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L`incanto dei Giardini Vaticani

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L`incanto dei Giardini Vaticani
L’incanto dei Giardini Vaticani
di Maria Luigia Ronco Valenti
Attualità
La metà dei 44 ettari di territorio su cui si estende la Città
del Vaticano sono occupati dai giardini, una delle meraviglie d’arte,
storia e cultura inserita in un’oasi di rarità botaniche provenienti
da tutto il mondo, quasi a volere suggellare l’universalità
della Chiesa Cattolica e del messaggio evangelico.
Duemila anni di storia
La zona era un tempo completamente separata dal tessuto urbano di
Roma e comprendeva alcune alture
e un settore pianeggiante invaso dagli acquitrini che vi si formavano durante le piene del Tevere occupato da
canneti e da rari filari di vigna.
La prima opera di risanamento fu
compiuta da Agrippina (14 a.C. – 33
d.C.), che vi fece costruire una villa,
e da suo figlio, l’imperatore Caligola che vi aggiunse un circo che venne poi ampliato e arricchito da Nerone (54 – 68 d.C.) e che venne usato, tra il 64 e il 67 d.C. come luogo
del martirio di numerosi cristiani tra
cui lo stesso apostolo Pietro.
La zona cambiò poi decisamente
aspetto quando l’imperatore Costantino, dopo aver concesso ai cristiani la
libertà di culto, fece sbancare la collina per costruirvi la basilica di San Pietro, intorno alla quale sorgevano soltanto rare casupole destinate ai custodi
e ai sacerdoti che vi celebravano le funzioni. La residenza dei papi si trovava allora in città, nei pressi della basilica del Salvatore al Laterano.
Le prime costruzioni di una certa importanza furono quelle fatte costruire da papa Leone I e da Simmaco (498 – 514) il primo papa che per
qualche tempo si stabilì in Vaticano;
ma dopo le incursioni dei Saraceni
che nell’846 devastarono la città e
saccheggiarono le basiliche di San
Paolo e di San Pietro, papa Leone IV
decise di salvaguardare il Vaticano da
altri episodi del genere con la co-
Attualità
struzione di una cinta di mura munita di torri di avvistamento che furono chiamate “mura leonine”.
All’interno di quelle mura (i cui resti sono ancora visibili nei Giardini
Vaticani) si trovavano già orti e terreni coltivati con vigne e frutteti,
Gli Orti di Nerone sui Colli Vaticani in
una incisione anonima del XVII secolo.
A fronte: il Vaticano (part. di una pianta
ottocentesca di Roma. Genova. Palazzo
Ducale. Fulvio Miglia, “Antichità
Militaria”). Sotto: Giardini Vaticani
in una stampa settecentesca francese.
(Genova, Galleria San Lorenzo al Ducale).
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mentre all’esterno si stendeva una zona di prati e di boschi che divenne il
primo nucleo dei Giardini Vaticani;
Niccolò III, difatti, (1277 – 1280) il
primo papa che prese dimora stabile in Vaticano, non solo restaurò il
palazzo papale, ma ampliò notevolmente la cinta delle mura Leonine fino a raggiungere il monte di Sant’Egidio, dando così inizio alla storia dei
Giardini Vaticani.
Accanto al frutteto “pomerium” (di
cui si ha notizia già durante il pontificato di Innocenzo IV (1243 –
1254) fu sistemato un vero e proprio
giardino “viridarium” in cui si trovavano, oltre a un prato e a una fontana, numerosi alberi di alto fusto. In
quel giardino l’archiatra di Niccolò
V, Simone da Genova, diede inizio alla coltivazione di piante medicinali
secondo la tradizione in uso nei monasteri benedettini e ne approfondì
lo studio scientifico che anticipò il
costituirsi di cattedre di botanica nelle università italiane.
Nel periodo che fu detto della “cattività avignonese” che durò circa settant’anni, i giardini furono in parte
abbandonati e solo col ritorno dei
papi a Roma nel 1378 e la loro stabile residenza nel palazzo pontificio
accanto a San Pietro, si provvide al
loro ripristino e a una nuova sistemazione non solo come luogo di rappresentanza per le cerimonie pontificie, ma anche allo scopo di permettere ai pontefici momenti di riposo e di salutari passeggiate.
Dedicarono la loro attenzione ai giardini sia Niccolò V che Pio II, l’umanista Enea Silvio Piccolomini,
ma un radicale rinnovamento si ebbe alla fine del Medio Evo durante
il pontificato del genovese Innocenzo VIII, Giovanni Battista Cibo
(1484 – 1492) che fece costruire il palazzetto detto “il Belvedere” sulle alture di monte Sant’Egidio facendolo circondare da cipressi e alberi di
aranci e dotandolo di una fontana
proprio in previsione che i papi vi
soggiornassero durante l’estate.
Fu Giulio II - il savonese Giuliano
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della Rovere (1503-1513) che tanto
impulso diede alle arti chiamando Michelangelo ad affrescare la volta della Cappella Sistina e Raffaello le Stanze - che affidò al Bramante il progetto di sistemazione e terrazzamento dell’area che doveva congiungere il Palazzo alla zona detta “cortile del Belvedere” che assunse un
aspetto scenografico tanto da essere
adibito a spettacoli teatrali, feste e tornei che vi si tennero a partire dal pontificato di Leone X (1513 – 1521), il
munifico Giovanni de’ Medici.
Gli ampliamenti e le modifiche proseguirono poi con gli interventi voluti da Clemente VII, il fiorentino
Giulio de’ Medici (1523 – 1534) nipote di Lorenzo il Magnifico e dal
suo successore Paolo III, Alessandro
Farnese (1534 – 1549) che fece spianare il terreno per ricavarne un nuovo giardino con viali coperti disposti a croce e racchiuso da un alto muro per cui prese il nome di “giardino segreto”.
Per usufruire di una residenza alternativa al Palazzo Pontificio dove
poter meditare e riposarsi Paolo IV
(1555 – 1559) si fece costruire una
palazzina immersa nel verde della
zona boschiva che fu completata durante il pontificato del suo successore
Pio IV e prese il nome di “Villa Pia”
o “Casina di Pio IV”, oggi sede della Pontificia Accademia delle Scienze, che viene considerata il gioiello
dei Giardini Vaticani. Come era
stato previsto nel progetto iniziale
davanti alla villa fu realizzato un
giardino con viali a raggiera e aiuole geometriche bordate da siepi di
bosso che, con Pio V, divenne “Il
Giardino dei semplici”, cioè di quelle piante medicinali il cui studio era
già iniziato in Vaticano fin dal XIII
secolo.
La coltivazione e lo studio scientifico delle piante e dei fiori fece sì che
il “Giardino dei semplici” divenisse
sede delle ricerche e delle sperimentazioni della cattedra di botanica istituita presso l’università romana della Sapienza finché essa non ebbe a
disposizione l’Orto Botanico che nel
1660 Alessandro VI fece realizzare
sulle pendici del Gianicolo e che divenne uno dei maggiori d’Italia.
Dalla fine del ‘500 ad oggi la struttura dei Giardini Vaticani non è cambiata molto in quanto i papi si stabilirono nel Palazzo del Quirinale e
i Giardini Vaticani furono sostituiti
dai grandi giardini dello stesso Quirinale. Per i soggiorni estivi preferirono trasferirsi a Castel Gandolfo nel
palazzo che Urbano VIII, Maffeo
Barberini (1623 – 1664), fece costruire sulle rovine del castello Savelli
e che poi ingrandì con l’aggiunta del
parco di Villa Barberini.
Nei secoli successivi l’unica opera
grandiosa realizzata da papa Paolo V,
Camillo Borghese (1605 – 1621), fu
il ripristino dell’antico acquedotto di
Traiano che condusse a Roma l’acqua del lago di Bracciano, l’Acqua
Paola, per mezzo della quale fu possibile realizzare nei giardini alcune
fontane tra cui quella detta “dello
Scoglio” o “dell’Aquila”, per il rapace che domina l’imponente scogliera, e quella spettacolare “della
Galera”, che prende il nome dal
grande vascello in metallo che spara zampilli e getti d’acqua dai suoi
cannoni. In una targa marmorea collocata a lato della fontana si legge
un distico latino composto da Maffeo Barberini che divenne papa con
il nome di Urbano VIII, che dice “La
nave da guerra dei papi non spara
fiamme ma la dolce acqua che spegne il fuoco”.
Quando nel 1870 ebbe fine il potere temporale dei papi e il Quirinale
divenne la reggia dei Savoia, Leone
XIII, Gioacchino Pecci (1878 – 1903)
che tornò ad abitare in Vaticano, dedicò molta cura ai giardini nei quali
si recava spesso seguendo con passione il lavoro dei giardinieri: vi fece sistemare una vigna e alcune stalle per cui nei giardini si videro paA fronte
Pianta dei giardini vaticani
in un’incisione del XVII secolo e,
sotto, i giardini all’epoca di Paolo V.
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scolare le caprette e vi furono allevati anche caprioli, daini, gazzelle e
altri animali donati al papa per il suo
giubileo sacerdotale.
Un altro dono che arricchì il percorso dei giardini fu una bella riproduzione della Grotta di Lourdes
meta della devozione dei papi, mentre il genovese Benedetto XV, Giacomo Della Chiesa (1914 – 1922), vi
fece erigere un “Tempietto della Madonna della Guardia”, protettrice di
Genova e assai venerata in Liguria.
La sovranità territoriale sullo Stato
della Chiesa riconosciuta dai Patti
Lateranensi nel 1929, e il conseguente
indennizzo per i territori occupati
dall’Italia nel 1870, permise ai papi
la costruzione degli edifici pubblici
necessari alle esigenze del nuovo stato insieme a un sostanziale rinnovamento e abbellimento che interessò
anche i Giardini Vaticani.
Il primo ad occuparsene fu papa Pio
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XI, Achille Ratti (1922-1939), e la sua
opera di bonifica e di irrigazione permise di trasformare i giardini nell’oasi
di verde che si può ammirare anche
oggi. Altre opere di manutenzione e
di restauro furono realizzate durante i pontificati Roncalli e Montini,
che fecero costruire anche il nuovo
edificio dei Musei.
Giovanni Paolo II, nella sua dottrina
rivolta alla valorizzazione dei doni
spirituali e delle bellezze della natura
che Dio ha elargito all’uomo, ha
messo l’accento – ispirandosi alla Sacra Scrittura – sulla necessità che
l’uomo conservi, con profonda consapevolezza, la ricchezza inestimabile dei tesori ricevuti, in modo da
vivere, con sapienza ecologica, in armonia con l’ambiente che lo circonda riconoscendo nel Dio onnipotente, secondo la professione di fede dei cristiani, “il creatore del cielo e della terra”.
Fede e natura: un inno di lode a Dio
“I Giardini Vaticani costituiscono
una splendida oasi di quiete e di serenità dove, accanto alla flora tipicamente mediterranea convivono
specie esotiche importate da continenti lontani, America e Asia, e qui
perfettamente ambientate. Così, in
una cornice di alberi mediterranei
largamente diffusi, quali i cipressi ed
i pini ad ombrello, tra siepi di pitosforo e mortella, tra oleandri in fiore, incontriamo fantastici esemplari
di piante rare, in mirabili accostamenti, in una convivenza che contribuisce a rafforzare, se così si può
dire, la vocazione universale di questo luogo straordinario”.
A fronte
I giardini papali come apparivano nelle
antiche incisioni.
La Basilica di San Pietro vista
dai Giardini Vaticani.
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Una cornice di Trachelospermum
Jasminoides per la cupola di San Pietro.
Questa l’introduzione di due eminenti studiosi alla visita dei Giardini Vaticani che cercheremo di scoprire insieme.
Percorrere i viali e i sentieri che collegano i diversi tipi di giardini all’italiana, all’inglese, alla francese, soffermarci sulle ville, veri gioielli di architettura, incantarci davanti alle
fontane che con i loro giochi d’acqua,
gli zampilli e le cascate ci fanno pensare all’antico Parnaso, vuol dire attraversare secoli di storia e rendersi
conto dell’impegno artistico e culturale che ha permesso la realizzazione di questo novello paradiso terrestre che vede raccolte tante mera-
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viglie in uno sfondo scenografico di
vegetazione lussureggiante così sapientemente predisposta da sembrare spontanea.
Si può iniziare il percorso dal piazzale dove sorge l’ospizio di Santa
Marta nella cui zona centrale è stato ricavato un giardino quadrato circondato da lecci maestosi (quercus
ilex) alti circa 18 metri con una chioma ad ombrello di 15 metri di diametro con intorno, a far da corona,
una cortina di cipressi e tassi a piramide (taxus baccata) la cui sistemazione risale all’epoca di Pio XI.
Più avanti, nei pressi dello Studio del
Mosaico, si ergono due magnifiche
magnolie grandiflora alte 14 metri e
mantenute a forma di piramide con
l’annuale potatura, mentre a ridosso
della chiesa di Santo Stefano degli
Abissini troviamo due esemplari di
“Ginkgo biloba” di origine asiatica
e a sinistra, sul piazzale della stazione
ferroviaria (che Pio XI diceva fosse
la più bella del mondo), si nota una
imponente “araucaria excelsa” alta 25
metri.
Davanti al palazzo del Governatorato ecco apparire, in una grande aiuola circondata da siepi di mortella (buxus sempervirens), incastonato in un
prato coltivato a dicondra (dicondra
repens), il simbolo araldico del
pontefice regnante disegnato da pianticelle di “evonimus variegato” di colore oro scuro. Salendo per il viale che
conduce al Collegio Etiopico ecco le
prime piante esotiche: 16 piante di
“lagerstroemia indica” (famiglia delle Lythracee) originarie della Cina
con un fusto alto oltre due metri e un
ombrello a cascata che si arricchiscono di una splendida fioritura da
maggio a novembre.
Lungo il viale troviamo alcuni alberi di “eucaliptus globulus” e sulla sinistra ecco la prima fontana, detta
della Conchiglia con la sua raggiera
di siepi di mortella e le sue cascatelle d’acqua dal suono argentino.
Prendendo il viale dell’Osservatorio
ecco apparirci uno spettacolo grandioso: una scogliera di tufo di Tivoli alta da uno a quattro metri e larga
duecentocinquanta metri costellata
da macchie verdi, tappeti di “mesembrianthemum”, cuscini di “garzania splendens”, con fiori che si
aprono all’alba per richiudersi al tramonto, rari esemplari di “salix babilonica”, piante di aloe dalle infiorescenze policrome. Si notano prepotentemente alcune agavi americane, che fioriscono verso i sei, sette
anni e muoiono dopo aver sparso i
loro semi, e un “acer negundo” variegato di origine americana con
una splendida chioma argentea dal
diametro di otto metri.
Risalendo verso il piazzale antistante Radio Vaticana, ci troviamo in
quello che viene considerato il belvedere più suggestivo che si apre sul-
Attualità
la visione straordinaria della cupola
di San Pietro che sembra quasi poter toccare. Sul terrazzo panoramico, incastonate come due gemme tra
siepi di “taxus baccata” e archi verdissimi di “rhyncospermum jasminoides”, si trovano le fontane del
Bernini e si può ammirare un’altra
meraviglia botanica, una “erytrina
cristagalli”, leguminosa originaria
del Brasile che offre, nell’epoca della fioritura, una spettacolare cascata di fiori color arancio.
Un viale porta dalla radio Vaticana
alla Grotta di Lourdes, costeggiata
dal filare di ulivi tra i quali è stato
trapiantato, durante il pontificato di
Giovanni XXIII, un ulivo proveniente dall’Orto di Getsemani in
Gerusalemme, e nei pressi si trova
la fontana detta “delle Ranocchie”
per gli anfibi che la decorano sulle cui acque galleggiano le delicate
ninfee.
Due ettari dei Giardini Vaticani sono stati riservati alla zona boschiva
ricca di molte specie arboree tra cui
lecci, querce americane (quercus rubra), olmi, aceri e cespugli di “spirea forsythia”; nei pressi del bosco si
trova la serra che racchiude le specie vegetali da usare per le decorazioni e gli addobbi durante le ceri-
monie sia negli spazi esterni che all’interno dei palazzi e delle chiese.
Nella parte meridionale, dove si
trovano i Musei, troviamo la famosa fontana “della Galera” voluta da
Giulio III (1550-1555) nella quale
crescono i papiri e altre piante acquatiche come l’ “alocasia” che presenta delle foglie simili alla palma.
Nel vicino vivaio vengono coltivati
gladioli, gerbere, tulipani, giacinti,
narcisi, iris, crocus, e altre bulbose
che sbocciano tra marzo e aprile
mentre in primavera si assiste, nella
sua variegata policromia, allo spettacolo della fioritura delle rose di cui
si coltivano circa quaranta specie.
I papi del nostro tempo hanno sempre dimostrato una particolare attenzione per i Giardini Vaticani e furono molti quelli che li frequentarono per le loro passeggiate quotidiane in cerca di solitudine e di raccoglimento. Pio XII (1939-1958)
aveva un rapporto particolare con gli
uccellini, che gli svolazzavano intorno e che, a volte, gli si posavano
sulla spalla, e con le tortore che lo
accompagnavano lungo i viali del
parco sfiorandolo col delicato fruscio delle loro ali.
Giovanni XXIII (1958 – 1963) era
solito compiervi lunghe passeggiate
o da solo o in compagnia di qualche
prelato e divenne memorabile il
viaggio che volle effettuare in treno
partendo dai Giardini Vaticani per
andare a Loreto in occasione delle
celebrazioni per il Santuario della
Madonna. Paolo VI (1963-1978)
volle ricreare l’atmosfera dei giardini anche sui terrazzi dei palazzi apostolici facendovi sistemare dei giardini pensili nei quali rifugiarsi durante i momenti di pausa dei suoi
numerosi impegni pastorali. Anche
Giovanni Paolo II amò molto i
giardini e anche se non li frequentò
assiduamente a causa dei suoi molteplici spostamenti sia in Italia che
all’estero, diede disposizioni perché
fossero mantenuti con estrema cura
in modo da conservare intorno alla
basilica di San Pietro quell’oasi di
pace e di serenità ricca di tesori d’arte e di rarità botaniche raccolte e tramandate da oltre 2000 anni di storia che costituiscono una magica
simbiosi fra fede e natura, un vero
inno di lode a Dio creatore del cielo e della terra che San Francesco ha
così degnamente celebrato nel suo
Cantico delle Creature.
La fontana della “Galera”.
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