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vai e vivrai - Trieste Iscrizioni online scuola
“Riprendere i dialoghi” 2.o Piano Formativo Biennale Specialistico - Area Educazione, Università e Ricerca Pedagogia&Cinema 12/13 aprile 2011 – Teatro Miela – Piazza Duca degli Abruzzi, 3 INTERCULTURALITA’ Guida per difendersi dal razzismo Khaled Fouad Allam – docente di sociologia del mondo musulmano all’Università di Trieste, Urbino e alla Stanford University di Firenze, ex deputato, è editorialista di prestigiose testate nazionali. Ha pubblicato, oltre a Guida per difendersi dal razzismo (2010, Giudizio Universale edizioni), L’islam globale, Lettera a un Kamikaze e La solitudine dell’Occidente. Pedagogia&Cinema Breve guida al film VAI E VIVRAI (titolo originale “Va, vis et deviens") Francia/Belgio/Israele/Italia, 2005 REGIA: SOGG. E SCENEGG.: INTERPRETI: DURATA: Radu Mihaileanu Radu Mihaileanu, Alain-Michel Blanc (collabor.), Moshe Agazai (Schlomo da piccolo), Moshe Abebe (Schlomo adolescente), Sirak M. Sabahat (Schlomo adulto), Yaël Abecassis (Yaël Harrai), Rami Danon (Papy), Meskie Shibru Sivan (madre di Schlomo), Yitzhak Edgar (Qés Amrah) 140’ LA STORIA 1984. Nel campo profughi di Um Raquba, al confine tra l’Etiopia e Sudan, la comunità dei Falasha (etiopi di religione ebraica) sopravvissuta alla carestia e alle persecuzioni viene soccorsa in Israele che, attraverso un ponte aereo organizzato dal Mossad e denominato “operazione Mosé”, porta in Terra Santa circa 8000 Falasha. Un bambino cristiano di 9 anni viene spinto dalla madre a fingersi ebreo per salvarsi. Giunto a Tel Aviv, orfano e privo di punti di riferimento (la donna che lo fa passare per suo figlio Salomon muore poco dopo l’arrivo in Israele), Schlomo, come viene ribattezzato dagli addetti all’immigrazione, viene affidato prima ad un istituto e poi ad una famiglia adottiva. Grazie all’affetto e alle attenzioni della nuova famiglia, soprattutto della madre Yaël, Schlomo riprende a vivere e comincia ad integrarsi nella realtà israeliana, sebbene una parte di essa cominci ad avanzare dubbi sull’effettiva ortodossia dei Falasha e sul loro diritto a vivere in Israele. Schlomo non dimentica però la sua vera madre rimasta in Sudan, a cui scrive lettere in aramaico grazie all’aiuto del Qés (equivalente etiope del rabbino) Amhra, con cui stringe un forte legame. Diventato adolescente, Schlomo si scontra sempre più con i pregiudizi del suo paese ma conduce un’esistenza normale tra famiglia, amici, sinagoga, vacanze in kibbutz e la relazione che intreccia con Sarah, un’israeliana di origini polacche. L’incontro con il medico che operava nel campo profughi da cui è partito e la sempre maggiore presa di coscienza delle gravi condizioni di chi non è potuto sfuggire alla carestia, spingono Schlomo a trasferirsi a Parigi per studiare medicina. La sua partenza suscita reazioni opposte nei genitori: mentre la madre è contenta perché non vuole che i figli subiscano la violenza del conflitto tra Israele e Palestina, il padre vorrebbe che la famiglia restasse unita e lottasse per la pace. Dopo la laurea, Schlomo decide di tornare in Israele dove sposa Sarah a cui confessa le sue vere origini cristiane. Partito come medico per il campo profughi di Um Raquba, mentre Sarah e suo figlio lo aspettano a Tel Aviv, Schlomo ritrova e abbraccia la vera madre. CHI È IL REGISTA Regista rumeno, Radu Mihaileanu (1958), figlio di un giornalista comunista di religione ebraica, respira fin da bambino cultura yiddish, che darà in seguito quel tocco inconfondibilmente ironico ai suoi film di maggior successo. Nel 1980 si trasferisce in Francia, scappando dalla dittatura di Ceausescu e si iscrive all’IDHEC (Institut Des Hautes Etudes Cinèmatographiques) di Parigi. Assistente alla regia di Marco Ferreri (I love you ,1986 e Come sono buoni i bianchi, 1988), scrive assieme al regista italiano la sceneggiatura di un film prodotto per la tv (Il banchetto di Platone, 1988). In seguito, lavora a fianco dei registi Jean-Pierre Mocky, Fernando Trueba (Il sogno della scimmia pazza, 1990), Nicole Garcia (Un week-end su due, 1990) e Edouard Niermans (Il ritorno di Casanova, 1992), fino alla sceneggiatura e alla realizzazione del suo primo film “Trahir” del 1993. Nel 1998 realizza il suo secondo lungometraggio "Train de vie – Un treno per vivere", con cui ottiene la nomination agli Oscar nelle categorie miglior sceneggiatura e miglior attore, premio Fipresci a Venezia, premio del pubblico al Sundance e David di Donatello per il miglior film straniero. Nel 2002 realizza un nuovo lungometraggio dal titolo "Ricchezza Nazionale" che dedicherà proprio a Marco Ferreri. Nel 2005 realizza la pellicola "Vai e Vivrai", vincitrice del premio del pubblico al 55° Festival di Berlino nella sezione “Panorama”, fino al vasto successo sancito nel 2009 dal riuscito film “Il Concerto”, presentato fuori concorso al Festival di Roma. Regista dal tocco limpido e delicato, nei suoi film cerca di abbattere i difficili muri dei pregiudizi. Ma è, al contempo, molto abile nel comporre situazioni di grande inventiva e a giocare con le potenzialità, ora umoristiche e ora tragiche, del racconto filmico: il tutto senza cessare d'interrogarsi su come affrontare con finezza e sensibilità episodi legati alle identità, alle accettazioni e alle intolleranze tra popoli nei loro viaggi verso la salvezza. TEMATICHE Appunti per una formazione all’immagine nell’analisi del film I falasha sono un popolo dall’identità molto ben definita, ma difficile da etichettare: etiopi di religione ebraica? Israeliani di pelle nera? Secondo il parere di alcuni esperti, i falasha discendono dal figlio nato dall’unione tra la leggendaria regina di Saba e re Salomone. Dopo la fondazione dello stato di Israele, per molti anni, i molteplici e mai sopiti dubbi espressi da non pochi politici e religiosi israeliani circa la vera identità dei falasha, ostacolarono i piani di quei comitati di tutela che avevano come scopo il trasferimento dell’intera comunità ebraica etiope in Terra Santa. Di fatto, i falasha rischiarono di scomparire, sia a causa delle persecuzioni dell’esercito etiope (agli ordini del colonnello Menghistu), sia per gli effetti devastanti della carestia che colpì il paese. Questi motivi spinsero molti di essi a tentare la fuga verso nord (nei campi profughi allestiti dall’ONU in Sudan), nella speranza di essere presto soccorsi dallo stato israeliano. Coloro i quali vi riuscirono dovettero però affrontare oltre confine un’esistenza molto difficile in quanto il governo islamico sudanese si dimostrò assai poco incline ad accettare sul suo territorio elementi non musulmani. La politica discriminante di Karthoum spinse finalmente il governo di Tel Aviv a varare, tra il 1984 e il 1991, tre distinte operazioni di soccorso, la prima delle quali fu quell’operazione Mosè descritta in questo film. Al regista va il merito di aver raccontato una storia inedita per il cinema e poco ricordata anche altrove, di aver saputo trattare ancora la shoah, e i temi ad essi collegati, con un umorismo delicato, tipicamente yiddish. Ma anche il merito di aver parlato di Storia al cinema senza patetismo e senza noia, con una continua sovrapposizione tra piano privato e piano collettivo. La Storia entra nel film sin dal prologo e vi ritorna spesso attraverso i telegiornali: la macchina da presa, spesso stretta nei primi piani dei volti, evita la spettacolarizzazione della sofferenza e preferisce suggerire piuttosto che mostrare il dolore, fino ad uno dei più bei finali della storia del cinema. Nel film di Mihaileanu – egli stesso un esule, immigrato in Francia dalla Romania di Ceausescu – la storia del bambino senza nome, che diventa Salomon e poi Schlomo, incrocia alcune delle più grandi tragedie del secondo novecento: la vicenda personale del bambino, adolescente, uomo che si fa strada tra i drammi della Storia e sfocia, non senza ottimismo, nel tentativo di reagire alla Storia e diventarne attore, da vittima. Il romanzo, sostanzialmente una sceneggiatura, di Mihaileanu e Alain Dugrand da cui è stato tratto il film, è suddiviso è suddiviso in tre parti, intitolate appunto “Vai”, “Vivi” e “Diventa”. “Vai” è il viaggio verso la sopravvivenza, verso Israele e in Israele; “Vivi” è la formazione di Schlomo e la sua riconciliazione con la vita; “Diventa” è il compimento del destino, la realizzazione umana e professionale di Schlomo. Vai e Vivrai è un film dalla parte delle madri perché se Schlomo riesce a sopravvivere ai traumi e alle tragedie della Storia è grazie all’amore delle sue madri. Vai e Vivrai è un film colorato, documentario ed epico al tempo stesso, in cui le lacrime si confondono con le risate: lo spazio del dolore viene sopraffatto dalla commedia che ancora una volta, come in “Train de vie”, riesce a rendere più umana la tragedia. (a cura di Fabrizio Lauria)