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oltre il “ghetto” di via anelli, a padova
UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA DIPARTIMENTO DI PIANIFICAZIONE FACOLTÀ DI PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO CORSO DI PERFEZIONAMENTO POST LAUREAM: AZIONE LOCALE PARTECIPATA E SVILUPPO URBANO SOSTENIBILE: PIANIFICAZIONI INTERATTIVE, AGENDA 21, CITTA′ DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI. A.A. 2004/2005 ELABORATO DI FINE-CORSO DI MAURO BELLUN O OL LT TR RE E IIL L ““G GH HE ET TT TO O”” D DII V VIIA AA AN NE EL LL LII,, A AP PA AD DO OV VA A:: qquuaannddoo llaa ““ppaarrtteecciippaazziioonnee”” èè uunnaa pprraattiiccaa ddii ffrroonnttiieerraa… … GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… INDICE INDICE I INTRODUZIONE. II 1. VIA ANELLI A PADOVA: LE CARATTERISTICHE DEL LUOGO E LE VICENDE CHE LO HANNO CONNOTATO. 1 1.1. Alcuni cenni sul contesto urbano di Via Anelli. “La Stanga”: le principali tappe del processo di sviluppo urbanistico dell’area. 1.2. Da “residence studentesco” a dimora di cittadini extracomunitari: il Complesso residenziale “La Serenissima” di Via Anelli e le vicende che lo hanno interessato. Il "residence studentesco". La crisi della domanda studentesca e i primi tentativi d’ovviare al progressivo svuotamento del Complesso residenziale. L’insediamento degli immigrati e la progressiva formazione del “ghetto”. Via Anelli e “La Stanga”: alcune considerazioni sul quadro problematico emergente. 1 2 6 6 7 8 8 2. QUANDO VIA ANELLI INIZIA A “FARE PROBLEMA”… 10 2.1. Le prime avvisaglie del processo di degrado della zona. L’omicidio del giovane albanese. “I quindici giorni di paura” dell’Agosto del 1997, a Padova. Un padovano ferisce un immigrato con una balestra. La questione di Via Anelli nelle campagne elettorali del ’99. 11 11 11 12 13 2.2. Esplode il caso di Via Anelli, con echi in ambito nazionale. La rissa del Settembre 1999. La reazione degli abitanti del Complesso residenziale. Le misure adottate dalle istituzioni per far fronte all’emergenza. 13 13 14 15 3. IL RESTO DELLA STORIA, ATTRAVERSO LE PRINCIPALI PROPOSTE, INIZIATIVE E POLITICHE PER AFFRONTARE IL PROBLEMA. 17 3.1. L’azione del Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli. 17 3.3. Il progetto AGAVE. 18 3.4. Il progetto Conoscersi. 18 3.2. Il Programma Integrato di Riqualificazione Urbana, Edilizia e Ambientale (P.I.R.U.E.A.) dell’area. 18 3.5. Il progetto Open Windows. 19 4. RIFLESSIONI SUL CASO STUDIO: LA PARTECIPAZIONE COME “PRATICA” DI FRONTIERA. 20 4.1. I confini dell’area del Complesso residenziale come “limite” delle politiche istituzionali. 20 4.2. Dal confine alla frontiera: approcci “altri” al “problema-Via Anelli”. La frontiera come “spazio” d’interazione. Quando la “partecipazione” è una “pratica di frontiera”. Considerazioni conclusive. 21 21 22 24 BIBLIOGRAFIA 26 I GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Introduzione. L’ elaborato affronta il caso di Via Anelli, a Padova, che costituisce, oramai da tempo, un nodo problematico “inestricabile” per la città. Si tratta di un’area inserita in un contesto urbanistico controverso e caratterizzata da un’alta concentrazione di immigrati, da fenomeni di degrado edilizio, di disagio sociale ed abitativo, oltre che dalla presenza, ormai radicata, di attività illecite e di episodi di violenza. La stampa locale ritrae la zona con “tinte fosche”, quando non, addirittura, con toni allarmistici ed apocalittici. Tutto ciò ha contribuito a costruire per questo luogo, nel corso degli anni, un’immagine malfamata e paradigmatica, secondo la quale “Via Anelli” è sinonimo di degrado, pericolo e delinquenza legati all’immigrazione straniera; il nome di questa strada di Padova, infatti, viene spesso utilizzato sui giornali per riferirsi, anche in altri contesti territoriali, a luoghi particolarmente “insicuri”, per lo più abitati o frequentati da cittadini stranieri. Nel quadro delle politiche che s’attivano per far fronte a tale situazione problematica, sembrano configurarsi principalmente due differenti tipi di iniziative, ai quali corrispondono altrettante ed opposte definizioni del “problema”: da un lato “Via Anelli” viene percepita soprattutto come una questione “d’ordine pubblico” e di lotta alla criminalità, dall’altro, invece, essenzialmente come un problema di disagio abitativo e di esclusione sociale. Alla prima definizione possono essere ricondotte alcune iniziative intraprese dalle istituzioni (in special modo, dall’amministrazione comunale e dalle forze dell’ordine), mentre alla seconda si riferiscono le azioni di alcune associazioni o di gruppi di persone residenti nella zona. La netta opposizione, esistente tra i due modi di percepire la questione e tra le due modalità d’intervento, non sembra giovare affatto alla soluzione dei problemi di quest’area, che necessiterebbero, invece, di definizioni più complesse e di una maggiore interazione tra i soggetti mobilitatisi intorno ad essi. Tuttavia, le iniziative condotte per trattare “Via Anelli” essenzialmente come problema sociale e abitativo si rivelano particolarmente interessanti, in quanto sembrano spingersi, più di altre, in tale direzione: si tratta, infatti, di azioni condotte dal basso, che muovono da premesse diverse rispetto a quelle da cui si sviluppano tradizionalmente le iniziative istituzionali e che trattano le problematiche, connesse a questo ambito urbano, secondo approcci “inclusivi” ed estremamente “innovativi”. Nella convinzione che tali azioni siano straordinariamente importanti nell’affrontare con efficacia i problemi che “attanagliano” Via Anelli, l’elaborato, dopo aver descritto il contesto urbano, le vicende e le politiche che lo hanno interessato, cerca di far luce su queste iniziative, cercando di coglierne le principali caratteristiche e di evidenziarne le potenzialità. L’elaborato è stato redatto dando ampio spazio alla descrizione del contesto urbano e alla ricostruzione delle vicende e delle politiche che lo hanno interessato; questa parte è stata scritta attingendo a varie fonti: alcune delibere della giunta comunale, una “rassegna-stampa”, svolta su giornali locali e nazionali, alcune tesi di laurea, degli articoli di riviste specializzate. L’ultima parte, invece, costituisce una sorta di ragionamento su alcuni particolari aspetti emersi dalla descrizione del caso ed è stata prodotta con l’ausilio di alcuni riferimenti bibliografici (per lo più, relativi al campo delle politiche urbane e alla pianificazione della città) e di alcune osservazioni ed interviste effettuate “sul campo”. I risultati attesi, a conclusione di questo lavoro, consistono nel riuscire ad evidenziare, nell’ambito di un ragionamento conclusivo e alla luce della ricostruzione del caso, gli aspetti peculiari delle azioni partecipate ritenute di particolare interesse per il trattamento dei problemi di Via Anelli. II OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… 1. Via Anelli a Padova: le caratteristiche del luogo e le vicende che lo hanno connotato. In questa prima parte dell’elaborato verrà descritto il contesto urbano in cui si inserisce Via Anelli e verranno illustrate le principali tappe dello sviluppo urbanistico de La Stanga, la zona della città che la comprende. V’è, infatti, la convinzione che alcune scelte di trasformazione urbana, che hanno interessato nel corso del tempo l’area de La Stanga, abbiano, almeno in parte, favorito l’insorgere della situazione di Via Anelli, e che, per converso, le stesse problematiche generatesi in questa via, abbiano poi finito per riportare effetti sul tessuto urbano e sociale di questa zona della città. Successivamente saranno, invece, ricostruite, nelle loro fasi principali, le vicende che hanno interessato, in maniera specifica, il Complesso residenziale “La Serenissima”, da cui sembra avere origine il peggioramento delle condizioni della via: lo scopo di tale ricostruzione è quello di mettere in evidenza i momenti salienti del processo di formazione di quest’area urbana problematica. 1.1. Alcuni cenni sul contesto urbano di Via Anelli. Via Anelli1 è una strada posta in un’area semi-centrale della città di Padova; essendo compresa all’interno della “zona” Stanga, essa appartiene all’ambito del Quartiere Est (Q3) della città. La via si situa immediatamente a nord del Piazzale Stanga, uno degli incroci viari più importanti della città, all’interno di una porzione di tessuto urbano definita nettamente da importanti direttrici di traffico automobilistico2 e posta a sud di due linee ferroviarie, la linea che collega Padova a Venezia ed un’altra destinata unicamente al trasporto delle merci. A nord di tale zona si estende anche il tracciato dell’autostrada A4 (Torino-Trieste); poco distante (a circa 1 Km da Piazzale Stanga), infatti, è ubicato il casello autostradale “Padova Est”, attraverso il quale è possibile accedere alle autostrade A4 e A13 (Bologna-Padova). L’ambito urbano, in cui Via Anelli è compresa, risulta principalmente destinato ad una funzione residenziale, anche se, in esso, sono presenti importanti strutture del terziario (per lo più, commerciale e direzionale); a poca distanza, inoltre, lungo Via Venezia, si trovano anche gli Istituti Universitari. La via risulta l’unico accesso a via Grassi, la principale strada che attraversa in senso nord-sud La Stanga, per tutta una vasta area residenziale3 posta ad est di essa. Esistono, infatti, soltanto altri tre punti attraverso cui risulta possibile accedere, da quest’area abitativa, al resto della città: due conducono verso sud, collegandosi a Via Venezia, il principale asse d’attraversamento est-ovest della zona, mentre un terzo passaggio, esclusivamente pedonale, sfocia verso nord, in Via Maroncelli. Via Anelli si configura, in tal modo, come una sorta di “spartiacque” tra la zona residenziale, ad essa retrostante, ed alcune delle attività commerciali poste lungo Viale Venezia (il Cinema-Albergo Biri, una concessionaria d’automobili, il Centro Giotto, il Brico). L’incrocio con Via Grassi, inoltre, viene a posizionarsi proprio di fronte al Centro direzionale “La Cittadella”, presso cui trovano sede la Provincia di Padova, il Commissariato “La Stanga”, oltre a varie banche e a numerosi altri uffici ed attività del terziario. 1 La via è intitolata al sacerdote Luigi Anelli (1813-1890), distintosi come storico (fu autore della “Storia d’Italia dal 1815 al 1867”) e come patriota milanese, seguace di Carlo Cattaneo. 2 Le strade a cui si fa riferimento sono: Via Venezia (in direzione Est-Ovest), Via Grassi (in direzione nord-sud) e Via Friburgo (direzione Nord/Ovest – Sud/Est). 3 Tale area è definita da Via Grassi, Via Venezia, Via Friburgo, Via Maroncelli. 1 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Figura 1. Pianta della zona orientale della città di Padova (zona Stanga); in evidenza (all'interno del cerchio rosso) l'area di Via Anelli. Supporto cartografico: Touring Club Italiano, Pianta della città di Padova in scala 1:12 500. “La Stanga”: le principali tappe del processo di sviluppo urbanistico dell’area. Al fine di comprendere meglio le caratteristiche del contesto urbano in cui si inserisce Via Anelli, sembra opportuno cercare di individuare i momenti fondamentali del processo di sviluppo urbanistico ed architettonico che ha interessato l’area de La Stanga. Tale ricostruzione, effettuata sulla base di testimonianze raccolte presso alcune persone anziane del luogo4, si connota di straordinario interesse, poiché risulta svolgersi attorno a quelli che gli abitanti de La Stanga percepiscono come aspetti principali della storia di questo luogo, nel quale vivono da molti anni. Risultano, così, tre i momenti salienti, in cui sembra articolarsi, a partire da poco prima della metà del secolo scorso, il processo di sviluppo urbanistico di questa zona della città di Padova. a) L’insediamento dell’industria tessile nociva. 4 Le tappe dello sviluppo urbanistico ed architettonico dell’area sono state ricostruite a partire dalle informazioni emerse da alcune interviste, condotte su alcuni abitanti anziani (anche attraverso l’utilizzo della tecnica del “Diario Etnografico”), nell’ambito di un progetto denominato AGAVE4; si tratta di una ricerca realizzata, nel corso del 2003, dal Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale di Padova nella zona che comprende, non solo l’area estesa all’interno dei tre assi viari Via Venezia, Via Friburgo e Via Grassi, ma anche l’area immediatamente ad ovest di questa (la “zona del Pescarotto”), allo scopo di comprendere che cosa intendessero gli abitanti di tale area urbana per “salute collettiva o salute della comunità” (Monica Dondoni, “Ricordando la Stanga…” in Narrare il gruppo n. 1/Marzo 2004, p. 98). Gli obiettivi, le modalità ed i risultati del progetto verranno, comunque, illustrati nella terza parte del presente lavoro. 2 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… Il primo momento può essere individuato nel lasso di tempo che va dal 1940 fino all’inizio degli anni ’60. A tal periodo, infatti, risale la formazione del primo nucleo abitativo della zona de “La Stanga”, nell’area di Via del Pescarotto (la via collocata ad Ovest di Via Grassi e disposta parallelamente rispetto ad essa). I proprietari dei terreni di questa zona della città, che in quegli anni si caratterizzava come paludosa, ottennero dall’Amministrazione Comunale il permesso di vendere, purché, in cambio, avessero provveduto, a proprio carico, alla costruzione delle strade e delle fognature. Figura 2. La zona de “La Stanga” come appare al 1935 (cartografia IGMI in scala 1:25 000). Tale zona risulta, in tal data, scarsamente abitata (poche le abitazioni osservabili), occupata dagli importanti stabilimenti industriali della “Snia Viscosa” e delle “Officine Stanga” e attraversata principalmente dall’asse viario (in direzione Ovest-est) di Via Venezia. Nell’area in cui è attualmente posta Via Anelli (area evidenziata in grigio) si riscontra la presenza di una strada sterrata. Figura 3. La zona de “La Stanga” come appare al 1953 (cartografia IGMI in scala 1:25 000). Si riscontrano, a tal data, la presenza di Via Grassi (che procede, da Piazzale Stanga, in direzione Nord), del primo agglomerato lungo Via Del Pescarotto, delle “case minime” lungo Via Maroncelli e del Complesso edilizio a corte triangolare dell’attuale Albergo-Cinema Biri (che si affaccia su Piazzale Stanga). La zona di Via Anelli (posta in evidenza all’interno dell’area grigia) risulta ancora disabitata. Le infrastrutture furono realizzate in economia e la zona risultò, dunque, “malservita”. La vendita dei terreni lottizzati, comunque, consentì la nascita nel luogo di un piccolo agglomerato: tra il 1947 ed il 1949 vennero ultimati i lavori di costruzione delle prime dieci abitazioni private. Da allora, la zona andò popolandosi in maniera progressiva, grazie all’affluenza massiccia di operai, per lo più provenienti da fuori città, che si trasferivano in questo luogo per poter vivere più vicini alle fabbriche, presso cui lavoravano, e con la speranza di poter offrire ai propri figli, in futuro, maggiori opportunità di studio e di realizzazione personale. In tal periodo, infatti, nella zona del Pescarotto era situata un’industria chimica, che produceva e trattava materiali tessili: la “Snia-Viscosa”5. Questa fabbrica si sarebbe rivelata, col tempo, altamente inquinante: sembra, infatti, che liquami tossici venissero scaricati in un fossato posto in prossimità della strada d’accesso a Via Del Pescarotto e nelle vicinanze di Via Maroncelli e che materiali di scarto, fortemente contaminanti, venissero interrati nell’area in cui sorgeva lo stabilimento industriale, tanto da costringere gli attuali proprietari dei terreni, compresi all’interno di questa, a provvedere, in seguito, ad una loro bonifica6. 5 Lo stabilimento industriale occupava esattamente l’area attualmente compresa tra le vie Venezia, Grassi, Maroncelli e Del Pescarotto 6 Monica Dondoni, “Ricordando la Stanga…” in Narrare il gruppo n. 1/Marzo 2004, p. 98. 3 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… b) Lo sviluppo residenziale della zona: la costruzione di alloggi di edilizia pubblica e la realizzazione del Complesso Residenziale “La Serenissima”. Il secondo momento, che sembra caratterizzare lo sviluppo urbanistico della zona, risulta compreso tra i primi anni ’60 e la fine degli anni ’70. Tra il 1963 ed il 1964 vennero, infatti, realizzate le case popolari in Via Manara e in Via Gigante7: si trattava di alloggi in parte di proprietà del Comune di Padova ed in altra parte, invece, appartenenti allo IACP (Istituto Autonomo Case Popolari, in seguito rinominato ATER, Agenzia Territoriale di Edilizia Residenziale). La scelta di tali aree urbane da parte dell’Amministrazione Comunale, per l’ubicazione di numerosi alloggi di edilizia pubblica, era motivata dal fatto che i terreni della zona Stanga venivano ceduti a basso costo, trattandosi, all’epoca, di una zona prevalentemente Figura 4. La zona de “La Stanga” come appare al occupata da attività industriali. In tal periodo, 1971 (cartografia IGMI in scala 1:25 000). E’ possibile notare come, a tal data: l’agglomerato infatti, non esisteva ancora la Zona Industriale sviluppatosi lungo Via Del Pescarotto si presenti Nord e nei pressi de “La Stanga” trovavano posto “infittito”; sia stata realizzata Via Ariosto, il numerose fabbriche ed industrie; tra queste, un prolungamento verso sud (oltre Piazzale Stanga) di Via posto di rilievo ebbero le “Officine Meccaniche Grassi; siano state edificate, a sud rispetto alle “case minime” di Via Maroncelli, nuove abitazioni nell’area Stanga”, che occupavano la zona posta a ridosso circostante a Via Boscardin; siano stati costruiti edifici del settore Sud-Est di Piazzale Stanga e più a Sud di rilevanti dimensioni (ad uso industriale) lungo Viale rispetto a Via Venezia8. Tale attività industriale, Venezia, nei pressi dell’attuale Centro Giotto; sia stata che proprio nel corso di quegli anni cominciò a inserita una nuova strada, tra Viale Venezia e Via Maroncelli, che servirà la zona residenziale di prossima manifestare i primi segni di crisi attraverso grossi tagli del personale, tra la fine degli anni ’60 e realizzazione. Risultano già presenti i primi edifici che si affacceranno l’inizio degli anni ’70 venne trasferita in un'altra su Via Anelli (nell’area evidenziata in grigio), ma l’area parte della città (nella zona di Camin). che ospiterà il Complesso residenziale “La Nel corso di questo secondo momento Serenissima” non appare ancora edificata. fondamentale dello sviluppo urbanistico della zona, si colloca anche quello che viene ricordato, dagli abitanti anziani de “La Stanga”, come “un intervento imponente” 9: la costruzione, avvenuta nella prima metà degli anni ’70, delle palazzine del Complesso residenziale “La Serenissima” in Via Anelli, realizzato allo scopo di offrire dei mini-alloggi agli studenti dell’Ateneo di Padova. c) La costruzione del Centro Giotto e di altre importanti strutture del terziario. Tra gli anni ’80 e l’epoca attuale è possibile individuare, infine, una terza “tappa” nel processo di trasformazione di quest’area urbana. La storia di questa parte della città di Padova, caratterizzata, nelle due fasi precedenti, dal tentativo di creare una zona residenziale in un ambito urbano occupato da insediamenti industriali, sembra connotarsi diversamente in quest’ultimo periodo: col progressivo trasferimento delle sedi di numerose attività produttive, presenti da tempo nella zona, e con la costruzione, all’interno di essa, di grossi esercizi commerciali, la fase più recente della storia de “La Stanga” sembra 7 All’interno dell’area definita da Via Grassi, Via Maroncelli e Via Friburgo. Più precisamente, le “Officine Meccaniche Stanga” erano situate nell’area compresa tra Via Turazza, Via Ariosto, l’argine del fiume Piovego e il Ponte dei Greci. 9 Monica Dondoni, Op. cit. , 2004, p. 100. 8 4 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… contraddistinguersi, sempre più, per la difficoltà, avvertita dai suoi residenti, di vivere in un contesto urbano che va gradualmente frammentandosi con il progressivo insediarsi, all’interno di esso, di attività terziarie, rivolte un ampio “bacino d’utenza”. Agli inizi degli anni ’90, lungo Via Venezia, sorge, infatti, il Centro Giotto; sulla scia della sua apertura si insediano, progressivamente e lungo questa strada, una serie di grandi “stores” commerciali e di strutture legate al terziario direzionale e dei servizi. In questo periodo viene costruito anche il Nuovo Tribunale (posto all’inizio di Via Venezia), mentre su Piazzale Stanga e su Via Grassi comincia ad affacciarsi l’imponente complesso del Centro direzionale “La Cittadella” (non ancora ultimato), ad Ovest del quale sta per essere, attualmente, realizzato un vasto parco pubblico, nello stesso luogo in cui precedentemente si trovava lo stabilimento della Snia-Viscosa. Figura 5. La zona de “La Stanga” come appare al 1981 (cartografia CTR in scala 1:10 000). E’ possibile notare come tale ambito urbano, rispetto ai periodi precedenti, abbia conosciuto un intenso sviluppo residenziale (sia nelle aree poste a sud, sia in quelle che si trovano a nord di Via Maroncelli), oltre che un aumento delle attività industriali e terziarie collocate lungo Viale Venezia. Appare evidente la presenza di Via Anelli e del Complesso residenziale “La Serenissima” (all’interno dell’area evidenziata in grigio). Mentre, dunque, le grandi strutture commerciali causano, a poco a poco, la chiusura di piccoli esercizi commerciali presenti nella zona, nel corso di tal periodo anche alcune aree residenziali subiscono una notevole trasformazione. A metà degli anni Novanta, alcuni fabbricati dell’ex “Consorzio Case Minime”, realizzati negli anni ’50 ed ormai fatiscenti, vengono ricostruiti in Via Boscardin (immediatamente a Sud di Via Maroncelli) e, in un’area piuttosto estesa, posta lungo Via Maroncelli, vengono sostituiti dal Complesso residenziale del Nuovo Maroncelli, in cui trovano posto, oltre ad alloggi pubblici, anche alcuni locali per esercizi commerciali ed un centro civico. L’intervento, attuato attraverso un Programma Integrato di Recupero Urbano, prevede anche la 5 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… realizzazione di un vasto cortile, denominato “Punto d’incontro”, nel quale viene allestita un’area verde per attività ludiche. 1.2. Da “residence studentesco” a dimora di cittadini extracomunitari: il Complesso residenziale “La Serenissima” di Via Anelli e le vicende che lo hanno interessato. Il Complesso residenziale “La Serenissima” di Via Anelli, compreso nella zona de “La Stanga”, si caratterizza come un luogo in cui si concentrano problematiche di diversa natura (edilizia, economica e sociale), che sembrano mescolarsi tra loro in una sorta di “miscela esplosiva”, che produce effetti dirompenti, oltre che sulla stessa via, anche nelle aree ad essa vicine. Al fine di comprendere la situazione che connota tale Complesso residenziale, vale la pena ripercorrere brevemente le vicende che lo hanno interessato, a partire dalla sua costruzione, e che ne provocato lo stato problematico attuale. Il “residence studentesco”. Il Complesso residenziale “La Serenissima” si affaccia su Via Anelli ed interessa la maggior parte10 di questa strada. Costruito nella prima metà degli anni ’70, tale struttura abitativa è composta da 6 palazzine, disposte intorno ad un ampio spiazzo centrale, progettate e realizzate secondo una tipologia edilizia di tipo intensivo: esse accolgono, in totale, 287 miniappartamenti, ciascuno dei quali ha un’ampiezza media di 30 mq11 ed è costituito da due soli vani (una cucina ed una stanza da letto). Ogni alloggio, inoltre, ha a disposizione un box-auto nel piano interrato, a cui conducono le rampe disposte esternamente al cortile. Esso nasce come operazione originariamente Figura 6. Pianta del Complesso Residenziale “La Serenissima”, immobiliare posto lungo Via Anelli. Sono state poste in evidenza le 6 palazzine (in innovativa, volta a proporre una rosso), le aree adibire a giardino (in verde) e il cortile compreso tra gli tipologia abitativa “nuova”, destinata edifici (in giallo). alla popolazione La base cartografica è stata ottenuta dall’ingrandimento della cartografia principalmente universitaria, per i mesi dell’anno in CTR dalla scala 1: 5000 alla scala 1:2 500. cui essa deve trattenersi in città per frequentare le strutture universitarie, ma anche alle figure professionali particolarmente “dinamiche” (managers, liberi professionisti, ecc…) presenti nella zona orientale della città, connotata da un ormai avviato processo di trasformazione commerciale e terziaria. 10 Il Complesso residenziale, infatti, corrisponde ai numeri civici 13-15-25-27-29-31 della via, che raggiunge soltanto il numero 31. 11 Si tratta, infatti, di mini alloggi aventi una superficie variabile dai 28 ai 35 mq. 6 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… Per tutti gli anni ’70 tale tipo di offerta abitativa riscontra un buon successo, soprattutto presso gli studenti universitari12: gli appartamenti del Complesso vengono, per lo più, acquistati dai genitori degli studenti e riaffittati, dopo la laurea di questi, ad altri ragazzi che studiano nell’ateneo della città. Vista, infatti, la bassa13 offerta pubblica di alloggi studenteschi presenti a Padova, il Complesso residenziale “La Serenissima” diventa una soluzione abitativa ideale per questa categoria sociale. Il “passa-parola” negli ambienti universitari, inoltre, garantisce un continuo “turnover” negli alloggi di Via Anelli. La crisi della domanda studentesca e i primi tentativi d’ovviare al progressivo svuotamento del Complesso residenziale. Nel corso degli anni ’80 le cose cominciano ad andare diversamente: le preferenze della popolazione studentesca iniziano ad orientarsi verso altre soluzioni abitative. In questo periodo, infatti, conseguentemente ad un progressivo trasferimento in periferia di molti abitanti delle zone urbane centrali, alla ricerca di una maggiore qualità ambientale e con l’obiettivo di sottrarsi a canoni d’affitto che diventano sempre più elevati in queste aree a progressiva “riconversione” terziaria, molti proprietari di alloggi, situati nelle vicinanze delle sedi universitarie, cominciano a trovar conveniente affittare gli appartamenti, rimasti sfitti, a studenti universitari14. Tale tendenza offre, così, alla popolazione studentesca una valida alternativa agli alloggi di Via Anelli, per i quali le quote d’affitto richieste sembrano in progressivo aumento. Fino al 1992, infatti, in concomitanza con la costruzione nelle aree prossime al Complesso residenziale “La Serenissima” del Centro Giotto e della struttura del Nuovo Tribunale, il valore degli alloggi di Via Anelli continua ad aumentare e, di conseguenza, anche gli affitti richiesti per essi15. Mentre, quindi, gli studenti si trasferiscono in altre zone della città, il Complesso residenziale di Via Anelli nel corso degli anni ’80 si va progressivamente svuotando e va, al contempo, perdendo capacità attrattiva e prestigio. Molti alloggi, quindi, rimangono a lungo sfitti, dato che l’”eccezionale” tipologia, che li caratterizza, rende difficile trovare nuovi affittuari o acquirenti. Di fronte a tale situazione, i proprietari, che, per lo più, non risiedono a Padova, in accordo con l’amministratore, al quale è affidato l’incarico di gestire completamente il Complesso, decidono, pur di trovare nuovi affittuari, di accettare negli alloggi alcune categorie disagiate16. Si tratta di una vera e propria soluzione “innovativa” alla crisi di domanda degli appartamenti del Complesso: essa consente, probabilmente, ai proprietari di mantenere pressoché invariato l’affitto richiesto per tali abitazioni, approfittando della disponibilità “a pagare” di alcune categorie sociali “deboli”, per le quali risulta spesso difficile trovare una soluzione abitativa. Cominciano, dunque, ad insediarsi in Via Anelli prostitute e “persone dal passato difficile”; ad esse si aggiungono alcune famiglie immigrate dal sud Italia che, approfittando del costo relativamente contenuto17 degli alloggi, acquistano in tal Complesso residenziale la loro prima casa. 12 Nel complesso, inoltre, si insediano anche persone che si caratterizzano per un profilo sociale medio-alto: medici, avvocati, giornalisti, insegnanti. 13 Bisogna, infatti, anche pensare che gli anni ’70 costituiscono il periodo nel corso del quale il numero degli studenti universitari subisce, in Italia, un forte incremento (cfr. http://www.edscuola.it/archivio/statistiche/iruniv.html in cui è presentata un’indagine statistica, svolta da Vincenzo D’Aprile, sul numero di iscritti e laureati nelle Università italiane dal 1945 al 1996). 14 Cfr. Chiara Massaro, L’inserimento urbano della popolazione immigrata. Il caso studio di Via Anelli a Padova., Tesi di Laurea in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale, IUAV, a.a. 2000-01, p. 42. 15 Cfr. Matteo Zoso, La costruzione sociale del nemico: il ruolo della stampa locale nel caso di Via Anelli, Tesi in Scienze della Comunicazione, Università degli Studi di Padova, a.a. 2000-01, p. 72 16 Cfr, Chiara Massaro, Op. Cit., 2001, p.43 17 Viste le dimensioni eccezionalmente ridotte degli appartamenti di via Anelli, rispetto ad abitazioni di maggior estensione, ubicate nella stessa zona o in zone simili dal punto di vista del valore degli immobili, gli alloggi del Complesso residenziale “La Serenissima” risultano avere un costo più “accessibile”. 7 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… L’insediamento degli immigrati e la progressiva formazione del “ghetto”. Nel 1991, con l’avvento in Veneto del primo flusso migratorio proveniente dai “Paesi del Sud del Mondo”, gli alloggi del Complesso “La Serenissima” tornano ad essere ancora appetibili sul mercato immobiliare. La carenza di strutture pubbliche d’accoglienza e l’esclusione dei cittadini extracomunitari dal mercato immobiliare privato (in cui risulta forte il pregiudizio nei confronti di tale tipo di popolazione), non lasciano molte altre alternative di scelta alle persone immigrate, se non quella di sistemarsi negli alloggi di Via Anelli. I proprietari e l’amministratore del Complesso residenziale, infatti, pur di riuscire ad affittare tali abitazioni (dall’affitto elevato e dalle dimensioni ridotte), non sembrano per nulla intenzionati a “selezionare” possibili locatari, ma, anzi, subito comprendono quanto possa essere per loro vantaggiosa l’urgente domanda di casa dei cittadini extra-comunitari appena giunti in Italia. Le 6 palazzine di Via Anelli, quindi, diventano gradualmente il luogo di concentrazione della popolazione immigrata, la quale, oltre ad essere esclusa dalla possibilità di accedere ad altre soluzioni abitative, sembra diventare anche vittima di un meccanismo di tipo speculativo, messo in atto dalla “proprietà” del Complesso. Questa, infatti, non solo affitta gli alloggi a canoni molto elevati (favorendo il sovraffollamento delle palazzine), ma pur di perseguire i suoi intenti speculativi, non si cura della manutenzione degli edifici, i quali versano in condizioni di progressivo degrado18. Così, dal 1997, le Palazzine del Complesso risultano fortemente sovraffollate e con grossi problemi igienico-sanitari. Di fronte a tale situazione, molti proprietari, che avevano acquistato gli alloggi negli anni ’80, decidono di “svendere”. Nuovi acquirenti, così, subentrano con chiari intenti speculativi19. Spesso, inoltre, vengono “formalmente” affittati alla medesima persona più appartamenti, che, nella realtà, vengono ceduti in sub-affitto ad extra-comunitari, in cambio di altissime pigioni in nero20. Al disagio dovuto al sovraffollamento e al degrado fisico degli edifici appartenenti al Complesso, inoltre, s’accompagnano le tensioni derivanti dalla compresenza di gruppi etnici diversi e il progressivo radicamento di attività illecite, legate soprattutto allo spaccio della droga e allo sfruttamento della prostituzione. La situazione tende, così, progressivamente a peggiorare, “mentre i proprietari, l’amministratore condominiale e le Autorità osservano inermi”21. Via Anelli e “La Stanga”: alcune considerazioni sul quadro problematico emergente. Dall’illustrazione degli aspetti principali del contesto urbano di vIa Anelli e dalla ricostruzione del processo di sviluppo urbanistico ed architettonico che lo ha interessato, appare evidente come esso costituisca un’area ben “definita” dagli assi di importanti infrastrutture, le quali sembrano costituire, al contempo, per gli abitanti di quest’area, un limite ed una opportunità: se da una parte esse consentono diretta accessibilità ad altre zone interne ed esterne alla città, dall’altra, la mole del traffico che le interessa e la loro ampiezza, può rappresentare un ostacolo alle relazioni con le aree immediatamente circostanti. La natura di Via Anelli, inoltre, si configura alquanto contraddittoria, rappresentando essa sia un passaggio obbligato, per gli abitanti della zona, per giungere rapidamente in Via Grassi, sia il luogo eluso da questi per il “senso d’insicurezza” che ormai suscita nel loro immaginario. La sua stessa collocazione, quale luogo in stato di degrado, a pochi passi da edifici “rappresentativi” delle attività 18 Cfr. Chiara Massaro, Op. Cit., 2001, p. 44. Ivi, p.58. 20 Ivi, p.61. 21 Ivi, p.44. 19 8 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… del terziario, sembra alludere ad una sorta di “paradosso urbano”, di “dualità” della città, all’esistenza di realtà di “retroscena” accanto a quelle di “ribalta”22. Anche l’intero ambito de “La Stanga”, in seguito al progressivo insediarsi in questa parte della città di attività terziarie, pensate “ad ampia scala”, si presenta alquanto controverso e sembra interessato da un graduale processo di frammentazione del tessuto sociale e relazionale. La presenza, in questa zona, di una realtà, quale quella del Complesso residenziale “La Serenissima”, può rappresentare, così, un ulteriore fattore di indebolimento e di crisi delle relazioni esistenti tra gli abitanti del posto. Va anche detto, però, come si vedrà meglio in seguito, che la zona de “La Stanga” è caratterizzata dalla presenza di una gran quantità di realtà associative, molte delle quali attive sul fronte dell’integrazione e dell’aiuto agli immigrati, che potrebbero rappresentare una risorsa preziosa per affrontare le problematiche di quest’ambito urbano. 22 Il riferimento, forse improprio, è alla metafora teatrale introdotta dal sociologo Erving Goffman, in base alla quale a spazi molto “formalizzati” (di ribalta) spesso corrispondono, nelle vicinanze, altri spazi (di retroscena) in cui ruoli e norme sociali possono essere disattese (cfr. Goffman Erving, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969, pp. IX-XXVII, 127-164). 9 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… 2. Quando Via Anelli inizia a “fare problema”… Figura 7. Figura 8. Il Complesso Residenziale “La Serenissima” Via Anelli vista dalla finestra di uno degli e Via Anelli visti dall’“esterno” (da Via B. Da appartamenti del Complesso residenziale “La Serenissima”. Peraga). In questa seconda parte dell’elaborato ci si concentrerà specificamente sul Complesso residenziale “La Serenissima” di Via anelli, cercando di capire con maggiore precisione da quando e per quali soggetti esso abbia iniziato a costituire un problema e tentando di indagare, un po’ più approfonditamente, sui fatti che, a partire da quel momento, lo hanno riguardato e sulle reazioni che sono seguite ad essi. Nella ricostruzione degli avvenimenti, emergerà come la situazione del complesso residenziale si sia, a partire dai primi anni ’90, progressivamente aggravata nel corso del tempo, fino ad esplodere, con “fragore mediatico”, nel 1999. Il riferimento principale, per la stesura di questo capitolo, è costituito dalle informazioni fornite dalla stampa locale23, attraverso le cronache della quale “il problema - Via Anelli” viene sollevato con clamore, seppure nell’ambito di un quadro interpretativo che non sembra rendere conto della reale complessità dei fatti. 23 La ricostruzione delle vicende che hanno interessato Via Anelli, di seguito proposta, è stata svolta sia attingendo a fonti indirette (tesi di laurea), sia a fonti dirette (articoli selezionati da giornali locali). Essa, perciò, ripercorre, in alcuni passaggi, la stessa struttura della restituzione dei “fatti giornalistici” riportata da Matteo Zoso nella tesi di laurea La costruzione sociale del nemico: il ruolo della stampa locale nel caso di Via Anelli. (Tesi in Scienze della Comunicazione), da lui discussa presso l’Università degli Studi di Padova nell’ anno accademico 2000-01. 10 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… 2.1. Le prime avvisaglie del processo di degrado della zona. L’omicidio del giovane albanese. Esaminando più dettagliatamente le vicende che hanno caratterizzato la storia del Complesso residenziale “La Serenissima”, ci si può rendere conto di come esso inizi a “fare problema” indicativamente a partire dal 1994. Già nei primi anni ’90 sulla zona avevano cominciato ad “affacciarsi” i fenomeni della prostituzione e dello spaccio della droga: lo testimoniano alcuni articoli riportati, a partire dal mese di Luglio del 1990 e fino alla prima metà dell’anno 1994, dai quotidiani locali, nei quali si dà notizia di arresti e di azioni svolte dalla polizia nei confronti di cittadini italiani. L’area di Via Anelli, dunque, si presenta già in tal periodo come un luogo dove avvengono “episodi” di criminalità, in cui risultano coinvolti cittadini italiani, ma la via non conosce ancora, nell’opinione e nell’immaginario della collettività, la caratterizzazione particolarmente negativa che avrà in seguito: in tal periodo, essa appare come una via “qualsiasi” della città. Nell’estate del 1994 in Via Anelli avviene un episodio tanto eclatante, quanto grave: il 9 Agosto viene ucciso, nella zona, un giovane albanese, probabilmente legato alla criminalità locale. L’omicidio, che verrà sempre ricordato, successivamente, come l’inizio del processo di degrado di quest’area urbana e come l’evento da cui si “dipana” la storia dei crimini di questa via di Padova, dà occasione ai giornali di parlare, nei periodi successivi, dei fenomeni di spaccio di droga, di prostituzione e di criminalità diffusi nella zona. L’attenzione giornalistica nei confronti della via, fa percepire questa come un “problema”, soprattutto essendo essa presentata nel quadro generale di un’”invasione” straniera, che si fa sempre più “allarmante”. Dalle informazioni riportate dalla stampa locale verso la fine dell’anno 1995, infatti, soltanto 90 appartamenti (su 287 totali) del Complesso residenziale risultano occupati da italiani, mente i rimanenti 197 sono abitati da immigrati provenienti sia dall’Europa dell’Est, sia da Paesi dell’Africa. La stampa, in tal periodo, comincia a riferirsi a questa zona urbana con l’epiteto di “casbah”24, alludendo, probabilmente, alla provenienza africana della maggior parte degli abitanti del Complesso. Mentre continuano arresti e retate nella zona, condotti dalle forze dell’ordine contro la criminalità (spaccio di droga e prostituzione), per lo più, straniera, gli abitanti italiani di questo ambito urbano, a cominciare dalla fine dell’anno 1995, protestano attraverso i giornali locali per il progressivo degrado del quartiere. Sul finire del 1996, invece, appaiono, sulla stampa, i primi interventi di politici e personaggi pubblici, che si esprimono sullo stato in cui sta versando questa zona della città; essa, però, non si pone ancora al centro del dibattito politico. Nel corso dello stesso anno, i giornali cominciano a parlare di Via Anelli richiamando immagini negative e ribattezzandola “il Bronx di Padova, la zona malavitosa per eccellenza, in cui gli extracomunitari diventano sempre più forti e violenti”25. “I quindici giorni di paura” dell’Agosto del 1997, a Padova. Su Via Anelli si concentrano intensamente gli interventi di alcuni esponenti della classe politica e delle Istituzioni solamente in seguito, nel corso del 1997, essendo essa ancora teatro di azioni criminose condotte da stranieri e delle conseguenti reazioni delle forze dell’ordine. Tra gli altri, infatti, sulla questione intervengono, nel corso dell’anno, il Questore, alcuni rappresentanti del partito C.D.U. (Cristiani Democratici Uniti), che, nel mese di Marzo, annunciano l’istituzione di un sostegno telefonico per i cittadini italiani residenti nella via, la giunta comunale (di Centro-Sinistra) 24 Il termine indica la parte alta ed un tempo fortificata delle città arabe dell’Africa Settentrionale ( voce “casbah” in Enciclopedia Generale De Agostini, Novara, 1996). 25 Cfr. Matteo Zoso, Op. Cit., 2001, p. 52. 11 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… e l’opposizione consigliare di Centro-Destra, che, fino alla fine dell’estate, dibattono sui giornali locali su temi, quali la criminalità, le espulsioni e la sicurezza dei cittadini italiani; vengono organizzate, inoltre, dal partito di AN (Alleanza Nazionale) due manifestazioni nel quartiere: una si tiene nel mese d’Agosto, mentre l’altra verso la fine di Settembre. Il dibattito politico e le manifestazioni organizzate nel quartiere, al di là dei loro risultati concreti, assumono un forte significato simbolico e spingono la stampa locale a dedicarsi con maggior attenzione alla situazione di Via Anelli. Difatti, già prima della seconda manifestazione organizzata dal partito di Alleanza Nazionale nella zona (si tratta di un “treno simbolico di auto”26 che attraversa il quartiere), tra il 12 ed il 13 Agosto, i giornali locali riportano numerosi approfondimenti e reportage su un improvviso incremento dei crimini commessi da stranieri in varie zone della città; si tratta di gravi misfatti, avvenuti nell’arco di un breve periodo di tempo, definito dagli stessi giornali, in modo allarmante, “i quindici giorni di paura”. In questa preoccupante cornice, a causa di una rissa, Via Anelli viene presentata, di volta in volta, sulla stampa locale come “la casbah della droga”, “la zona fuori dalla città”, “il quartiere a luci rosse”, diventando un vero e proprio simbolo della criminalità straniera a Padova27. Nello stesso periodo, tuttavia, sempre attraverso le pagine dei quotidiani locali, emergono anche le prime "voci fuori dal coro”28, che cominciano a rivelare la complessità della questione di questa via di Padova, dissuadendo la collettività dal lasciarsi andare a facili giudizi: il parroco del quartiere esprime forti critiche verso i media ed invita la cittadinanza all’integrazione e alla solidarietà, mentre alcuni articoli riguardanti Via Anelli riferiscono, per la prima volta, del problema degli affitti molto elevati, fatti pagare agli immigrati dai proprietari italiani degli alloggi del Complesso residenziale. Un padovano ferisce un immigrato con una balestra. I primi mesi dell’anno 1998 sono caratterizzati dall’attenzione della stampa locale per quello che viene definito lo “scandalo affitti”, ovvero la pratica, diffusa tra i proprietari italiani degli alloggi di Via Anelli, di affittare a cifre elevate gli appartamenti a cittadini extracomunitari. Nello stesso periodo nasce anche il “Movimento multi-etnico per il diritto alla casa”, formatosi con la principale finalità di ostacolare la creazione di ghetti di stranieri nella città. Ma tale anno si caratterizza, soprattutto, per l’esasperazione, a cui sono ridotti i residenti italiani della zona, da una criminalità straniera ormai allarmante. Dai risultati dei primi studi sociali condotti in tale ambito urbano, resi noti attraverso la stampa locale nei mesi di Marzo e Aprile, emerge che, nonostante i piccoli reati commessi non siano aumentati in quantità, nel corso del tempo, e malgrado la Questura e i Carabinieri minimizzino l’entità del pericolo, i cittadini si rivelano assai impauriti ed “enfatizzano la reale gravità della situazione”29. Nella prima metà dell’anno si continua a registrare la presenza di episodi di criminalità (spaccio di sostanze stupefacenti e prostituzione), ai quali fanno seguito azioni repressive da parte delle forze dell’ordine. Nel mese di Luglio avviene, poi, un nuovo fatto grave: un uomo italiano, residente nella via, ferisce un nigeriano con una balestra. Nei giorni successivi all’accaduto, i giornali locali si concentrano su tale episodio, riproponendo in sintesi la storia dei crimini di Via Anelli e riportando interviste fatte sia agli abitanti del quartiere, che, esasperati dalla criminalità ivi presente, esprimono solidarietà verso l’accusato, sia agli immigrati, che cercano invece di difendersi dalle accuse a loro mosse. Alcuni politici, inoltre, si esprimono criticamente (in diversa misura) verso la situazione creatasi nel quartiere, sulla quale viene annunciata una interpellanza parlamentare da parte di un deputato della Lega. In seguito alle lamentele dei residenti italiani della zona, a fine mese (il 21 Luglio) viene organizzata, da parte delle forze dell’ordine, una grande retata nel Complesso residenziale, nella quale vengono coinvolti più di 50 immigrati. Dopo tale azione, 26 Ivi, pp. 52-53. Ivi, p. 53. 28 Ivi, p. 53. 29 Ivi, p. 54. 27 12 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… l’impegno delle forze dell’ordine nel combattere la criminalità della zona non si riduce e, nel mese d’Ottobre, durante un’azione di polizia, avviene il ferimento di un nigeriano da parte di un poliziotto. La questione di Via Anelli nelle campagne elettorali del ’99. Nei primi mesi dell’anno 1999 varie forze politiche fanno conoscere, attraverso i quotidiani locali, la loro posizione in merito alla questione di Via Anelli e della criminalità straniera, forse preparando già il terreno per le imminenti campagne elettorali: a fine Gennaio, per esempio, Forza Nuova (partito d’estrema destra) si esprime criticamente nei confronti del “Ghetto nero”, mentre a Febbraio, in occasione della visita del Vescovo nella zona, vari politici intervengono sui giornali, ognuno dei quali presentando la propria “ricetta risolutiva” per il risanamento del quartiere; in Aprile, infine, i giornali pubblicano le interviste di alcuni esponenti di AN. Alla fine di Aprile, nella via si verifica una nuova rissa; sebbene essa non abbia gravi conseguenze, i giornali locali vi dedicano ampio spazio, continuando a presentare il quartiere come il Bronx della città ed accennando per la prima volta all’adozione della linea della “tolleranza zero” come ricetta risolutiva. Tra la fine di Maggio e la fine di Giugno, Via Anelli e il problema della sicurezza dei cittadini si pongono al centro di interviste e dichiarazioni, rilasciate ai giornali, da vari esponenti politici, nell’ambito delle rispettive campagne elettorali. Una volta vinte le elezioni, il neoSindaco Giustina Destro30 presenta la propria proposta d’intervento per tale ambito urbano: “controllo del territorio, repressione continua e nessuna tolleranza per i criminali extracomunitari”31. La posizione di centralità acquisita dal problema di Via Anelli nell’agenda politica comunale, spinge la stampa locale a dedicare ancora attenzione alla questione: nel corso del luglio del 1999 vengono, così, pubblicati vari reportage (alcuni dai toni davvero apocalittici) sul degrado e la violenza del quartiere. Fino alla metà del mese di Settembre, la zona continua ad essere interessata da retate, svolte ormai sempre più “ordinariamente” dalle forze dell’ordine per combattere i fenomeni dello spaccio e della prostituzione; vengono, inoltre, effettuati alcuni controlli sulla regolarità dei contratti d’affitto, relativi agli alloggi del Complesso “La Serenissima”. 2.2. Esplode il caso di Via Anelli, con echi in ambito nazionale. La rissa del Settembre 1999. Nella notte tra il 12 ed il 13 Settembre del 1999 avviene l’episodio che può essere considerato, vista l’importanza a questo data dai giornali, come il più clamoroso ed impressionante di tutta la storia della zona. Verso le 22.00, infatti, due gruppi numerosi di nigeriani e nordafricani si affrontano in una violenta rissa; all’arrivo delle forze dell’ordine, le due fazioni in lotta costituiscono un fronte comune32 contro gli agenti, in un affronto che viene interpretato come una sfida lanciata dagli immigrati alla città. 30 Il sindaco e la relativa giunta comunale, che gli esiti delle elezioni del ’99 portano alla guida della città di Padova, appartengono, contrariamente alle due precedenti giunte che avevano amministrato il Comune , ad uno schieramento di Centro-Destra. 31 Cfr. Matteo Zoso, Op. Cit, 2001, p. 55. 32 Sul numero delle persone coinvolte nella rissa e sulle cause, che la hanno generata, i giornali, nei giorni successivi all’accaduto, riportano notizie differenti. Le cause dello scontro vengono variamente individuate in un insulto pronunciato da alcuni magrebini ad un nigeriano, nel “palpeggiamento” di una donna incinta nigeriana da parte di un marocchino, nella guerra etnica per il controllo del monopolio dello spaccio di cocaina e della prostituzione, nell’odio covato dai nigeriani verso i tunisini (perché non pagherebbero gli affitti e sarebbero anche dei criminali). Il numero dei partecipanti agli scontri, invece, varia da un centinaio, a trecento, fino ad un totale di quattrocento persone a seconda del giornale che riporta la notizia. 13 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Gli scontri si protraggono per circa due ore, concludendosi con il ferimento di cinque immigrati e con l’espulsione di sei persone33. Sul posto accorrono una cinquantina di uomini appartenenti alle forze dell’ordine (Polizia e Carabinieri) in assetto da battaglia, un mezzo dei Vigili del Fuoco, per disperdere l’assembramento con un idrante, mentre la Polizia Municipale interrompe il traffico da Piazzale Stanga, lungo Via Grassi, fino all’incrocio con Via Anelli. In città sono presenti le troops televisive di Mediaset e della RAI, le quali lanciano la notizia a scala nazionale e con toni sensazionalistici. Via Anelli si impone, così, all’opinione pubblica italiana come il Bronx padovano, il ghetto, il luogo del degrado, della criminalità e della segregazione sociale. Per tutta la settimana seguente all’episodio (ma l’attenzione della stampa sul caso resterà fortissima almeno fino alla metà del mese successivo) i giornali locali si concentrano massicciamente sulla vicenda, tracciando per gli abitanti stranieri di Via Anelli un ritratto di “bande tribali” in lotta, costituenti un pericolo per la “vivibilità” dell’intera città di Padova. Del caso se ne occupano anche alcune importanti testate nazionali (Repubblica e Il Corriere della Sera), inquadrandolo nell’ambito dell’”emergenza sicurezza” su cui verte principalmente il dibattito politico e istituzionale dell’Italia di tal periodo, in seguito a fatti criminosi (i cui protagonisti sono stati spesso cittadini extracomunitari) avvenuti in varie città, tra le quali Brescia, Torino, Napoli e Milano. Tale è il clamore che suscita l’avvenimento, che la Lega Nord arriva addirittura a promuovere una manifestazione “anti-immigrazione” all’interno della via: l’iniziativa, però, viene bloccata da un corteo di persone appartenenti a centri sociali e da rappresentanti di comunità straniere. La reazione degli abitanti del Complesso residenziale. Dopo un periodo d’indagini, svolte dalla Polizia, sollecitata dalle denunce presentate da alcuni proprietari delle unità immobiliari, comprese all’interno delle palazzine, e dalle proteste dei condòmini, che sospettano dell’amministratore, ritenendolo responsabile dello stato di degrado in cui versa il Complesso residenziale, il 10 Ottobre del 1999 tale amministratore condominiale (nel periodo 1997-99) ed il suo principale collaboratore vengono arrestati con “l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla permanenza di immigrati clandestini”. Viene anche posto sotto accusa un extracomunitario, intestatario di ben 12 contratti d’affitto di alloggi, occupati, invece, da connazionali; egli veniva utilizzato come prestanome nei contratti di locazione dagli amministratori e come “procacciatore” di cittadini irregolari, a cui venivano, poi, affittati gli alloggi in nero34. L’amministratore, inoltre, è anche accusato d’essersi intascato i soldi versati annualmente dai condòmini per i lavori di manutenzione, che non sarebbero mai stati eseguiti. I condòmini, ad un certo punto, avevano perfino deciso di sospendere il pagamento delle spese condominiali. Le indagini della Polizia, inoltre, prendono di mira anche alcuni agenti immobiliari intermediari ed alcuni proprietari degli appartamenti, considerati anch’essi implicati nel giro di speculazione del Complesso. Nel mese di Dicembre il Giudice, accogliendo la proposta del comitato dei proprietari, nomina (con decreto giudiziale) un nuovo amministratore, al fine di gestire unicamente l’impianto di riscaldamento del Complesso, rimasto fino ad tal momento chiuso perché nessun’altri, ad eccezione dell’amministratore (già arrestato), poteva avere accesso ai locali in cui si trovano le caldaie. 33 Su questo punto i giornali riportano notizie divergenti: Il Corriere della sera del 15 Settembre 1999, per esempio, riferisce che il giorno della rissa sarebbero stati bloccati 40 nigeriani, tra i quali 4 persone sarebbero state arrestate, mentre le restanti sarebbero state trasferite a Milano per un rimpatrio coatto. 34 Cfr. Chiara Massaro, Op. Cit., 2001, p.60. 14 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… Figura 9. L’interno di uno degli appartamenti Figura 10. Particolare di una parete, nel del Complesso residenziale “La Serenissima”. corridoio di una delle palazzine di Via Anelli. Gli amministratori successivi, sebbene animati dall’intento di risollevare la situazione con la collaborazione dei proprietari degli alloggi, non sembrano, comunque, riuscire ad ostacolare le manovre speculative di nuovi proprietari35. Le misure adottate dalle istituzioni per far fronte all’emergenza. Dopo la rissa del 12 Settembre l’Amministrazione Comunale decide di intervenire per cercare di affrontare la questione, che viene, quasi esclusivamente, percepita, come un problema d’ordine pubblico. Già tre giorni dopo l’accaduto, nel Complesso viene condotto, da parte delle forze dell’ordine, un blitz, che porta alla cattura di 31 magrebini, privi di permesso di soggiorno, tra i quali vengono individuati anche i responsabili degli scontri. Per tutti loro viene disposto il rimpatrio forzato. In seguito, viene organizzato un presidio permanente di forze dell’ordine attorno al quartiere. Ad esso seguono una serie di retate (sia diurne, sia notturne) e continui controlli (che durano anche tre giorni consecutivi), effettuati all’interno del Complesso. L’ambito viene, così, isolato36 per evitare il dilagare della criminalità all’esterno dell’area delle sei palazzine. Tali iniziative, tuttavia, sembrano avere un effetto perverso sulla zona: ne accentuano il carattere negativo e di segregazione, rendendola ancor più “appetibile” per l’esercizio di attività criminose (la strategia sembra essere più quella del contenimento che dello “sradicamento” dell’illecito). 35 Ivi, p. 64. Si ricorda che circa un anno prima, il Comune (guidato dalla Giunta Zanonato di Centro-Sinistra) e l’amministratore del Complesso avevano provveduto a far erigere una recinzione di ferro per isolare l’area delle 6 palazzine dal resto del quartiere (cfr. Matteo Zoso, Op. Cit., 2001, p.62). 36 15 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Nel periodo successivo alla rissa, poi, il sindaco e altri “membri” della giunta comunale comunicano alla cittadinanza, tramite la stampa locale, le azioni che intendono intraprendere nel futuro per affrontare la questione di Via Anelli. Alcune di queste iniziative avranno, in seguito, concreta realizzazione. ß ß L’Amministrazione Comunale, ad esempio, poco dopo i fatti del Settembre 1999, rende nota l’intenzione d’acquisto di alcuni alloggi, appartenenti a proprietari in difficoltà, acquistati come prima casa nel Complesso “La Serenissima”. Lo scopo dell’iniziativa è quello di reperire, nella zona, degli spazi, in cui poter allocare le sedi distaccate dei Servizi Sociali e della Polizia Municipale. Il Comune di Padova riesce, infatti, in seguito ad acquistare due alloggi37 del Complesso residenziale di Via Anelli e l’ex negozio d’elettrodomestici, posto al pian terreno di una delle palazzine (ampio ben 600 mq); quest’ultimo avrebbe dovuto diventare la sede del Comando di Polizia oppure un centro multi-culturale38. Il Comune, inoltre, cerca di far fronte ai problemi abitativi legati al Complesso residenziale. Nel Settembre del 2000, infatti, ben 10 proprietari degli appartamenti di Via Anelli si rivolgono all’amministrazione comunale per poter affittare gli alloggi utilizzando i bonus previsti dal progetto “Casabuona”39 (meno di cinque risulteranno, poi, i mini-appartamenti di via Anelli che verranno affittati nell’ambito di tale iniziativa40). Altre proposte, invece, non risultano, a distanza di tempo, ancora attuate. ß ß ß ß Tra queste, l’idea presentata dal Sindaco Destro di rendere operative, nelle azioni di presidio e vigilanza della via, forze di polizia a cavallo ed unità cinofile (cani e cavalli sarebbero, infatti, temuti dai musulmani, quali animali impuri). L’Assessore alla Pubblica Sicurezza Saia, invece, propone l’istituzione della figura del vigile urbano extracomunitario. La giunta comunale, inoltre, dopo circa un mese dagli scontri, annuncia una variante di destinazione d’uso per Via Anelli e l’allontanamento dal quartiere di tutti gli immigrati: solo ai regolari il Comune, in accordo con l’ATER, garantirà la sistemazione in alloggi temporanei (prefabbricati), in attesa di nuove aree PEEP. Viene, inoltre, comunicata l’intenzione di provvedere all’ espropriazione degli alloggi del Complesso immobiliare per poter attuare un piano di risanamento dell’area. Il Comune, infine, cerca di aprire il dialogo con diverse associazioni di categoria (UPPI, Unindustria, Confindustria) per risolvere la questione abitativa di Via Anelli coinvolgendo altri soggetti, ma l’iniziativa non riporta alcun esito. 37 Attualmente ne possiede circa 11. I locali dell’ex negozio, posti in Via Anelli, diventeranno nel 2003 la sede dello Sportello “Open Windows”, mentre la sede del Comando di polizia verrà sistemata nel 2001 nel vicino Centro Dirigenziale “La Cittadella”. 39 Il progetto “Casabuona” è un progetto attivato dal Comune di Padova, a partire dalla primavera del 2000, per far fronte all’emergenza abitativa. Tale Progetto prevede che l’amministrazione comunale assuma in locazione, quale conduttore, per il tempo massimo di due anni, alloggi privati, al fine di darli in concessione a coloro che hanno difficoltà d’accesso al mercato degli affitti. Oltre all’esenzione totale dell’I.C.I. e alla riduzione dell’IRPEF pari al 40%, l’iniziativa consente di offrire un alloggio in affitto ad un canone di concessione inferiore rispetto al canone di locazione, corrisposto direttamente dal Comune con un anticipo trimestrale (che azzera, così, i rischi di morosità). L’amministrazione comunale, inoltre, oltre a rispondere di eventuali danni arrecati all’immobile, potrà garantire eventualmente l’immediata disponibilità di questo al proprietario alla scadenza del contratto, in quanto potrà procedere allo sgombero per via amministrativa. Va sottolineato che un simile sistema di agevolazione era già stato predisposto, da almeno una decina d’anni, da cooperative ed associazioni che si proponevano, in tal modo, di cercare di affrontare l’emergenza abitativa colmando inadempienze istituzionali (cfr. Elisabetta Schiavon, La casa che non c’è, tesi di laurea in Lettere, Facoltà di Lettere e filosofia, Università degli Studi di Padova, a.a. 2001/02, p.50). 40 Cfr. Chiara Massaro, Op. Cit., 2001, p.69. 38 16 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… 3. Il resto della storia, attraverso le principali proposte, iniziative e politiche per affrontare il problema. La rissa del mese di Settembre del 1999 dimostra, in maniera clamorosa, quanto “insostenibile” sia la situazione creatasi in Via Anelli, per i disagi che essa comporta non solo per i residenti del Complesso, ma anche per gli abitanti de “La Stanga”. Così, mentre il Complesso “La Serenissima” continua ad essere al centro di “ordinarie” vicende (episodi di criminalità, risse e scontri - che avvengono, per lo più, nei periodi estivi -, azioni delle forze dell’ordine, interventi e dichiarazioni di politici e di pubbliche autorità, lamentele dei residenti nella zona), successivamente a quegli scontri, e fino al periodo attuale, si profila “un nuovo versante”, quello relativo alle azioni e alle politiche che si propongono (o finiscono per) far fronte alle problematiche riguardanti questa zona della città. Esse possono essere schematicamente ricondotte a due differenti linee di azione: da una parte una linea “dura”, “di forza”, volta a risolvere l’emergenza di Via Anelli ripristinando una situazione d’”ordine” in modo risoluto ed intransigente (in tal filone sembrano dispiegarsi le azioni delle forze di polizia, ma anche, per certi versi, la riqualificazione urbanistica dell’area), dall’altra, invece, una linea più “morbida”, attraverso la quale ci si propone di migliorare la situazione critica della zona predisponendo misure d’assistenza e di aiuto, ma anche attuando iniziative volte all’integrazione e all’ispessimento delle reti relazionali in essa presenti (si indirizzano in tal senso alcuni progetti comunali relativi alle questioni abitative e ai servizi sociali, oltre che alcune iniziative del terzo settore). Va, a tal proposito, rilevato che non v’è una diretta corrispondenza tra ciascuna delle linee operative menzionate e un particolare tipo di soggetti: il Comune di Padova, ad esempio, pur attivandosi in modo “energico” sul fronte della garanzia della sicurezza nell’area e della riqualificazione urbanistica di essa, s’attiva anche, d’altra parte e con diverso approccio, per far fronte a problemi d’emergenza abitativa (progetto “Casabuona”, apertura di un dialogo con alcune associazioni di categoria), e per cercare di migliorare la situazione dal punto di vista sociale (progetto Open Windows, progetto Conoscersi). Vengono, dunque, di seguito illustrate brevemente le iniziative e le politiche, che, nel corso degli ultimi cinque anni, hanno riguardato Via Anelli nella complessità delle problematiche che la connotano. 3.1. L’azione del Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli. Il Comitato per il superamento del ghetto si costituisce con l’incontro di alcune associazioni padovane impegnate da tempo nel tentativo d’integrazione della popolazione extracomunitaria. Esse sono: ARC (Associazioni e Cooperative Robin Hood in consorzio), Associazione per la Pace, Mimosa, Nadir, Radio Sherwood, Razzismo Stop; Il gruppo coinvolge attivamente anche la rappresentanza delle cinque nazioni presenti in Via Anelli. Il Comitato, in virtù della coesione creatasi con gli abitanti del Complesso, si sente legittimato a cercare di aprire il “ghetto” alla città e alle istituzioni, tentando di opporsi ai provvedimenti repressivi e alla situazione di isolamento a cui risulta costretto. Subito dopo la rissa del Settembre 1999, il Comitato organizza alcuni incontri ed assemblee con gli abitanti del Complesso, allo scopo di costruire un percorso alternativo per risollevare la situazione che lo connota. Viene, a tal riguardo, stilato un Programma, consegnato, poi, ai capigruppo del consiglio comunale in un incontro, nel quale le associazioni e gli abitanti (tutti riuniti nel Comitato) chiedono di partecipare al progetto di risanamento del Complesso. Successivamente il Comitato noleggia un container, posto nel cortile, tra i sei edifici, allo scopo di fornire un servizio informativo e di consulenza agli abitanti. Denunciato per abuso edilizio dall’amministrazione Comunale, nel marzo del 2000 esso riesce a dare continuità ai servizi forniti, attraverso l’acquisto di un appartamento (“appartamento solidale”) in una delle palazzine di Via Anelli, reso possibile grazie ad un finanziamento della Banca Etica. 17 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Il Comitato continua, dalla sua nascita, ad essere attivo sul fronte della difesa dei diritti degli abitanti di Via Anelli; esso organizza manifestazioni, feste e concerti per far avvicinare la città alla realtà di questa via. Infine, esso propone incontri e momenti di discussione e di confronto con le istituzioni e i soggetti coinvolti nelle problematiche di Via Anelli (amministratori, proprietari), chiedendo di poter partecipare al progetto di riqualificazione dell’area, nella consapevolezza di rappresentare l’unico “soggetto” che conosce, approfonditamente e “dall’interno”, i problemi di tale zona della città. 3.2. Il progetto AGAVE. Il progetto AGAVE viene “varato” nel Novembre del 2002 dal Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale di Padova e si propone di effettuare una ricerca per capire, dagli abitanti de “La Stanga”, che cosa essi intendano per “salute collettiva” o “salute della comunità”. Tra Maggio e Giugno del 2003 vengono organizzati, presso il “Punto d’incontro” di Via Maroncelli, 14 focus groups41, coinvolgendo complessivamente 73 partecipanti. La ricerca riporta, come risultato, l’emersione di alcuni nodi problematici, avvertiti, da parte degli abitanti della zona, in relazione al tema della salute collettiva; alcuni di essi sono: la solitudine, le difficoltà degli “stranieri” ad accedere ai servizi pubblici, il bisogno di abitazioni salubri per immigrati, la criminalità ed il senso d’insicurezza, l’impossibilità d’utilizzo degli spazi pubblici (diventati luogo di spaccio), la necessità di luoghi di gioco per i bambini residenti in Via Anelli, il traffico eccessivo. Nel corso di tale ricerca, dunque, le problematiche di via Anelli sembrano emergere nella loro complessità, nell’ambito di un confronto tra le varie categorie sociali presenti nel quartiere. 3.3. Il progetto Conoscersi. Il progetto Conoscersi è un’iniziativa condotta nell’ambito del Settore Servizi Sociali del Comune di Padova; esso rientra nel Piano Triennale Infanzia ed Adolescenza del 2001, redatto in base alla Legge 285/1997, che interessa il territorio dei 20 Comuni appartenenti all’U.L.S.S. 16. Tale progetto riguarda il Quartiere 3 di Padova, che si caratterizza per l’elevato numero di stranieri presenti. Esso si propone, infatti, come finalità principale, quella di promuovere l’integrazione culturale. Il progetto, in una prima fase, ha previsto la ricognizione di tutte le risorse e opportunità sociali presenti in quest’area della città (operazione finalizzata alla redazione di un vademecum, distribuito a tutti gli abitanti del Q3) e lo svolgimento di animazione di strada per gruppi informali di ragazzi, presenti in quest’ambito urbano. Il progetto è poi proseguito con la realizzazione, ad opera di due psicologi dello Studio Martini-Associati, di un coordinamento delle associazioni locali, allo scopo di innescare un processo virtuoso, nel quale possa realizzarsi uno “sviluppo di comunità”. 3.4. Il Programma Integrato di Riqualificazione Urbana, Edilizia e Ambientale (P.I.R.U.E.A.) dell’area. Il 14 Aprile del 2003 avviene, da parte del Comune di Padova, della Regione Veneto e dell’A.T.E.R. locale, la firma di un Protocollo d’intesa per la redazione di un Programma Integrato di Riqualificazione Urbana, Edilizia e Ambientale relativo all’area del Complesso residenziale “La Serenissima” in Via Anelli. L’accordo, che prevede il concorso di risorse dei tre soggetti firmatari per l’opera di riqualificazione (la maggior parte, ovvero più della metà dell’investimento, a carico dell’A.T.E.R.), prevede che l’A.T.E.R. provveda alla redazione del progetto e che il Comune avvii le procedure d’esproprio degli alloggi di Via Anelli. E’ previsto l’allontanamento dal Complesso 41 I focus groups sono stati organizzati su gruppi omogenei: “Terza età”, “Adolescenti”, “Famiglie”, “Operatori scolastici”, “Donne marocchine”, “Uomini marocchini”, “Donne nigeriane”, “Immigrati Misto”, “Uomini nigeriani”. 18 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… immobiliare degli attuali abitanti, che verranno allocati in strutture provvisorie a carico dell’A.T.E.R., procedendo per un edificio alla volta; solo per i regolari (per i titolari del contratto d’affitto) verrà, poi, trovata un’altra sistemazione. Gli alloggi, ultimata la ristrutturazione di tutte le 6 palazzine, verranno ceduti (ad eccezione di quelli spettanti al Comune, in relazione ai costi sostenuti da questo) all’A.T.E.R., che li attribuirà in base alle graduatorie d’assegnazione di alloggi pubblici. Il progetto, tuttavia, è sottoposto, da allora, a varie rielaborazioni. Dopo alcune modifiche, prima delle elezioni per il rinnovo della giunta e del sindaco del 2004, viene presentata una versione che prevede, oltre alla riqualificazione delle 6 palazzine, anche la realizzazione di un ulteriore edificio (con alloggi d’ampiezza superiore a 30 mq) nell’unica ampia area verde del Complesso. Vinte le elezioni il Centro-Sinistra, il progetto subisce, dopo varie versioni, un’ulteriore rivoluzione, giungendo a prevedere il mantenimento e la ristrutturazione di 3 delle 6 palazzine (in cui saranno realizzati appartamenti dai 40 ai 70 mq circa) e la costruzione, nel resto dell’area del Complesso, di impianti sportivi e di attrezzature d’interesse comune. Il progetto, che si prevede venga accostato ad un Piano d’Accompagnamento Sociale, dovrebbe operativamente “decollare” per l’autunno 2004; tuttavia, nel Settembre dello stesso anno, i proprietari degli alloggi di Via Anelli ricorrono al T.A.R. contro l’esproprio del Comune e il progetto rimane “congelato” fino al Gennaio del 2005, quando il Consiglio di Stato annulla il provvedimento sospensivo ed il programma viene “sbloccato”. Questo, tuttavia, non sembra ancora attualmente giunto ad una versione “definitiva”, che metta d’accordo i tre soggetti coinvolti nell’operazione, anche se la sua attuazione viene continuamente annunciata, attraverso gli organi di stampa, come “prossima”. 3.5. Il Progetto Open Windows. Il Progetto Open Windows, promosso dal Settore Servizi Sociali del Comune di Padova, è un centro polifunzionale, destinato ad erogare servizi integrati alle persone e alle famiglie (residenti in Via Anelli) e a concorrere “al monitoraggio della realtà sociale, assumendo una funzione di educazione alla convivenza”42. Esso, istituito nell’aprile del 2003 ed ubicato nei locali dell’ex negozio di elettrodomestici, posti in una palazzina di Via Anelli, risulta un progetto coordinato tra diverse risorse territoriali, pubbliche e private. I servizi, che il centro si propone di erogare, sono: segretariato sociale, animazione, formazione linguistica e attività socio-culturali, centro di prevenzione primaria, punto di ascolto per problematiche socio-sanitarie, centro d’ascolto e sostegno agli anziani. 42 Cfr, Deliberazione della Giunta Comunale n. 2003/0261 del 29/04/2003. 19 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… 4. Riflessioni sul caso studio: la partecipazione come “pratica” di frontiera. Con la restituzione del quadro delle principali iniziative che si sono andate sviluppando negli ultimi anni attorno alla questione di Via Anelli, s’è conclusa la parte dell’elaborato dedicata espressamente alla ricostruzione del caso. In quest’ultima parte del lavoro, infatti, ci si proporrà di svolgere delle riflessioni su alcuni aspetti delle politiche emersi fino a questo punto. Si tenterà, per la precisione, di costruire un ragionamento ricorrendo all’utilizzo di due concetti, quello di “confine” e quello di “frontiera”, i quali, alludendo metaforicamente alla chiusura o all’apertura - non solo spaziale - nei confronti di una “diversa realtà”, verranno utilizzati come una sorta di operatori concettuali, attraverso i quali si tenterà di esplorare le peculiarità delle politiche attivate, cogliendone i limiti o il loro potenziale strategico nel trattamento dei problemi legati a Via Anelli. 4.1. I confini dell’area del Complesso residenziale come “limite” delle politiche istituzionali. La storia del Complesso residenziale “La Serenissima” restituisce l’esempio di un processo che porta alla formazione di confini all’interno della città contemporanea, ovvero alla costruzione (e, come tale, artificiale) di linee nette di demarcazione, certe e stabili (almeno fino al modificarsi delle condizioni che le hanno generate), che implicano, oltre alla separazione tra due parti opposte, anche la chiusura e l’incomunicabilità tra di esse (Cottino, 2003). Il confine, dunque, segnala il luogo di una differenza e finisce col rappresentare, in ambito urbano, il riconoscimento di una diversità (Zanini, 1997). Nel caso di Via Anelli, esso si configura come un prodotto sociale ed allude, oltre ad una dimensione fisica, anche ad una simbolica e mentale. La progressiva concentrazione di circa 1.200 immigrati43 in un’area poco più vasta di tre campi da calcio, in 287 alloggi, distribuiti in appena 6 palazzine, porta a pensare alla comparsa di barriere nella città indissolubilmente alla formazione di un “ghetto”44. Loïc Wacquant definisce il ghetto come “una combinazione di limitazione spaziale e chiusura sociale” (Bauman, 2001), un fenomeno che “riesce ad essere, al tempo stesso, geografico e sociale, mischiando la prossimità/distanza fisica con la prossimità/distanza morale” (Bauman, 2001); esso, inoltre, si caratterizza per la presenza di un terzo elemento, oltre alla limitazione fisica e alla chiusura sociale: “l’omogeneità di chi è all’interno rispetto all’eterogeneità di chi è all’esterno”, una distinzione alimentata dalla divisione etnico – razziale (Bauman, 2001). Il “ghetto” di Via Anelli, che sembrerebbe l’esito di un processo incontrollato, quasi sfuggito di mano, a cui hanno concorso molteplici fattori (economici, sociali e culturali), diventa anche “funzionale” all’attivazione di politiche della sicurezza urbana, che, nell’immane difficoltà di estirpare una criminalità ormai radicata nell’area, sembrano indirizzarsi verso il “contenimento” di essa all’interno di confini controllabili. Uno degli effetti di simili strategie di “tamponamento” sembra essere il consolidamento delle barriere simboliche dell’area, che finisce per connotarsi, sempre più, come un ambito segregato e fortemente stigmatizzato, dove la criminalità riesce, comunque, ad infiltrarsi. Alla logica di controllo di un’area urbana “chiusa” sembrano anche riconducibili sia l’iniziativa di aprire la sede del Commissariato di zona, il Commissariato “Stanga” (le cui volanti sorvegliano quotidianamente la zona), presso il vicino Centro direzionale “La Cittadella”, a poche centinaia di metri dal Complesso residenziale, sia l’iniziativa di installare una telecamera fissa in Via Anelli, per video-sorvegliare costantemente le attività illecite che si svolgono in prossimità delle sei palazzine. Anche in tal caso, però, la logica del “ghetto”, inteso come “area blindata”, si rivela 43 Totale stimato dal Commissariato “Stanga”, ma il continuo ricambio di persone che soggiornano nelle palazzine rende problematica ogni stima del numero degli abitanti. I giornali locali, poi, in alcuni articoli relativi al Complesso immobiliare di Via Anelli, riferiscono della presenza di 1.700 persone, tra regolari e non. 44 Le virgolette segnalano che si tratta, più che di un dato oggettivo ed inequivocabile, di una definizione funzionale allo sviluppo del ragionamento proposto. 20 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… inefficace nel debellare i fenomeni di criminalità legati a Via Anelli e alla popolazione straniera: la video-sorveglianza sulla strada, infatti, ha indotto l’attività di spaccio di droga a frammentarsi nelle aree limitrofe, nei pressi di Via Galliano (la continuazione verso Est di Via Anelli) e via Turazza (a sud, rispetto al Piazzale della Stanga), al riparo dall’occhio “elettronico” delle forze dell’ordine, invadendo, tra l’esasperazione degli abitanti, i cortili, i portici ed i giardini dei palazzi che vi si affacciano; la prostituzione (sia sulla strada, sia negli appartamenti), invece, ha ormai invaso l’area immediatamente a Nord di Via Anelli, compresa tra Via Manara, Via Tonzig e Via Gonfalonieri, ormai presentata dalla stampa come “il quartiere a luci rosse” o, comprendendo anche Via Anelli, come “il triangolo del degrado”. D’altra parte anche lo sportello Open Windows, aperto nel 2003 dal Comune di Padova all’interno dei locali dell’ex negozio di elettrodomestici, posti al piano terra di una delle palazzine che si affaccia su Via Anelli, fornendo servizi “dedicati” esclusivamente alla popolazione abitante il Complesso residenziale, rischia di rafforzare anch’esso i confini “immateriali” che imprigionano tale zona della città45 e di favorire una sorta di “ghettizzazione”, alla quale il Comune sta cercando recentemente di ovviare inserendo, tra i servizi attivati presso lo sportello, iniziative rivolte anche alla popolazione del resto della città. 4.2. Dal confine alla frontiera: approcci “altri” al “problema-Via Anelli”. Nel quadro delle politiche che s’attivano conseguentemente all’imporsi di Via Anelli come problema urbano, accanto ad azioni promosse e condotte dalle istituzioni secondo logiche tradizionali, alcune iniziative appaiono particolarmente interessanti, perché cercano di affrontare la questione (nella sua configurazione più ampia) secondo approcci “innovativi” e partendo da premesse “insolite”. La frontiera come “spazio” d’interazione. Ciò che caratterizza queste esperienze “innovative” e le differenzia, rispetto a quelle riconducibili ad approcci tradizionali delle politiche, è che esse sembrano muoversi non dall’idea di confine, bensì da quella di frontiera. Contrariamente dal confine, la frontiera non si configura come una linea di netta separazione tra due realtà diverse, bensì come una fascia, una zona “sfrangiata”, di larghezza variabile a seconda dei rapporti che intercorrono tra le parti poste oltre essa. A differenza del confine, poi, la frontiera risulta instabile, un luogo vasto e indeterminato, che è in continua evoluzione, sempre soggetto al cambiamento, sia a partire dal suo interno, sia dal suo esterno (Zanini, 1997). La frontiera, inoltre, si caratterizza per essere un luogo di transito, di passaggio, dove risulta possibile lo scambio e la contaminazione. “L’esperienza di frontiera è quella di chi sperimenta la diversità, di chi pratica uno scostamento dall’abitudine. […] La frontiera è il luogo dell’incontro, della mescolanza, della sovrapposizione e dell’intreccio. Stando sulla frontiera si cambia proprio perché lì si prova l’incontro con il diverso, si mette in atto lo scostamento dall’abitudine, dalla norma” (Cottino, 2003). Le iniziative, nell’ambito del caso di Via Anelli, che mi sembrano maggiormente “avventurarsi” in un’esperienza di tal tipo sono le azioni condotte dal Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli e il progetto Conoscersi del Settore Servizi Sociali di Padova. Il Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli, già a partire dalla scelta del nome, si propone di agire all’interno di uno spazio dis-omogeneo e misto, in cui possano incontrarsi ed interagire tra loro gli abitanti del “ghetto”, i proprietari, gli amministratori del Complesso, il resto 45 Questa stessa perplessità m’è stata rivelata, in un’intervista, dal Dr. Pierfrancesco Sanna, referente del progetto Open Windows presso il Settore Servizi Sociali del Comune di Padova. Egli, infatti, mi riferiva che l’amministrazione comunale stava riflettendo su tale questione e aveva già provveduto ad aprire presso il centro Open Windows un sevizio informativo, volto a favorire il reinserimento nel mondo lavorativo della popolazione femminile priva di occupazione, rivolto alle donne dell’intera città (intervista del 6 Luglio 2004). 21 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… della città, le istituzioni, per cercare di giungere ad una soluzione delle problematiche che affliggono Via Anelli. Anche il progetto Conoscersi del Comune di Padova sembra rappresentare un’esperienza di frontiera, dato che permette l’interazione tra le diverse attività associative locali, molte delle quali, oltretutto, portano avanti iniziative volte a promuovere la solidarietà, l’integrazione e il rafforzamento del senso di comunità nel quartiere. Quando la “partecipazione” è una “pratica di frontiera”. La partecipazione sociale ai processi e alle politiche di trasformazione urbana è stata ormai declinata, nel corso degli ultimi decenni, tanto nelle retoriche, quanto nelle pratiche, in molteplici modi, cosicché, attualmente, il termine “partecipazione” sembra caratterizzarsi per una sorta di “svuotamento semantico”, dovuto all’universo di significati che ad esso finiscono per essere associati, generando, non poche volte, malintesi ed equivoci46. Recentemente, un importante tentativo di distinguere vari “cicli partecipativi”, che hanno caratterizzato il campo delle politiche urbane in Italia, a partire dagli anni ’70 e fino ad oggi, è stato svolto da Paolo Fareri. Egli distingue, complessivamente, quattro cicli di partecipazione: quella dei movimenti urbani degli anni ’70, i fenomeni N.I.M.B.Y., la partecipazione progettata e l’azione delle comunità in corso; mentre il primo ciclo sembra essersi esaurito, gli ultimi tre riguardano, invece, tutti il periodo attuale47. Sembra interessante cercare di riflettere sul contributo di Fareri attraverso l’uso dei concetti di confine e di frontiera: definendo, ampliamente, un processo partecipativo come un processo a cui riescono ad accedere anche soggetti che si troverebbero ordinariamente in una situazione di “marginalità” rispetto alle decisioni pubbliche, si può rilevare, però, che non tutti i processi di tal tipo si caratterizzano come fortemente interattivi e negoziali e che, dunque, l’azione partecipativa stessa non sempre si connota come propositiva (anziché/oltre che rivendicativa). L’acronimo N.I.M.B.Y., ad esempio, finisce per identificare azioni oppositive, che portano all’inasprimento del conflitto attraverso una polarizzazione delle posizioni. Una simile azione sembra avere poco a che vedere col concetto di frontiera e appare, invece, più riconducibile alle dinamiche di creazione di confini: lo stesso “ghetto” di Via Anelli, infatti, può essere visto come generato dal “no” attraverso il quale abitanti (ma anche istituzioni, per motivi di sicurezza) si oppongono alla “diffusione” degli abitanti di Via Anelli in altre parti della città. Facendo sempre riferimento a tale contributo della letteratura, è, invece, interessante osservare, a partire dal caso esaminato, come l’azione del Comitato per il superamento del ghetto di Via Anelli possa essere ricondotta, con dovute eccezioni, all’ultima tipologia di “ciclo partecipativo” e come esso possa essere associato all’idea della “frontiera”. Volendo, infatti, tratteggiare i connotati essenziali di tale azione, si può dire che essa nasce spontaneamente dal basso, assumendo un carattere al contempo rivendicativo e propositivo: oltre a denunciare, infatti, il maltrattamento dei problemi da parte delle istituzioni o, addirittura, la loro assenza, il Comitato offre una dimostrazione direttamente sul campo di percorsi possibili per affrontare i problemi (che si configurano come pubblici) in modi più efficaci, i quali vengono costruiti e trattati nell’ambito di un processo in cui si arriva a mettere in discussione la sequenza analisi-disegno-decisione-attuazione. Il Comitato, inoltre, non rifiuta la conoscenza esperta e si rivela esso stesso capace di attivarla in varie forme, cercando di far interagire positivamente “esperienza, competenza e relazioni” (Fareri, 2003). Il disaccordo o la scarsa attenzione rivolta ad esso da parte delle istituzioni48, però, svigorisce il 46 Il riferimento è alla convinzione, spesso riscontrabile in modo diffuso nella realtà, secondo la quale la partecipazione assumerebbe una precisa connotazione politico-ideologica. 47 Il riferimento è alla lezione tenuta da Paolo Fareri nell’ambito del corso (di cui il presente scritto costituisce l’elaborato finale) in data 22/10/2004, ma anche a quanto pubblicato, per esempio, in: - Fareri Paolo, Innovazione urbana a Milano: politiche, società ed esperti in “Urbanistica” n. 123/2004, pp. 22-25 - Fareri Paolo, Francesca Cognetti (con contributi di Paolo Cottino), Vedere le differenze nelle strade.Milano, nuove forme di produzione della città intervento al Congresso “Town Meeting #1”, Firenze, Febbraio 2003 (disponibile al sito web: www. undo.net) 48 Esso può essere in parte dovuto ad atti illeciti compiuti (come l’occupazione abusiva d’immobili pubblici), che si frappongono spesso come un muro tra tale soggetto e le istituzioni. 22 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… potenziale dell’azione da esso condotta e non consente una sua piena realizzazione. D’altro canto, invece, sembra che tale Comitato agisca spinto dalla motivazione di voler promuovere una maggiore giustizia sociale, schierandosi a difesa di una categoria svantaggiata (gli immigrati) e cercando di dare ad essa voce nell’ambito delle decisioni pubbliche: l’azione, quindi, sembra essere molto vicina, per il carattere ideologico che la connota, ai caratteri dell’advocacy planning. Tale linea operativa, quindi, si rivela “straordinariamente innovativa”, tanto da essere in parte (e forse) “imitata” successivamente dall’ amministrazione comunale (il riferimento è all’esperienza dell’appartamento solidale, alcuni dei servizi offerti dal quale sono stati riproposti in seguito dallo sportello “Open Windows”, con un effetto di parziale sovrapposizione: l’appartamento solidale, infatti, continua a distinguersi dall’iniziativa comunale poiché si propone come un servizio “a bassa soglia”49), soprattutto nello sforzo di proporre frames differenti all’interno dei quali costruire il problema di Via Anelli (si pensi, ad esempio, al tentativo di portare la città all’interno di Via Anelli attraverso feste, assemblee, concerti); rimane, d’altro canto, il dubbio se tale comitato possa essere effettivamente e sempre “rappresentativo” del pensiero di tutti gli abitanti di Via Anelli50. L’azione del Comitato per il superamento del ghetto, dunque, sembra caratterizzarsi come una pratica partecipativa di frontiera, non solo, dunque, per il fatto che favorisce l’interazione tra soggetti appartenenti a realtà di-verse, ma anche perchè la loro azione si svolge tra definizioni differenti del problema, tra più settori della realtà, tra pratiche formali e informali, in una sorta di “lasco”51 (Brekner-Bricocoli-Morandi, 2004) che si configura come generativo di percorsi innovativi (ed alternativi) per trattare i problemi pubblici urbani. Il progetto Conoscersi del Settore Servizi Sociali del Comune di Padova, invece, si configura come un’iniziativa volta al coordinamento delle varie realtà associative presenti nel quartiere: il Q3, infatti, si presenta come un ambito urbano molto ricco di risorse dal punto di vista sociale. Il progetto52, nato nell’ambito del Piano Triennale Infanzia e Adolescenza (2001), secondo la Legge 285/1997, mira allo “sviluppo di comunità” in tale ambito urbano e, per perseguire tal fine, si propone di innescare un processo che coinvolga le associazioni esistenti nel quartiere. La straordinarietà di tale tipo di approccio consiste nel fatto che, in esso, poco o nulla è dato all’inizio, mentre tutto sembra essere deciso in fieri, nell’ambito dell’interazione tra le realtà associative locali. Tale iniziativa sembra particolarmente interessante, perché si configura come un caso che non può essere descritto ricorrendo allo schematismo “bottom-up” e “top-down”, in quanto propone “un’opposizione inadeguata e troppo stretta” (Brekner-Bricocoli-Morandi, 2004): in questo senso esso si propone come un “progetto di frontiera”, in cui la partecipazione è attivata dall’alto, ma intercettando iniziative e proposte già presenti ed emergenti dal basso; la tensione tra i soggetti locali e le istituzioni, dunque, fa sì che l’azione che si genera possa ricondursi ad un livello che oscilla “tra l’alto ed il basso”. Il progetto Conoscersi, inoltre, si propone come esperienza di frontiera, non solo perché al suo interno interagiscono soggetti con interessi diversi ed ambiti d’azione differenti, ma anche in quanto alcune associazioni, comprese in tale coordinamento, sperimentano, attraverso le loro attività, il contatto con il “diverso”, finendo, se pur indirettamente, per trattare problematiche connesse a Via Anelli. E’ il caso, per esempio, della Cascina, gestita dall’Associazione Renato Franco, in cui vengono accolte ragazze madri e in cui trovano uno spazio di gioco, tra gli altri, 50 bambini stranieri di ogni nazionalità; oppure di Casa Talita, una casa famiglia che, in alcune occasioni, ha organizzato delle cene multietniche, mettendo a confronto donne di varie nazionalità. Un’attenzione particolare, infine, merita un gruppo di ragazzi del posto, gli “Stanga Boys”, i quali portano avanti iniziative volte a promuovere l’integrazione e la comunicazione nel quartiere; attraverso alcuni eventi, da loro organizzati, essi si propongono di riappropriarsi degli spazi pubblici 49 Cfr. Bifulco Lavinia (a cura di), Il genius loci del welfare – Strutture e processi della qualità sociale, Officina Edizioni, Roma, 2003 50 A tal proposito, G.F. Lanzara afferma: “[…] Vi può essere la possibilità che alcune delle pratiche sociali emergenti possano svilupparsi e autoalimentarsi a scapito di altre pratiche o possano utilizzare risorse pubbliche a fini pubblici o privati. […] Non è possibile prendere una decisione senza danneggiare qualcuno.” (Giovan Francesco Lanzara, Comunità rifugio o laboratori per l’innovazione? In “Urbanistica” n° 123/2004, p.32). 51 A determinare una situazione di “lasco” sarebbe, soprattutto, lo “stato d’attesa” e “l’incertezza” che riguardano l’attuazione di soluzioni risolutive per la zona di Via Anelli. 52 Le informazioni sono state fornite dalla Dr.ssa Nadia Limberto del Settore Servizi Sociali del Comune di Padova, referente del progetto Conoscersi, nel corso di un’intervista risalente al 10 Luglio 2004. 23 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… del quartiere, infrequentabili, in quanto divenuti territorio di spaccio. Tali attività si rivelano particolarmente importanti nello “smantellare” il senso di insicurezza che esaspera gli abitanti del quartiere (Bricocoli-Cottino, 2003). Gli “Stanga Boys”, inoltre, si fanno promotori di iniziative culturali particolarmente significative, come, ad esempio, la realizzazione di un video sul quartiere, stimolando gli abitanti de “La Stanga” ad interrogarsi e a discutere sulle problematiche che riguardano questa zona della città. Figure 11 e 12. Immagini di “animazione di strada”, svolta nel Parco Esperanto (luogo abbandonato dagli abitanti de “La Stanga”, perché reputato “insicuro”) e lungo le vie adiacenti a Via Anelli, nell’ambito di un’iniziativa realizzata dagli Stanga Boys e dall’Associazione IRASDI all’interno del progetto Conoscersi. Considerazioni conclusive. Sia l’azione del Comitato per il superamento del ghetto, sia il progetto Conoscersi rappresentano, alla luce della ricostruzione della quadro problematico che caratterizza Via Anelli e la zona de “La Stanga”, delle esperienze partecipative interessanti, in quanto si profilano come degli “approcci” di frontiera. Va sottolineato come la “frontiera” si connoti, nell’ambito di tali iniziative, più che come “ambito” progettato o dato ex ante, come l’esito ex post di “pratiche di prossimità”53, attraverso le quali viene attuato concretamente e spontaneamente “dal basso” l’incontro con “l’altro”, con il “diverso”. Tali pratiche danno luogo alla costruzione di un capitale relazionale (o “capitale sociale”), che potrebbe rappresentare la premessa necessaria alla risoluzione di molti dei nodi problematici di Via Anelli. Esse, difatti, risultano fondamentali nel “rigenerare” il tessuto sociale di questo ambito urbano che appare frammentato, per la presenza “ingombrante” di importanti strutture del terziario, ma anche per il progressivo diffondersi di sacche di “marginalità sociale” e di “criminalità”; per quanto riguarda più specificatamente le problematiche 53 Il riferimento è ad un’espressione interrogativa di Paolo Cottino, “Esiti di sicurezza attraverso pratiche di prossimità? “, che dà il titolo ad un suo intervento in Amendola Giandomenico (a cura di), Il governo della città sicura, Liguori Editore, Napoli, 2003, p.46. 24 OLTRE IL “GHETTO” DI VIA ANELLI, A PADOVA: quando la “partecipazione” è una pratica di frontiera… connesse a Via Anelli, queste esperienze finiscono per produrre effetti positivi relativamente alla percezione del senso di insicurezza, che porta gli abitanti della zona ad abbandonare gli spazi pubblici (colonizzati, ormai, da attività illecite) e a chiudersi nelle proprie realtà, evitando occasioni di incontro e momenti di socialità. Il problema della percezione del senso di insicurezza, può essere interpretato, infatti, come “problema di povertà relazionale e in quanto tale intrattabile secondo le misure di ordine pubblico” (Bricocoli-Cottino, 2003). Si possono rivelare, dunque, particolarmente efficaci nel debellare il senso di paura presente nella città, alcune iniziative volte non espressamente ad affrontare il problema della sicurezza, bensì tese a perseguire obiettivi di diverso tipo, eventualmente assumendo “la sicurezza soltanto come esito del trattamento di altri problemi” (Bricocoli-Cottino, 2003) e dimostrando come essa non debba essere necessariamente trattata come questione settoriale ed, esclusivamente, attraverso azioni specifiche. Tali esperienze, inoltre, si rivelano “necessarie” non solo per “affiancare” le politiche istituzionali o per “supplire” alla loro mancanza, ma anche per ridurne gli effetti “perversi” (Cognetti-Cottino, 2003): le stesse azioni delle forze dell’ordine, infatti, sebbene volte a ridurre la percezione dell’insicurezza da parte degli abitanti, in realtà finiscono per riprodurre le stesse condizioni di divisione ed isolamento che determinano la “paura dell’altro” (Cognetti-Cottino, 2003). Sperimentare la vicinanza con “l’altro” consente anche di raggiungere la consapevolezza della complessità delle problematiche di Via Anelli, attraverso il confronto dei punti di vista e anche attraverso l’ascolto delle voci più deboli, delle testimonianze più “tacite”. In tal senso sembra indirizzarsi l’azione del Comitato per il Superamento del Ghetto, avendo esso realizzato un vero e proprio censimento degli abitanti del Complesso, generando una forma di “conoscenza situata”, che si configura come una risorsa fondamentale, se non decisiva, per riuscire a trattare con efficacia la questione di Via Anelli. Queste azioni costituiscono uno “spazio d’interazione”, all’interno del quale risulta possibile negoziare, attraverso la conoscenza reciproca ed il confronto, le proprie posizioni, giungendo “eventualmente” a forme d’integrazione “consapevole”, non assunta in astratto e “a priori”. Esse, offrono, dunque, un terreno fertile per la costruzione di beni comuni, dato che possono innescare quelle dinamiche che portano alla produzione “eventuale”, e nell’ambito di un contesto interattivo (Crosta, 2000), di essi. Ricorrendo, poi, alla definizione delle “politiche” come “pratiche di beni comuni - pratiche cioè che hanno come presupposto e come esito beni comuni” (Crosta, 1998) risulta possibile considerare tali iniziative, come delle vere e proprie politiche pubbliche, evidenziando il fatto che non necessariamente una politica, per definirsi pubblica, debba essere attivata da soggetti istituzionali. Le considerazioni fino a qui svolte, quindi, consentono di comprendere come le “pratiche di frontiera”, esaminate in quest’ultima parte dell’elaborato, si rivelino, grazie alle loro peculiarità, alla “natura ibrida ed integrata” (Cognetti-Cottino, 2003) che le connotano e che le distinguono dalle politiche istituzionali tradizionali, di fondamentale importanza ed utilità per il trattamento di problemi urbani complessi, come quelli che riguardano Via Anelli e “La Stanga”. Il progetto Conoscersi rappresenta già una forma “innovativa”, secondo cui il soggetto pubblico può intervenire sul territorio costruendo delle politiche a partire dalla valorizzazione delle pratiche e delle iniziative già presenti dal basso. Sembra, quindi, indispensabile, allo scopo di sciogliere “nodi problematici” urbani, cercare di pensare a nuovi ruoli dei soggetti istituzionali e a nuove “traiettorie” dell’azione pubblica (Balducci, 2004), che consentano di “sfruttare” il potenziale delle “azioni dal basso” – che, spesso, si rivelano delle vere e proprie “politiche di fatto”54 (Cognetti-Cottino, 2004) -, laddove queste dimostrino capacità e possibilità di attuare approcci efficaci ed innovativi alle questioni urbane. Diventa essenziale, pertanto, in tal ottica, per le istituzioni, pensare a tali iniziative “informali” come realtà che costituiscono il “contesto imprescindibile della pianificazione formale” (Briassoulis, 1997). 54 Per “politiche di fatto” si intendono azioni “dal basso” che riescono autonomamente, senza essere coinvolte all’interno di politiche costruite in ambito istituzionale, a trattare con efficacia questioni di rilevanza pubblica. 25 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… BIBLIOGRAFIA A.A.V.V., Progetto “Agave”, una ricerca sul senso della salute collettiva per gli abitanti del rione Stanga di Padova in “Narrare il gruppo” n. 1/2004, pp. 77-106 Bauman Zygmunt, Voglia di comunità, Laterza, Roma/bari, 2001, pp. 107-118 Balducci Alessandro, La produzione dal basso di beni pubblici urbani - Introduzione in “Urbanistica” n. 123/2004, pp. 7-15 Bifulco Lavinia (a cura di), Il genius loci del welfare – Strutture e processi della qualità sociale, Officina Edizioni, Roma, 2003 Brekner Ingrid, Bricocoli Massimo, Moranti Corinna, Recinti e barriere nello spazio e nella mente in “Territorio” n. 28/2004, pp. 129-136 Bricocoli Massimo, Cottino Paolo, La città come risposta in Amendola Giandomenico (a cura di), Il governo della città sicura, Liguori Editore, Napoli, 2003, pp. 211-265 Briassoulis Helen, How the Others Plan: Exploring the Shape and Forms of Informal Planning in “Journal of Planning Education and Research”, vol. 17, n. 2/1997, pp. 105-117 Cognetti De Martiis Francesca, Cottino Paolo, Developers of a different city – New forms of community in laissez faire Milan in “City”, Vol. 7, n. 2/2003, pp. 227-235 Cognetti De Martiis Francesca, Cottino Paolo, Cittadinanza attiva, pratiche sociali e la costruzione della città pubblica. 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Siti Web: www.cestim.it www.edscuola.it www.irasdi.org www.stangaboys.org www.padovanet.it www.polimi.it www.undo.net 27 GETTING OVER THE “GHETTO” OF ANELLI STREET, IN PADOVA: when the “participatory approach” is a border-line practice… Supporti cartografici: Figura 1: Figura 2: Figura 3: Figura 4: Figura 5: Figura 6: Touring Club Italiano, Pianta della città di Padova in scala 1:12 500 cartografia IGMI in scala 1:25 000 (1935) cartografia IGMI in scala 1:25 000 (1953) cartografia IGMI in scala 1:25 000 (1971) cartografia CTR - Regione Veneto - in scala 1:10 000 (1981) cartografia CTR - Regione Veneto - in scala 1:2 500 (1981) Le fotografie proposte nelle Figure 7-8-9-10-11-12 e nell’immagine di copertina dell’elaborato sono state scattate a Padova (zona de “La Stanga”) nei mesi di Ottobre e Novembre 2004 (fotografie ed l’elaborazione grafica dell’immagine di copertina: Mauro Bellun). La traduzione in lingua araba del titolo dell’elaborato si deve alla cortesia e alla pazienza di Norah, della cooperativa “Una casa per l’uomo”, con sede a Montebelluna (TV). 28