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Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle realtà portuali: il

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Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle realtà portuali: il
Breve analisi comparativa sulla rigenerazione delle
realtà portuali: il waterfront a Civitavecchia
Analisi condotta da Diego Bevilacqua
del Centro di Sviluppo Politico e Sociale (CSPS)
Indice
Introduzione ................................................................................................................... 3
1. WATERFRONT: UN’ANALISI GENERALE ......................................................... 4
1.1 Un organo che prende vita: le strade della rigenerazione .................................... 5
1.2 I vettori e le prospettive dei waterfront urbani ..................................................... 8
2. WATERFRONT: ANALISI DEI CASI ................................................................... 12
Oltre i confini europei: Baltimora ............................................................................ 12
Lo scenario europeo ................................................................................................. 19
Waterfront totalizzante: Barcellona .......................................................................... 20
Bilbao: la città post-industriale ................................................................................ 25
Lo scenario italiano .................................................................................................. 31
La rivalutazione di Genova ...................................................................................... 31
Focus su Urban Lab; quaderno n°1 .......................................................................... 36
Conclusioni .................................................................................................................. 38
Riferimenti bibliografici .............................................................................................. 41
Sitografia ..................................................................................................................... 41
2
Introduzione
L’analisi qui presente si pone l’obiettivo di convincere il lettore dell’importanza di uno sviluppo
portuale che non si limiti unicamente all’area interinale del porto, ma anzi si espanda oltre i confini
di esso, apportando benefici rilevanti all’ambiente urbano e alla società. In tutto questo consiste il
waterfront, nella ricerca di approcci e strategie di successo per raggiungere il suddetto scopo.
Il testo presenta un primo capitolo riguardante un’analisi generale del waterfront, gli aspetti
prevalenti, le prospettive e le varie tipologie brevemente illustrate.
Il secondo capitolo prevede l’analisi comparativa tra diverse realtà di waterfront. Nell’ordine
verranno illustrate Baltimora per il caso statunitense ed extra-europeo, Barcellona e Bilbao come
casi del contesto europeo, giustificando anche la scelta ricaduta su una realtà fluviale piuttosto che
marittima quale è il caso di Bilbao e sul perché sono stati tralasciati porti di non minore importanza
quali sono quelli nordici. A seguire verrà presentato il caso di Genova focalizzandoci sull’incipit del
progetto di waterfront e la nascita dello Urban Lab. Infine saranno tirate le conclusioni nei riguardi
di Civitavecchia, generalizzate e che non approfondiscono il contesto nello specifico, visto che
questa non è la sede adatta per tale trattazione e saranno necessari futuri approfondimenti.
Nel corso del resoconto si troveranno illustrate immagini di progetti presentati per lo sviluppo
urbano ed infrastrutturale, oltre che raccolte dati e cartografie per focalizzare l’importanza di tali
manovre adottate nei singoli casi. A tutto questo si aggiungono considerazioni e analisi dei punti
positivi e negativi dei vari processi intrapresi, introducendo anche una brevissima sezione sugli
approcci metodologici e portando alla luce eventuali sottolineature da non sottovalutare.
Scopo finale è lanciare una nuova concezione metodologica che si basa non soltanto su analisi
valutative e studi antecedenti al progetto, ma dar seguito a questi studi con correzioni e modifiche
che procedano di pari passo con i lavori, puntando la lente di ingrandimento sul poco utilizzato risk
assestment e ponderando sapientemente la strada più adatta.
Consapevoli delle difficoltà e degli aspetti negativi in cui è possibile incorrere, si auspica di
poter realizzare gli obiettivi stabiliti con il minore impatto possibile dei rischi e anzi apportare
quanto di positivo potrà derivare da uno sviluppo e da una rivalutazione dell’area di Civitavecchia.
3
CAPITOLO PRIMO
WATERFRONT: UN’ANALISI GENERALE
Il waterfront tratta di un rapporto più o meno stretto tra lo sviluppo di un’area cittadina e la
vicinanza con questa ad una fonte d’acqua, come l’oceano, il mare, un lago o un fiume. Inscrivendo
all’interno di progetti nodi di comunicazione di reti e di terminali infrastrutturali, luoghi di approdo
e scambi di interconnessioni multiple, il waterfront svolge un ruolo fondamentale nei processi di
morfogenesi del paesaggio antropogeografico, identificandosi come un tema complesso dal grande
potenziale generativo [Zanni, 2003].
Negli anni il processo waterfront ha subito diverse visioni e approcci alla città portuale e alle
città collegate in qualche maniera all’aspetto dell’acqua, tanto da creare realtà e sviluppi diversi non
solo nei progetti quanto anche nei processi di realizzazione. Il waterfront di una città, che si
focalizzi maggiormente su un aspetto di tipo turistico, edilizio, commerciale o come una
commistione tra le varie tipologie, punta al perseguimento della rivalutazione di un’area abitativa
collegata alla rete marittima, al suo sviluppo e alla sua crescita. L’acqua diventa una realtà che
sviluppa la fusione tra luoghi con intense attività culturali, economiche e sociali e il waterfront deve
incrementare la propensione della città alla relazione, rendendo i luoghi sensibili alle opportunità
d’investimento e funzionali alle diverse destinazioni. Incentivando alla modernizzazione delle
strutture e dei servizi e puntando sulla comunicazione e il coordinamento del tessuto sociale, si
cerca di rispondere ad un progetto unitario e di largo respiro, con molteplici interventi in funzione
di un unico risultato complesso. La necessità, quindi, non è quello di cambiare una realtà
preesistente, ma imparare a trasformare e incrementare l’elevato potenziale insito nella città.
Nell’epoca contemporanea il waterfront urbano è un composto di identità locale misto agli
inevitabili fenomeni derivanti dalla globalizzazione, un intreccio di flussi urbani e portuali che
devono essere adeguatamente organizzati affinché si crei un unicum tra due realtà apparentemente
diverse [Anna Maria Moscato].
4
Un organo che prende vita: le strade della rigenerazione
Cultura, tempi ed esigenze stanno profondamente cambiando. L'adeguamento del waterfront di
città portuali richiede grande impegno e tendenza al cambiamento da parte della popolazione prima
e dell'amministrazione poi, con molti casi di riqualificazione e progetti di rigenerazione che passano
attraverso una terziarizzazione dell'economia, la deindustrializzazione e la delocalizzazione.
Significa dunque che le esigenze sociali ed economiche non si fermano più ad un sostanziale livello
industriale come nel passato (e qui si parla anche di grandi attività cantieristiche), quanto ad una
maggiore focalizzazione sull'intrattenimento turistico ed il prestigio cittadino. Se la terziarizzazione
dell’economia e la deindustrializzazione sono strettamente connessi tra di loro, il processo di
delocalizzazione presenta una propria identità che prende piede dai crescenti livelli di
globalizzazione e di differenziazione sociale. La città portuale non può presentarsi come distaccata
dalla realtà che la circonda, poiché sarebbe una grande perdita di opportunità di crescita e di
guadagno. Al contrario deve definirsi come uno dei punti centrali della rete di comunicazione con le
zone limitrofe e con realtà differenti, un punto di sbarco che rimanda ad altre identità locali e
collabora con loro. La globalizzazione richiede questa partecipazione ed apertura al nuovo e al
diverso, mentre al contempo la differenziazione sociale richiama allo sviluppo del potenziale
tradizionale e locale della zona coinvolta.
Le antiche città portuali hanno seguito lo stesso processo intrapreso da diverse aree
metropolitane e da piccole e medie città, basate sulla ridefinizione del modello di sviluppo e
puntando sull'offerta turistica e culturale. Si assiste in tal modo a diversi interventi di rilievo quali il
rinnovamento di vecchi bacini portuali abbandonati [Pichierri, 1989; Dombois,, Heseler, 2000]. I
processi di rivalutazione e rigenerazione delle vecchie aree portuali sono incentivati da un mondo
che cambia in fretta e pone le diverse città su un piano di concorrenza internazionale. La
competizione coinvolge così aree metropolitane e macroregioni, portando a nuove visioni e nuovi
obiettivi da perseguire quali la ricerca di investimenti produttivi attraverso azioni di marketing
territoriale, la valorizzazione del capitale sociale, l'unione tra società locale e i nuovi attori
economici, l'integrazione tra pubblico e privato grazie a nuove strategie di governance [Guala].
È in questo contesto che si parla di bidding process, ossia la ricerca del prestigio internazionale
derivato non più dalla produzione, dal commercio o dalle infrastrutture, quanto dall'acquisizione di
eventi e visitatori nell'arena mondiale. In questo modo si cerca di rendere la città il più appetibile
5
possibile per gli investitori esterni attraverso strategie differenti quali una collocazione strategica sul
piano territoriale, agevolazioni fiscali e amministrative o grazie alla presenza di una manodopera
qualificata. Il waterfront a questo punto tende a presentare due volti ben distinti che convivono nella
stessa area di sviluppo: da un lato il volto moderno, che offre prodotti nuovi e innovativi; dall'altro
lato un volto che offre elementi più tradizionali [Guala].
È in questo contesto di rinnovamento e sviluppo di nuove strategie che il marketing tradizionale
non basta più alle città, le quali devono fare affidamento su un nuovo approccio alla materia
“d'offerta”: il citymarketing. Considerabile come tentativo di promozione di una città cercando di
incoraggiare l’attività e modificare le percezioni date da essa verso gli attori esterni, le strategie di
citymarketing abbandonano i caratteri del marketing tradizionale per acquisire nomination a grandi
eventi quali Expo, migliorando il prestigio a livello internazionale grazie alla sua offerta turistica e
culturale e alla sua bellezza. È in questo modo che, variabili precedentemente non prese in
considerazioni nei waterfront prevalentemente industriali, diventano ora discriminanti dal grande
potenziale che non possono essere sottovalutati.
Il citymarketing permette la pianificazione di strategie competitive sia a livello nazionale che
internazionale per conquistare eventi e appuntamenti che possono portare prestigio ed entrate
economiche al waterfront, tanto che si parla di event marketing nel momento in cui si stabilisce un
collegamento tra la promozione del luogo e la promozione dell'evento [Ferrari, 2002]. Più è grande
l'evento realizzato, maggiore sarà la notorietà acquisita dalla città dove è stato programmato, come
maggiori saranno gli investimenti e gli attori economici allettati dall'occasione. Si cerca di sfruttare
in questo modo l'elemento acqua nella sua essenza più pura, metaforicamente letteraria.
L'esperienza del mare e i contesti suggestivi che riesce a creare fanno maturare sensazioni difficili
da dimenticare, le quali si sviluppano ulteriormente nell'esperienza totalizzante degli eventi sportivi
e culturali producendo qualcosa di unico e, delle volte, eccezionale [Ferrari, 2006].
Eppure la marcatura dei luoghi non avviene solo in corrispondenza di grandi eventi, quanto
spesso anche grazie alla partecipazione di grandi architetti (tecnica di marketing in questione che
viene definita archistar) che permettono l'indissolubile associazione della città con la figura
dell'architetto. È il caso ad esempio di Renzo Piano a Genova o di O. Gery a Bilbao, grazie ai quali
il processo di rigenerazione urbana viene richiamato nel tempo grazie al loro intervento e con
sapienti operazioni di marketing territoriale [Ashworth, Voogd, 1995].
Il recupero dei watefront è una risorsa dal grande potenziale che presenta elementi che tendono a
migliorare la qualità urbana delle città e il prestigio internazionale, quali il già citato approccio
archistar, il film commission, la rivalutazione della tradizione locale all'interno di una società che
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tende e va verso la globalizzazione e la presenza di musei o grandi eventi sia unici che ripetuti. Se
l'acqua si presenta come un elemento di rigenerazione e valorizzazione, le esperienze realizzate
dimostrano quanto essa possa dar vita a modelli fortemente variegati [Guala], come:
a) il waterfront di porti di mare più o meno antichi, ove la rigenerazione non si sviluppa su un
modello unico, ma determina molte varianti.
b) trasformazione di antichi bacini portuali con nuove destinazioni d'uso non più solo
commerciali, come nel caso di Baltimora e Barcellona;
c) mix di funzioni tradizionali accanto a funzioni del tutto nuove, come a Genova;
d) recupero di aree industriali dismesse che hanno radicalmente cambiato il volto della città,
come accaduto a Bilbao;
e) porti storici in cui vengono enfatizzati simboli e valori legati alle vicende storiche, come
avvenuto per arsenali e porti inglesi;
f)
waterfront in cui è stato realizzato un restyling di case da ristrutturare e vecchi magazzini
abbandonati;
g) trasformazione totale o parziale di aree portuali diventate l'occasione per una serie di
interventi più ampi che coinvolgono territori vasti, come è il caso di Atene nell'evento dei Giochi
Olimpici del 2004.
Da qui si può evincere, in conclusione, come ogni esperienza racchiuda determinati contesti e
specifiche caratteristiche culturali e territoriali, sfruttando quanto possibile. Tuttavia queste
casistiche non sono perfettamente individuabili in toto, ma anzi diverse realtà sono figlie della
fusione di modelli sopra descritti, a seconda dell'identità locale e del progetto waterfront.
7
I vettori e le prospettive dei waterfront urbani1
Il waterfront è un concetto complesso che da sempre ha influenzato e contraddistinto la società
umana; un concetto che affonda profonde radici nella storia dell'umanità. Se il porto spesso
rappresentava una linea di confine tra due zone differenti della stessa area urbana, esso era al
contempo una sezione inscindibile per importanza e valore da essa, un prezioso bacino culturale e di
integrazione.
L'individuazione di quei valori dei waterfront che costituivano in passato e costituiscono anche
oggigiorno il connubio waterfront-città, permette l'identificazione di quattro vettori che nascono
dall'interazione acqua città. Essi sono identificabili come attività di diverso tipo, dalle culturali alle
economiche, in grado di attirare soggetti e attori capaci di apportare modifiche in senso positivo
all'area urbana. Anna Maria Moscato individua a tal proposito:
a) “vettore culturale dei waterfront urbani”, che interviene nello spazio del presente rivalutando
i segni del passato e facendoli propri, strutturando l'ambiente futuro;
b) “vettore economico dei waterfront urbani” avente un elevato valore potenziale, in grado di
aumentare le azioni che accomunano le branche dei saperi e delle tradizioni, della modernizzazione
e dell'innovazione. È da esso che, sostanzialmente, partono gli sviluppi locali e la realizzazione
concreta dei progetti;
c) “vettore ambientale dei waterfront urbani” riguardo la salvaguardia dell'ambiente e la
pianificazione di progetti sostenibili;
d)
“il vettore sociale dei waterfront urbani” come componente fondamentale per le scelte di
sviluppo, in particolare per quanto riguarda l'integrazione orizzontale tra Amministrazione pubblica
e privati, come tra Amministrazione pubblica e comunità. È insito in questo fattore il fatto che la
popolazione non è considerabile assolutamente come un soggetto passivo della vita e dello sviluppo
del waterfront, ma è un soggetto sensibilizzato e partecipante alla trasformazione.
Se le attività sono importanti dal punto di vista concreto per la realizzazione di un progetto
riguardo un waterfront, non si può essere ciechi di fronte ai problemi del presente. La pianificazione
di un waterfront non è solo l'immaginazione di futuri desiderabili o di un processo unicamente
1
Dal report “Se questo è un waterfront... la sua rigenerazione rivaluta la concezione di “limite”, di Anna Maria Moscato;
rivista Portusplus
8
orientato al presente, come non è nemmeno l'auspicare la realizzazione di idee difficilmente
realizzabili o mal sostenute. Essa è anche e soprattutto l'occuparsi dei problemi del presente
proiettati verso azioni future tramite valutazioni nel medio e lungo periodo.
Una prima prospettiva è definita waterfront del rinnovamento. Tale visione vede il waterfront
come luogo di incontro e scambio culturale di processi moderni e al contempo come luogo
dell'identità della memoria di una comunità. In questo caso è necessario che le p.a. mutino la loro
attività e i loro approcci tendendo verso attività di management e politiche cooperative in modo tale
da rendere le città poli attrattori di processi produttivi ed evolutivi. Questo significa, in poche
parole, attingere dai “linguaggi locali” da un lato e fare riferimento ai “nuovi cittadini del mondo”
dall'altro.
Il waterfront della trasformazione fa riferimento al grado di compatibilità funzionale ed
individua diversi problemi:
•
di marginalità, in cui l'urbanizzazione è avvenuta in assenza di relazioni coi centri urbani;
•
di mobilità, con interventi di connessione tra centro urbano e contesto regionale;
•
ambientali, focalizzando l'attenzione sui problemi naturalistici.
Si può vedere come la pianificazione di un waterfront si basi su preconcetti molto più complessi
del previsto che non sono di natura puramente economica o meramente urbanistica, ma abbracciano
le nuove concezioni cittadine, fondandosi su concetti democratici (quali l'elemento partecipati e di
comunicazione istituzionale) e di eco-sostenibilità.
Il waterfront della tutela punta alla valorizzazione dell'archeologia industriale presente,
tramutando i beni culturali nei nodi forti di un sistema complesso. Essi diventano il legante tra
storia urbana e aspetto turistico, ottenendo nel tempo maggiori attenzioni e cure. Questo indica
come sia stato rivisto il rapporto tra storia/tradizione e modernità, non più conflittuale quanto
piuttosto partecipativo. Il passato si integra con il presente, gli fa da tappeto ed illustra l'evoluzione
del waterfront. È a questo punto che si rinvengono due conseguenze particolarmente importanti e
interessanti: una prima concerne la rivalutazione della tradizione ed il riavvicinamento della
popolazione locale ad aspetti radicati e spesso dimenticati del tribalismo. La seconda invece
interessa l'apporto dato al marketing turistico e la diffusione di pratiche locali, che tendono ad
essere uniche nel loro genere ed estremamente suggestive, garantendone la sopravvivenza non solo
in ambito locale e nazionale, quanto anche in ambito internazionale (cosa che permette alla città di
guadagnare in prestigio e riconoscimento).
Il waterfront delle relazioni è una prospettiva di collegamento tra i vari attori del policy cycle
riguardanti il progetto di pianificazione. I vari sistemi che caratterizzano un waterfront, infatti,
9
devono essere integrati per produrre azioni che affrontino sinergicamente la sostenibilità di tutti i
suoi aspetti e devono:
•
agevolare la crescita di società locali;
•
facilitare l'accessibilità ai servizi di comunicazione;
•
creare nuove connessioni territoriali per organizzare le città e i suoi territori in reti locali e
sovralocali;
•
valorizzare il patrimonio territoriale;
•
favorire le capacità produttive.
Tutto questo punta a sfruttare nel miglior modo possibile le potenzialità derivanti dagli attori
coinvolti nell'arena politica del waterfront, a partire dalla popolazione, alle piccole e medie imprese,
agli stakeholders maggiori fino all'amministrazione. Maggiore partecipazione sarà dunque in grado
di contribuire ad un maggiore guadagno in diversi settori, sfruttando al contempo il potenziale che
offre la zona considerata.
L'ultima prospettiva riguarda il waterfront dello sviluppo, che genera rinnovata produttività e
offre opportunità sia ai “lavoratori della cultura” che ai “cittadini del mondo”. Il trattamento di
tematiche delle volte abbastanza complesse e l’ampliamento di orizzonti ci permette di fare
un'analisi conclusiva proprio a partire da questa tipologia di prospettiva. Uno sviluppo basato
unicamente su un mercato di riferimento non può, in tempi moderni, portare grandi vantaggi nel
lungo periodo e oltretutto è poco affidabile. La rigenerazione del waterfront nel complesso
finanziario, sociale e cooperativo non può nascere da uno scenario basato esclusivamente su
tematiche singole come l'edificazione di un'imponente architettura, ma deve abbracciare uno spettro
più ampio di opportunità, al fine di poter sfruttare tutto il potenziale offerto dal waterfront e di poter
rinnovare su più campi la propria condizione. Focalizzandosi unicamente su pochi aspetti del piano,
il rischio è di terminare prima del tempo idee e progetti, andando incontro ad un lento declino della
rivalutazione eseguita e la ripresa, in tali contesti, si rivela difficoltosa e poco praticabile. Viceversa
interventi su più settori, mirati spesso al dettaglio del servizio e della pianificazione piuttosto che al
gigantismo di essi, permetterebbero di sviluppare aree in maniera più consona ed efficace,
mantenendo questa condizione nel corso del tempo e per un periodo duraturo. Esplicativo è il caso
di Atene, mettendo da parte le grosse difficoltà economiche della Grecia nell'ultima crisi
economica. Progettare waterfront unicamente sul contesto olimpico (si sta parlando del 2004) ha
portato nel breve periodo vantaggi e riconoscibilità a livello internazionale, ma nel lungo periodo la
capitale ellenica ha visto peggioramenti di condizione. Le alte spese realizzate per l'immenso
progetto di waterfront che ha interessato tutta la capitale non sono state coperte dalle entrate
dell'evento sportivo, né tanto meno da entrate successive. Un progetto di tale portata centrato
10
unicamente sulle Olimpiadi non ha permesso un'adeguata rivalutazione di altri settori in una città
che possiede un potenziale unico ed enorme. Come volevasi dimostrare, il blocco dell'unico sbocco
di sviluppo portano nel tempo ad una sterilità dei vantaggi assunti nel breve periodo. Queste perdite
vanno poi ad aggiungersi quelle potenziali, derivanti dal mancato sfruttamento di risorse altamente
fruttuose ed inutilizzate.
11
CAPITOLO SECONDO
WATERFRONT: ANALISI DEI CASI
La comparazione costituisce il metodo più consono all'analisi politica, tenuto conto delle
difficoltà legate all'impiego della statistica e, ancor più evidenti, al ricorso alla sperimentazione in
questo ambito della ricerca sociale [Peters, 1998]. In questo secondo capitolo verrà trattato il tema
del waterfront sotto un aspetto comparativo, prendendo in esame diverse realtà che esulano dal
semplice contesto nazionale. Come primo caso di studio verrà affrontata la realtà creatasi nel tempo
a Baltimora, nel Maryland (Stati Uniti), osservando come il waterfront abbia sfruttato il potenziale
storico e commerciale che possedeva di base il porto per poi svilupparsi in altre vie e prospettive. I
casi seguenti vedono due città appartenenti alla stessa nazione, ma con aspetti geografici e culturali
totalmente diversi: Barcellona e Bilbao. Dall'Europa si torna poi al nazionale, con l'analisi di
waterfront quali Genova e Salerno, puntando all'aspetto rivalutativo di stampo storico, turistico e
urbano.
Oltre i confini europei: Baltimora2
Nota anche come The City that Reads, di grande spessore dal punto di vista portuale e culturale e
sede di una delle più importanti università statunitensi, la John Hopkins University, ha sviluppato
nel tempo una propria identità.
Il Sud di Baltimora inizialmente cercò di espandersi presso l'originario insediamento cittadino
che corrisponde al centro urbano, ma le industrie alla fine non riuscirono più a trovare spazio per la
propria espansione all'interno della città stessa. Essa ebbe tuttavia un primo forte impulso allo
sviluppo industriale a partire dal 1948 con la costruzione del sistema ferroviario B&O, dove grazie
alla ferrovia e ai terminali marittimi il litorale sud di Baltimora si trasformò in un lungomare
industriale. Tra i maggiori esempi di tale sviluppo troviamo la Highway Key, sede di un gruppo
eterogeneo di industrie come la melassa e la produzione di sciroppo, conservifici, riparazione
locomotiva, produzione di metalli e olio di ritrattamento. A queste si aggiunse, nel 1879, la
Columbia, prima grande industria di rilievo per la lavorazione del ferro sul sito attuale dello
2
I dati sono presi da paper del sito istituzionale di Baltimora: http://www.baltimorecity.gov/
12
sviluppo di HarborView. Lo sviluppo industriale però non si fermò, proseguendo subito dopo la
Prima Guerra Mondiale, nel 1920, con la costruzione dello stabilimento Procter and Gamble e dello
zuccherificio oggi noto col nome di Domino Sugar.
Lo sviluppo di Baltimora tuttavia andò incontro ad un lento declino a partire dagli anni '50,
dovuto alla stagnazione del settore industriale cittadino. Il deterioramento degli impianti portuali e
la mancanza di investimenti per la loro ristrutturazione e implementazione (punti che poi avrebbero
dovuto risolvere per apportare sviluppi alla zona portuale e urbana della città), uniti alla forte
concorrenza di porti regionali e zone industriali vicine, convinsero nel tempo l'Amministrazione di
Baltimora a cercare nuovi sviluppi di waterfront.
Figura 1 master plan della Key Highway
13
Figura 2 divisione degli immobili della Key Highway
La linea guida principale riguardava il mantenimento di una relazione intima dei quartieri con il
lungomare, ridefinendo il rapporto culturale presente tra il porto e l'attività lavorativa che comporta
e i residenti del sud di Baltimora. Nel 1986 fu approvato il Key Highway Urban Renewal Plan che
ha codificato i controlli di sviluppo dell'area di HarborView e, nello stesso periodo di tempo, venne
approvato il Key Highway East Industrial Renewal Plan, con lo scopo di proteggere le industrie e
scoraggiare la speculazione edilizia sui terreni tra HarborView e lo zuccherificio.
Gli sforzi della città tuttavia si spinsero oltre la semplice tutela industriale ed edilizia,
intraprendendo il primo Key Highway Waterfront Study (1992). Lo studio comprendeva l'intero
lungomare Highway Key da Federal Hill a Locust Point Nord, cercando di bilanciare la
conservazione industriale con il quartiere e la rigenerazione del lungomare.
Nel 2004 il Dipartimento di Pianificazione (Department of Planning) ha cominciato ad attuare
alcune delle raccomandazioni dello studio di waterfront, quale l'istituzione di limiti d'altezza per
preservare la vista del capannone del porto dai quartieri o lo sviluppo urbano (rezoning) delle case
14
apportato dall'imprenditore Jed Leonard. Proprio in quell'anno furono apportate le prime modifiche
al
Key Highway Urban Renewal Plan nel tentativo di modificare la destinazione del suolo
industriale, consentendone una riqualificazione, e ulteriori sviluppi in diverse prospettive come
l'altezza degli edifici e delle case di Baltimora.
Qui di seguito sono presentate un paio di progetti riguardo Baltimora. Il primo riguarda Inner
Harbour, mentre il secondo ha riguardo sempre la stessa zona, ma realizzato dal Planning and
Project Development Committee.
15
Baltimora quindi è una vecchia, grande città industriale che ha terminato il tempo dedicato
unicamente alla produzione di beni industriali e gli viene chiesto di rimanere al passo coi tempi. Ciò
sta a significare quanto una rivalutazione del potenziale offerto dalla città debba corrispondere ad
un rezoning sapientemente pensato. Il rischio in cui Baltimora ha incorso nel processo di sviluppo
del waterfront è stato quello di disconnettere lo sviluppo e la rivalutazione industriale con esigenze
effettivamente esistenti, con la prima che non persegue più la funzione di tutelare l'assetto
industriale della città. Il vecchio isolamento industriale focalizzato sulla protezione del settore
stesso e che un tempo si rivelava efficace ora non è più utile e anzi si è tramutato da fattore positivo
a fattore fortemente negativo.
Le molte particelle vacanti presenti nella Highway Key rendevano palpabile la sensazione di
“terra di nessuno” creando, da un punto di vista sensoriale, la percezione di una città abbandonata e
in decadimento, e da un punto di vista del city development il mancato sfruttamento di potenziale. A
questo problema la città ha trovato una soluzione alquanto interessante da un punto di vista
culturale e formativo e che tratta della presenza e della tutela di aspetti unici e valevoli quali il
Baltimore Museum of Industry e il Downtown Sailing Center.
16
Illustrazione 3: immagine del Museum of Industry di
Baltimora, luogo da preservare e sviluppare
Baltimora dunque si è sviluppata sull'implementazione dei trasporti, della vivibilità della città e
dell'aspetto turistico, sulla rezoning del porto e l'urban development stabilendo parametri a livello di
infrastrutture ed edifici.
Quanto appena redatto è un background della città e dei suoi sviluppi preso da una
documentazione del waterfront governativo della città stessa3. Chito Guala però, in riferimento alla
città americana, spiega come nell'elaborazione dei grandi progetti abbiano avuto ruolo attivo i
privati locali a livello di imprenditoria, soprattutto nel tempo di sviluppo dagli anni '50 in poi,
nonostante le difficoltà attraversate. Baltimora ha avviato il recupero dell'area centrale degradata e
l'ha rivalutata, vivificando quanto abbandonato per far posto ad altri progetti. Grazie anche all'aiuto
di associazioni locali quali il Citizen Planning and Housting Association e il già citato Greater
Baltimore Committee, accanto alla riqualificazione delle aree centrali è stato possibile avviare in
contemporanea una fase di decollo economico puntando spesso su fieristica e congressi [Guala].
Baltimora dunque ha alle spalle un'ampia tradizione pionieristica di waterfront assieme ad altre
realtà del Nord America quali New York e Boston, la quale rivalutazione può essere suddivisa in tre
fasi:
1. il Charles Center, prima fase del progetto e caratterizzata da una prima assistenza allo
sviluppo;
2. Inner Harbour come sviluppo diretto del waterfront;
3. market centre come sviluppo collaborativo del waterfront
3
Il riferimento al testo è: Key Highway Waterfront Study; Planning Commission Adoption; May 1, 2008
17
Come affermato da de Jong nel 1991 e ribadito poi dal precedentemente citato Guala, il successo
di Baltimora fu dovuto da aspetti fondamentali quali il networking tra le autorità pubbliche e le
organizzazioni private al fine di venire a un accordo sugli obiettivi di sviluppo e la presenza di un
forte leader pubblico in grado di seguire l'intero processo. Furono così create innovative agenzie
quasi pubbliche (che presero nome differente a seconda della fase progettuale di waterfront; dal
Charles Management Office fino al Baltimore Economic Development Corporation) controllate dal
governo municipale, ma dotate nel contempo di specifica discrezionalità che permise di utilizzare i
fondi pubblici a leva di un privato per lo sviluppo di waterfront. La natura di soggetti privati
permetteva un'azione controllata e monitorata dal potere amministrativo e pubblico, ma lasciava
comunque libertà d'azione per quanto concerne le possibilità di sviluppo del potenziale di
Baltimora, persuadendo possibili investitori esterni [de Jong, 1991; Millspaugh 2001].
Al di là del successo della pianificazione di sviluppo waterfront e dell'implementazione sia dei
nuovi strumenti adottati che di quanto già era esistente nella città, Baltimora presenta dei punti
critici nell'aspetto sociale lasciato a sé stesso senza monitoraggio e controlli validi [Wang].
La nuova situazione lavorativa derivata dal waterfront development fu perlopiù assorbita dagli
abitanti della zona periferica vicina al porto piuttosto che da famiglie a basso reddito, creando forti
dislivelli tra la popolazione [de Jong, 1991]. La poca possibilità lavorativa derivata è un chiaro
limite del progetto, dovuta probabilmente a questioni di mancata gestione e alla focalizzazione
sull'aspetto prettamente economico ed imprenditoriale che non ha garantito la giusta tutela e
democratizzazione del lavoro. A tutto questo, infine, va ad aggiungersi un aumento del costo della
vita derivante dallo sviluppo del settore turistico e una gentrificazione massiccia [Wang], mettendo
in mostra come progetti di tali dimensioni non possano essere soggetti a controlli, monitoraggi e
sviluppi globali, dovendo tralasciare necessariamente degli aspetti urbani che tenderanno (sempre
che la rotta non venga invertita) a peggiorare.
Lo scenario europeo
Allontaniamoci ora dal Maryland e torniamo in Europa. Il processo di deindustrializzazione
degli anni Ottanta ha innescato fenomeni di recessione economica, di disoccupazione e di povertà
crescente, con le città che sono rimaste bloccate in un clima di immobilismo a cui è seguito un
progressivo degrado delle strutture fisiche [Delponte].
La situazione scaturita nel periodo di fine anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta, spesso
testimoniata da diversi testi letterari, ha tuttavia avuto un’inversione dai primi anni Novanta, con
18
programmi specificatamente indirizzati alla rigenerazione delle città europee e provenienti sia
dall’Unione Europea sia dagli ambiti nazionali. I primi programmi per le città europee furono
realizzati in ambito del FESR 4 prima nel periodo 1989-1993, poi durante il periodo 1994-1999.
Chiamati Progetti Pilota Urbani, essi avevano il preciso intento di esemplificare interventi in cui
avesse particolare importanza l’elemento innovativo, portando nuovi approcci e nuovi modi di
pensare più proficui e fertili.
La seconda fase di strumenti dedicati alle politiche urbane è costituita dai programmi Urban 5,
che prendono in considerazione una determinata area bersaglio affrontandone i problemi che la
riguardano. Con essi furono avviati piani strategici in rapporto diretto fra Municipalità e Comunità
Europea, con interessanti ricadute a medio-lungo termine nella pianificazione della città interessata
dal progetto [Delponte].
Nel seguente paragrafo saranno analizzati i casi di Barcellona e Bilbao, entrambe in Spagna. La
scelta è ricaduta sulla base di variabili prettamente culturali e antropologiche, vista la trattazione di
una realtà all'Italia molto vicina per abitudini, esperienze e tipologia antropologica-caratteriale.
Waterfront totalizzante: Barcellona
Diversamente da Baltimora che ha puntato sull'area urbana centrale e sulla zona portuale, la
strategia di Barcellona è globale. Del progetto fanno parte la riqualificazione culturale, le esigenze
del territorio che hanno permesso la realizzazione di opere d'edilizia privata e rivalutazione urbana,
l'accoglienza turistica e la promozione di attività straordinarie quali fiere e congressi. Per tal motivo
la città ha realizzato potenziamenti di marketing e azioni di monitoraggio del turismo, presentando
offerte culturali e museali ad hoc con offerte e biglietti turistici integrati [Guala].
L'analisi verrà trattata sulla base di due documentazioni in particolare: un articolo di portusplus
dal titolo “Evoluzione e Prospettive per il Waterfront di Barcellona” di Elena Ridolfi e Miriam
Valdelvira6 ed una documentazione istituzionale preso dal sito cittadino7. Ci si focalizzerà sulla
trasformazione dell'area portuale e il tentativo di comprenderne la struttura, esaltando aspetti
comuni, diversità e il sistema porto-città.
4
Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
Lanciati nel 1994, hanno avuto ad oggetto i quartieri più degradati, puntando a migliorarne il contesto fisico e sociale
6
Per la consultazione sitografica: http://www.reteonline.org/media/pdf/Portus-Plus-2011/Elena%20RIDOLFI.pdf
7
Per altre informazioni: http://www.barcelona.cat/
5
19
Il Porto di Barcellona si colloca nella Regione Metropolitana e nell'area del Delta del Llobregat.
È l'esito di processi per l'inserimento nel complesso sistema urbano e territoriale che hanno dato
luogo ad un mosaico ambientale e plurifunzionale caratterizzante tutto il waterfront urbano di
Barcellona [Ridolfi, Valdelvira]. Vista dalla vicinanza di aree produttive e direttamente collegato
con il centro di Barcellona, è stato convertito nel tempo in uno dei maggiori porti mercantili del
Mediterraneo, conferendo al contesto territoriale locale forza industriale ed economica.
Storicamente il processo di ingrandimento e sviluppo del porto ebbe inizio nel 1959 con il
“Piano di stabilizzazione”, riaprendo verso l'esterno l'economia spagnola e conferendo la funzione
di porto interoceanico a Barcellona. Il Porto Vecchio, ormai obsoleto, fu convertito dagli usi
tradizionali a spazio integrato con il cuore di Barcellona, acquisendo nel tempo maggiore
importanza e integrazione nel contesto urbano locale. Presenta attrazioni di importanza rilevante per
la città, la gente e gli attori economici, con un'offerta altamente differenziata e polivalente che ha
trovato un trampolino di lancio a partire dai Giochi Olimpici del 1992 (attuazione di bidding
process). Il porto conta inoltre su reti di connessioni ferroviarie, aeroportuali e metropolitane che
permettono un enorme movimento di turisti, mentre le superfici industriali e i progetti logistici
presenti, gestiti dal Consorzio della Zona Franca, contribuiscono alla creazione e implementazione
di un territorio imprenditoriale che sia dinamico e competitivo.
La Zona di Attività Logistiche (ZAL) è la piattaforma logistico-intermodale concepita con
l'obiettivo di promuovere il Porto e generare un aumento del traffico marittimo, ma anche per
trasformare il porto di Barcellona nel primo HUB 8 logistico euromediterraneo in grado di
competere coi porti forti del Nord Europa come Rotterdam, Amsterdam e Brema.
Sviluppi importanti vennero dal c.d. “Piano Delta” (2000-2004) che ha innescato interventi a
cascata su tutto il territorio grazie alla deviazione del fiume Llobregat. Ne fanno parte lo sviluppo
dell'aeroporto, alla costruzione di assi stradali e ferroviari, alla creazione di un'area naturale
protetta. Il porto di Barcellona ha visto dunque un ampliamento della superficie e la costruzione di
moli e banchine, al fine di trasformarsi in un nodo importante nella rete delle “Autostrade del
mare”.
8
Si indica un terminale di traffico nel settore logistico dei trasporti a diversi livelli e in diverse tipologie di trasporto
20
Figura 1: vista di Port Vell nell'occasione dei Giochi Olimpici del 1992
Figura 2: suddivisione delle zone di Port Vell
21
Barcellona è l'unica realtà mediterranea in grado di configurarsi all'interno di un network in
grado di relazionarsi in un contesto territoriale sia locale che europeo, integrandosi con le
infrastrutture e i trasporti europei dei nodi aeroportuali, portuali e nel nodo euromediterraneo.
Barcellona però è ancora una città in fermento e in pieno sviluppo, che continua ad espandersi sia
dal punto di vista qualitativo che quantitativo, grazie alla costruzione di attività logistiche verso Sud
e a nuove connessioni che ne facilitino l'accesso, non escludendo la costruzione di autostrade e
nuove linee ferroviarie. L'Autorità Portuale di Barcellona si è posta nello specifico l'obiettivo di
ampliare l'hinterland per incrementare la sua area di influenza nel Nord Africa e consolidare la sua
posizione in Europa. Nel dettaglio, la Comunità Logistica Portuale ha definito due Piani Strategici
periodici:

1998-2010 che mira a dirigere la gestione di primo HUB europeo del Mediterraneo;

2003-2015 che guarda all'hinterland, per comprendere ed intervenire sui processi che
riguardano il contesto territoriale di Barcellona e per mantenere nel futuro un alto livello
di competitività.
Tali obiettivi concreti hanno però delle solide basi di pianificazione teorica dietro, una vera e
propria way of thinking che ha contraddistinto il waterfront catalano proprio per le sue innovazioni e
la creatività dettate dall’esigenza di raggiungere obiettivi ambiziosi. La città si è basata su tre forze
portanti cittadine quali il Governo, le Università e l’Industria, cercando di sviluppare ampie
conoscenze grazie all’interazione delle tre e dar vita alla c.d. T-Economy9. Nel caso dell’azione
governativa, l’amministrazione ha sviluppato un modello connettivo con il settore industriale,
cercando di far coincidere i vari interessi privati con le esigenze derivanti dal policy cycle del
waterfront. Allo stesso modo anche le università hanno saputo interagire con il settore industriale,
creando centri di ricerca e nuove possibilità di carriera. In tutto questo, come si può vedere, è il
settore industriale che ha ottenuto i maggiori vantaggi, creando un nuovo modello tecnologico e
implementandone la ricerca qualitativa.
La ricerca, infine, si è sviluppata su quattro pilastri ritenuti indispensabili al progetto waterfront:
9

l’attività dei Media;

Information and Communication Technology (ICT);

Energia (per una città ecosostenibile);

Tecnologie biomediche e sviluppo della ricerca medica10.
Fonte da 22@Barcelona: The innovation district del 2009
Fonte da 22@Barcelona: The innovation district del 2007, 5-6 giugno, Amburgo.
10
22
Figura 1 le tre forze sulle quale si basa la T-Economy e lo sviluppo di Barcellona: Università,
Industria e Governo
Figura 2 andamento delle tre forze in linea temporale dall'inizio del programma di waterfront alla
sua crescita e maturità
23
Tuttavia i rilevanti cambiamenti del Porto, del sistema urbano e ambientale, hanno portato anche
conflitti tra i vari attori coinvolti nel processo di sviluppo del waterfront e la popolazione locale che
contesta i continui cambiamenti dello spazio in cui vive. Tali conflitti scaturirono in prima istanza
dalla veloce trasformazione del territorio e dall'esaurimento dello spazio fisico e naturale in cui
erano abituati a vivere gli abitanti. In seconda istanza fu la condizione insufficiente delle condizioni
per il trasporto merci, con congestioni viarie e debolezza del sistema che ne derivarono.
A tutto questo c'è da aggiungere una crescita portuale prevalente piuttosto che una gestione del
livello territoriale. Barcellona non dà tutela alle aree sensibili e limitrofe, dando peso alle
infrastrutture costruite per lo sviluppo del waterfront con perdita dell'identità del luogo e delle suoi
caratteri specifici. Le difficoltà di governo in questo territorio generano dunque mancanza di
dialogo e di un sistema coordinato che possa garantire non solo la complessa articolazione del
sistema urbano e territoriale, ma anche e soprattutto l'interazione tra ogni attore coinvolto.
Il waterfront di Barcellona si caratterizza, in conclusione, come un nodo inserito all'interno di
una rete internazionale dove svolge un ruolo di elevata importanza, conferitagli dal territorio che lo
circonda e dalle varie funzioni che tendono continuamente ad ampliarsi per sviluppare un certo
grado di competitività. Chiamato sempre più a confrontarsi con un mondo che tende alla
globalizzazione anche a livello locale, il governo deve quindi far fronte ai problemi scaturiti dalle
diverse voci sociali spesso in conflitto. Sarebbe dunque necessario che vengano generate diversità
negli aspetti coinvolti, da quella sociale a quella economica fino ad arrivare alla diversità
territoriale, creando nuove opportunità a livello urbano. È importante dunque prendere in
considerazione maggiori condizioni di equità economica, sociale e ambientale, considerare gli attori
coinvolti e le occasioni che sono in grado di dare, senza tralasciare la rete delle infrastrutture come
base per lo sviluppo territoriale e locale.
Bilbao: la città post-industriale11
Città culturalmente ricca, con una tradizione unica nel suo genere, Bilbao si è dovuta nel tempo
trasformare al fine di adeguarsi alle nuove esigenze sociali e di mercato. Nel 1975 la crisi del settore
industriale dell’acciaio e in generale dell’industria pesante, portarono forti conseguenze negative
che impattarono sulla società sotto forma di un’elevata disoccupazione. Nella situazione di
11
Fonte presa da Bilbao’s Strategic Evolution. From the industrial to the post-industrial city; di Ibon Areso.
24
decadimento industriale, Bilbao si trovò costretta ad attuare un processo di trasformazione capace di
generare nuove speranze lavorative per la popolazione locale che furono individuate nel settore
terziario [Ibon Areso]. Il degrado e il deterioramento dell’ambiente basco crearono nel tempo una
forte perdita di competitività e di apprezzamento da parte di investitori esterni, compromettendo lo
sviluppo e l’andamento economico del paese. Tuttavia l’inversione di rotta offerta dal settore
terziario ha portato rilevanti cambiamenti sotto diversi punti di vista, donando rinnovata visibilità
alla città e catturando l’attenzione di attori economici esterni. Il miglioramento delle condizioni di
vita della popolazione locale, inoltre, ha permesso creare (assieme ad occupazione e a un aumento
del reddito) un habitat migliore e nuove opportunità sotto l’aspetto culturale, del tempo libero e
dell’ambiente.
Si è partito dunque da un rinnovo strutturale del settore industriale, portando avanti il progetto
ambizioso di creare una Bilbao post-industriale e moderna. La ristrutturazione ha preso piede su
problemi di tipo sociale, economico e fisico-strutturale, fissando le soluzioni su quattro assi
principali [Areso]:

aumentare la mobilità interna della metropoli e favorire l’accessibilità dall’esterno;

rigenerazione urbana e ambientale;

investimento sulle risorse umane e sullo sviluppo tecnologico;

centralizzazione sull’aspetto culturale.
I primi due concetti sono prevalentemente di tipo fisico-strutturale. Riguardo il primo punto, la
focalizzazione su progetti innovativi come l’aeroporto, il sistema metropolitano e tutti i
conseguenziali sviluppi urbani, comportano non solo un miglioramento della viabilità e delle
condizioni cittadine, ma richiamano i possibili investitori esterni che vedono nella nuova posizione
di sviluppo della città ampie prospettive.
Il secondo punto, che già è stato in parte trattato, ha riguardo per il fattore ambientale, visto non
soltanto come risorsa per gli abitanti del luogo, quanto essenziale per lo sviluppo di nuove risorse
economiche grazie alla capacità di attirare fondi d’investimento. Il trattamento delle acque, la
riduzione degli agenti inquinanti nell’atmosfera e il trattamento dei rifiuti ambientali sono solo
alcuni esempi dei provvedimenti presi per la creazione di una società ecosostenibile, garantendo al
contempo una città meglio progettata e più piacevole, che sappia offrire servizi collettivi e
polifunzionali e che sia in grado di affrontare gli squilibri del quadro urbano.
Il terzo e quarto punto hanno accezioni maggiormente di natura economica e sociale. Il terzo
punto in particolare punta sul recupero della competitività cittadina grazie all’utilizzo delle risorse
umane, adeguandosi alle circostanze moderne e creando corsi di formazione post-laurea e aziendale
25
per le nuove leve e i giovani, futuro della città. Si tratta dunque di una politica che guarda a fini e
progetti non soltanto di tipo economico e infrastrutturale (come nel caso di Baltimora e Barcellona,
che anzi hanno in seguito presentato aspetti critici e contraddittori a livello sociale), ma soprattutto
ad uno sfruttamento del potenziale posseduto dai giovani, che deve essere plasmato negli obiettivi e
nei progetti della Bilbao che verrà.
26
Figura 1 masterplan di Zorozaurre per Bilbao, progettato da Zaha Hadid; è interessante come sia
nel progetto l'intenzione di trasformare la penisola in un'insola con case ed edifici
Figura 2 forma urbana del masterplan di Zorozaurre
27
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
Incremento
Percentuale
94-06
VISITORS
24302
169166
216409
397513
394627
489978
605512
2392
CONGRESSES
88
109
268
280
457
735
978
1011
ELEGATES OF
18817
20000
36412
52470
92085
136144
184581
881
HOTEL ESTABLISHMENTS
29
29
36
40
41
44
50
72
HOTEL USERS
442012
518820
804994
782594
795192
964673
1124649
154
1425822 1794586 2123305 2554309 2463512 3395773 3876062
172
AERIAL PASSENGERS
ENTRANCE OF CRUISES
0
0
2
14
19
21
22
PASSENGERS OF CRUISES
0
0
1331
5524
8089
12180
16645
Nella tabella si può vedere il cambiamento apportato dal progetto di waterfront attuato da
Bilbao nel periodo di tempo che va dal 1994 al 2006.
I dati riportati mostrano come, a parte qualche eccezioni, si sia sempre andato ad incrementare
il risultato del biennio precedente. Nell’ultima colonna, infine, è presente la percentuale di
incrementazione dei dati nel periodo di tempo considerato [dati presi da Ibon Areso].
Qui di seguito, poi, i grafici di incrementazione dello sviluppo.
28
29
Lo scenario italiano
L’Italia ha sempre avuto realtà portuali con grandi tradizioni alle spalle, basti soltanto pensare
alle Repubbliche Marinare. E tuttavia lo sviluppo di un waterfront competitivo rispetto alle altre
realtà europee è andato piuttosto a rilento o, viceversa, fu eccessivamente accelerato. Il caso ha
voluto che si creassero realtà differenti e delle volte contrastanti, che hanno portato a risultati
parziali o che hanno reso vantaggi nel breve termine. Il contesto italiano è molto più complesso e
differenziato rispetto ad altre realtà europee e non, così complesso che si riscontrano prese di
posizione e progetti diversi a seconda non soltanto della posizione geografica della zona
considerata, quanto rispetto alle finalità sociali e culturali che guidano il territorio.
È ora interessante ed utile vedere come l’Italia abbia affiancato alle misure europee
precedentemente citate delle proprie di sviluppo di waterfront. Il Governo in particolare varò misure
volte alla riqualificazione urbana, come il Programma di Recupero Urbano, istituito con la legge
493/93. Tra le finalità considerate era presente la riqualificazione dei quartieri di edilizia pubblica
realizzati soprattutto nel dopoguerra, risolvendo le carenza di dotazione infrastrutturale e avviando
processi di riqualificazione morfologica, individuando nuove centralità e nuovi caratteri specifici
cittadini [Delponte]. Ulteriori piani di rigenerazione, poi, furono istituiti con il D. M. 21 dicembre
1994, con l’introduzione dei Programmi di Riqualificazione Urbana e i Programmi Integrati per la
trasformazione di aree industriali dismesse, e il D. M. 8 ottobre 1998, con l’introduzione dei
Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST).
Chiarito in breve il punto storico su alcuni provvedimenti presi a livello nazionale, per
evidenziare come l’attività di rivalutazione del waterfront sia una realtà globalmente considerata
come fondamentale per il progresso sociale e urbano, oltre che economico, è bene ora analizzare un
caso rilevante nel territorio italiano: Genova.
La rivalutazione di Genova
Genova rappresenta un classico esempio di città da sempre considerata poco turistica e che, a
partire dagli anni ’80, ha iniziato un processo rivalutativo del vecchio porto, rivitalizzandosi.
Divenuta una città che scommette, azzarda e punta sulle novità e sullo sviluppo, il porto viene visto
come importante risorsa per il centro storico, sebbene fosse da secoli separato da esso tramite una
cinta daziaria e barriere riservate al lavoro portuale [Guala].
30
Il progetto di recupero del bacino portuale è stato agevolato da esperienze di successo
antecedenti, con studi comparati e valutativi sui sistemi di Baltimora, Barcellona, ma anche San
Francisco, che hanno permesso alla città di intraprendere delle vie similari di sviluppo.
Riduttivo è pensare tuttavia allo sviluppo turistico di Genova come causato unicamente
dall’attività crocieristica. Il waterfront si è evoluto e sviluppato su diversi ambiti di intervento in
maniera più o meno totalizzante, rivalutando non solo l’aspetto industriale e cantieristico (e qui le
esperienze americane sono state di rilevante importanza), ma anche l’aspetto urbanoinfrastrutturale. Barcellona, in tal senso, è stata esemplare per gli insegnamenti che ha potuto dare.
Genova ha affrontato un vero e proprio re-styling del volto della città, attraverso interventi di
trasformazione e riconversione delle aree, restauri e ristrutturazione urbanistica di vie e piazze e
l’innesco di un processo di sviluppo nel settore immobiliare in conseguenza del processo di
riqualificazione del centro storico.
Pretesti per portare a compimento alcuni progetti di recupero urbano oltre che di valorizzazione
del settore turistico, sono state grandi manifestazione ed eventi di risonanza internazionale, come le
Manifestazioni Colombiane del 1992. Quest’ultimo caso, ad esempio, ha permesso di istituire un
piano quadro che permettesse di localizzare le iniziative in spazi circoscritti, così che il progetto
guidato dal bidding process potesse raggiungere una densità tale da non disperdere gli investimenti
necessari e ottenesse il risultato massimo a livello di opinione pubblica nazionale ed internazionale.
La concentrazione degli eventi ha permesso così la nascita di spazi liberi dalle attività produttive,
che divennero preziosi vuoti urbani sui quali intervenire ed investire vantaggiosamente,
riequilibrando ed organizzando le funzioni dell’organismo cittadino circostante. A partire dal 1995
sono stati ridestinati tutti gli spazi lasciati disponibili, con la nascita della Città dei Bambini, la
Biblioteca per i ragazzi, il Museo dell’Antartide, una multisala cinematografica e via dicendo.
Anche in questo caso il fattore esperienziale è stato istruttivo, a partire dalle aree portuali di Londra,
New York e San Francisco (in merito agli eventi storici) fino ad arrivare alla fabbrica del lingotto di
Torino e alle Officine Schlumberger a Parigi.
[Nelle pagine seguenti è interessante notare come Genova presenti tre linee: linea verde, linea
blu e linea rossa]
31
32
33
34
Focus su Urban Lab; quaderno n°1
Obiettivo di questo paper comparativo e di definizione del waterfront in senso generale,
basandosi sugli sviluppi e accadimenti avvenuti in altri contesti, non è quello di illustrare
dettagliatamente ogni passaggio dei casi presi in analisi nel processo di comparazione, quanto
piuttosto realizzare una rapida focalizzazione sull’incipit di partenza del development process
avviato dalle città. Come avvenuto nelle sezioni precedenti dunque, e rimanendo sempre in un
contesto molto generico, verrà preso in esame l’Urban Lab di Genova, attraverso cui la città ha
saputo dare risalto alle esigenze richieste per lo sviluppo e grazie al quale sono state definite le
prime linee guida del Piano Regolatore.
Il quaderno n°1 riguarda uno dei primi progetti di definizione del Piano Regolatore del
waterfront di Genova, da inserire poi nel Piano Regolatore stesso. E’ in questo documento che
vengono raccolti i principi di crescita sostenibile, riassumili in dieci punti principali.

Creare una Genova integrata, compatta e sostenibile, che imposta il suo sviluppo su una
valorizzazione delle risorse che connotano la sua identità.

La linea verde e la linea blu quali espressioni della città compatta, il territorio verde e il
mare.

Ricostruire il rapporto con il verde come rapporto tra la natura e la città.

Ricostruire il rapporto della città con il mare come rapporto reale tra l’acqua e la terra,
da esprimersi mediante un legame con il territorio più ampio e complesso.

Costruire sul costruito come riqualificazione e completamento piuttosto che espansione.

Privilegiare il trasporto pubblico rispetto al trasporto privato come obiettivo prioritario
della mobilità urbana.

I grandi progetti e i piccoli progetti come trasformazione dei grandi ambiti e contestuale
recupero e valorizzazione delle are a livello di quartiere.

Qualità urbana intesa come qualità e bellezza architettonica degli spazi da inserirsi nel
progetto di riqualificazione.

Integrazione sociale come principio fondante della riqualificazione urbanistica e
dell’architettura.

I concorsi come strumento di pianificazione e progettazione.
Esaminando il paper del Comune di Genova, in prima istanza si nota come sia stato affrontata
rapidamente un’analisi comparativa tra i diversi porti europei, assunti come esempi rilevanti dai
35
quali la città deve apprendere. Ciò che sostanzialmente viene ricercato dalla città e preso come base
per sviluppi futuri è la capacità di integrare sapientemente la pianificazione urbanistica con
l’architettura.
È proprio dall’analisi metodologica di approcci precedenti che vengono portati alla luce aspetti
negativi del processo di pianificazione fino a quel momento assunto, individuati in: a)
incompletezza del disegno strategico; b) sottovalutazione delle tematiche ambientali; c) scarsa
flessibilità delle previsioni pianificatorie. Di converso, cercando soluzioni teoriche alternative, sono
state individuate come iniziali soluzioni metodologiche: a) la creazione di una pianificazione
strategica; b) il perseguimento di una società ecosostenibile e, più in generale, della sostenibilità
ambientale; c) il far riferimento ad indirizzi normativi prestazionali e qualitativi.
Da questa analisi realizzata dallo Urban Lab si può vedere come sia negli intenti la creazione di
un approccio metodologico ben differente dal precedente, stabilendo piani strategici di tipo
dinamico-evolutivi piuttosto che statici. Esso ha dunque centrato il problema sul punto debole in
comune a molti progetti, che non coinvolgono solo la tematica di waterfront ma che abbracciano
diverse discipline e diversi ambienti. Una metodologia che non si cura dell’evoluzione di un
progetto tende ad invecchiare col passare del tempo e ammuffisce senza evolversi. Viceversa, essa
dovrebbe puntare ad una elasticità di ricerca, modificare i propri approcci, tendere verso una
diversificazione ed un adattamento delle fasi in gioco per portare a frutti maturi.
La metodologia di piani e progetti, metaforicamente, è come una pianta: la libertà data ai rami
che crescono nel tempo è di dovere, ma non deve essere eccessiva. Dove necessario questi rami
saranno guidati dalla mano del coltivatore. Invero la stessa cosa vale per i progetti di waterfront,
dove il piano di realizzazione deve avere libertà di seguire quanto stabilito ed essere soggetto alle
variazioni societarie, ma dove necessario il piano va migliorato e affinato a seconda delle
condizioni che si presentano al creatore/i del progetto.
Una volta stabiliti i criteri metodologici da seguire, lo Urban Lab ha gettato le basi teoriche e
strategiche del progetto waterfront di Genova, puntando al superamento del processo di
zonizzazione indifferente al territorio ed operando in una logica fondata su diverse discipline, dai
trasporti all’ambiente. Principalmente furono individuate tre fasi specifiche su cui basare gli
interventi seguenti, come: la verifica di adeguatezza del PUC (Piano Urbanistico Comunale) di
inizio 2000, la formazione e promozione del nuovo Piano e la gestione dello stesso. Ogni fase
prevedeva a sua volta diversi ambiti di localizzazione disciplinare e diversi approcci alla materia,
pur seguendo sempre la linea metodologica evolutiva prestabilita. Al fine di rendere uniforme gli
36
interventi, lo Urban Lab ha dato vita a tre laboratori per lo sviluppo delle attività, ognuno dei quali
con specifiche competenze in merito:
1. Il tavolo delle idee, col compito di individuare i temi e le politiche di pianificazione da
sviluppare.
2. Il laboratorio degli indirizzi, che definisce e sviluppa gli indirizzi normativi.
3. Il laboratorio dei progetti, per lo sviluppo dei progetti e le prerogative individuate per lo
urban development.
In conclusione, Genova ha optato per una pianificazione strategica su un argomento specifico: lo
sviluppo del waterfront. Analisi di aspetti comparativi, modificazione dell’approccio metodologico
evolutivo della questione in studio, la pianificazione strategica del progetto di waterfront grazie al
supporto di organi ed uffici ad hoc, sono gli aspetti principali di quanto appena illustrato e mettono
in mostra come la realtà genovese fosse partita col piede giusto.
Tuttavia è mancato nel tempo un controllo unitario soddisfacente dello sviluppo dei progetti. Un
programma di così grande portata, che prevedeva uno sviluppo immediato a fronte di una situazione
bloccata da moltissimo tempo, richiedeva un continuo miglioramento nel coordinamento dei
progetti [Hayut, 1993], armonizzando i tempi di esecuzione e la qualità delle realizzazioni. Genova
da tempo è ferma, e il tentativo di fuoriuscire dal modello della città portuale e industriale è in salita
nonostante i successi [Guala]. È una città da prendere senza dubbio ad esempio, ma anche una città
che nel tempo ha avuto progetti lasciati a sé stessi, con un processo metodologico che non è stato
perseguito pienamente nei suoi fattori teorici e anzi ha assunto staticità invece di vita e mutamento.
Conclusioni
Una realtà differenziata, quasi anomala rispetto alle diverse realtà portuali, Civitavecchia è un
amalgama di tradizione storica e modernità industriale.
La metodologia applicata a questo testo di comparazione risiede principalmente nello studio e
nell’applicazione al caso locale di parole chiave fondamentali quali sviluppo infrastrutturale,
ecosostenibilità cittadina, rivalutazione dello sviluppo storico-tradizionale, sviluppo del settore
turistico.
Partendo dunque dal presupposto che per un cambiamento del volto di un waterfront è
fondamentale seguire ed incrementare un processo di pianificazione prestabilito [Gordon, 1996],
individuando possibili strategie da seguire, implementazioni e sviluppi locali. Baltimora ha avuto
37
sviluppo sul fronte urbano e infrastrutturale, delineando una propria cultura e basandosi sul sistema
universitario. Dal punto di vista spagnolo, Barcellona ha dato avvio ad una totalizzazione della
rigenerazione del waterfront sotto molteplici aspetti, andando dal sistema universitario, al settore
turistico, a quello infrastrutturale sia dei trasporti che urbano. Bilbao, pur essendo fluviale e
apparentemente non interessando la realtà di Civitavecchia, ha in comune il fatto di possedere alle
fondamenta una propria cultura radicata quale è quella basca. A dispetto di Barcellona, che non
presenta una tradizione di forte impatto di per sé ma ha dovuto crearla ex novo, Bilbao ha cercato di
sfruttare la risorsa della tradizione e della cultura popolare, poggiando le basi sullo sviluppo del
sistema universitario e sulla cultura più in generale. Ha saputo sfruttare le risorse umane presenti dal
punto di vista giovanile creando posti di lavoro e sviluppando il settore delle infrastrutture nel
rispetto dell’ambiente. Genova, dal canto suo, ha dato vita a grandi innovazioni sulla scia di
sviluppo di Barcellona attraverso opere ed infrastrutture (puntando su bidding process e archistar),
girando a proprio favore eventi di grande importanza e che hanno portato estesi guadagni. Pur
presentando le difficoltà in precedenza analizzate, è comunque da considerare un elemento fondante
a livello italiano riguardo i dati di comparazione.
E per quanto riguarda Civitavecchia? La località presenta dei punti particolarmente vantaggiosi,
ma esiste tuttavia un forte impedimento sia di tipo culturale che di tipo economico-amministrativa
tra il porto e la città.
Partendo dalla definizione di “Porto di Roma”, è chiaramente visibile come viene considerato il
polo civitavecchiese: una risorsa per il turismo della capitale; un turismo che, però, va verso la
capitale. Civitavecchia è una città di ottima qualità culturale e grande rilevanza storica non solo per
i monumenti presenti, quanto per il valore archivistico e storico che riesce, nel suo piccolo, a dare.
Per questo motivo, nella presente analisi, è pensabile una maggior vicinanza con Bilbao piuttosto
che con Barcellona o Genova.
Le risorse presenti sul territorio sono poco utilizzate e mal sfruttate, e quello che potrebbe
derivare da una loro rivalutazione comporterebbe non soltanto guadagni economici, ma anche
guadagni da un punto di vista storico-culturale, in un’area che vede da un lato la storica quanto
importante città di Tarquinia e l’Etruria in genere e dall’altro lato una città come Cerveteri. I turisti
che sbarcano a Civitavecchia sono attirati dalle potenzialità che è in grado di donare la città
storicamente parlando, ma il mancato sfruttamento porta ad una sempre maggiore decadenza di tali
prospettive. Contrariamente, fare della nostra cultura un cavallo di battaglia che possa introdurre il
turista ad un panorama storico variegato (e che agilmente può passare da Civitavecchia a Tarquinia
o da Civitavecchia a Roma a seconda degli itinerari stabiliti) comporterebbe successi su tutti i
38
settori, compreso il difficoltoso settore lavorativo. Molti ragazzi di scuole superiori di stampo
turistico o uscenti da università di stampo storico archivistico, potrebbero trovare lavoro negli
ambiti a loro più confacenti e desiderabili, aumentando di gran lunga la vivibilità sociale e portando
sviluppi ulteriori a favore del locale. L’Amministrazione in tal modo si dimostrerebbe vicina e di
grande sensibilità sociale, impiegando forze che avrebbero sviluppi successivi su diversi fronti e
investimenti che esulano anche dal semplice centro storico.
Portato alla luce quanto un sapiente sviluppo del waterfront riesca a donare aria nuova e
rigenerazione sotto ogni aspetto, è qui auspicabile che lo sviluppo non coinvolga unicamente il
territorio e l’infrastruttura portuale, ma si estenda anche alla zona cittadina limitrofa. Affinché una
rigenerazione del waterfront abbia successo, Chunsong Wang afferma come debbano essere
perseguiti diversi aspetti:
1. definire il waterfront pensando al suo ruolo futuro nella città;
2. realizzare un master plan al fine di coinvolgere la comunità e gli attori nei primi step di
sviluppo;
3. creare un clima favorevole per lo sviluppo del waterfront;
4. creare una partnership di lavoro tra autorità pubbliche, organizzazioni private e gruppi
della società civile;
5. revisionare il master plan al fine di seguire le necessità di mercato e ridurre il più
possibile la soglia dell’analisi dei rischi;
6. se possibile, è auspicabile la presenza di un’agenzia indipendente che possa perseguire
in libertà i piani di sviluppo del waterfront.
Questa breve analisi presenta punti di esplicazione generale del concetto di waterfront e casi
comparativi di grandi realtà facilmente sfruttabili e gestibili a livello locale in una città che offre
tanto potenziale, ma finora è stato poco sfruttato. È bene agire nella consapevolezza, quindi, che il
processo è lungo, ma proprio per il fatto che l’aspetto locale è minore rispetto ad altri casi, è più
facile vederne i risultati sul medio-lungo termine, ove le forze in gioco trovino punti di incontro
ragionevoli per l’interesse pubblico e la città.
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