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Antonio Morassi - Bollettino d`Arte - Ministero dei beni e delle attività

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Antonio Morassi - Bollettino d`Arte - Ministero dei beni e delle attività
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
Fig. 1. G. B .
TIEPOLO:
TAV.
LXXxrV.
Annibale che contempla la testa di Asdrubale. Particolare. Vienna, Museo storico. artistico.
z
TAV.
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
Fig. 2. G. B. TIEPOLO: La Battaglia di Vercelli .
New-York, Collezion e privata.
F ig.
G. B. TI E I'OLO: Trionfo di Mario.
Ncw-York , Collezion e privata.
4.
LXXXV.
Fig. 3. G. B. TIEPOLO: La presa di Cartag ine.
ew-York, Collezione privata.
Fig. 5. G. B .
TIEPOLO:
Triollfo di Scipio/l.e Africano.
Pietroburgo, H.ulllitugg io.
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
TAV.
Fig. 6. G. B.
TIEPOLO: Due guerrieri colpiti a morte.
Vienna, Museo storico -artistico.
LXXXVI.
F ig. 7. G. B. TIEPOLO : Annibale che cOlllempla la testa di A sdrubale.
Vienn a, Museo stori co -arti sti co.
b
©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
Novità e
•
•
•
preCISaZlOnl
sul Tiepolo
(Continuazione dal fase. II, anno IV).
II.
Annota il Da Canal che Giambattista l'Accademia Stieglitz di quella città, e da
Tiepolo dipinse in Venezia «la sala mag- cui furono trasferite, nel 1934, al Romitaggiore di Ca' Dolfino a S. Pantaleone, di- gio, dove attualmente sono esposte 4). Le
sposta in dieci quadri assai grandi di più tele di Vienna passarono verso il 1915 col
altezze, ne' quali vengono rappresentate bel Palazzo Miller von Aichholz . al banle battaglie e i trionfi. di Coriolano con chiere triestino Camillo Castiglioni, il quale
altre storie romane, opera delle più sin- cedette le due minori al Kunsthis~orisches
golari» 1). Le vicende di codeste dieci Museum di Vienna nel 1930, in cambio del
tele ci sono note, ,e tutte esistono ancora, permesso d'esportazione delle tre tele più
ma disperse assai lontane da Venezia: due vaste, ch'egli portò in Svizzera e · donde
al Museo storico-artistico di Vienna, tre in esularono, in questi anni, a New York 5).
Sono queste le tre tele più importanti,
proprietà privata a N ew Y ork, cinque al
Museo del Romitaggio a Pietroburgo. E sia per la complessità della rappresentapoichè finalmente abbiamo potuto ottenere zione, sia per la vastità delle dimensioni.
le fotografie anche di queste ultime, che Una, ch'è la più grande di tutte (5,60 per
invano da anni attendevamo 2), gioverà 3,30 m.), e forma il «pendant '» al Trionconsiderare qui di seguito l'intero ciclo. fo di Pietroburgo, raffigura pro1?abilmente
Esso era integralmente conservato nel- il Trionfo di Mario (fig. 4) 6). Non ricorla sua sede originaria a Venezia sino al do altro esempio anteriore a questo, nella
1870 3), nel quale anno fu acquistato dal pittura barocca, in cui siffatto tema sia
raccoglitore ' austriaco Eugenio Miller st.ato interpre~ato nel senso di marcia
von Aichholz. Cinque tele · furono collo- quasi frontale, proveniente dal fondo, con
cate nel suo palazzo di Vienna, . le altre leggerissimo scarto di fianco. Generalmencinque vendute al russo A. Polovzeff di te il corteo sfila di traverso, secondo PicoPietroburgo, il quale le donò nel 1886 al- nqgrafia tradizionale che dà campo di rapl) V. DA CANAL, Vita di Gregorio Lazzarini, Venezia,
1809 (scritta nel 1732), p : XXXIIII.
2) Nello scorso maggio mi pervenivano, p er i buoni
uffici della nostra Ambasciata di Mosca, le fotografie
delle cinque tele, delle quali il Governo sovietico si era
gelosamente riservato la precedenza di pubblicazione, rifiutandosi di concederle a qualsiasi studioso. Di così segnalato favore rendo grazie al Dott. Guido Relli, già segretario di quella nostra Ambasciata, che cortesemente
si adoperò ad ottenermele.
3) Attualmente ha sede nel Palazzo Dolfin la Federazione dei Professionisti ed Ahisti. La sala centrale al
primo piano, in cui si trovavano i dipinti, possiede ancora
il soffitto affrescato con un'Allegoria dell'Olimpo, dovuta
ad artista mediocre che rieclieggia i modi di Luca Giordano, nonchè le incorniciature in 'stucco che racchiudevano l e dieci tele del Tiepolo. Erano queste disposte nel
seguente ordine, come si può rilevare dai formati delle
cornici in stucco: le due del Museo di Vienna, tra i finestroni della facciata principale; le due Battaglie, sulla
parete d'ingresso; su ciascuna delle pareti laterali, un
Trionfo fiancheggiato da due scene romane. In sostanza
abbiamo dunque la disposizione cara al Tiepolo di quegli
anni, come nella Galleria dell'Arcivescovado di TJdine,
con un dipinto grande nel centro e due laterali minori.
3
.
Dalle cornici si rileva, inoltre, che le sagome delle tele
erano in origine a curve baroccne, come sono' rimaste,
nella parte superiore, le tele ora a Vienna. '
,
4) P. MOL1~[ENTI, G. B. Tiepolo, Milano, 1909, p. 276;
E. SACK, G. B. u. D. Tiepolo, Aniburgo, 1910; p. 151 ;
M. SCIERBATCHEVA, I dipinti del Tiepolo di p'alazzo Do/fino all'Ermitage, Leningrado, 1941 (in lingua russa, con
breve riassunto in inglese). Conosco de visu le tele di
Vienna e quelle di N ew Y ork, ma non quelle di Pietroburgo, delle quali peraltro, attraverso le buone fotografie
che qui si riproducono ed il confronto con le tele viennesi
e americane, ci si può formare un'idea sufficimtemente
chiara ai fini di questo studio.
.
5) Mi è ignota la collezione in cui attualmente si
trovano. Sulle cinque tele già a Vienna, ed ora divise
tra Vienna e New York, vedi: J. v. DERSCHAU, Tiepolos
Schlachtbilder in Wiener Privatbesitz, in Cicerone, 1915,
p. 13 sgg.; e G. FIOCCO, The Castiglioni Tiepolos at Vienna, in The Burlington Magazine, 1931, febbraio-marzo,
p. 172 sgg. (L'A. parla di sei dipinti al Museo Stieglitz,
ed altri sei presso il Barone Miller v . Aichholz, mentre si
tratta - come è noto - di soli dieci, in tutto).
6) I due Trionfi · erano in origine ugualmente alti;
come si rileva dalle incorniciature rimaste nel palazzo
Dolfin; quello di Pietroburgo è stato accorciato in seguito.
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LEAR'rI
presentare ogni figura nella sua più piena lui ci -rimangono, il più giovanile 8): un
evidenza, e come del resto i~ Tiepolo ha volto magro dagli occhi mordenti spirifatto in quel Trionfo d'Aureliano della tati, il naso d'aquila, sensitivo e affilato,
Galleria Sabauda di Torino, che ritengo la bocca tumida e sinuosa; come lo vedipinto verso il 1730 e che probabilmente dremo, dopo tanti anni ancora, nel riformava parte d'un unico ciclo con il tratto di Alessandro Longhi, ch' è certo
Trittico di New Jersey, riferentesi certo fra tutti quello più vivo e fedele. Si rialla storia di Zenobia 7). Fra le due quinte flette nei suoi lineamenti tesi ' e vibranti
in primo piano, costituite dai gruppi di quell'incontenibile passione per l'arte ch~
portatori del bottino di guerra, si avanza tutto deve averlo bruciato in quegli anni
la quadriga del trionfatore, circondato dai di dure conquiste.
Il Trionfo di Scipione ,Africano (fig. 5),
guerrieri e dalla folla plaudente. Davanti
a lui incede il suo nemico sconfitto, Giu- che presumibilmente forma oggetto del
gurta (Copertum catenis J ugurtam popu- quadro di Pietroburgo (5,10 X 3,30 m.) 9)
lus Tomanus aspexit, proClama infatti , la è composto in modo analogo, e con più
didascalia). Le insegne di Roma, i la- forte accento nella massa del corteo, il
bari, le torce infiammate, i trofei in- quale si snoda senza soluzione di contifondono alla scena un senso di smisu- nuità, preceduto dal nanerottolo che già
rata e rutilante festosità. Il Tiepolo vi conosciamo dall'affresco del Giudizio di
ha composto una vera «fantasia» ro- Udine. Con 'q uale intuito realistico il Tiemana. Idoli d'oro, vasi istoriati, preziosi polo abbia dipinto la pariglia degli eletappeti, un busto marmoreo di donna in- fanti, che s'avanzano agitando le oreccoronata con torri (emblema, certamente, ' chie sventagliate, par quasi un prodigio,
della città conquistata) vengon recati a quando si pensi che egli deve averli stufatica dagli schiavi (fig. 15), fra i quali, diati da disegni od incisioni piuttosto che
l'artista ha scelto una faccia da galera dal vero. Su~ dorso degli elefanti siedono
come quella del calvo a torso nudo, che due battitori ' ignudi, prototipi degli efebi
non ha nulla da invidiare i peggiori esem- nella Caduta della manna di Verolanuova
e del Bacco già Art aria, ora Timken a
plari della specie (fig. 14).
Lì accanto, al margine di sinistra, tra New York 10 ). Una selva di labari insegne
i portatori di torce e di , stendardi, il Tie- torcere fan da sfondo a questo stupendo
polo ci ha lasciato l'autoritratto: tanto carro trionfale, su cui torreggia superbo
più prezioso, poichè esso è, di quanti ,di il vincitore.
7) Vedi a nota 24 della prima puntata di .questo
studio (Anno IV, fase. II, p. 92).
8) Quello di Nervesa, che si vedeva al margine di
destra nella scena dell'Ingresso di Pietro Soderini a Firenze (vedi illustraz. in P. MOLMENTI, op. cit., p . 92),
molto posteriore al nostro, è stato distrutto, con la Villa, durante la grande guerra; nel 1917. Afferma il SACK
(op. cit., p. 28) che il Tiepolo ci lasciò il suo ajltoritratto anche nell'affresco dell'Arcivescovado di Udine, nella
scena di Giacobbe ed Agar, senza specificare di quale figura precisamente si tratti: 'alludendo forse al giovane in
piedi, che accompagna Giacobbe, il quale effettivamente
possiede qualche vaga somiglianza con l'artista, senza peraltro che esso ne rappresenti, con quella sua aria tonta, un vero e proprio autoritratto. Lo stesso biografo
(op. cit., ibid. e p. 78) aggiunge che un altro autoritratto
il Tiepolo çi lasciò negli affreschi di Palazzo Cleri ci a
Milano (1740) in quella figura della testata accanto ad
un'Allegoria della piuura (illustraz. in P. MOLMENTI, op.
cit., tav. tra pp. 136 e 137, ma appena distinguibile nella riproduzione): che esso sia un ritratto dal vivo, mi
sembra indubitabile; ma st~nto a credere che codesto
volto di vecchio sdentato e rugoso, quasi grottesco, sia
quello dell' artista stesso, che pur ci appare negli affreschi di Wiirzburg - a dieci anni di distanza - in tanto migliori condizioni e con ben diversa dignità di portamento.
9) Dall'opuscolo della SCIERBATCHEVA (op. cit., p. 44)
si apprende che sul dipinto sono rimaste tracce· di un'iscrizione (Cum Pyrrho elephantis .... Romagratulatur).1l Trionfo potrebbe riferirsi, secondo la stessa, anche a Scipione
Emiliano '(nel quale caso il prigioniero in catene nel primo
piano a destra, rappresenterebbe Asdrubale) oppure a
Sulla od a Pompeo.
lO) Senza entrare in disquisizioni polemiche sulla datazione di codeste tele, strettamente parentali, dirò .che
le con~idero, a differenza da quanto fanno altri studiosi,
dipinte intorno il 1735-40.
b
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LE AR TI
--------~--~--------- ,261
- ----
Le due vaste tele ' quasi quadrate
(4,80 X 3,70), l'una con la Battaglia; di
Vercelli (fig. 2), l'altra con la Presa di
Cartagine (fig. 3), ora a New York, sono
le uniche grandi scene di battaglia che
conosciamo dell'artista 11). La prima si
attiene nello schema della composizione
ancora ai classici esempi della battaglistica d'un Salvator . Rosa o · d'un Borgognone, sebbene con un affiato smisuratamente più impetuoso ed eroico e con una
resa pittorica senza confronti più realistica; la seconda invece si scosta dalla
tradizionale iconografia battaglistica e, riprendendo un'idea figurativa che il Tiepolo stesso già aveva realizzato nella Crocefissione di Burano col · gruppo del cavaliere dominante la quinta di destra, concentra il «fuoco» episodico al secondo
piano e nello sfondo: laddove la mischia
è più cruenta; Che ritagliando opportunamente codesto brano di sfondo (fig. 12),
più d'un critico prope'nderebbe ad attribuirlo piuttosto al Delacroix che non ad
un pittore del Settecento, non v'è dubbio: tale è la forza riassuntiva délIa
pennellata fulminea con cui l'artista sa
evocare il più fitto della battaglia. In quel
verminaio di guerrieri, con pochi colpi di
luce sopra la massa coagulata, egli dà la
sensazione d'una ondata fremente che si
abbatte sotto le mura della città: il passaggio dei cavalieri a galoppo sul ponte
è degno d'uno schizzo ,del più drammatico
Tintoretto: a cui, se non mi sbaglio, è
bene ispirato anche il guerriero di scorcio
a terra, in primo ,p iano (fig. 13).
Allo stesso genere della battaglistica
appartengono anche le due tele oblunghe
del Kunsthistorisches Museum di Vienna,
l'una con Annibale che contempla il. capo
mozzo di' Asdrubale (fig. 7), l'altra con Due
guerrieri morenti, vicendevolmente trafitti
dalle lance (fig. 6). Tele di una grandio-'
sità stupenda di partiti, estremamente luminose nelle luci e nelle controluci e, per
la vivida sostanza cromatica, sin nelle penombre; con pennellate grasse che modellano i corpi attraverso un tessuto cosÌ
strettamente connesso all'il struttura della
materia, -che proprio la ricreano nel colore (fig. l); tele, insomma., tra le più equilibrate, originali nell'invenzione e nel movimento, e in una parola, ispirate, èli tutto
il ciclo, dove pur fiorisce abbondantemente il genio dell'artista. A cui si deV'e riconoscere, oltre la facilità improvvisatrice,
proprio una facoltà divinatoria nella realizz~zione di forme e figure inusÌtate, con
,tanta precisione di particolari archeologico-decorativi, dà rimanerne stupiti.
Le quattro rimanenti tele, ora al Romitaggio, tutte di formato uguale (4,40 per
2,30 m.), si rifuiscono alla storia di Roma
antica, ed illustrano episodi dei libri ,di
Tito Livio: Muzio Scevola nel campo di
Porsenna (fig. 8), Volunnia coi suoi figli
davanti a Coriolano (fig. 9), Cincinnato,
cui viene offerta la dittatura (fig. lO) e Fabio Massimo che scuote la toga davanti al
Senato -di Cartagine (fig. 11): V'è indubbiamente, nel ripetersi dello stesso ritmo
compositivo in tutte e quattro le scene,
una monotonia di accordi e quasi, si direbbe, povertà d'invenzione. Ma devesi
ben considerare che una certa uniformità
d'accenti era dettata sia dall'analogia dei
temi, sia dal gusto decorativo dell'ambiente, in cui è probabile che il succedersi
delle masse pittoriche fosse senz'altro pre·
stabilito entro siffatto ordine. Aggiungiamo che non era facile addensare molte
persone in cosÌ angusti limiti verticali,
volendo rappresentare le scene con un
senso di monumentalità cosÌ accentuata,
a grandi figure. Comunque, esaminate
11) La teletta di Brera con la Battaglia alle porte
d'una città turrita e il Padreterno in alto che la protegge,
pur presentando una grande analogia col gruppo di cavalieri della Battaglia di Vercelli, non è certo l'ahhòzzo
per il grande quadro (come ritiene il SACK, op. cit_,p_ 170),
hensì tutt'altra cosa, del periodo tardo del Maestro_ Molto
simile, invece, al gruppo di sfondo della Presa di Cartagine è la teletta in grisaille, parzialmente dorata, del Museo Poldi-Pezzoli a Milano, raffigurante Giosuè che ferma
il sole, da datarsi, per ragioni stilistiche, verso il 1732.
I
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------ 262 --------------------------------------------- LE ARTI
saputo ben sfruttare la novità del te'm a;
E pertanto io credo che il quadretto già
nella collezione Caspari di Monaco 14) non
sia da considerarsi propriamente quale
bozzetto per il quadro del Romitaggio,
ma piuttosto una .variante eseguita «a
posteriori»: tanto esso è superiore, per
immediatezza e concisione pittorica, al
quadro grande: il quale tuttavia non
manca di pregi di fattura, come basterebbe, a provarlo , la «natura morta» col
fiasco di vino (pasto frugale del comandante), d egna del pennello d'un Manet~
Il brano più efficace, nel quarto dei dipinti della serie, raffigurante Fabio Massimo, è quello dei senatori cartaginesi
laddove, dietro il vecchio di profilo, appare la superba testa arieggiante il tipo .
di Vitellio, nettamente desunta dal Veronese 15).
singolarmente, le quattro tele del Romitaggio non mancano di pregi: ed il poterle presentare oggi in chiare riproduzioni per la prima volta al pubblico italiano,
insieme al citato Trionfo, ci è motivo di
molta soddisfazione 12). Soltanto nella scena di Muzio Scevola si può notare il persistere di una nota convenzionale barocca
nel gesto del protagonista, che mettendo
la mano sopra i tizzoni ardenti, si volge
verso Porsenna, a considerarne l'effetto 13). Nelle altre il pittore a~ronta i te. mi con un'assoluta semplicità: figura e
controfigura dominanti; pochi personaggi di contorno, che fan da coro sommesso.
Ecco, davanti all~ nuova Roma, Volunnia con i suoi figli, cui si fa incontro Coriolano a grandi passi. Non v'è più nulla
di manierato nell'aspetto della matrona
romana riccamente paludata ed ornata
di gioie~ nel suo gesto piano. E val la
p ena di confrontarla con una di quelle
Figlie di Licomede, fra le quali Ulisse
scopre Achille travestito, nel quadro del
Conte da Schio a Castelgomberto, già in
Palazzo Sandi, per intendere il progresso
fatto dall'artista, in poco tempo, se - come non dubitiamo e proveremo di dimostrare - i nostri dipinti sono posteriori
a quello.
Con la scena di Cincinnato si offriva
al Tiepolo l'opportunità di rappresentare
un «motivo» agreste nel gruppo del protagonista all'aratro. Vi scorgiamo gli stessi buoi che il Maestro affrescò nello sfondo dell'affresco con Giacobbe e Rachele ad
Udine: ma non è a dite ch' egli abbia
Che il ciclo dal Palazzo Dolfin sIa
strettamente collegato per i modi pittorici agli affreschi del Palazzo Arcivescovile di Udine, è già stato riconosciuto:
la commissione venuta all'artista, per ambo i cicli, dal medesimo Dionisio Dolfin,
avvalora la constatazione, del resto ampiamente provata dai numerosi raffronti
che si possono istituire tra, i due gruppi, e
portano a concludere che tele ed affreschi
Dolfin furono e8eguiti a poca distanza di
tempo.
Ma è appunto qui che sorge il problema. Ci sarà pure una priorità cronolo-
12) Un recente restauro delle quattro pitture ha rivelato frammenti di didascalie a lettere dorate, tolte
dalle Epitome R erum Romanorum di Anneo Florio (Lih. I ,
cap. X , Muzio Scevola; lib. I , cap. XXII, Coriolano;
lib. I, cap. X, Cin cinnato; lil>. II, cap. VI, Fabio Massimo), (SCIERBATCHEVA, op. cit., p.43). Giova ricordare
che il Tiepolo h a ripetuto il tema di Muzio Scevola, ampliando i registri spaziali, n el quadro dell'Università di
Wiirzburg.
18) Una teletta del Museo Civico di Padova, pubblicata da A. MOSCHETTI (Un unpublished early work by
G. B. Tiepolo, in Th e Burlington Magazine, 1939, p. 115)
è troppo debole co sa per essere considerata quale boz-
zetto del Maestro. Di qualità migliore sembra essere la
t ela grande con lo st esso soggetto, riprodotta nel citato
articolo come « già sul m ercato di Milano» (ma già a
Ven ezia, e, da quanto apprendiamo, esulata in America) a noi peraltro ignot a nell' originale.
14) Da m e pubblicato in The Burlington .Magazine,
febbr. 1934. Il quadretto simile, esistente nel Museo di
Kiew, riprodotto d alla SCIERBATCHEVA (op. cit., Tav. 5),
sembra essere una ripetizione di bottega dal quadretto
Caspari.
15) Giustamente la SCIERBATCHEVA (op . cit., p. 36) la
raffronta a quella d'un personaggio dipinto dal Veronese
nelle Nozze di Cana alla Galleria di Dresda.
* * *
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?
TAV .
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F ig. 8. G. B. TIEPO LO : M uzio Scevoln nel Campo
di Porsenna. Leni ngrado, Romitaggio.
F ig. lO. G. B. TIEPOLO: A Cincinnato viene offerta
lo diUaturlI. Lenjngrado, Romitaggio .
Fig. 9. G. B.
davlI,TlI.i a
TIEPOLO:
LXXXVII.
Voll/mnia co i suoi figli
Co riolano . Leningrado, Ronl itaggio.
Fig. Il. G. B . TIEPOLO: F abio Massimo davanti al
Senato d i Ca rtagi ne. Leningrado , Ronl itagg io.
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Fig. 13. G. B.
TIEPOLO:
P resa di Ca,rtagine. Partico lare . New -York , Coll ez ione pri vata.
T AV .
LXxXVIIr.
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8
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1:""1'
~
~,
~
Fig. 14. G. B. TIEPOLO: Trionfo di Ma rio. Particolare. New-York, Co llezion e privata
(a sini stra l'au to ri tratto del T iepolo).
F ig. 15. G. B. TI EPOLO: T riollfo di Mario. P a rti colare. New-York ,
Coll ezione privata.
R
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~
~
Fig. 16. G. B.
TTE POLO:
Feto nte ed Apollo. Vienna, Accad emia di B ell e A rti.
F ig. 17. G. B.
TI E POLO:
Fetonte e:l Apollo. Barna rd CastIe, Bowes Mu seum.
~
p
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_ _- L E A R T I - - - - -- - - - - - - - - - - - - - - - 0 -- - 263 - - -
gica degli uni su gli altri: a meno che
qualcuno non venga a sostenere (e sarebbe tesi apparentemente assai comoda, ma
non priva forse di qualche fondatezza),
che il Tiepolo abbia dipinto le tele veneziane fra un intervallo e l'altro dègli af·
freschi di Udine .... Non sembri ozioso insistere sul problema èronologico di questi
due cicli: risolverlo, significa sviscerarne
i lati più recessi, chiarire la formazione
del Tiepolo in codesti anni. Come ogni
problema attributivo pone pur sempre la
definizione ultima nel vero riconoscimento
dell'opera d'arte; cOl:iì quello cronologico,
entro l'avvenuto riconoscimento dell'autografia, costituisce a sua volta una mag-·
giore precisazione dell'arte medesima de}.
.maestro.
Il Sack 16) ritiene le tele Dolfin eseguite intorno il 1720; il Molmenti 17),
riportando il giudizio · del Moschìni, accenna soltanto che «la composizione farraginosa e la massa forte delle ombre
risente degli anni giovanili del pittore ».
Il von Derschau 18) le data verso il 1720
e ne sostiene la precedenza sugli affreschi
di Udine. Più recentemente i termini sono stati fissati dapprima un po' larghi,
fra il 1720-25 19 ) poi più ristretti, . fra il
1722-23 2 °). Concorde è pertanto il giudizio della critica sulla priol'ità cronolo~
gica delle tele sopra gli affreschi. La qual
cosa non può stupire. Si pensa, ovviamente, che Dionisio Dolfin abbia dapprima affidato al Tiepolo a Venezia, dove
risiedeva l'artista, il còmpito di decorare la· sala del suo palazzo veneziano; e
che, avendolo questi assolto così egregiamente, il Dolfin gli abbia in seguito commesso la!,decorazione della sua sede udinese. Il ~agionamento fila. Ma la realtà
dispone spesso assai diversamente di quan-
to presume il giudizio dell'uomo, magari
a filo di logica. E infatti - poichè ci mancano i documenti scritti al riguardo - nulla
al mondo prova che le cose tra il Tiepolo ed il Dolfin siano andate precisamente a questo modo, e non al contrario. · Per
venirne a capo, non v'è che una rigorosa
disamina dei due cicli .... purchè il nostro
giudizio stesso, di fronte alle difficoltà del
problema, non fallisca 21). Pacifico, ai fini
della datazione, mi sembra che anche le
tele stilisticamente più ritardatarie de~ ciclo Dolfin rappresentino, rispetto alla citata tela di Ulisse tra le figlie di Licomede~
già al Palazzo Sandi, un passo in avanti;
N on può essere chi non veda nelle tele
dolfiniane una maggiore scioltezza nei raggruppamenti delle figure, un più .facile
dettato pittorico, una superiore potenza
di lume. Soprattutto caratteristici, e più
progrediti, appaiono nel ciclo veneziano
quei rifrangimenti delle pieghe · in piani
sfaccettati,e quel ductus un po' sec·co, a
colpi sfregati (si veda il particolare del
« caduto» nella Presa di Cartagine a
fig. 13) che sono ormai lontani dall'ondulata ritmica dei panneggi · e dalla · liquidità di tocco della tela già · di Palazzo
Sandi. E se questa deve pur essere collocata, come s'è già detto, rion prima del
1724-25, vien da sè che le tele Dòlfin verranno proprio ad incrociarsi con la data·
zione che abbiamo ritenuto la più àtta
per gli affreschi dell'Arcivescovado udinese, cioè circa il 1726-27. Altresì ci sembra fuori di discussione, che il nostro ci-o
clo sia posteriore alla braidense Madon,;"a
del Carmelo, · anche se qualche secondaria
figura si riscontra tanto fra le «Anime
purganti» che di quella tela fa parte,
quanto nella scena con Muzio Scevola del
Romitaggio 22). Permangono a lungo, nelle
16) E. SACK, op. cit., p. 34.
17) P. MOLMENTI, op. cit., p. 276 e nota 13.
18) In Cicerone, op. cit. , p. 13 sgg.
19) G. FIOCCO, in The Burlington Magazine, op. cit.,
p. 172 sgg. A tale datazione si attiene anche la SCIERBATCHEVA, op. cit., p. 45.
20) M. GOERING, Kiinsterlex, op. cit., p. 146.
21) Anche il GOERING, ibidem, insiste sulla difficoltà
della datazione dei gruppi di pitture intorno al periodo
udinese.
22) Si tratta precisamente di quella testa l~rga, con i
capelli ispidi, un po' da idiota, che appare nell'angolo di
©Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo -Bollettino d'Arte
/
-~-
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'o pere del Tiepolo, tipi somatici, fisionomie,
atteggiamenti di figure, che risalgono propFio ai suoi esordi: si pensi, per dire d'una
sola, quanto spesso e come sin .n ei suoi
più tardi anni l'artista -abbia ripetuto la
figura dell'uomo che si china col volto
in terra, e di cui più non si vede se non
la punta del naso.
Tolte di mezzo le quattro scene con~
generi di Pietroburgo, nelle quali l'iterato
modulo d'impaginazione viene ad incidere svantaggiosamente nel complesso artistico, le rimanenti sei tele proclamano
senza eccezione un cosÌ alto dominio della
pittura, che non solo esse possono sostenere il confronto con gli affreschi udinesi,
ma, almeno in parte, superarlo. Senza far
questione di preferenza fra \ i due cicli,
preciseremo soltanto, che le tele palesano
brani pittorici più progrediti di fronte
agli affreschi; · nel senso che qUlvì si possono già ritrovare quegli elementi che costituiscono lo stile di un tempo più avanzato del Maestro. Consistono essI in un
più vivido gusto della pennellata a colpi
paralleli, che signoreggiano sovrani sulla
materia; consistono in una superiore facoltà idealizzatrice della forma, che si
piega senza resistenze ai dettami di stile;
consistono nell'abbandono o quanto meno
nell' iniziale superamento del panneggio
. ondulato, che negli affreschi di Udine
(salvo che nel Giudizio) è ancora dominante; consistono infine, soprattutto chiarificatori, nelle figure e nei gruppi di
sfondo, laddove lo stile del -tempo bergamasco del Tièpolo trova già i suoi evidentissimi prodromi. I solati dalle eroiche composizioni dei Trionfi e delle Battaglie, i brani della folla sulle mura di
Roma che assiste al corteo di Mario, o
quello già citato della mischia nella Presa
sinistra in basso del quadro braidense, e - quasi identica nel giovane che regge illabaro dietro l'arca di Muzio Scevola. Fondandosi sopra tale identità di una figura secondaria, la SCIERBATCHEVA (op. cit., p. 45) si oppone al parere del MODIGLIANI (in Dedalo, marzo 1933) che assegna
la Madonna del Carmelo ad un'epoca anteriore al « fiorire
di Cartagine si daterebbero senza indugio
intorno al 1730, come è d'altronde provato per il confronto con la teletta di
Giosuè al Poldi - Pezzoli, dipinta indubbiamente intorno a quell' anno, o forse
uno o due -più tardi, come s'è detto più
sopra.
Ma codeste sono le «punte» stilistiche che fanno capolino come avanguardia
nelle tele Dolfin: e noi non vorremmo nè .
potremmo sostenere che queste denotillo
in tutti i numeri elementi cosÌ progrediti;
che, anzi, quelli ritardatari non abbiamo
esitato di metterli in e"v idenza. Arrivando al dunque della nostra indagine, ci
sembra pertanto che ogni datazione anteriore al 1725 sia da escludere per le ragioni esposte in principio; ci sembra inoltre che, ammettendo per parte delle tele
un parallelismo di tf(mpo con gli affreschi "
udinesi, si possa partire dal 1726 come
termine minimo, per arrivare, con le opere eseguite per ultimo, al 1728-30 circa.
Questo è il « calcolo di probabilità» che
abbiamo creduto di istituire alla stregua
dei fatti stilistici. Chè se poi un giorno si
ritrovassero i documenti storici,atti o ad
approvare o a rigettare .i nostri conti,
l'averli compiuti per congettura, al confronto dei risultati, apparirà tanto più
interessante .
* * *
Dal 1731, in cui il Tiepolo data - il
grande affresco con l'Allegoria delle Arti.
al Palazzo " Archinti a Milano, sino all'autunno del 1733, in cui termina gli
affreschi della cappella Colleoni a Bergamo, l'artista opera (salvo brevi interruzioni) in Lombardia, e pertanto codesto triennio può definirsi come quello del
dt;ll genio a Palazzo Dolfin )). Ma a torto, quando· si consideri che codeste figUre secondarie si trovano già nelle
prime opere del Maestro, come nel Ripudio di Agar della
raccolta Rasini, ch'è del 1719. Giusta è pertanto da ritenere la datazione del 1720-22 proposta dal Modi gliani per
. la t ela braidense.
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primo soggiorno lombardo 23). Di codesto
periodo abbiamo diversi bozzetti e «modelletti» relativi .a gli affreschi eseguiti, e
pertanto possiamo renderci esatto conto
dello stile tenuto allora dall'artista nei
piccoli dipinti. Del soffitto con Fetonte
che chiede di guidare il carro d'Apollo 24)
al Palazzo Archinti esistono due schizzi,
ambedue squisiti; l'uno, noto anche col
titolo di Aurora, all'Accademia di Vienna (fig. 16); l'altro (fig. 17), per quanto
io sappia, ancora inedito, al Bowes Museum di Barnard Castle, Inghilterra 25).
Sono ambedue, più che veri progetti per
l'affresco, due «idee» che svolgono in
modo diverso il medesimo tema: non peraltro dal sottinsù, com' è la figurazione
del soffitto, bensÌ in piano; e pertanto
sono da intendere come due opere d'arte
a sè stanti. Lo schizzo di Vienna, tutto
gialli e rosa e arancioni, è più vicino alla
versione definitiva dell'affresco; quello di
Barnard Castle, invece, ne rappresenta
proprio una fase iniziale, ed è a sua volta
bellissimo per l'inton;'lzione fiammeggiante, e per la mirabile trovata pittorica del
cavallo che s'impenna, mentre il puttino,
con uno sforzo enorme, s'aggrappa al tirante per attaccarlo al carro. In ambidue
. si noterà l'impasto un po' magro, il colore un po' « sabbioso », il contorno marcato a linee interrotte, che sono elementi
tipici di questo periodo; e, nelle figure,
un fare un po' accentuato, con certi ca- '
ratteristici volti dalle occhiaie infossate
e dalle bpcche larghissime 26).
Cotali indizi ci saranno utili per identificare altre opere del Tiepolo di codesto
periodo. Ma, prima ancora, ed in nesso a
quanto s'è detto circa la presenza, nelle
tele Dolfin, di elementi ritardatari accan23) Non credo, come generalmente si suppone, che
il Tiepolo dipingesse gli affreschi di Palazzo Dugnani a
Milano anteriormente a quelli di Palazzo Archinti.
24) Illustraz. in E. SACK, op. cit., p. 54; e, d'un particolare, nel mio studio in Le Arti, aprile-maggio 1941,
Tav. XCVIII.
,
25) Menziona il bozzetto M. GOERING (op. pit., p. 152)
fac endolo seguire peraltro da un dubbioso punto interro-
to a quelli d'avanguardia, desidero pr~ci­
sare che siffatte «sopravvivenze » si 'possono tanto abbondan~emente riscontrare
appunto nei soffitti delle sale . minori di
Palazzo Archinti, da indurre taluno a supporre che essi siano stati eseguiti anteriormente a quelli del salone datato 27). Infatti, qualche brano del soffitto col Ratto
d'Andromeda (fig. 18) o di quello con Giunone Fortuna e Venere, nei quali sono evidenti le soluzioni formali ed i residui della
prima maniera dell'artista, possono far ritenere ammissibile tale ipotesi. Ma nello
stesso salone principale siffatti elementi
non mancano, e basti accennare alla figura allegorica della Scultura (fig. 19) in cui
il Tiepolo ripete si può dire alla lettera
un atteggiamento caratteristico ad alcuni
personaggi degli affreschi di Udine e, nel
busto marmoreo, il simulacro della città
turrita del Trionfo di Mario per provare
il contrario.
* * *
Dopo queste constatazioni, non sarà
dunque fuori di luogo' rendere note o rimettere in onore alcune telette che ritengo'
del primo periodo lombardo del Tiepolo;
e che, dopo essere state, alcune, messe
in mora da una critica troppo affrettata,
mi duole di non vedere accolte dal Goering nel Lessico del Thieme- Becker.
Alludo anzitutto ' aUa Giuditta, della
raccolta del comm. Mario Rossello di ' Milano (fig. 20), una teletta delle solite di,.
mensioni care al M~estro (cm. 37 X 48),
che deve essere stata dipinta proprio verso il 1732, al tempo, cioè, in cui Giambattista aveva per la mente la commissione di decorare con un affresco, tra
altri, della Decollazione di S. Giovanni
gativo: mentre nessun dubbio può esistere sulla sua augrafia.
26) Di questo stile è anche il bozzetto per il soffitto
con l'Allegoria delle Arti, al Museo di Lisbona, di cùi ho
parlato nel mio sopracitato studio in Le Arti a p. 253,
nota 7.
27) Cfr. W. ARSLAN, in La Critica d'Arte, I, V, giugno 1936, p. 247.
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(fig. 21) la cappella Colleoni 28). Para- giustamente ricorda come già esistente in
digma quanto altro mai istruttivo per una collezione milanese, dove fu da me
le reminiscenze del ciclo Dolfin, nel por- per primo riconosciuto, e che, per quanto
tahandiera di primo piano, cosÌ simile mi consta, è del tutto inedito. Il filosofo
all'alahardiere del Fabio Massimo e, per- dall'aspetto socratico, avvolto in un mansino nel « ductus » pittorico, al guerriero to d'un giallo chiaro stupendo, con netto
seduto nel Cincinnato Caspari; nonchè, spicco davanti al vuoto cupo della hotte,
per quelle figurette di sfondo raggrup- fa cenno ' all'imperatore di scostarsi. Quepate sul torrione, alle analoghe interpre- sti torreggia in un atteggiamento di fietazioni d~lla folla nei fondi d'uno dei rezza, circondato da dignitari e guerrieri;
Trionfi e d'una delle Battaglie già Dolfin. sicchè la composizione è divisa in due
Sono, queste, ' reminiscenze che ' s' incro- piani, con lieve cesura diagonale, ricorciano, ovviamente, con il gusto più vivo dando, in ciò, parzialmente la Morte di
e scattante che viene a manifestarsi in S. Gerolamo del Poldi-Pezzoli (fig. 22),
questo tempo. II nesso della Giuditta con nonchè il citato Giosuè , che ferma il
l'affresco hergamasco è d'ordine pura- Sole, al Museo stesso (fig. 23), ai quali
mente ideale: non si tratta di una for- d'altronde strettissimamente si avvicina
male desunzione da esso, come avrehhe per il trattamento pittorico e l'impasto'secpotuto fare qualche allievo od imitatore co e granuloso 30). Tanto più interessante
del Maestro, ma di un fiorire parallelo è questa tela di Alessandro e Diogene, in
di analoghi concetti figurativi, nei quali quanto il tema non fu più ripreso dal
campeggia in uno l'eroina ehrea nell'altro Maestro, ch'io mi sappia; e soltanto in
il carnefice: figure similari, ma create in- qualche disegno se ne trova traccia 31 ).
dipendentementè l'una dall'altra; com' è,
Ugualmente conviene al periodo hernell' impianto compositivo, la partizione gamasco un hel quadretto sacro (cm. 49
dei due gruppi dei personaggi, regolati nel per 28) già nella collezione Piccinelli di
hlocco delle masse da uno stesso equili- Bergamo, raffigurante la Madonna con
hrio. Che questa sia eccellente opera au- tre Santi (fig. 27) pur questo se non erro,
tografa di Giamhattista e non del medio- ignorato dalla letteratura tiepolesca 32),
cre valtellinese Giulio Cesare Ligari, a cui compreso il Goering; e tanto superiore a
è stata da taluno assegnata al tempo della quel quadretto già nella raccolta SchwaMostra del Settecento Veneziano 29), mi pa- hach di Berlino, ch'è quasi identico al
re non dehha essere ulteriormente discusso. nostro, ma . che denunzia, penino nella ,
, Allo stesso tempo, o forse ad uno o riproduzione, cosÌ gravi mende da essere
due anni più tardi, appartiene il qua- messo seriamente in mora 33). 'Il nostro
dretto (cm. 43 X 54) con Alessandro e dipinto, con i suoi vivaci timhri cromaDiogene (fig. 24) che il Goering invece tici di rosso granato chiaro e azzurro cu28) Un interessante disegno di D ecollazione, proveniente dalla Casa Litta di Milano, è riprodotto in E. SACK,
op. cit., p. '255, fig. 244, come nella collezione Hessèle di
Parigi: si tratta, ciò che è sfuggito all'A., di una idea
per l'affresco di Bergamo: ma piuttosto lontana, ancora,
dalla versione definitiva.
29) G. FIOCCO, La Pitìura Veneziana alla Mostra del
S ettecento; op. cit., p. 70 dell'Estratto. Soprattutto per « il
colore liquoroso » e le « larghe orbite prive d'occhi» il dipinto sarebbe, secondo l'A., del Ligari. Ma 'con i suoi
ross,i squillanti nella bandiera e in quella tenda che svolazza intorno alla colonna, e per tutto il suo colorito vivido, il quadretto è tutt'altro che « liquoroso »; in quanto ,
alle orbite, si ricordino certe figure nel bozzetto d ell'Aurora di Vienna, da noi appunto not.ate per le caratteristiche di quel p eriodo dell'artista.
30) Il quadretto del San Gerolamo fu puhblicato da
E. MODIGLIANI, in Dedalo, 1933, marzo (Dipinti noti e
mal noti di G. B. Tiepolo).
31) Per es. nello S cherzo già della collezione Morelli,
riprodotto in E. SACK, op. cit., p. 266, fig. 286.
,
32) Unico cenno al riguardo trovasi nel catalogo dell'asta Bordoni (a cni il dipinto appartenne dopo, i Picciuelli) tenutasi a Milano nel dicembre 1933 (Galleria
Geri).
33) E. SACK, op. cit., p. 186, fig. 174.
"
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\
Fig. 18. G. B.
TIEPOLO :
Ral.lo d'Andromeda . Parti colare. Milan o, Pa lazzo Archinti.
Fig. 19. G. B.
TIEPOLO :
Trionfo delle Arli. Parti colare. Milano, Palazzo Archillli.
~
~
{ì
~
Fig. 20 . G. B.
TIEPOr.O:
Giuditta . Milano, Collezion e R ossello.
Fig. 21. G. B.
TIEPOLO:'
Decollazione del Battisla. B ergamo, Cappella Colleoni.
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F ig. 23. G. B .
T I EPOLO:
Giona fe rma il sole. Mil ano, Mu co Poldi-Pczzoli.
T A V.
XCII.
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TAV.
XCIII.
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~
:<:
Fig. 25. G. R.
TIEPOLO:
S. Rocco . New-York , Coll ezione privata.
X
F ig . 26. G. B.
TIEPOLO:
S. Rocco. Co llezione privata.
C"'.>
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LE ARTl
po rispettivamente nella veste e nel manto della Vergine, subito smorzati nei toni
terrosi e violacei d~i sai di S. Francesco e di S. Antonio, nei panni bianchi
e neri di S. Domenico e nelle fumose
nubi giallastre dietro alla Madonna e davanti all'altare, è una delle più gustose
telette sacre del Maestro, in quel periodo. La composizione si snoda in Ul:.ta
cosÌ morbida curva, culminante nelle teste
del Putto e di Maria, da suggerire proprio
l'idea di una mezza ghirlanda di Santi.
Senza' dilungarmi sulle ulteriori squisitezze di questa pittura, passerò per ultimo a
due telette di S. Rocco, intonate ambedue
a quei gialli limoncini e verdi olivastri che
formano i tradizionaH colori del costume
del santo pellegrino. Il S. Rocco (cm. 44,5
per 31,5) di New York (fig. 25) è seduto
davanti ad una staccionata in rovina,
pensieroso, triste, stanco dal lungo cammino; e, sfinito, s'è accucciato a terra il suo cane. Una vasta nube grigio
piombo riempie il cielo, che soltanto pochi bagliori ,r osa rischiarano all'orizzonte,
mentre da uno squarcio in alto penetra,
appena accennato, un raggio divino. E
una toccante pittura, di un intimo sentimento quasi nostalgico, piuttosto raro
nel Tiepolo; e proprio della stessa «famiglia» dei quadretti or trattati, da datarsi verso il 1733.
Un altro delizioso S. Rocco (cm. 43
per 33) trovasi in una collezione italiana
(fig. 26), e per il suo stile leggermente
più nervoso e per la sua provenienza vicentina può ritenersi eseguito al tempo
in cui il Maestro affrescava alla Villa
del Biron, nel 1734. Il Santo, p èr cui
ha posato probabilmente lo stesso modello del quadro nuovayorchese, è seduto .sopra una roccia in un paesaggio
desertico e montuoso, sopra un'altura.
Indossa una mantellina gialla, foderata
di verde-grigio, ed ha rossastri i calzoni.
Meno complesso del dipinto americano, il
nostro è a sua volta pieno di ·delicati accenti; e, in quanto a fattura, d'un tocco
più guizzante e sottile.
Ritengo che queste ' aggiunte alla lista
delle opere sicure di Giambattista Tiepolo
valgano ad illuminare maggiormente l'attività del Maestro ' nel suo primo periodo
lombardo; e segnino, nella sua produzione
da cavalletto, una notevole svolta dal periodo udinese: basti pensare, per contrasto, alle opere da noi pubblicate in principio, e, soprattutto, alle quattro «mitologie» dell'Accademia Veneziana, che di
quel periodo mi sembrano, fra i dipinti
da cavalletto, una delle espressioni più
caratteristiche.
Un continuo assillo di conferire dignità morale alle sue figure, si manifesta ora
nel Tiepolo; egli abbandona · ogni atteggiamento troppo «caricato », ogni espressione forzata, ogni senso d'inquietudine e
di groviglio nella composizione. L'artista
si avvia verso la sua «classicità », conquista il suo «alto stile eroico»; tende
di dare ai volti un asp ~tto di nobile compostezza; si stacca dai toni forti del pathos cosÌ caro ai barocchi. E soprattutto
vuoI giungere ad un senso di mohumentalità pittorica che diviene normativo per
la sua arte più matura. Le figure grandeggiano maggiormente nello spazio 34), acquistano più volume, la luce si distribuisce con chiaro equilibrio: dal dramma della
pittura crespiana e piazzettesca si passa
alla luminosa lirica che culminerà negli
stupendi brani ellenici d elle tele di Vero·
lanuova e di quelle già della Villa Gerola
sul Lago di Como, ora divise tra Dresda
e New York.
34) Giustamente il GOERING (op . cit. , p. 146) nota
n ei quadri del periodo udinese una Kleinfigurigkeit. Non
è egli peraltro b en chiaro nella sua ulteriore ,definizione
dello stile del Tiepolo, laddove afferma che sin addentro
nel t er zo d ecennio i corpi dipint i dal Tiepolo denotano
cc un senso particolare per la natural e morbidezza della carne insieme con un'accentuata tensione d ella p elle ». Definizione discutibile in sè stessa, m a comunque non applicabile
con u guale criterio al periodo udinese ed a quello lombardo,
ch e vanno differenziandosi tra sè così sos tanzialmente.
4
ANTONIO , MORASSI.
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