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Paradigmi fondativi per una scienza del paesaggio

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Paradigmi fondativi per una scienza del paesaggio
Congresso di Benevento
Paradigmi fondativi per una scienza del paesaggio
Almo Farina
Istituto di Ecologia e Biologia ambientale
Università di Urbino
[email protected]
Riassunto
L’ecologia del paesaggio è una giovane disciplina che sta assumendo crescente
importanza sia per la ricerca di base che per quella applicata. La carenza di basi
paradigmatiche la rendono al pari dell’ecologia tradizionale scarsamente integrabile con altre discipline. Il paesaggio non è solamente una configurazione
spaziale eterogenea di oggetti e processi. Partendo dal paradigma della complessità il paesaggio è stato definito come dominio, sistema e come unità. Le
opportunità, gli eventi e le novità sono stati descritti come i livelli organizzativi
del paesaggio sulla base dell’ energia associata, della probabilità delle occorrenze e del rapporto semiotico. Il paesaggio cognitivo di cui fanno parte l'organismo e la matrice cognitiva diventa il sistema entro il quale l’ informazione compressa viene espansa attraverso la semiosi dell’individuo in tre tipologie di paesaggio: il Neutral-based Landscape, l’Individual-based Landscape ed infine
l’Observer-based landscape. Questi tre “prodotti” della semiosi possono essere
aggruppati nel Total-based Landscape. L’eco-field viene definito come la configurazione spaziale portatrice di significato, riconosciuta per quella determinata
funzione, e rappresenta il mezzo per interpretare la teoria della nicchia ecologica e per dare contenuti al concetto di habitat.
L’integrazione con altre teorie porterà l’ecologia del paesaggio a diventare una
vera e propria scienza indipendente dove l’ecologia al pari di altre discipline
come la biosemiotica o l’economia faranno confluire le loro basi epistemologiche.
Introduzione
Da quando Carl Troll verso la prima metà del secolo scorso riconobbe le potenzialità descrittive delle foto aeree per l’interpretazione dei mosaici ambientali,
l’ecologia del paesaggio (Landscape ecology) ha compiuto grandi passi in avanti. Dopo alcuni decenni di oblio a cavallo della seconda guerra mondiale anche
per effetto del rincorrersi di sempre nuovi paradigmi in ecologia quali l’ecosistema (Golley 1993), questa disciplina ha preso gradualmente campo grazie
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alle opere di Naveh & Lieberman (1984) e di Forman & Godron (1986) ed alla
fondazione nel 1987 della prima rivista di Landscape ecology, diretta da Frank
Golley.
Nata e sviluppatasi dapprima in Europa come scienza applicata alla gestione
delle risorse naturali in ambienti antropizzati (Zonneveld 1995), ha raggiunto
dignità scientifica nel nord America solo verso la fine degli anni 80 differenziandosi in una disciplina più orientata allo studio delle interazioni ecologiche
dei grandi spazi (foreste, deserti) dove la presenza dell’uomo è poco evidente.
Nel nord America questa disciplina ben presto ha dato origine ad un settore dedicato alla modellistica spaziale ed all’ applicazione di modelli quali la percolazione, la nuova matematica dei frattali e la teoria gerarchica.
Oggi esiste una estesissima letteratura sugli argomenti legati all’ecologia del
paesaggio (Antrop 2001) ed esistono molti esempi di applicazioni nei più vari
settori dell’ambiente naturale e di quello modificato dall’uomo (Forman et al.
2003).
L’ecologia del paesaggio si occupa quindi dei rapporti tra patterns che appaiono
in un ambiente riconosciuto eterogeneo ed i processi che creano questi patterns
o da questi ne vengono influenzati (Wiens 1995, Turner 1989). In questo fa
ampio uso di modelli spazialmente espliciti (Gardner 1999), di metriche euclidee e frattali (McGarigal & Marks 199l, Bogaert 2000), di GIS e di tecniche di
remote sensing. Dal punto di vista paradigmatico questa disciplina assumendo
eterogeneo ogni ambiente ne verifica il funzionamento attraverso il paradigma
degli ecotoni, dei modelli source-sink, della teoria delle metapopolazioni,
riprendendo buona parte dalla teoria della biologia insulare di MacArthur &
Wilson (1967).
Riconosce nella frammentazione degli habitat una delle cause più importanti
della perdita della biodiversità e più in generale del malfunzionamento dei sistemi ambientali. Gran parte dell’ecologia del paesaggio si occupa degli effetti
delle modificazioni ambientali a seguito delle attività antropiche e fornisce linee
guida per la gestione delle risorse e per lo sviluppo del territorio.
Come si può vedere questa disciplina si occupa di gran parte dell’ecologia che
ha rapporti con l’uomo e riconosce nel disturbo naturale ed antropico uno dei
più importanti meccanismi che regolano le dinamiche dei sistemi ambientali.
A fronte di questo amplissimo spettro di competenze, l’ecologia del paesaggio
soffre al pari dell’ecologia “tradizionale” una carenza di paradigmi e teorie fondative che diano ordine nel marasma di approcci, nella confusione paradigmatica che accompagna il suo crescere come disciplina distinta.
Infatti poca attenzione è stata data fino ad oggi dagli ecologi del paesaggio per
organizzare in un framework epistemologico capace di organizzare la grande
varietà di spunti, di conoscenze e di metodologie.
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Complessità
Paesaggio
Proprietà concettuali
Proprietà fisiche
Bordi o Delimitazioni
Fig. 1 - Il paesaggio come dominio è costituito da proprietà concettuali e proprietà fisiche (da
Farina 2004a)
Con questo contributo intendo trattare alcune parti fondative all’ombra del
paradigma della complessità, finora poco considerate in modo da poter contribuire alla crescita disciplinare dell’ecologia del paesaggio, che come ho più
volte detto, sta meritando il grado di “scienza del paesaggio”.
In particolare il mio intervento si articolerà sui seguenti punti: il paesaggio,
quale entità, l’ontogenesi dei paesaggi, il paesaggio come sistema cognitivo,
l’eco-field, ovvero l’intorno soggettivo degli organismi.
I vari argomenti sono tra di loro in stretta relazione epistemologica e contribuiscono a fare chiarezza su temi complessi quali quelli del paesaggio nella speranza di poter dare risposte a quesiti che escono dalla semplice celebrazione
della scienza normale (sensu Kuhn 1962).
La definizione di paesaggio
Se guardiamo la letteratura in tema di definizioni di cosa si intende per paesaggio troviamo interessanti spunti lasciati dai caposcuola quali Zev Naveh,
Richard Forman, Isaac Zonneveld, Wolfgang Haber ma anche John Wiens,
Richard Hobbs, Marc Antrop e molti altri (Wu, J. & Hobbs, R. 2002). In tutti
si parte dalla certezza che basti una definizione per individuare il paesaggio,
come se fosse una bicicletta. In realtà il paesaggio è un soggetto che appartiene alla complessità e come tale non può essere definito semplicemente e in
maniera univoca. Ed ancora nelle definizioni date dagli autori sopra citati traspare un certo allineamento epistemologico, sono in realtà all’interno della stessa dimensione concettuale e le varie definizioni sono solo varianti al tema.
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Questo non significa che tali definizioni siano errate ma che contribuiscono solo
a documentare la variabilità all’interno dello stesso livello epistemologico.
Ritornando alla complessità come sistema referenziale, possiamo definire il
paesaggio in almeno tre modi differenti: come dominio, come unità, come
sistema. Pur non potendomi addentrare in tutti i necessari dettagli per i quali
rimando ai lavori di Farina (2004a,b), vorrei sottolineare che proprio perché il
paesaggio è espressione della complessità che non può bastare una sola definizione “celebrativa”.
Il paesaggio come dominio si intende il considerare il paesaggio un ambito complesso entro i cui limiti sono posizionate aggregazioni funzionali, strutturali e
semiotiche.
Il paesaggio può essere considerato anche un sistema. In questo caso entità con
loro distinte configurazioni partecipano al sistema ed il paesaggio è definito
soprattutto dal punto di vista funzionale. Per esempio la connettività diventa una
proprietà emergente quando si considera il paesaggio un sistema.
Il paesaggio può infine essere visto come unità. Sappiamo che una unità è tale
quando può essere distinta rispetto ad uno sfondo. Gran parte della attuale ecologia del paesaggio pone le sue basi epistemologiche su questo paradigma.
Quando il paesaggio è considerato unità vengono individuati attributi funzionali auto-regolativi che assicurano il mantenimento di uno status distinto al paeNuove configurazioni
0
Opportunità
Memoria
Frequenza
Eventi
Novità
1
0
Impredicibilità
1
Fig. 2 - Ontogenesi dei paesaggi e variazioni di alcune proprietà come la memoria, la frequenza,
l’impredicibilità e le nuove configurazioni in rapporto ai tre livelli ontogenetici (da Farina 2000,
modificato)
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saggio. Ecotopi e patches rientrano in questo ambito.
Non possiamo quindi considerare solo uno dei tre aspetti trattati come quello
giusto, tutti e tre i modi di considerare il paesaggio sono importanti ed utili.
L’ ontogenesi dei paesaggi
Molti lavori, come ho già avuto modo di dire trattano le modificazioni che
avvengono nei paesaggi con il passare del tempo. Abbandono dei paesaggi agricoli, espansione delle aree urbane, aumento delle infrastrutture (strade, ferrovie,
porti, depositi, etc.) sono alcuni dei fenomeni di questa era post-industriale.
Sappiamo che le modificazioni dei paesaggi sono il risultato di forze applicate
sul territorio da drivers spesso lontani dai processi ecologici. Mi riferisco all’economia ed ai processi socio-culturali (Farina et al. 2003).
I paesaggi come entità complesse sono quindi il risultato di altrettanto complesse dinamiche e diventa impossibile trovare il “bandolo della matassa”. Infatti
trattando un aspetto della complessità automaticamente perdiamo tutti gli altri in
una specie di principio di indeterminazione. Per questo e per rispondere alla
domanda come si formano i paesaggi, in questo caso intendendo il paesaggio
una unità, proviamo a dare delle risposte che prendono le mosse non da specifici fenomeni ma da proprietà ricorrenti a tutte le scale spazio temporali.
Per questo Farina (2004a,b) ha previsto tre meccanismi che si succedono nel
tempo e che si ripresentano nei diversi livelli gerarchici entro i quali vogliamo
considerare la complessità. Ha chiamato “opportunità”, “eventi” e “novità” questi livelli ontogenetici. Proviamo a partire dalle “novità” che vengono definite
come il livello a più bassa probabilità di occorrenza e che si esprimono grazie ad
energia che entra nel sistema dall’esterno. Appartengono alle novità i terremoti, le eruzioni vulcaniche le piene dei fiumi, le invasioni di insetti defoglianti,
l’insorgere di pandemie, etc.
Dalle novità prendono l’avvio le “opportunità” che rappresentano il livello che
richiede il più basso valore di energia. Appartengono alle opportunità tutti i meccanismi che in ecologia delle comunità vengono chiamati “coalescenza”. In questo livello lo scambio semiotico tra organismi è molto sviluppato, infatti da una
situazione di estremo disordine in cui una novità lascia una certa area, si passa
attraverso alle opportunità ad un crescendo di ordine e quindi di informazione
(sensu Stonier 1996). Le opportunità vanno a creare gradualmente dei mosaici
dove ad ogni patch corrisponde un meccanismo di auto-organizzazione che ha
seguito percorsi diversi a quelli di una patch limitrofa. Mano a mano che le patches si differenziano emerge il successivo livello degli “eventi”. Si intende per
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“evento” l’insieme dei processi per i quali una patch, creata dalle opportunità
inizia a scambiare materiali, energia ed informazione con le patches limitrofe.
Potremmo considerare gli ecotoni come il luogo in cui gli eventi entrano in
azione. Un sistema che ha raggiunto lo stadio degli eventi andrà incontro in un
futuro che non può essere previsto se non in termini probabilistici all’occorrenza di novità e quindi l’intero percorso ontogenetico potrà ripartire. Portandoci da
un enunciato teorico ad un esempio possiamo considerare una novità la comparsa di una lente di sabbia lungo un fiume dopo una piena. Su questa lente di sabbia gradualmente batteri, funghi, animali detritivori, piante inferiori andranno
gradualmente a colonizzare il suolo sabbioso modificandone struttura e composizione chimica. Gradualmente l’eterogeneità della lente sabbiosa e la eterogeneità determinata dalla distribuzione iniziale fortemente stocastica degli organismi colonizzatori serviranno alle opportunità per differenziare la distribuzione
degli organismi e dei processi in un mosaico. Quando le patches (soprattutto di
vegetazione) saranno differenziate partiranno gli eventi che andranno a determinare gli effetti delle proprietà emergenti delle patches componenti. Potremmo
così osservare certe comunità vegetali prendere il sopravvento su altre modificando il mosaico ambientale creato dalle opportunità. Ma come accade abbastanza di frequente lungo gli ambienti fluviali, una nuova piena spazzerà via il
Paesaggio cognitivo
Tbl
Organismo
NbL
IbL
Matrice
cognitiva
ObL
Fig. 3 - Il paesaggio congitivo è composto dalla interazione semiotica tra l’organismo e la
matrice cognitiva (rappresentata da una infromazione comopressa). I processi semiotici creano
nerlla fase di espansione della matrice il Total-based Landscape (TbL) che è composto rispettivamente dal Neutral-based Landscape (NbL), dall’ Individual-based Landscape (IbL)e dall’
the Observer-based Landscape (ObL) (da Farina 2004c).
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mosaico su cui gli eventi sono in azione per riportare tutto a livello di novità. Il
ciclo così azzerato riprenderà con le stesse modalità ma in condizioni di assoluta innovazione in termini di arrangiamento spaziale del substrato fisico e del
potenziale biotico. Sicuramente il successivo evento di piena non determinerà un
assetto morfologico uguale a quello precedente sia in termini di energia rilasciata che di effetti sulla morfologia, così il mosaico ambientale andrà a complicarsi progressivamente. Esisteranno quindi parti dell’ambiente fluviale che andranno incontro a novità, altre allo stadio di eventi che subiranno solo parziali “azzeramenti” e così via. Le dinamiche fluviali determineranno quindi situazioni evolutive non coeve e spazialmente eterogenee.
La teoria dell’ontogenesi dei paesaggi può essere verificata nelle più svariate
condizioni e proprio per la sua semplicità è un ottimo modello interpretativo
della complessità dei paesaggi.
Il paesaggio cognitivo
Abbiamo visto nell’introduzione che gran parte della ricerca in ecologia del paesaggio ha per oggetto una matrice geografica di cui possiamo verificare patterns e processi chiamando in causa le più svariate teorie e le metriche euclidee
e non euclidee. All’inizio del secolo scorso Jacob von Uexkull, uno zoologo
lituano che si occupava di comportamento animale suppose la presenza di un
ambiente soggettivo “umwelt” che circonda ogni organismo. Questo ambiente
è quindi specie specifico cambiando a seconda della specie. Queste idee entrarono a far parte della sua teoria della cognizione (The theory of meaning) (von
Uexkull 1932,1940). Il paesaggio considerato dal punto di vista di un organismo diventa quindi un paesaggio cognitivo. Va ricordato che la cognizione è
l’insieme di decodifiche attuate da ogni organismo nei confronti della propria
semiosfera (Kull 1998a,b). Recentemente Farina (2004c) ha identificato come
soggetti attivi del paesaggio cognitivo l’organismo e la matrice cognitiva. La
matrice cognitiva è rappresentata dall’insieme di informazione compressa che
verrà espansa in modo specie specifico dall’organismo.
L’azione di espansione dell’informazione compressa (ma si veda Stonier 1996)
può portare a tre distinti livelli di percezione del paesaggio: il Neutral-based
Landscape, l’Individual-based Landscape ed infine l’Observer-based
Landscape. Queste tre modalità di percezione vanno a formare il Total-based
Landscape specifico per ogni organismo.
Il Neutral-based Landscape rappresenta la porzione della matrice cognitiva
dalla quale non è stato possibile trasformare i segnali in segni. L’Individualbased Landscape è la componente della percezione legata ai sensori biologici
degli organismi. Così la visione di un fiore da parte di un’ape risulta essere molto
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A
Total-based Landscape
B
C
Configurazione
di roosting
Configurazione
di ricerca del cibo
Fig. 4 - L’eco-field è la configurazione spaziale portatrice di significato per quella determinata funzione. In questo caso per il roosting e per la ricerca di cibo. In A è rappresentato il Totalbased Landscape che racchiude i tre livelli percettivi specie-specifici (NbL, IbL e ObL). I due
eco-fields estraggono dal TbL le du differenti configurazioni. (da Farina 2004a, modificato)
diversa da quella di un uomo, e così via. Infine abbiamo l’Observer-based
Landscape che rappresenta quella parte di informazione che viene espansa utilizzando la cultura (per l’uomo) oppure l’esperienza e l’apprendimento per gli
altri organismi. Nell’uomo questa percezione assume una notevole importanza e
porta come conseguenza alla costruzione dei paesaggi culturali.
Il paesaggio cognitivo è quindi la semiosfera che circonda ogni organismo e che
fa apparire unico per ogni organismo il paesaggio stesso. Vedremo di seguito che
il paesaggio cognitivo spiana la strada all’eco-field.
L’Eco-field
Partendo dal concetto di ambiente soggettivo o “Umwelt” (vedi von Uexkull),
l’eco-field (termine coniato da Farina(2000)) come esigenza di coniugare la
semiosi individuale con il concetto di habitat e di nicchia, rappresenta ogni configurazione spaziale portatrice di significato. Questo significa che ogni organismo, operando in un ambiente intrinsecamente eterogeneo per le risorse, per
l’espletamento di ciascuna funzione vitale necessita di una specifica configurazione spaziale portatrice di significato. Questa è di fatto la definizione di ecofield. L’insieme di tutti gli eco-field di ciascun individuo vanno a costituire il
paesaggio cognitivo di quell’individuo. La qualità di ciascun eco-field andrà a
determinare la qualità dell’habitat e sarà in funzione delle dimensioni della nicchia ecologica. Come si può vedere l’eco-field è nei fatti un paradigma che inte8
gra perfettamente due concetti altrettanto importanti che sono l’habitat e la nicchia. Ma mentre la nicchia individua il campo di esistenza di ciascun parametro funzionale dell’organismo, l’habitat è rimasto un concetto di difficile modulazione. Certamente già introducendo i modelli source-sink (Pulliam 1988,
1996) è stato possibile distinguere almeno due grandi categorie di habitat, ma
non era sufficiente. Introducendo il concetto di eco-field è possibile verificare
la qualità di ciascuna configurazione spaziale portatrice di significato per quella
determinata funzione ed anche sperimentalmente verificare le diverse combinazioni di eco-fields che determinano presenza, spostamento o estinzione di un
organismo. E’ facile comprendere che a seconda della qualità dei vari ecofields, ogni organismo è sottoposto ad una differente pressione selettiva e che
questo avrà ripercussioni sulla struttura genetica delle popolazioni a cui appartiene.
Note conclusive
L’ecologia del paesaggio sta trovando sempre più consensi sia nel mondo della
ricerca scientifica che in quello delle applicazioni alla valutazione e gestione del
territorio. In particolare la sua applicabilità si mostra una via maestra sia per la
conservazione della biodiversità che per ogni azione di sviluppo che dia garanzie di compatibilità ambientale.
A differenza di gran parte dell’ecologia tradizionale l’ecologia del paesaggio
considera l’uomo e tutte le sue attività parte integrante delle dinamiche ambientali e questo rappresenta un punto di innovazione impensabile solo alcuni decenni fa nel settore dell’ecologia.
I fondamenti che ho delineato in questo articolo sono solo una trascurabile parte
di quanto potrebbe emergere se molte teorie, oggi disgiunte, potessero rientrare
in un più vasto framework epistemologico. La complessità del nostro mondo
non può essere affrontata solamente attraverso conoscenze frammentate, locali,
ma attraverso teorie generali. Lo sforzo che ha fatto von Bertalanffy (1969) negli
anni sessanta per dare corpo ad una teoria unificatrice non deve essere considerato concluso. Lo scarso entusiasmo con cui l’ecologia ha accolto la teoria della
comunicazione e più in generale la teoria dell’informazione devono servirci
come segnale della fragilità del nostro pensiero ecologico ancora troppo basato
su evidenze empiriche e credi consolidati.
L’ecologia del paesaggio potrebbe nel breve volgere di qualche decennio una
vera e propria sc ienza distinta dall’ecologia di cui ne dovrà incorporare gran
parte dei principi, ma dovrà altresì occuparsi di semiosi, di autopoeisi di energia e di informazione. In particolare l’informazione è ancora una proprietà dell’universo poco esplorata malgrado la sua universalità.
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Abbiamo sicuramente bisogno di visioni anticipatrici per uscire al solco della
normal science e proiettarci verso le frontiere della emergente scienza del paesaggio e di cui ne abbiamo annunciato solamente una premessa ontologica.
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