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Debiti fuori bilancio: evoluzioni normative, definitorie e
Bilancio e contabilità
Debiti fuori bilancio
Debiti fuori bilancio: evoluzioni
normative, definitorie
e giurisprudenziali
di Gennaro Cascone Dirigente del Servizio Finanziario, Comune di Acerra
e di Nadia Sivilia Funzionario Economico-finanziario, Comune di Napoli
La dottrina giuscontabile pubblica, per decenni, ci ha insegnato ad individuare il debito fuori bilancio attraverso la definizione delle procedure contabili delle spese e delle relative patologie, e con essa la giurisprudenza della Corte dei conti sempre in completa armonia: tant’è vero che l’elencazione tassativa, via
via divenuta legge e poi trasfusa nell’art. 194 del Tuel consentiva agli operatori locali di inquadrare, agevolmente e con ragionevole certezza, la problematica emergente in una determinata fattispecie. Spesso
si sentiva parlare di debiti fuori bilancio e di passività pregresse e se ne esploravano le differenze, mentre
oggi si assiste ad un chiaro disegno volto a cancellare queste ultime “dalla scena”; poi ad un tratto, un
po’ a causa della maggiore presenza “consultiva” della Corte dei conti, vieppiù assidua ed incisiva, un
po’ a causa di una non meglio identificata rivisitazione definitoria del concetto di debito fuori bilancio
(che tutti davano per scontato), tutto è stato rimesso in discussione e le relative certezze nella materia di
cui si dice sono state pressoché smantellate. Non è raro, infatti, assistere ad alterchi interpretativi, anche
all’interno di uno stesso ente, rispetto a “cosa è” e a “cosa non è” un debito fuori bilancio, con la conseguenza di un rallentamento dell’attività amministrativa dovuta ad una “confusione” più o meno crescente
in proporzione alla rilevanza del problema da affrontare.
L’evoluzione normativa e la disciplina dai
D.L. al D.Lgs. n. 77/1995 e al Tuel
La disciplina giuridica dei debiti fuori bilancio ha
subito continue evoluzioni, che si sono indirizzate
di volta in volta in maniera sempre maggiore verso
un adeguamento alle diverse prassi che nel tempo
si sono reiterate negli enti locali sino ad arrivare
all’attuale disciplina normativa.
Il concetto di “debito fuori bilancio” viene per la
prima volta introdotto nel nostro ordinamento giuscontabile con il decreto legge 1° luglio 1986, n.
318, convertito nella legge 9 agosto 1986, n. 488 e
recante provvedimenti urgenti per la finanza locale, nella parte in cui, all'art. 1-bis, comma 3, viene
disposta l'adozione, con apposita deliberazione, da
parte dei consigli comunali e provinciali, di provvedimenti per il riequilibrio della gestione.
Farà seguito il decreto legge n. 66/1989, con il quale verranno riconosciuti due tipologie di procedimento da poter adottare per il raggiungimento del
riassetto della finanza locale prevalentemente con
mezzi autonomi: l’una all’art. 24 prevedeva il riconoscimento di debiti fuori bilancio in regime di
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autofinanziamento, l’altra all’art. 25 prevedeva il
ricorso a fonti esterne di finanziamento. Da sottolineare come uno degli elementi principali richiesti
dalla norma del 1989 per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio era la presenza di fonti di finanziamento a copertura delle obbligazioni sorte.
Con il decreto legge del 12 gennaio 1991, n. 6
(convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 80, che vi
ha apportato delle modifiche), viene dedicato l'intero art. 12-bis a tale procedimento giuscontabile.
La disciplina dei debiti fuori bilancio si continua
ad evolvere ulteriormente quando con il decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, viene introdotta in maniera sistematica una disciplina legislativa
generale sull’ “ordinamento finanziario e contabile
degli enti locali”, dedicando l’art. 37 alla normazione del “riconoscimento di legittimità dei debiti
fuori bilancio”.
Il dettato normativo attribuiva, allora come ora, all’organo consiliare il potere di riconoscere la legittimità dei debiti fuori bilancio. La periodicità con
cui il Consiglio dell’ente locale provvede, con apposita deliberazione, al riconoscimento dei debiti
fuori bilancio viene stabilita dai regolamenti di
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contabilità interni di ciascun ente e deve, comunque, avvenire almeno una volta entro il termine
del 30 settembre di ciascun anno, in sede di effettuazione della ricognizione sullo stato di attuazione
dei programmi.
Con la sistemazione in un unico testo delle norme
sull’ordinamento amministrativo, contabile e finanziario degli enti locali, gli articoli da 1 a 114
del decreto legislativo n. 77/1995 verranno abrogati. La norma ex art. 37 D.Lgs. n. 77/1995 viene così
recepita nel nuovo testo legislativo del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero Testo unico enti locali (Tuel), confluendo nell’art. 194 “Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio”, restando in parte invariata: in particolare non
muta la prescrizione relativa alla modalità e alla
tempistica (termini di scadenza) per il riconoscimento e la relativa legittimazione dei debiti venutisi a creare fuori bilancio.
La legittimazione al riconoscimento di questi debiti venutisi a creare extra previsioni bilancistiche
rimane in capo all’organo consiliare dell’Ente, la
cui competenza ad approvare la deliberazione di
cui all’art. 193 del Tuel, si ravvisa essere non un
mero atto formale, ma una specifica competenza
al riconoscimento ed al finanziamento di tali debiti, “anche nel caso in cui siano stati previsti
stanziamenti generici o specifici accantonamenti
per sopperire a tali fattispecie debitorie” (1), di
cui i consiglieri ne rispondono con propria responsabilità: l’adozione della deliberazione del riconoscimento dei debiti fuori bilancio è un atto
obbligatorio ogni qual volta se ne ravvisa la necessità.
In definitiva, con il riconoscimento del debito si
consente all’ente di poter procedere alla relativa
iscrizione nel bilancio finanziario di competenza,
procedendo in tal modo al suo “ripiano”.
Tavola 1 – Art. 194 del Tuel
“1. Con deliberazione consiliare di cui all'art. 193, c. 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti
costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'art. 114 e il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal Codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio
di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello
in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'art. 193, c. 3, l'ente locale può
far ricorso a mutui ai sensi degli artt. 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse.”
Dall’analisi delle fattispecie, attualmente consentite dalla vigente normativa, appare evidente che le
fattispecie sub a), b), c) e d) sono originate dal sorgere di rapporti giuridici obbligatori, i quali si sono
perfezionati indipendentemente dalla volontà dell’ente (2): in maniera esemplificativa, le cause sono
state originate da obbligazioni dovute a forza maggiore, ovvero dal risarcimento di danni, ovvero da
modifiche legislative ovvero da revisioni contrattuali e di prezzi, ecc. In tali ipotesi, seppur in assenza di contabilizzazione, il rapporto obbligatorio
è ritenuto validamente sorto ed efficace: bisogna
solamente procedere al relativo impegno di spesa
al fine di portare a compimento l’adempimento e,
quindi, procedere alla liquidazione della spesa.
La fattispecie debitoria contenuta nella lettera e)
dell’art. 194, consente, invece, il riconoscimento
di quei debiti sorti irritualmente e volontariamente
all’interno dell’ente, da parte di chi si è assunto la
responsabilità dell’ordine. Può risultare responsabile non solo chi ha agito in quanto dotato del poter
e del titolo ad assumere l’atto, ma anche colui che
ha agito “de facto”, pertanto “sine iure”. Appare
evidente come tale ultima casistica fuoriesce dalle
caratteristiche di “causa di forza maggiore” e “non
volontarietà” proprie delle fattispecie previste dalla
lettera a) alla lettera d), ponendo l’accento sull’elemento volitivo dell’assunzione del debito extra
bilancio. Nel riconoscimento di tale tipologie di
debito incide, pertanto, il carattere di volontarietà
(1) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, deliberazione n. 6/2007.
(2) In passato, anche nella vecchia lettera e) dell’art. 37 del
D.Lgs. n. 77/1995, prima delle modifiche intervenute ad opera
del D.Lgs. n. 342/1997 (art. 5), era possibile riconoscere soltanto i debiti “derivanti da fatti e provvedimenti ai quali non
hanno concorso, in alcuna fase, interventi o decisioni di amministratori, funzionari o dipendenti dell’ente”.
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da parte di colui che assume l’atto, la cui responsabilità contabile viene “salvaguardata” per la parte
in cui si accerta e si dimostra aver apportato “utilità ed arricchimento per l'ente nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”. Resta comunque ferma la previsione dell’art. 191, c. 4, sulla base della quale in caso di
mancato riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di cui all’art. 194, c. 1, lett. e), il
rapporto obbligatorio, sorto a seguito dell’acquisizione di beni e servizi assunti in violazione delle
procedure giuscontabili, intercorre tra il privato e
l’amministratore, funzionario o dipendente che ha
consentito la fornitura.
Oltre all'inquadramento del debito in una delle casistiche consentite dalla legge, bisogna fare attenzione che lo stesso risponda a precisi requisiti generali, che sono quelli indicati dall'allora Ministero
dell’Interno con circolare 20 settembre 1993, n.
F.L. 21/1993, come di seguito riportati:
- certezza: nel senso di effettiva esistenza di un'obbligazione a dare, non presunta ed inevitabile per
l'ente;
- liquidità: il soggetto creditore deve essere individuato, il debito deve essere definito nel suo ammontare e l'importo deve essere determinato o de-
terminabile attraverso una semplice operazione di
calcolo aritmetico;
- esigibilità: intesa come pagamento che non sia
dilazionato da alcun termine o subordinato a condizione.
In siffatto quadro normativo, la materia dei debiti
fuori bilancio ha da ultimo subito un nuovo intervento legislativo con il D.L. 10 ottobre 2012 n.
174 (3), che all’art. 3 ha determinato diverse modifiche al Tuel volte ad una maggiore e più precisa
definizione della gestione amministrativa e contabile degli enti locali.
Tra queste vi rientra la nuova definizione del c. 3
dell’art. 191 in tema di “Regole per l’assunzione di
impegni e per ’effettuazione di spese”. Con la sostituzione del comma in questione è stato posto l’accento sulle spese relative ai lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento
eccezionale o imprevedibile, rafforzando il ruolo
dell’organo politico esecutivo: il nuovo comma 3
prevede, infatti, espressamente, che per siffatte categorie di spesa, in presenza di insufficienza di fondi in bilancio, sia la Giunta a sottoporre all'Organo
Consiliare il provvedimento di riconoscimento della spesa.
Tavola 2 - Le modifiche del D.L. n. 174/2012 all'art. 191, c. 3 del Tuel
“PRECEDENTE” COMMA 3, ART. 191
“NUOVO” COMMA 3, ART. 191
3. “Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi
di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a terzi
è regolarizzata, a pena di decadenza, entro 30 giorni e comunque
entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente alla regolarizzazione”.
3.“Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi
di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, qualora i fondi
specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti, entro
venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di
riconoscimento della spesa con le modalità previste dall'art. 194,
c. 1, lett. e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti
delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio
alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta
da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell'anno
in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare”.
Il debito fuori bilancio, coma già sopra esposto, è
per sua definizione “fuori dal bilancio”, e in quanto tale la sua registrazione contabile non trova la
corrispondenza temporale della manifestazione
giuridica, che ne determina l'impossibilità a leg-
gerlo nella documentazione contabile e bilancistica dell’ente.
Il riconoscimento dell’esposizione debitoria “extra bilancio” genera, quindi, l’obbligo della contabilizzazione e della quantificazione finanziaria del
debito riconosciuto, al fine del rispetto dei principi
di bilancio fondamentali.
(3) Decreto-legge del 10 ottobre 2012, n. 174, “Disposizioni
urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremo-
tate nel maggio 2012”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
237 del 10 ottobre 2012, convertito con modificazioni dalla
legge 7 dicembre 2012, n. 213.
La contabilizzazione dei debiti fuori
bilancio
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Dal punto di vista strettamente contabilistico, le
soluzioni adottabili per la contabilizzazione dei debiti fuori bilancio riconosciuti, possono essere quelle di seguito esposte (4):
1. per i debiti fuori bilancio riconosciuti a norma
delle lettere da a) a d), ai fini della rilevazione
contabile bisogna distinguere due situazioni:
A) se non sono “previsti”, né sono “prevedibili”, in
fase di redazione del bilancio, potrebbero essere
iscritti (all’atto del loro formale riconoscimento e
al fine di dar corso all’impegno) mediante apposita
variazione di bilancio, nel capitolo “debiti fuori bilancio” dell’intervento “oneri straordinari della gestione corrente” del primo titolo della spesa, oppure dell’intervento della spesa di investimento interessato, all’interno dei soli servizi che, tra i 52 previsti, vengono coinvolti dal riconoscimento;
B) se, invece, essi sono “prevedibili” si potrebbe
procedere, al fine di rispettare il principio della
“prudenza”, all’effettuazione di una “stima” accurata (5) in sede di predisposizione del bilancio, in
modo da definire un apposito quantum finanziario
aggiuntivo, allocabile in alternativa, vuoi nell’intervento “fondo di riserva” della spesa corrente,
vuoi nell’intervento “oneri straordinari della gestione corrente” del sevizio “altri servizi generali”,
ed utilizzabile, secondo le reali necessità, da tutti i
servizi dell’ente per il riconoscimento ed il pagamento dei “debiti sommersi”;
2. per i debiti fuori bilancio riconosciuti ai sensi
della lettera e), la rilevazione contabile (e l’impegno) andrebbero, anche in questo caso, effettuati
con riguardo alla prevedibilità o meno della manifestazione debitoria:
A) se il debito è “prevedibile” la registrazione
contabile dovrebbe chiamare in causa gli specifici
interventi di spesa (corrente e di investimento)
interessati dal riconoscimento e relativi al servizio
dell’ente appannaggio del quale l’ordinazione “irrituale” sia stata a suo tempo effettuata; infatti, in
fase di costruzione del bilancio, mediante un’operazione di “stima”, si può prevedere negli interventi di cui trattasi uno stanziamento (su cui impegnare dopo il riconoscimento), il quale andrebbe dimensionato sulla base della quantificazione
finanziaria (operata dai vari responsabili interessati sulla base dei rapporti obbligatori “giacenti”)
del cd. “contenzioso in fieri”, rappresentato da obbligazioni giuridicamente valide, economicamente
“utili” e provate da titoli idonei (ad esempio, fatture, parcelle, ecc.), il cui unico difetto è la “temporanea” mancanza della regolarizzazione contabile e finanziaria;
B) se il debito è non “previsto”, né “prevedibile”
(perché, ad esempio, ne è stata celata l’esistenza al
responsabile di ragioneria), la strada da percorrere
sarebbe analoga a quella indicata per le fattispecie
sub 1.A).
Nelle soluzioni prospettate, dunque, il rispetto (in
fase previsionale e in fase autorizzatoria) del principio della “specificità” del bilancio si accompagna
allo sforzo incessante di collocare il debito fuori bilancio “riconosciuto” nell’ambito del servizio che
lo ha generato, avendo cura, in tal modo, di considerare i suoi riflessi, oltre che nella dimensione
meramente finanziaria della gestione, anche nei
profili “economico” (per la spesa corrente) e “patrimoniale” (per la spesa di investimento).
Tavola 3 - Prospetto riepilogativo delle soluzioni contabili
Debito non prevedibile
Variazione di bilancio e inserimento nel capitolo D.F.B. dell’intervento 08
F/Riserva
(utilizzo con variazione di bilancio)
Lettere a), b), c), d)
Debito prevedibile
Intervento 1.01.08.08
(come Riserva)
Lettera e)
Debito non prevedibile
Variazione di bilancio e inserimento nel capitolo D.F.B. dell’intervento 08
Debito prevedibile
Nel relativo intervento:
- Tit. I Spese
- Tit. II Spese
(4) Vedi Gennaro Cascone, "Il profilo contabile dei debiti fuori bilancio", in Azienditalia n. 2/1999.
(5) Basandosi, ad esempio, sulla quantificazione monetaria
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del “contenzioso in essere”, il quale potrebbe tradursi in costanza d’esercizio in debiti fuori bilancio da riconoscere ex lettera a) dell’art. 194.
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La fattispecie delle “passività pregresse”
Prima dell’entrata in vigore del Testo unico degli
enti locali nel nostro ordinamento giuscontabile e
dell’individuazione delle attuali tipologie e della
disciplina della procedura di riconoscimento della
legittimità dei debiti fuori bilancio, per lungo tempo, i responsabili dei servizi si sono trovati di fronte alla difficoltà dell’inquadramento e del relativo
trattamento contabile di due diverse fattispecie:
passività pregresse o arretrate e debiti fuori bilancio.
Le passività pregresse sono costituite da impegni
contabili di spesa, che ab origine hanno la costituzione di rapporti giuridici regolari e quindi assunti
ritualmente, ma che risultano non sufficienti a coprire interamente la spesa.
Si parla di passività pregresse quando successivamente alla assunzione di regolare impegno di spesa,
così come prescritto dal Tuel, per eventi imprevedibili e non imputabili né alla voluntas né alla auctoritas di colui che ha assunto il debito per conto
dell’ente, si presenta l’insufficiente copertura dell’impegno contabile già assunto.
In materia si rimanda anche al parere n. 441 del
23 ottobre del 2012 della Corte dei conti, sezione
regionale di controllo per la Lombardia, nel quale
la magistratura contabile si è espressa nel merito
della applicabilità dei principi contabili ai contratti
di prestazione d’opera, ritenendo che, in caso di insufficiente copertura di spesa imputabile a fatti imprevedibili al momento dell’originario impegno,
non solo si può procedere all’integrazione dell’iniziale stanziamento, ma anche che l’eventuale applicazione della procedura ex art. 191 Tuel “contrasterebbe con i principi di contabilità pubblica”.
La magistratura contabile ha più volte rilevato (6)
che, per le cd. “passività pregresse”, le spese non
hanno trovato la loro naturale copertura dai finanziamenti, ritenendo quindi che tali passività non
vanno a compromettere il rispetto degli equilibri
di bilancio scaturenti e non comportano variazioni
di bilancio.
I debiti fuori bilancio, sono costituiti, invece, da
obbligazioni giuridiche che sono sorte al di fuori
del rispetto della costruzione della gestione della
spesa e quindi senza averne preventivamente assunto l’idoneo impegno di spesa.
Rispetto al passato, che consentiva dal punto di vista procedurale il riconoscimento tra i debiti fuori
bilancio del frutto di rapporti giuridici sorti in anni
precedenti (7), di recente, l’orientamento della magistratura contabile si è manifestato, in maniera
sempre più definitiva, nel senso della non riconoscibilità delle passività pregresse tra i debiti fuori
bilancio, bensì come un genus altro, distinto e separato (8). Il sorgere di maggiori oneri per spese già
impegnate non deve portare in maniera automatica
all’attivazione delle procedure per il riconoscimento di un debito fuori bilancio. Bisogna tenere bensì
conto come “fatti successivi, non prevedibili al
momento dell’originario impegno di spesa […] costituiscono una legittima causa giuridica per la spesa da sostenere e consentono, quindi, di assumere
il relativo impegno in bilancio. In questa ipotesi,
anzi, il ricorso all’istituto del riconoscimento del
debito fuori bilancio contrasterebbe con i principi
di contabilità pubblica” (9).
Dello stesso avviso è anche (da ultimo) il recente
parere della Corte dei conti, sezione regionale di
controllo per la Lombardia, del 19 luglio 2013, n.
339, relativo alla richiesta di parere circa la riconducibilità o meno alla procedura di riconoscimento
dei debiti fuori bilancio, della maggiore somma per
la fornitura di energia elettrica liquidata a conguaglio dal fornitore e riferibile ad anni precedenti.
Con questo parere viene riconosciuto che accanto
ai debiti fuori bilancio esiste la casistica delle passività pregresse “spese che, a differenze dei primi, riguardano debiti per cui si è proceduto a regolare
impegno (amministrativo, ai sensi dell’art. 183
Tuel) ma che, per fatti non prevedibili, di norma
collegati alla natura della prestazione, hanno dato
luogo ad un debito in assenza di copertura (mancanza o insufficienza dell’impegno contabile ai sensi dell’art. 191 Tuel). Proprio perché la passività
pregressa si pone all’interno di una regolare procedura di spesa, esula dalla fenomenologia del debito
fuori bilancio […] e costituiscono, invero, debiti la
cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio
di loro manifestazione. In tali casi, lo strumento
procedimentale di spesa è costituito dalla procedura ordinaria di spesa (art. 191 Tuel), accompagnata
dalla eventuale variazione di bilancio necessaria a
reperire le risorse ove queste siano insufficienti
(art. 193 Tuel)”.
(6) Si ricorda, in tal senso, ad esempio, la Corte dei conti,
sezione regionale di controllo Puglia, parere n. 4/2006.
(7) Corte dei conti, sezione regionale di controllo Sardegna,
parere n. 2/2007; Corte dei conti, sezione regionale di controllo
Puglia, delibera n. 1/2008.
(8) Corte dei conti, sezione regionale di controllo Campania,
parere n. 9/2007; Corte dei conti, sezione regionale di controllo
Lombardia, parere n. 441/2013.
(9) Corte dei conti, sezione regionale di controllo Lombardia, parere n. 19/2009.
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Viene, pertanto, costantemente ribadito che i debiti fuori bilancio in senso stretto fanno riferimento a tipologie di spese, riconducibili in maniera tassativa alle disposizioni di cui all’art. 194, c. 1, del
Tuel.
Al riguardo, appare opportuno ricordare anche
quanto espresso dall’Osservatorio per la finanza locale del Ministero dell’Interno nei “Principi contabili degli Enti locali”, in materia di debiti fuori bilancio (10). Al punto 93 del Principio contabile n.
2 è, infatti, testualmente previsto che “la norma di
cui all’art. 194 del Testo unico degli enti locali introduce una elencazione tassativa dei casi in cui sia
possibile riconoscere la legittimità di debiti non
previsti in sede di programmazione annuale e di bilancio”.
Per quanto sopra, quindi, le passività pregresse non
sono ascrivibili alla categoria dei debiti fuori bilancio di cui al citato art. 194.
Tale distinzione appare evidente anche nella recente pronuncia della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, con parere
n. 41/2014 del 5 febbraio 2014, a seguito di interpello da parte di un comune circa il corretto inquadramento contabile di “maggiori esborsi connessi
all’adesione”, da parte dello stesso, ad una società
di capitali in forma di s.p.a.
La magistratura contabile, al fine di valutare la disciplina applicabile nel caso “de quo”, espone nel
merito la normativa giuridica di dettaglio relativa
alle passività pregresse ed ai debiti fuori bilancio,
attraverso l’analisi in particolare degli artt. 183,
191, 193 e 194 del Tuel, giungendo alla decisione
conclusiva che la fattispecie di “nuovi e maggiori
oneri connessi alla sottoscrizione dell’aumento del
capitale sociale” non possa essere considerata né
tra la fattispecie delle passività pregresse né tra
quella dei debiti fuori bilancio.
Il ripiano delle perdite (e la
ricapitalizzazione) delle società
partecipate
Relativamente alla possibilità di utilizzo dell’avanzo di amministrazione per la copertura delle perdite
derivante dalle società partecipate dell’ente locale,
rifacendosi alla lett. c), c. 1, dell’art. 194 del Tuel,
la Corte dei conti (11), con la pronuncia delle pro(10) Principio contabile n. 2: “Gestione nel sistema di bilancio”, debiti fuori bilancio, punti da 90 a 108.
(11) Si veda, ad esempio, Corte dei conti, sezione regionale
di controllo per la Liguria, delibera n. 2/2005; Corte dei conti,
sezione regionale di controllo per il Piemonte, delibera n.
15/par/2008; Corte dei conti, sezione regionale di controllo per
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prie sentenze, non lascia margine ad alcun dubbio:
il ripiano delle perdite delle società partecipate
non rientra tra i debiti fuori bilancio.
Per il riconoscimento del d.f.b. nel caso in esame
bisogna tener conto di diversi elementi:
- in primis, la ricapitalizzazione delle società di capitali, partecipate da enti locali, è ammessa, esclusivamente, per quelle società costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali e nei limiti delle forme
previste dal Codice civile o da norme speciali;
- rispetto alla previgente previsione normativa si è
ristretto l’ambito di applicazione, così come rilevato dalla stessa Corte dei conti. L’evoluzione normativa ha portato ad una modifica delle previsioni,
al tempo, contenute nell’art. 37 del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, che consentivano il “ripiano delle perdite” delle società, con l’attuale “ricapitalizzazione” prevista nell’art. 194 del Tuel;
- è necessaria, inoltre, che la stessa sia preceduta
adeguatamente da un’attenta analisi delle cause
che hanno portato al dissesto, accompagnata da un
programma di risanamento della società. Tanto al
fine di evitare un possibile danno erariale (12);
- bisogna tenere, altresì, conto che la somma richiesta non sia stata già prevista nel bilancio di
previsione (13).
La re-iscrizione dei residui passivi
cancellati
Appare opportuno ricordare, in via preliminare,
che, per definizione, costituiscono residui passivi
tutte le somme corrispondenti a spese impegnate e
non pagate entro la fine dell’esercizio.
Annualmente e prima dell’approvazione della deliberazione del rendiconto di gestione ad opera dell’organo consiliare, che deve avvenire entro il 30
aprile dell’anno successivo a quello cui il documento si riferisce ex art. 227 del Tuel, i responsabili dei
servizi interessati per competenza, devono procedere al cd. riaccertamento dei residui passivi, così come
per quelli attivi, in relazione sia al loro importo sia
alle motivazioni che ne determinano il loro mantenimento nell’esercizio successivo. Dal riaccertamento scaturirà la ripartizione dei residui in quelli
da mantenere nell’esercizio successivo e quelli da
cancellare. L’art. 190, c. 3, del Tuel, prevede
espressamente che le somme non impegnate entro
il Lazio, parere n. 31/2010.
(12) Corte dei conti, Regione Marche parere n. 492 del 17
dicembre 2005.
(13) Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la
Lombardia, delibera n. 29/2007/par.
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La transazione (14) rientra tra i contratti nominati
volti, al pari del compromesso e della clausola
compromissoria, alla risoluzione di controversie
giuridiche.
In particolare, si ricorre alla tipologia di contratto
de quo, a prescindere dalla via ordinaria per la
composizione delle liti costituita dal ricorso all’autorità giudiziaria, per la risoluzione di controversie
giuridiche, esistenti o potenziali, attraverso delle
reciproche concessioni, con cui si può giungere alla
creazione di nuovi rapporti, ovvero alla modificazione o estinzione di quelli già in essere (15).
Dinanzi alla situazione del contenzioso civile o all’eventualità del sorgere di un possibile contenzioso, gli enti locali, nell’ambito dei propri poteri di
autonomia negoziale e gestionale, si avvalgono della transazione, quale mezzo risolutivo o preventivo
al ricorso.
In passato, negli enti locali è stata messa in atto la
procedura del riconoscimento tra la massa dei debiti fuori bilancio dell’accordo transattivo: nello stes-
so indirizzo di tale prassi contabile, si ricorda che
la Corte dei conti per la Regione Sicilia, con sentenza n. 215 del 21 gennaio 2008, intervenendo
“esclusivamente” sulle modalità di soluzione della
controversia per la gestione del servizio di smaltimento e stoccaggio dei rifiuti solidi urbani, ha attribuito ai componenti dell’organo esecutivo di
un’amministrazione comunale, la colpa di danno
erariale per avere respinto l’adozione di una delibera consiliare di riconoscimento di debito fuori bilancio, danno risultante corrispondente “alla differenza tra l'importo erogato per la transazione ed il
minor importo che avrebbe potuto essere pagato
ove il Consiglio comunale avesse riconosciuto il
debito fuori bilancio derivante dalla prima proposta di accordo bonario”. Viene, così, ammesso l’inserimento della transazione tra i debiti fuori bilancio e l’adozione della relativa delibera consiliare,
avvalorando la possibilità di ricondurre gli accordi
transattivi alla fattispecie prevista alla lettera e)
dell’art. 194 Tuel, riconoscendo nella giuridicità
delle transazioni l’utilità ed arricchimento per la
facoltà in capo all’ente locale del potere discrezionale del riconoscimento formale dell’utilità.
Per anni si è ritenuto che la transazione rientrasse
nei debiti fuori bilancio e nonostante il giudizio
della Corte dei conti per la Regione Sicilia, non si
può non tenere conto che l’orientamento inverso è
divenuto ad oggi consolidato nella pronunce della
magistratura contabile: sempre la Corte dei conti si
è pronunciata diverse volte nel senso della non applicabilità della procedura di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio alla tipologia dei contratti delle transazioni o accordi transattivi, ribaltando completamente la prassi procedurale degli enti, senza
lasciare alcun margine discrezionale all’organo amministrativo.
Identicamente si esprimono i principi contabili sopra citati. A titolo esemplificativo, la Corte dei
conti, sezione regionale per la Toscana, con parere
n. 30/P/08, si è pronunciata in materia stabilendo
che “l'assunzione delle obbligazioni derivanti dalle
transazioni legali devono essere rapportate alle ordinarie procedure contabili di spesa, e come tali
non legittimano alcuna ipotesi di riconoscimento
di tale tipologia di spesa alla stregua dei debiti fuori
bilancio”.
(14) Codice civile, Libro Quarto, Delle obbligazioni, Titolo
III, Dei singoli contratti, Capo XXV, Della transazione, Art.
1965 - Nozione: “La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite
già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra lo-
ro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato
oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”.
(15) Vedi A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, CEDAM,
1998, AA.VV.
il termine dell’esercizio, non essendo stata assunta
alcuna obbligazione, costituiscono economia di
spesa, contribuendo in tal modo alla determinazione dei risultati finali della gestione.
Da ciò, si ricava esplicitamente come i residui passivi vengono conservati nel conto dei residui fino
all’avvenuto pagamento o fino a che non se ne dimostri la sopravvenuta insussistenza o prescrizione.
Nel caso dell’ipotesi di cancellazione dei residui
passivi, diverse sono le motivazioni che inducono
il responsabile del servizio interessato a tale determinazione:
- errori nella contabilizzazione;
- diminuzione nella somma della fornitura del bene
o servizio, effettuata dal fornitore a mezzo riduzione
o sconto volontario o avutasi a seguito di accordo
transattivo;
- sopravvenuta insussistenza o prescrizione.
Pertanto, il “mancato” residuo passivo, in virtù delle previsioni dell’art. 194 del Tuel, non essendo
contemplato nell’espressa elencazione normativa,
non è configurabile tra le spese non impegnate nel
relativo intervento di bilancio e non è riconoscibile nella massa dei debiti fuori bilancio.
Le transazioni
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Bilancio e contabilità
Da ultimo, inoltre, anche la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, con delibera n. 130/2012/SRCPIE/PRSE, sottolineando l’aver ripreso quanto già espresso negli anni con altre
pronunce sempre dalla Corte dei conti, ribadisce
che la tipologia delle transazioni non rientra nel
novero delle fattispecie disciplinate dall’art. 194
del Tuel: “[…] Più precisamente, essa non appare
riconducibile né alla lett. c (richiamata probabilmente impropriamente dall’ente, che fa riferimento a ricapitalizzazioni), né alla lett. a) (che parla
testualmente di “sentenze esecutive”), né alla lett.
e), sia per la natura eccezionale delle previsioni
dell’art. 194, che non ammettono un’interpretazione estensiva delle ipotesi ivi previste, sia soprattutto per l’impossibilità di ricondurre la fattispecie degli accordi transattivi al concetto di sopravvenienza passiva e dunque alla nozione di debito fuori bilancio sottesa alla disciplina in questione. Mentre
infatti i debiti derivanti da sentenze esecutive sono
riconducibili al concetto di sopravvenienza passiva,
in quanto, in assenza di una specifica previsione
nel bilancio di esercizio in cui i debiti si manifestano, prescindono necessariamente da un previo impegno di spesa, al contrario gli accordi transattivi
presuppongono la decisione dell’ente di pervenire
ad un accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere, da parte del comune, tanto il sorgere
dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento. Con la conseguenza che, con riferimento agli
accordi transattivi, l’ente può e anzi deve attivare
le ordinarie procedure contabili di spesa, rapportando ad esse l’assunzione delle obbligazioni derivanti dagli accordi stessi. Ciò costituisce un criterio di sana gestione finanziaria […]”.
Sostanzialmente viene riconosciuto nell’istituto
giuridico contrattualistico dell’accordo transattivo
uno strumento che possa consentire agli enti locali, mediante l’adozione di un atto di giunta e con il
preventivo parere del collegio dei revisori (obbligatorio post D.L. n. 174/2012), una risoluzione delle
controversie evitando il sorgere di obbligazioni che
portano inevitabilmente all’adozione delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori bilancio,
nonché il sorgere di aggravi di spesa, con notevoli
riflessi sull’equilibrio economico-finanziario del bilancio dell’ente.
In definitiva, con tali pareri si dissocia la procedura
dell’accordo transattivo dall’inquadramento delle
fattispecie previste dall’art. 194 del Tuel, riconosciute come l’elencazione di specifiche ipotesi tassative previste dalla normativa, inserite tra i debiti
fuori bilancio, in quanto spese sorte senza la sussistenza del relativo impegno contabile, sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione, ai sensi dell’art. 191 del Tuel, mentre, invece,
il percorso giuridico e formativo della transazione
risulta, specificamente, come un iter procedurale
che, dalla fase istruttoria sino alla fase del completamento, consente la possibilità di prevedere il
quantum dell’obbligazione che sorgerà, nonché la
costruzione delle sue fasi di gestione.
Tavola 4 - Casistiche particolari non riconoscibili come debiti fuori bilancio
Passività pregresse o arretrate
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 41/2014;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 339/2013;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 441/2012;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 19/2009;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, parere n. 9/2007.
Ripiano perdite società partecipate
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Liguria, delibera n. 2/2005;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, delibera n. 15/par/2008;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Lazio, parere n. 31/2010.
Accordi transattivi
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Toscana, parere n. 30/P/08;
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, delibera n.
130/2012/SRCPIE/PRSE.
Residui passivi
- Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, parere n. 7/Par./2006.
Conclusioni
La procedura di riconoscimento di legittimità dei
debiti fuori bilancio comporta un’attenta analisi da
parte degli operatori tecnici del settore. Non a caso
tale procedura rientra di fatto nel più ampio quadro normativo del capo IV del Tuel, dedicato ai
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principi di gestione ed al controllo di gestione che
impongono, ai fini della salvaguardia degli equilibri
di bilancio, il rispetto, tra gli altri, del pareggio di
bilancio. In tale ottica, si inserisce, così come regolamentazione delle norme contabili, la procedura a
carico dell’organo consiliare di ricognizione dello
stato di attuazione dei programmi, che impone an-
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Bilancio e contabilità
che l’accertamento del permanere degli equilibri di
bilancio, che in caso di esito negativo comporta
l’adozione di tutte le misure necessarie per il ripristino del pareggio, che specificamente alle obbligazioni di spesa coincidono con i provvedimenti di
ripiano delle stesse ai sensi dell’art. 194 del Tuel.
Nell’ambito dell’iter istruttorio relativo all’accertamento dei debiti fuori bilancio, è pacifico che le
spese riconoscibili sono tassativamente quelle elencate all’art. 194 del Tuel. D’altro lato però esistono
casistiche particolari (quali quelle esaminate delle
passività pregresse, delle transazioni, del ripiano
delle perdite delle società e dei residui passivi), che
possono di volta in volta, trarre in difficoltà gli
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amministratori ed i funzionari del settore circa il
loro preciso inquadramento, inducendoli talvolta
nell’errore del loro riconoscimento tra i debiti extra-bilancio. L’impostazione assunta di volta in
volta dalla magistratura contabile attraverso pareri,
sentenze e deliberazioni può agevolare, accanto ad
una lettura attenta della normativa del nostro ordinamento, il lavoro dei tecnici del settore nelle fasi
della gestione della spesa. Il presente scritto si è
posto l’obiettivo di fornire uno schema preciso di
alcune delle casistiche particolari maggiormente
frequenti nelle fasi di spesa di bilancio degli enti
locali, che agevoli in prima analisi le diverse fasi
istruttorie, attuative e di controllo.
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