Cenni di preistoria. Le prime civiltà. Lo scontro romano cartaginese
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Cenni di preistoria. Le prime civiltà. Lo scontro romano cartaginese
Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Cenni di preistoria. Le prime civiltà. Lo scontro romano cartaginese Le ricerche archeologiche presso Atapuerca indicano che la penisola iberica fosse stata popolata da ominidi fin da 1,2 milioni di anni fa.[10] Gli uomini moderni arrivarono in Iberia, da nord a piedi, circa 32.000 anni fa. I manufatti più noti di questi insediamenti preistorici sono i famosi dipinti della grotta di Altamira in Cantabria che sono stati realizzati circa nel 15.000 a. C. dall’uomo di Cro-Magnon. Testimonianze archeologiche e genetiche suggeriscono che la penisola iberica sia servita come uno di più grandi posti da cui è partito il ripopolamento del nord Europa dopo la fine dell’ultima era glaciale. Calcolitico Il calcolitico o età del rame è la fase più antica della metallurgia che segna l'inizio della protostoria. Anche se la pietra non venne ancora rimpiazzata completamente, metalli quali rame, argento e oro furono lavorati per la prima volta e utilizzati per la fabbricazione di utensili e armi. Il calcolitico è anche il periodo nel quale ebbe inizio un primo processo di stratificazione sociale e, nel caso dell'Iberia, il periodo dell'apparizione delle prime civiltà evolute e dell'avvio dei commerci con terre lontane quali il Baltico e l'Africa. Convenzionalmente la data d'inizio del calcolitico in Iberia è datato al 3000 a.C. . Specialmente nel sud della penisola, nei secoli successivi, gioielli in metallo (decorativi o rituali) divennero sempre più comuni. Si registra inoltre un incremento del commercio di ambra dal Baltico e di avorio e uova di ostrica dal Nord Africa. Questo è inoltre il periodo dell'avvento del megalitismo e dell'apparizione delle sepolture collettive. Nel primo calcolitico questo fenomeno culturale, forse di natura religiosa, si espande in tutte le regioni atlantiche e in tutto il sud della penisola. Le regioni più interne e quelle mediterranee della penisola rimasero invece perlopiù estranee a tale fenomeno. Nel primo calcolitico si registra inoltre la comparsa di un nuovo tipo di monumento sepolcrale, la Tholos, e le grotte artificiali. Queste innovazioni sono soprattutto riscontrabili nelle area più sviluppate dell'Iberia meridionale. Sempre nel sud della penisola, nel 2600 a.C. circa incominciano a svilupparsi le prime comunità urbane. I più importanti centri urbani del periodo furono quelli di Los Millares nella Spagna sud-orientale e di Zambujal (appartenente alla cultura di Vila Nova de Sao Pedro) situato nell'Estremadura portoghese. Alla metà del III millennio a.C. fa il suo ingresso nella penisola iberica la cultura del vaso campaniforme di probabile derivazione centro-europea . Dal 1900 a.C. circa la cultura del vaso campaniforme nella penisola iberica si suddivise in differenti facies regionali che produssero altrettanti stili ceramici differenti, fra i più significativi si possono citare: lo stile di Palmela in Portogallo, lo stile Continentale delle pianure e lo stile di Almeria di Los Millares. Come in altre parti d'Europa, la comparsa della cultura del vaso campaniforme non portò alla scomparsa delle culture pre-esistenti. Età del bronzo Bronzo antico Il sud-est iberico divenne il centro principale della metallurgia del bronzo sin dal 1800 a.C. . Qui la civiltà di Los Millares fu sostituita da quella di El Argar; inizialmente la discontinuità fra le due culture è evidenziata dall'abbandono del centro urbano principale di Los Millares e l'apparizione di strumenti in bronzo e in bronzo arsenicato. 1 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Da questo centro la tecnologia del bronzo si diffuse in altre aree peninsulari. Le più importanti sono: • Bronzo del Levante: Nella comunità di Valenzia. Le loro città erano di piccole dimensioni e intrattenerono intensi contatti con le vicine popolazioni di El Argar • Bronzo iberico del sud-ovest: Nel Portogallo meridionale e nel Sud-ovest della Spagna. Questo orizzonte archeologico è scarsamente documentato, fra i rinvenimenti più importanti si segnalano i pugnali in bronzo. Il bronzo iberico del sud-ovest mostra una propensione ad espandersi verso nord. • Cultura di Cogotas I: le popolazioni pastorali delle pianure divengono per la prima volta culturalmente unite. Il loro artefatto tipico è una ceramica rozza di forma troncoconica. Alcune aree rimasero immuni alla diffusione della metallurgia del bronzo rimanendo di fatto ferme al periodo calcolitico. Bronzo medio Non si riscontrano grandi cambiamenti culturali rispetto alla fase precedente tanto che questo periodo può essere sostanzialmente considerato come una sua evoluzione. La novità più importante avvenne all'interno della civiltà di El Argar che adottò il costume funerario, di probabile derivazione egeica, dei pithoi. Questa fase della civiltà di El Argar è conosciuta dagli studiosi come El Argar B ed ebbe inizio nel 1500 a.C. circa. Nelle isole Baleari si sviluppa la civiltà talaiotica. Il nord-ovest della penisola (Galizia e Portogallo settentrionale) ricco di stagno (elemento fondamentale per la produzione del bronzo) divenne un'importante centro minerario. I manufatti tipici di quest'area geografico-culturale sono delle asce in bronzo (Gruppo di Montelavar). Nella regione semideserta della Mancia vengono erette le prime Motillas . Questo gruppo è strettamente legato al gruppo della Cultura del Levante ed utilizza la stessa cultura materiale. Bronzo recente A partire dal 1300 a.C. importanti cambiamenti avvengono nella penisola: • Scomparsa della cultura calcolitica che viene rimpiazzata da una cultura non-urbana il cui tratto distintivo sono delle ceramiche bruciate esternamente. • Anche la civiltà di El Argar che era stata una cultura molto omogenea, secondo alcuni addirittura considerabile come uno stato unitario, si disunisce in varie città fortificate indipendenti fra loro. • Abbandono delle Motillas • La cultura dei campi di urne appare nel nord-est occupando la Catalogna e le aree contigue. • Il bronzo iberico del sud-ovest mostra dei segnali di interazione con le culture atlantiche della Gran Bretagna e della Francia. Questa interazione è chiamata Età del bronzo atlantica. Nella valle del Guadalquivir si sviluppa la prima cultura differenziata caratterizzata da alcune ceramiche bruciate internamente; questo gruppo può essere messo in relazione con la semi-leggendaria città-stato di Tartesso. Età del ferro Durante la prima età ferro nella penisola iberica si possono riconoscere due centri culturali principali: La cultura proto-celtica dei campi di urne del nord-est e le colonie fenicie del sud. 2 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Espansione celtica A partire dalla fine dell'VIII secolo a.C., la cultura dei campi di urne del nord-est comincia ad incorporare la metallurgia del ferro e, infine, elementi culturali e innovazioni tipiche della cultura di Hallstatt . In questo periodo si espande verso il fiume Ebro ad ovest, arrivando fino a la La Rioja e (in una forma ibrida locale) ad Alava, ma anche a sud nella provincia di Castellón, con influenze meno marcate che arrivano anche più a sud. Nei secoli successivi la differenziazione sociale è più visibile e vi è anche la prova della esistenza di regni locali e di un'élite di cavalieri. È possibile che queste trasformazioni siano state favorite dall'arrivo di nuove popolazioni celtiche provenienti dall'Europa centrale portatrici della cultura di Hallstatt. Dagli avamposti dell'alto Ebro e delle montagne, la cultura celtica si espanse verso l'altopiano e la costa atlantica. Possono essere riconosciuti diversi gruppi regionali: • Il gruppo di Bernorio-Miraveche: nelle provincie di Burgos e Palencia, che influenzò i popoli della frangia settentrionale della penisola. • Il gruppo di Duero: probabile precursore del Vaccei. • La cultura Cogotas II: probabile precursore del Vettoni, di spiccato carattere pastorale, si espanse verso sud fino in Estremadura. • Il gruppo dei castri lusitano: nel Portogallo centrale, precursore del Lusitani. • La cultura dei castri del nord-Ovest: nel Nord del Portogallo e in Galizia, mostra parallelismi con il gruppo lusitano ma presenta forti peculiarità dovute alla persistenza del substrato del bronzo atlantico. Tutti questi gruppi indo-europei hanno alcuni elementi in comune tra i quali la ceramica "pettinata" e un corredo bellico uniforme. Intanto dal 600 a.C. la cultura dei campi di urne del Nord-est è sostituita dalla cultura iberica, proveniente forse dal sud-est, in un processo che non sarà completato fino al IV secolo a.C.. Questo sconvolgimento causò una separazione fisica fra i Celti dell'Europa centro-occidentale e i Celti della penisola che non ricevettero mai le innovazioni tra cui il Druidismo. Iberi Iberi (lat. Iberi, Hiberi) Nome attribuito dapprima agli abitanti della parte orientale della Spagna prelatina (distinti dai Tartessi, abitanti nella zona meridionale) e poi esteso a tutta la penisola. Pur manifestandosi una maggiore unità nell’area orientale, un’affinità etnica si riscontra di fatto nel sostrato della popolazione di tutta la penisola, derivante dall’evoluzione di gruppi giunti dopo il Paleolitico dall’Africa settentrionale che, mescolatisi ai popoli preiberici, diedero luogo alla civiltà d’Almería, fiorita dal Neolitico all’Età del Bronzo. A questi si sovrapposero in alcune regioni i Celti (6° sec. a.C.: la fusione dei due gruppi etnici nella parte nord-orientale e centrale diede origine ai Celtiberi). Dagli inizi del 1° millennio a.C. gli Iberi. subirono l’influenza di Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani. Gli I. sono descritti dagli antichi come rudi e selvaggi, coraggiosi e resistenti, specialisti nella guerriglia. Nel Sud e Sud-est si costituirono monarchie forti come quella dei Tartessi, ma in genere l’organizzazione politica non oltrepassava il clan; rito funebre fondamentale era la cremazione; il culto si svolgeva sui monti e nelle grotte; erano venerati gli spiriti della natura, un dio solare (Neto), divinità lunari e stellari. Le lingue degli antichi Iberi rientrano nella famiglia delle lingue preindoeuropee parlate nel bacino del Mediterraneo, dette ‘mediterranee’, e presentano affinità con il basco e il berbero. 3 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Civiltà tartessica Sulla base di un certo numero di ritrovamenti, possiamo stabilire che, in età imprecisata (forse attorno all'VIII secolo a.C.) iniziò a prendere corpo nel sud peninsulare (valle del Guadalquivir) una forma di civiltà, dalle connotazioni incerte, comunemente definita al giorno d'oggi tartessica. Tale civiltà sembra esser stata profondamente influenzata da quella fenicia; le origini del popolo che la originò permangono tuttavia oscure (sono state avanzate varie ipotesi, anche se quella relativa all'autoctonia gode attualmente di un certo credito fra gli studiosi). Principali aree linguistiche e popoli dell'Antica Iberia, con le Lingue celtiche evidenziate in azzurro e le altre Lingue indoeuropee in blu, circa 200 a.C 4 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Popoli preromani Con l'arrivo dei Greci e Fenici anche nella penisola iberica si diffonde la scrittura ed avviene così il passaggio dalla fase protostorica a quella storica. I primi popoli ad occupare la penisola iberica di cui possediamo documentazione scritta sono: • I Fenici, penetrati probabilmente nel sud peninsulare attorno all'VIII secolo a.C. (ma sono state proposte anche date anteriori). Costoro introdussero l'alfabeto e furono i primi a fondare le prime città (Gadir odierna Cadice, Malaca odierna Malaga, Ebusos odierna Ibiza, ecc.). • I Greci, forse introdottisi contemporaneamente ai Fenici o in età immediatamente successiva (VII secolo a.C.). Stabilirono sulla costa peninsulare mediterranea alcuni scali commerciali di una certa importanza (primo fra tutti Empúries o Emporion. • Gli Iberi, di lingua non indoeuropea, entrati nella futura Hispania in età imprecisata. Costoro iniziarono a sviluppare la propria civiltà attorno al VI secolo a.C. Secondo alcuni storici contemporanei gli Iberi potrebbero anche identificarsi con un'etnia (o più etnie), autoctona (o autoctone), evolutasi a contatto con civiltà più avanzate (in particolare quella fenicia e quella greca). Attualmente gli Iberi vengono definiti sia tenendo conto delle proprie caratteristiche etniche in senso amplio, sia, in alternativa, sulla base di considerazioni più prettamente linguistiche[1]. • I Celti, emigrati in più ondate dall'Europa centrale e dall'attuale regione francese (e belga) prima del VI secolo a.C. Costoro occuparono gran parte della parte centrale ed occidentale della penisola iberica, si mescolarono con gli Iberi e altre popolazioni autoctone, dando origine, a partire dal V secolo a.C. circa, alla civiltà celtibera, che si sviluppò in estese zone dell'attuale meseta castigliana e nella parte occidentale della regione limitrofe d'Aragona. I Celtiberi, di lingua celta ma di origine etnica composita, furono fortemente influenzati dalla cultura iberica, da cui mutuarono il sistema di scrittura. Dominio cartaginese e guerre puniche I Punici (nome romano dei Cartaginesi che sottolinea la derivazione dai Fenici), fin dal IV secolo a.C. o ancor prima, avevano raccolto l'eredità fenicia, sviluppando intensi traffici commerciali e reclutando mercenari fra le popolazioni iberiche. Nella seconda metà del III secolo a.C. l'Iberia divenne oggetto di contesa fra le due principali potenze mediterranee, Roma e Cartagine. Con la sconfitta ad opera dei Romani nella prima guerra punica (264-241 a. C.) i Caraginesi sentirono l'esigenza di estendere il proprio dominio diretto nel sud e nell'oriente peninsulare, per crearsi, probabilmente, una base territoriale e umana più ampia. In quegli anni fondarono Carthago Nova, nome che indicava la volontà di costruire una nuova Cartagine e di insediarsi stabilmente nella penisola in funzione anti-romana Nel primo dopoguerra Cartagine, infatti, non aveva virtualmente fondi e non fu in grado nemmeno di pagare le truppe mercenarie smobilitate. Forse il risultato politico più immediato della prima guerra romano-punica fu la caduta di Cartagine come principale forza navale. Le condizioni poste a Cartagine dai Romani ne compromisero la situazione economica e impedirono la rinascita della città. Le indennità richieste da Roma causarono un aggravio ulteriore per le finanze dello Stato e 5 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. forzarono i cartaginesi verso la ricerca di altre aree economiche per trovare i fondi da versare a Roma. Tutto ciò causò la penetrazione all'interno dell'Iberia e lo sfruttamento intensivo delle sue miniere d'argento. Per Roma, la fine della prima guerra romano-punica segnò l'inizio dell'espansione fuori della penisola italiana. La Sicilia, tranne Siracusa, anziché un alleato, divenne la prima provincia romana governata da un pretore. Qualche anno dopo nel 238 a.C. vennero aggiunte Sardegna e Corsica (sempre tolte agli ormai inermi cartaginesi approfittando della rivolta dei mercenari). Erano state in tal modo create le premesse per una nuova guerra che avrebbe per sempre cambiato il volto delle terra d'Iberia E alla fine portò alla seconda guerra romano-punica. La seconda guerra punica (218-202 a. C.): la situazione in Iberia È tristemente famosa la disperata richiesta dei delegati saguntini: « Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur » « Mentre a Roma si discute, Sagunto cade » (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI, 7.) Livio infatti racconta che, non era ancora stata decisa l'ambasceria romana che portasse il messaggio ad Annibale, che l'assedio era già iniziato. I Romani poi cominciarono a discutere se inviare i consoli dell'anno, in Iberia ed in Africa, se si dovesse inviare un esercito solo di terra o anche di mare, oppure se si dovesse condurre la guerra solo contro Annibale in Iberia. Alla fine, la sfortunata città, stremata da otto mesi di fame, battaglie, lutti e disperazione (per il mancato arrivo delle forze alleate romane) si arrese e venne rasa al suolo. Le ingenti ricchezze della città furono tenute da parte in vista della imminente campagna militare, gli schiavi furono distribuiti tra i suoi soldati, mentre il resto del bottino fu inviato a Cartagine. Roma, a questo punto, intervenne e inviò una delegazione a Cartagine chiedendo la consegna di Annibale, ma con le ricchezze che per anni erano arrivate dalla Spagna il partito della guerra aveva ripreso vigore a Cartagine, e questa rifiutò. La conseguenza ineluttabile fu che Roma dichiarò guerra a Cartagine. Era alla fine del 219 a.C. e iniziava la seconda guerra romano-punica. Consideriamo prevalentemente gli aspetti iberici della guerra dando per note le vicende principali della campagna di Annibale. Dopo la sconfitta sulla Trebbia (218 a. C.) Sempronio Longo tornò a Roma dove cercò di minimizzare la gravità della sconfitta, mentre Publio Scipione si trasferì in Spagna come proconsole per collaborare con il fratello Gneo. A Roma si procedette all'elezione dei consoli per il 217 a.C. e all'arruolamento di nuove legioni per fronteggiare la situazione; la minaccia punica appariva davvero preoccupante e venne decisa la costituzione di undici legioni in totale: una venne inviata in Sardegna, due in Sicilia, due vennero poste a difesa di Roma, due vennero mandate in Spagna. In Spagna, nel frattempo, Gneo Cornelio Scipione aveva riconquistato Emporion, colonia greca di Massalia (Marsiglia), e si era diretto con i suoi 24.000 uomini verso l'Ebro, battendosi vittoriosamente contro alcune tribù locali e contro Annone che era rimasto a presidiare i Pirenei con 11.000 uomini. Annone venne pesantemente sconfitto a Cissa, subì gravissime perdite e fu catturato. Asdrubale, che con 8.000 uomini stava marciando per ricongiungersi a lui, dopo alcune scaramucce vittoriose con la flotta romana, tornò a Nova Carthago (Cartagena) per svernare, mentre Gneo Scipione pose la base presso Emporion. Gneo, raggiunta la flotta, dopo aver punito i responsabili della sconfitta subita contro Asdrubale, andò a svernare a Tarraco (Tarragona), dove distribuì ai soldati il bottino. 6 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Le forze cartaginesi in Spagna non poterono pertanto mandare aiuti ad Annibale pur vincitore della battaglia del Trasimeno nel 217 (a. C.). Nel 217 a. C. alla ripresa delle ostilità in Spagna dopo l'inverno, con una campagna diplomatica e militare, con l'uso della forza e degli ambasciatori, Gneo Scipione riuscì a riconquistare il territorio fra l'Ebro e i Pirenei che l'anno precedente era stato preso da Annibale. Le popolazioni degli Ilergeti e degli Ausetani che resistevano a Roma vennero sconfitte e Asdrubale fu fermato al vecchio confine dopo una serie di battaglie terrestri e navali. La flotta cartaginese di stanza in Spagna fu catturata da Scipione e i Romani arrivarono a saccheggiare il territorio vicino a Carthago Nova riuscendo anche a sottomettere le isole Baleari: Roma deteneva ora il controllo totale del Mediterraneo Occidentale. Verso la fine dell'anno in Spagna arrivò anche il fratello di Gneo Scipione, Publio, guarito dalle ferite del Ticino, con una dote di 30 navi e una legione. In Spagna Roma schierava adesso due legioni, 10.000 alleati, 80 quinquiremi, 25.000 marinai. Le forze cartaginesi erano bloccate in Spagna, non potevano passare per via di terra senza cercare di riaprirsi la strada con la forza e non 7 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. potevano usare le navi perché Cartagine aveva perso l'antico predominio navale. Con la venuta dell'inverno le operazioni si fermarono nuovamente. Anche in Spagna i cartaginesi subirono una serie di insuccessi. Dopo aver avuto la notizia della vittoria di Canne (216 a. C.), Asdrubale aveva ricevuto l'ordine di lasciare di presidio una parte delle truppe al comando di Imilcone, e partire con un corpo di spedizione per rinforzare il fratello in Italia. Nell'autunno 216 a.C. si mosse in direzione dell'Ebro con 25.000 uomini, ma i fratelli Scipioni che erano impegnati nell'assedio di Ibera, concentrarono le loro truppe e sbarrarono il passo. La battaglia di Ibera si concluse con una netta vittoria dei romani e Asdrubale dovette ripiegare rinunciando a marciare in aiuto di Annibale in Italia. Questa sconfitta cartaginese influì anche sulla campagna annibalica in Italia, rendendo impossibile l'ulteriore invio di rinforzi nella penisola. Era previsto infatti l'invio ad Annibale attraverso il porto di Locri di un esercito al comando del fratello Magone di 12.000 fanti, 4.000 cavalieri e 20 elefanti, ma la grave sconfitta di Asdrubale che faceva temere un crollo delle posizioni puniche in Spagna, costrinse il senato cartaginese a dirottare queste forze; Magone quindi venne inviato nella penisola iberica per aiutare il fratello Asdrubale e fermare l'avanzata di Cneo e Publio Scipione. In quel momento, infatti, la Spagna era molto più importante per Cartagine che per Roma: era la base economica di tutta la guerra. Era dalla Spagna che venivano truppe mercenarie, truppe alleate e, soprattutto, argento e rame, indispensabili supporti finanziari per sopportare i costi sempre crescenti dello sforzo bellico, esteso ormai a tutto il Mediterraneo, ed era sulla Spagna che Cartagine doveva appoggiarsi per mandare aiuti ad Annibale. Cartagine doveva tenere la Spagna e per questo l'esercito fu dirottato verso ovest: Annibale in Italia doveva resistere con le proprie forze. Nell'estate 215 a.C. i fratelli Scipioni ripresero l'iniziativa e accorsero in aiuto della città alleata di Iliturgi, assediata dagli eserciti riuniti cartaginesi di Asdrubale e Magone. Secondo Tito Livio i romani, pur in netta inferiorità numerica, raggiunsero una brillante vittoria, i cartaginesi subirono pesanti perdite e dovettero ritirarsi; poco dopo vennero nuovamente sconfitti a Intibili. Le vicende successive della guerra in Spagna rimangono, sulla base delle fonti antiche, abbastanza confuse; secondo Tito Livio i fratelli Scipioni ottennero nuove vittorie, raggiunsero le regioni meridionali, conquistarono Castulo e fin dal 214 a.C. rientrarono a Sagunto, vendicando la caduta della città alleata che aveva dato inizio alla guerra. Gli storici moderni hanno manifestato molti dubbi sulla cronologia di Livio; alcune operazioni descritte potrebbero essere duplicazioni annalistiche di battaglie precedenti e si è ritenuto improbabile che i romani siano riusciti ad avanzare fino alla Spagna meridionale. Le ricostruzioni moderne ritengono che la guerra in Spagna in pratica si arrestò dal 215 al 213 a.C. e che gli Scipioni ripresero l'offensiva nel 212 a.C. riuscendo a riconquistare Sagunto nonostante la presenza di tre eserciti cartaginesi in Spagna comandanti da Asdrubale, Magone e Asdrubale di Gisgone. Nel 211 a.C. i generali romani decisero di intraprendere una campagna di maggiore spicco nel tentativo di porre fine alla guerra in Spagna. Per questo gli Scipioni ritenevano di essere dotati di forze sufficienti avendo arruolato, nel corso dell'inverno, oltre ventimila celtiberi da aggiungere alle forze romane. Nella battaglia del Baetis superiore (odierno Guadalquivir) i Romani sconfissero gli eserciti di Magone e di Asdrubale. I Romani persero pero i loro capi i fratelli Publio Cornelio Scipione e Gneo Cornelio Scipione, rispettivamente padre e zio di Publio Cornelio Scipione (detto poi l’Africano) vincitore di Zama. Quest’ultimo a soli 24 anni si fece nominare proconsole in Spagna dove vi giunse al comando della flotta e con 11.000 uomini. Publio Cornelio inaugurò un nuovo modo di trattare le truppe, di trattare con le popolazioni iberiche, a volte potenziali alleate, e di combattere. La strategia complessiva venne cambiata verso la ricerca di una situazione di attacco continuo, che si mostrava ben diversa dai metodi "combatti e attendi" precedentemente adottati. 8 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. Con questi accorgimenti e con una serie di brillanti operazioni belliche e diplomatiche, Scipione riuscì a rovesciare alcune alleanze fra iberici e cartaginesi rendendo difficile il reclutamento di forze contro Roma e contestualmente sferrò attacchi, in genere coronati da successo, contro colonie cartaginesi e città loro alleate: venne presa Cartagena (nel 209 a.C.), quest'ultima ribattezzata Nova Carthago. All’epoca Cartagena, protetta su due lati dal mare e sul terzo da una laguna, era considerata imprendibile. Tuttavia Scipione, sfruttando la bassa marea della laguna, riuscì a scalare le mura della città senza opposizione e impadronirsi di essa senza necessità di assedio. La conquista di Cartagena è ricordata anche per la grande umanità con la quale Scipione trattò gli ostaggi. Illuminante a tal proposito il famoso aneddoto raccontato da Polibio: i soldati romani, conoscendo la debolezza del proprio comandante per le donne, gli portarono una fanciulla molto bella nella quale si erano imbattuti durante il saccheggio. Ma Scipione ringraziandoli disse loro che, essendo comandante, non poteva accettare un simile dono e riconsegnò la ragazza a suo padre. Poi, saputo che la fanciulla era promessa sposa di un giovane capo dei Celtiberi, di nome Allucio, lo mandò a chiamare facendogli dono della fanciulla e consegnandogli come suo dono nuziale i ricchi donativi che i genitori della ragazza gli avevano fatto in segno di gratitudine. Grazie a questa sua continenza e moderazione, dice Livio, Scipione conquistò il rispetto dei popoli da lui sottomessi; restrinse sempre più il controllo cartaginese nella penisola iberica, costrinse i cartaginesi su posizioni costantemente difensive impedendo loro di sfruttare le risorse economiche del territorio che avevano conquistato e di inviare aiuti di uomini e mezzi ad Annibale. I territori iberici sotto controllo cartaginese si ridussero progressivamente e Scipione ottenne una nuova vittoria nella battaglia di Baecula (208 a. C.), ma strategicamente l'azione del generale romana fu un parziale fallimento e venne aspramente criticata in senato soprattutto dalla fazione di Fabio Massimo. In effetti nonostante le vittorie, Scipione non riuscì ad impedire che Asdrubale Barca organizzasse un nuovo grande corpo di spedizione con il quale sfuggì al controllo dei romani e intraprese con successo nel 208 a.C. una seconda invasione dell'Italia attraverso i Pirenei e le Alpi per accorrere in aiuto di Annibale. Scipione, rimasto in Spagna, riuscì nel 207 a.C. a imporre definitivamente il predominio romano in Spagna sconfiggendo nella battaglia di Ilipa le forze cartaginesi comandante da Asdrubale di Gisgone e Magone che dovettero evacuare tutti i territori e rifugiarsi con le truppe superstiti a Cadice. Infine, conquistata l'ultima ridotta cartaginese di Cadice, ottenne l'alleanza della città (206 a.C.). Fu la definitiva eliminazione del pericolo cartaginese in Spagna. Roma poté chiudere il "fronte occidentale" mantenendo solo le necessarie forze di presidio. Asdrubale rimase ucciso nella battaglia del Metauro (207 a. C.) dove le sue truppe furono rovinosamente sconfitte. La sconfitta del Metauro, che impedì il ricongiungimento dei due eserciti cartaginesi sul territorio italico, segnò la fine del progetto politico e militare di Annibale. Nel 203 a. C. il senato cartaginese sotto la pressione dell'invasione di Scipione, diede ordine ad Annibale di imbarcarsi e tornare in Africa. Annibale procedette ad effettuare vaste distruzioni e saccheggi sul territorio per non lasciare bottino nelle mani dei Romani. Il cartaginese partì dall'Italia nell'autunno del 203 a.C. insieme con circa 15.000-20.000 veterani delle campagna in Italia. Ma a Zama nel 202 a.C. sarà definitivamente sconfitto. La seconda la guerra romano-punica rappresentò una svolta decisiva per le future fortune di Roma. Innanzi tutto in termini di espansione territoriale, poiché al termine della guerra Roma prese il totale controllo dell'intera penisola italica, aggiungendo anche la Corsica, la Sardegna, la Sicilia e la costa meridionale della Penisola Iberica, estendendo la sua influenza sulle coste africane cartaginesi e numidi, oltre che sull'area dell'Egeo. Si realizzava, quindi, un controllo di tutto il bacino occidentale del Mediterraneo (e di lì a poco, anche della zona greca, nel bacino orientale) che porrà le basi per il futuro impero. 9 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. La Spagna Romana (I parte) Divisa nel 197 in due province (Hispania citerior e Hispania ulterior), la Spagna fu travagliata per gran parte dell’età repubblicana da insurrezioni degli indigeni, tra cui più attivi furono i lusitani e i celtiberi, contro i quali Roma inviò alcuni dei suoi migliori generali e uomini politici: M. Porcio Catone (195 a. C.), C. Flaminio e M. Fulvio Nobiliore (193-191 a. C.), Q. Fulvio Flacco (181 a. C.), Tiberio Sempronio Gracco (180 a. C.). Più lunga e difficile di tutte fu la guerra numantina, che durò circa venti anni (154-133) e si concluse appunto con la distruzione di Numanzia la roccaforte dei Celtiberi alla confluenza dei fiuni Tera e Duero. La guerra numantina. Nell'anno 153 a.C. un esercito numantino, sotto la guida di Segeda Caro, riuscì a battere un esercito romano di 30.000 armati, guidato dal console Quinto Fulvio Nobiliore. Dopo venti anni di guerre ininterrotte fra gli Arevaci, appoggiati dalle altre tribù celtibere, e i romani, che per ben cinque volte avevano tentato senza successo di espugnare la città, l'esercito romano della Tarraconense fu affidato, nel 134 a.C., a Publio Cornelio Scipione Emiliano, eroe della terza guerra punica. Costui, dopo aver saccheggiato il paese dei Vaccei, cinse d'assedio Numanzia nel 134–133 a.C. L'armata comandata da Scipione era integrata da un nutrito contingente di cavalleria numidica, fornita dall'alleato Micipsa, al cui comando si trovava il giovane nipote del re, Giugurta. Per prima cosa, Scipione si adoperò per rincuorare e riorganizzare l'esercito 10 Questo materiale è riservato agli studenti regolarmente iscritti al corso di storia della Spagna del CTP Petrarca di Padova. E’ strettamente personale e non riproducibile. I materiali –tratti in parte da Wikipedia e da altre fonti- sono a cura del Prof. Sergio Bergami. Lezione II: La preistoria. Celti, Fenici e cartaginesi. La conquista romana. scoraggiato dall'ostinata ed efficace resistenza della città ribelle; poi, nella certezza che la cittadella poteva essere presa solo per fame, fece costruire una doppia circonvallazione atta a isolare Numanzia e a privarla di qualsiasi aiuto esterno. Il console si adoperò poi a scoraggiare gli Iberi dal portare aiuto alla città ribelle, presentandosi con l'esercito alle porte della città di Lutia e obbligandola alla sottomissione e alla consegna di ostaggi. Dopo quasi un anno di assedio (l'assedio di Numanzia ispirò a Cervantes un dramma), i numantini, ridotti alla fame, cercarono un abboccamento con Scipione, ma, saputo che questi non avrebbe accettato altro che una resa incondizionata, i pochi uomini in condizione di combattere preferirono gettarsi in un ultimo, disperato assalto contro le fortificazioni romane. Il fallimento della sortita spinse i superstiti, secondo la leggenda, a bruciare la città e a gettarsi fra le fiamme. Non tutti però persero la vita; alcuni, ridotti in schiavitù, sfilarono a Roma durante il trionfo di Scipione. La città fu rasa al suolo (come Cartagine pochi anni prima nel 146 a. C. al termine della terza guerra punica). Il “bellum numantinum” acquista particolare importanza, perché segna il pieno affermarsi dell'egemonia romana nell'Hispania centro-settentrionale e la definitiva pacificazione della massima parte della penisola iberica. Cartina tratta da F. Garcia de Cortazar, J. M. Gonzales Vesga, Storia della Spagna, 1996-2001, Bompiani 11