni artistiche8. Tale criterio, del resto, trova generale applicazione anche
nell’ambito della normativa convenzionale al fine di determinare lo Stato contraente titolare della
potestà impositiva.
Per quel che concerne i diritti d’autore si deve osservare invece che, ai sensi della lettera c)
del secondo comma dell’art 23 citato, i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno si
considerano prodotti nel territorio dello Stato, se “corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel
territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio dello stesso di soggetti non residenti”.
4.1.1. I redditi degli artisti non residenti in Italia
Gli obblighi tributari dei soggetti non residenti che ritraggono un reddito per l’esecuzione in
Italia di prestazioni artistiche, sono generalmente assolti mediante l’applicazione di una ritenuta alla
fonte a titolo d’imposta. Di regola, infatti, il sistema adottato per la tassazione di soggetti non
residenti è quello della ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, in quanto tale sistema rappresenta
l’unica forma di prelievo fiscale che garantisce all’Erario il pagamento dell’imposta dovuta da
soggetti non residenti.
Più in particolare, i redditi percepiti da un artista non residente, territorialmente rilevanti in Italia ex
art 23 TUIR, sono soggetti, anche in deroga ai principi generali di imposizione degli utili d’impresa,
ad una ritenuta a titolo d’imposta (quindi, a titolo definitivo) del 30%, secondo quanto disposto dal
8
Salvo il caso in cui i proventi costituiscano redditi d’impresa. In tale caso affinché il reddito si possa ritenersi
prodotto in Italia ed ivi imponibile, è necessario che l’attività artistica sia svolta in Italia tramite una stabile
organizzazione.
20
combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 25 del D.P.R. 600 del 1973, per i lavoratori autonomi9
e per i lavoratori occasionali (“prestazioni di lavoro autonomo ancorché non esercitate
abitualmente”), e dall’art 24, comma 1 ter, del medesimo decreto, per le collaborazioni coordinate
continuative rese da collaboratori non residenti. Costituisce un’eccezione a tale principio la
disciplina che si applica ai redditi percepiti dai musicisti non residenti che effettuano la loro
prestazione in Italia in ragione di un rapporto di lavoro subordinato. In tale ipotesi, infatti, si applica
la ritenuta a titolo di acconto prevista in via generale ed ordinaria dall’art 23 D.P.R. 600 del 1973
per i redditi percepiti dai lavoratori dipendenti.
Anche i proventi percepiti dagli autori o da loro aventi causa non residenti in Italia (soggetti UE o
extra-UE), per la cessione del diritto allo sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno, sono
soggetti alla ritenuta a titolo d’imposta del 30%, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 25 del D.P.R. n.
600/1973. Tuttavia, la ritenuta deve essere calcolata solo “sulla parte imponibile” del corrispettivo
(da individuarsi alla luce di quanto illustrato nel paragrafo 3).
4.1.2. I redditi degli artisti residenti in Italia prodotti all’estero
Gli artisti fiscalmente residenti in Italia sono soggetti ad imposizione, secondo le regole
indicate all’art. 3 TUIR, anche sui redditi prodotti all’estero.
In applicazione del principio di tassazione world wide, l’Italia, in qualità di Stato di residenza,
assoggetta a tassazione tutti i redditi ovunque prodotti dai residenti. Pertanto, anche i redditi prodotti
all’estero concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile in Italia. In tale ipotesi,
tuttavia, al fine di evitare possibili fenomeni di doppia imposizione internazionale, si riconosce, in
favore dell’artista residente in Italia i cui redditi esteri siano stati assoggettati a tassazione anche
nello Stato della fonte, un credito d’imposta per le imposte assolte all’estero. L’art. 165 del TUIR
prevede, infatti, che se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi che, sulla base di
criteri speculari a quelli indicati dall’art. 23 del TUIR, si considerano prodotti all’estero, “le imposte
ivi pagate sugli stessi a titolo definitivo sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino
alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed
il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in
diminuzione”. In tal modo, l’Italia, come Stato di residenza, limita la doppia imposizione che deriva
9
Tuttavia, ai compensi corrisposti alla base fissa in Italia di un’associazione professionale estera, i sostituti
d’imposta debbono applicare la ritenuta “ordinaria” del 20% ai sensi dell’art. 25, comma 1, D.P.R. 600/73 (Ris.
n.154/E del 11 giugno 2009)
21
dal concorso, sulla medesima fonte reddituale, delle pretese impositive sia dello Stato della fonte
che dallo Stato di residenza.
Per i lavoratori dipendenti residenti che prestano la loro attività lavorativa all’estero si deve
rammentare che sono previste delle disposizioni specifiche ed agevolative per le somme percepite a
titolo di indennità di trasferta in occasione delle trasferte di breve durata ( art 51, comma 5, TUIR),
per le somme percepite a titolo di indennità di trasferimento e di prima sistemazione (art 51, comma
7,TUIR), nonché per quelle percepite a titolo di assegno di sede e per altre indennità per servizi
prestati all’estero, nel caso di trasferte di lunga durata (art 51, comma 7,TUIR). Il legislatore
tributario ha inoltre previsto all’art 51, comma 6, TUIR, una specifica agevolazione sulle indennità e
sulle maggiorazioni di retribuzione corrisposte ai lavoratori che sono tenuti per contratto
all’espletamento delle proprie attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi ed anche se
corrisposte con carattere di continuità.
Si rammenta infine che, ai sensi del comma 8-bis del citato art 51 TUIR, “il reddito di lavoro
dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da
dipendenti che, nell’arco di dodici mesi, soggiornano nello stato estero per un periodo superiore a
183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il
decreto del ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma 1, del DL 31
luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 ottobre 1987, n. 398”10.
4.2. Il trattamento fiscale degli artisti per le esecuzioni materiali di brani musicali e per lo
sfruttamento del diritto d’autore nelle convenzioni internazionali
Accanto ai principi generali che governano la tassazione degli artisti nell’ambito della
legislazione fiscale nazionale, le regole di tassazione degli artisti e operanti in ambito internazionale
si completano nell’analisi delle disposizioni contenute nell’ambito delle Convenzioni internazionali
contro le doppie imposizioni. Si deve evidenziare, infatti, che le norme internazionali prevalgono su
quelle di diritto interno alla luce, da un lato, dei principi di carattere generale regolanti la gerarchia
delle fonti del diritto e, dall’altro lato, sia dalla disposizione di cui all’art 75 del D.P.R. 29 settembre
1973.n. 600, in cui si afferma espressamente che “Nell’applicazione delle disposizioni concernenti
le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia”, che dall’art.
10
La mancata inclusione nell’apposito decreto emanato annualmente dal Ministero del Lavoro del settore economico nel
quale viene svolta all’estero l’attività da parte del lavoratore dipendente non consente di applicare la tassazione sulla
base delle retribuzioni convenzionali fissate nel medesimo provvedimento(Circ. AE 13 maggio 2011 n. 20/E).
22
169 del TUIR il quale prevede che le disposizioni del TUIR si applicano, se più favorevoli al
contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione.
La disciplina contenuta nelle Convenzioni internazionali è di regola conforme alle previsioni del
Modello OCSE di Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni. Tali regole
costituiscono
parte del cd. diritto internazionale tributario, ossia di quel complesso di norme
internazionali aventi ad oggetto la tassazione dei redditi transnazionali, prevalentemente costituito
dalle convenzioni internazionali in materia di doppia imposizione.
Le Convenzioni internazionali stipulate dall’Italia sono generalmente conformi alle disposizioni del
Modello OCSE di Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni.
4.2.1. Esecuzioni di prestazioni artistiche
In relazione alle prestazioni rese dal musicista in qualità di esecutore, l’art. 17 del Modello
OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni prevede che nonostante le disposizioni degli
articoli 7 (riguardante gli utili di impresa11) e 15 (concernente il rapporto di lavoro subordinato), i
redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dalle sue prestazioni personali esercitate
nell’altro Stato contraente in qualità di artista12 dello spettacolo, quale artista di teatro, del cinema,
della radio o della televisione, o in qualità di musicista, nonché di sportivo, sono imponibili in detto
altro Stato (c.d. Stato della fonte). Inoltre, ai sensi del secondo comma della disposizione in
esame, quando il reddito derivante da prestazioni personali esercitate da un artista di spettacolo o da
uno sportivo in tale qualità è attribuito ad una persona diversa dall’artista o dallo sportivo medesimi,
detto reddito può essere tassato nello stato contraente dove dette prestazioni sono svolte, nonostante
le disposizioni degli articoli 7 e 15.
11
Con la versione del Modello Ocse di convenzioni contro le doppie imposizioni del 27 gennaio 2000 è stato
espunto l’art. 14 relativo alle professioni indipendenti secondo cui i redditi che un residente di uno stato contraente
ritraeva dall’esercizio di una libera professione o di altre attività indipendenti erano imponibili soltanto in detto stato, a
meno che non si disponesse nell’altro stato di una base fissa di affari per l’esercizio delle sue attività. Il Commentario ha
rilevato come dalla soppressione dell’articolo 14 consegue che i redditi derivanti dall’esercizio di una libera professione
o da altre attività di carattere indipendente sono ora disciplinati dall’articolo 7 quali utili delle imprese.
12
Per quel che concerne l’individuazione della nozione di “artista” richiamata dalla normativa convenzionale ai
fini di determinare l’ambito di applicazione soggettivo della disposizione di cui all’art 17 citato, si rammenta che nel
“Commentario all’art. 17 del Modello OCSE di Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni “ si precisa
che tale espressione si riferisce “all’attore teatrale, all’attore cinematografico e all’attore che partecipa a filmati
pubblicitari” richiamati dalla stessa disposizione convenzionale. La stessa si riferisce altresì alle attività aventi natura
politica, sociale, religiosa o di beneficenza qualora presentino un carattere di intrattenimento. Al contrario, non possono
essere inclusi nell’ambito di applicazione della disposizione convenzionale i redditi corrisposti al personale
amministrativo o tecnico, come ad esempio agli operatori cinematografi, ai produttori, ai registri, ai coreografi, al
personale tecnico o di supporto al seguito di un gruppo musicale.
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Tale disposizione riconosce quindi la potestà impositiva sui redditi che un soggetto residente in uno
contraente ritrae dalle prestazioni personali esercitate in un altro Stato contraente in qualità di artista,
allo Stato in cui tali attività sono state esercitate, indipendentemente dalla qualificazione
giuridica del rapporto sottostante in base al diritto interno13.
Tuttavia, mancando una cd. “clausola di esclusività”, tali redditi possono essere soggetti ad
imposizione, in applicazione delle norme tributarie interne dei due Stati contraenti, anche nello Stato
contraente in cui l’artista è fiscalmente residente (c.d. Stato di residenza), oltre che nello Stato in
cui tali redditi sono prodotti (c.d. Stato della fonte). La disposizione in esame consente infatti di
riconoscere la potestà impositiva sui redditi prodotti dagli artisti in ambito internazionale allo Stato
della fonte, senza tuttavia limitare la potestà impositiva dello Stato di residenza, che pertanto
continua a trovare il suo fondamento normativo nei criteri personali di tassazione previsti
nell’ambito dei sistemi fiscali nazionali. In tali ipotesi, al fine di evitare possibili fenomeni di doppia
imposizione internazionale, lo Stato di residenza generalmente riconosce, in favore del soggetto
residente un credito d’imposta per le imposte assolte all’estero (come fa l’Italia) ovvero l’esenzione
del reddito estero.
In sintesi, per quel che concerne le prestazioni rese dal musicista in qualità di esecutore, in presenza
di una Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni che recepisca il contenuto dell’art
17 del modello Ocse, si possono realizzare i seguenti regimi impositivi.
A) Redditi percepiti dagli artisti non residenti per attività che, in quanto materialmente
rese in Italia, si considerano svolte sul territorio dello Stato. L’Italia, può assoggettare ad
imposizione tali redditi che si considerano prodotti in Italia già sulla base dei criteri interni di
localizzazione dei redditi prodotti da soggetti non residenti previsti dall’art. 23 TUIR. Tale
disposizione, seppur disciplinando distintamente le diverse tipologie reddituali, individua, di fatto,
un unico criterio di localizzazione reale del reddito percepito dai musicisti nel luogo in cui tali
prestazioni sono state rese. Pertanto, alla luce del combinato disposto dell’art. 17 delle
Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e dell’art. 3 del TUIR, l’Italia può
assoggettare ad imposizione i redditi percepiti dagli artisti non residenti per attività svolte sul
territorio dello Stato in qualità di Stato della fonte del reddito. In assenza di regole convenzionali
che individuino le modalità concrete di tassazione, tali redditi sono soggetti all’applicazione delle
13
Si deve guardare la natura dell'attività, obiettivamente considerata, “mentre si prescinde dalla configurazione giuridica
che riveste il soggetto attraverso cui viene posta in essere l'attività stessa” (Ris. Min.Fin. 8 maggio 1997 n.110)
24
regole interne di tassazione contenute nel D.P.R. 600 del 1973, e pertanto, ove corrisposti da
sostituti, ad una ritenuta a titolo d’imposta del 30%. Laddove la convenzione disponga diversamente
e ne ricorrano le condizioni, invece, il soggetto non residente che percepisca compensi per attività
musicali svolte nel territorio italiano, potrà richiedere l’applicazione del più favorevole regime
convenzionale che dovesse eventualmente riconoscere una potestà impositiva esclusiva allo Stato di
residenza.
B) Redditi percepiti dagli artisti residenti per esecuzioni musicali svolte all’estero. In
tale caso, in applicazione del principio di tassazione world wide (secondo cui tutti i redditi, ovunque
prodotti, dai soggetti residenti sono tassabili in Italia), i corrispettivi percepiti per le esecuzioni
effettuate all’estero sono comunque imponibili in Italia. In tale ipotesi, poiché si tratta di
corrispettivi percepiti per attività artistiche che, in ragione dell’applicazione speculare del criterio di
cui all’art 23 TUIR, si considerano svolte all’estero, l’artista residente ha diritto, ai sensi e nei limiti
di quanto stabilito nell’art 165 TUIR, al descritto (par. 4.1.2.) credito d’imposta per le imposte
assolte all’estero in via definitiva.
4.2.2. Diritti d’autore
In materia di diritti d’autore l’ art. 12 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie
imposizioni, rubricato “Canoni”, prevede come regola generale che “ 1. I canoni provenienti da uno
Stato contraente e pagati all’effettivo beneficiario residente dell’altro Stato contraente, sono
imponibili soltanto in detto altro Stato. 2. Ai fini del presente articolo, il termine “canoni” designa i
compensi di qualsiasi natura ricevuti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere
letterarie, artistiche o scientifiche, ivi comprese le pellicole cinematografiche, brevetti, marchi,
disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti, o per informazioni concernenti esperienze di
carattere industriale, commerciale o scientifico. 3. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano
nel caso in cui il beneficiario dei canoni, residente di uno Stato contraente, eserciti nell’altro Stato
contraente dal quale provengono i canoni un’attività economica per mezzo di una stabile
organizzazione ivi situata, ed il diritto o i beni generatori dei canoni si ricollegano effettivamente
tale stabile organizzazione. In tal caso si applicheranno le disposizioni dell’art. 7”.
Si deve osservare che attraverso l’uso dell’avverbio “soltanto”, il modello Ocse di
convenzione contro le doppie imposizioni ha previsto una vera e propria clausola di esclusività, in
ragione della quale il canone corrisposto per ottenere la concessione in uso e lo sfruttamento
dell’opera deve essere assoggettato a tassazione esclusivamente nel paese di residenza
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dell’autore. Pertanto nel caso in cui sia vigente una convezione contro le doppie imposizioni che
riproduca il contenuto dell’art 12 del modello di Convenzione OCSE, il canone che l’autore non
residente in Italia dovesse percepire dallo Stato italiano, da un soggetto residente in Italia o da una
stabile organizzazione sita in Italia di un soggetto non residente, non sarebbe imponibile in Italia
(nonostante il disposto di cui all’art 23 del TUIR) ma solo ed esclusivamente nel paese di residenza
dell’autore.
Si rammenta infine che, in virtù del principio di tassazione world wide di cui all’art 3 TUIR e salvo
una specifica disposizione convenzionale di senso contrario, i redditi percepiti dall’autore residente
in Italia, sono tassabili in Italia anche se corrisposti da soggetti non residenti.
4.2.3. Ritenute sui redditi prodotti da non residenti e non imponibili in Italia per effetto di
convenzioni internazionali
Si rammenta infine che ove per effetto di disposizioni convenzionali in reddito percepito da
un soggetto non residente debba considerarsi non tassabile in Italia, il sostituto d’imposta, sotto la
propria responsabilità e previa acquisizione della documentazione che attesti l’esistenza delle
condizioni richieste dalla disposizione sovranazionale, potrà astenersi dall’operare la ritenuta
prescritta. Tuttavia, secondo un consolidato orientamento dell’Amministrazione fiscale italiana,
l’applicazione diretta delle disposizioni convenzionali che esentano dall’effettuazione delle ritenute,
non costituisce un obbligo giuridico ma, invece, una mera facoltà per il sostituto d’imposta (cfr.
Risoluzione 24 settembre 2003, n. 183; Risoluzione 24 maggio 2000 n. 68). Per tale ragione, il
sostituto potrà comunque applicare la ritenuta a titolo d’imposta nonostante la richiesta del soggetto
non residente di beneficiare del più favorevole regime convenzionale (in tal caso l’artista potrà
ottenere, ovviamente, il rimborso delle ritenute subite).
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