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Epidemiologia dei suicidi in provincia di Bergamo 1994

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Epidemiologia dei suicidi in provincia di Bergamo 1994
Direttore Generale Dr. Stefano Rossattini
DIREZIONE SANITARIA ASL BERGAMO
Direttore Sanitario Dr. Silvio Rocchi
UFFICIO STUDI EPIDEMIOLOGICI ED ANALISI DELLA DOMANDA
Responsabile Dr. Alberto Zucchi
Epidemiologia
dei suicidi
in provincia di
Bergamo
1994 - 2000
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Epidemiologia dei Suicidi in provincia di
Bergamo 1994 - 2000
Direttore Editoriale:
Silvio Rocchi
Direzione Scientifica:
Alberto Zucchi
Collaboratoridisettore:
Giuseppe Sampietro1
Silvia Ghisleni1
Gian Carlo Zambetti1
LauraOprandi 2
GiovanniBrembilla 2
RobertaBonù1
ASL di Bergamo - 2002
1 - Ufficio Studi Epidemiologici ed Analisi della Domanda
2 - Ufficio Programmazione e Sviluppo Sistemi Informativi
Si ringrazia la dr.ssa Silvana Parilli, Responsabile Area Comunicazione
dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS - sede di Bergamo) per aver
messo gentilmente a disposizione i dati relativi alle professione dei soggetti in
studio.
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Presentazione
Lo studio epidemiologico sul fenomeno suicidario in provincia di Bergamo si inserisce
nel solco metodologico che ha visto l’avvio con l’Atlante della Mortalità Oncologica in
Provincia di Bergamo, è proseguito con l’Atlante della Mortalità Evitabile, ha avuto
ulteriori step con l’Atlante dei Ricoveri 1997-2001 ed il CD sullo stato di salute, e che
continuerà con altri studi che intendono informare ed aggiornare sullo stato
epidemiologico e sulle necessità dei cittadini della provincia di Bergamo.
L’evento “suicidio” è da sempre omologato al concetto, usuale in epidemiologia, di
“causa iniziale” di decesso, come a significare che la volontà suicidiaria che ha portato
una persona a compiere tale atto sia la patologia più importante per la persona stessa. In
realtà dietro il tragico fenomeno del suicidio si possono individuare molti fattori e
motivazioni che sono oggetto di studio di discipline scientifiche come la psichiatria, la
sociologia e l’antropologia.
Il nostro compito di operatori sanitari è quello di coadiuvare queste discipline, offrendo
loro strumenti scientificamente rigorosi per poter leggere un fenomeno che rappresenta,
purtroppo anche nelle classi di età più giovani, una delle cause di morte di maggior
rilievo.
Studi di questa natura ci permettono di focalizzare l’attenzione sulla nostra provincia in
modo da poter capire le zone in cui tale problematica è più grave e in cui i bisogni sono
pertanto ancor più pressanti.
Per la direzione strategica di un’Azienda Sanitaria Locale, in cui le componenti sociali,
socio-sanitarie e sanitarie pure si intrecciano spesso senza soluzione di continuità, è
essenziale individuare tutte le problematiche di un territorio complesso ed eterogeneo
come la provincia di Bergamo, in modo da poter disegnare una mappa dei bisogni e
delle possibili risposte a questi bisogni.
In quest’ottica, lo studio sulla mortalità per suicidio può essere un importante strumento
anche per le realtà locali, dai comuni alle associazioni della società civile, che possono e
devono coadiuvare l’ASL nella prevenzione di un evento che non comporta solo la
morte del singolo individuo, ma che può lasciare profonde ferite sia in ambito familiare
che nell’intera comunità in cui tale fenomeno si registra. Soprattutto l’individuazione
delle categorie più a rischio ci può permettere di migliorare la nostra vigilanza sanitaria.
La qualità delle informazioni di questo studio, così come delle altre opere prodotte
dall’Ufficio Studi Epidemiologici e Analisi della Domanda, devono trasformarsi un
strumenti per la lettura dei bisogni della popolazione bergamasca.
Mi auguro dunque che il solco tracciato da questa serie di analisi possa proseguire nel
tempo, per continuare a offrirci una visione globale dello stato di salute della nostra
popolazione.
IL DIRETTORE GENERALE
dott. Stefano Rossattini
a
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Prefazione e valutazioni generali tecniche
Perché un altro atlante sullo stato di salute dei bergamaschi? e perché un atlante su una
materia così delicata e drammaticamente umana (al punto che sembra scoraggiare persino
gli studi nelle varie province d’Italia)?
Per un motivo generale e per uno specifico
Da una parte, anche questo atlante sulla epidemiologia dei suicidi in provincia di Bergamo
(anni 1994-2000) continua la tradizione dell’ASL di Bergamo di analisi dei bisogni di salute
come passo prioritario per un sistema di salute governato dal binomio domanda – offerta,
e non solo dall’offerta storica di servizi sanitari. E’ stata questa la strada che ci ha permesso
di ricostruire la vera domanda di salute dei bergamaschi attraverso la mappa delle
“emergenze” sanitarie.
Questo il senso e la storia degli atlanti che si sono succeduti dal marzo 2000 ad oggi:
Atlante di mortalità oncologica, Atlante delle morti evitabili, Atlante dei ricoveri, Atlante
sullo stato di salute dei bergamaschi.
La serie degli atlanti, per cosi dire generali, sta inevitabilmente lasciando il posto agli atlanti
settoriali, di patologia.
E così arriviamo al motivo specifico
In questa seconda serie, dopo aver esplorato il “pianeta Alzheimer”, abbiamo volutamente
puntato l’attenzione sul fenomeno suicidario non tanto per derivarne, almeno in prima
istanza, strategie di politica sanitaria, quanto piuttosto per iniziare a conoscere dimensioni,
correlazioni, specificità di un fenomeno tanto drammatico (anche se sembra una
contraddizione ), quanto rimosso dalla coscienza collettiva.
Di seguito sono anticipate, in sintesi, le considerazioni tecniche (tassi, distribuzione
spaziale e temporale, attività professionale, modalità suicidarie ecc.) che con più forza
escono da questo studio.
Uno studio particolarmente lungo e laborioso soprattutto, là dove si è trattato di
ricostruire a posteriori le condizioni socio-economiche dei deceduti, che l’ASL di Bergamo
offre non solo e tanto alla comunità sanitaria, quanto a tutta la società e a coloro che in
essa, a vario titolo svolgono funzioni di “riferimento” per i propri simili.
• Rispetto alle altre province Lombarde, la provincia di Bergamo, con un tasso
standardizzato di suicidio pari a 6,6 per 100.000 abitanti, si colloca in posizione intermedia
(tasso st.=6,6 uguale a quello della regione Lombardia)
• Riguardo invece l’andamento del tasso di suicidio per sesso, il posizionamento del tasso
maschile in provincia in Bergamo si colloca intorno ad un valore leggermente inferiore
rispetto al valore medio della Lombardia, mentre quello femminile si colloca intorno ad un
valore leggermente superiore.
• Nel periodo 1994-2000 in provincia di Bergamo ci sono stati 507 suicidi, pari ad un tasso
specifico annuo di 7,65 x 100.000 residenti.
• I maschi sono 380 (75%) e le femmine sono 127 (25%); questo determina un valore
dell’indicatore sex ratio M/F di 2.99 : 1.
b
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
• Rispetto alle altre cause di morte, il decesso per suicidio è pari ad una quota proporzionale
annua dell’ 1% circa.
• Non si evidenzia un trend significativo nell’andamento del tasso specifico di suicidio in
provincia di Bergamo nel periodo 1994-2000. Si rileva un valore massimo nel 1999.
• L’età media dei decessi per suicidio in provincia di Bergamo è 49 anni, la mediana è 50 anni
(range: 15-91 anni).
• I suicidi oltre i 65 anni rappresentano il 27% del totale, e rappresentano rispettivamente il
23% nei maschi e il 38% nelle femmine. L’andamento complessivo del tasso cresce con
l’età, raggiungendo il valore massimo nella classe di età 70-74.
• Nei maschi, il tasso di suicidio cresce esponenzialmente con l’età, raggiungendo il valore
massimo dopo gli 85 anni. Nelle femmine, i tassi specifici mostrano un andamento
rettilineo di crescita con l’età, con un massimo raggiunto nella classe di età 65-69. In
generale, per quanto riguarda l’andamento temporale dei tassi specifici per età e sesso, si
osserva un aumento nell’età anziane in accordo con l’andamento registrato in Italia e negli
altri paesi europei.
• Non si evidenzia alcun andamento significativo nelle tre classi di età giovanile (15-19, 2024, 25-29 anni) in provincia di Bergamo. Questo è in parte determinato dalla bassa
numerosità in studio.
• La distribuzione stagionale evidenzia una prevalenza nei mesi di maggio, giugno e luglio,
mentre si ha un minimo nel mese di agosto. L’andamento individuato conferma i risultati
di altri studi italiani.
• Per quanto riguarda i distretti, il tasso più elevato è quello del distretto Valle Brembana,
seguito dal distretto Monte Bronzone-Alto Sebino. I tassi minori sono quelli dei distretti
Dalmine e Romano di Lombardia.
• L’analisi spaziale formale di ricerca di eventuali cluster di casi focalizza l’esistenza di tre
cluster veri e propri denominati, dal comune che funge da centroide al cluster stesso
Cassiglio in Val Brembana, Serina e Foresto Sparso.
• La ricostruzione, basata sul linkage nominativo dei soggetti deceduti con il dataset dei
ricoveri dei residenti bergamaschi nell’ambito del data warehouse del Sistema Informativo
dell’ASL della provincia di Bergamo, ha individuato 143 casi di suicidio con almeno un
ricovero negli anni 1997-2000 e di questi 51 erano ricoveri per disurbi psichiatrici.
• In base ai dati a nostra disposizione (fonte INPS con l’eccezione di 32 soggetti per i quali la
fonte di informazione deriva dal ricovero ospedaliero), sono stati individuati alcuni gruppi
professionali; i pensionati rappresentano il 32% del totale.
• Per le modalità di suicidio in entrambi i sessi prevale l’impiccagione, o soffocamento;
variano invece le altre modalità: nei maschi si assiste ad una frequenza per l’uso di arma da
fuoco e avvelenamento per sostanze gassose, nelle femmine tendono a prevalere le
modalità di suicidio tramite precipitazione, annegamento e avvelenamento tramite sostanze
solide o liquide.
Bergamo, novembre 2002
L’ Editor
Il Direttore Sanitario
Silvio Rocchi
c
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Sommario
Presentazione .................................................................................................................... a
Prefazione e valutazioni generali tecniche ...............................................................b
Sommario ........................................................................................................................... 1
Introduzione ...................................................................................................................... 2
Obiettivi .............................................................................................................................. 3
MATERIALI E METODI ............................................................................................ 4
I metodi di sorveglianza spaziale e temporale ........................................................ 7
I “cluster” spaziali in epidemiologia: significato ed approccio ....................... 10
Metodologia utilizzata nell’analisi spaziale dei suicidi in provincia di
Bergamo.......................................................................................................................14
Scopi e metodi delle analisi di sorveglianza temporale .........................................16
La sorveglianza epidemiologica ................................................................................17
LA MORTALITÀ' ......................................................................................................... 18
I dati italiani e regionali ............................................................................................ 18
Tassi di suicidio in Italia ............................................................................................18
Dati ISTAT relativi al 1998 – PROVINCE LOMBARDE .................................19
I dati della provincia di Bergamo ........................................................................... 22
Confronto con le altre cause di decesso..................................................................22
L’andamento nel tempo dei suicidi in provincia di Bergamo .............................. 30
Analisi per età.............................................................................................................. 31
Suicidi in età giovanile...............................................................................................34
Situazione in Italia ......................................................................................................34
Tasso di suicidio in età giovanile a Bergamo.......................................................... 36
Analisi della distribuzione stagionale....................................................................36
Analisi per distretto dell’ASL della Provincia di Bergamo..............................36
Analisi della distribuzione territoriale ...................................................................36
Analisi di sorveglianza temporale...........................................................................36
Fattori di rischio .......................................................................................................... 36
Ricostruzione della storia professionale del profilo di ricovero dei soggetti
suicidati ........................................................................................................................ 36
Modalità di suicidio in provincia di Bergamo .................................................... 36
Distribuzione delle modalità per classi di età ........................................................... 36
Bibliografia ...................................................................................................................... 36
Indice tabelle................................................................................................................... 65
1
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
INTRODUZIONE
Le stime prodotte dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
prevedono per il 2020 un milione e mezzo di suicidi, oltre a 10 milioni
di tentativi non portati a termine.
Ogni anno, in Italia, si suicidano circa sei persone su centomila,
soprattutto uomini.; una cifra che va moltiplicata per diciotto se si
vogliono includere anche i tentativi di suicidio, che, in questo caso,
vedono coinvolte in particolar modo le donne.
Queste stime evidenziano l'attualità del fenomeno suicidio, il suo peso
sociale e sanitario, e dunque l'attenzione che richiede da parte delle
agenzie di sanità pubblica.
L’analisi statistica dei dati mondiali dal 1959 al 2000 indica l'Europa
orientale al primo posto come tasso di suicidi: Lituania e Russia
superano rispettivamente, nella popolazione maschile, i 79 e i 72 casi
annui per 100.000 abitanti, seguiti da Estonia e Lettonia con 64 casi,
Ungheria con 49, Slovenia con 48. Un determinato contesto storico e
socioculturale può quindi rivestire un ruolo favorente.
Ad eccezione della sola Cina, i rapporti di tutti gli altri paesi mostrano
una netta preponderanza del fenomeno tra i maschi, mentre,
indipendentemente dal sesso, la percentuale di eventi aumenta con
l'aumentare dell'età.
Che cosa spinga giovani, anziani, donne, uomini a suicidarsi è
argomento di discussione da sempre. Oggi risulta sempre più chiaro
che oltre l'ottanta per cento dei suicidi avviene nel corso di un disturbo
depressivo, ma diagnosticato soltanto in una metà dei pazienti e
trattato in appena il quindici per cento.
Tra i principali fattori di rischio si distinguono quindi le patologie
psichiatriche (distinte dai disturbi della personalità e dai disturbi
somatici).
Le malattie che più spesso si associano agli atti di suicidio sono i
tumori, l'AIDS, il diabete mellito giovanile e varie forme neurologiche
(tra cui ictus, epilessia, morbo di Parkinson, sclerosi multipla).
Altri fattori di rilievo sono riscontrabili in variabili di contesto socioculturale ed ambientale più ampio: relazioni familiari, rapporti
lavorativi, cambiamenti logistici, emigrazioni e alcuni condizionamenti
culturali e religiosi possono agevolare l'evoluzione di condotte
individuali suicidarie.
2
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
OBIETTIVI
• approfondire l’analisi di mortalità suicidaria a
livello locale con i metodi dell’epidemiologia
geografica spaziale, per individuare eventuali
cluster sospetti, anche se di dimensioni
statistiche ridotte, entro l’area in studio.
• analizzare l’evoluzione della mortalità
suicidaria nel tempo, con i metodi di
sorveglianza temporale, per individuare
periodi/anni fuori range.
• descrivere alcune variabili caratterizzanti i
soggetti suicidi a livello locale (patologie
psichiatriche,
situazione
professionale,
sesso, età, ecc.)
3
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
MATERIALI E METODI
Dati di mortalità
Due sono le fonti correnti di dati sui suicidi in Italia; entrambe fanno
riferimento all’Istituto Centrale di Statistica (ISTAT).
• FONTI GIUDIZIARIE: rilevano i casi di suicidio e di tentato
suicidio in base alle comunicazioni degli uffici di polizia e dei
Comandi dei Carabinieri: è disponibile a partire dal 1955. Questi
dati sono stati pubblicati in forma aggregata nell’Annuario di
statistiche giudiziarie, nell’Annuario statistico e su alcuni
supplementi al Bollettino mensile di statistica.
• FONTI SANITARIE: il secondo flusso informativo, relativo ai
soli casi di suicidio, è rappresentato dal certificato di causa di
morte compilato dal medico che assiste al decesso. I dati così
raccolti vengono pubblicati dal 1955, in forma aggregata,
nell’Annuario di statistiche sanitarie.
Nella presente trattazione si sono utilizzate le statistiche sanitarie perché
rappresentano il punto di riferimento sia per i confronti geografici su scala
internazionale, sia per gli andamenti temporali.
Inoltre tutti gli autori sono concordi nell’attribuire alle statistiche giudiziarie
una sottostima di circa il 20% del fenomeno [A. Biggeri et al., 1991].
Sono stati considerati i dati ISTAT anche per poter effettuare confronti tra
la situazione territoriale bergamasca e quella delle altre province italiane.
Il dato di mortalità a livello individuale è stato tratto dal Registro di Mortalità
nominativo dell’ASL di Bergamo.
4
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
LA SCHEDA ISTAT
Riquadro “Morte da causa violenta”
Quesito 5 “Causa violenta”
Codice 3 “Suicidio”
Il dato relativo all’episodio suicidario è contenuto in
sede di scheda ISTAT di decesso nell’ambito del
“Riquadro Morte da Causa violenta” ed è definito dal
quesito 5 “Causa violenta”, con codice 3 “Suicidio”.
Informazioni
Informazioni
Sanitarie
Anagrafiche
Morte da causa
violenta
Morte da causa
naturale
Codifica lesione organica
ICD 9
La lesione organica prodotta dall’evento segue la consueta
codifica ICD-IX codici 800-999.
International Classification of
Disease, 9th revision
La definizione della modalità di accadimento dell’evento
(“Mezzo o modo con cui la lesione è stata determinata”)
rientra nelle classificazioni supplementari e speciali della classificazione ICDIX, nell’ambito della voce “Cause esterne dei traumatismi ed avvelenamenti
(codici “E950-959” –Suicidio ed autolesione).
Modalità di accadimento
5
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Dati di ricovero
Si sono considerati tutti i ricoveri dal 1997 al 2000 [cfr. Atlante dei
Ricoveri in Provincia di Bergamo, 2002], individuando tutti i casi di suicidio
che hanno avuto almeno un ricovero. Per la descrizione tecnica delle
modalità di individuazione dei casi e della relativa patologia che ha condotto
al ricoveri, vedi il capitolo relativo ai fattori di rischio.
Dati professionali
I dati relativi alle professione sono di fonte INPS.
Per alcuni casi ci si è avvalsi dell’informazione ricavata dai dati di ricovero.
6
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
I METODI DI SORVEGLIANZA SPAZIALE E
TEMPORALE
Scopi e metodi delle analisi spaziali
Fondamentalmente, lo scopo ultimo è ottenere
un’informazione sintetica ed efficiente in base
ai dati provenienti dagli indicatori statistici più
adeguati rispetto al fenomeno in studio e dalla
prossimità geografica, producendo mappe
relative ad eventi di natura sanitaria, come la
mortalità o i ricoveri.
L’interpretazione dei dati geografici di ricovero (al di là di
problemi tecnici quali il tipo di statistiche da utilizzarsi e le loro
proprietà, la definizione delle aree, la scala, lo schema colorimetrico, etc.),
coinvolge quindi la definizione di almeno tre problematiche:
Problematiche
• La casualità o meno nella differenza dei tassi rilevati in aree
diverse
• La definizione di aree ad alto o basso rischio
• L’esistenza o meno di aggregati anomali di casi di patologia
(“detection of cluster”) o viceversa di un certo pattern che
esprima la tendenza ad una aggregazione spaziale particolare
(“clustering”).
Per quanto concerne il primo punto, il test più noto, sia pure con i limiti di
potenza che esso possiede, e nonostante il fatto che non tenga in nessuna
considerazione l’informazione spaziale, rimane il test globale d’omogeneità o χ2
dispersion test.. Un altro test, analogo all’analisi della varianza, è stato applicato
allo studio dell’eterogeneità dell’incidenza di cancro (test dell’eterogeneità di Gail) (Gail,
1978).
La definizione di aree ad alto e basso rischio, in molti atlanti di mortalità, è stata
fatta mediante il confronto dei casi osservati con i casi attesi basandosi o su
una distribuzione χ2 con 1 grado di libertà o su una distribuzione di
Poisson.
7
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Relativamente al terzo punto, i metodi statistici utilizzati nell’analisi di
pattern ed aggregazioni spaziali dipendono in larga misura dal tipo di
scala e di variazione geografica da studiare.
Variazioni su
ampia scala
In analisi riguardanti variazioni su “ampia scala”, in senso
geografico, le variazioni stesse possono creare un “gradiente”
spaziale, analogo concettualmente al trend che si può osservare
nell’ambito delle analisi di serie temporali. In questo caso i gradienti possono
essere rappresentati da funzioni lineari o polinomiali delle coordinate
geografiche scelte per ciascuna area, e ad essi è possibile applicare metodi di
stima ottenuti mediante vari modelli di regressione. Strutture gradiente simili
sono riscontrabili, ad esempio, in vari atlanti di mortalità per neoplasie od
altre patologie, sia in ambito intra-nazionale che internazionale. Dopo
l’identificazione di un eventuale gradiente, appare di rilievo l’analisi di
variazioni residue, al fine di individuare pattern spaziali particolari che siano
indicatori dell’influenza di variabili “esogene”.
Un ulteriore metodo si propone la costruzione di mappe epidemiologiche
mediante l’utilizzo della “cluster analysis”, una tecnica statistica che si
propone di suddividere i dati in “aggregazioni naturali”, sfruttando le loro
similarità/dissimilarità. Uno dei limiti che rende tuttavia questo metodo poco utile per
l’analisi dei dati di mortalità in aree di ridotte dimensioni è il fatto che ignora completamente
l’informazione relativa alla contiguità geografica delle aree (Indrayan A, 1996).
Rilevazione della ”autocorrelazione spaziale” di una variabile.
Definiamo l’esistenza di autocorrelazione spaziale nei casi in cui una variabile
presenti nello spazio un pattern tale che i suoi valori, in una determinata
localizzazione, dipendono dai propri valori esistenti in un altra localizzazione.
“L’autocorrelazione spaziale è presente quando valori simili tendono a creare cluster su di
una mappa” (John Odland, 1988). È possibile testare statisticamente, mediante
apposite procedure, l’indipendenza di valori spazialmente prossimi
(formulazione di ipotesi su variabili distribuite geograficamente). In altri
termini, se assumiamo per ogni localizzazione la medesima probabilità di
possedere, per una determinata variabile in studio, ogni particolare valore
possibile, e che la probabilità di ricevere quel determinato valore sia
indipendente dai valori in altre localizzazioni, troviamo come sia altamente
improbabile che, dato un numero di localizzazioni sufficientemente elevato,
un pattern autocorrelato si presenti per puro effetto del caso.
I test più noti, a tale proposito, sono il test I di Moran, il test C di Geary e, per le
variabili categoriche, il test joins-count (“conteggio delle giunzioni”).
8
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Il test I di Moran si presenta secondo la formulazione:
I=
n
∑ ∑ w ij
−
− 


∑ ∑ w ij  xi − x  x j − x 
−



 , dove Xi è il valore di una variabile nella regione i, X è la media della
*
∑ ( xi − x )
2
variabile; wij rappresenta un set di pesi (anche detta “funzione-lag”, riprendendo la terminologia tipica delle analisi di
serie temporali), da cui dipendono sia I che il c di Geary, scelti dal ricercatore, in relazione alla disposizione spaziale delle
localizzazioni in studio; se ad esempio si desidera analizzare l’ipotesi che i valori della variabile in analisi dipendano più
dalla distanza fra le varie localizzazioni, che dalla vicinanza, appare adeguato esprimere wij come l’inverso della distanza
esistente tra le regioni, piuttosto che dalla distanza sic et simpliciter. La statistica I, che rappresenta il rapporto
devianza/codevianza, è prodotta mediante la standardizzazione dell’autocovarianza spaziale. Il valore atteso di I è:
E = − [1 / ( n − 1 ) ]
. Valori di I superiori ad E(I) indicano l’esistenza di un’autocorrelazione spaziale
positiva, mentre valori inferiori indicano la presenza di un’autocorrelazione spaziale negativa (i valori prossimali tendono
ad essere dissimili, anche se non indipendenti). Aumentando il numero di regioni interessate, E(I) tende a 0, valore
atteso dell’usuale coefficiente di correlazione di Pearson.
In analisi riguardanti variazioni su “piccola scala”, ovvero nella
situazione in cui è possibile definire la localizzazione di ogni
evento nell’ambito di un’area definita, possiamo condurre, come
detto, studi che analizzino due tipi di fenomeni spaziali:
l’esistenza di un’aggregazione locale (“cluster”) di casi intorno ad una sorgente
sospetta o riconosciuta a priori quale fattore di rischio (ad es., una centrale
termoelettrica, una fabbrica ad emissioni inquinanti, etc.); ricorderemo
soltanto i test di associazione alla distanza proposti da Stone (Stone RA, 1988).
l’esistenza di un’aggregazione spaziale (“clustering”) nella distribuzione dei
casi su di un’area definita; i metodi proposti per l’evidenziazione di un
“clustering” spaziale sono invece generalmente raggruppati in tre categorie:
Variazioni su
piccola scala
• metodi basati sulla conta nelle celle;
• metodi sulle adiacenze di celle con elevate conte;
• metodi basati sulla distanza.
Il metodo basilare fondato sulla conta nelle celle prevede il conteggio degli
eventi di interesse nell’ambito dei confini (in genere amministrativi) delle aree
in studio. L’ipotesi nulla da testare considera i casi come campione estratto da
un processo poissoniano omogeneo, in modo tale che i conteggi d’area siano
variabili poissoniane indipendenti, con parametro ignoto comune. I principali
test in grado di misurare ciò sono il rapporto varianza/media (indice di
dispersione) oppure il test χ2 per l’eterogeneità. I test sulle adiacenze sono del
tipo già definito precedentemente (metodo join-count di Moran). I metodi
relativi alla distanza si basano sulla distribuzione delle distanze fra coppie di
punti sulla mappa, considerando solo le distanze dalle coppie dalla vicinanza
più prossima (Nearest Neighbour Test; k Nearest Neighbours Test; Inverse
Sampling k Nearest Neighbours; Run Length Test, etc.). Tutti questi metodi
utilizzano, come base della mappatura, cerchi definiti da distanze geografiche,
densità demografica, conta della popolazione, numero di casi o combinazioni
di questi fattori. Il punto centrale del cerchio (e conseguentemente della
mappa) è definito “centroide” (Alexander FE. 1992).
9
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
I “CLUSTER” spaziali in epidemiologia: significato
ed approccio
“Cluster”: nell’accezione ormai comunemente accettata in ambito epidemiologico, indica
un’aggregazione inusuale di casi di patologie relativamente poco comuni (Last, 1988).
Le caratteristiche iniziali di un cluster sono generalmente individuate dalla seguente
lista:
•
è presente un evento sanitario “definibile”
•
sono presenti (di solito) almeno due casi del suddetto evento
•
è presente (o è percepita come tale da chi sospetta il cluster, in inglese definito
“informant”) una vicinanza dei casi rispetto all’area spaziale e/o ad un periodo
temporale
•
si sospetta una potenziale esposizione, ed una presunta correlazione tra
l’esposizione e l’evento
•
la situazione è di solito inusuale o inaspettata
•
l’“informant” o la comunità interessata richiedono spiegazioni sull’evento sanitario.
Tre tipologie di cluster sono generalmente riportate:
•
cluster temporali – un numero inusualmente elevato di casi è avvenuto in un
periodo definito di tempo
•
cluster spaziali (“hot spots”) – un numero inusualmente elevato di casi è
avvenuto in un’area definita
•
cluster spazio-temporali – un numero inusualmente elevato di casi è avvenuto
in un periodo definito di tempo, in una certa area definita.
L’investigazione di un sospetto cluster, in particolare di eventi relativi a patologie cronicodegenerative o più genericamente non trasmissibili, quali patologie oncologiche o
malformazioni congenite, è sempre un processo complesso, che richiede un uso intenso
di risorse, un’accurata pianificazione ed un’attenta valutazione sia della metodologia da
applicarsi che della gestione dei risultati ottenuti. Particolarmente delicato è il trattare
l’argomento rispetto al pubblico ed ai media. La comunità che si sente colpita
presumibilmente attribuisce la presunta esposizione ad un rischio che reputa
“prevenibile” (in genere attribuendolo a soggetti terzi, quali industrie, discariche, ecc.), e
richiede pesantemente l’intervento dell’autorità sanitaria.
Da un punto di vista scientifico, alla voce isolata di Rothman (1990), che reputa di poco
valore l’investigazione di cluster, si contrappongono tutti coloro che vedono tale pratica
in termini di importante strategia globale di sanità pubblica. La sanità pubblica deve, a
nostro avviso, riconoscere come un cluster, vero o presunto, rivesta una dimensione sociale,
come i rischi siano percepiti dalla comunità, e di come i media possano influenzare anche in modo
decisivo quelle modalità percettive. In quest’ottica di sanità pubblica, la percezione di un
cluster da parte di una comunità può essere più importante dell’esistenza scientifica reale del
10
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
cluster stesso. I componenti di una comunità possono essere convinti o meno dalle
argomentazioni statistico-epidemiologiche, ma il raggiungimento di uno stato di
“sympatheia” con essi è assolutamente critico nel poter gestire comunque la situazione.
Storicamente, molti carcinogeni sono stati identificati in seguito ad allarmi derivanti da
cluster di tipo occupazionale o clinico in senso lato. Particolarmente famosa l’analisi che
individuò l’associazione tra erionite e mesotelioma in un villaggio turco. Altre importanti
relazioni causali evidenziate dall’analisi di cluster sono quelle relative a malformazioni
congenite e talidomide, adenocarcinoma vaginale in giovani donne esposte in utero a
dietilstilbestrolo, angiosarcoma epatico e cloruri di vinile, infertilità maschile e pesticidi
(dibromocloropropano), ecc..
D’altro canto, numerosissimi altri casi di investigazione non hanno saputo individuare
un’eziologia plausibile, o ad ulteriori analisi non hanno evidenziato casi in eccesso rispetto
a quanto atteso.
Quattro fasi di
investigazione
di un cluster
1.
2.
3.
4.
Il processo di investigazione di un cluster si dovrebbe sviluppare in
almeno quattro fasi:
Valutazione preliminare di un presunto cluster
Verifica del/dei caso/casi indice e delle relative sospette esposizioni
Individuazione completa dei casi (Full Case Ascertainment)
Studio di sorveglianza o studio di epidemiologia analitica
Ogni fase presuppone la raccolta e la validazione di dati sempre più specifici, ma
ovviamente i confini tra queste fasi sono relativi alla situazione locale in termini di
esperienza e risorse disponibili. In teoria, ogni passaggio da una fase alla successiva
presuppone la stesura di un rapporto che giustifichi sia la scelta di procedere, che
quella di non procedere oltre. Tale rapporto non dovrebbe avere come destinatario
solo la Direzione strategica dell’area di sanità pubblica cui è stato affidato il presunto
problema, ma anche la comunità ed altri eventuali soggetti interessati.
Come è evidente, la sequenza di fasi segue i principi basilari della ricerca in
epidemiologia:
stabilire l’esistenza del problema
confermare l’omogeneità degli eventi
raccogliere e validare i dati relativi all’evento
caratterizzare gli eventi rispetto a fattori di tipo
valutare patterns e trends
formulare un’ipotesi
verificare l’ipotesi
scrivere un rapporto, sottoporlo alla critica tra pari, comunicarne i risultati.
11
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Senza entrare in dettagli eccessivamente approfonditi rispetto a queste quattro fasi, appare
opportuno focalizzare alcuni elementi.
Valutazione preliminare di un presunto cluster: fermarsi o
procedere oltre nell’analisi?
I cluster riportati possono, alla fine di questa fase iniziale, ricadere in tre grandi classi:
1 - nessun cluster apparente
L’analisi iniziale non ha trovato alcun apparente eccesso di casi. I casi iniziali non si sono
rivelati tali ad un’indagine più approfondita, o l’esposizione sospetta non è confermata
dalle analisi ambientali o occupazionali, oppure alcuni casi erano già ammalati prima di
trasferirsi nella zona sospetta, e quindi non avrebbero dovuto essere inseriti nell’analisi.
2 - un cluster apparente, ma spiegabile
Spesso non ci si rende conto di quanto alcuni eventi sanitari siano purtroppo “comuni”
dal punto di vista statistico. Alcuni casi di tumore polmonare in una comunità di anziani,
con alte percentuali di fumatori o ex-fumatori, senza alcuna esposizione ambientale
insolita, verosimilmente non si rivela essere un cluster. Un elevato numero di nascite di
bambini con sindrome di Down, o di IVG connesse, in una popolazione dove la
maternità è spesso una scelta effettuata da donne in età cronobiologicamente elevata può
verosimilmente non essere un cluster.
In queste due situazioni, l’investigazione andrebbe chiusa,
ed un rapporto a sostegno di questa scelta andrebbe
prodotto dall’investigatore.
3- un cluster apparente, ma non spiegabile
Se il sospetto iniziale in termini di evento ed esposizione è confermato, si deve decidere se
procedere alla fase 3 oppure no – Individuazione completa dei casi (“Full Case
Ascertainment”).
La decisione dipende essenzialmente dal tipo di patologia e di esposizione, dalla
dimensione del cluster, e dalla plausibilità biologica della relazione esposizione/danno.
Se si è in possesso di sufficiente evidenza e si è quindi
passati attraverso le prime tre fasi, ci si dovrebbe
nuovamente porre la scelta: procedere o fermarsi?
In genere, ulteriori analisi non sono richieste se, alla fine:
− non ci sono casi in eccesso, né esposizioni probabili, e quindi non c’è
plausibilità biologica
− non ci sono casi in eccesso, esiste una possibile esposizione, ma non c’è
plausibilità biologica che tale esposizione possa esitare in un eccesso
− ci sono casi in eccesso, ma nessuna esposizione identificabile, e quindi non c’è
plausibilità biologica che tale eccesso esiti da un’esposizione ambientale.
12
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Se invece esiste un eccesso di casi:
− è una patologia realmente preoccupante in termini di salute pubblica?
− esiste una reale possibilità di intervento in termini di prevenzione?
− necessita ulteriori studi?
− c’è plausibilità biologica?
− l’eccesso di casi è stato determinato da un incremento improvviso in un arco
temporale ristretto e recente, oppure i casi si sono accumulati in modo costante
nel tempo?
− i casi si concentrano intorno a sospetti rischi ambientali o in particolari ambiti
occupazionali?
In genere, se la risposta è positiva, potrebbe essere necessario procedere verso la
fase 4.
Anche in questo caso, a nostro avviso, e sulla base della nostra personale esperienza, è
opportuno non solo produrre un rapporto scritto, ma possibilmente avere un contatto
“de visu” con la comunità o quantomeno i suoi rappresentanti (mediante assemblee
pubbliche, oppure per gruppi ristretti).
Si deve quindi decidere quale opzione della fase
4 sia più pertinente
1 - Sistema di Sorveglianza
La letteratura consiglia di procedere con questo approccio, piuttosto che con uno
studio di epidemiologia analitica, quando si è riscontrato un eccesso effettivo, ma la
significatività statistica è bassa, oppure l’esposizione presenta una bassa plausibilità
biologica. Un serio programma di sorveglianza (che può durare anni) è in grado di
determinare l’eventuale incremento dei casi nel tempo, e la loro accurata distribuzione
spaziale. Il sistema di sorveglianza può fondarsi su un monitoraggio sensibile ed accurato
delle consuete fonti routinarie, oppure richiedere l’istituzione di un sistema di reportistica
ad hoc, in base all’evento che si intende studiare. Un sistema ad hoc richiede ovviamente un
impiego di risorse maggiore, ma può fornire risultati di maggior qualità.
2 - Studio di Epidemiologia Analitica
Se è confermato l’eccesso di casi, e la plausibilità biologica è ragionevole, è
opportuno procedere con uno studio di epidemiologia analitica. Senza entrare in ulteriori
dettagli, che il lettore interessato potrà recuperare senza sforzo nell’enorme letteratura e
manualistica relativa alla metodologia epidemiologica, gli studi conducibili rientrano nella
tipologia classica dei caso-controllo, coorte e trasversali. Il tipo di studio consigliabile, anche in
considerazione dell’impegno di risorse umane ed economiche abitualmente non
imponente, è generalmente quello di tipo caso-controllo.
L’immensa variabilità di situazioni, patologie, esposizioni ambientali e lavorative
in gioco non sempre permette di delineare un percorso standardizzato di risoluzione di un problema locale
di cluster, ancorché accertato, al di là di ogni ragionevole dubbio metodologico, nella sua
esistenza e consistenza.
13
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Metodologia utilizzata nell’analisi spaziale dei suicidi
in provincia di Bergamo
1. Spatial Scan Statistic (SSS)
L’analisi è stata effettuata mediante il metodo Spatial Scan Statistic (SSS) di Kulldorf (10).
Anche in questa analisi si utilizza come area minima spaziale il territorio comunale
di residenza del caso; il numero di casi in ogni comune si assume distribuito secondo
una distribuzione di Poisson. L'ipotesi nulla sottende che il numero di casi attesi in ogni
area sia proporzionale alla massa di anni-persona dell'area stessa. La SSS sovrappone una
finestra circolare alla mappa dell’area in studio (fig. I). La finestra si posiziona a turno su
ognuno dei possibili centroidi dell'area in studio. Per ogni centroide, il raggio della finestra
varia in continuo come dimensione da 0 ad un limite superiore (posto in questo caso al
50% della popolazione complessiva). Il metodo crea così un numero infinito di differenti
cerchi geografici, con differenti aree comunali all'interno, e su ognuno calcola un rapporto
osservati/attesi. L'ipotesi alternativa per ogni finestra è che il tasso sia estremamente
elevato rispetto all'esterno della finestra stessa. Sotto l'assunto di Poisson, l'ipotesi viene
testata con un Likelihood Ratio test (LR).
La funzione di verosimiglianza per ogni finestra è la seguente:
dove N è il n° tot. di casi dell'area, e n è il n° di casi della finestra. Il valore di log
likelihood ratio (LLR) richiesto per la significatività di un sospetto cluster è stato
posto per p=0.01: LLR=9.79; per p=0.05: LLR=7.52.
2. Il metodo di Besag & Newell's
Il metodo di Besag e Newell permette di individuare cluster spaziali di livello
“locale” su dati di tipo aggregato, ed è particolarmente adatto per l’analisi di dati di
aree di piccole dimensioni.
Il metodo prevede la scansione sistematica dei dati per evidenziare casi la cui prossimità
spaziale sia indice di un’aggregazione “inusuale”. La scansione viene effettuata mediante la
creazione di “finestre” circolari che, partendo da ogni singolo centroide a turno, si
espandono nello spazio geografico includendo progressivamente le aree confinanti fino al
momento in cui il numero di casi nella finestra circolare raggiunge la soglia k di casi
minimi per definire un cluster; tale soglia è specificata dal ricercatore. La dimensione della
popolazione nella finestra è quindi comparata a quella attesa sulla base del tasso medio di
riferimento.
L’ipotesi nulla è quindi la seguente:
Ho Il numero di casi nell’area segue una distribuzione di Poisson con un tasso comune
Ha Il numero di casi osservato eccede la soglia attesa in base alla distribuzione di
Poisson
14
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
3. Statistica-test
Il metodo saggia l’ipotesi di clustering a livello locale mediante la statistica.-test l.
l rappresenta il numero di aree richiesto perchè la finestra incentrata su un centroide
contenga k casi. Per valutare se i k casi rappresentano un cluster, il metodo analizza la
verosimiglianza della numerosità dei casi in relazione alla popolazione a rischio definita
dalla finestra stessa.
La probabilità di l sotto l’ipotesi nulla è calcolata dalla seguente equazione
P (L ≤ l) = 1 −
k −1
∑
e
−λ
λx
x!
L’espressione calcola la probabilità che l superi la probabilità attesa secondo una
distribuzione di Poisson definita da H0, ovvero L. 1- questa probabilità esprime la
probabilità che ci siano meno casi di quelli attesi in quella specifica area, sulla base della
popolazione a rischio. Lambda ( λ ) rappresenta la frequenza di casi di patologia attesa. Il
termine e rappresenta la funzione esponenziale.
L’analisi condotta sul fenomeno suicidario in provincia di Bergamo ha utilizzato i seguenti
parametri: α = 0.05; k = 12.
Queste soglie hanno garantito un livello conservativo al test così da minimizzare il rischio
di sovra-individuazione artefattuale di cluster, sia pur aumentando il rischio di NON
individuazione di cluster in aree dalla numerosità di popolazione molto ampia
(sostanzialmente su Bergamo e circondario).
x=0
15
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Scopi e metodi delle analisi di sorveglianza
temporale
I metodi di sorveglianza retrospettiva e/o attiva su pattern di casi di patologia (o decessi)
si fondano sostanzialmente sull’applicazione delle tecniche mutuate dai sistemi di
controllo statistico di qualità in ambito produttivo.
In particolare, il principale riferimento è quello delle “carte di controllo di Shewhart per
variabili quantitative”, altrimenti note con il termine CuSum Charts (Carte Cumulative di
Controllo). Tra le numerose chart disponibili, le U-Chart, producendo il plot di tassi di
non conformità degli eventi osservati rispetto alla baseline secondo una distribuzione di
tipo poissoniano, appaiono essere i più adattabili all’esplorazione di fenomeni
epidemiologici.
Su questa base, si sono successivamente distinte alcune tecniche più adatte al
monitoraggio dei fenomeni epidemiologici rispetto ai sistemi di produzione industriale;
tra queste, si segnala la metodica di Levin e Kline (Levin and Kline’s Modified CuSum –
Levin and Kline, 1985).
In generale, queste tecniche producono una valutazione (spesso tradotta in plot grafici,
senza l’applicazione di test formali) delle alterazioni puntuali nei confronti dell’andamento
medio del fenomeno in studio. Da un punto di vista statistico, ciò si traduce nel calcolo di
una media, basata sul trend storico, e di due soglie, definite dal termine “sigma” (+2sigma,
+3sigma), che rispettivamente individuano una soglia di “attenzione” ed una soglia di
“allarme”. In questo settore, il termine “sigma” non individua né la DS campionaria, né
l’errore standard della media, come è usuale in ambito statistico generale. Rappresenta
invece la variabilità “short term” del fenomeno, ed è calcolata sul “moving range”, per
evitare l’inflazione di falsi allarmi che avverrebbe se si utilizzasse la normale DS.
16
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
La sorveglianza epidemiologica
L’obiettivo ultimo, nella sorveglianza mirata ai fenomeni epidemiologici, è il monitoraggio
dei cambiamenti nel pattern temporale di occorrenza della patologia in studio rispetto al
trend storico (sovente espresso come tasso medio di riferimento, o tasso di base –baseline
rate). Ciò equivale, in altri termini, al monitorare l’eventuale insorgenza di cluster
temporali puri.
Le criticità, in questo tipo di monitoraggio, sono dunque legate a due parametri:
•
determinazione del tasso di riferimento
•
determinazione della soglia di allarme.
Ciò si traduce, in termini statistici, nell’effettuare una scelta ponderata tra la sensibilità al
cambiamento del tasso e la probabilità di produrre un falso allarme.
La metodica ora citata di Levin e Kline (Levin and Kline’s Modified CuSum) introduce
un importante parametro nella valutazione del cambiamento: il livello di rischio relativo
della popolazione monitorata che si vuole essere in grado di cogliere.
L’ipotesi nulla è la seguente:
Levin and Kline’s Modified CuSum: Ipotesi nulla
Ho: La patologia presenta un’occorrenza a tasso omogeneo nel tempo (sec. distr. di
Poisson)
Ha: La patologia presenta un’occorrenza di tassi abnormemente elevati in alcuni
momenti nel tempo
La statistica CuSum accumula le deviazioni dalla baseline temporale; quando il tasso
puntuale eccede in modo ampio la soglia prescelta (che determina la zona di “non
allarme”) il valore viene aggiunto alla CuSum, altrimenti non viene registrato, evitando in
tal modo l’insorgenza di falsi positivi.
Per l’analisi temporale, i dati relativi ai decessi, di fonte Registro Mortalità ASL di
Bergamo, riguardano il periodo 1994-2000. Si sono calcolati, per causa e sesso, i tassi
specifici per anno.
La sorveglianza temporale è stata effettuata con il metodo delle carte di controllo di
Shewhart per variabili continue (U-chart basata su distribuzione di Poisson), con limiti di
allarme posti a 3 sigma e di attenzione posti a 2 sigma. Ad essa è stata associata la
procedura CUSUM modificata secondo Levin e Kline, che garantisce maggior
adeguatezza, sia in termini di conservatività statistica, sia per la possibilità di definire il
parametro di rischio relativo che si vuole essere in grado di saggiare.
17
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
LA MORTALITÀ
I DATI ITALIANI E REGIONALI
Tassi di suicidio in Italia
Tabella 1. Tasso di suicidio in Italia, 1995-1999 (dati ISTAT); tassi standardizzati x
100.000
Anni
1995
1996
1997
1998
1999
Tasso
Standardizzato
6,2
6,3
6,0
5,9
5,2
Il trend apparente del tasso di suicidio in
Italia, nel periodo dal 1995 al 1999, come
appare in tabella 1, è caratterizzato da un
modico decremento.
18
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
10
12
14
16
18
0
2
4
6
8
Varese
6,6
Como
7,8
Sondrio
15,8
Milano
6
Bergamo
6,6
Brescia
5,9
Pavia
8,3
Cremona
7,8
Figura 1. Tasso di suicidio (per 100.000 abitanti) nelle province lombarde, 1998 (dati ISTAT)
Mantova
8,9
Lecco
3,3
Lodi
5,7
Lombardia
6,6
Per quanto riguarda i tassi delle altre province lombarde, è da evidenziare il valore molto elevato della provincia di Sondrio (15,8),
nettamente superiore rispetto a tutte le altre province. All’opposto, il tasso più basso si registra in provincia di Lecco (3,3).
La figura 1 mostra i tassi di suicidio nelle diverse province lombarde. La provincia di Bergamo, con un tasso st. di suicidio pari a
6,6 per 100.000 abitanti, si colloca in posizione intermedia.
I dati relativi al 1998, di fonte ISTAT, ci permettono alcuni interessanti confronti intra-regionali.
Dati ISTAT relativi al 1998 – PROVINCE LOMBARDE
19
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
5
10
15
20
25
30
3 ,1
V ares e
1 0 ,4
2 ,2
Co mo
1 3 ,8
5 ,5
S o n d r io
2 6 ,5
3 ,2
Mila n o
8 ,9
3 ,1
B e r g a mo
1 0 ,2
2 ,5
B r e s c ia
9 ,4
3 ,1
Pa v ia
1 3 ,9
4 ,7
Cr e mo n a
1 1 ,2
1 ,6
Ma n to v a
1 6 ,7
0 ,6
Lec c o
6
1
Lodi
1 0 ,6
2 ,9
L o mb a r d ia
1 0 ,5
M a s c hi
F e m m i ne
Figura 2.. Tasso di suicidio per 100.000 abitanti, nelle province lombarde, maschi e femmine, anno 1998 (dati ISTAT 1998 – Altre province italiane)
Per quanto riguarda invece l’andamento del tasso di suicidio per sesso, si può notare dalla figura 2, come il posizionamento del
tasso maschile in provincia in Bergamo si collochi intorno ad un valore leggermente inferiore rispetto al valore medio della
Lombardia, mentre quello femminile si collochi intorno ad un valore leggermente superiore.
20
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
5
10
15
20
25
Trieste
19,2
Belluno
17
Sondrio
15,8
Biella
14,8
Oristano
14,5
Asti
14,3
Modena
13,9
Udine
13,1
Gorizia
13,1
Ravenna
13,1
Siena
13,1
Vercelli
12,2
Bergamo
6,6
Figura 3. Tassi di suicidio per 100.000 residenti (12 province italiane con il tasso di suicidio più elevato confrontati con il tasso di suicidio della
provincia di Bergamo (dati ISTAT, 1998)
Rispetto al territorio nazionale, i tassi più elevati sono quelli di Trieste e Belluno (rispettivamente: 19,2 e 17,0), mentre in terza
posizione si colloca proprio la provincia di Sondrio. In figura 3 sono rappresentate le 12 province italiane con i tassi di suicidio più
elevati, confrontati con quello delel provincia di Bergamo.
Il valore medio nazionale, nel 1998, è pari a 5,9, inferiore quindi a quello della provincia bergamasca. Tale valore pare eccessivamente
inferiore rispetto ad una stima maggiormente prossima alla realtà, sulla base di quanto noto in letteratura: alcune province italiane
risultano avere tassi troppo bassi per essere credibili.
21
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
I dati della provincia di Bergamo
Nel periodo 1994-2000
in provincia di Bergamo
ci sono stati 507 suicidi
(circa 72 ogni anno), pari
ad un tasso specifico
annuo di 7,65 x 100.000
residenti.
I maschi sono 380 (75%)
e le femmine sono 127
(25%); questo determina
un valore dell’indicatore
sex ratio M/F di 2.99: 1.
Confronto con le
altre cause di
decesso
Rispetto alle altre cause di
morte, il decesso per
suicidio è pari ad una
quota
proporzionale
annua dell’ 1% circa.
Tabella 2. cause di decesso 1994 - 2000
Causa di decesso
1994 - 2000
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Malattie immunometaboliche
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Disturbi Psichiatrici
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Morbosità Perinatae
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
21034
20480
3214
2476
1996
37.45
36.46
5.72
4.41
3.55
1932
1088
1002
878
850
507
256
189
129
118
18
4
3.43
1.94
1.78
1.56
1.51
0.90
0.46
0.34
0.23
0.21
0.03
0.01
TOTALE
56171
100
Le tabelle da 2 a 9 mostrano la numerosità dei decessi, ed il relativo peso
percentuale, per anno e gruppo di causa (secondo la classificazione ICDIX per grandi gruppi).
22
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1994
Tabella 3. cause di decesso nel 1994
1994
Causa di decesso
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie immunometaboliche
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Disturbi Psichiatrici
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Morbosità Perinatale
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
2997
2825
409
385
342
38,14
35,96
5,21
4,90
4,35
281
126
125
118
81
67
32
29
21
17
1
1
3,58
1,60
1,59
1,50
1,03
0,85
0,41
0,37
0,27
0,22
0,01
0,01
TOT
7857
100
23
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1995
Tabella 4. cause di decesso nel 1995
1995
Causa di decesso
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie immunometaboliche
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Malattie.Genito Urinarie
Disturbi Psichiatrici
Suicidi
Malformazioni Congenite
Malattie infettive
Morbosità Perinatale
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
3057
2791
427
365
349
38,75
35,38
5,41
4,63
4,42
289
123
117
114
99
72
30
21
17
14
4
0
3,67
1,56
1,48
1,45
1,25
0,91
0,38
0,27
0,22
0,18
0,05
0
TOTALE
7889
100
24
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1996
Tabella 5. cause di decesso nel 1996
1996
Causa di decesso
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Malattie immunometaboliche
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Disturbi Psichiatrici
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Morbosità Perinatale
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
3057
2976
417
324
312
37,93
36,93
5,17
4,02
3,87
279
148
128
122
118
74
34
28
21
16
3
2
3,46
1,84
1,59
1,51
1,46
0,92
0,42
0,35
0,26
0,20
0,04
0,02
TOT
8059
100
25
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1997
Tabella 6. cause di decesso nel 1997
1997
Causa di decesso
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie immunometaboliche
Malattie neurologiche
Disturbi Psichiatrici
Malattie mal definite
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Morbosità Perinatale
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
3055
2946
424
384
38,07
36,71
5,28
4,79
258
255
160
138
125
121
68
26
23
23
16
2
0
3,22
3,18
1,99
1,72
1,56
1,51
0,85
0,32
0,29
0,29
0,20
0,02
0
TOT
8024
100
26
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1998
Tabella 7. cause di decesso nel 1998
1998
Causa di decesso
n. casi
%
Tumori
Malattie cardiovascolari
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie immunometaboliche
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Disturbi Psichiatrici
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Malattie Osteomuscolari
Morbosità Perinatale
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
3073
3021
483
354
37,26
36,63
5,86
4,29
260
238
198
160
147
119
75
49
28
22
16
3
1
3,15
2,89
2,40
1,94
1,78
1,44
0,91
0,59
0,34
0,27
0,19
0,04
0,01
TOT
8247
100
27
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 1999
Tabella 8. cause di decesso negli anni 1999
1999
Causa di decesso
n. casi
%
Malattie cardiovascolari
Tumori
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie immunometaboliche
Malattie neurologiche
Malattie mal definite
Malattie.Genito Urinarie
Disturbi Psichiatrici
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Morbosità Perinatale
Malattie Osteomuscolari
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
2977
2906
563
395
36,79
35,91
6,96
4,88
276
204
167
155
143
125
81
38
22
22
16
2
0
3,41
2,52
2,06
1,92
1,77
1,54
1,00
0,47
0,27
0,27
0,20
0,02
0
TOT
8092
100
28
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Cause di decesso in provincia di Bergamo anno 2000
Tabella 9. cause di decesso negli anni 2000
2000
Causa di decesso
n. casi
%
Tumori
Malattie cardiovascolari
Malattie Respiratorie
Malattie dell’app. digerente
Traumi/Avvenimenti non
suicidari
Malattie immunometaboliche
Malattie mal definite
Malattie neurologiche
Disturbi Psichiatrici
Malattie.Genito Urinarie
Suicidi
Malattie infettive
Malformazioni Congenite
Malattie Osteomuscolari
Morbosità Perinatale
Malattie della cute
Complicanze della Gravidanza
2963
2870
491
328
37,02
35,86
6,14
4,10
289
237
198
186
157
100
70
56
29
13
13
3
0
3,61
2,96
2,48
2,32
1,96
1,25
0,87
0,70
0,36
0,16
0,16
0,04
0
TOT
8003
100
29
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
L’andamento nel tempo dei suicidi in
provincia di Bergamo
Non si evidenzia un trend significativo
nell’andamento del tasso specifico di
suicidio in provincia di Bergamo nel
periodo 1994-2000. Si rileva un valore
massimo nel 1999. I valori dei indicati in
tabella 10 sono tassi specifici rispetto alla
popolazione della provincia di Bergamo:
ciò implica una modesta differenza nel
valore del tasso di suicidio rispetto a
quello indicato precedentemente nel
confronto tra province (dati ISTAT
1998), trattandosi quest’ultimo di tasso
standardizzato rispetto alla popolazione
mondiale.
Tabella 10. Tassi specifici di suicidio
per anno in provincia di
Bergamo (x100.000 abitanti
anno
N suicidi
tx sp
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
67
72
74
68
75
81
70
7,03
7,73
7,94
7,21
7,90
8,47
7,26
L’analisi formale relativa ai metodi di sorveglianza per l’individuazione di cluster
temporali è riferita nell’apposito capitolo.
Figura 4. Tasso specifico di suicidio in provincia di Bergamo, 1994-2000
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
1994
1995
1996
1997
30
1998
1999
2000
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Analisi per età
L’età media dei decessi per suicidio in provincia di Bergamo è 49 anni, la
mediana è 50 anni (range: 15-91 anni).
I suicidi oltre i 65 anni rappresentano il 27% del totale, e rappresentano
rispettivamente il 23% nei maschi e il 38% nelle femmine.
Tabella 11. Tassi specifici di suicidio per classi di età in provincia di Bergamo
anni 1994-2000
Classi di età
15 - 19
20 - 24
25 - 29
30 - 34
35 - 39
40 - 44
45 - 49
50 - 54
55 - 59
60 - 64
65 - 69
70 - 74
75 - 79
80 - 84
85+
M
F
totale
6,60
9,48
13,53
13,59
10,63
10,89
10,51
15,94
13,77
14,90
16,37
24,24
27,81
20,10
30,84
2,32
1,40
2,65
4,11
3,21
4,16
3,99
4,49
1,96
5,00
11,61
8,55
6,68
2,89
3,50
5,26
6,42
9,64
10,55
8,23
8,91
8,56
12,05
9,16
11,43
16,08
17,55
16,65
9,42
11,50
Le successive figure 6 e 7 presentano la curva dei tassi specifici di suicidio per le
varie classi di età negli anni 1994-2000.
31
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
15 - 19
20 - 24
25 - 29
30 - 34
35 - 39
40 - 44
45 - 49
50 - 54
55 - 59
60 - 64
65 - 69
Figura 6. Andamento del tasso specifico di suicidio per classi d’età provincia di Bergamo, 1994-2000
70 - 74
75 - 79
80 - 84
85+
• L’andamento complessivo del tasso cresce con l’età, raggiungendo il valore massimo nella classe di età 70-74.
• Nei maschi il tasso cresce esponenzialmente con l’età, raggiungendo il valore massimo dopo gli 85 anni.
• Nelle femmine i tassi specifici mostrano un andamento rettilineo di crescita con l’età, con un massimo
raggiunto nella classe di età 65-69.
In generale, per quanto riguarda l’andamento temporale dei tassi specifici per età e sesso, si osserva un aumento nell’età anziana in
accordo con l’andamento registrato in Italia e negli altri paesi europei [Biggeri A., 1991]. Tale trend rispecchia anche l’andamento di
altre province e regioni italiane, es. la provincia di Grosseto e la regione Toscana [Epidemiologia del suicidio in Provincia di
Grosseto, 2000].
Viene rappresentata sul grafico anche la curva di tendenza smussata, ottenuta mediante interpolazione polinomiale di grado 6.
32
33
0
5
10
15
20
25
30
35
40
15 - 19
20 - 24
25 - 29
30 - 34
35 - 39
40 - 44
45 - 49
50 - 54
55 - 59
60 - 64
65 - 69
70 - 74
75 - 79
80 - 84
F
M
85 - 89
Figura 7. Andamento del tasso specifico di suicidio per classi d’età, maschi e femmine, provincia di Bergamo, 1994-2000
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
I suicidi in età giovanile
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
MASCHI
15-19 anni
20-24 anni
25-29 anni
FEMMINE
15-19 anni
20-24 anni
25-29 anni
2,6
8,1
9,8
1,0
1,6
2,8
1,2
2,2
2,6
1983
3,2
7,6
9,9
1982
1,2
2,0
2,7
2,4
6,5
8,9
1984
0,8
1,9
2,4
3,0
7,8
9,2
1985
vedi
grafico
per i
valori
19861994
1,2
1,9
2,6
4,3
9,6
10,0
1995
1,5
1,8
2,8
5,5
9,7
11,0
1996
Tabella 12a. Tassi di suicidio in età giovanile in Italia anni 1982-1985 e 1995-1997 (dati ISTAT)
Italia:
1,4
2,2
3,0
4,8
11,4
10,7
1997
I grafici evidenziano un andamento rettilineo del tasso di suicidio; nei maschi tale andamento appare in aumento, mentre nelle
femmine è sostanzialmente costante.
La tabella ed i grafici successivi (tab.12; graf.8-12) presentano i dati relativi al fenomeno specifico.
Situazione in Italia
Relativamente alle classi di età giovanile, è possibile focalizzare l’attenzione su tre classi di età riguardanti l’Italia e il nord-ovest
dell’Italia, che comprende anche la provincia di Bergamo (dati ISTAT)
34
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
12,0
14,0
1994
1993
1992
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
1991
1990
1989
1988
1987
1986
1985
1984
1983
1982
Figura 8. Tassi di suicidio in età giovanile, 1982-1997 Maschi, Italia (dati ISTAT)
35
1997
1996
1995
25-29 anni
20-24 anni
15-19 anni
36
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
12,0
14,0
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
Figura 9. Tassi di suicidio in età giovanile, 1982-1997 femmine, Italia (dati ISTAT)
1994
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
1995
1996
1997
25-29 anni
20-24 anni
15-19 anni
37
MASCHI
15-19 anni
20-24 anni
25-29 anni
FEMMINE
15-19 anni
20-24 anni
25-29 anni
3,0
8,6
13,7
0,9
0,9
2,5
1,4
2,1
2,4
1983
3,3
7,0
8,3
1982
1,9
1,8
3,3
2,2
7,7
9,7
1984
0,9
1,6
2,9
3,1
8,1
10,9
1985
vedi
grafico
per i
valori
19861994
2,8
1,9
3,2
6,5
9,2
9,5
1995
1,9
3,3
3,0
5,3
13,6
11,2
1996
2,2
2,4
4,2
4,2
14,3
11,2
1997
Tabella 12b. Tassi di suicidio in età giovanile - Nord Ovest d’Italia anni 1982-1985 e 1995-1997 (dati ISTAT)
Nord Ovest d’Italia:
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
-1,0
1,0
3,0
5,0
7,0
9,0
11,0
13,0
15,0
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
Figura 10. Tassi di suicidio in età giovanile, maschi - Nord Ovest d’Italia 1982-1997 (dati ISTAT)
38
1995
1996
1997
25-29 anni
20-24 anni
15-19 anni
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
12,0
14,0
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 11. Tassi di suicidio in età giovanile, femmine - Nord Ovest d’Italia 1982-1997 (dati ISTAT)
39
1996
1997
25-29 anni
20-24 anni
15-19 anni
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
3,94
8,02
7,71
1994
3,94
4,81
11,57
1995
3,94
6,42
6,43
1996
9,86
9,62
7,71
1997
3,94
3,21
10,28
1998
1,97
0,00
6,43
1999
0,00
2,00
4,00
6,00
8,00
10,00
12,00
14,00
1994
1995
1996
1997
1998
Figura 12. Tassi di suicidio in età giovanile, femmine, provincia di Bergamo 1994-2000
15-19 anni
20-24 anni
25-29 anni
Classi d’età
Tabella 13. Tasso di suicidio in età giovanile in provincia di Bergamo 1994-2000.
1999
25 - 29
20 - 24
15 - 19
3,94
6,42
7,71
2000
2000
Non si evidenzia alcun andamento significativo nelle tre classi di età giovanile in provincia di Bergamo; ciò potrebbe, in parte, essere
determinato dalla bassa numerosità in studio.
Tasso di suicidio in età giovanile a Bergamo
40
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
10
20
30
40
50
60
gen
feb
mar
apr
mag
giu
lug
Figura 13. Andamento del numero di suicidi per mese in provincia di Bergamo
ago
set
ott
nov
dic
In figura 14 viene mostrato l’andamento del numero di suicidi per mese per gli anni analizzati. Ad esclusione degli anni 1996 e 2000, i massimi si presentano,
come detto, nei mesi di maggio e giugno.
La distribuzione stagionale evidenzia una prevalenza nei mesi di maggio, giugno e luglio, mentre si ha un minimo nel mese di agosto. La figura 13 mostra la
relativa distribuzione di frequenza. L’andamento individuato conferma i risultati di altri studi italiani [Preti A and Miotto P, 1998; Preti A and Miotto P,
2000].
Analisi della distribuzione stagionale
41
0
1994
1995
ge
n
ot
t
ap
r
ge
n
ot
t
lu
g
ap
r
1996
Linea nera: interpolazione mediante media mobile (time: 6 mesi)
lu
g
2
ap
r
4
lu
g
6
19977
ap
r
8
lu
g
10
1998
ap
r
12
lu
g
14
1999
ap
r
ge
n
ot
t
ge
n
ot
t
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
2000
ap
r
ge
n
ot
t
Figura 14. Andamento del numero di suicidi per mese per anno
ge
n
42
ot
t
lu
g
ge
n
ot
t
lu
g
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
475.011
488.181
Popolazione ponderata
Maschi
Popolazione residente
(rilevazione ufficiale ISTAT al
1/1/2000)
964.829
Totali
634.134 1.122.315
489.818
Femmine
Tabella 14a. Popolazione Ponderata (su pop.residente al 1/1/2000)
0
1-4
5-14
15-44
45-64
65-74
oltre 75
Classi d’età
2.50
1.80
0.50
0.60
1.20
2.20
3.20
2.50
1.80
0.50
0.90
1.20
2.20
3.20
PESO (wi)
Maschi
Femmine
Tabella 14b. Pesi per il calcolo della Popolazione
Ponderata (su pop.residente al 1/1/2000)
Nel nostro caso, si è utilizzata la ponderazione ufficiale di ripartizione delle risorse adottata dalla Regione Lombardia (cfr. tab.
successiva).
Il denominatore utilizzato per il calcolo del tasso di suicidio per distretto è rappresentato dalla popolazione “ponderata”.
Si tratta di una popolazione “fittizia”, costruita mediante l’applicazione alla popolazione reale di parametri di ponderazione
rappresentativi di un teorico “consumo di risorse sanitarie” specifico per sesso ed età..
Analisi per distretto dell’ASL della Provincia di Bergamo
43
1-Bergamo
6,23
2-Dalmine
3,77
3-Seriate
6,16
4-Grumello
6,13
5-Valle
Cavallina
7,00
6-M ont e
Bronzone Basso Sebino
10,57
7-Alt o Sebino
7,62
8-Valle
Seriana
6,57
9-Valle
Seriana
Superiore e
Val di Scalve
6,24
10-Valle
Brembana
11,29
7,84
12-Isola
Bergamasca
6,34
13- Treviglio
6,17
14-Romano di
Lombardia
5,16
Dalla figura emerge come il tasso più elevato sia quello del distretto Valle Brembana, seguito dal distretto Monte Bronzone-Alto
Sebino. I tassi minori sono quelli dei distretti Dalmine e Romano di Lombardia.
0
2
4
6
8
10
12
11-Valle
Imagna e Villa
d'Almè
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 15. tasso di suicidio nei distretti dell’ASL della Provincia di Bergamo (x 100.000 res. x anno)
44
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Analisi della distribuzione territoriale
La figura 16 presenta la mappatura semplice dei tassi specifici della mortalità per
suicidio sulla base della residenza comunale dei casi. La scala colorimetrica, che procede
dal verde chiaro al verde scuro, è relativa ai quintili crescenti della distribuzione del tasso
specifico comunale.
Si evidenziano aree relative ai quintili superiori localizzate in prevalenza in Valle
Brembana, Valle Seriana ed in un’area a cavallo tra Valle Cavallina e Basso Sebino.
L’analisi spaziale formale di ricerca di eventuali cluster di casi è stata condotta mediante
l’applicazione delle tecniche descritte nel capitolo relativo ai metodi (Scan Statistic e
Besag & Newell).
La figura 17 evidenzia i singoli comuni che presentano un rischio relativo
statisticamente aumentato (rispetto alla media provinciale); tali comuni sono
georeferenziati da un marker tondo di colore rosso, ed il loro valore di rischio relativo è
esplicitato nella tabella a fianco.
La mappa 18 focalizza l’esistenza di tre cluster veri e propri (denominati “Cassiglio”,
“Serina” e “Foresto Sparso” in base al comune che funge da centroide al cluster stesso)
- si veda per la definizione il capitolo Materiali e metodi -
45
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 16. distribuzione spaziale tasso suicidi in base alla residenza comunale
46
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 17. Rischio relativo ed allarmi comunali in provincia di Bergamo-Scan Statistic
RR (rischio relativo vs
media provinciale)
Scan Statistic secondo Kulldorf
47
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 18. Analisi dei cluster secondo Besag & Newell
Cluster 1
Centroide Cassiglio +11 km
P=0.0416
Tasso locale: 16.91 (x100.000)
Cluster 2
Centroide Serina +13 km
P=0.0418
Tasso locale: 13.52 (x100.000)
Cluster 3
Centroide Foresto Sparso +7
km
P=0.0418
Tasso locale: 13.52 (x100.000)
Besag & Newell's Method
Individuazione dei
cluster locali
48
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Figura 19. U-Chart di monitoraggio retrospettivo
La figura 18 presenta i risultati dell’analisi effettuata mediante il metodo delle carte di controllo di Shewhart per variabili continue (Uchart basata su distribuzione di Poisson), con limiti di allarme posti a 3 sigma e di attenzione posti a 2 sigma. Si evidenzia come unico
punto temporale che supera i livelli di “attenzione” il mese di luglio 1999; non si evidenziano periodi di superamento della soglia di
allarme.
Analisi di sorveglianza temporale
49
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Si presentano di seguito i risultati dell’analisi effettuata mediante Levin and Kline’s
Modified CuSum.
Si sono utilizzati i seguenti parametri:
• Rischio Relativo: 1.50 (il test coglierà come allarmi gli eccessi di casi che
corrispondano ad un eccesso di rischio sulla baseline storica di dimensioni >=
50%).
• P (livello alfa): 0.05.
Levin and Kline’s Modified CuSumLevin and Kline's Modified Cumulative Sum Procedure
Numero tot. di intervalli temporali = 84
Periodo in studio = Gennaio 1994 – Dicembre 2000
Tasso medio mensile = 6.37x100.000
Rischio Relativo imposto come soglia = 1.50
Livello alfa = 0.05
RISULTATO:
Nessun periodo è associato ad un valore della statistica-test superiore a zero
50
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Fattori di rischio
Ricostruzione del profilo di ricovero dei soggetti suicidati
La scelta di procedere ad una ricostruzione del profilo di ricovero, nei soggetti
deceduti per suicidio, nasce dalle valutazioni della letteratura in merito ai
presumibili più importanti fattori di rischio connessi all’evento stesso; è noto
infatti come un’anamnesi pregressa positiva per patologie di tipo psichiatrico o
di tipo cronico-degenerativo (in particolare oncologico o neurologico)
costituisca uno dei principali fattori di rischio.
La ricostruzione, basata sul linkage nominativo dei soggetti deceduti con il
dataset dei ricoveri dei residenti bergamaschi nell’ambito del data warehouse
del Sistema Informativo dell’ASL della provincia di Bergamo, ha
individuato143 casi di suicidio con almeno un ricovero negli anni 1997-2000.
Per l’attribuzione della “patologia principale” di riferimento al caso, si è
proceduto ad una disamina analitica di tutte le patologie come causa di
ricovero previste dalla scheda SDO (SDO-Scheda di Dimissione Ospedaliera).
51
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
In tabella 14 si presenta la distribuzione di frequenza dei principali tipi di
ricovero nei 143 soggetti. Nei soggetti che presentavano più di un motivo di
ricovero, è stato considerato, ai fini dell’analisi statistica, il più importante in
base a quanto già definito, ovvero la causa di ricovero presumibilmente
correlabile, sulla base della letteratura scientifica attuale, con il rischio di
accadimento dell’evento suicidario (es. ricovero per disturbi psichiatrici).
Tabella 15. Principali tipologie di ricovero in un gruppo di casi di suicidio sottoposti a
ricovero tra il 1997 e il 2000
PRINCIPALI
TIPOLOGIE DI
RICOVERO
FREQUENZA
Disturbi psichiatrici
51
35,7
Tumore
14
9,8
Alcolismo
6
4,2
Tossicodipendenza
3
2,1
Altre
69
48,2
%
Vi sono 9 casi che risultano avere un solo ricovero e, per i quali, la data di
dimissione ospedaliera corrisponde alla data del decesso.
I casi di suicidio caratterizzati da almeno un ricovero per disturbi psichiatrici
sono il 35,7%: si ricordi come i pazienti psichiatrici rappresentino il gruppo
con il tasso di suicidio più alto in assoluto [Bagicalupi M et al, 1988].
E’ da rilevare inoltre come 14 soggetti (9,8%) abbiano avuto almeno un
ricovero per tumore antecedente il gesto suicidario.
52
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Appare importante rilevare come in tre casi si sia registrato almeno un
ricovero per “Altra infezione da virus per immunodeficienza umana”:
1. nel primo caso si sono avuti anche altri ricoveri per problemi
psichiatrici
2. nel secondo caso si sono avuti anche altri ricoveri per problemi di
tossicodipendenza
3. nel terzo caso si è avuto un solo ricovero per il motivo sopra
menzionato (nella tabella 13 risulta classificato come “altro”).
Inoltre, in due altri casi, si è registrato un ricovero per “aborto indotto
legalmente”:
1. nel primo caso si sono avuti anche altri ricoveri per problemi
psichiatrici
2. nel secondo caso si è avuto un altro ricovero per “altre patologie
funzionali della vescica”, ma il ricovero per aborto è stato considerato
più significativo (nella tabella 14 risulta classificato come “altro”).
Infine, è interessante rilevare la presenza di nove casi in cui la data di
dimissione ospedaliera corrisponde alla data del decesso, ma con una SDO
non concordante (Tabella 16).
Tabella 16. SDO discordanti come patologia principale rispetto all’evento
suicidario
DIAGNOSI PRINCIPALE
n° casi
Altre malattie del polmone
Insufficienza del cuore sinistro
Scabbia
Polmonite batterica, non specificata
Depressione
Altri disturbi specificati del peritoneo
a
b
per 3 di questi casi si tratta dell’unico ricovero
unico ricovero
53
4a
1
1b
1
1
1
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Ricostruzione della storia professionale del
profilo di ricovero dei soggetti suicidati
Il lavoro è una delle dimensioni fondamentali nella vita di ogni persona, oltrechè
della comunità; il lavoro produce un reddito, offre una struttura alle ore della
giornata, dà luogo a un riconoscimento sociale e alimenta una rete di relazioni
sociali contribuendo così a creare e sostenere la stima di sé. E’ altresì noto come
intorno ad esso si possano sviluppare importanti diseguaglianze per la salute.
Esclusioni dal mercato del lavoro, come pure differenze di posizione nella scala
professionale, possono provocare effetti negativi in generale sulla salute, dando
origine a disagio psicologico e stress [Costa G. e Segnan N., 1988]. Inoltre, lo
stato professionale può essere un buon indicatore dello stato socioeconomico,
anche se non esaustivo.
La maggiore problematicità di questi studi consiste nell’individuare la reale
professione dei soggetti in esame, ed eventualmente definire anche lo stato di
disoccupazione (in questo ambito vi sono sia soggetti in cerca di prima
occupazione, sia soggetti che hanno già lavorato e che sono stati successivamente
estromessi dal mercato del lavoro). E’ da rilevare come nelle donne non più
giovani e senza lavoro la definizione delle proprie condizioni professionali possa
essere controversa (disoccupata o casalinga), mentre tra i giovani senza lavoro dei
due sessi la percezione della disoccupazione come propria condizione
professionale sembri abbastanza univoca [Costa G. e Segnan N., 1988].
Alcuni autori hanno evidenziato una relazione tra suicidi e disoccupazione, in
particolare negli individui di sesso maschile [Platt S et al., 1992; Preti A and
Miotto P, 1999].
54
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Tabella 17. Storia professionale dei casi di suicidio
PROFESSIONE
FREQUENZA
%
Pensionato
Dipendente
Libero professionista
imprenditore commerciante
Artigiano
Invalidi
Disoccupato
Coltivatore diretto
Casalinga
Cassa integrazione
Carcerato
Studente
Non noto
162
121
31,95
23,86
22
4,34
19
16
11
5
5
3
1
1
141
3,75
3,15
2,17
0,99
0,99
0,59
0,20
0,20
27,81
totale
507
100
In base ai dati a nostra disposizione (fonte INPS, con l’eccezione di 32
soggetti per i quali la fonte di informazione deriva dal ricovero ospedaliero), si
sono stati individuati alcuni gruppi professionali schematizzati in tabella 17.
Si evidenzia come per 141 casi (27,81%) non vi sia alcuna informazione.
I pensionati prevalgono, mentre i disoccupati, altra categoria considerata a
rischio, risultano essere 11. Quest’ultimo dato appare sottostimato.
Il rapporto “suicidio e categorie professionali” richiederebbe maggiori
approfondimenti, ma i dati attualmente disponibili non permettono di farlo,
ed anche un eventuale recupero di informazioni relative risulterebbe
estremamente indaginoso (es. attraverso richieste di informazioni ai parenti o
al medico di base).
55
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
50
100
150
200
250
Impiccagione e
soffocamento
191
Precipitazione
94
Uso di armi da
fuoco
72
Annegamento
53
22
Avvelenamento da Avvelenamento da
sostanze gassose sostanze solide o
liquide
42
Uso di arma
bianca
10
Figura 20. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo, maschi e femmine 1994-2000
Sono state analizzate anche le modalità di suicidio in provincia di Bergamo.
Modalità di suicidio in provincia di Bergamo
56
Altro
23
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
Impiccagione e
soffocamento
148
Uso di armi da fuoco
68
Precipitazione
61
Avvelenamento da
sostanze gassose
40
Annegamento
28
Avvelenamento da
sostanze solide o
liquide
10
Figura 21. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo (maschi) 1994-2000
57
Uso di arma bianca
8
Altro
17
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
0
20
40
60
43
Impiccagione e
soffocamento
80
33
Precipitazione
100
25
Annegamento
120
12
Avvelenamento
da sostanze
solide o liquide
140
2
2
4
Uso di armi da
fuoco
160
Uso di arma
bianca
180
Avvelenamento
da sostanze
gassose
200
6
Altro
Figura 22. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo (femmine) 1994-2000
58
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
10,5
7,4
2,6
2,1
4,5
40
28
10
8
17
380
TOTALE
100
38,9
17,9
16,1
%
148
68
61
n
M
Impiccagione e
soffocamento
Uso di armi da fuoco
Precipitazione
Avvelenamento da sostanze
gassose
Annegamento
Avvelenamento da sostanze
solide o liquide
Uso di arma bianca
Altro
MODALITA’
12
2
6
2
25
43
4
33
127
n
F
100
9,45
1,57
4,72
1,57
19,69
33,86
3,15
25,98
%
507
22
10
23
42
53
191
72
94
n
100
4,3
2,0
4,5
8,3
10,5
37,7
14,2
18,5
%
Totale
Tabella 18. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo per sesso
Per le altre modalità, nei maschi si osserva una frequenza più alta per “uso di arma da fuoco” ed “avvelenamento da sostanze
gassose”, nelle femmine tendono a prevalere le modalità di suicidio tramite “precipitazione”, “annegamento” ed “avvelenamento da
sostanze solide o liquide”.
La principale modalità di accadimento è dunque relativa alla voce “impiccagione e soffocamento” in entrambi i sessi.
59
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
14,1
4,7
3,5
1,2
8,2
12
4
3
1
7
85
TOTALE
100
34,1
18,8
15,3
29
16
13
15-29
freq
%
Impiccagione e soffocamento
Uso di armi da fuoco
Precipitazione
Avvelenamento da sostanze
gassose
Annegamento
Avvelenamento da sostanze
solide o liquide
Uso di arma bianca
Altro
MODALITA’
247
11
6
12
25
24
99
33
37
100
4,5
2,4
4,9
10,1
9,7
40,1
13,4
15,0
Classi d’età
30-59
freq
%
175
8
3
4
5
25
63
23
44
100
4,6
1,7
2,3
2,9
14,3
36,0
13,1
25,1
>=60
freq
%
Tabella 19. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo per sesso
Si evidenzia, nella classe di età degli ultrasessantenni, una frequenza più elevata di “precipitazioni” ed “annegamenti” ed una
frequenza più bassa di “avvelenamenti da sostanze gassose” rispetto alle due altre classi di età che presentano una distribuzione di
ferequenza delle modalità di suicidio abbastanza simile (tabella 19).
Si sono considerate tre classi di età: 15 - 29 anni, 30 - 59 anni, ≥ 60 anni.
Distribuzione delle modalità per classi di età
60
ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
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ASL Bergamo – Epidemiologia dei Suicidi in provincia di Bergamo
Indice tabelle
Tabella 1. Tasso di suicidio in Italia, 1995-1999 (dati ISTAT); tassi standardizzati x 100.000................ 18
Figura 1. Tasso di suicidio (per 100.000 abitanti) nelle province lombarde, 1998 (dati ISTAT) ............ 19
Figura 2.. Tasso di suicidio per 100.000 abitanti, nelle province lombarde, maschi e femmine, anno
1998 (dati ISTAT 1998 – Altre province italiane) ...................................................................... 20
Figura 3. Tassi di suicidio per 100.000 residenti (12 province italiane con il tasso di suicidio più
elevato confrontati con il tasso di suicidio della provincia di Bergamo (dati ISTAT, 1998) . 21
Tabella 2. Cause di decesso 1994 - 2000 ......................................................................................................... 22
Tabella 3. Cause di decesso nel 1994 ................................................................................................................ 23
Tabella 4. Cause di decesso nel 1995 ................................................................................................................ 24
Tabella 5. Cause di decesso nel 1996 ................................................................................................................ 25
Tabella 6. Cause di decesso nel 1997 ................................................................................................................ 26
Tabella 7. Cause di decesso nel 1998 ................................................................................................................ 27
Tabella 8. Cause di decesso negli anni 1999 .................................................................................................... 28
Tabella 9. Cause di decesso negli anni 2000 .................................................................................................... 29
Tabella 10. Tassi specifici di suicidio per anno in provincia di Bergamo (x100.000 abitanti................... 30
Figura 4. Tasso specifico di suicidio in provincia di Bergamo, 1994-2000................................................. 30
Tabella 11. Tassi specifici di suicidio per classi di età in provincia di Bergamo anni 1994-2000............ 31
Figura 6. Andamento del tasso specifico di suicidio per classi d’età provincia di Bergamo, 19942000 ...................................................................................................................................................... 32
Figura 7. Andamento del tasso specifico di suicidio per classi d’età, maschi e femmine, provincia di
Bergamo, 1994-2000.......................................................................................................................... 33
Tabella 12a. Tassi di suicidio in età giovanile in Italia anni 1982-1985 e 1995-1997 (dati ISTAT) ........ 34
Figura 8. Tassi di suicidio in età giovanile, 1982-1997 Maschi, Italia (dati ISTAT) .................................. 35
Figura 9. Tassi di suicidio in età giovanile, 1982-1997 femmine, Italia (dati ISTAT) ............................... 36
Tabella 12b. Tassi di suicidio in età giovanile - Nord Ovest d’Italia anni 1982-1985 e 1995-1997
(dati ISTAT)........................................................................................................................................ 37
Figura 10. Tassi di suicidio in età giovanile, maschi - Nord Ovest d’Italia 1982-1997 (dati ISTAT) . 38
Figura 11. Tassi di suicidio in età giovanile, femmine - Nord Ovest d’Italia 1982-1997 (dati
ISTAT)................................................................................................................................................. 39
Tabella 13. Tasso di suicidio in età giovanile in provincia di Bergamo 1994-2000. .................................. 40
Figura 12. Tassi di suicidio in età giovanile, femmine, provincia di Bergamo 1994-2000........................ 40
Figura 13. Andamento del numero di suicidi per mese in provincia di Bergamo ..................................... 41
Figura 14. Andamento del numero di suicidi per mese per anno ................................................................ 42
Tabella 14a. Popolazione Ponderata (su pop.residente al 1/1/2000) ......................................................... 43
Tabella 14b. Pesi per il calcolo della Popolazione Ponderata (su pop.residente al 1/1/2000) ............... 43
Figura 15. tasso di suicidio nei distretti dell’ASL della Provincia di Bergamo ........................................... 44
Figura 16. distribuzione spaziale tasso suicidi in base alla residenza comunale......................................... 46
Figura 17. Rischio relativo ed allarmi comunali in provincia di Bergamo-Scan Statistic.......................... 47
Figura 18. Analisi dei cluster secondo Besag & Newell................................................................................. 48
Figura 19. U-Chart di monitoraggio retrospettivo.......................................................................................... 49
Tabella 15. Principali tipologie di ricovero in un gruppo di casi di suicidio sottoposti a ricovero tra
il 1997 e il 2000................................................................................................................................... 52
Tabella 16. SDO discordanti come patologia principale rispetto all’evento suicidario ............................ 53
Tabella 17. Storia professionale dei casi di suicidio........................................................................................ 55
Figura 20. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo, maschi e
femmine 1994-2000 ........................................................................................................................... 56
Figura 21. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo (maschi)
1994-2000............................................................................................................................................ 57
Figura 22. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo (femmine)
1994-2000............................................................................................................................................ 58
Tabella 18. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo per sesso .. 59
Tabella 19. Distribuzione di frequenza delle modalità di suicidio in provincia di Bergamo per sesso .. 60
65
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