Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle realtà portuali: il
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Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle realtà portuali: il
Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle realtà portuali: il waterfront a Civitavecchia Analisi condotta da Diego Bevilacqua del Centro di Sviluppo Politico e Sociale (CSPS) Indice Introduzione ................................................................................................................... 3 1. WATERFRONT: UN’ANALISI GENERALE ......................................................... 4 1.1 Un organo che prende vita: le strade della rigenerazione .................................... 5 1.2 I vettori e le prospettive dei waterfront urbani ..................................................... 8 2. WATERFRONT: ANALISI DEI CASI ................................................................... 12 Oltre i confini europei: Baltimora ............................................................................ 12 Lo scenario europeo ................................................................................................. 19 Waterfront totalizzante: Barcellona .......................................................................... 20 Bilbao: la città post-industriale ................................................................................ 25 Lo scenario italiano .................................................................................................. 31 La rivalutazione di Genova ...................................................................................... 31 Focus su Urban Lab; quaderno n°1 .......................................................................... 36 Conclusioni .................................................................................................................. 38 Riferimenti bibliografici .............................................................................................. 41 Sitografia ..................................................................................................................... 41 2 Introduzione L’analisi qui presente si pone l’obiettivo di convincere il lettore dell’importanza di uno sviluppo portuale che non si limiti unicamente all’area interinale del porto, ma anzi si espanda oltre i confini di esso, apportando benefici rilevanti all’ambiente urbano e alla società. In tutto questo consiste il waterfront, nella ricerca di approcci e strategie di successo per raggiungere il suddetto scopo. Il testo presenta un primo capitolo riguardante un’analisi generale del waterfront, gli aspetti prevalenti, le prospettive e le varie tipologie brevemente illustrate. Il secondo capitolo prevede l’analisi comparativa tra diverse realtà di waterfront. Nell’ordine verranno illustrate Baltimora per il caso statunitense ed extra-europeo, Barcellona e Bilbao come casi del contesto europeo, giustificando anche la scelta ricaduta su una realtà fluviale piuttosto che marittima quale è il caso di Bilbao e sul perché sono stati tralasciati porti di non minore importanza quali sono quelli nordici. A seguire verrà presentato il caso di Genova focalizzandoci sull’incipit del progetto di waterfront e la nascita dello Urban Lab. Infine saranno tirate le conclusioni nei riguardi di Civitavecchia, generalizzate e che non approfondiscono il contesto nello specifico, visto che questa non è la sede adatta per tale trattazione e saranno necessari futuri approfondimenti. Nel corso del resoconto si troveranno illustrate immagini di progetti presentati per lo sviluppo urbano ed infrastrutturale, oltre che raccolte dati e cartografie per focalizzare l’importanza di tali manovre adottate nei singoli casi. A tutto questo si aggiungono considerazioni e analisi dei punti positivi e negativi dei vari processi intrapresi, introducendo anche una brevissima sezione sugli approcci metodologici e portando alla luce eventuali sottolineature da non sottovalutare. Scopo finale è lanciare una nuova concezione metodologica che si basa non soltanto su analisi valutative e studi antecedenti al progetto, ma dar seguito a questi studi con correzioni e modifiche che procedano di pari passo con i lavori, puntando la lente di ingrandimento sul poco utilizzato risk assestment e ponderando sapientemente la strada più adatta. Consapevoli delle difficoltà e degli aspetti negativi in cui è possibile incorrere, si auspica di poter realizzare gli obiettivi stabiliti con il minore impatto possibile dei rischi e anzi apportare quanto di positivo potrà derivare da uno sviluppo e da una rivalutazione dell’area di Civitavecchia. 3 CAPITOLO PRIMO WATERFRONT: UN’ANALISI GENERALE Il waterfront tratta di un rapporto più o meno stretto tra lo sviluppo di un’area cittadina e la vicinanza con questa ad una fonte d’acqua, come l’oceano, il mare, un lago o un fiume. Inscrivendo all’interno di progetti nodi di comunicazione di reti e di terminali infrastrutturali, luoghi di approdo e scambi di interconnessioni multiple, il waterfront svolge un ruolo fondamentale nei processi di morfogenesi del paesaggio antropogeografico, identificandosi come un tema complesso dal grande potenziale generativo [Zanni, 2003]. Negli anni il processo waterfront ha subito diverse visioni e approcci alla città portuale e alle città collegate in qualche maniera all’aspetto dell’acqua, tanto da creare realtà e sviluppi diversi non solo nei progetti quanto anche nei processi di realizzazione. Il waterfront di una città, che si focalizzi maggiormente su un aspetto di tipo turistico, edilizio, commerciale o come una commistione tra le varie tipologie, punta al perseguimento della rivalutazione di un’area abitativa collegata alla rete marittima, al suo sviluppo e alla sua crescita. L’acqua diventa una realtà che sviluppa la fusione tra luoghi con intense attività culturali, economiche e sociali e il waterfront deve incrementare la propensione della città alla relazione, rendendo i luoghi sensibili alle opportunità d’investimento e funzionali alle diverse destinazioni. Incentivando alla modernizzazione delle strutture e dei servizi e puntando sulla comunicazione e il coordinamento del tessuto sociale, si cerca di rispondere ad un progetto unitario e di largo respiro, con molteplici interventi in funzione di un unico risultato complesso. La necessità, quindi, non è quello di cambiare una realtà preesistente, ma imparare a trasformare e incrementare l’elevato potenziale insito nella città. Nell’epoca contemporanea il waterfront urbano è un composto di identità locale misto agli inevitabili fenomeni derivanti dalla globalizzazione, un intreccio di flussi urbani e portuali che devono essere adeguatamente organizzati affinché si crei un unicum tra due realtà apparentemente diverse [Anna Maria Moscato]. 4 Un organo che prende vita: le strade della rigenerazione Cultura, tempi ed esigenze stanno profondamente cambiando. L'adeguamento del waterfront di città portuali richiede grande impegno e tendenza al cambiamento da parte della popolazione prima e dell'amministrazione poi, con molti casi di riqualificazione e progetti di rigenerazione che passano attraverso una terziarizzazione dell'economia, la deindustrializzazione e la delocalizzazione. Significa dunque che le esigenze sociali ed economiche non si fermano più ad un sostanziale livello industriale come nel passato (e qui si parla anche di grandi attività cantieristiche), quanto ad una maggiore focalizzazione sull'intrattenimento turistico ed il prestigio cittadino. Se la terziarizzazione dell’economia e la deindustrializzazione sono strettamente connessi tra di loro, il processo di delocalizzazione presenta una propria identità che prende piede dai crescenti livelli di globalizzazione e di differenziazione sociale. La città portuale non può presentarsi come distaccata dalla realtà che la circonda, poiché sarebbe una grande perdita di opportunità di crescita e di guadagno. Al contrario deve definirsi come uno dei punti centrali della rete di comunicazione con le zone limitrofe e con realtà differenti, un punto di sbarco che rimanda ad altre identità locali e collabora con loro. La globalizzazione richiede questa partecipazione ed apertura al nuovo e al diverso, mentre al contempo la differenziazione sociale richiama allo sviluppo del potenziale tradizionale e locale della zona coinvolta. Le antiche città portuali hanno seguito lo stesso processo intrapreso da diverse aree metropolitane e da piccole e medie città, basate sulla ridefinizione del modello di sviluppo e puntando sull'offerta turistica e culturale. Si assiste in tal modo a diversi interventi di rilievo quali il rinnovamento di vecchi bacini portuali abbandonati [Pichierri, 1989; Dombois,, Heseler, 2000]. I processi di rivalutazione e rigenerazione delle vecchie aree portuali sono incentivati da un mondo che cambia in fretta e pone le diverse città su un piano di concorrenza internazionale. La competizione coinvolge così aree metropolitane e macroregioni, portando a nuove visioni e nuovi obiettivi da perseguire quali la ricerca di investimenti produttivi attraverso azioni di marketing territoriale, la valorizzazione del capitale sociale, l'unione tra società locale e i nuovi attori economici, l'integrazione tra pubblico e privato grazie a nuove strategie di governance [Guala]. È in questo contesto che si parla di bidding process, ossia la ricerca del prestigio internazionale derivato non più dalla produzione, dal commercio o dalle infrastrutture, quanto dall'acquisizione di eventi e visitatori nell'arena mondiale. In questo modo si cerca di rendere la città il più appetibile 5 possibile per gli investitori esterni attraverso strategie differenti quali una collocazione strategica sul piano territoriale, agevolazioni fiscali e amministrative o grazie alla presenza di una manodopera qualificata. Il waterfront a questo punto tende a presentare due volti ben distinti che convivono nella stessa area di sviluppo: da un lato il volto moderno, che offre prodotti nuovi e innovativi; dall'altro lato un volto che offre elementi più tradizionali [Guala]. È in questo contesto di rinnovamento e sviluppo di nuove strategie che il marketing tradizionale non basta più alle città, le quali devono fare affidamento su un nuovo approccio alla materia “d'offerta”: il citymarketing. Considerabile come tentativo di promozione di una città cercando di incoraggiare l’attività e modificare le percezioni date da essa verso gli attori esterni, le strategie di citymarketing abbandonano i caratteri del marketing tradizionale per acquisire nomination a grandi eventi quali Expo, migliorando il prestigio a livello internazionale grazie alla sua offerta turistica e culturale e alla sua bellezza. È in questo modo che, variabili precedentemente non prese in considerazioni nei waterfront prevalentemente industriali, diventano ora discriminanti dal grande potenziale che non possono essere sottovalutati. Il citymarketing permette la pianificazione di strategie competitive sia a livello nazionale che internazionale per conquistare eventi e appuntamenti che possono portare prestigio ed entrate economiche al waterfront, tanto che si parla di event marketing nel momento in cui si stabilisce un collegamento tra la promozione del luogo e la promozione dell'evento [Ferrari, 2002]. Più è grande l'evento realizzato, maggiore sarà la notorietà acquisita dalla città dove è stato programmato, come maggiori saranno gli investimenti e gli attori economici allettati dall'occasione. Si cerca di sfruttare in questo modo l'elemento acqua nella sua essenza più pura, metaforicamente letteraria. L'esperienza del mare e i contesti suggestivi che riesce a creare fanno maturare sensazioni difficili da dimenticare, le quali si sviluppano ulteriormente nell'esperienza totalizzante degli eventi sportivi e culturali producendo qualcosa di unico e, delle volte, eccezionale [Ferrari, 2006]. Eppure la marcatura dei luoghi non avviene solo in corrispondenza di grandi eventi, quanto spesso anche grazie alla partecipazione di grandi architetti (tecnica di marketing in questione che viene definita archistar) che permettono l'indissolubile associazione della città con la figura dell'architetto. È il caso ad esempio di Renzo Piano a Genova o di O. Gery a Bilbao, grazie ai quali il processo di rigenerazione urbana viene richiamato nel tempo grazie al loro intervento e con sapienti operazioni di marketing territoriale [Ashworth, Voogd, 1995]. Il recupero dei watefront è una risorsa dal grande potenziale che presenta elementi che tendono a migliorare la qualità urbana delle città e il prestigio internazionale, quali il già citato approccio archistar, il film commission, la rivalutazione della tradizione locale all'interno di una società che 6 tende e va verso la globalizzazione e la presenza di musei o grandi eventi sia unici che ripetuti. Se l'acqua si presenta come un elemento di rigenerazione e valorizzazione, le esperienze realizzate dimostrano quanto essa possa dar vita a modelli fortemente variegati [Guala], come: a) il waterfront di porti di mare più o meno antichi, ove la rigenerazione non si sviluppa su un modello unico, ma determina molte varianti. b) trasformazione di antichi bacini portuali con nuove destinazioni d'uso non più solo commerciali, come nel caso di Baltimora e Barcellona; c) mix di funzioni tradizionali accanto a funzioni del tutto nuove, come a Genova; d) recupero di aree industriali dismesse che hanno radicalmente cambiato il volto della città, come accaduto a Bilbao; e) porti storici in cui vengono enfatizzati simboli e valori legati alle vicende storiche, come avvenuto per arsenali e porti inglesi; f) waterfront in cui è stato realizzato un restyling di case da ristrutturare e vecchi magazzini abbandonati; g) trasformazione totale o parziale di aree portuali diventate l'occasione per una serie di interventi più ampi che coinvolgono territori vasti, come è il caso di Atene nell'evento dei Giochi Olimpici del 2004. Da qui si può evincere, in conclusione, come ogni esperienza racchiuda determinati contesti e specifiche caratteristiche culturali e territoriali, sfruttando quanto possibile. Tuttavia queste casistiche non sono perfettamente individuabili in toto, ma anzi diverse realtà sono figlie della fusione di modelli sopra descritti, a seconda dell'identità locale e del progetto waterfront. 7 I vettori e le prospettive dei waterfront urbani1 Il waterfront è un concetto complesso che da sempre ha influenzato e contraddistinto la società umana; un concetto che affonda profonde radici nella storia dell'umanità. Se il porto spesso rappresentava una linea di confine tra due zone differenti della stessa area urbana, esso era al contempo una sezione inscindibile per importanza e valore da essa, un prezioso bacino culturale e di integrazione. L'individuazione di quei valori dei waterfront che costituivano in passato e costituiscono anche oggigiorno il connubio waterfront-città, permette l'identificazione di quattro vettori che nascono dall'interazione acqua città. Essi sono identificabili come attività di diverso tipo, dalle culturali alle economiche, in grado di attirare soggetti e attori capaci di apportare modifiche in senso positivo all'area urbana. Anna Maria Moscato individua a tal proposito: a) “vettore culturale dei waterfront urbani”, che interviene nello spazio del presente rivalutando i segni del passato e facendoli propri, strutturando l'ambiente futuro; b) “vettore economico dei waterfront urbani” avente un elevato valore potenziale, in grado di aumentare le azioni che accomunano le branche dei saperi e delle tradizioni, della modernizzazione e dell'innovazione. È da esso che, sostanzialmente, partono gli sviluppi locali e la realizzazione concreta dei progetti; c) “vettore ambientale dei waterfront urbani” riguardo la salvaguardia dell'ambiente e la pianificazione di progetti sostenibili; d) “il vettore sociale dei waterfront urbani” come componente fondamentale per le scelte di sviluppo, in particolare per quanto riguarda l'integrazione orizzontale tra Amministrazione pubblica e privati, come tra Amministrazione pubblica e comunità. È insito in questo fattore il fatto che la popolazione non è considerabile assolutamente come un soggetto passivo della vita e dello sviluppo del waterfront, ma è un soggetto sensibilizzato e partecipante alla trasformazione. Se le attività sono importanti dal punto di vista concreto per la realizzazione di un progetto riguardo un waterfront, non si può essere ciechi di fronte ai problemi del presente. La pianificazione di un waterfront non è solo l'immaginazione di futuri desiderabili o di un processo unicamente 1 Dal report “Se questo è un waterfront... la sua rigenerazione rivaluta la concezione di “limite”, di Anna Maria Moscato; rivista Portusplus 8 orientato al presente, come non è nemmeno l'auspicare la realizzazione di idee difficilmente realizzabili o mal sostenute. Essa è anche e soprattutto l'occuparsi dei problemi del presente proiettati verso azioni future tramite valutazioni nel medio e lungo periodo. Una prima prospettiva è definita waterfront del rinnovamento. Tale visione vede il waterfront come luogo di incontro e scambio culturale di processi moderni e al contempo come luogo dell'identità della memoria di una comunità. In questo caso è necessario che le p.a. mutino la loro attività e i loro approcci tendendo verso attività di management e politiche cooperative in modo tale da rendere le città poli attrattori di processi produttivi ed evolutivi. Questo significa, in poche parole, attingere dai “linguaggi locali” da un lato e fare riferimento ai “nuovi cittadini del mondo” dall'altro. Il waterfront della trasformazione fa riferimento al grado di compatibilità funzionale ed individua diversi problemi: • di marginalità, in cui l'urbanizzazione è avvenuta in assenza di relazioni coi centri urbani; • di mobilità, con interventi di connessione tra centro urbano e contesto regionale; • ambientali, focalizzando l'attenzione sui problemi naturalistici. Si può vedere come la pianificazione di un waterfront si basi su preconcetti molto più complessi del previsto che non sono di natura puramente economica o meramente urbanistica, ma abbracciano le nuove concezioni cittadine, fondandosi su concetti democratici (quali l'elemento partecipati e di comunicazione istituzionale) e di eco-sostenibilità. Il waterfront della tutela punta alla valorizzazione dell'archeologia industriale presente, tramutando i beni culturali nei nodi forti di un sistema complesso. Essi diventano il legante tra storia urbana e aspetto turistico, ottenendo nel tempo maggiori attenzioni e cure. Questo indica come sia stato rivisto il rapporto tra storia/tradizione e modernità, non più conflittuale quanto piuttosto partecipativo. Il passato si integra con il presente, gli fa da tappeto ed illustra l'evoluzione del waterfront. È a questo punto che si rinvengono due conseguenze particolarmente importanti e interessanti: una prima concerne la rivalutazione della tradizione ed il riavvicinamento della popolazione locale ad aspetti radicati e spesso dimenticati del tribalismo. La seconda invece interessa l'apporto dato al marketing turistico e la diffusione di pratiche locali, che tendono ad essere uniche nel loro genere ed estremamente suggestive, garantendone la sopravvivenza non solo in ambito locale e nazionale, quanto anche in ambito internazionale (cosa che permette alla città di guadagnare in prestigio e riconoscimento). Il waterfront delle relazioni è una prospettiva di collegamento tra i vari attori del policy cycle riguardanti il progetto di pianificazione. I vari sistemi che caratterizzano un waterfront, infatti, 9 devono essere integrati per produrre azioni che affrontino sinergicamente la sostenibilità di tutti i suoi aspetti e devono: • agevolare la crescita di società locali; • facilitare l'accessibilità ai servizi di comunicazione; • creare nuove connessioni territoriali per organizzare le città e i suoi territori in reti locali e sovralocali; • valorizzare il patrimonio territoriale; • favorire le capacità produttive. Tutto questo punta a sfruttare nel miglior modo possibile le potenzialità derivanti dagli attori coinvolti nell'arena politica del waterfront, a partire dalla popolazione, alle piccole e medie imprese, agli stakeholders maggiori fino all'amministrazione. Maggiore partecipazione sarà dunque in grado di contribuire ad un maggiore guadagno in diversi settori, sfruttando al contempo il potenziale che offre la zona considerata. L'ultima prospettiva riguarda il waterfront dello sviluppo, che genera rinnovata produttività e offre opportunità sia ai “lavoratori della cultura” che ai “cittadini del mondo”. Il trattamento di tematiche delle volte abbastanza complesse e l’ampliamento di orizzonti ci permette di fare un'analisi conclusiva proprio a partire da questa tipologia di prospettiva. Uno sviluppo basato unicamente su un mercato di riferimento non può, in tempi moderni, portare grandi vantaggi nel lungo periodo e oltretutto è poco affidabile. La rigenerazione del waterfront nel complesso finanziario, sociale e cooperativo non può nascere da uno scenario basato esclusivamente su tematiche singole come l'edificazione di un'imponente architettura, ma deve abbracciare uno spettro più ampio di opportunità, al fine di poter sfruttare tutto il potenziale offerto dal waterfront e di poter rinnovare su più campi la propria condizione. Focalizzandosi unicamente su pochi aspetti del piano, il rischio è di terminare prima del tempo idee e progetti, andando incontro ad un lento declino della rivalutazione eseguita e la ripresa, in tali contesti, si rivela difficoltosa e poco praticabile. Viceversa interventi su più settori, mirati spesso al dettaglio del servizio e della pianificazione piuttosto che al gigantismo di essi, permetterebbero di sviluppare aree in maniera più consona ed efficace, mantenendo questa condizione nel corso del tempo e per un periodo duraturo. Esplicativo è il caso di Atene, mettendo da parte le grosse difficoltà economiche della Grecia nell'ultima crisi economica. Progettare waterfront unicamente sul contesto olimpico (si sta parlando del 2004) ha portato nel breve periodo vantaggi e riconoscibilità a livello internazionale, ma nel lungo periodo la capitale ellenica ha visto peggioramenti di condizione. Le alte spese realizzate per l'immenso progetto di waterfront che ha interessato tutta la capitale non sono state coperte dalle entrate dell'evento sportivo, né tanto meno da entrate successive. Un progetto di tale portata centrato 10 unicamente sulle Olimpiadi non ha permesso un'adeguata rivalutazione di altri settori in una città che possiede un potenziale unico ed enorme. Come volevasi dimostrare, il blocco dell'unico sbocco di sviluppo portano nel tempo ad una sterilità dei vantaggi assunti nel breve periodo. Queste perdite vanno poi ad aggiungersi quelle potenziali, derivanti dal mancato sfruttamento di risorse altamente fruttuose ed inutilizzate. 11 CAPITOLO SECONDO WATERFRONT: ANALISI DEI CASI La comparazione costituisce il metodo più consono all'analisi politica, tenuto conto delle difficoltà legate all'impiego della statistica e, ancor più evidenti, al ricorso alla sperimentazione in questo ambito della ricerca sociale [Peters, 1998]. In questo secondo capitolo verrà trattato il tema del waterfront sotto un aspetto comparativo, prendendo in esame diverse realtà che esulano dal semplice contesto nazionale. Come primo caso di studio verrà affrontata la realtà creatasi nel tempo a Baltimora, nel Maryland (Stati Uniti), osservando come il waterfront abbia sfruttato il potenziale storico e commerciale che possedeva di base il porto per poi svilupparsi in altre vie e prospettive. I casi seguenti vedono due città appartenenti alla stessa nazione, ma con aspetti geografici e culturali totalmente diversi: Barcellona e Bilbao. Dall'Europa si torna poi al nazionale, con l'analisi di waterfront quali Genova e Salerno, puntando all'aspetto rivalutativo di stampo storico, turistico e urbano. Oltre i confini europei: Baltimora2 Nota anche come The City that Reads, di grande spessore dal punto di vista portuale e culturale e sede di una delle più importanti università statunitensi, la John Hopkins University, ha sviluppato nel tempo una propria identità. Il Sud di Baltimora inizialmente cercò di espandersi presso l'originario insediamento cittadino che corrisponde al centro urbano, ma le industrie alla fine non riuscirono più a trovare spazio per la propria espansione all'interno della città stessa. Essa ebbe tuttavia un primo forte impulso allo sviluppo industriale a partire dal 1948 con la costruzione del sistema ferroviario B&O, dove grazie alla ferrovia e ai terminali marittimi il litorale sud di Baltimora si trasformò in un lungomare industriale. Tra i maggiori esempi di tale sviluppo troviamo la Highway Key, sede di un gruppo eterogeneo di industrie come la melassa e la produzione di sciroppo, conservifici, riparazione locomotiva, produzione di metalli e olio di ritrattamento. A queste si aggiunse, nel 1879, la Columbia, prima grande industria di rilievo per la lavorazione del ferro sul sito attuale dello 2 I dati sono presi da paper del sito istituzionale di Baltimora: http://www.baltimorecity.gov/ 12 sviluppo di HarborView. Lo sviluppo industriale però non si fermò, proseguendo subito dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1920, con la costruzione dello stabilimento Procter and Gamble e dello zuccherificio oggi noto col nome di Domino Sugar. Lo sviluppo di Baltimora tuttavia andò incontro ad un lento declino a partire dagli anni '50, dovuto alla stagnazione del settore industriale cittadino. Il deterioramento degli impianti portuali e la mancanza di investimenti per la loro ristrutturazione e implementazione (punti che poi avrebbero dovuto risolvere per apportare sviluppi alla zona portuale e urbana della città), uniti alla forte concorrenza di porti regionali e zone industriali vicine, convinsero nel tempo l'Amministrazione di Baltimora a cercare nuovi sviluppi di waterfront. Figura 1 master plan della Key Highway 13 Figura 2 divisione degli immobili della Key Highway La linea guida principale riguardava il mantenimento di una relazione intima dei quartieri con il lungomare, ridefinendo il rapporto culturale presente tra il porto e l'attività lavorativa che comporta e i residenti del sud di Baltimora. Nel 1986 fu approvato il Key Highway Urban Renewal Plan che ha codificato i controlli di sviluppo dell'area di HarborView e, nello stesso periodo di tempo, venne approvato il Key Highway East Industrial Renewal Plan, con lo scopo di proteggere le industrie e scoraggiare la speculazione edilizia sui terreni tra HarborView e lo zuccherificio. Gli sforzi della città tuttavia si spinsero oltre la semplice tutela industriale ed edilizia, intraprendendo il primo Key Highway Waterfront Study (1992). Lo studio comprendeva l'intero lungomare Highway Key da Federal Hill a Locust Point Nord, cercando di bilanciare la conservazione industriale con il quartiere e la rigenerazione del lungomare. Nel 2004 il Dipartimento di Pianificazione (Department of Planning) ha cominciato ad attuare alcune delle raccomandazioni dello studio di waterfront, quale l'istituzione di limiti d'altezza per preservare la vista del capannone del porto dai quartieri o lo sviluppo urbano (rezoning) delle case 14 apportato dall'imprenditore Jed Leonard. Proprio in quell'anno furono apportate le prime modifiche al Key Highway Urban Renewal Plan nel tentativo di modificare la destinazione del suolo industriale, consentendone una riqualificazione, e ulteriori sviluppi in diverse prospettive come l'altezza degli edifici e delle case di Baltimora. Qui di seguito sono presentate un paio di progetti riguardo Baltimora. Il primo riguarda Inner Harbour, mentre il secondo ha riguardo sempre la stessa zona, ma realizzato dal Planning and Project Development Committee. 15 Baltimora quindi è una vecchia, grande città industriale che ha terminato il tempo dedicato unicamente alla produzione di beni industriali e gli viene chiesto di rimanere al passo coi tempi. Ciò sta a significare quanto una rivalutazione del potenziale offerto dalla città debba corrispondere ad un rezoning sapientemente pensato. Il rischio in cui Baltimora ha incorso nel processo di sviluppo del waterfront è stato quello di disconnettere lo sviluppo e la rivalutazione industriale con esigenze effettivamente esistenti, con la prima che non persegue più la funzione di tutelare l'assetto industriale della città. Il vecchio isolamento industriale focalizzato sulla protezione del settore stesso e che un tempo si rivelava efficace ora non è più utile e anzi si è tramutato da fattore positivo a fattore fortemente negativo. Le molte particelle vacanti presenti nella Highway Key rendevano palpabile la sensazione di “terra di nessuno” creando, da un punto di vista sensoriale, la percezione di una città abbandonata e in decadimento, e da un punto di vista del city development il mancato sfruttamento di potenziale. A questo problema la città ha trovato una soluzione alquanto interessante da un punto di vista culturale e formativo e che tratta della presenza e della tutela di aspetti unici e valevoli quali il Baltimore Museum of Industry e il Downtown Sailing Center. 16 Illustrazione 3: immagine del Museum of Industry di Baltimora, luogo da preservare e sviluppare Baltimora dunque si è sviluppata sull'implementazione dei trasporti, della vivibilità della città e dell'aspetto turistico, sulla rezoning del porto e l'urban development stabilendo parametri a livello di infrastrutture ed edifici. Quanto appena redatto è un background della città e dei suoi sviluppi preso da una documentazione del waterfront governativo della città stessa3. Chito Guala però, in riferimento alla città americana, spiega come nell'elaborazione dei grandi progetti abbiano avuto ruolo attivo i privati locali a livello di imprenditoria, soprattutto nel tempo di sviluppo dagli anni '50 in poi, nonostante le difficoltà attraversate. Baltimora ha avviato il recupero dell'area centrale degradata e l'ha rivalutata, vivificando quanto abbandonato per far posto ad altri progetti. Grazie anche all'aiuto di associazioni locali quali il Citizen Planning and Housting Association e il già citato Greater Baltimore Committee, accanto alla riqualificazione delle aree centrali è stato possibile avviare in contemporanea una fase di decollo economico puntando spesso su fieristica e congressi [Guala]. Baltimora dunque ha alle spalle un'ampia tradizione pionieristica di waterfront assieme ad altre realtà del Nord America quali New York e Boston, la quale rivalutazione può essere suddivisa in tre fasi: 1. il Charles Center, prima fase del progetto e caratterizzata da una prima assistenza allo sviluppo; 2. Inner Harbour come sviluppo diretto del waterfront; 3. market centre come sviluppo collaborativo del waterfront 3 Il riferimento al testo è: Key Highway Waterfront Study; Planning Commission Adoption; May 1, 2008 17 Come affermato da de Jong nel 1991 e ribadito poi dal precedentemente citato Guala, il successo di Baltimora fu dovuto da aspetti fondamentali quali il networking tra le autorità pubbliche e le organizzazioni private al fine di venire a un accordo sugli obiettivi di sviluppo e la presenza di un forte leader pubblico in grado di seguire l'intero processo. Furono così create innovative agenzie quasi pubbliche (che presero nome differente a seconda della fase progettuale di waterfront; dal Charles Management Office fino al Baltimore Economic Development Corporation) controllate dal governo municipale, ma dotate nel contempo di specifica discrezionalità che permise di utilizzare i fondi pubblici a leva di un privato per lo sviluppo di waterfront. La natura di soggetti privati permetteva un'azione controllata e monitorata dal potere amministrativo e pubblico, ma lasciava comunque libertà d'azione per quanto concerne le possibilità di sviluppo del potenziale di Baltimora, persuadendo possibili investitori esterni [de Jong, 1991; Millspaugh 2001]. Al di là del successo della pianificazione di sviluppo waterfront e dell'implementazione sia dei nuovi strumenti adottati che di quanto già era esistente nella città, Baltimora presenta dei punti critici nell'aspetto sociale lasciato a sé stesso senza monitoraggio e controlli validi [Wang]. La nuova situazione lavorativa derivata dal waterfront development fu perlopiù assorbita dagli abitanti della zona periferica vicina al porto piuttosto che da famiglie a basso reddito, creando forti dislivelli tra la popolazione [de Jong, 1991]. La poca possibilità lavorativa derivata è un chiaro limite del progetto, dovuta probabilmente a questioni di mancata gestione e alla focalizzazione sull'aspetto prettamente economico ed imprenditoriale che non ha garantito la giusta tutela e democratizzazione del lavoro. A tutto questo, infine, va ad aggiungersi un aumento del costo della vita derivante dallo sviluppo del settore turistico e una gentrificazione massiccia [Wang], mettendo in mostra come progetti di tali dimensioni non possano essere soggetti a controlli, monitoraggi e sviluppi globali, dovendo tralasciare necessariamente degli aspetti urbani che tenderanno (sempre che la rotta non venga invertita) a peggiorare. Lo scenario europeo Allontaniamoci ora dal Maryland e torniamo in Europa. Il processo di deindustrializzazione degli anni Ottanta ha innescato fenomeni di recessione economica, di disoccupazione e di povertà crescente, con le città che sono rimaste bloccate in un clima di immobilismo a cui è seguito un progressivo degrado delle strutture fisiche [Delponte]. La situazione scaturita nel periodo di fine anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta, spesso testimoniata da diversi testi letterari, ha tuttavia avuto un’inversione dai primi anni Novanta, con 18 programmi specificatamente indirizzati alla rigenerazione delle città europee e provenienti sia dall’Unione Europea sia dagli ambiti nazionali. I primi programmi per le città europee furono realizzati in ambito del FESR 4 prima nel periodo 1989-1993, poi durante il periodo 1994-1999. Chiamati Progetti Pilota Urbani, essi avevano il preciso intento di esemplificare interventi in cui avesse particolare importanza l’elemento innovativo, portando nuovi approcci e nuovi modi di pensare più proficui e fertili. La seconda fase di strumenti dedicati alle politiche urbane è costituita dai programmi Urban 5, che prendono in considerazione una determinata area bersaglio affrontandone i problemi che la riguardano. Con essi furono avviati piani strategici in rapporto diretto fra Municipalità e Comunità Europea, con interessanti ricadute a medio-lungo termine nella pianificazione della città interessata dal progetto [Delponte]. Nel seguente paragrafo saranno analizzati i casi di Barcellona e Bilbao, entrambe in Spagna. La scelta è ricaduta sulla base di variabili prettamente culturali e antropologiche, vista la trattazione di una realtà all'Italia molto vicina per abitudini, esperienze e tipologia antropologica-caratteriale. Waterfront totalizzante: Barcellona Diversamente da Baltimora che ha puntato sull'area urbana centrale e sulla zona portuale, la strategia di Barcellona è globale. Del progetto fanno parte la riqualificazione culturale, le esigenze del territorio che hanno permesso la realizzazione di opere d'edilizia privata e rivalutazione urbana, l'accoglienza turistica e la promozione di attività straordinarie quali fiere e congressi. Per tal motivo la città ha realizzato potenziamenti di marketing e azioni di monitoraggio del turismo, presentando offerte culturali e museali ad hoc con offerte e biglietti turistici integrati [Guala]. L'analisi verrà trattata sulla base di due documentazioni in particolare: un articolo di portusplus dal titolo “Evoluzione e Prospettive per il Waterfront di Barcellona” di Elena Ridolfi e Miriam Valdelvira6 ed una documentazione istituzionale preso dal sito cittadino7. Ci si focalizzerà sulla trasformazione dell'area portuale e il tentativo di comprenderne la struttura, esaltando aspetti comuni, diversità e il sistema porto-città. 4 Fondo Europeo di Sviluppo Regionale Lanciati nel 1994, hanno avuto ad oggetto i quartieri più degradati, puntando a migliorarne il contesto fisico e sociale 6 Per la consultazione sitografica: http://www.reteonline.org/media/pdf/Portus-Plus-2011/Elena%20RIDOLFI.pdf 7 Per altre informazioni: http://www.barcelona.cat/ 5 19 Il Porto di Barcellona si colloca nella Regione Metropolitana e nell'area del Delta del Llobregat. È l'esito di processi per l'inserimento nel complesso sistema urbano e territoriale che hanno dato luogo ad un mosaico ambientale e plurifunzionale caratterizzante tutto il waterfront urbano di Barcellona [Ridolfi, Valdelvira]. Vista dalla vicinanza di aree produttive e direttamente collegato con il centro di Barcellona, è stato convertito nel tempo in uno dei maggiori porti mercantili del Mediterraneo, conferendo al contesto territoriale locale forza industriale ed economica. Storicamente il processo di ingrandimento e sviluppo del porto ebbe inizio nel 1959 con il “Piano di stabilizzazione”, riaprendo verso l'esterno l'economia spagnola e conferendo la funzione di porto interoceanico a Barcellona. Il Porto Vecchio, ormai obsoleto, fu convertito dagli usi tradizionali a spazio integrato con il cuore di Barcellona, acquisendo nel tempo maggiore importanza e integrazione nel contesto urbano locale. Presenta attrazioni di importanza rilevante per la città, la gente e gli attori economici, con un'offerta altamente differenziata e polivalente che ha trovato un trampolino di lancio a partire dai Giochi Olimpici del 1992 (attuazione di bidding process). Il porto conta inoltre su reti di connessioni ferroviarie, aeroportuali e metropolitane che permettono un enorme movimento di turisti, mentre le superfici industriali e i progetti logistici presenti, gestiti dal Consorzio della Zona Franca, contribuiscono alla creazione e implementazione di un territorio imprenditoriale che sia dinamico e competitivo. La Zona di Attività Logistiche (ZAL) è la piattaforma logistico-intermodale concepita con l'obiettivo di promuovere il Porto e generare un aumento del traffico marittimo, ma anche per trasformare il porto di Barcellona nel primo HUB 8 logistico euromediterraneo in grado di competere coi porti forti del Nord Europa come Rotterdam, Amsterdam e Brema. Sviluppi importanti vennero dal c.d. “Piano Delta” (2000-2004) che ha innescato interventi a cascata su tutto il territorio grazie alla deviazione del fiume Llobregat. Ne fanno parte lo sviluppo dell'aeroporto, alla costruzione di assi stradali e ferroviari, alla creazione di un'area naturale protetta. Il porto di Barcellona ha visto dunque un ampliamento della superficie e la costruzione di moli e banchine, al fine di trasformarsi in un nodo importante nella rete delle “Autostrade del mare”. 8 Si indica un terminale di traffico nel settore logistico dei trasporti a diversi livelli e in diverse tipologie di trasporto 20 Figura 1: vista di Port Vell nell'occasione dei Giochi Olimpici del 1992 Figura 2: suddivisione delle zone di Port Vell 21 Barcellona è l'unica realtà mediterranea in grado di configurarsi all'interno di un network in grado di relazionarsi in un contesto territoriale sia locale che europeo, integrandosi con le infrastrutture e i trasporti europei dei nodi aeroportuali, portuali e nel nodo euromediterraneo. Barcellona però è ancora una città in fermento e in pieno sviluppo, che continua ad espandersi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, grazie alla costruzione di attività logistiche verso Sud e a nuove connessioni che ne facilitino l'accesso, non escludendo la costruzione di autostrade e nuove linee ferroviarie. L'Autorità Portuale di Barcellona si è posta nello specifico l'obiettivo di ampliare l'hinterland per incrementare la sua area di influenza nel Nord Africa e consolidare la sua posizione in Europa. Nel dettaglio, la Comunità Logistica Portuale ha definito due Piani Strategici periodici: 1998-2010 che mira a dirigere la gestione di primo HUB europeo del Mediterraneo; 2003-2015 che guarda all'hinterland, per comprendere ed intervenire sui processi che riguardano il contesto territoriale di Barcellona e per mantenere nel futuro un alto livello di competitività. Tali obiettivi concreti hanno però delle solide basi di pianificazione teorica dietro, una vera e propria way of thinking che ha contraddistinto il waterfront catalano proprio per le sue innovazioni e la creatività dettate dall’esigenza di raggiungere obiettivi ambiziosi. La città si è basata su tre forze portanti cittadine quali il Governo, le Università e l’Industria, cercando di sviluppare ampie conoscenze grazie all’interazione delle tre e dar vita alla c.d. T-Economy9. Nel caso dell’azione governativa, l’amministrazione ha sviluppato un modello connettivo con il settore industriale, cercando di far coincidere i vari interessi privati con le esigenze derivanti dal policy cycle del waterfront. Allo stesso modo anche le università hanno saputo interagire con il settore industriale, creando centri di ricerca e nuove possibilità di carriera. In tutto questo, come si può vedere, è il settore industriale che ha ottenuto i maggiori vantaggi, creando un nuovo modello tecnologico e implementandone la ricerca qualitativa. La ricerca, infine, si è sviluppata su quattro pilastri ritenuti indispensabili al progetto waterfront: 9 l’attività dei Media; Information and Communication Technology (ICT); Energia (per una città ecosostenibile); Tecnologie biomediche e sviluppo della ricerca medica10. Fonte da 22@Barcelona: The innovation district del 2009 Fonte da 22@Barcelona: The innovation district del 2007, 5-6 giugno, Amburgo. 10 22 Figura 1 le tre forze sulle quale si basa la T-Economy e lo sviluppo di Barcellona: Università, Industria e Governo Figura 2 andamento delle tre forze in linea temporale dall'inizio del programma di waterfront alla sua crescita e maturità 23 Tuttavia i rilevanti cambiamenti del Porto, del sistema urbano e ambientale, hanno portato anche conflitti tra i vari attori coinvolti nel processo di sviluppo del waterfront e la popolazione locale che contesta i continui cambiamenti dello spazio in cui vive. Tali conflitti scaturirono in prima istanza dalla veloce trasformazione del territorio e dall'esaurimento dello spazio fisico e naturale in cui erano abituati a vivere gli abitanti. In seconda istanza fu la condizione insufficiente delle condizioni per il trasporto merci, con congestioni viarie e debolezza del sistema che ne derivarono. A tutto questo c'è da aggiungere una crescita portuale prevalente piuttosto che una gestione del livello territoriale. Barcellona non dà tutela alle aree sensibili e limitrofe, dando peso alle infrastrutture costruite per lo sviluppo del waterfront con perdita dell'identità del luogo e delle suoi caratteri specifici. Le difficoltà di governo in questo territorio generano dunque mancanza di dialogo e di un sistema coordinato che possa garantire non solo la complessa articolazione del sistema urbano e territoriale, ma anche e soprattutto l'interazione tra ogni attore coinvolto. Il waterfront di Barcellona si caratterizza, in conclusione, come un nodo inserito all'interno di una rete internazionale dove svolge un ruolo di elevata importanza, conferitagli dal territorio che lo circonda e dalle varie funzioni che tendono continuamente ad ampliarsi per sviluppare un certo grado di competitività. Chiamato sempre più a confrontarsi con un mondo che tende alla globalizzazione anche a livello locale, il governo deve quindi far fronte ai problemi scaturiti dalle diverse voci sociali spesso in conflitto. Sarebbe dunque necessario che vengano generate diversità negli aspetti coinvolti, da quella sociale a quella economica fino ad arrivare alla diversità territoriale, creando nuove opportunità a livello urbano. È importante dunque prendere in considerazione maggiori condizioni di equità economica, sociale e ambientale, considerare gli attori coinvolti e le occasioni che sono in grado di dare, senza tralasciare la rete delle infrastrutture come base per lo sviluppo territoriale e locale. Bilbao: la città post-industriale11 Città culturalmente ricca, con una tradizione unica nel suo genere, Bilbao si è dovuta nel tempo trasformare al fine di adeguarsi alle nuove esigenze sociali e di mercato. Nel 1975 la crisi del settore industriale dell’acciaio e in generale dell’industria pesante, portarono forti conseguenze negative che impattarono sulla società sotto forma di un’elevata disoccupazione. Nella situazione di 11 Fonte presa da Bilbao’s Strategic Evolution. From the industrial to the post-industrial city; di Ibon Areso. 24 decadimento industriale, Bilbao si trovò costretta ad attuare un processo di trasformazione capace di generare nuove speranze lavorative per la popolazione locale che furono individuate nel settore terziario [Ibon Areso]. Il degrado e il deterioramento dell’ambiente basco crearono nel tempo una forte perdita di competitività e di apprezzamento da parte di investitori esterni, compromettendo lo sviluppo e l’andamento economico del paese. Tuttavia l’inversione di rotta offerta dal settore terziario ha portato rilevanti cambiamenti sotto diversi punti di vista, donando rinnovata visibilità alla città e catturando l’attenzione di attori economici esterni. Il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale, inoltre, ha permesso creare (assieme ad occupazione e a un aumento del reddito) un habitat migliore e nuove opportunità sotto l’aspetto culturale, del tempo libero e dell’ambiente. Si è partito dunque da un rinnovo strutturale del settore industriale, portando avanti il progetto ambizioso di creare una Bilbao post-industriale e moderna. La ristrutturazione ha preso piede su problemi di tipo sociale, economico e fisico-strutturale, fissando le soluzioni su quattro assi principali [Areso]: aumentare la mobilità interna della metropoli e favorire l’accessibilità dall’esterno; rigenerazione urbana e ambientale; investimento sulle risorse umane e sullo sviluppo tecnologico; centralizzazione sull’aspetto culturale. I primi due concetti sono prevalentemente di tipo fisico-strutturale. Riguardo il primo punto, la focalizzazione su progetti innovativi come l’aeroporto, il sistema metropolitano e tutti i conseguenziali sviluppi urbani, comportano non solo un miglioramento della viabilità e delle condizioni cittadine, ma richiamano i possibili investitori esterni che vedono nella nuova posizione di sviluppo della città ampie prospettive. Il secondo punto, che già è stato in parte trattato, ha riguardo per il fattore ambientale, visto non soltanto come risorsa per gli abitanti del luogo, quanto essenziale per lo sviluppo di nuove risorse economiche grazie alla capacità di attirare fondi d’investimento. Il trattamento delle acque, la riduzione degli agenti inquinanti nell’atmosfera e il trattamento dei rifiuti ambientali sono solo alcuni esempi dei provvedimenti presi per la creazione di una società ecosostenibile, garantendo al contempo una città meglio progettata e più piacevole, che sappia offrire servizi collettivi e polifunzionali e che sia in grado di affrontare gli squilibri del quadro urbano. Il terzo e quarto punto hanno accezioni maggiormente di natura economica e sociale. Il terzo punto in particolare punta sul recupero della competitività cittadina grazie all’utilizzo delle risorse umane, adeguandosi alle circostanze moderne e creando corsi di formazione post-laurea e aziendale 25 per le nuove leve e i giovani, futuro della città. Si tratta dunque di una politica che guarda a fini e progetti non soltanto di tipo economico e infrastrutturale (come nel caso di Baltimora e Barcellona, che anzi hanno in seguito presentato aspetti critici e contraddittori a livello sociale), ma soprattutto ad uno sfruttamento del potenziale posseduto dai giovani, che deve essere plasmato negli obiettivi e nei progetti della Bilbao che verrà. 26 Figura 1 masterplan di Zorozaurre per Bilbao, progettato da Zaha Hadid; è interessante come sia nel progetto l'intenzione di trasformare la penisola in un'insola con case ed edifici Figura 2 forma urbana del masterplan di Zorozaurre 27 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Incremento Percentuale 94-06 VISITORS 24302 169166 216409 397513 394627 489978 605512 2392 CONGRESSES 88 109 268 280 457 735 978 1011 ELEGATES OF 18817 20000 36412 52470 92085 136144 184581 881 HOTEL ESTABLISHMENTS 29 29 36 40 41 44 50 72 HOTEL USERS 442012 518820 804994 782594 795192 964673 1124649 154 1425822 1794586 2123305 2554309 2463512 3395773 3876062 172 AERIAL PASSENGERS ENTRANCE OF CRUISES 0 0 2 14 19 21 22 PASSENGERS OF CRUISES 0 0 1331 5524 8089 12180 16645 Nella tabella si può vedere il cambiamento apportato dal progetto di waterfront attuato da Bilbao nel periodo di tempo che va dal 1994 al 2006. I dati riportati mostrano come, a parte qualche eccezioni, si sia sempre andato ad incrementare il risultato del biennio precedente. Nell’ultima colonna, infine, è presente la percentuale di incrementazione dei dati nel periodo di tempo considerato [dati presi da Ibon Areso]. Qui di seguito, poi, i grafici di incrementazione dello sviluppo. 28 29 Lo scenario italiano L’Italia ha sempre avuto realtà portuali con grandi tradizioni alle spalle, basti soltanto pensare alle Repubbliche Marinare. E tuttavia lo sviluppo di un waterfront competitivo rispetto alle altre realtà europee è andato piuttosto a rilento o, viceversa, fu eccessivamente accelerato. Il caso ha voluto che si creassero realtà differenti e delle volte contrastanti, che hanno portato a risultati parziali o che hanno reso vantaggi nel breve termine. Il contesto italiano è molto più complesso e differenziato rispetto ad altre realtà europee e non, così complesso che si riscontrano prese di posizione e progetti diversi a seconda non soltanto della posizione geografica della zona considerata, quanto rispetto alle finalità sociali e culturali che guidano il territorio. È ora interessante ed utile vedere come l’Italia abbia affiancato alle misure europee precedentemente citate delle proprie di sviluppo di waterfront. Il Governo in particolare varò misure volte alla riqualificazione urbana, come il Programma di Recupero Urbano, istituito con la legge 493/93. Tra le finalità considerate era presente la riqualificazione dei quartieri di edilizia pubblica realizzati soprattutto nel dopoguerra, risolvendo le carenza di dotazione infrastrutturale e avviando processi di riqualificazione morfologica, individuando nuove centralità e nuovi caratteri specifici cittadini [Delponte]. Ulteriori piani di rigenerazione, poi, furono istituiti con il D. M. 21 dicembre 1994, con l’introduzione dei Programmi di Riqualificazione Urbana e i Programmi Integrati per la trasformazione di aree industriali dismesse, e il D. M. 8 ottobre 1998, con l’introduzione dei Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST). Chiarito in breve il punto storico su alcuni provvedimenti presi a livello nazionale, per evidenziare come l’attività di rivalutazione del waterfront sia una realtà globalmente considerata come fondamentale per il progresso sociale e urbano, oltre che economico, è bene ora analizzare un caso rilevante nel territorio italiano: Genova. La rivalutazione di Genova Genova rappresenta un classico esempio di città da sempre considerata poco turistica e che, a partire dagli anni ’80, ha iniziato un processo rivalutativo del vecchio porto, rivitalizzandosi. Divenuta una città che scommette, azzarda e punta sulle novità e sullo sviluppo, il porto viene visto come importante risorsa per il centro storico, sebbene fosse da secoli separato da esso tramite una cinta daziaria e barriere riservate al lavoro portuale [Guala]. 30 Il progetto di recupero del bacino portuale è stato agevolato da esperienze di successo antecedenti, con studi comparati e valutativi sui sistemi di Baltimora, Barcellona, ma anche San Francisco, che hanno permesso alla città di intraprendere delle vie similari di sviluppo. Riduttivo è pensare tuttavia allo sviluppo turistico di Genova come causato unicamente dall’attività crocieristica. Il waterfront si è evoluto e sviluppato su diversi ambiti di intervento in maniera più o meno totalizzante, rivalutando non solo l’aspetto industriale e cantieristico (e qui le esperienze americane sono state di rilevante importanza), ma anche l’aspetto urbanoinfrastrutturale. Barcellona, in tal senso, è stata esemplare per gli insegnamenti che ha potuto dare. Genova ha affrontato un vero e proprio re-styling del volto della città, attraverso interventi di trasformazione e riconversione delle aree, restauri e ristrutturazione urbanistica di vie e piazze e l’innesco di un processo di sviluppo nel settore immobiliare in conseguenza del processo di riqualificazione del centro storico. Pretesti per portare a compimento alcuni progetti di recupero urbano oltre che di valorizzazione del settore turistico, sono state grandi manifestazione ed eventi di risonanza internazionale, come le Manifestazioni Colombiane del 1992. Quest’ultimo caso, ad esempio, ha permesso di istituire un piano quadro che permettesse di localizzare le iniziative in spazi circoscritti, così che il progetto guidato dal bidding process potesse raggiungere una densità tale da non disperdere gli investimenti necessari e ottenesse il risultato massimo a livello di opinione pubblica nazionale ed internazionale. La concentrazione degli eventi ha permesso così la nascita di spazi liberi dalle attività produttive, che divennero preziosi vuoti urbani sui quali intervenire ed investire vantaggiosamente, riequilibrando ed organizzando le funzioni dell’organismo cittadino circostante. A partire dal 1995 sono stati ridestinati tutti gli spazi lasciati disponibili, con la nascita della Città dei Bambini, la Biblioteca per i ragazzi, il Museo dell’Antartide, una multisala cinematografica e via dicendo. Anche in questo caso il fattore esperienziale è stato istruttivo, a partire dalle aree portuali di Londra, New York e San Francisco (in merito agli eventi storici) fino ad arrivare alla fabbrica del lingotto di Torino e alle Officine Schlumberger a Parigi. [Nelle pagine seguenti è interessante notare come Genova presenti tre linee: linea verde, linea blu e linea rossa] 31 32 33 34 Focus su Urban Lab; quaderno n°1 Obiettivo di questo paper comparativo e di definizione del waterfront in senso generale, basandosi sugli sviluppi e accadimenti avvenuti in altri contesti, non è quello di illustrare dettagliatamente ogni passaggio dei casi presi in analisi nel processo di comparazione, quanto piuttosto realizzare una rapida focalizzazione sull’incipit di partenza del development process avviato dalle città. Come avvenuto nelle sezioni precedenti dunque, e rimanendo sempre in un contesto molto generico, verrà preso in esame l’Urban Lab di Genova, attraverso cui la città ha saputo dare risalto alle esigenze richieste per lo sviluppo e grazie al quale sono state definite le prime linee guida del Piano Regolatore. Il quaderno n°1 riguarda uno dei primi progetti di definizione del Piano Regolatore del waterfront di Genova, da inserire poi nel Piano Regolatore stesso. E’ in questo documento che vengono raccolti i principi di crescita sostenibile, riassumili in dieci punti principali. Creare una Genova integrata, compatta e sostenibile, che imposta il suo sviluppo su una valorizzazione delle risorse che connotano la sua identità. La linea verde e la linea blu quali espressioni della città compatta, il territorio verde e il mare. Ricostruire il rapporto con il verde come rapporto tra la natura e la città. Ricostruire il rapporto della città con il mare come rapporto reale tra l’acqua e la terra, da esprimersi mediante un legame con il territorio più ampio e complesso. Costruire sul costruito come riqualificazione e completamento piuttosto che espansione. Privilegiare il trasporto pubblico rispetto al trasporto privato come obiettivo prioritario della mobilità urbana. I grandi progetti e i piccoli progetti come trasformazione dei grandi ambiti e contestuale recupero e valorizzazione delle are a livello di quartiere. Qualità urbana intesa come qualità e bellezza architettonica degli spazi da inserirsi nel progetto di riqualificazione. Integrazione sociale come principio fondante della riqualificazione urbanistica e dell’architettura. I concorsi come strumento di pianificazione e progettazione. Esaminando il paper del Comune di Genova, in prima istanza si nota come sia stato affrontata rapidamente un’analisi comparativa tra i diversi porti europei, assunti come esempi rilevanti dai 35 quali la città deve apprendere. Ciò che sostanzialmente viene ricercato dalla città e preso come base per sviluppi futuri è la capacità di integrare sapientemente la pianificazione urbanistica con l’architettura. È proprio dall’analisi metodologica di approcci precedenti che vengono portati alla luce aspetti negativi del processo di pianificazione fino a quel momento assunto, individuati in: a) incompletezza del disegno strategico; b) sottovalutazione delle tematiche ambientali; c) scarsa flessibilità delle previsioni pianificatorie. Di converso, cercando soluzioni teoriche alternative, sono state individuate come iniziali soluzioni metodologiche: a) la creazione di una pianificazione strategica; b) il perseguimento di una società ecosostenibile e, più in generale, della sostenibilità ambientale; c) il far riferimento ad indirizzi normativi prestazionali e qualitativi. Da questa analisi realizzata dallo Urban Lab si può vedere come sia negli intenti la creazione di un approccio metodologico ben differente dal precedente, stabilendo piani strategici di tipo dinamico-evolutivi piuttosto che statici. Esso ha dunque centrato il problema sul punto debole in comune a molti progetti, che non coinvolgono solo la tematica di waterfront ma che abbracciano diverse discipline e diversi ambienti. Una metodologia che non si cura dell’evoluzione di un progetto tende ad invecchiare col passare del tempo e ammuffisce senza evolversi. Viceversa, essa dovrebbe puntare ad una elasticità di ricerca, modificare i propri approcci, tendere verso una diversificazione ed un adattamento delle fasi in gioco per portare a frutti maturi. La metodologia di piani e progetti, metaforicamente, è come una pianta: la libertà data ai rami che crescono nel tempo è di dovere, ma non deve essere eccessiva. Dove necessario questi rami saranno guidati dalla mano del coltivatore. Invero la stessa cosa vale per i progetti di waterfront, dove il piano di realizzazione deve avere libertà di seguire quanto stabilito ed essere soggetto alle variazioni societarie, ma dove necessario il piano va migliorato e affinato a seconda delle condizioni che si presentano al creatore/i del progetto. Una volta stabiliti i criteri metodologici da seguire, lo Urban Lab ha gettato le basi teoriche e strategiche del progetto waterfront di Genova, puntando al superamento del processo di zonizzazione indifferente al territorio ed operando in una logica fondata su diverse discipline, dai trasporti all’ambiente. Principalmente furono individuate tre fasi specifiche su cui basare gli interventi seguenti, come: la verifica di adeguatezza del PUC (Piano Urbanistico Comunale) di inizio 2000, la formazione e promozione del nuovo Piano e la gestione dello stesso. Ogni fase prevedeva a sua volta diversi ambiti di localizzazione disciplinare e diversi approcci alla materia, pur seguendo sempre la linea metodologica evolutiva prestabilita. Al fine di rendere uniforme gli 36 interventi, lo Urban Lab ha dato vita a tre laboratori per lo sviluppo delle attività, ognuno dei quali con specifiche competenze in merito: 1. Il tavolo delle idee, col compito di individuare i temi e le politiche di pianificazione da sviluppare. 2. Il laboratorio degli indirizzi, che definisce e sviluppa gli indirizzi normativi. 3. Il laboratorio dei progetti, per lo sviluppo dei progetti e le prerogative individuate per lo urban development. In conclusione, Genova ha optato per una pianificazione strategica su un argomento specifico: lo sviluppo del waterfront. Analisi di aspetti comparativi, modificazione dell’approccio metodologico evolutivo della questione in studio, la pianificazione strategica del progetto di waterfront grazie al supporto di organi ed uffici ad hoc, sono gli aspetti principali di quanto appena illustrato e mettono in mostra come la realtà genovese fosse partita col piede giusto. Tuttavia è mancato nel tempo un controllo unitario soddisfacente dello sviluppo dei progetti. Un programma di così grande portata, che prevedeva uno sviluppo immediato a fronte di una situazione bloccata da moltissimo tempo, richiedeva un continuo miglioramento nel coordinamento dei progetti [Hayut, 1993], armonizzando i tempi di esecuzione e la qualità delle realizzazioni. Genova da tempo è ferma, e il tentativo di fuoriuscire dal modello della città portuale e industriale è in salita nonostante i successi [Guala]. È una città da prendere senza dubbio ad esempio, ma anche una città che nel tempo ha avuto progetti lasciati a sé stessi, con un processo metodologico che non è stato perseguito pienamente nei suoi fattori teorici e anzi ha assunto staticità invece di vita e mutamento. Conclusioni Una realtà differenziata, quasi anomala rispetto alle diverse realtà portuali, Civitavecchia è un amalgama di tradizione storica e modernità industriale. La metodologia applicata a questo testo di comparazione risiede principalmente nello studio e nell’applicazione al caso locale di parole chiave fondamentali quali sviluppo infrastrutturale, ecosostenibilità cittadina, rivalutazione dello sviluppo storico-tradizionale, sviluppo del settore turistico. Partendo dunque dal presupposto che per un cambiamento del volto di un waterfront è fondamentale seguire ed incrementare un processo di pianificazione prestabilito [Gordon, 1996], individuando possibili strategie da seguire, implementazioni e sviluppi locali. Baltimora ha avuto 37 sviluppo sul fronte urbano e infrastrutturale, delineando una propria cultura e basandosi sul sistema universitario. Dal punto di vista spagnolo, Barcellona ha dato avvio ad una totalizzazione della rigenerazione del waterfront sotto molteplici aspetti, andando dal sistema universitario, al settore turistico, a quello infrastrutturale sia dei trasporti che urbano. Bilbao, pur essendo fluviale e apparentemente non interessando la realtà di Civitavecchia, ha in comune il fatto di possedere alle fondamenta una propria cultura radicata quale è quella basca. A dispetto di Barcellona, che non presenta una tradizione di forte impatto di per sé ma ha dovuto crearla ex novo, Bilbao ha cercato di sfruttare la risorsa della tradizione e della cultura popolare, poggiando le basi sullo sviluppo del sistema universitario e sulla cultura più in generale. Ha saputo sfruttare le risorse umane presenti dal punto di vista giovanile creando posti di lavoro e sviluppando il settore delle infrastrutture nel rispetto dell’ambiente. Genova, dal canto suo, ha dato vita a grandi innovazioni sulla scia di sviluppo di Barcellona attraverso opere ed infrastrutture (puntando su bidding process e archistar), girando a proprio favore eventi di grande importanza e che hanno portato estesi guadagni. Pur presentando le difficoltà in precedenza analizzate, è comunque da considerare un elemento fondante a livello italiano riguardo i dati di comparazione. E per quanto riguarda Civitavecchia? La località presenta dei punti particolarmente vantaggiosi, ma esiste tuttavia un forte impedimento sia di tipo culturale che di tipo economico-amministrativa tra il porto e la città. Partendo dalla definizione di “Porto di Roma”, è chiaramente visibile come viene considerato il polo civitavecchiese: una risorsa per il turismo della capitale; un turismo che, però, va verso la capitale. Civitavecchia è una città di ottima qualità culturale e grande rilevanza storica non solo per i monumenti presenti, quanto per il valore archivistico e storico che riesce, nel suo piccolo, a dare. Per questo motivo, nella presente analisi, è pensabile una maggior vicinanza con Bilbao piuttosto che con Barcellona o Genova. Le risorse presenti sul territorio sono poco utilizzate e mal sfruttate, e quello che potrebbe derivare da una loro rivalutazione comporterebbe non soltanto guadagni economici, ma anche guadagni da un punto di vista storico-culturale, in un’area che vede da un lato la storica quanto importante città di Tarquinia e l’Etruria in genere e dall’altro lato una città come Cerveteri. I turisti che sbarcano a Civitavecchia sono attirati dalle potenzialità che è in grado di donare la città storicamente parlando, ma il mancato sfruttamento porta ad una sempre maggiore decadenza di tali prospettive. Contrariamente, fare della nostra cultura un cavallo di battaglia che possa introdurre il turista ad un panorama storico variegato (e che agilmente può passare da Civitavecchia a Tarquinia o da Civitavecchia a Roma a seconda degli itinerari stabiliti) comporterebbe successi su tutti i 38 settori, compreso il difficoltoso settore lavorativo. Molti ragazzi di scuole superiori di stampo turistico o uscenti da università di stampo storico archivistico, potrebbero trovare lavoro negli ambiti a loro più confacenti e desiderabili, aumentando di gran lunga la vivibilità sociale e portando sviluppi ulteriori a favore del locale. L’Amministrazione in tal modo si dimostrerebbe vicina e di grande sensibilità sociale, impiegando forze che avrebbero sviluppi successivi su diversi fronti e investimenti che esulano anche dal semplice centro storico. Portato alla luce quanto un sapiente sviluppo del waterfront riesca a donare aria nuova e rigenerazione sotto ogni aspetto, è qui auspicabile che lo sviluppo non coinvolga unicamente il territorio e l’infrastruttura portuale, ma si estenda anche alla zona cittadina limitrofa. Affinché una rigenerazione del waterfront abbia successo, Chunsong Wang afferma come debbano essere perseguiti diversi aspetti: 1. definire il waterfront pensando al suo ruolo futuro nella città; 2. realizzare un master plan al fine di coinvolgere la comunità e gli attori nei primi step di sviluppo; 3. creare un clima favorevole per lo sviluppo del waterfront; 4. creare una partnership di lavoro tra autorità pubbliche, organizzazioni private e gruppi della società civile; 5. revisionare il master plan al fine di seguire le necessità di mercato e ridurre il più possibile la soglia dell’analisi dei rischi; 6. se possibile, è auspicabile la presenza di un’agenzia indipendente che possa perseguire in libertà i piani di sviluppo del waterfront. Questa breve analisi presenta punti di esplicazione generale del concetto di waterfront e casi comparativi di grandi realtà facilmente sfruttabili e gestibili a livello locale in una città che offre tanto potenziale, ma finora è stato poco sfruttato. È bene agire nella consapevolezza, quindi, che il processo è lungo, ma proprio per il fatto che l’aspetto locale è minore rispetto ad altri casi, è più facile vederne i risultati sul medio-lungo termine, ove le forze in gioco trovino punti di incontro ragionevoli per l’interesse pubblico e la città. 39 Riferimenti bibliografici Ashworth G. J., Voogd H., Selling the City, Wiley&Sons, Chichester, 1995 Dombois R., Heseler H. (eds), Seaports in the Context of Globalization and Privatization, Universitat Bremen, Bremen 2000 Ferrari S., Event Marketing, Cedam, Padova, 2002 Ferrari S., Modelli gestionali per il turismo come esperienza, Cedam, Padova, 2006 Gordon L. A. 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M., Waterfront as catalyst for city renewal, in Marshall R., ed. 2001 Pichierri A., Strategie contro il declino in aree di antica industrializzazione, Rosenberg&Sellier, Torino 1989 Zanni F., rivista Territorio, fascicolo 25, 2003 Sitografia Anna Maria Moscato, Se questo è un waterfront… la sua rigenerazione rivaluta la concezione di “limite”; sito internet di Portusplus: http://www.reteonline.org/media/pdf/Portus-Plus- 2011/Anna%20Maria%20MOSCATO.pdf Chito Guala Waterfront e rigenerazione urbana; sito internet consultato: dal sito internet: http://www.economia.unical.it/test/sturistiche/collegamenti/56.pdf Chunsong Wang, Waterfront Regeneration; http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:http://www.scribd.com/doc/7222338/Water front-Regeneration Ilaria Delponte, Riqualificazione di siti portuali e prospettive di sviluppo della città, sito internet http://www.reteonline.org/media/pdf/Portus-Plus-2011/Ilaria%20DEL%20PONTE.pdf 40 41