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Stiamo distruggendo l`identità architettonica della Svizzera

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Stiamo distruggendo l`identità architettonica della Svizzera
IL CAFFÈ 2 ottobre 2011
49
Case d’epoca, storici hotel e aree di pregio storico in precario
equilibrio tra difesa della tradizione e il bisogno d’innovazione
Hotel Schmid
Villa Ramona
Villa Baroffio
Altro famoso albergo d’epoca di Paradiso è stato
raso al suolo nel settembre del 2006. Il suo stile
rappresentava un significativo esempio
architettonico degli anni in cui il canton Ticino si
stava aprendo al turismo internazionale.
Abbattuta la villa luganese famosa anche per
essere stata la base d’appoggio dei servizi segreti
svizzeri durante la seconda guerra mondiale. Ma la
villa era stata in quegli anni pure un sicuro punto
d’accoglienza per i profughi.
È stata demolita nel 2007. Nota villa di Lugano era
stata costruita agli inizi del ‘900. Era stata poi
trasformata nel primo hotel per gay del Ticino,
rimasta alla fine chiusa per circa vent’anni è
andata poco a poco in rovina.
Un miscela devastante di scarsa sensibilità culturale e di vuoti legali
L’analisi
“Stiamo distruggendo
l’identità architettonica
della Svizzera italiana”
La sfasatura
localistica
del senso
dell’abitare
1/da
SALVARE
MATTEO VEGETTI,
Docente di Antropologia culturale all’Accademia di Mendrisio
I
2/da
SALVARE
PIAZZA PEDRAZZINI
VILLA VESCOVILE
Piazza Pedrazzini a
Locarno, uno dei pochi
scorci del primo
Novecento in città
L’edificio di Balerna
rientra anche nella Lista
rossa della Società
ticinese arte e matura
SANATORIO PIOTTA
CASA SELVINI
La speculazione
La fatiscente ma
imponente facciata del
vecchio sanatorio in
valle Leventina
VECCHIA MASSERIA
La vecchia masseria
Cornaredo a Trevano,
esempio di architettura
contadina
SCUOLE COMUNALI
L’edificio delle vecchie
scuole a Locarno da
trasformare in un
Palazzo del cinema
E con l’avvio della speculazione immobiliare nei
primi anni ‘60 che comincia una radicale
trasformazione del paesaggio urbano, con la
cancellazione di alcuni suoi tratti distintivi
A
lberghi dismessi, ville d’epoca, edifici pubblici di pregio storico, antiche case e cascine
contadine. Nella Rote Liste, la lista rossa della
Stan, la Società ticinese per l’arte e la natura sono
elencati alcuni edifici degni di conservazione e a più
immediato rischio di distruzione. Solo una parte di
un patrimonio storico di cui secondo la Stan in questi ultimi decenni si è fatto scempio, radendo al
suolo costruzioni di sicuro pregio culturale e architettonico per fare posto ad anonimi palazzi. “Si è andata così distruggendo l’identità architettonica del
Ticino e con essa la memoria stessa del nostro passato” afferma l’architetto Antonio Pisoni presidente
della Stan che ha già inoltrato un opposzione contro
il nuovo progetto per Piazza Pedrazzini a Locarno.
Uno degli ultimi angoli di inizio Novecento che ancora sopravvivono in città.
Ma la polemica su un progetto che vuole abbinare
uno stabile moderno su una villa del 1915 è solo l’ultimo capitolo di un acceso confronto su evoluzione
e salvaguardia dell’identità architettonica. Qualche
mese fa a ridare fuoco alle polveri c’è stato un servizio della Neue Zürcher Zeitung sulle brutture di Lugano. Nella città che era riuscita a salvare elegantemente le fatiscenti facciate del vecchio Palace e
riempirne il guscio vuoto con un progetto in cui il
vecchio riesce a dialogare col nuovo. Un articolo
che, muovendo dall’abbattimento di Villa Branca e
della minaccia di demolizione che incombe su altre
costruzioni dal nobile passato, denunciava la speculazione immobiliare che starebbe abbruttendo
Lugano. Per Marco Solari, presidente di Ticino Turismo, una delle cause del declino turistico è ricondu-
cibile alla cementificazione che ha cancellato alcuni
tratti tipici del cantone. Un processo di abbruttimento che non sfugge allo sguardo lungo di un
uomo di cultura come il professore Renato Martinoni: “Purtroppo si è perso il senso della misura e
del rispetto del territorio. Una volta c’era un rapporto diverso con lo spazio, si costruiva pensando
all’ambiente circostante. Cosa a cui dovrebbero
pensare di più gli architetti. Con gli inizi degli anni
‘60 è cominciata un’ondata speculativa che ha pure
incentivato una perdita di sensibilità culturale nel-
Su aree d’interesse artistico si
sono già edificati o si prevede di
farlo palazzi di sei, sette piani
l’attenzione verso il territorio e la sua storia”. Secondo Pisoni si è messa in moto una macchina devastante, difficile da fermare. “In Ticino non ci sono
piani regolatori con norme mirate per tutelare edifici o zone di valore culturale. Anzi, su alcune di esse
si sono costruiti o si pensa di costruire edifici di sei,
sette piani. La legge cantonale prevede che i Comuni devono censire gli edifici d’interesse storico e
artistico. Spetta ad essi tutelare con precise norme
questi stabili”. Come sta cercando ora di fare Lugano, dove il consiglio comunale ha recentemente
approvato il nuovo l’elenco dei beni culturali da tutelare. Per il presidente della Stan è giusto realizzare
nuove costruzioni: “Ci mancherebbe, ma non a scapito della nostra identità architettonica”.
l.d.a.
Tipico edificio in legno
del XVI secolo, a Faido,
rientra tra i beni storici
e artistici del cantone
GRAND HOTEL
Per lo storico albergo di
Locarno-Muralto si
aspetta da anni un
progetto di rilancio
LA ROMANTICA
Contro la demlizione
dell’edificio di Melide ci
sono state forti
opposizioni
luoghi detengono una singolare
forza espressiva: pensiamo a un
luogo e subito la memoria ci
consegna un ricco complesso percettivo, fatto non solo di cose, ma di
una certa tonalità affettiva, di forme
e paesaggi fusi con la qualità della
luce, i materiali costruttivi, il modo
di vita degli abitanti. L’architettura
ha in un certo senso il potere di raccogliere tutte queste “cose” in
un’unità più o meno coerente che ci
consente di interpretare il significato antropologico e sociale dello
spazio in termini identitari. Ma proprio perché lo spazio riflette un
complesso di pratiche sociali,
quando queste si modificano,
quando cioè cambiano gli stili di
vita, i modi della produzione, della
mobilità, della comunicazione, si
avverte una sfasatura, talora un
aperto conflitto, tra la forma storica
del luogo e il senso dell’abitare. Il Ticino attraversa oggi una fase critica
di questo genere: a una persistente
connotazione locale (talora “localistica”) si contrappone la tendenza a
diventare parte integrante di una
vasta città-regione che include segmenti economici importanti della
Lombardia, una fitta rete di flussi e
di scambi in cui si compone una
nuova geografia. In questo passaggio critico, che motiva un certo
senso di “spaesamento”, muta inevitabilmente anche la percezione
dello spazio degli abitanti: l’urbanizzazione si insinua silenziosamente nelle coscienze prima ancora nei luoghi fisici. In una spazialità porosa, soggetta ai processi di
globalizzazione, o si continua a credere pervicacemente nelle proprie
forme identitarie, o si procede
quantomeno ad alleggerirle, ridefinendo progressivamente il senso
appartenenza allo spazio. Questa
stessa tensione investe naturalmente anche l’architettura, chiamata a governare il mutamento, o a
esserne governata. Non c’è solo la
proliferazione degli anonimi centri
commerciali a mostrarci la violenza
con cui questa fase di modernizzazione può colpire il paesaggio e la
cultura locale, ma anche quelle architetture (ve ne sono, per esempio,
sul lungo lago di Lugano) che ostentano i tratti egoistici del mercato
globale, rifiutando ogni debito di
ospitalità nei confronti del contesto
che, appunto, le ospita.
Il governo del cambiamento richiede una sensibilità estetica e culturale che in Ticino, grazie alla sua
straordinaria tradizione nel campo
dell’architettura, certo non manca.
Ma anche la migliore architettura
richiede una visione strategica
complessiva sul futuro dell’intera
regione all’interno del nuovo scenario spaziale ed economico. Le
“crisi identitarie”, per i luoghi come
per le persone, sono strutturali, non
patologiche. Ben governate, possono perciò rivelarsi una straordinaria opportunità di crescita, anche
in termini di “sviluppo locale”.
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