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LA VALUTAZIONE HEGELIANA DEL PROCESSO ARNOLD

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LA VALUTAZIONE HEGELIANA DEL PROCESSO ARNOLD
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COSTANTINO AVANZI
La valutazione hegeliana del processo Arnold:
re, funzionari, istituzioni*
Die Entwicklung der Rechtspflege ist
eine wichtige Seite der Geschichte
(Rph, 1819/20, pp. 178-179)
Nell’Annotazione al § 295 dei Lineamenti di filosofia del diritto Hegel cita un caso processuale allora assai noto, che vide coinvolti il mugnaio Arnold, alcuni giuristi e Federico II di Prussia. Il
passo è inserito nella sezione sul diritto statale interno dedicata ai
funzionari e, in particolare, nel paragrafo intorno alla neutralizzazione dell’arbitrio che potrebbe essere esercitato dalla classe uni*
ABBREVIAZIONE DEI TESTI SULLA FILOSOFIA DEL DIRITTO
DI HEGEL
- Wannenmann (1817/18) = Die Philosophie des Rechts. Die Mitschriften
Wannenmann (Heidelberg 1817/18) und Homeyer (Berlin 1818/19), a c. di
K.-H. Ilting, Klett-Cotta, Stuttgart 1983
- Homeyer (1818/19): cfr. Wannenmann (1817/18)
- Rph (1819/20) = Philosophie des Rechts, Die Vorlesung von 1819/20, a c.
di D. Henrich, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1983
- Ringier (1819/20) = Vorlesungen über die Philosophie des Rechts, nachgeschr. da J. R. Ringier, in Vorlesungen. Ausgewählte Nachschriften und
Manuskripten, a c. di E. Angehrn, Meiner, Hamburg 2000, vol. XIV
- Rph (1821) = Grundlinien der Philosophie des Rechts, in Werke, a c. di E.
Moldenhauer e K.M. Michel, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1970, vol. VII
- Rph (1821/22) = Die Philosophie des Rechts. Vorlesung von 1821/22, a c.
di H. Hoppe, Suhrkamp, Frankfurt am Main 2005
- Hotho (1822/23) = Philosophie des Rechts, nach der Vorlesungsnachschrift
von H. G. Hotho 1822/23, in Vorlesungen über Rechtsphilosophie 18181831, a c. di K.-H. Ilting, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt
1974, vol. III
- Griesheim (1824/25) = Philosophie des Rechts, nach der Vorlesungsnachschrift K. G. von Griesheims 1824/25, in Vorlesungen über Rechtsphilosophie 1818-1831, cit., vol. IV
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versale. Di fronte alla possibilità che quest’ultima, nel difendere i
propri interessi, leda quelli sopra e sottostanti, scrive Hegel, si
“esige e autorizza l’intervento superiore della sovranità (come, per
esempio, l’intervento di Federico II nella causa, divenuta famosa,
del mugnaio Arnold)” (§ 295 A). Altra citazione è dato trovare solo
nel manoscritto Wannenmann del 1817/18: “Per quanto riguarda
l’azione di Federico II riguardo al mugnaio (in virtù della quale egli
destituì numerosi giudici che, al cospetto del nobile, avevano negato al mugnaio il suo diritto), l’azione del re andava giustificata nella
misura in cui egli credette che, verso il mugnaio, fosse stata commessa un’ingiustizia. Ma nessun membro del tribunale può venir
cacciato arbitrariamente”1.
Il caso Arnold (1774-80) scoppiò in Prussia in un vivacissimo
periodo di riforme, di riorganizzazione generale dell’amministrazione e del diritto. Dopo il 1806, complici gli effetti della Rivoluzione francese, di Napoleone e del codice che porta il suo nome,
Hegel assistette a una fase altrettanto notevole di generale riassesto
1
Wannenmann (1817/18), § 116, p. 136. In questo breve lavoro non intendiamo riprendere la discussione tra testo a stampa e lezioni, visibile anche
da queste due citazioni (sbilanciamento a favore del monarca nel primo).
Contrariamente a quanto sostenuto da Ilting, non pensiamo che lo Hegel
autentico sia solo quello delle lezioni. L’indubbia autocensura cui si sottopose Hegel in quelli che Gans aveva definito «tempi difficili», rende il testo
del 1820 più criptico, ma non per questo estraneo alle idee di Hegel. È preferibile mettere in relazione il testo a stampa con la spiegazione data di esso.
Sul tema cfr. K.-H. Ilting, Die “Rechtsphilosophie” von 1820 und Hegels Vorlesungen über Rechtsphilosophie, in Vorlesungen über Rechtsphilosophie
1818-1831, a c. di K.-H. Ilting, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Cannstatt 1973, vol. I; a favore di una lettura unitaria di testo a stampa e lezioni si dichiara D. Losurdo, in Hegel e la libertà dei moderni, Editori Riuniti,
Roma 1992, parte prima; cfr. anche M. Alessio, Tra moralità ed eticità: la
figura hegeliana del monarca nel manoscritto di Wannenmann e nei Lineamenti, in «Filosofia politica», a XII, n. 3, 1998, pp. 471-478 il quale spiega,
contro Ilting e Becchi, che il carattere “formale” del potere monarchico va
inteso in senso forte e che quindi vi è una sostanziale unità di vedute tra
lezioni e testo a stampa. Tra l’altro, nel 1817, Hegel aveva già preso chiara
posizione a favore del re contro gli Stände del Württemberg e la loro ostinata chiusura verso la costituzione.
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istituzionale (riforme Stein-Hardenberg), che sollecitò la sua attenzione e che lo portò a intervenire più volte su questi temi. Consapevole dei cambiamenti profondi ed epocali che il suo Stato stava
attraversando, egli prese parte al dibattito sul rapporto tra sovrano,
governo e ceti (popolo), sebbene non da tecnico, ma da filosofo e,
come si disse, da funzionario statale.
Ecco perché le due citazioni su Arnold sollevano interessanti
interrogativi. Esse hanno a oggetto l’organizzazione amministrativa
dello Stato, molto modificata dai tempi del ‘re filosofo’. Dopo aver
brevemente ricordato la vicenda processuale di Arnold, proveremo
a confrontare le due citazioni – cercando di far luce sulle indicazioni di Hegel, sul margine d’azione del re, sul problema del controllo dei funzionari, sulle mansioni e i limiti dei poteri dello Stato.
Il processo Arnold e l’idea di giustizia secondo Federico II
La causa Arnold fece parlare molto di sé, dalla Francia alla
Russia di Caterina II2. Christian Arnold, mugnaio di professione,
aveva in affitto da generazioni un mulino di proprietà del conte di
Schmettau. Nel 1770 il barone von Gersdorff, ufficiale territoriale
e direttore dell’ordine cavalleresco, nonché vicino di Arnold, volle
farsi un allevamento di carpe, deviando l’acqua e sottraendola al
mulino. A partire dal 1771 il mugnaio, senz’acqua e quindi senza
lavoro, non riuscì più a pagare regolarmente l’affitto, subendo una
2
Circa il processo Arnold cfr. M. Diesselhorst, Die Prozesse des Müllers
Arnold und das Eingreifen Friedrichs des Grossen, Otto Schwartz & Co, Göttingen 1984, che raccoglie anche gli atti del processo e i testi delle dichiarazioni di Federico II (vi si rimanda per ulteriori informazioni bibliografiche).
Il caso Arnold si spiega nel processo di riforma della giustizia e dell’amministrazione statali prussiane, voluto da Federico II, realizzato da Cocceio e
da alcuni giuristi (Svarez, Klein) e dall’alto cancelliere J.H. von Carmer; al
Corpus Juris Fridericiani seguì l’Allgemeines Gesetzbuch, poi riordinato sotto
il nome di Allgemeines Landrecht. Il caso è trattato anche da Hoãevar, sebbene la sua lettura del caso Arnold sia del tutto insostenibile (R.K. Hoãevar,
Hegel und der Preu‚ische Staat, W. Goldmann, München 1973, pp. 32 e ss.).
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querela da parte del conte e la prima condanna da parte del tribunale (29 giugno 1773). Non soddisfatto della sentenza, Arnold
sporse querela contro il conte (7 marzo 1774), ma il tribunale la
respinse (22 gennaio 1776). Nel frattempo il conte di Schmettau si
era lamentato presso il tribunale patrimoniale3 dei mancati pagamenti del mugnaio, condannato nel 1774 al pagamento di 85 talleri, poi all’arresto (per breve periodo). A questo punto la moglie di
Arnold, Rosine, indirizzò una supplica a Federico II. Questi lesse
senza prendere provvedimenti, forse per rispettare l’autonomia dei
tribunali. Il conte, che non intendeva fermarsi, pretese da Arnold
altri 320 talleri. Schlecker, giudice del tribunale, condannò ancora
Arnold al pagamento, evitandogli momentaneamente la vendita
coatta del mulino (5 settembre 1777), che il conte ottenne ugualmente nel marzo del 17794.
Ai coniugi Arnold non rimase che confidare nel re. Costui, il 4
maggio 1779, decise di occuparsi della causa e la trasmise al dipartimento della giustizia civile (Civil-Justiz-Departement), affinché esaminasse e riferisse. Secondo il dipartimento tutto era in regola, la
giustizia aveva fatto correttamente il suo corso. Arnold, intanto, era
riuscito a ottenere l’allestimento di una commissione (ordine di
gabinetto del 22 agosto 1779), la quale produsse un rapporto – dal
re definito “chiaro e molto circostanziato” – che lo convinse dell’in-
3
4
Il Patrimonialgericht era il tribunale dei signori feudali, di coloro che, possedendo beni, proprietà o terreni (patrimonium), potevano avvalersi di una
propria giurisdizione.
La privazione del mulino, di uno strumento di lavoro essenziale al sostentamento, aveva posto la famiglia Arnold in una tale condizione di bisogno da
far pensare al Notrecht, trattato da Hegel nel § 127 delle Grundlinien. Esso
si salda tra l’altro al beneficium competentiae, così spiegato nella relativa
annotazione: “A un debitore vengono lasciati in genere del suo patrimonio,
ovvero della proprietà dei creditori, strumenti di lavoro, attrezzi agricoli,
abiti, ovvero quel tanto che è ritenuto necessario alla possibilità del suo
sostentamento – addirittura quanto è conforme al suo status”. Arnold
avrebbe potuto trovarsi ben presto nella condizione del debitore prospettata da Hegel, il quale tuttavia non fa qui menzione della celebre vicenda. Cfr.
anche Ringier (1819/20), p. 61.
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giustizia commessa. Con un ordine del 29 settembre 1779 Federico
II si rivolse alla corte di Küstrin, manifestando con le seguenti parole la sua estrema riprovazione: “Se si sottrae l’acqua al mugnaio –
spiegò Federico II – questi non può più macinare e pagare l’affitto.
Deve invece essere risarcito”5. Il re sottolineò che non solo non era
avvenuto alcun risarcimento, ma ci si era comportati in maniera
oltremodo ingiusta, bastonando i due coniugi e costringendoli a una
dura galera. Secondo Federico II ciò era inammissibile ed esigeva
un rimedio immediato e senza lamentela, per cui, su suo ordine,
venne aperto il processo Arnold contro von Gersdorff, ora condotto dal tribunale camerale (Kammergericht) di Berlino6.
L’auspicio di Federico II, o meglio il reiterato ordine di giungere in tempi brevissimi a una sentenza fu rispettato. Il presidente del
tribunale camerale, von Rebeur, affidò la relazione al consigliere
Ransleben, nelle parole del quale trovarono però conferma le precedenti sentenze contro Arnold e l’autodifesa del Juristenstand. La
relazione fu consegnata al re il 10 dicembre del 1779. Il giorno
dopo Federico II fece chiamare il Großkanzler von Fürst assieme ai
tre consiglieri che avevano steso la sentenza in suo nome, e disse
loro: “Se si vuole pronunciare una sentenza contro un agricoltore,
cui si è preso il carro, l’aratro e tutto il resto, di che cosa si deve
nutrire costui e come può pagare? […] Si può sottrarre il mulino a
un mugnaio che non ha acqua e dunque non può macinare e dunque non può guadagnare nulla, solo perché egli non ha pagato
alcun affitto? È giusto?”. I presenti risposero di no, alimentando la
rabbia del re, che esclamò: “Il mio nome crudelmente abusato!”7.
Ritenuti colpevoli, von Fürst venne destituito, i tre consiglieri
(oltre a quelli di Küstrin) arrestati e il mugnaio risarcito. Al suo
Etatsminister von Zedlitz il re comunicò la volontà di dare un
5
6
7
M. Diesselhorst, Die Prozesse des Müllers Arnold, cit., p. 82.
Le sentenze di questo tribunale non erano più impugnabili, non essendo
prevista alcuna istanza superiore. Il termine camera e l’aggettivo camerale
indicavano l’amministrazione (di norma finanziaria ed economica) del principe o del re.
Ibidem, p. 52.
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“forte esempio” della giustizia che doveva regnare nelle sue terre e
della punizione in cui sarebbero incorsi coloro che avessero ancora agito in tal modo. Il re volle non solo diffondere la sentenza in
tutte le province, ma anche – accorpando su di sé poteri teoricamente autonomi – pronunciarla (il 1° gennaio 1780)8.
I giuristi di Federico II avevano difeso un nobile; il re era intervenuto contro un potere dello Stato per difendere un mugnaio.
Come intendere la rilettura di Hegel alla luce di quanto accaduto
nei quarant’anni successivi?
Alcune osservazioni sulla posizione di Hegel nel Ms. Wannenmann
Nel manoscritto del 1817/18 il caso Arnold solleva due problemi: da una parte l’operato arbitrario del re, dall’altra il diritto dei
giudici, ancorché iniqui, a subire un processo regolare. Coinvolti
sono due poteri dello Stato, quello monarchico e quello giudiziario,
che Hegel mette in relazione nel quadro di una monarchia costituzionale strutturata organicamente e razionalmente.
Nel § 116 del manoscritto, contenente la citazione del caso
Arnold, Hegel parla delle tappe dell’iter giudiziario, del
Rechtsgang9. Egli parla inoltre dei diritti e doveri del re rispetto ai
8
9
Il processo Arnold ebbe un ultimo passaggio. Due mesi dopo la morte di
Federico II, il suo successore, Federico Guglielmo II, riabilitò i condannati
con sentenze poi pubblicate; cfr. M. Diesselhorst, Die Prozesse des Müllers
Arnold, cit., pp. 190-191). Forse per impedire che continuassero le richieste
di persone che, dopo la sentenza di Federico II, premevano per ottenere
giustizia, tale atto mirava probabilmente a ridare lustro a una magistratura
umiliata e a un ceto importante per il buon funzionamento dello Stato.
Federico II ne uscí coperto di allori, Arnold dovette restituire i soldi ottenuti mentre Gersdorff riottenne la sua pescheria. Resoconto della sentenza
uscì sulla rivista pubblicata da Schlözer: Ende der Müller-Arnoldschen
Geschichte in Berlin, in «Stats-Anzeigen», vol. IX, 1786, pp. 432-439.
Il Rechtsgang prevede varie istanze, l’accertamento dello stato dei fatti da
parte di un tribunale comprendente una giuria popolare (Geschworenengericht), composto da uomini indipendenti dai loro superiori ma ad essi uguale per nascita. Il ruolo del giudice è separato anche dalle mansioni spettanti
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suoi sottoposti nonché, questo ci interessa, del rapporto con i ministri e i funzionari: “I ministri, come tutti gli altri funzionari, devono
venir scelti dal sovrano, ma solo i primi egli può deporre [absetzen]
arbitrariamente”10. Emerge in queste parole la preoccupazione di
Hegel di preservare a garanzia della libertà pubblica il momento
esecutivo dell’universale, distinto dai ministeri – nei quali comunque convergono le istanze del governo e su cui il re ha maggiore giurisdizione. Il termine ‘distinzione’ applicato alla divisione dei poteri
è fuorviante rispetto alla concezione di Hegel, in questo derivata in
gran parte da Montesquieu11. Il bilanciamento di poteri divisi, ma
dipendenti (si pensi alla più volte sottolineata collegialità delle magistrature), rispecchia una concezione organica dello Stato grazie alla
quale scompare l’idea di un potere superiore agli altri (quello del re
o dell’aristocrazia) per lasciare posto all’universalità in quanto tale12.
Federico II aveva promosso l’indipendenza del potere giudiziario, ma senza privarsi del potere discrezionale di controllo e d’intervento13. Venuto a conoscenza del caso Arnold, il re stimò il ripri-
alla polizia, meno benevola verso il trasgressore. I tribunali devono essere
pubblici, in modo che ogni cittadino possa sapere perché un altro viene condannato, e collegiali, al fine di limitare l’arbitrio e la responsabilità individuale dei suoi membri. Questa procedura sarà sempre confermata da Hegel
e assunta come uno dei momenti cruciali della garanzia di libertà prodotta
dalle istituzioni; (di qui il favore con cui Hegel saluta il superamento dell’idea di vendetta di carattere medievale e l’impiego della punizione, della
pena, risposte a un atto criminoso considerato lesivo della società, dell’universale); cfr. Wannenmann (1817/18), § 116, pp. 134-136; Rph (1819/20),
pp. 182-186, Rph (1821), §§ 227 A e Z e 228 A.
10 Wannenmann (1817/18), § 140, p. 166.
11 Si consideri il capitolo VI del Libro XI dell’Esprit des lois, che presenta
molte affinità col pensiero di Hegel nei §§ 272 A e 273 del testo a stampa.
12 Le ragioni di questa posizione hanno anche una radice storica: “Se i ministri non potessero venir nominati e cacciati dal monarca, sarebbe presente
un Direttorio ed essi o imporrebbero tutto o principe e ministero si affronterebbero in maniera ostile” (Wannenmann [1817/18], § 140, p. 166). Sul
riferimento alla Francia rivoluzionaria cfr. anche Griesheim (1824/25), pp.
685 e 704.
13 “Parceque le prince ne juge pas lui même, il ne s’ensuit point qu’il doit
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stino del torto subìto da un suddito come più importante della violazione dell’autonomia del potere giudiziario. Egli dunque antepose il proprio potere a quest’ultimo. Hegel mette in discussione questa scala di priorità e giustifica l’azione del re solamente sul piano
morale, preoccupandosi piuttosto per la sorte dei giudici, licenziati arbitrariamente. Egli contesta la violazione delle leggi e la svalutazione delle istituzioni.
Notiamo che, poche righe prima, Hegel aveva sottolineato uno
dei limiti del potere sovrano: “Nei tempi recenti il sovrano possiede
solamente il diritto di nominare il giudice, che resta indipendente
nelle sue funzioni. Egli esercita pure il diritto di grazia [Begnadigungsrecht], non tuttavia quello di inasprire la pena”14. Federico II
avrebbe potuto concedere la grazia ad Arnold, ma rendere non
accaduto l’accaduto – secondo la definizione hegeliana del Begnadigungsrecht – non significa eliminare il crimine commesso. Poiché
Arnold era innocente, tale diritto sarebbe stato dunque uno strumento inadatto. Forse per questo motivo, nella sezione sul potere
monarchico, Hegel non fa cenno al caso Arnold, anzi, Hegel sottolinea ulteriormente l’idea secondo cui una solida e razionale organizzazione dello Stato renderebbe ininfluente l’individualità del
monarca15. L’accento sulle istituzioni e sulla centralità della costitunégliger la justice […]. C’est dans le tribunaux où les lois doivent parler et
où le souverain doit se taire; mais en même temps ce silence ne m’a point
empêché d’avoir les yeux ouverts pour veiller sur la conduite des juges […]”
(Friedrich der Grosse, Testament politique [1752], in Die politischen Testamente Friedrich’s des Grossen, a c. di G.B. Volz, Hobbing, Berlin 1920, pp.
2-3). “Il ne convient point au souverain qu’il fasse intervenir son autorité
pour la décision des procès; les lois seules doivent régner, et le devoir du
souverain se borne à les protéger […]. Cette lois est pour le souverain
comme pour le dernier de ses sujets; il doit veiller à ce qu’elle soit mantenue, et punir avec la plus grande rigueur les magistrats qui pourraient y contrevenir” (Friedrich der Grosse, Testament politique [1768], in Die politischen Testamente Friedrich’s des Grossen, cit., p. 111, ma anche, p. 177). Nel
caso Arnold Federico II si attenne alla lettera a queste disposizioni.
14 Wannenmann (1817/18), § 116, p. 136.
15 “In una costituzione formata l’individualità del monarca perde la sua importanza per via dell’organizzazione solida e razionale dello Stato e proprio in
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