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N. 67
Attualità
- 11 SETTEMBRE 2012
Vince 217.000 euro, ma Stanleybet
non paga e vuole denunciarlo
Un giocatore di Cantù ripartisce una giocata in più schedine per non superare il tetto
massimo di vincita stabilito dal regolamento del bookmaker inglese, che prima accetta le
giocate, ma poi – ad esito vincente delle giocate - interpreta l’operazione come tentativo
di frode, si rifiuta di pagare e minaccia denuncia. Trattandosi di un ctd, fa capo ad una
licenza estera e quindi non valgono le norme dei concessionari Aams.
N
on era certo la prima volta che vinceva; ma anche per chi gioca centinaia di euro a settimana,
una cifra come questa provoca una certa emozione. La delusione è arrivata quando l’appassionato
scommettitore, un imprenditore di Cantù, si è sentito
dire che Stanleybet non riconosceva vincite superiori
a 25mila euro. Lui ha subito pensato di ricorrere agli avvocati; di contro ha saputo che il bookmaker era intenzionato a procedere contro di lui con una denuncia.
Come può un giocatore abituale, che in un anno aveva già puntato all’incirca la metà di quello che poi ha
vinto, diventare di colpo un truffatore? E che tipo di
truffa può aver tentato scommettendo su dei regolari
eventi sportivi?
Vale la pena di riassumere tutta la vicenda, per come la
riferiscono il titolare del centro scommesse, da una parte, e Stanleybet, dall’altra.
Secondo il centro scommesse, il giocatore in questione ha giocato un sistema di otto schedine oltre a una
nona schedina, che non ha niente a che vedere con il
sistema. Per ciascuna schedina la puntata è stata tra gli
80 e i 90 euro, tranne che per la scommessa a sé stante per la quale ha puntato ben 470 euro.
Quando il titolare del centro scommesse ha presentato la richiesta per conto del suo cliente, Stanleybet ha
fatto sapere che avrebbe pagato solo la cifra massima
consentita dal regolamento per la giocata in questione: 25mila euro. E l’articolo 13 del regolamento Stanley
prevede dei tetti di vincita, differenti a seconda della tipologia di scommesse inserite nel ticket. Limiti che, ciascuno a proprio modo, tutti i bookmaker prevedono.
Ed è probabilmente per questo motivo che il giocatore
aveva fatto in modo che le vincite potenziali di una singola giocata non andassero oltre al tetto stabilito. Una
mossa “sistemistica”, molto praticata e che in Italia non
viene considerata “fraudolenta”.
“Io mi sto chiedendo prima di tutto perché Stanleybet ha
accettato questa scommessa” dice il titolare del centro,
Mattia Spatafora, “dato che il sistema telematico prevede anche una casella che per ogni operazione dice «Accettata» oppure «Non accettata». E questo tipo di giocata,
anche con importi superiori, la stessa persona l’ha giocata regolarmente per circa un anno. Neanche noi che accettiamo le scommesse conoscevamo quell’articolo del regolamento, dato che non è stato mai chiamato in ballo”.
Ma se questo può spiegare il mancato pagamento della vincita, non è ancora chiaro perché lo scommettitore dovrebbe essere denunciato per truffa.
Questa risposta possiamo trovarla in un comunicato
della società diffuso alla stampa da Liverpool, dove Stanleybet ha gli uffici dirigenziali, anche se la licenza di Malta, dove ha la sede operativa. Nella nota si legge: “Lo
scommettitore ha effettuato la giocata con modalità chiaramente dirette a eludere il limite di vincita
previsto dal regolamento per tale tipo di scommessa. Un’unica scommessa, infatti, è stata suddivisa in
diverse giocate, ciascuna delle quali prevedeva una
vincita di poco inferiore al limite consentito”.
“Altro che tentativo di eludere” reagisce Spatafora “il problema è che il software di Stanley non ci consente di
giocare un sistema. Quindi, se un cliente arriva con
questa richiesta, noi dobbiamo prendere carta e penna e suddividere il sistema in diverse giocate.
Ma è tutto alla luce del sole. E comunque, anche se voles-
Alcune delle giocate vincenti
sero contestare le vincite delle otto schedine che fanno
parte di un sistema, perché non hanno voluto pagare
nemmeno la nona, che non ha niente a che vedere con
le altre?”.
Il titolare del centro di Cantù non riesce a capacitarsi
quando rilegge il famigerato articolo 13 del regolamento Stanley:“I limiti di vincita si applicano a ogni
cliente o gruppo di clienti che giocano la stessa o
simile selezione o combinazione di selezioni, anche se divisa in diverse giocate, a quote diverse e
anche se effettuata in giorni diversi o in luoghi diversi. Nel caso in cui STANLEYBET dovesse avere il
sospetto che una o più giocate siano state effettuate seguendo tale procedura, STANLEYBET si riserva il diritto di recedere da tali contratti considerati anomali ed il pagamento totale sarà limitato a
una sola volta il limite di vincita massima come sopra elencato.
“Quindi basta il solo sospetto da parte di Stanley” aggiunge Spatafora “Ma un sospetto, loro potrebbero averlo anche per due persone che nemmeno si conoscono e che
per caso fanno la stessa giocata. O «anche simile», come
dice il regolamento”.
Vale la pena di ricordare che quelle di Stanleybet non
sono ricevitorie convenzionali, che operano secondo
i regolamenti dei Monopoli di Stato, ma sono ctd (centro trasmissione dati) la cui legittimità è stata riconosciuta dalla Corte di giustizia europea in virtù di alcuni difetti delle leggi italiane.
Sul piano pratico, questo vuol dire che le giocate vengono accettate nei vari ctd Stanleybet per essere trasmesse a Malta. A differenza di quello che succede
quando si gioca con i bookmaker titolari di concessione italiana, non valgono i regolamenti dell’Aams ma si
fa riferimento al regolamento del bookmaker e alle leggi maltesi. Le leggi italiane potranno essere invocate
ma solo per gli aspetti generali e non quelli specifici
del gioco, data la particolare condizione dei ctd.
Ma se davvero si andrà avanti con le carte bollate, in
quale Paese si dovrà svolgere un eventuale processo?
L’Italia o Malta?
Su questo, per fortuna, l’avvocato di Stanleybet, Daniela Agnello, non ha dubbi: il procedimento giudiziario
dovrà svolgersi nel luogo in cui si è consumato il presunto reato. Quindi, l’Italia. Resta da vedere, adesso, se
davvero saranno presentate denunce. E, in questo caso, chi denuncerà chi: fino a ora, chi ci ha rimesso dei
soldi è il giocatore. Ed è difficile pensare che rinuncerà a una cifra del genere. Ma anche i titolari del ctd, tre
giovani che non hanno nemmeno 30 anni, stanno subendo un danno consistente.
“Quando il cliente è venuto a riscuotere” racconta amareggiato Spatafora “il bookmaker ci ha immediatamente sospeso l’attività: non potevamo più raccogliere scommesse. Dopo cinque giorni l’hanno riattivata
ma tutte queste cose insieme stanno danneggiando la
nostra immagine e c’è il rischio che perderemo dei clienti perché magari pensano che quello che è successo sia
colpa nostra”.
Giampiero Moncada
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